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Uso degli alfa2-agonisti nel controllo dell'analgesia in pazienti sottoposte a Quadrantectomia: confronto tra Dexmedetomidina e Clonidina come adiuvanti nel PECS

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e di Area Critica

USO DEGLI ALFA2-AGONISTI NEL CONTROLLO DELL’ANALGESIA

IN PAZIENTI SOTTOPOSTE A QUADRANTECTOMIA:

CONFRONTO TRA DEXMEDETOMIDINA E CLONIDINA COME

ADIUVANTI NEL PECS

Relatori:

Prof. Francesco Forfori

Dott. Ettore Melai

Candidato:

Conti Salvatore Antonino

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Sommario

Abstract ... 2

1. Anestesia Regionale nella Chirurgia della Mammella ... 3

1.1 Cenni di anatomia ... 5

1.2 Peridurale toracica ... 7

1.3 Blocco Paravertebrale ... 8

1.4 Blocco nervi pettorali: PECS I, PECS II e SPB ... 10

1.5 Erector spine plane block ... 11

2. PECS ... 13

2.1 Anatomia ... 13

2.2 Tecnica di esecuzione e anatomia ecografica ... 14

2.3 Utilizzo dei PECS nella chirurgia della mammella ... 19

3. Gli alfa-2 agonisti ... 21

3.1 Clonidina ... 21

3.2 Dexmedetomidina ... 22

4. Scopo dello studio ... 23

5. Materiali e metodi ... 23

6. Risultati ... 25

7. Discussione ... 34

8. Conclusioni ... 35

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Abstract

Le tecniche di anestesia regionale rappresentano ormai una solida base per la gestione del dolore post-operatorio nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia della mammella. In questa tesi si ci è soffermati sull'utilizzo del PECS II, tecnica sviluppata nell'ultimo decennio, che è diventata la tecnica di anestesia regionale preferita in questo tipo di interventi chirurgici. Lo scopo del lavoro è stato quello di confrontare gli effetti di due diverse molecole di alfa-2 agonisti, clonidina e dexmedetomidina, caratterizzati da diversi profili di selettività recettoriale, quando utilizzate come adiuvanti nella soluzione di anestetico locale utilizzata per l'infiltrazione, e valutarne i diversi profili di efficacia nel trattamento del dolore post-operatorio acuto nelle pazienti sottoposte a quadrantectomia. Sono state incluse nello studio 22 pazienti, di classe ASA I-II-III, egualmente distribuite in due gruppi .

Nel gruppo C è stato effettuato il PECS II con 29 ml di Levobupivacaina 0,25% + 1,5 mcg/kg di Clonidina.

Nel gruppo D è stato effettuato il PECS II con 29 ml di Levobupivacaina 0,25% + 1 mcg/kg di Dexmedetomidina.

Monitorate per le prime 24 ore post-operatorie, non si sono riscontrate differenze statisticamente significative nei due gruppi per quanto riguarda la valutazione del dolore e la necessita di antidolorifici rescue.

Nel gruppo trattato con la dexmedetomidina si è notato un significativo incremento dell’incidenza di ipotensione intraoperatoria ( Gruppo D 8 vs Gruppo C 4).

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1. Anestesia regionale nella chirurgia della mammella.

La chirurgia della mammella riguarda un’ampia varietà di procedure diagnostiche, terapeutiche e cosmetiche. Una significativa percentuale dei pazienti soffre di importante dolore acuto post operatorio, e in alcuni casi questo progredisce nel tempo, cronicizzandosi.

L’anestesia regionale della mammella è diventata, col tempo, un’importante area d’interesse nella nostra professione; diventando una nuova sfida per gli anestesisti moderni, dovuta anche alla complessità dell’innervazione dell’area, ma rappresentano un ulteriore arma da usare nella gestione operatoria e perioperatoria dei pazienti che si sottopongono a interventi senologici. [1]

La patologia che, in primis, si associa agli interventi alla mammella è il cancro al seno, che, nelle sue varie forme, rappresenta la neoplasia più frequente nel sesso femminile, con una prevalenza del 29% rispetto a tutte le neoplasie diagnosticate in Italia tra le donne, con circa 53000 nuovi casi all’anno.

Con l’avanzamento delle tecniche diagnostiche e dei regimi di trattamento, la prognosi di queste pazienti è migliorata, arrivando ad avere una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di neoplasia primitiva della mammella di circa l’85%.[2]

Questo aumento di sopravvivenza ha portato con se il naturale aumento delle sequele a lungo termine delle pazienti sottoposte a questi interventi chirurgici, con alcune casistiche che hanno riportato persistenza del dolore post-operatorio tra il 30% e il 50%.

Più di un terzo dei pazienti riferisce un controllo del dolore acuto post-operatorio non adeguato, con conseguenze che possono portare ad un maggior tempo di ospedalizzazione, discomfort durante il ricovero, fino al rifiuto di un eventuale reintervento, necessario in caso di ripresa della malattia.

Le condizioni che possono presentarsi dopo interventi chirurgici alla mammella includono parestesie, neuralgia intercostobrachiale e ―sindrome del seno fantasma‖.

Mentre i fattori di rischio per la cronicizzazione del dolore specifici della patologia, come l’estensione della resezione chirurgica e le conseguenze della radioterapia, sono difficilmente controllabili, il dolore acuto post-operatorio è un target modificabile attraverso l’uso dell’anestesia regionale. [3]

Alcuni studi retrospettivi avevano creato ulteriore interesse riguardo le tecniche di anestesia locoregionale, dimostrando una minore recidiva di cancro alla mammella nelle pazienti sottoposte a blocco paravertebrale rispetto a quelle trattate con il regime

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5 analgesico tradizionale a base di oppioidi; tuttavia un recente trial multicentrico non è riuscito a dimostrare questa correlazione. [4]

Tabella riassumente i vari target delle tecniche attualmente usate in anestesia regionale a livello della parete toracica. [5]

1.1 Cenni di anatomia

Per comprendere meglio il razionale dietro la scelta del bersaglio per le infiltrazioni di anestetico locale nelle varie tecniche di anestesia regionale che verranno illustrate, bisogna fare un rapido riepilogo dell’innervazione della mammella e della parete toracica.

La complessità di quest’ultima permette di avere numerosi target e piani interfasciali ove poter effettuare l’anestesia regionale.

L’innervazione sensitiva della porzione superiore della mammella proviene dalle radici di C4 e C5, attraverso i nervi sovraclavicolari, le porzioni inferiori ricevono l’innervazione dalle radici da T2 a T6, attraverso i nervi intercostali.

I muscoli piccoli pettorali si attaccano dalla 3a alla 5a costa e sono innervati dalle radici da C5 a T1, sempre attraverso il plesso brachiale. La parte sottostante della parete toracica, con il muscolo serrato e i muscoli intercostali, viene innervata dai nervi intercostali che derivano dai segmenti T2-T6.

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6 A livello toracico, seguendo il decorso dei fasci nervosi, dopo l’uscita dal forame intervertebrale, i nervi spinali si dividono nei rami dorsali (che innervano le sezioni dorsali della parete toracica e sono di poca importanza nella chirurgia della mammella) e nei rami ventrali. I rami ventrali decorrono nello spazio paravertebrale ed emergono come nervi intercostali, decorrendo tra i muscoli intercostali interno e intimo. La branca cutanea laterale dei nervi intercostali emerge a livello della linea ascellare media, perforando i muscoli intercostali interni, esterni e il muscolo serrato anteriore, e provvede all’innervazione della parete toracica laterale. La branca cutanea anteriore dei nervi intercostali emerge in prossimità dello sterno, provvedendo all’innervazione della parete toracica anteriore e dello sterno.

