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3. Cause di dissesto dei rilevati arginali e tipologie d’intervento

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Academic year: 2021

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3.

Cause di dissesto dei rilevati arginali e tipologie

d’intervento

3.1

Generalità

Le principali cause di dissesto arginale sono: il sifonamento, il piping, l’erosione degli argini in froldo, l’instabilità meccanica e il sormonto (fig. 3.1.1).

 

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3.2

Il sifonamento

Prende il nome di sifonamento un pericolosissimo fenomeno, relativo alle condizioni di flusso stazionario, che può verificarsi quando un’opera di materiale sciolto, o fondata su materiale sciolto, presenta un forte dislivello idrico tra monte e valle, come nel caso delle traverse.

Precisamente, con il termine di sifonamento arginale, si intende il sollevamento del terreno lato campagna, al piede del rilevato, causato da un annullamento del peso del terreno stesso dovuto ad un elevato valore delle pressioni neutre.

Si tiene a distinguere il sifonamento dal fenomeno di “piping” (trattato nel paragrafo successivo) a causa del quale si ha una rimozione, da parte del moto di filtrazione, delle particelle più piccole costituenti il corpo dei rilevati (od il terreno di appoggio) e la conseguente formazione di una zona a permeabilità maggiore che agisce da richiamo per l’acqua provocando un aumento della velocità di filtrazione che diventa capace di erodere e trasportare via le particelle più grandi del mezzo creando veri e propri canali. Il sifonamento è particolarmente insidioso, perché è dovuto al verificarsi di forti cadenti piezometriche nel moto filtrante in prossimità dello sbocco nell'acqua libera.

Se si innesca il sifonamento, l'erosione stessa accorcia il percorso del moto filtrante, aumentando le cadenti piezometriche, per cui il fenomeno si intensifica, e può diventare tanto rapido che talvolta poco tempo dopo il manifestarsi dei primi sintomi (ore o anche frazioni di ora) può avvenire il completo collasso delle strutture.

Analizziamo meglio il fenomeno di filtrazione:

Solitamente lo spostamento dell’acqua in un terreno ha velocità molto basse e quindi i termini cinetici dell’energia posseduta dal fluido sono trascurabili, per cui l’energia coincide con la quota piezometrica:

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indica l’energia, la quota in metri, la pressione e il peso specifico del fluido.

Il moto di filtrazione avviene ogni qualvolta vi è un gradiente piezometrico nella direzione del moto.

La velocità di filtrazione corrisponde alla velocità apparente (cioè la velocità media in una sezione generica) che è inferiore a quella effettiva di ogni singolo canale interstiziale posto all’interno del terreno.

Solitamente si considera il gradiente idraulico uniformemente distribuito, il regime di moto laminare e quindi valida la legge di Darcy:

(Eq. 2 Legge di Darcy)

dove rappresenta il gradiente idraulico, la velocità e la permeabilità, misurata nei terreni in / .

Il gradiente idraulico è in grado di influenzare il moto di filtrazione all’interno di un terreno fino al raggiungimento del sifonamento.

Per verificare quanto detto ipotizziamo di avere un livello in acqua h1+h2 e un terreno di

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La pressione totale a fondo recipiente sarà data dalla somma della pressione neutrale e dalla pressione efficace ′.

(Eq. 3 Pressione totale)

La pressione dell’acqua dei pori sul profilo AA è:

 

 

(Eq. 4 Pressione neutra)

In una situazione stabile e con gradienti idraulici nulli la pressione effettiva sul profilo AA sarà data dal prodotto dell’altezza di terreno interessata (z) ed il peso di volume del terreno immerso ( ′).

(Eq. 5 Pressione efficace)

Instauriamo ora all’intero del campione di terreno in prova un certo gradiente idraulico, ad esempio abbassiamo il livello dell’acqua di un certo valore h: vi è, quindi, un moto di filtrazione che attraversa il terreno.

La differenza di carico avviene tutta nel materiale granulare e la pressione neutra varia di una quantità proporzionale all’altezza del carico idraulico instaurato (h in figura).

La pressione totale non è però variata, quindi la pressione efficace è, in questo caso, aumentata.

Il flusso dell’acqua attraverso i vuoti incrementa la pressione efficace di una quantità chiamata pressione di filtrazione.

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La nuova pressione effettiva è:

(Eq 6 Pressione effettiva con gradiente idraulico)

Il secondo termine dell’Equazione 6 rappresenta la pressione di filtrazione, rappresenta il peso in volume dell’acqua.

Se, al contrario dall’esempio proposto, si aumentasse il gradiente idraulico, ad esempio di un valore pari a h, la pressione effettiva tenderebbe a diminuire, a causa del valore negativo della pressione di filtrazione, fino al sopraggiungere di un valore nullo.

L’annullamento avviene quando si raggiunge il gradiente idraulico critico

(sifonamento), dato dalla relazione:

(Eq. 2.9 Gradiente idraulico critico)

nella quale rappresenta il gradiente idraulico critico, ′ il peso di volume del terreno immerso e il peso di volume dell’acqua.

La pressione di filtrazione aumenta con il carico idraulico e, di conseguenza, aumenta l’effetto erosivo perché la pressione effettiva diminuisce rendendo le particelle di terreno trasportabili con più facilità.

Il moto di filtrazione e il meccanismo erosivo dipendono pertanto dal carico idraulico instauratosi all’interno del rilevato.

Le fasi di piena del corpo idrico e i ritiri dei livelli di falda aumentano, perciò, il carico idraulico e il processo erosivo stesso sul rilevato interessato da filtrazione.

Le proprietà fisiche e granulometriche giocano un ruolo fondamentale.

Un terreno ad alta permeabilità può essere eroso più facilmente a causa dei moti di filtrazione più persistenti.

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Al contrario, un terreno coesivo a bassa permeabilità è poco erodibile perché le forze di coesione tra le particelle contrastano il potere erosivo (pressione di filtrazione) e il moto di filtrazione è poco accentuato.

La sabbia risulta dunque essere il materiale sicuramente più soggetto alla formazione di questo fenomeno erosivo.

Per verificare la stabilità al sifonamento occorre quindi conoscere l'andamento delle caratteristiche del materiale, delle linee di flusso e della cadente piezometrica lungo il percorso del moto di filtrazione.

Se le caratteristiche del materiale sono note, l'andamento della piezometrica può essere ricavato risolvendo il moto e tracciando il reticolo idrodinamico.

Purtroppo il materiale è sovente molto disomogeneo, e le sue caratteristiche sono note soltanto mediamente: il sifonamento può iniziare allora in corrispondenza di situazioni critiche non previste.

