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La situazione del Paese nel 1999

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Il Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 1999

e

stato presentato dal Presidente dell'Istituto nazionale di statistica Prof Alberto Zulianigiouedi25 maggio 2000 aRoma

presso la Sala della Lupa del Palazzo di Montecitorio

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RAPPORTO ANNUALE

La situazione del Paese nel 1999

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Sintesi del Rapporto

Premessa

Misurare statisticamente i fenomeni e sempre pm

difficile. Non soltanto l'economia immateriale tende a mettere in crisi i criteri tradizionalmente usati per va- lutare la ricchezza e gli scambi, rna anche i comporta- menti sociali sono sempre meno classificabili in schemi prefissati. Le attivita lavorative evolvono e sfuggono a l- le categorie del lavoro dipendente e autonomo; accanto alIa famiglia tradizionale si sviluppano nuove forme di convivenza e di organizzazione familiare; le previsioni demografiche devono tenere conto di una variabile ad al- to tasso di incertezza come le migrazioni.

I cittadini, daltr o canto, sono sempre pili gelosi del- la lora sfera privata. Diventa sempre pili difficile, per loro, distinguere tra raccolte di dati effettuate a scopi statistici e per altre fin alita. A cia si accompagna il for- te aumento della domanda di informazioni pertinenti, affidabili, obiettive. Si richiede a l l a statistica pubblica una c a pa ci ta sempre maggiore di disaggregazione, di conoscenza territoriale, di comprensione di re a lta sfu- mate e complesse.

Le diff'ico lt a sono comuni ai sistemi sta tistici e u r o- pei e degli altri paesi avanzati. Esse sono uno stimolo ad aumentare l'impegno, individuare nuove metodologie, cogliere Ie p o ss ib il ita che la tecnologia offre. L'Istituto ha avviato un'importante riorganizzazione che tende a migliorare l'efficienza delle strutture, anche attraverso un'ulteriore responsabilizzazione dei dirigenti. Pili in generale, e l'intero Sistema statistico nazionale che sta evolvendo positivamente, pur tra molte difficolta. La crescita di ruolo della statistica ufficiale decentrata, coerente con l'evoluzione istituzionale in atto, richiede maggiori mezzi, attenzione al l e risorse umane, nitida au tonomia scientifica.

Enecessario un rapporto costante con famiglie, im- prese, istituzioni pubbliche e private, le quali forniscono dati e alle quali sono restituite informazioni e analisi.

Siamo onorati di portare all'attenzione del Presidente

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ISTAT - R,\PPORTO ANNUALE 1999

della Repubblica questo dialogo con il paese. La presen- tazione del Rapporto presso la Camera dei deputati rappresenta un'importante sottolineatura formale del nostro impegno.

Con il 2000 l'Istat e entrato nel periodo dei censi- menti, un a ppuntamento decennale che e occasione di progresso per l'intero Sistema statistico nazionale. In ottobre si terra il censimento dell'agricoltura, un anna dopo i censimenti della popolazione, delle abitazioni, delle imprese e delle istituzioni. L'insieme dei dati ot- tenuti v e r r a riferito ad aree elementari, circa 600 mila in tutto il paese, consentendo di dare una ra ppresenta- zione dei contenuti su l piano territoriale e di ricom- porre le informazioni ai livelli utili per l'analisi e la de- cisione.

II limite del dettaglio e la tutela rigorosa della ri- servatezza. II Sistema statistico nazionale ribadisce l'impegno in questa direzione, da sempre connotato deontologico dell'azione degli statistici ufficiali e condi- zione necessaria per mantenere la fiducia delle famiglie e delle imprese.

Congiuntura economica

Si rafforzano Ie tenden ze esp ansiue

Rallentano i consu mi, accelerano gli in uestim enti

La ripresa congiunturale in Europa, iniziata nel pri- mo trimestre del 1999, e diventata negli ultimi mesi pili robusta, attenuando Ie differenze fra i ritmi di crescita delle principali economie dell'area. Nell'anno trascorso, il prodotto interno lordo, riferito sia agli undici paesi dell'Unione monetaria sia ai quindici dell'Unione euro- pea, ha segnato un incremento del 2,3% in termini reali.