L’ascella è innervata prevalentemente dal nervo intercostobrachiale, formato dalla branche cutanee laterali di T2.

L’innervazione muscolare della mammella deriva dal plesso brachiale. I muscoli pettorali sottostanti ricevono una parte della loro innervazione da C5 a T1, attraverso il plesso brachiale, che da origine al nervo pettorale laterale (C5-C7), che innerva il muscolo grande pettorale, e al nervo pettorale mediale (C7-T1) che innerva sia il muscolo piccolo pettorale che la porzione caudale del muscolo grande pettorale, risalendo dall’ascella attraverso le fasce pettorali prima di arrivare al loro punto di innervazione. [1]

Il muscolo grande dorsale è servito dal nervo toracodorsale (C6-C8). Il nervo toracico lungo (C5-C7) attraversa la la parete toracica in senso cranio-caudale, superficialmente al muscolo serrato anteriore, per poi innervarlo. [5]

Nella figura sottostante si possono notare i vari bersagli per l’infiltrazione di anestetico locale che sono stati teorizzati ed applicati, nel corso dell’evoluzione delle tecniche di anestesia locoregionale nella chirurgia della mammella, evoluti nel corso del tempo con l’avanzamento delle conoscenze riguardanti innervazione dei vari segmenti della parete toracica e la diffusione dell’anestetico locale una volta effettuata l’infiltrazione. [5]

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Sezione trasversale rappresentante i vari target dell'anestesia regionale della parete toracica[1]

1.2 Peridurale toracica

L'uso dell'analgesia peridurale toracica è stato un mezzo consolidato per fornire anestesia e analgesia perioperatoria per le operazioni di chirurgia mammaria più invasiva, tuttavia il progredire delle tecniche chirurgiche con minor invasività delle procedure e l’introduzione di tecniche anestesia regionale più sicure, hanno fatto cadere in disuso questa tecnica negli interventi di chirurgia della mammella; tuttavia per altre chirurgie a maggior invasività, come la chirurgia toracica, riveste ancora un ruolo fondamentale nella gestione intraoperatoria e postoperatoria del paziente.

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8 I rischi del posizionamento del catetere peridurale toracico sono stati ben investigati, le complicanze più gravi sono la puntura accidentale della dura madre, l’anestesia spinale totale e la sindrome da tossicità sistemica degli anestetici locali (LAST). L’uso degli ultrasuoni può migliorare l’accuratezza del posizionamento dell’ago e l’outcome della procedura, ma il tasso di fallimento della peridurale toracica rimane alto, per cui vengono preferite altre tecniche. [1]

Nelle procedure di posizionamento del catetere peridurale toracico di solito questo viene inserito tra i metameri T3-T5, integrando l’uso di anestetici locali a lunga durata all’anestesia generale.

La peridurale non dovrebbe estendersi verso le zone medio cervicali (C3-C5), per il rischio di paralisi bilaterale del nervo frenico. La diffusione dell’anestetico locale verso C8-T1 causa parestesie e paresi a livello di dita e mani, cosa che può causare discomfort e paura nel paziente non adeguatamente informato. [5]

In una revisione sistematica, è stata comparata l’efficacia della peridurale toracica e del blocco paravertebrale; con evidenza, di moderata qualità, che il blocco paravertebrale sia associato a una minor incidenza di complicanze (incluse ipotensione, nausea, vomito e ritenzione urinaria), mantenendo un efficacia confrontabile alla peridurale toracica. [6] Questa dimostrata riduzione dei sintomi simpaticolitici rende il blocco paravertebrale, ed i blocchi periferici di efficacia sovrapponibile, più adatti agli interventi effettuati in regime di day surgery rispetto alla peridurale toracica, che al momento rappresentano la maggior parte degli interventi effettuati alla mammella. [7]

1.3 Blocco paravertebrale toracico.

Il blocco paravertebrale toracico è stato descritto per la prima volta da Hugo Sellheim nel 1905 in alcuni interventi di chirurgia addominale, raggiungendo la massima fama negli anni 20-30, per poi cadere in disuso negli anni successivi. Nella seconda metà degli anni novanta è stato reintrodotto da Klein, che ne ha sperimentato l’utilizzo nella chirurgia della mammella, ottenendo un analgesia eccellente e un basso tasso di effetti avversi, permettendone così l’uso negli interventi in day surgery. [8]

Il blocco paravertebrale toracico fornisce analgesia bloccando la trasmissione del segnale nocicettivo a livello dei nervi spinali, fornendo un blocco segmentale e unilaterale delle fibre nervose somatiche e simpatiche. [1]

Lo spazio paravertebrale è circondato dal corpo vertebrale e dal disco alla base, dalla pleura parietale anterolateralmente, posteriormente è delimitato dal processo trasverso e

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9 dal legamento costo trasverso superiore, con la fascia endotoracica a coprire la porzione tra legamento e pleura, comunica con lo spazio epidurale medialmente e con lo spazio intercostale lateralmente.

E possibile effettuare il blocco tramite reperi anatomici senza l’ausilio della guida ecografica, ma recentemente, l’introduzione di quest’ultima, ha permesso di semplificare notevolmente l’effettuazione del blocco, diminuendo nel contempo le complicanze più temute, cioè la puntura pleurica e l’effettuazione di un anestesia spinale toracica. [9]

Scansione trasversale dello spazio paravertebrale [11]

L’iniezione va effettuata tra la pleura e il legamento costo-trasverso, con la possibilità di usare sia l’approccio in-plane, che l’approccio out of plane. L’anestetico locale può essere iniettato sia in un singolo sito, che su multipli livelli, considerando che una singola iniezione di 20 ml di anestetico locale produce un blocco somatico su 5 dermatomeri e un blocco simpatico su 8 dermatomeri, le ultime evidenze hanno dimostrato equivalenza del livello di estensione del blocco antalgico tra single shot di 20 ml di anestetico locale e iniezioni multiple su più livelli di 3-4 ml di anestetico locale.

I vantaggi dell’effettuazione del blocco paravertebrale nella chirurgia della mammella includono un miglioramento degli score di valutazione del dolore post-operatorio, un

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10 minor consumo di antidolorifici, e, potenzialmente, la possibilità di effettuare l’intervento senza ricorrere all’anestesia generale. Le evidenze indicano che l’incidenza e la severità del dolore cronico risultano ridotte nelle pazienti sottoposte a blocco paravertebrale subito prima dell’intervento chirurgico, con un miglior benessere fisico e psichico. [10]

In confronto all’anestesia peridurale, il blocco paravertebrale è associato a una minore incidenza di ipotensione, ritenzione urinaria, problematiche respiratorie e PONV.

Le complicanze connesse specificatamente con il blocco paravertebrale toracico includono: la puntura accidentale della pleura (1,1%); lo pneumotorace (0,5%); l’iniezione di anestetico locale a livello subaracnoideo o peridurale; sindrome di Horner transitoria omolaterale e parestesie all’arto superiore. Il blocco può essere accompagnato da un alto riassorbimento dell’anestetico locale, per cui il paziente va strettamente monitorato per riconoscere eventuali sintomi iniziali di una tossicità sistemica da anestetici locali (LAST). [9]

1.4 Blocchi nervi pettorali – PECS I, PECS II e SPB

PECS I e PECS II

I blocchi PECS stanno assumendo sempre maggiore popolarità nel campo dell’anestesia regionale della mammella e della parete toracica.