Per questo motivo bisogna sempre mantenere considerevoli margini di sicurezza. Con particolare riguardo ai moti di filtrazione e alle pressioni neutrali che si sviluppano durante le piene, sia nel corpo arginale che nel terreno di fondazione, un primo problema progettuale consiste nel rappresentare in maniera corretta la rete di flusso in funzione della permeabilità dei materiali costituenti l’argine e il terreno di fondazione. Le condizioni di flusso e le pressioni neutrali possono variare sensibilmente in presenza di terreni di fondazione permeabili e in funzione dell’ anisotropia caratteristica del coefficiente di permeabilità (fig. 3.2.2).

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Figura 3.2.2 - Filtrazione in moto permanente (Colombo, 1993)

La schematizzazione della rete di flusso in moto permanente non considera che gli argini e parte dei terreni di fondazione sono interessati dall’acqua per tempi limitati e con livelli variabili nel tempo, abbastanza rapidamente secondo l’onda di piena: risulta quindi opportuno valutare il flusso in condizioni di moto vario.

Comunque l’esperienza mostra (‘Le reti idrauliche’, G.Supino) che considerare una situazione di regime ci pone in condizioni di sicurezza in quanto la linea di inviluppo corrispondente a condizioni di moto vario risulta essere sempre più bassa della linea di saturazione che si ottiene in condizioni di moto permanente.

Il problema trattato da Supino considera un’onda di piena di altezza H, formata dalla intersezione di quattro parabole (fig. 3.2.3), di durata t rispetto al tempo T riferito a un anno, che si propaga attraverso l’argine e assume diverse configurazioni, in funzione della porosità n, del coefficiente di permeabilità K e dello spessore ho (nella figura: n =

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Si osserva come la linea di inviluppo sia più bassa della linea di saturazione corrispondente al moto permanente e a quella stimata in maniera empirica con pendenza 1:5 ÷ 1:6; il riscontro sperimentale di tale andamento si può ottenere da misure dirette effettuate con piezometri (D’Amico, 1963; Colleselli, 1993) ubicati all’interno di rilevati arginali soggetti a carichi idraulici variabili nel tempo.

Figura 3.2.3 - Filtrazione in moto vario (Supino, 1955)

La corretta valutazione dell’andamento delle pressioni neutrali nel corpo arginale e nel terreno di fondazione assume quindi importanza fondamentale nella stima del grado di sicurezza nei confronti della possibile rottura per scivolamento del paramento arginale verso campagna.

Lo studio della filtrazione attraverso il rilevato arginale, in cui il materiale è soggetto a cicli di imbibizione ed essiccamento, deve tenere conto del diverso comportamento,

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contenuto in acqua , del grado di saturazione e della pressione dell’aria e dell’acqua nei pori.

In figura 3.2.4 viene proposto uno schema molto semplice di pendio o scarpata con livello della falda variabile: si può individuare una superficie della falda con pressione dell’acqua pari a 0, una di saturazione dovuta alla capillarità con pressione neutrale negativa ed una zona non satura sempre caratterizzata da pressioni neutre negative, variabili in funzione del grado di saturazione.

Variazioni di falda o apporti meteorici possono far variare il regime delle pressioni neutre e quindi le condizioni di stabilità.

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Il legame o curva caratteristica fra contenuto d’acqua e differenza fra la pressione dell’aria e dell’acqua viene indicato come suzione matriciale o più semplicemente suzione; l’effetto della suzione è maggiore per i terreni a grana fine limosi ed argillosi e presenta un andamento fortemente isteretico nei percorsi di imbibizione ed essiccamento (fig. 3.2.5).

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Una analisi completa, oggetto di attuali ricerche, del processo di filtrazione in condizioni di moto vario dovrebbe quindi tenere conto dell’anisotropia delle permeabilità e della sua dipendenza dal grado di saturazione., della curva caratteristica e del suo andamento isteretico.

La presenza, in occasione di eventi di piena, di un eccesso di pressione neutrale nel terreno di fondazione, al piede dell’argine o nelle zone a campagna, può dare luogo al pericoloso fenomeno del sifonamento con asporto di materiale, con il possibile collasso del rilevato, e la creazione dei cosiddetti fontanazzi (fig. 3.2.6)

Figura 3.2.6 - Fontanazzo

Questo fenomeno si manifesta principalmente in terreni di fondazione formati da strati di materiali incoerenti permeabili e particolarmente in quelli a granulometria più sottile (sabbie e limi).

I tentativi per determinare il coefficiente di sicurezza per le rotture di questo tipo risalgono ai primi del secolo: uno dei primi metodi è quello del Bligh (1910), che valuta il rapporto C, detto di scorrimento, tra il percorso L più breve che l’acqua deve compiere attraverso il terreno di fondazione dell’arginatura e il carico idraulico h per diversi terreni.

Lane (1935) modificò tale rapporto tenendo conto delle diverse permeabilità orizzontali e verticali del terreno.

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La verifica al sifonamento può essere anche svolta con riferimento al gradiente idraulico di uscita ie dalla zona interessata al fenomeno; in questo caso il coefficiente di sicurezza viene espresso dal rapporto tra il gradiente critico ic, per il quale si hanno condizioni di sifonamento, e ie (F=ic/ie > 1.5 ÷ 2).

Gli interventi atti a prevenire o quantomeno limitare il pericolo di sifonamento riguardano la costruzione di setti verticali impermeabili di vario tipo:

- diaframmi in c.a. o materiali plastici;

- diaframmi in colonne o lame in jet-grouting;

- palancolati metallici.

l’obbiettivo che si vuole perseguire con questi sistemi, è quello prolungare il percorso dei filetti fluidi in modo da poter dissipare quanta più energia possibile fino a valori ottimali per la stabilità delle arginature.

Tali setti sono ubicati al piede a fiume o all’interno del corpo arginale, e sono spinti, parzialmente o totalmente, sino a strati argillosi profondi, in modo da confinare gli strati permeabili.

Altri tipi di interventi riguardano l’ impermeabilizzazione del paramento a fiume con lastre in c.a., manti bituminosi o geocompositi, oppure il rinforzo dell’argine a campagna con la costruzione di nuove banche.

I principali strumenti di controllo della filtrazione attraverso i terreni di fondazione, per evitare i problemi di sifonamento, indicati dall’U.S Army Corps of Engineering, sono:

- Taglioni (Cutoff trenches);

- Rivestimento lato fiume con materiale impermeabile (Riverside impervious

blankets);

- Berme (Berms);

- Trincee permeabili al piede del rilevato (Pervious toe trenches);

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I taglioni rappresentano sicuramente il sistema più efficace, bloccano la filtrazione al di sotto del rilevato arginale, attraverso terreni di fondazione permeabili.