Per il 2000 la Commissione europea prevede un rafforza- mento delle tendenze espansive e una riduzione della di- soccu pazione.

In Italia, il prodotto e aumentato dell'l ,4% rispetto all'anno precedente, un risultato di poco inferiore a quel- 10 conseguito nel 1998. L'economia ha segnato una pro- gressiva ripresa nel corso dell'anno, grazie soprattutto all'aumento degli investimenti e al recupero delle espor- tazioni. Gli indicatori disponibili mostrano la prosecu- zione delle tendenze espansive nei primi mesi del 2000.

Per il secondo anna consecutivo si e osservato un ral- lentamento della crescita dei consumi delle famiglie re- sidenti, passata dal 3,0% nel 1997, al 2,3% nel 1998, all'1,7% nel 1999. Vi hanno concorso la debolezza della ca p a ci ta di spes a (il potere di acquisto dei lavoratori

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dipendenri, per la componente del reddito da lavoro, e

au menta to soltanto leggermente nell'ultimo anno) e il perdurare del clima di incertezza sull'evoluzione della situazione economica.

Gli investimenti fissi lordi sono stati la componente p iu dinamica della domanda, con un incremento del 4,4%.

Hanno contribuito il basso livello dei tassi d'interesse rea- li, il miglioramento delle aspettative di crescita e, p re su- mibilmente, i primi effetti della legge 133/1999 sulle age- volazioni fiscali alle imprese che effettuano nuovi inve sti- menti. Sono da sottolineare la ripresa degli investimenti in costruzioni, dopo due anni di riduzione in termini rea- li, e l'aumento della componente abitativa, dopo sette an- ni di continue flessioni. Si eregistrata un'ulteriore accele- razione degli investimenti in beni immateriali (+8,4%): la loro incidenza sul totale degli investimenti fissi lordi e

passata dal 3,2% nel 1992 al 4,3% nel 1999, in virtu della forte espansione del software, cresciuto nello stesso perio- do a un tasso medio annuo superiore al 5%.

Nel 1999 la moneta unica europea ha sub ito un am- pio deprezzamento rispetto al dollaro e allo yen. Cia ha contribuito alla forte ripresa delle esportazioni dei p a e- si dell'Uem all'esterno dell'area. L'Italia ne h a beneficia- to meno degli altri partner europei: la quota di esporta- zioni dell'area Uem provenienti dal nostro paese e pas-

sata dal 15,6% nel 1997 al 14,0% nel 1999. Complessiva- mente, negli anni 1996-99 la cornp eti tiv ita di prezzo all'esportazione ha mostrato un netto peggioramento ri- spetto a Francia e Germania. Nell'ultimo anno, a partire dal secondo trimestre, le esportazioni hanno ripreso ad aumentare, chiudendo l'anno in accelerazione: tuttavia, anche per il 2000 e prevista un'erosione della quota di mercato italiana sul commercio internazionale.

Le importazioni di beni e servizi, dopo una battuta d'arresto nel primo trimestre, sono cresciute a ritmi so- stenuti nella restante parte dell'anno. Si e dunque u lte- riormente accentuata la penetrazione delle merci imp or- tate sul mercato interno, tanto per i beni di consumo quanta per quelli di investimento. In particolare, assu- me peso crescente la componente importata degli irive- stimenti in macchinari e attrezzature a maggiore con- tenuto tecnologico (macchine per ufficio, elaboratori, te- lefonia, strumenti di precisione), passata dal 33% del 1992 al 41 % del 1999.

11 deprezzamento dell'euro h a amplificato l'aumen- to dei prezzi in dollari delle materie prime, ravvivando le tensioni inflazionistiche. Dall'aprile dello scorso an-

SINTESI

Dirn inu.isce la quota delle esporta zioni e au.menta la penetra z io ne delle

rn erci import ate

I seruizi dan.no un maggiore contributo inflat iuo

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ISTAT - RApPORTO ANNUALE 1999

Aumentano gli oc cup ati, cala il tasso di disoccupazione

no i prezzi a l Ia produzione sono tornati a mostrare au- menti congiunturali, per un significativo incremento di quelli dei beni intermedi. Una causa e certamente L'au- mento del prezzo del greggio che pe ro non spiega, da so- lo, ne il profilo temp orale n e I'Inte n sita della ripresa dell'inflazione; all'accelerazione hanno contribuito an- che le r ig idit a del mercato interno, nel quale si sono at- tivati elementi di tensione accumulati in precedenza.