Il PECS I blocca i nervi pettorali mediale e laterale, che decorrono tra il muscolo piccolo pettorale e il muscolo grande pettorale, a livello della parete toracica anterolaterale.

Il PECS II aggiunge al PECS I un iniezione di anestetico locale in una fascia più profonda e più laterale, tra il muscolo piccolo pettorale e il muscolo serrato anteriore, ed ha come target le branche cutanee laterali dei nervi intercostali, il nervo toracico lungo e il nervo toracodorsale.

Il PECS II si è dimostrato esser associato a minor dolore nel postoperatorio e a minor consumo di antidolorifici oppioidi, con efficacia comparabile al blocco paravertebrale. Al momento i dati non sono sufficienti a stabilire quale tra il blocco paravertebrale e il PECS II sia superiore, ed entrambi potenzialmente possono essere utilizzati per ottentere una anestesia chirurgica. [1]

Rispetto al blocco paravertebrale, il PECS risulta essere tollerato meglio dal paziente, ed è più semplice da eseguire, soprattutto in caso di situazioni in cui l’aiuto all’anestesista è ridotto, o il paziente è già in anestesia generale.

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11 Una trattazione più estesa dell’anatomia e della modalità di esecuzione dei PECS sarà oggetto di un capitolo a parte più avanti in questa tesi.

Blocco del serrato (Serratus Plane Block – SPB)

Il blocco del serrato è un'altra tecnica di anestesia regionale, variante della seconda iniezione del PECS II, usata nella chirurgia toracica, viene eseguita lateralmente e caudalmente rispetto al PECS II, a livello della 5a costa sulla linea ascellare media. L’iniezione di anestetico locale viene eseguita tra il muscolo serrato anteriore e il muscolo grande dorsale, con l’arteria toracodorsale usata come indicatore della posizione del piano, e fornisce un blocco sensitivo dei dermatomeri da T2 a T9. L’anestetico locale può anche essere iniettato nel piano sottostante il muscolo serrato anteriore, con un effetto analgesico simile. Dal punto di vista dell’efficacia è sovrapponibile alla seconda puntura del PECS II, pertanto potrebbe essere necessario l’effettuazione del PECS I per l’analgesia dei muscoli pettorali, e un supplemento di infiltrazioni locali di anestetico per le incisioni nella zona mediale della mammella. [5]

1.5 Blocco del piano dell’erettore della spina (Erector spine plane block - ESPB)

Il blocco del piano dell’erettore della spina (Erector spine plane block - ESPB) consiste nell’iniezione di anestetico locale tra i muscoli erettori della spina e i processi trasversi vertebrali. Il meccanismo dell’effetto analgesico dell’ESPB non è ancora del tutto chiarito, una prima ipotesi presa in considerazione è stata la diffusione dell’anestetico locale anteriormente, verso le radici dei nervi spinali, e lateralmente, verso i nervi intercostali. Si esegue sotto guida ecografica, sia con approccio out-of-plane che in-plane. Similmente al blocco paravertebrale, possono essere eseguite sia con un’iniezione single shot che con iniezioni multiple. Per fornire la massima efficacia analgesica si dovrebbe visualizzare l’anestetico locale distribuirsi dietro il muscolo erettore della spina

Il target dell’ago è posteriore al processo trasverso stesso, e la presenza di questa barriera ossea dovrebbe minimizzare il rischio di una puntura pleurica accidentale.

Sebbene la capacita dell’ESPB di fornire un’adeguata anestesia chirurgica non sia ancora ben compresa, sono stati pubblicati vari case report in cui è stato efficacemente usato come anestesia principale negli interventi alla mammella. Uno dei potenziali vantaggi dell’ESPB è la possibilità di coprire il dolore postoperatorio a livello di più dermatomeri con una singola iniezione.

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12 L’ESPB può anche essere relativamente più semplice da eseguire, e con minor probabilità di causare un significativo danno al nervo o al polmone, rispetto al blocco paravertebrale, ma comunque al momento le evidenze riguardo eventuali vantaggi e svantaggi sono carenti.

Vista la prossimità ad aree riccamente vascolarizzate, sono stati riportati alcuni casi di tossicità sistemica da anestetici locali, per cui è consigliato monitorare costantemente dopo l’esecuzione di questo blocco, in modo da trattare prontamente un’eventuale insorgenza di LAST. [12]

Tabella con indicazione dei possibili blocchi di parete toracica, associati con gli interventi chirurgici per cui trovano indicazione[5

2. PECS

Il blocco PECS è stato descritto per la prima volta da Blanco nel 2011[13], nella modalità conosciuta adesso come PECS I, come un iniezione di anestetico locale nel piano tra il muscolo grande pettorale e il muscolo piccolo pettorale a livello della terza costa. Nei due anni successivi lo stesso autore ha descritto prima, nel 2012, il ―modified PECS block‖ [14], conosciuto oggi come PECS II, e successivamente, nel 2013, il blocco del piano del serrato anteriore (SAPB). [15]

Il PECS II consiste in un PECS I con l’aggiunta di un’iniezione di anestetico locale tra il muscolo pettorale minore e il muscolo serrato anteriore a livello della 4a costa, il SAPB

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13 invece consiste in un’iniezione di anestetico locale attorno al muscolo serrato anteriore a livello della 5a costa. [13] [14][15]

È stato dimostrato che i blocchi PECS sono capaci di assicurare un buon controllo del dolore post-operatorio in diversi tipi di procedure chirurgiche coinvolgenti la sezione anterolaterale del torace nella chirurgia della mammella, nella chirurgia plastica, nella chirurgia toracica e nella cardiochirurgia. [16]

2.1 Anatomia

Per poter effettuare blocchi PECS bisogna conoscere anatomicamente le strutture coinvolte.

Il muscolo grande pettorale è composto da tre capi: il capo clavicolare origina dalla pzione mediale della clavicola, il capo sterno costale origina dalla faccia anteriore dello sterno e dalle cartilagini costali fino alla sesta-settima, il capo addominale origina dall’aponeurosi del muscolo obliquo esterno dell’addome. Questi tre capi confluiscono in unico tendine che si inserisce su solco intertubercolare dell’omero.

Il muscolo piccolo pettorale origina dalla 3a, 4a e 5a costa, andandosi ad inserire sull’apice del processo coracoideo della scapola.

Sia il grande che il piccolo pettorale sono innervati dai nervi pettorali mediale e laterale, che decorrono nel piano fasciale tra i due muscoli, accompagnati dall’arteria toracoacromiale. [5]

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14 Il muscolo serrato anteriore origina dalle coste dalla 1a alla 9a e va ad inserirsi sulla superficie ventrale del bordo mediale della scapola, ed è innervato dal nervo toracico lungo, che decorre lungo la sua superficie.

Con l’eccezione dei nervi intercostali, i nervi coinvolti nei blocchi PECS (nervo pettorale laterale, nervo pettorale mediale, nervo toracico lungo) originano dal plesso brachiale. Il nervo pettorale laterale origina dalla corda laterale del plesso brachiale, mentre il nervo pettorale mediale origina dalla corda interna.