Vengono realizzati mediante lo scavo, al piede del rilevato, lato fiume, di una trincea che viene riempita con terra compatta oppure con calcestruzzo (fig. 3.2.7).

I taglioni costruiti con il metodo delle trincee di cemento possono essere realizzati senza necessità di procedere ad un drenaggio ed il loro costo è spesso minore rispetto a quello dei taglioni realizzati con terreno compattato.

Affinché sia efficace, il taglione dovrebbe penetrare approssimativamente fino a coprire almeno il 95% dello spessore dello strato permeabile.

Per questa ragione esso non è economicamente vantaggioso quanto deve raggiungere profondità maggiori di 12 metri.

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Gli argini sono frequentemente situati su terreni di fondazione aventi uno strato di copertura di materiale fine impermeabile o semimpermeabile che ricopre sabbia e ghiaia; se tale strato superficiale è esteso e continuo, costituisce un buon sistema per il controllo della filtrazione: esso può ridurre il flusso e la pressione lato terra.

Perché esso sia efficace è necessario che:

- abbia spessore adeguato;

- sia adeguatamente esteso a partire dal rilevato lato fiume;

- sia adeguatamente protetto dall’erosione;

- abbia opportuna permeabilità.

Le berme costituiscono invece una protezione contro l’instabilità del rilevato arginale lato terra, possono rinforzare uno strato superficiale impermeabile o semimpermeabile, oppure, se quest’ultimo non esiste, possono essere disposti direttamente sullo strato permeabile (fig. 3.2.8); i principali vantaggi che contraddistinguono questo tipo di intervento sono la semplicità di realizzazione e la richiesta di una manutenzione esigua.

Se la pressione neutra lato terra nei depositi permeabili al disotto di uno strato impermeabile diventa maggiore della tensione efficace dello strato superficiale si può verificare un sollevamento di quest’ultimo e la formazione di bolle di sabbia.

Questo problema può essere eliminato mediante la realizzazione di berme che concretizzano un duplice effetto positivo: il sovraccarico dovuto al peso dei massi costituenti la berma compensa l’innalzamento dovuto alle forze di filtrazione, al contempo, la maggiore lunghezza del rilevato alla base che viene a formarsi, fa sì che le sovrappressioni al piede si riducano sensibilmente.

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Figura 3.2.8 - Corretta realizzazione di una berma

Quando un argine è situato su un deposito di materiale permeabile al di sopra del quale è posizionato un sottile strato impermeabile, un trincea permeabile, come quella rappresentato in figura 3.2.9, può migliorare le condizioni di filtrazione al piede del rilevato arginale.

Figura 3.2.9 - Esempio di trincea permeabile al piede del rilevato

Queste trincee (o filtri) hanno lo scopo di controllare la filtrazione superficiale e proteggere l’area in prossimità del piede del rilevato arginale.

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Possono essere utilizzate unitamente a pozzi (fig. 3.2.10), in tal caso le prime intercettano il flusso di filtrazione superficiale, i secondi quello più profondo.

Spesso, a seconda dell’entità della filtrazione e della localizzazione dell’argine, sono provviste di un collettore forato per convogliare il flusso (fig. 3.2.11).

Figura 3.2.10 - Esempio di trincea permeabile al piede e pozzo per intercettazione di filtrazioni profonde

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Le trincee permeabili sono generalmente localizzate al piede dell’argine, ma, a volte, sono costruite al di sotto del pendio di valle del rilevato arginale (fig. 3.2.12).

Questa soluzione presenta dei vantaggi nel caso in cui la trincea serva anche da ispezione e perché lo strato drenante permeabile orizzontale può aiutare a controllare la filtrazione attraverso il rilevato.

Figura 3.2.12 - Trincea permeabile posta sotto al pendio

Per quanto riguarda la progettazione della geometria delle trincee, evidentemente, dipenderà di volta in volta dal volume di filtrazione che ci si aspetta, dalla riduzione di pressione che si intende raggiungere, dalla pratica costruttiva e dalla stabilità del materiale in cui si opera lo scavo.

Solitamente la larghezza delle trincee varia da 0,60 a 1,80 metri.

Il materiale di riempimento, è costituito da sabbia che deve soddisfare determinati requisiti; il collettore deve essere circondato da uno strato di spessore di circa 300 mm di ghiaia di granulometria idonea a garantire una transizione equilibrata tra la sabbia di riempimento e i fori del tubo.

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Il riempimento della trincea deve essere fatto in modo da minimizzare l’effetto di segregazione e la sua compattazione deve essere limitata in modo da non pregiudicare la permeabilità della trincea.

Figura 3.2.13 - Pozzo di sfogo della pressione

Quando invece gli strati permeabili sottostanti il rilevato hanno profondità o spessori troppo elevati per essere raggiunti da taglioni o dreni si utilizzano i pozzi di sfogo della pressione (fig. 3.2.13).

Essi possono essere facilmente estesi se con la loro installazione iniziale non si ottiene il controllo richiesto.

Devono essere resistenti alla corrosione, ai batteri del terreno, alle incrostazioni di carbonato e richiedono periodica manutenzione per evitare perdite.

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La loro progettazione comporta la definizione del distanziamento, della misura e della profondità.

I fattori che devono essere presi in considerazione sono:

- la profondità, le stratificazioni e la permeabilità dei terreni di fondazione;

- la distanza dalla fonte del moto di filtrazione;

- le caratteristiche dello strato di terreno superficiale lato terra;

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3.3

Il piping

Il piping è un fenomeno dinamico, generalmente si sviluppa a partire dall’unghia di valle dell’opera regredendo verso monte attraverso vie preferenziali all’interno del terreno di fondazione o del rilevato o tra rilevato e fondazione (Sellmeijer, 1988).

La rimozione delle particelle (in genere della frazione più fina o di quella con minore peso specifico) ha, pertanto, inizio sul lato campagna manifestandosi, talvolta, con la presenza di piccole sorgenti localizzate (sand boil).

Successivamente, il fenomeno di erosione tende ad estendersi verso monte, con un meccanismo di tipo regressivo, per effetto dell’incremento di velocità dovuto alla riduzione delle resistenze idrauliche, fino al raggiungimento della zona golenale e conseguente collasso dell’opera.

L’unico provvedimento possibile, in questi casi, consiste nell’arginare il sand boil con opere provvisionali in terra o mediante l’ausilio di sacchetti di sabbia o materiale diverso (coronelle), in modo da ottenere l’innalzamento del livello di affioramento e ridurre così il carico motore disponibile all’acqua per infiltrarsi nel terreno.