Rispetto agli altri paesi dell'area dell'euro, permane un contributo inflazionistico rilevante del settore dei ser- v izi . D'altra parte, nell' ultimo triennio, l e imprese han- no tenuto un comportamento complessivamente orien- tato al contenimento dei prezzi finali, come risulta dal tendenziale ridimensionamento del mark-up sui costi variabili, tanto nell'in.dustria quanta nei servizi.

La crescita del Pil nel 1999 deriva soprattutto dai risultati positivi dell 'agricoltura (+5,1%), anche se il pe- so del settore e limitato, e dell'industria in senso stretto (+ 1,7%), mentre nei servizi e nel settore delle costruzioni l'aumento e stata pili contenuto (rispettivamente, +0,5%

e +1,1%). L'ultimo biennio e stato caratterizzato, ri- spetto aIle tendenze me die degli anni Novanta, da un marcato rallentamento del tasso di incremento della pro du ttiv ita del lavoro che, fra il 1998 e il 1999, e pas-

sato da +0,5% a +0,3%, come sintesi della debolezza del terziario (-1,1% nel 1999) e della buona performance dell'industria (+2,1%). Complessivamente, nel biennio 1998-99, l'aumento del valore aggiunto reale del terz ia- rio e stato pari a ll a meta di quello medio dell'intera eco- nomia. Nel confronto con i principali paesi europei lIta- lia si distingue, quindi, oltre che per la crescita min ore , anche per la specifica debolezza dei livelli di a ttiv ita dei settori produttori di servizi, a lIa quale e associata una diminuzione della p r od utt ivita del lavoro e una pili ac- centuata dina mica inflazionistica.

Nonostante la modesta crescita del prodotto reale, le unita di lavoro sono aumentate, per il secondo anna consecutivo, a un tasso pari a circa 1'1%, determinato da una dinamica positiva della voro di pendente (+ 1,5%) e da una diminuzione dello 0,3% di quello autonomo.

L'incremento dei livelli di occupazione e stato rea-

lizzata soprattutto nel terziario e per Ie tipologie con- trattuali atipiche. II numero di occupati ha seguito un andamento crescente per tutto il 1999, superando i livel- li di gennaio 1993. L'aumenta e stato marcato nelle re- gioni centro-settentrionali, me no uniforme nel Mezzo-

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giorno. 11 tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni e risultato pari al 52,5%, con un incremento di quasi un punto percentuale rispetto all'anno precedente.

La disoccupazione si e significativamente ridotta, feno- me no non nuovo nell'area settentrionale, ma mai COSl

pronunciato a livello nazionale: il tasso di disoccupazio- ne, al netto dei fattori stagionali, e passato dall'II,9%

di ottobre 1998 all' 11 ,2% di gennaio 2000.

Risanamento finanziario

Nel 1999 e proseguito il miglioramento dei conti pubblici. 11 rapporto tra deficit e Pil si e attestato

all'I,9%, valore mai raggiunto negli ultimi trenta anni e sensibilmente inferiore a quello previsto nella Relazione previsionale e programmatica. 11 rapporto tra debito e Pil, anch'esso in flessione, ha raggiunto il 114,9% (era 123,8% nel 1994). Tra le uscite delle amministrazioni pubbliche, aumentate dell'I,8%, si segnala il rilevante in- cremento di quelle in conto capitale, a testimonianza di una ripresa degli investimenti.

11 rigore di bilancio sta dando i suoi frutti e dovra es- sere mantenuto per ricondurre 10stock di debito entro i li- velli concordati nel Patto di st ab il ita e crescita. Esso ha avuto, e ha tuttora, un impatto non nullo sullo sviluppo.