Il nervo toracodorsale, che origina dalla corda posteriore e decorre sulla parete posteriore del cavo ascellare, è un nervo motorio. Il nervo toracico lungo nasce dalle radici dei tronchi primari superiore e medio, passando successivamente tra il muscolo piccolo pettorale e il muscolo serrato anteriore. I nervi intercostali passano dal forame intervertebrale e decorrono tra la pleura parietale e i muscoli intercostali intimi, successivamente passando nella fascia tra i muscoli intercostali interni e i muscoli intercostali intimi. La branca cutanea laterale si dirama a livello della linea ascellare media. I nervi intercostali proseguono nel loro decorso nella parete toracica, perforando i muscoli intercostali a livello del margine sternale, diramandosi nella branca cutanea anteriore, che va a innervare la porzione anteriore della parete toracica e la porzione mediale della mammella. [5]

2.2 Tecnica di esecuzione e anatomia ecografica

PECS I

Nel PECS I i principali reperi per identificare il punto di iniezione, da effettuare sotto guida ecografica, sono i muscoli grande e piccolo pettorale, e il ramo pettorale dell’arteria toracoacromiale. Il blocco viene effettuato con il paziente supino, col braccio che può essere allineato lungo il corpo, o addotto di 90° rispetto al tronco. L’operazione avviene con il monitoraggio standard dei parametri vitali.

Per prima cosa si identifica il processo coracoideo sul piano sagittale paramediano, quindi il trasduttore viene ruotato per permettere di effettuare un infiltrazione in-plane in senso medio-laterale; con questa rotazione dovrebbe essere possibile identificare il ramo pettorale dell’arteria toracoacromiale, anche se, visto il calibro ridotto di questa arteria, potrebbe non essere sempre visibile. La correttezza del posizionamente all’interno della fascia viene confermata dallo scollamento dello spazio tra il muscolo grande e il muscolo piccolo pettorale. Il volume suggerito, in caso di esecuzione del solo PECS I, è di 0,2

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15 ml/kg di anestetico locale a lunga durata di azione, sempre considerando la dose massima di anestetico locale iniettabile. [5]

Posizionamento del trasduttore per il PECS I [17]

Immagine ecografica del PECS I[17] PECS II

Nel PECS II i target da infiltrare sono i due compartimenti fasciali tra i muscoli pettorali, come nel PECS I, e sotto il muscolo piccolo pettorale, tra la fascia clavipettorale e il margine superficiale del muscolo serrato anteriore, dove decorrono le branche dei nervi intercostali per l’ascella e il torace. Il blocco viene effettuato con il paziente supino, col braccio che può essere allineato lungo il corpo, o addotto di 90° rispetto al tronco. L’operazione avviene sotto monitoraggio standard dei parametri vitali.

La prima iniezione è il PECS I, mentre la seconda iniezione viene effettuata a livello della 4 a costa sulla linea ascellare anteriore. [5]

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16

Posizionamento del trasduttore per il PECS II[17]

Con il trasduttore a livello della linea emiclaveare, diretta inferolateralmente, si identificano a livello sottoclaveare l’arteria e la vena ascellare e la 2a costa. Il trasduttore viene quindi spostato lateralmente e inferiormente fino ad identificare la 4a costa, il muscolo piccolo pettorale e il muscolo serrato anteriore. A questo punto vengono effettuate le due iniezioni, la prima, come il PECS I, tra i muscoli pettorali, e la seconda iniezione tra il muscolo piccolo pettorale e il muscolo serrato anteriore. La divisione della dose di anestetico locale da suddividere tra le due iniezioni può variare in base al tipo di chirurgia, ma tendenzialmente l’approccio più utilizzato è lo stesso descritto da Blanco nel 2012, con 1/3 della dose di anestetico locale iniettata tra i muscoli pettorali, e 2/3 della dose iniettata tra il muscolo piccolo pettorale e il muscolo serrato. [16]

Un approccio alternativo, usato nella nostra esperienza clinica presso l’Ospedale Versilia, prevede di prendere come riferimento l’inserzione del muscolo serrato anteriore sulla 4a costa come riferimento, ed effettuare in quel punto l’iniezione, successivamente superficializzandosi ed andando ad infiltrare lo spazio tra i muscoli pettorali; quest’approccio consente di effettuare le due infiltrazioni nell’ambito della stessa iniezione, senza necessità di dover effettuare due iniezioni in punti diversi, con un maggior comfort del paziente.

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17

PECS II: steps per identificare il punto di inezione. A: SN: Partenza dalla clavicola; DX: Contare le coste fino alla a a livello ascellare. B: SN: Prima iniezione tra il grande e piccolo pettorale; DX: Identificazione del piano tra muscolo piccolo pettorale e muscolo serrato. C: SN: Iniezione sopra il muscolo serrato; DX: Iniezione all’inserzione del muscolo serrato[17]

Blocco del piano del serrato anteriore (SAPB)

Il SAPB viene effettuato in una posizione più laterale e posteriore rispetto al PECS II. I due riferimenti anatomici sono il muscolo grande dorsale e il muscolo serrato anteriore. L’arteria toracodorsale decorre nel piano tra questi due muscoli.

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18 Il paziente viene posto sul fianco o supino con il braccio rivolto in avanti. Il piano per effettuare il blocco può essere identificato in 2 modi.

Posizionamento del trasduttore per il SAPB[17]

Il primo metodo consiste nel contare le coste dalla clavicola muovendo in trasduttore lateralmente e distalmente, fino ad identificare la 4a e la 5a costa, il trasduttore viene orientato sul piano coronale e si effettua il tilting in senso posteriore, fino ad identificare il muscolo grande dorsale; il muscolo serrato anteriore apparirà profondamente, tra il muscolo grande dorsale e le coste; muovendosi posteriormente sarà più facile identificare lo spazio tra il grande dorsale e il serrato. Un metodo alternativo consiste nel posizionare il trasduttore a livello ascellare, dove il muscolo grande dorsale è maggiormente rappresentato; in questa posizione è più facile identificare l’arteria toracodorsale. L’iniezione di anestetico locale viene effettuata nel piano tra il muscolo grande dorsale e il muscolo serrato anteriore, utilizzando solitamente un volume di 0,4 ml/kg di anestetico a lunga durata di azione.

Immagine ecografica del SAPB, con iniezione effettuata sotto il muscolo serrato a sinistra, e sopra il muscolo serrato a destra. [17]

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19

Ricostruzione ecografica della parete toracica, con evidenziati il piano interpettorale (in blu) e il piano del serrato anteriore (in verde). [19]

2.3 Utilizzo dei PECS nella chirurgia della mammella

Nella pratica clinica i blocchi PECS hanno dimostrato di fornire un’efficace analgesia nel periodo perioperatorio, negli interventi di chirurgia della mammella.

Ma, anche se i PECS possono migliorare l’analgesia postoperatoria, è stato dimostrato che, da solo, PECS non sia sufficiente a provvedere all’analgesia di tutta la parete toracica anteriore. Per questo motivo può essere utile associare anche il blocco delle branche mediali dei nervi intercostali (con tecniche come il TTP o il PSI), che non vengono bloccate dai PECS. È stato dimostrato che quest’associazione è più efficace nel limitare il dolore post-operatorio acuto nella chirurgia della mammella, rispetto al solo PECS. [16] È stato dimostrato che l’associazione di PECS II e anestesia generale presenta una migliore efficacia analgesica nel periodo perioperatorio, rispetto alla sola anestesia generale.