Per individuare la condizione di innesco del piping è possibile valutare il valore del gradiente idraulico ovvero quando si attinge al suo valore critico.

Esistono diversi studi nonché diverse pubblicazioni fatte sull’argomento.

Sherard nel 1963 ha condotto degli studi sul meccanismo del piping rispetto alle dighe in terra e a quelle miste formate da terra e rocce.

Egli ha osservato che quando si instaura un moto di filtrazione la pressione viene dissipata dall’attrito dovuto alle forze di trascinamento che si oppongono al moto dell’acqua attraverso i pori presenti nel terreno.

L’acqua, filtrando, genera erosione e tende a trascinare via con se le particelle di terreno.

Se l’erosione dovuta alla filtrazione dell’acqua assume valori significativi, le particelle di terreno vengono trasportate via ed ha inizio il piping.

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Se il terreno è coesivo, si possono formare dei piccoli canali al di sotto del percorso seguito dalla filtrazione.

Una volta che si è innescato il piping, il flusso all’interno del tubicino tende ad aumentare in quanto diminuiscono le forze di attrito, ed il fenomeno accelera trasformando i piccoli tunnel in veri e propri tubi d’acqua sotterranei.

L’erosione interna inizia localmente con il movimento delle piccole particelle all’interno della matrice terrosa fino a formare poco alla volta delle piccole cavità, quindi il collasso e infine la rottura.

Una coronella appena costruita e piena d’acqua è mostrata nella figura 3.3.1a, una ormai consolidata nella figura 3.3.1b.

 

Figura 3.3.1a - Coronella appena costruita

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Figura 3.3.1b - Coronella consolidata

Il piping può essere favorito da radici di alberi con percorso sub-orizzontale, soprattutto se gli alberi vicini all’argine sono a tergo di esse e se la specie arborea è particolarmente idrofila.

Un altro gravissimo pericolo è costituito dalle tane di animali, che costituiscono una via d’innesco del piping.

Il danno è più o meno grave a seconda della portata e della velocità con cui fuoriesce l’acqua; l’entità del fenomeno è valutabile anche in base alla natura dell’acqua che sgorga: se è limpida, il fenomeno non è molto preoccupante, in quanto l’acqua è priva di forza erosiva e non asporta particelle solide nel suo percorso sotterraneo.

Al contrario, se l’acqua sgorgante è torbida, significa che essa è dotata di forte forza erosiva e le cavità vanno allargandosi, per cui il fontanazzo può provocare danni gravi; in questo caso si verifica un intorbidamento marcato anche delle acque dei pozzi e dei fossi vicini all’argine.

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Si è già parlato dei provvedimenti d’urgenza da adottare in caso si presentino segnali caratterizzanti l’imminenza di piping come la realizzazione di coronelle; si vuole analizzare adesso quali interventi preventivi possono mitigare il verificarsi di questo fenomeno, anche se è doveroso ricordare l’estrema difficoltà di prevedere questo tipo di dissesti, dovuta al fatto che gli argini si sviluppano per grandi lunghezze e su terreni alluvionali comportando grande variabilità degli elementi che sono la causa del fenomeno del piping.

Come per il sifonamento, è utile anche per questo scopo, la presenza lato terra di berme per stabilizzare o per controllare la filtrazione attraverso il terreno di fondazione.

Se le berme non vengono realizzate, nella sezione dell’argine dovrebbero essere incorporati strati drenanti orizzontali e/o inclinati (che devono essere immorsati in quelli orizzontali) (fig. 3.3.2) o dreni al piede del rilevato (fig. 3.3.3), per evitare che la filtrazione emerga dal pendio lato terra.

Ciò richiede di selezionare materiale granulare permeabile e comporta un aumento apprezzabile del costo di costruzione dell’argine, a meno che materiale idoneo non sia reperibile in loco.

Un piede permeabile provvede ad abbassare la falda sufficientemente in modo tale che il flusso non emerga sul pendio lato terra, inoltre può essere combinato con trincee al piede e utilizzato come metodo per controllare la sottofiltrazione superficiale

I dreni orizzontali e inclinati, assolvono alla stessa funzione dei dreni al piede ma con il vantaggio che si possono estendere al disotto del rilevato arginale richiedendo in questo modo solo una piccola quantità di materiale addizionale, inoltre, essi proteggono la base del rilevato dalle elevate pressioni di risalita dove si verifica la sottofiltrazione attraverso il terreno di fondazione.

La presenza di uno strato drenante inclinato è uno dei migliori metodi di controllo della filtrazione interna in quanto l’effetto che producono è quello di intercettare completamente la filtrazione.

Sono molto usati nelle dighe in terra ma raramente nella costruzione degli argini a causa degli elevati costi.

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Tuttavia, tale soluzione può essere giustificata, dal punto di vista economico, per brevi tratti in posizioni importanti dove l’argine permane a contatto con elevati contenuti d’acqua per tempi prolungati e altre misure di controllo non sono ritenute adeguate. Di fatto, l’uso di questo tipo di dreno, permette di costruire la porzione di argine lato terra con materiale di qualunque permeabilità.

Quando è utilizzato tra un nucleo permeabile ed un involucro esterno impermeabile funge anche da filtro per prevenire la contaminazione da parte del materiale fine di quello permeabile.

Nel caso in cui la differenza di granulometria tra i due materiali, permeabile ed impermeabile, è elevata, il dreno deve essere progettato come un filtro graduato.

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Figura 3.3.3 - Dreni permeabili al piede del rilevato

 

Il progetto dei dreni permeabili al piede e degli strati drenanti orizzontali ed inclinati deve assicurare che essi abbiano adeguato spessore e permeabilità da trasmettere il flusso di filtrazione senza apprezzabili perdite di carico, e, allo stesso tempo, prevenire la migrazione di particelle di fine.

Gli strati orizzontali dovrebbero avere uno spessore minimo di circa 50 centimetri. La messa in opera e la compattazione deve assicurare il raggiungimento di un’adeguata densità e scongiurare il verificarsi di segregazione e contaminazione, d’altro canto è necessario porre molta attenzione a non compattare troppo per evitare di ridurre la permeabilità.

I rulli vibranti rappresentano i mezzi costipanti più idonei per addensare i materiali non coesivi.

In fine, avendo come obbiettivo una oculata realizzazione di questi sistemi di drenaggio, le analisi granulometriche dovrebbero essere condotte prima e dopo la compattazione per assicurarsi che il materiale rispetti le specifiche e non contenga troppo fine.

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3.4

L’erosione delle sponde ad opera della corrente liquida

Le azioni dovute all’erosione ed allo scalzamento della scarpata per effetto della corrente, rientrano nella categoria delle azioni esterne e possono causare problemi notevoli alla stabilità delle arginature.