11 risanamento dei conti pubblici e il risultato di un processo che ha radici lontane, dall'inizio degli anni No- van t a. Las pin t a a dad0 tt are po li tic h e d i b il a n c i0 rig0-

rose e venuta principalmente dall'esterno, in particolare dai vincoli imposti per la partecipazione a ll a terza fase dell'Unione monetaria europea. A meta del 1996, l'Italia non era ancora in regola con alcuno dei criteri di am- missione. Tuttavia, nel secondo semestre, si det ermtno un cambiamento di prospettiva, con l'adozione di m isu- re di finanza pu bblica che nel 1997 portarono a un di sa- vanzo inferiore a quello massimo stabilito per l'accesso all'U em (2,7% anz iche 3,0%). La ritrovata fiducia degli operatori economici negli obiettivi di politica di b il a n- cio e le aspettative circa la convergenza dei tassi di in- teresse sui livelli franco-tedeschi hanno agevolato e acce- lerato il processo.

La riduzione del rapporto tra debito e Pil lascia in- travedere per il futuro la p o s s ib il it a di una riduzione s i- gnificativa del peso delle imposte e di una netta ripresa degli investimenti pubblici, tesi al miglioramento della c a p a cita competitiva.

SINTESI

Continua il

miglioramento dei conti pubblici

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ISTAT - RApPORTO ANNUALE 1999

Nuove linee di intervento normativo

Si impo ne la cultura del ris u lt a to

Politi cb e di rico ncilia zione

Gli anni Novanta sono stati particolarmente impor- tanti su l piano delle iniziative normative, sia per la ri- levanza dei problemi affrontati, sia per l'impatto che i provvedimenti avviati potranno avere sulla trasforma- zione del sistema.

La pubblica amministrazione e tra i settori mag- giormente coinvolti dal processo di riforma. E stato ri- definito il rapporto con il cittadino; L'a.ttiv ita ammini- strativa e stata orientata verso la cultura del risultato e del confronto con i meccanismi del mercato e anche verso l'adeguamento delle prestazioni agli standard degli altri paesi dell'Unione europea; e stato avviato un ampio de- centramento di funzioni verso regioni ed enti locali.

II sistema scolastico non era stato oggetto di p rov- vedimenti significativi dalla riforma della scuola media dell'obbligo del 1963. In un arco di tempo relativamente breve, le norme sull'autonomia scolastica, l'elevamento dell'obbligo e la riforma dei cieli hanno prefigurato con- sistenti innovazioni. Anche nel sistema universitario so- no state introdotte modifiche importanti, relative all'autonomia degli atenei, a ll a riforma dei cieli e al si- stema dei crediti.

Per le politiche del lavoro, l'entrata in vigore della legge 196/1997 ha rappresentato una tappa significati- va nel processo di flessibilizzazione, rivitalizzando isti- tuti quali i contratti di formazione-Iavoro e di appren- distato, incentivando i rapporti a tempo parziale e in- troducendo il contratto di fornitura di la voro tempora- neo.

Numerosi interventi di revrsrorie del sistema pensio- nistico pubblico si sono succeduti, con gli obiettivi pri- mari di assicurare stabilizzazione del rapporto tra la corrispondente spesa e il Pil e maggiore e qu ita tra Ie ge- nerazioni.

La riforma del Sistema sanitario nazionale avviata nel 1992 ha posto le basi per una revisione delle mo da lita di erogazione dei servizi, secondo criteri di razionaliz- zazione della spesa, miglioramento della qu alita e uma- nizzazione del servizio.

SuI piano della conciliazione tra esigenze familiari e lavorative, la normativa si e orientata a garantire una pili equa condivisione delle r e sp o ns a b il ita familiari at- traverso le leggi sui congedi parentali e sull'infanzia e l'adozione della direttiva della Commissione europea sul part-time.

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Parecchie iniziative sono state predisposte per fron- teggiare situazioni di dis agio economico e sociale.

Le riforme della regolazione in settori chiave del si- stema produttivo hanno stimolato la co rn p et.it iv it a in alcuni merca ti.