Si è dimostrato che il blocco PECS II ha una migliore efficacia analgesica rispetto al blocco paravertebrale, nelle pazienti sottoposte a mastectomia, visto che il PECS II riesce a coprire anche il dolore proveniente dalla regione ascellare, al contrario del blocco paravertebrale. [20]

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20 Si è dimostrato che il SAPB ha una migliore efficacia analgesica se comparato all’epidurale toracica, ma inferiore al blocco paravertebrale. Nelle mastectomie radicali con svuotamento ascellare il SAPB potrebbe non essere sufficiente nel raggiungimento di un’adeguata analgesia, secondo alcuni autori.

Per dimostrare o smentire l’efficacia nel dolore cronico del PECS II e del SAPB sono ancora necessari ulteriori studi. [5]

Questi blocchi si sono dimostrati più sicuri rispetto al blocco paravertebrale e all’epidurale toracica, tuttavia non sono esenti da complicanze. Vista la vicinanza a strutture arteriose dei piani interessati dalle iniezioni, vi è il rischio di puntura arteriosa e di ematoma (frequenza circa 2%). Visto l’uso di alti volumi di anestetico locale in prossimità di strutture vascolari, si potrebbe rischiare l’insorgenza di tossicità sistemica da anestetici locali, per cui questi blocchi devono essere effettuati in un ambiente monitorizzato, con a disposizione i farmaci per trattare l’eventuale insorgenza di LAST. [16]

Non bisognerebbe mai superare la dose di 3 mg/kg di anestetico locale a lunga durata di azione (levobupivacaina o ropivacaina), comunque dosi fino a 150 mg sono ragionevolmente sicure nella pratica clinica. Visto che il picco di concentrazione plasmatica è stato osservato tra i 30 e i 60 minuti, questi pazienti dovrebbero essere monitorati per 60 minuti dopo l’iniezione di anestetico locale. Per prevenire queste complicanze è utile effettuare un’accurata scansione dell’area, utilizzando anche le scansioni Doppler come ausilio, per evitare la puntura di arterie e l’iniezione di anestetico locale nei vasi sanguigni. [5]

3. Gli alfa2-agonisti 3.1 Clonidina

Formula chimica della clonidina

La clonidina è un’agonista selettivo del recettore adrenergico alfa-2 ( il rapporto di stimolazione tra alfa-2 e alfa-1 è 220:1), ad azione prevalentemente centrale, analogo chimico della noradrenalina, rientra nella classe delle imidazoline.

(21)

21 La stimolazione pre-sinaptica dei recettori alfa-2 induce, attraverso la proteina G, numerosi effetti a livello cellulare, tra cui l’inibizione dell’adenilato-ciclasi e modifiche alla conducibilità di membrana, agendo sui canali del potassio e del calcio, che portano alla riduzione del rilascio di noradrenalina a livello sinaptico, agendo quindi come un feedback negativo sull’ulteriore stimolazione delle fibre adrenergiche.

La clonidina è stata sintetizzata per la prima volta in Germania nel 1962, utilizzata inizialmente come farmaco antipertensivo, molti anni dopo venne utilizzata anche in anestesia per il suo marcato effetto sedativo. Ha un emivita plasmatica di circa 8-12 ore, ed un escrezione prevalentemente renale. [21]

Questo farmaco è stato largamente studiato in anestesia, suggerendone l’utilizzo per l’analgesia, il controllo del sanguinamento, la riduzione del tempo necessario per l’induzione, la stabilità emodinamica, la riduzione del consumo di ossigeno, la protezione renale, il risparmio di oppioidi, il trattamento dell’ansia, la sedazione, il trattamento del brivido post-operatorio, la riduzione del tempo di risveglio e la protezione miocardica. [21] Si è cominciato ad utilizzare la clonidina in anestesia loco regionale dal 1980, dopo che è stata dimostrata la sua sicurezza per l’uso a livello neuroassiale su modelli animali. [22] La clonidina è stata usata come adiuvante degli anestetici locali con somministrazioni orali, intravenose, neuroassiali e nei blocchi nervosi periferici, per studiare eventuali effetti benefici sul prolungamento del blocco sensitivo o motorio e sull’analgesia post-operatoria in varie tecniche

L’uso della clonidina a livello neurassiale, associata all’anestetico locale, ha dimostrato il prolungamento dell’anestesia spinale in vari studi.

Non ci sono evidenze di effetti neurotossici della clonidina nella pratica clinica, d’altro canto alcuni effetti collaterali a livello emodinamico del paziente ne hanno limitato l’utilizzo nell’anestesia locoregionale. [23]

3.2 Dexmedetomindina

(22)

22 La dexmedetomidina è un’agonista altamente selettivo del recettore adrenergico alfa-2( il rapporto di stimolazione tra alfa-2 e alfa-1 è 1620:1), ad azione prevalentemente centrale; come la clonidina è un analogo della noradrenalina, appartenente alla classe delle imidazoline. [24]

La stimolazione alfa-adrenergica da parte della dexmedetomidina risulta 8 volte più selettiva per il recettore alfa-2 rispetto alla clonidina.

La chiave per comprendere l’effetto sedativo della dexmedetomidina è la modulazione della stimolazione adrenergica del locus ceruleus, sede responsabile dell’alternanza sonno-veglia. Tramite questa attività fornisce effetto sedativo, analgesico e ansiolitico. [23]

La dexmedetomidina riduce la motilità intestinale e inibisce la secrezione ghiandolare, diminuisce l’incidenza di nausea e vomito post-operatori. In aggiunta può inibire l’attività a livello simpatico, diminuendo i livelli di adrenalina e noradrenalina plasmatici. Inoltre, la dexmedetomidina provoca una inibizione respiratoria poco marcata, se confrontata con altri farmaci sedativi.

Prima di essere approvata per l’utilizzo umano nel 1999, la dexmedetomidina è stata utilizzata per tanti anni in medicina veterinaria. [24]

Il suo uso come adiuvante degli anestetici locali nell’anestesia locoregionale è stato studiato a livello neurassiale, periferico, e utilizzandolo in infusione venosa.

Varie metanalisi hanno dimostrato la capacità della dexmedetomidina, associata all’anestetico locale, di prolungare l’effetto del blocco sia a livello motorio che sensitivo, ma con aumento significativo dell’incidenza di bradicardia. [23]

Tuttavia l’incidenza di bradicardia si è dimostrata dose-dipendente, pertanto l’utilizzo di basse dosi, di solito di 1 mcg/kg, si è dimostrato efficace nel provvedere un prolungamento degli effetti del blocco anestetico, diminuendo gli effetti cardiovascolari. [25]

Basse dosi equipollenti di clonidina e dexmedetomidina, associate con l’anestetico locale nell’anestesia spinale, hanno dimostrato un differente pattern nel prolungamento del blocco anestetico. La clonidina ha dimostrato di prolungare l’effetto del blocco sensitivo, mentre la dexmedetomidina ha dimostrato avere un attività sia sul blocco motorio che su quello sensitivo. [26]

4. Scopo dello studio.

Presso l’ospedale Versilia è ormai utilizzato di routine il PECS II per il controllo del dolore nella chirurgia della mammella. La procedura viene effettuata normalmente prima

(23)

23 dell’intervento chirurgico, per poter sfruttare i benefici dell’anestesia regionale anche per quanto riguarda il controllo del dolore intraoperatorio.