L’azione di trasporto della corrente sulle particelle di terreno naturale o dei materiali costituenti il rivestimento artificiale sul fondo e lungo le scarpate, viene usualmente valutata sulla base di correlazioni tra le dimensioni delle particelle granulari, il loro peso specifico e la velocità della corrente, oppure lo sforzo di taglio nell’interno che da luogo al movimento della particella stessa.

Lo studio del trasporto solido è un classico problema di idraulica fluviale, che è stato ampiamente sviluppato a partire dal secolo scorso da Lane, Shields, Isbash etc... .

Le relazioni proposte vengono utilizzate anche per dimensionare le difese di protezione in pietrame dall’erosione sul fondo dell’alveo e sulle scarpate.

Il fenomeno del trasporto riguarda i materiali a grana grossa privi di coesione; i terreni a grana fine argillosi sono più resistenti all’azione erosiva e sono soggetti a trasporto solo se vengono alterati e disgregati per effetto della imbibizione e delle alternanze umido-secco.

Per i terreni coesivi l’azione erosiva diviene significativa per velocità dell’ordine di 0.8 m/s, per argille di media consistenza, e di 1.5 m/s, per argille compatte.

Le relazioni più semplici si basano sull’equilibrio alla rotazione e alla traslazione di elementi prismatici soggetti all’azione della corrente e sono del tipo:

vcrit = 4 ÷ 5 √ D (m/s, m)

dove vcrit è la velocità della corrente che dà luogo al moto di una particella cubica di lato D.

Altre relazioni correlano il diametro e la velocità della corrente contro il masso di pietrame:

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(Isbash, 1935)

dove:

Dc è il diametro caratteristico

C1 indica un coefficiente pari a 1.35 per massi isolati e 0.69 per massi in scogliera; γs rappresenta il peso specifico assoluto del materiale costituente la scogliera.

Oppure correlano il diametro alla tensione tangenziale τ al contorno che dà luogo al movimento della particella:

(Shields, 1936) ove:

τ* è funzione del numero di Reynolds, relativo alla velocità di attrito, assunto usualmente pari a 0.047 ÷ 0.06.

Queste relazioni sono le più elementari e sono state man mano modificate per tenere conto della profondità della corrente liquida, della scabrezza delle particelle, della distribuzione della velocità della corrente, della pendenza del corso d’acqua, etc. (Anderson, 1970; Neill, 1967; Stevens e Simons, 1976; Pilarczyk, 1987; US. Corps of Engineers 1991).

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Le relazioni sopra indicate si riferiscono all’azione della corrente su particelle solide disposte sul fondo del corso d’acqua; se invece le stesse sono disposte lungo le scarpate bisogna tenere conto non solo della forza resistente, proporzionale al peso immerso, e della forza destabilizzante, dovuta all’azione idrodinamica, ma anche di un’ulteriore forza destabilizzante dovuta alla gravità.

A questo proposito viene introdotto un fattore k (< 1), dato dal rapporto tra lo sforzo necessario a rimuovere una particella sulla scarpata Sβ e quella per muovere la stessa particella sul fondo orizzontale Sfond.

Come dallo schema allegato di figura 3.4.1:

dove β e rappresentano rispettivamente l’angolo di inclinazione della scarpata e quello di attrito particella-terreno.

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Si può osservare come il peso dei grani solidi (valore medio W 21 γs D3c ) sia proporzionale al cubo del diametro caratteristico, il quale a sua volta risulta proporzionale al quadrato della velocità.

Un aumento della velocità della corrente, ad esempio da 2 a 4 m/s, si traduce in un aumento del peso di 64 volte; se poi si considera la particella sulla scarpata (con β = 27° e = 30° : K = 0.43) il diametro aumenta di circa 2 volte e quindi il peso di 8 volte.

La velocità della corrente risulta pertanto determinante ai fini del corretto dimensionamento dei massi di scogliera.

Per un dimensionamento di massima si può ad esempio fare riferimento all’abaco proposto da Blake (1975) (fig. 3.4.2).

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Passando ora ad esaminare le tipologie degli interventi per la protezione dall’erosione e dallo scalzamento e per migliorare la stabilità delle scarpate, i criteri di progetto prevedono di realizzare, al piede e lungo la sponda, rivestimenti e opere di sostegno, che favoriscano anche il drenaggio delle acque di filtrazione.

In figura 3.4.3 vengono illustrate varie tipologie di difesa di sponda che utilizzano scogliere in pietrame; si può osservare come venga particolarmente curata la protezione al piede della scarpata: la scogliera viene immorsata al disotto del fondo dell’alveo, oppure si realizzano un taglione in calcestruzzo o colonne in terra stabilizzata con il metodo jet-grouting.

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In figura 3.4.4 viene ancora rappresentata una difesa di sponda in blocchi di pietrame, in cui il piede viene ulteriormente rinforzato collegando i massi con funi di acciaio.

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In figura 3.4.5 viene riportato un altro esempio classico di difesa di sponda in gabbioni e materassi riempiti di ciottoli e pietrame.

Figura 3.4.5 - Difesa di sponda in gabbioni e materassi riempiti di ciottoli e pietrame

Per risolvere, almeno in parte, problemi di impatto ambientale la protezione in massi di pietrame o in gabbioni può essere completata con il ricoprimento con terreno vegetale , seminagione e talee.

Lungo le scarpate ed al piede, al contatto tra il terreno naturale e la difesa in pietrame o gabbioni, viene attualmente, secondo un criterio di progetto usuale, posato un telo di geotessuto o più in generale di geocomposito, al quale viene affidata la funzione di filtro.

Oggi il geotessuto viene utilizzato in sostituzione del filtro in materiale naturale di opportuna granulometria: esso infatti ha le stesse caratteristiche del filtro naturale di impedire la migrazione di particelle fini dal terreno, evitando così l’intasamento del rivestimento, di non creare sovrapressioni neutre nel terreno naturale e di mantenere queste funzioni nel tempo.

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Nel dimensionamento dei filtri naturali ed artificiali si utilizzano criteri detti di ritenzione, di permeabilità e di autostabilità.

In particolare è necessario conoscere la granulometria e la permeabilità del terreno di base e del filtro.

Per i filtri artificiali in geotessuto si fa riferimento all’apertura caratteristica di filtrazione (diametro dei vuoti equivalente o massima apertura), corrispondente alla dimensione delle più grosse particelle di terreno, che possono attraversare il geotessile da parte a parte.