I provvedimenti fiscali hanno ridotto gli oneri con- tributivi sul costa del lavoro, avvicinato ai valori euro- pei il livello di tassazione delle imprese e semplificato l'articolazione del prelievo, stimolando assetti d'impre- sa orientati alla crescita del livello di ca pitalizzazione e del ricorso al capitale di rischio.

Le politiche per 10 svilu ppo territoriale sono state ridefinite e armonizzate con i programmi europei rela- tivi al ciclo di interventi 2000-2006.

Gli effetti dei provvedimenti, considerata anche la natura strutturale delle tematiche affrontate, potranno essere valutati compiutamente nel medio periodo. 501- tanto allora sara possibile capire se emergeranno con- traddizioni, che in qualche caso si intravedono, 0 r isu l- tati non desiderati. Non va dimenticato, d'altra parte, che sussistono forti resistenze nella trasformazione del- le modifiche normative in a z io ni concrete. Ritardi nell'adozione di regolamenti di attuazione, difficol ta da parte del personale pubblico a recepire le nuove strate- gie, carenze nel capitale umano disponibile, conflitti tra livelli centrali e decentrati dell'amministrazione p ub b li- ca possono ridurre l'efficacia delle politiche 0 differirne gli effetti.

Rischi e opportunrta rrel sistema delle imprese

Nel periodo pill recente, le differenze tra il sistema produttivo italiano e quelli degli altri paesi industria- lizzati si sono accentuate. La prevalenza della piccola dimensione e la specializzazione settoriale hanno con- dotto a ricercare condizioni di co m p e tit iv it a piuttosto attraverso fl e s s ib il ita e adattamento alle condizioni esterne, che non mediante l'adozione di strumenti idonei a fronteggiare la globalizzazione.

Almeno tre fattori hanno favorito l'evoluzione di un modello originale di crescita localizzata: le reti fami- liari e la rilevanza del loro ruolo economico; la funzione tradizionale de ll'artigiana to; la ca paci ta dei governi 10- cali di provvedere alle infrastrutture necessarie per la creazione e 10 sviluppo delle imprese. I distretti in du- striali sono il prodotto dell'interazione tra piccole im-

SINTESI

Regolazione del sistema produttiuo

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ISTAT - RApPORTO ANNUALE 1999

Condizioni di c o mpet ititritd e rit ardi tec no log ici

prese e contesto istituzionale, economico e culturale. Tra il 1993 e il 1996 si e prodotta un'ulteriore diminuzione della dimensione media e del grado di concentrazione delle imprese industriali, associata a una minore int e- grazione verticale. Infatti, il rapporto tra valore a g- giunto e valore della produzione nell'industria in senso stretto, cresciuto tra il 1982 e il 1992, ha mostrato una significativa riduzione negli anni successivi; il fenomeno investe la maggior parte dei settori industriali e non sol- tanto quelli tradizionali, dominati dalla ridotta dimen- sione.

Le piccole imprese so no soggette a due tendenze con- trapposte. Rappresenta uno stimolo alIa crescita di- mensionale il differenziale di p ro duttiv ita del lavoro ri- spetto aIle medio-grandi, giustificato da divers ita so- stanziali per gli as petti tecnologici, organizzativi e di mercato. D'altro canto, le piccole imprese conseguono margini di r e dditivita lorda apprezzabili, grazie a un differenziale di costo della voro rispetto aIle u n ita me- dio-grandi superiore a quello che si registra negli altri grandi paesi europei: questo vantaggio disincentiva l' ampliamento.

Rispetto all'inizio del decennio, caratterizzato da una marcata in s tab ilita delle condizioni competitive, la ca p a cita di esportare delle nostre im prese e miglio-

rata, anche se di poco. Lungo tutto il decennio trascor- so i settori ad alta tecnologia hanno accresciuto il 101'0

peso negli scambi internazionali; in Italia la 101'0 dina- mica e risultata inferiore a quella degli altri grandi paesi dell'Unione; inoltre, nell'ultimo triennio, alcuni settori tradizionali hanno mostra to un' evidente vu l n e- r ab ilita , nei confronti della concorrenza dei paesi ern er- genti, attenuata in parte dalla recente svalutazione dell'euro.