Lo scopo di questo studio è confrontare l’utilizzo come adiuvanti, quando aggiunti alla miscela di anestetico locale (in questo caso levobupivacaina), di clonidina e dexmedetomidina, valutandone l’impatto sul dolore post-operatorio sia in giornata operatoria, sia in prima giornata postoperatoria; valutando nel contempo anche l’eventuale incidenza di effetti collaterali, in particolare cardiovascolari e neurologici. Per uniformare il più possibile i risultati si è deciso di prendere in esame i soli interventi di Quadrantectomia con biopsia del linfonodo sentinella, che statisticamente sono gli interventi più comuni tra gli interventi di chirurgia della mammella in ambito oncologico.

5. Materiali e Metodi

Per questo studio si è provveduto ad arruolare, nel periodo che va da Giugno ad Ottobre del 2020, le pazienti di sesso femminile che sono state sottoposte a Quadrantectomia con biopsia del linfonodo sentinella, in classe ASA I-II-III.

Criteri d’esclusione dallo studio sono stati:

- rifiuto del paziente di sottoporsi al PECS 2;

- ipersensibilità a Levobupivacaina, Dexmedetomidina o Clonidina;

- pazienti con patologie cardiovascolari (aritmie, valvulopatie, cardiopatia

ischemica);

- pazienti con disfunzioni epatiche; - pazienti con disfunzioni renali;

- pazienti con patologie neuromuscolari e reumatologiche;

- necessità di allargamento dell’escissione chirurgica a Mastectomia; - sesso maschile;

- classe ASA IV.

All’arrivo in presala del Blocco Operatorio, alle pazienti venivano monitorati i parametri vitali (FC, PA, SpO2), il dolore con la scala VAS (Visual Analog Scale) e la sedazione secondo scala RASS (Richmond Agitation Sedation Score). Successivamente veniva posizionato un accesso vascolare sull’arto superiore contro laterale all’emilato da sottoporre a intervento chirurgico.

Successivamente veniva effettuata assegnazione randomica al gruppo Clonidina (C) o Dexmedetomidina (D).

(24)

24 Una volta assegnati a uno dei due gruppi, si preparava la soluzione anestetica combinando 29 ml di Levobupivacaina 0,25% con Clonidina 1,5 mcg/kg di peso corporeo (nel caso di assegnazione al gruppo C), oppure con Dexmedetomidina 1 mcg/kg di peso corporeo (nel caso di assegnazione al gruppo D), aggiungendo poi soluzione fisiologica NaCl 0,9% per portare il volume totale della miscela di anestetico locale a 30 ml.

La decisione di usare due dosaggi diversi proviene da due considerazioni, la prima di carattere farmacologico, essendo la dexmedetomidina 8 volte più selettiva per il recettore alfa-2 rispetto alla clonidina, si è deciso di aumentare leggermente la dose di quest’ultima; la seconda è di carattere pratico, visto che le soluzioni di clonidina a nostra disposizione avevano la concentrazione di 150 mcg/ml, risultava molto più agevole titolare la soluzione usando un dosaggio di 1,5 mcg/kg.

Successivamente veniva effettuato il PECS II ecoguidato con la miscela di anestetico locale, iniettando 10 ml a livello della fascia interpettorale e 20 ml tra muscolo piccolo pettorale e muscolo serrato anteriore, utilizzando una sonda ecografica lineare e un ago 22 G ecogeno, di lunghezza 50 mm.

Dopo il PECS II venivano nuovamente monitorati i parametri vitali (FC, PA, SpO2), il dolore (VAS) e la sedazione (RASS) del paziente a 0 minuti, 10 minuti e 20 minuti dal PECS II, dopodichè la paziente veniva portata in sala operatoria per essere sottoposta all’intervento chirurgico.

Durante l’intervento chirurgico veniva effettuata terapia antalgica con Ketorolac 30 mg e Paracetamolo 1 g, salvo condizioni che ne cointrindicavano l’utilizzo, e profilassi PONV. Dopo la fine dell’intervento e il risveglio, in recovery room (o in reparto se dimessi prima), a 15 min, 30 min, 45 min, 1 h sono stati nuovamente raccolti i parametri vitali, la valutazione del dolore, la sedazione, l’eventuale necessità di farmaci analgesici rescue e l’eventuale insorgenza di PONV.

Veniva impostata terapia con un farmaco ad orario ed un farmaco rescue, da somministrare se il dolore saliva sopra 4 nella scala VAS.

Una volta ritornati in corsia, a 3, 6, 12 e 24 ore dal risveglio, vengono rivalutati i parametri vitali, il dolore, la sedazione e la necessità di dosi rescue di analgesici.

Sono stati raccolti tutti i dati su un foglio elettronico, e successivamente è stata ricercata l'esistenza di differenze statisticamente significative relativamente al dolore post-operatorio, all’eventuale insorgenza di ipotensioni, al valore della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca e alla sedazione mediante il test T di Student.

(25)

25

6. Risultati

Seguendo tutti i criteri sono state incluse nello studio 22 pazienti, 11 assegnate al gruppo Clonidina e 11 assegnate al gruppo Dexmedetomidina.

I due gruppi sono risultati omogenei per età e peso. I parametri vitali presi prima dell’effettuazione della procedura non hanno mostrato differenze significative tra i due gruppi.

Dati pazienti Gruppo

Clonidina Gruppo Dexmedetomidina p-value Età 60,45 ± 13,78 63 ± 12,02 0,6493 Peso 64,45 ± 15,42 66,18 ± 12,08 0,7731

Parametri Vitali prima del PECS II

Frequenza cardiaca 78,73 ± 8,45 74,36 ± 8,94 0,2532

Pressione Arteriosa Media 98,19 ± 14,9 99,27 ± 11,27 0,7827

RASS 0,182 ± 0,603 0,091 ± 0,302 0,6612

VAS 0,636 ± 1,433 0 ± 0 0,1717

Tra effettuazione del PECS II e l’intervento chirurgico.

Per i 20 minuti successivi al PECS II, sono stati ripresi i parametri vitali ad intervalli regolari di 10 minuti, successivamente la paziente è stata portata in sala per effettuare l’intervento di Quadrantectomia.

Frequenza cardiaca (bpm) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value

Subito dopo il PECS II 76,09 ± 11,1 71,91 ± 6,16 0,2912

10 minuti dopo il PECS II 74,36 ± 10,45 68,9 ± 5,4 0,1479 20 minuti dopo il PECS II 68,29 ± 6,02 66,67 ± 7,89 0,6487

(26)

26 Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, si può osservare una lieve tendenza alla diminuzione in tutti e due i gruppi, con una maggior effetto bradicardizzante per quanto riguarda la dexmedetomidina, tuttavia questa differenza non risulta statisticamente significativa.