Oltre alle gabbionate che costituiscono una classica opera di sostegno e protezione delle arginature, nei tratti montani dei corsi d’acqua vengono utilizzate altre opere di sostegno, in grado di ben inserirsi nell’ambiente del corso d’acqua, quali i cribb-walls o muri cellulari, realizzati con strutture formate da elementi prefabbricati in legno, ferro o cemento, e riempiti di terre e pietrame, come illustrato nella figura 3.4.6.

I muri in calcestruzzo costituiscono una struttura di sostegno delle scarpate molto utilizzata, in particolare in zone fortemente antropizzate, dove non c’è la possibilità di aumentare le sezioni di deflusso o di dare una adeguata pendenza alle sponde o alle arginature di contenimento.

I muri possono essere del tipo a gravità, a sbalzo oppure a contrafforti; la progettazione si basa sulle classiche teorie per la valutazione delle spinte delle terre.

La struttura deve resistere, con il peso proprio e con quello del terreno interessato, allo scivolamento e al ribaltamento e il terreno di fondazione deve assicurare una adeguata capacità portante.

In presenza di terreni di fondazione con caratteristiche non idonee è spesso necessario il ricorso a fondazioni profonde su pali; il pericolo di erosione e di scalzamento richiede inoltre interventi di protezione e rinforzo al piede del muro.

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Per la protezione delle scarpate degli argini fluviali attualmente si utilizzano combinazioni di materiali naturali ed artificiali: pietrame, massi e blocchi in calcestruzzo, buzzoni (fascine di salice riempite con ciottoli, usualmente di diametro di circa 50 cm e lunghezza di 4 m), gabbionate o materassi riempiti di ciottoli, burghe (sacchi di rete metallica riempiti di ciottoli usualmente di diametro di 60 cm circa e lunghezza di 2 m), geotessuti e geogriglie, sacchi di geotessuto riempiti con sabbia (diametro variabile da 50 cm a 2 m), tappeti di geotessuto rinforzato da blocchi di calcestruzzo.

Nella figura 3.4.7 viene illustrata la tipica difesa arginale del Po, come indicato in una circolare del Circolo Superiore di Ispezione per il Po del 1929.

La parte superiore della scarpata arginale viene protetta con fascinoni di legno riempiti di terra e la parte inferiore, a diretto contatto con la corrente, con ciottoli e pietrame o prismi di calcestruzzo poggiati su uno strato, con funzione di filtro, separazione e rinforzo, costituito da buzzoni.

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Nella figura 3.4.8 vengono illustrate le tipiche difese degli argini del Po attualmente in uso.

La funzione di filtro, separazione e rinforzo viene affidata ai buzzoni, alle burghe e ai sacchi di geotessuto, riempiti di sabbia, poggiati su geotessile o geosintetici a contatto con il terreno naturale della scarpata.

Figura 3.4.8 - Attuali difese di sponda degli argini del Po

Le frane che interessano i paramenti a fiume, nei periodi di magra, richiedono interventi di rinforzo al piede particolarmente impegnativi, in quanto vengono eseguiti in acqua; nella figura 3.4.9 viene illustrato l’intervento eseguito nel 1981 a seguito della frana che ha interessato l’argine in froldo di Felonica lungo il medio corso del Po.

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Figura 3.4.9 - Frana argine in froldo in destra Po a Felonica (23/07/1995) e intervento di sistemazione al piede

 

Quelli visti fin ora sono interventi che proteggono in maniera diretta le sponde dai fenomeni di erosione.

Una protezione invece di tipo indiretto, può essere realizzata mediante l’impiego di opere di difesa poste trasversalmente alla corrente (anche dette opere repellenti o “pennelli”).

Questi elementi, costruiti con strutture non rigide, sono radicati alla sponda da proteggere e si protendono verso l’interno dell’alveo.

La loro disposizione planimetrica rispetto all’asse dell’alveo, può essere ortogonale, discendente o ascendente (con inclinazione di circa 70° rispetto all’asse del torrente) (fig. 3.4.10).

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Figura 3.4.10 - Tipologie di pennelli e disposizione planimetrica rispetto all’asse dell’alveo 

La forma planimetrica del pennello può essere: ad asta semplice, a “L”, a martello, a baionetta oppure a hockey, mentre la sezione trasversale è generalmente trapezia.

La distanza tra i due pennelli è dell’ordine di 2 - 4 volte la loro sporgenza: in queste condizioni il costo con l’ammorsamento alla sponda e la difesa della testa contro lo scalzamento è comparabile con quello di una difesa longitudinale.

La prima è talvolta preferita, anche perché la disposizione può dare luogo a un’interessante modifica ambientale e morfologica creando zone d’alveo inattive, nelle quali si sviluppano vegetazioni spontanee o piantate, che concorrono a rendere stabile la sponda.

La stabilità dei pennelli può essere compromessa dall’azione della corrente che li investe, e dallo scavo che può crearsi intorno alla sua testa.

Il manufatto è generalmente costruito con la sommità degradante verso l’alveo: la sezione esposta si riduce così a misura che aumenta la velocità della corrente.

Se lo scavo intorno alla testa del pennello giungesse a interessare il piano delle fondamenta si potrebbe avere il franamento di una sua parte, seguito dalla distruzione progressiva del manufatto.

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La difesa contro l’azione dello scavo si ottiene approfondendo il piano d’imposta delle fondamenta, o meglio, realizzando intorno alla testa una difesa con una cortina di colonne consolidate (jet - grouting) armate, collegate in sommità con un cordolo di calcestruzzo.

In ogni caso la legatura dei massi tra loro con trefoli o con grappe di acciaio riduce la possibilità di dissesto.

I pennelli vengono anche impiegati per proteggere dallo scalzamento i muri di sponda con fondamenta superficiali o per tenere comunque lontano dai muri il filone della corrente; in questi casi la distanza tra i pennelli può essere ragionevolmente aumentata. I pennelli negli alvei torrentizi sono solitamente realizzati con massi di pietra naturale con diametro che raramente supera 1,25 metri (1 mc di volume di circa 2,5 t) per la difficoltà di movimentazione che presentano i massi di dimensione superiore.

Un esempio di pennello è visibile nella figura 3.4.11, con massi di circa 1 metro di diametro e massa di circa 1,5 t.

Quando sono richiesti massi di dimensioni maggiori, o non siano disponibili massi naturali, si ricorre all’impiego di blocchi di calcestruzzo come per le difese longitudinali.

 

Figura 3.4.11 - Esempio di pennello ortogonale all’asse dell’alveo 

     

(41)

3.5

L’instabilità meccanica

Oltre ai problemi di stabilità del corpo arginale verso campagna, dopo eventi di piene o morbide di lunga durata, con l’abbassarsi del livello del fiume sino alla quota di magra, si possono avere franamenti e scivolamenti del paramento arginale verso fiume dovuti all’imbibimento del materiale di natura poco permeabile limosa ed argillosa e anche alla filtrazione dalle falde a campagna.