Nel 1999, Ie tecnologie informatiche pili diffuse nelle imprese erano quelle al servizio delle attivita di comuni- cazione e gestione aziendale e della commercializzazio- ne. In particolare, nei settori industriali caratterizzati dalla grande e grandissima dimensione hanno preminen- za Ie applicazioni pili propriamente tecnologiche, legate alIa ristrutturazione delle produzioni su larga scala; in quelli dell'industria leggera Ie applicazioni rivolte al mercato e aIle relazioni con i clienti.

L'integrazione territoriale delle imprese tende a mi- tigare gli effetti negativi della contenuta dimensione aziendale e del modello prevalente di specializzazione produttiva. I cambiamenti intervenuti tra il 1991 e il

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1996, un periodo contrassegnato da trasformazioni e perturbazioni di natura diversa da quelle attuali, rna non meno profonde, offrono indicazioni utili sulle str a- tegie e ca p a cita di reazione dei differenti gru ppi di si- stemi locali e quindi sulla tenuta dei modelli di svilu p- po e di s pecializzazione.

Nel quinquennio, in un contesto segnato da una con- trazione piuttosto severa del numero di addetti m a ni- fatturieri, guadagna posizioni soltanto il gruppo di si- stemi locali del lavoro specializzati nell'industria leg- gera, con una popolazione di quasi 18 milioni di p er so- ne e oltre 5 milioni di addetti, concentrati nel Nord e nel Centro, lungo la fascia adriatica e anche in zone signi- ficative del Mezzogiorno continentale. L'aumento di pe- so occu pazionale di questi sistemi e la sintesi di ten- denze opposte: i settori produttivi in essi prevalenti ri- sultano complessivamente in regresso; i fattori di Io ca- lizzazione e di co rnp et.it iv ita han no invece agito positi- vamente, determinando il buon risultato generale. Tut- tavia, in questo gruppo, si registra un invecchiamento dell'occupazione pili forte che nel resto del sistema pro- duttivo, segnalando il rischio di un insufficiente ricam- bio generazionale. Gli occupati presentano titoli di stu- dio meno elevati, per effetto sia della maggiore presen- za di anziani, sia della struttura professionale, con un'incidenza superiore di colletti blu, soprattutto ad alta qualificazione, e una inferiore di dirigenti, tecnici e professionisti.

Negli altri sistemi locali manifatturieri, con una popolazione di oltre 8 milioni di persone e pili di 2 mi- lioni di addetti, e soprattutto nel gruppo pili importan- te specializzato nei materiali da costruzione, emergono segnali di ristrutturazione, con la riduzione del numero di u nita produttive.

Tra i sistemi locali non manifatturieri spiccano quelli a caratterizzazione turistica e quelli urbani: i primi si rafforzano, con una crescita dell'occupazione f a v0 r ita s i a d a II e s p e cia liz z a z ion i pre sen tis i a d a fa tt0-

ri territoriali; i se.co n di perdono leggermente d'impor- tanza, p e rch e la presenza di settori dinamici non riesce a compensare le diseconomie legate a fenomeni di conge- stione.

Il gru ppo assai numeroso d ei sistemi "senza specia- lizzazione", in cui risiedono quasi 13 milioni di persone, concentrate per pili del 70% nel Mezzogiorno, ha perso in cinque anni il 5% degli addetti totali e il 10% di quelli manifatturieri. Il segnale e preoccu pante p er che la geo-

SINTESI

Si raffo rz ario i

distretti dellLn du st ria Leggera

I sistemi lo c ali non sp ecializ z ati p erdo n o ad de tt i

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ISTAT - RWPORTO ANNUALE 1999

Poche acqu isizioni e pitt accordi tra imprese

grafia di questi sistemi locali copre porzioni vaste del territorio meridionale e delle isole. II mancato sviluppo di queste aree ha un costa particolarmente eleva to , poi- ch e comprende sistemi locali pili giovani, con una pre- senza significativa di laureati e diplomati.