Pressione Arteriosa Media (mmHg) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value Subito dopo il PECS II 100,3 ± 14,43 98,64 ± 11,27 0,7827 10 minuti dopo il PECS II 97,5 ± 12,84 89,67 ± 11,86 0,1693 20 minuti dopo il PECS II 91,39 ± 9,77 84,55 ± 12,88 0,2858

66 68 70 72 74 76 78 0 10 20 fr e q u e n za car d iac a ( b p m ) Minuti Clonidina Dexmedetomidina 82 84 86 88 90 92 94 96 98 100 102 0 5 10 15 20 Pr e ssi o n e A rte ri o sa M e d ia Minuti Clonidina Dexmedetomidina

(27)

27 Anche per quanto riguarda la pressione arteriosa media si osserva una lieve tendenza alla diminuzione in tutti e due i gruppi. Anche in questo caso sembra essere più marcata la riduzione di pressione nel gruppo trattato con la dexmedetomidina, ma la differenza non risulta statisticamente significativa.

Richmond Agitation-Sedation Scale (RASS)

Gruppo Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value

Subito dopo il PECS II 0 ± 0,632 -0,091 ± 0,701 0,7527

10 minuti dopo il PECS II -0,364 ± 0,505 -1,1 ± 0,738 0,0179 20 minuti dopo il PECS II -0,286 ± 0,488 -1,455 ± 0,522 0,0221

Per quanto riguarda il livello di sedazione, misurata con la scala Richmond Agitation-Sedation Scale (RASS), vi è risultata una maggior incidenza di sedazione nelle pazienti trattate con dexmedetomidina, statisticamente significativa (p-value < 0,05).

Non vi è stata una significativa differenza riguardo invece la valutazione del dolore, misurata con la scala VAS, tra i due gruppi.

Durante l’intervento chirurgico.

Eventi Avversi intraoperatori Gruppo

Clonidina Gruppo Dexmedetomidina p-value Episodi di bradicardia 0 1 0,1705 Episodi di ipotensione 4 8 0,0474 -1,2 -1 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0 0 5 10 15 20 R A SS Minuti Clonidina Dexmedetomidina

(28)

28 Si segnala una maggior incidenza di episodi ipotensivi durante l’intervento chirurgico nei pazienti del gruppo Dexemedetomidina (p-value < 0,05). Tuttavia per questo risultato bisogna tenere conto della pluralità di fattori che possono concorrere ad un’abbassamento di pressione arteriosa durante un intervento chirurgico in anestesia generale.

Monitoraggio post-operatorio in Recovery Room.

Una volta risvegliatosi il paziente dall’anestesia generale, sono stati monitorati i parametri vitali, il dolore e la sedazione ogni 15 minuti per la prima ora successiva al risveglio.

Frequenza cardiaca (bpm) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value Subito dopo il risveglio 70,09 ± 9,87 73,64 ± 6,76 0,3389 15 minuti dopo il risveglio 67,5 ± 10,32 71,64 ± 7,05 0,3042 30 minuti dopo il risveglio 67,79 ± 6,91 68,18 ± 9,58 0,9141 45 minuti dopo il risveglio 64,78 ± 6,38 66,82 ± 11,02 0,6118 60 minuti dopo il risveglio 64,36 ± 9,85 65 ± 10,04 0,8822

Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, si è osservata una piccola riduzione durante la prima ora dopo il risveglio, senza differenze statisticamente significative tra i due gruppi.

62 64 66 68 70 72 74 76 0 15 30 45 60 Fr e q u e n za car d iac a ( b p m ) Minuti Clonidina Dexmedetomidina

(29)

29

Pressione arteriosa media (mmHg) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value Subito dopo il risveglio 89,3 ± 16,34 96,94 ± 10,12 0,1278 15 minuti dopo il risveglio 81,96 ± 18,64 93,18 ± 10,03 0,1112 30 minuti dopo il risveglio 89,54 ± 12,86 88,88 ± 12,56 0,8847 45 minuti dopo il risveglio 87,5 ± 11,11 87,82 ± 8,45 0,9386 60 minuti dopo il risveglio 87,8 ± 13,59 87,76 ± 5,86 0,8798

Non sono emerse differenze statisticamente significative tra i due gruppi per quanto riguarda la pressione arteriosa media, che ha visto un lieve calo durante i primi 30 minuti post risveglio, per poi stabilizzarsi, rimanendo comunque sempre nel range di normalità.

Richmond Agitation-Sedation Scale (RASS)

Gruppo Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value Subito dopo il risveglio -1,818 ± 0,405 -1,454 ± 0,522 0,0838 15 minuti dopo il risveglio -0,8 ± 0,422 -1,273 ± 0,467 0,0248 30 minuti dopo il risveglio -0,3 ± 0,483 -0,727 ± 0,647 0,1013 45 minuti dopo il risveglio -0,222 ± 0,441 -0,364 ± 0,505 0,5123 60 minuti dopo il risveglio -0,182 ± 0,405 -0,091 ± 0,302 0,5573

80 82 84 86 88 90 92 94 96 98 0 15 30 45 60 Pr e ssi o n e A rte ri o sa M e d ia Minuti Clonidina Dexmedetomidina

(30)

30 L’andamento della sedazione nei 2 gruppi è un po’ più complicato, se subito dopo il risveglio sembra che i pazienti del gruppo Clonidina mostrino una sedazione più marcata (p-value < 0,1), nei successivi 30 minuti sono i pazienti del gruppo Dexmedetomidina a mostrare una maggiore sedazione (p-value < 0,1), salvo poi andare a sovrapporsi i valori nel corso dei 30 minuti successivi.

Visual-Analog Scale (VAS) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value Subito dopo il risveglio 0,09 ± 0,302 0,636 ± 1,433 0,1214 15 minuti dopo il risveglio 0,6 ± 1,075 0,545 ± 1,214 0,4571 30 minuti dopo il risveglio 0,8 ± 1,229 0,818 ± 1,401 0,4875 45 minuti dopo il risveglio 1 ± 1,118 1,182 ± 1,779 0,392 60 minuti dopo il risveglio 1,364 ± 1,12 1,364 ± 1,286 0,5

-2 -1,8 -1,6 -1,4 -1,2 -1 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0 0 15 30 45 60 R A SS Minuti Clonidina Dexmedetomidina

(31)

31 Come si vede dal grafico , la valutazione del dolore nella prima ora post- risveglio, è sovrapponibile tra i due gruppi, non sono state rilevate differenze significative.

Eventi Avversi in Recovery Room Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value

Episodi di bradicardia 0 0 -

Episodi di ipotensione 0 0 -

Episodi di PONV con necessità di

trattamento 0 1 0,3155

Non si sono segnalati particolari effetti avversi durante il monitoraggio in recovery room, con l’esclusione dell’insorgenza di PONV, con necessità di terapia antiemetica, in una paziente.

Valutazione post-operatoria.

Tutte le pazienti oggetto dello studio, una volta terminato il monitoraggio in Recovery Room, sono state trasferite nel reparto di degenza ordinaria a media intensità Week Surgery dell’Ospedale Versilia, per nessuna delle pazienti si è reso necessario il ricovero in ambiente intensivo o sub intensivo. In reparto sono stati valutati parametri vitali e dolore a 3, 6, 12 e 24 ore dal risveglio.

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 0 15 30 45 60 VA S Minuti Clonidina Dexmedetomidina

(32)

32

Frequenza cardiaca (bpm) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value 3 ore dopo l’intervento 66,09 ± 9,96 67,09 ± 10,37 0,8199

6 ore dopo l’intervento 70,3 ± 9,39 68,18 ± 7,97 0,5862

12 ore dopo l’intervento 69,73 ± 10,72 68,91 ± 8,23 0,8431 24 ore dopo l’intervento 74,18 ± 7,65 73,36 ± 13,16 0,8683

Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, non si sono apprezzate differenze significativamente statistiche tra i due gruppi.