L’erosione del fondo dell’alveo e delle scarpate degli argini, specie per quelli disposti in froldo, possono accentuare tali fenomeni, come avvenuto dopo le piene del Po del novembre 1994 e ottobre 2000.

 

Figura 3.5.1 - Frana di un argine in froldo

Problemi di stabilità dell’argine con rottura per scivolamento si possono avere durante la costruzione o il rinforzo di una arginatura per la presenza di terreni superficiali formati da argille limose e torbose normalmente consolidate e a bassa permeabilità. Più a rischio è il paramento di monte, più a lungo immerso in acqua e soggetto talvolta all’erosione al piede (fig. 3.5.2).

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Figura 3.5.2 - Esempio di franamento arginale con indicazione della superficie di scivolamento

A seguire si accenna ai metodi di equilibrio globale che ad oggi sono spesso utilizzati per lo studio della stabilità di pendii artificiali quali le arginature fluviali.

Le ipotesi generalmente ammesse dai metodi basati sull’equilibrio limite globale sono:

1. stato di deformazione piano (ovvero superficie cilindrica e trascurabilità degli effetti tridimensionali),

2. arco della superficie di scorrimento alla base del concio approssimabile con la relativa corda,

3. comportamento del terreno rigido-perfettamente plastico e criterio di rottura di Mohr-Coulomb,

4. coefficiente di sicurezza FS eguale per la componente di coesione e per quella di attrito, e unico per tutti i conci, ovvero:

             

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Figura 3.5.3 - Schema di suddivisione di un pendio in strisce 

 

 

Figura 3.5.4 - Geometria del concio i-esimo e forze agenti su di esso 

 

I due più semplici e più diffusi metodi di equilibrio limite globale sono il metodo di Fellenius ed il metodo di Bishop semplificato.

Un’ipotesi comune a molti metodi, fra cui i metodi di Fellenius e di Bishop, descritto successivamente, è l’ipotesi di superficie di scorrimento circolare, sufficientemente ben verificata quando non vi siano condizioni stratigrafiche e geotecniche particolari.

Il metodo di Bishop semplificato è attualmente il più diffuso ed utilizzato fra i metodi delle strisce.

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Esso è caratterizzato dalla seguente ulteriore ipotesi semplificativa: per ogni concio la risultante delle componenti nella direzione verticale delle forze agenti sulle facce laterali è nulla.

 

Figura 3.5.5 - Poligono delle forze 

 

Con riferimento al poligono delle forze sopra riportato, l’equazione di equilibrio nella direzione verticale è:

  per l’ipotesi del metodo di Bishop semplificato è:

   

Dopo diversi passaggi e sviluppi si ottiene:

  La soluzione va’ ricercata per via iterativa fissando un primo valore di tentativo per FS.

Il coefficiente di sicurezza calcolato è relativo alla superficie di scorrimento potenziale considerata.

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Con riferimento alle verifiche allo scivolamento globale si tratta di verifiche a breve tempo ovvero a fine costruzione nelle quali la resistenza al taglio del terreno argilloso è rappresentata dalla coesione non drenata (cu).

L’analisi di stabilità in termini di tensioni totali è molto semplice ed è idonea ad essere impiegata in quei casi nei quali sia la costruzione, sia la rottura avvengano così rapidamente da precludere ogni drenaggio del terreno (a termine costruzione).

Dal momento che non si manifesta alcuna variazione del contenuto in acqua nel terreno, la resistenza al taglio non drenata presente in sito prima della costruzione è il parametro meccanico che controlla la stabilità del rilevato.

La verifica di stabilità viene normalmente condotta a termine utilizzando i parametri di resistenza non drenati (cu) e (φu).

I problemi di stabilità globale devono essere affrontati esaminando la singola stabilità del rilevato arginale e del rilevato con il terreno di fondazione.

Le verifiche vanno condotte per le situazioni più pericolose che si possono avere durante la costruzione e in fase di esercizio.

Nelle analisi di stabilità si fa il confronto fra la resistenza a rottura disponibile e quella effettivamente mobilitata, ed il coefficiente di sicurezza, indica quantitativamente questo confronto.

Il valore del coefficiente di sicurezza ottenuto è da confrontare con quelli dettati dalla normativa tecnica come visto nel capitolo 1 al paragrafo 1.5.

Nella figura seguente sono riportati vari meccanismi di rottura possibili per le scarpate: procedendo dall’alto verso il basso, si osserva il caso di un cedimento del terreno di fondazione che provoca fessurazioni e lesioni nel corpo arginale, a seguire una frana dovuta ad un terreno di fondazione inadeguato, poi una frana di monte causata da un rapido svaso ed infine una frana del paramento di valle provocata da un rilevato inadeguato.

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Figura 3.5.6 - Meccanismi di rottura delle scarpate

Il franamento dell’argine, in aggiunta a quanto detto, può essere dovuto a varie cause che generano l’instabilità dei paramenti; e fra queste anche interventi di natura antropica possono essere nocivi.

Un esempio calzante è costituito dallo sradicamento di alberature presenti lungo la linea di sponda, che può provocare l'erosione al piede e lo smottamento di grosse zolle di terreno generando l’instabilità del rilevato.

Il rimedi solitamente adottati per ostacolare i fenomeni franosi nelle arginature sono quelli esposti al paragrafo 3.4, opere repellenti oppure difese longitudinali come gettate di massi di protezione al piede, muri di sponda e così via, attendendo in questo caso i periodi di magra per la realizzazione.

I cedimenti nei rilevati arginali sono un altro fenomeno molto importante che può comportare effetti deleteri per la stabilità di queste opere di difesa fluviale.

Consistenti abbassamenti del terreno di fondazione non adeguatamente previsti possono essere causa non solo di sensibili variazioni della livelletta di progetto e fessurazioni nel corpo arginale, ma possono altresì danneggiare strutture eventualmente interagenti con il rilevato.

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Inoltre tali cedimenti, diminuendo il franco arginale, possono ridurre il grado di sicurezza idraulica nei confronti della piena di progetto.

Per rendersi conto dell’ordine di grandezza del problema, possiamo far riferimento a casi reali e specifici; a tal proposito possiamo riferirci al caso del medio e basso Po, dove i terreni di fondazione di nuove arginature di altezze pari a 6 ÷ 9 metri hanno indotto cedimenti anche dell’ordine di 1 m (Colleselli e Cortellazzo, 1993) in tempi di 2 ÷ 3 anni.

Il problema progettuale è legato quindi alla valutazione dei cedimenti del rilevato e del loro andamento nel tempo per garantire un adeguato franco della sommità arginale sulla quota di massima piena.