Salvo che nei casi con caratterizzazioni produttive pili radicate (te ssile , occhialeria, pelli e cu o io ), il conte- sto delle specializzazioni e comunque piuttosto fluido.

In alcuni sistemi emergono interessanti evoluzioni della specializzazione produttiva, dai settori tradizionali a quelli pili evoluti e innovativi.

L'attitudine delle imprese italiane a fare rete pu o agire come elemento di "organizzazione flessibile", in grado di conseguire, per linee esterne, il maggiore peso economico imposto dalla competizione globale, all'inter- no di un processo di terziarizzazione e finanziarizza- zione dei sistemi economici. L'analisi dell'orientamento verso forme stabili od occasionali di collaborazione, pos- sibile grazie ai risultati della seconda fase del censi- mento intermedio dell'industria e dei se rv iz.i, delinea un quadro composito. La costituzione di gruppi d'impresa e anche le forme di collaborazione che non prevedono il trasferimento del controllo de llu n ita economica hanno diffusione limitata, certamente non sufficiente per com- pensare la frammentazione. II modello della sub-fornitu- ra costituisce la risposta prevalente a ll a minore inte- grazione verticale dell'industria; i ra pporti che si crea- no tra impresa committente e impresa sub-fornitrice presentano vantaggi per entrambe: al sub-fornitore per- mettono di mantenere la propria autonomia e di cerca- re sul mercato p o ss ib il ita da cogliere in un'ottica di bre- ve periodo 0 da trasformare in occasioni di crescita; al committente consentono grande fl e ss ib il ita , lib e rta di movimento e minore n ece s s ita di capitale.

Questo assetto e un potenziale ostacolo allo svil u p- po di innovazioni tecnologiche "proprietarie" e resta da vedere se la cre ativita e la ca pa cita d'innovazione infor- male che il sistema delle piccole imprese ha saputo fino- ra esprimere siano in grade di fronteggiare l e sfide del- la so cieta dell'informazione e dell'economia della cono- scenza.

L'insieme degli accordi e delle collaborazioni, anche se riguarda un numero limitato di imprese, si presenta equilibrato e orientato all'apertura e all'internaziona- lizzazione, non soltanto su l versante della produzione, rna soprattutto su quello degli accordi commerciali e in materia di innovazione. Anche in tema di accordi, ha ri-

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lievo il contesto locale, all'interno del quale si realizza la quota pili importante di intese,specialmente nell'area della produzione e dei finanziamenti.

I11avoro che cambia

Negli ultimi vent'anni la quota di occu pa ti sulla po- polazione in eta lavorativa e cresciuta soltanto legger- mente; si e modificata invece, in modo rilevante, la struttura della partecipazione al lavoro per sesso e clas- se di eta, spodestando il modello tradizionale, basato sul lavoro del capofamiglia e quindi sulla netta distin- zione, in termini occupazionali, professionali, salariali, sindacali, tra un segmento "primario" dell'offerta di la- voro, composto dagli uomini nelle eta centrali, e un seg- mento "secondario", composto dalle donne e dagli uomi- ni giovani e anziani.

L'accentuarsi del processo di terziarizzazione e l'emergere di un diverso atteggiamento femminile sono alla base della maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Lo sviluppo della sco lar ita , la d iffu- sione di modelli flessibili e l'orientamento della doman- da verso le componenti pili qualificate rappresentano gli altri aspetti centrali della trasformazione.

L'a umento della scolarizzazione per entrambi i ses- si ha comportato una diminuzione dei tassi di attiv it a per le classi giovanili e 10 spostamento in avanti d el leta d'ingresso nel mondo del lavoro. A cia si e associata, nel corso degli anni Novanta, la tendenza degli occupati ad anticipare l'uscita, per il timore di perdere i vantaggi garantiti dal sistema pensionistico e per gli incentivi al prepensionamento nei settori in crisi.

La ristrutturazione dell'occupazione dipendente ver- so un maggiore utilizzo di lavoro atipico (part-time e a tempo determinato) ha coinvolto tutti i settori dell'eco- nomia, interessando uomini e donne delle differenti cl as- si di eta, con diversi ti toli di studio e qualifiche profes- sionali, residenti in tutte le aree geografiche.