Pressione arteriosa media (mmHg) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value

3 ore dopo l’intervento 92,03 ± 7,72 87,27 ± 7,63 0,3761

6 ore dopo l’intervento 89,1 ± 10,19 86,18 ± 7,55 0,47

12 ore dopo l’intervento 90 ± 11,25 88,21 ± 10,28 0,7539

24 ore dopo l’intervento 90,4 ± 10,23 91,09 ± 8,26 0,9282

65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 0 6 12 18 24 Fr e q u e n za Car d ai ca Ore Clonidina Dexmedetomidina

(33)

33

Visual-Analog Scale (VAS) Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value 3 ore dopo l’intervento 1,455 ± 1,214 1,636 ± 1,433 0,3758 6 ore dopo l’intervento 1,6 ± 0,966 1,455 ± 1,036 0,3714 12 ore dopo l’intervento 1,909 ± 1,375 2,273 ± 1,42 0,2748 24 ore dopo l’intervento 1,273 ± 1,009 1,545 ± 1,214 0,2866

85 86 87 88 89 90 91 92 93 0 6 12 18 24 Pr e ssi o n e A rte ri o sa M e d ia Ore Clonidina Dexmedetomidina 0 0,5 1 1,5 2 2,5 0 6 12 18 24 VA S Ore Clonidina Dexmedetomidina

(34)

34 Gruppo

Clonidina

Gruppo

Dexmedetomidina p-value Necessita di dosi rescue di analgesico

durante le prime 24 ore dopo l’intervento

4 3 0,3329

Nella degenza post-operatoria delle prime 24 ore dopo l’intervento non si è notata nessuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi per quanto riguarda la variazione di frequenza cardiaca e pressione arteriosa media, il dolore misurato mediante scala VAS e la necessita di assumere antidolorifici al bisogno per il controllo del dolore.

Nessuna paziente ha avuto episodi di nausea o vomito durante la degenza in corsia, e tutte hanno ripreso ad alimentarsi regolarmente in giornata operatoria.

7. Discussione

Lo scopo dell’utilizzo di adiuvante, in questo caso un farmaco alfa2-agonista, è quello di prolungare la durata del blocco sensitivo, ottenendo un effetto antalgico più duraturo rispetto al solo anestetico locale.

Studi precedenti hanno già dimostrato una correlazione positiva tra utilizzo di alfa2-agonisti e un prolungamento dell’effetto antalgico sia nel PECS II, in cui è stata studiata di

0 1 2 3 4 Pazi e n ti c h e h an n o av u to b isogn o d i d o si r e scu e d i an al ge si ci Clonidina Dexmedetomidina

(35)

35 più la dexmedetomidina, che nei blocchi dei tronchi nervosi ad altri livelli, ed in tutti è stata dimostrata la capacità, sia della clonidina che della dexmedetomidina, di provvedere ad una migliore e prolungata analgesia rispetto al solo anestetico locale. [27] [28] [29] [30]

Una metanalisi pubblicata nel 2017, incentrata sull’utilizzo degli alfa-2 agosnisti come adiuvanti nel blocco del plesso brachiale, ha dimostrato una maggiore efficacia della dexmedetomidina rispetto alla clonidina nel fornire analgesia post-operatoria [31]

Non sono presenti studi in cui vengono confrontate l’uso di diverse dosi di clonidina e dexmedetomidina come in questo lavoro.

Analizzando i nostri dati si è visto che non vi è una differenza significativa, in termini di controllo antalgico, tra l’utilizzo di clonidina a 1,5 mcg/kg e di dexmedetomidina a 1 mcg/kg.

Le uniche differenze, in questo studio, si sono dimostrate nell’induzione di una maggior sedazione nei minuti immediatamente successivi all’effettuazione del PECS II, nelle pazienti in cui è stato usato come adiuvante la dexmedetomidina, e nella maggior incidenza di ipotensioni nelle pazienti del gruppo dexmedetomidina. Se l’effetto sedativo era abbastanza prevedibile, dato l’utilizzo ormai consolidato della dexmedetomidina come sedativo, dall’altro sorprende l’alta incidenza di ipotensioni intraoperatorie in questo gruppo, in quanto, sul piano teorico, la dexmedetomidina dovrebbe essere associata ad una minore incidenza di effetti cardiovascolari, in virtù della sua alta selettività per il recettore adrenergico alfa2. Va comunque considerato che in tutti e due i gruppi gli episodi ipotensivi si sono risolti con l’utilizzo di un single shot di efedrina, senza necessità di ricorrere ad amine vasoattive in infusione continua.

Non ci sono state differenze significative nel decorso post-operatorio, mostrando una sovrapponibilità dei risultati sia in recovery room, che nel decorso post-operatorio in reparto, sia per quanto riguarda la necessità di dosi supplementari di analgesici, che per quanto riguarda l’alimentazione, o riguardo l’insorgenza di nausea post-operatoria. Non è stato possibile prolungare il monitoraggio del dolore oltre la 1° giornata post-operatoria, in quanto negli interventi di Quadrantectomia, salvo insorgenza di complicanze o necessità di allargamento della resezione per migliorare la radicalità chirurgica, le pazienti vengono dimesse il giorno dopo l’intervento.

8.Conclusioni.

Stando ai risultati riportati in questa tesi, con le dovute limitazioni statistiche, dovute alla ridotta grandezza del campione, non vi è una differenza significativa tra clonidina o

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36 dexmedetomidina utilizzati come adiuvanti nel PECS, nel produrre un prolungamento e una migliore qualità dell’analgesia. Tutti e due hanno dimostrato una simile riduzione dell’uso di analgesici nel post-operatorio, senza differenze statisticamente significative. Possibile bias nella stesura dello studio potrebbe essere stata la prescrizione di una terapia antalgica fissa ad orario, accompagnata a una terapia rescue, per il controllo del dolore in queste pazienti; per ragioni etiche non è sembrata una buona scelta utilizzare la sola terapia rescue in queste pazienti, considerato che il target primario della nostra professione è il paziente e la sua salute. Tuttavia, ulteriori sviluppi riguardo questi adiuvanti potrebbe essere il loro utilizzo nel PECS II, accompagnato dalla sola terapia rescue, e studiarne cosi la loro efficacia. Nella esperienza in questi 5 mesi, raccogliendo i dati, intervistando le pazienti e analizzando le schede di terapia, ho notato che questa procedura ha le potenzialità per provvedere un buon controllo antalgico nelle prime 24 ore, anche senza bisogno di impostare una terapia antalgica fissa ad orario.

In ogni caso, stando alle evidenze attuali, nella chirurgia della mammella ormai è fondamentale provvedere a fornire un anestesia regionale con infiltrazioni di anestetico locale; la tecnica ormai più diffusa e di più semplice esecuzione è il PECS II, ma anche l’utilizzo di tecniche più antiche, come il blocco paravertebrale, o più moderne, come l’ESP, personalizzate sulla base dell’intervento chirurgico e delle caratteristiche del paziente, dimostrano una loro valenza clinica.

Risulta pertanto impensabile, nel 2020, continuare a fare interventi chirurgici in senologia, senza prendere in considerazione l’utilizzo delle tecniche di anestesia regionale, perlomeno per il controllo antalgico.

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