L’approccio tradizionale considera che il cedimento totale in un terreno possa essere considerato come somma di tre contributi distinti (fig. 3.5.7).

Figura 3.5.7 - Tipi di cedimento

a) Durante la fase di carico si sviluppano nel terreno delle sovrappressioni dell’acqua interstiziale Δu, e data la bassa permeabilità del terreno è lecito assumere che, nell’ambito delle usuali velocità di applicazione del carico, ci si trovi in condizioni non drenate.

Lo strato di argilla si deforma a volume pressoché costante e il cedimento che ne consegue è indicato come cedimento immediato (si).

b) L’instaurarsi del drenaggio, con il progressivo trasferimento del carico dalla fase fluida allo scheletro solido, comporta ulteriori cedimenti, la cui velocità nel

(48)

come consolidazione primaria e l’analisi relativa è possibile tramite vari modelli della teoria della consolidazione.

Il cedimento conseguente a tale processo di espulsione dell’acqua dai vuoti interstiziali è indicato come cedimento di consolidazione (sc).

c) Infine, anche quando le sovrappressioni interstiziali si sono dissipate (Δu = 0), continuano a esserci nel tempo assestamenti dovuti a deformazioni viscose in condizioni drenate, e il cedimento è noto come cedimento secondario (s ).s

L’importanza relativa delle tre suddette componenti dipende da diversi fattori quali i più importanti sono i seguenti:

- il tipo di terreno e la sua storia tensionale;

- l’entità e la velocità di applicazione del carico;

- le dimensioni dell’area di carico in rapporto alla profondità dello strato compressibile.

In generale si può osservare quanto segue:

- il cedimento immediato è di interesse pratico in terreni teneri di media ed elevata plasticità, nei quali possono svilupparsi sensibili deformazioni di taglio per effetto di plasticizzazioni locali e deformazioni viscose in condizioni non drenate;

- il cedimento di consolidazione rappresenta quasi sempre l’aliquota predominante e pertanto quella che maggiormente influenza le considerazioni progettuali;

- il cedimento secondario può essere decisamente significativo nei terreni organici e nei casi in cui quello primario avvenga molto rapidamente.

Il comportamento dei terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie) risulta macroscopicamente diverso da quello dei terreni a grana fine (limi e argille), in virtù della marcata differenza esistente tra i valori del coefficiente di permeabilità.

Avendo infatti elevata permeabilità, essi si comportano come un sistema aperto con libero flusso dell’acqua, e l’eventuale sovrappressione dell’acqua interstiziale, generata

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da una qualunque causa che ne turbi l’equilibrio originario, si dissipa in tempi estremamente brevi.

Ne consegue che, ai fini pratici, si può trascurare il moto di filtrazione transitorio e fare riferimento direttamente elle condizioni di equilibrio finale.

Il calcolo dei cedimenti, fattibile seguendo diverse tipologie di approcci teorici, deve essere comunque suffragato da profili e parametri geotecnici desunti da accurate indagini in situ e in laboratorio.

A questo scopo una adeguata strumentazione geotecnica (es. assestimetri a piastra), consente non solo di controllare e verificare, durante e dopo la costruzione, le deformazioni calcolate, ma anche l’eventuale pericolo di rottura del terreno di fondazione durante la costruzione.

Un altro aspetto strettamente connesso con le problematiche relative ai cedimenti è rappresentato dalla subsidenza.

L’estrazione di gas e acqua dal sottosuolo che hanno interessato vaste zone del territorio italiano, in particolare la Pianura Padana, è la diretta responsabile degli abbassamenti del suolo che si sono avuti in varie ed estese aree (Venezia, Ravenna, Milano, Bologna, Delta del Po ecc.) raggiungendo entità considerevoli; anche più di un metro.

Gli abbassamenti lungo l’asta terminale del Po iniziati a partire dal 1950 e con gli incrementi più significativi tra il 1957 e il 1962, hanno portato alla diminuzione o addirittura all’annullamento del franco di piena e all’accentuarsi del pericolo di sifonamento, anche in condizioni di piene non eccezionali, per l’aumento del carico idraulico tra fiume e campagna.

Ad esempio, per il Po ed altri fiumi della pianura padana e veneta si sono così resi necessari imponenti lavori di rialzo e rinforzo delle arginature, oltre a quelli per l’adeguamento ai nuovi profili di piene (fig. 3.5.8), con l’impiego di enormi quantità di materiale.

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(51)

3.6

Il sormonto arginale

Il sormonto può essere dovuto a diverse cause; tra le principali si individuano il superamento della portata di progetto, la sottovalutazione della scabrezza dell’alveo, l’assestamento del rilevato, la subsidenza del terreno ed infine lo sfiancamento o del franamento del rilevato (fig. 3.6.1).

 

 

Figura 3.6.1 - Sormonto arginale

L’effetto del sormonto di un argine da parte dell’onda di piena è la sua rottura per erosione della base.

L’acqua, ruscellando, attraversa la strada sommitale per ricadere dal lato del piano di campagna come piccole cascate che ingrossano con l’innalzamento dell’onda di piena.

Cadendo lungo l’argine, l’acqua acquista velocità e, arrivando ai piedi dell’argine stesso, ha forza sufficiente per eroderne la base.

Questo fenomeno è tanto più rapido quanto più l’argine non è protetto da un manto erboso adeguato.

La prima e grave conseguenza dell’erosione della base dell’argine è il suo cedimento e conseguente sfondamento verso il lato di campagna a causa della pressione dell’onda di piena dal lato golena.

L’apertura di una breccia provoca la rapida erosione di un ampio tratto arginale con la conseguente inondazione di ampie aree abitate.

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Figura 3.6.2 - Interventi di rialzo con sacchi di sabbia

In molti casi si può riuscire a impedire il sormonto con un intervento tempestivo, sopraelevando l’argine con riporti di terra o sacchetti di sabbia (fig. 3.6.2).

Quando nel corso di una piena si teme la tracimazione, si può predisporre un rialzo provvisorio degli argini mediante sacchetti di sabbia, rincalzati con terra dal lato campagna.

Nel caso di un tratto fluviale munito di muri di sponda anziché di argini, il rialzamento si può realizzare anche montando delle paratoie metalliche sulla sommità del muro.

Figura

Figura 3.2.5 - Curva caratteristica per terreno limoso e andamento qualitativo per diversi tipi di materiale
Figura 3.2.6 - Fontanazzo
Figura 3.2.7 - Tipologie di intervento con taglioni in terra o calcestruzzo
Figura 3.2.8 - Corretta realizzazione di una berma
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