Nel corso degli anni Novanta l'occupazione atipica alle dipendenze ha registrato un aumento sostenuto, fa- vorito dagli interventi normativi succedutisi nel tempo e soprattutto dalla legge 196/1997. Tra ottobre 1992 e gen- naio 2000, secondo i valori destagionalizzati, il numero di occupati alle dipendenze con contratti atipici e au-

mentato del 45,2%; nello stesso periodo l'occupazione to- tale e cresciuta soltanto dello 0,7%. L'incidenza della vo-

SINTESI

Cambia il mo dello di partec ip a z io ne al

lavoro

Suilu.ppo sostenuto del lavoro atip ic o

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ISTAT - RApPORTO ANNUALE 1999

ro atipico su l totale di quello dipendente e passata dal 10,6% al 15,2%. Nel 1999, il 57% delle assunzioni nellavo- ro a lle dipendenze e avvenuto tramite contratti atipici.

L'incremento ha riguardato principalmente le donne e i giovani da 15 a 24 anni, seguiti da quelli con eta com- presa tra 25 e 34 anni.

La progressiva diffusione di queste forme lavorative

e avvenuta, almena fino al 1997, ai danni dell'occupazio- ne standard. La tendenza e me no evidente nell'ultimo pe- riodo, in cui entrambe le componenti si sono accresciute, seppure a ritmi molto diversi.

Cresce if sommerso Anche il peso dell'occupazione sommersa, misurato sulla base dei pili recenti dati di co nt ab ilita nazionale, risulta in aumento negli anni Novanta. Dal 1992 al 1995, periodo contrassegnato da una contrazione dell'occupa- zione in termini di u n ita di lavoro equivalenti a tempo pieno CIa categoria utilizzata dai conti economici), a fronte di una sensibile riduzione della componente rego- lare, le u n ita non regolari hanno mostrato un andamen- to sempre positivo che ha portato la lora incidenza dal 13,4% al 14,5%. Successivamente, sono aumentate sia la componente regolare, sia pili lentamente di prima le un ita non regolari. N el 1998 il tasso di non r e g o larita e

risultato pari al 15,1%. L'occupazione non regolare e ere- sciuta maggiormente nel lavoro dipendente e nei settori gia contraddistinti da una forte presenza di sommerso:

agricoltura, costruzioni e servizi.

L'esigenza di fl e s s ib il ita del mercato del lavoro ha sollecitato negli anni recenti una riconsiderazione delle politiche salariali, con un'attenzione maggiore a l Ie s p e c ifi cita di settore e d'impresa. Pur essendo rimasta sostanzialmente inalterata la struttura dei diffe r e n- z i a li sal a ria li , g1i ace0 r did i 1u g li0 1 993 han nod e t e r- minato una lieve convergenza, soprattutto nel settore terziario.

Se ci si riferisce a ll e retribuzioni di fatto, risultano leggermente diminuiti i differenziali delle retribuzioni orarie delle imprese manifatturiere tra il 1991 e il 1996.

A fronte di livelli retributivi sostanzialmente diseguali tra ripartizioni geografiche, si sono registrati un recu- pero salariale dei la voratori delle piccole e medie irnpre- se meridionali e un aumento delle retribuzioni degli irn- piegati maggiore di quelle degli operai, soprattutto nel segmento delle piccole imprese. Porche la valutazione e

fatta su un panel di imprese presenti all'inizio e a lla fi- ne del periodo, occorre considerare che non sono incluse ne le imprese cessate ne le nuove nate.

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Tra il 1993 e il 1999 il sistema economico, per gene- rare una variazione positiva di 208 mila occupati, ha distrutto occupazione per oltre 1 milione 64 mila u nita , essenzialmente nelle professioni manuali, e ne ha creata per oltre 1 milione 272 mila u n ita , il 72% delle quali ri- ferite a professioni non manuali ad alta qualifica. Cia e

avvenuto per effetto pili del ricambio generazionale e dei processi di femminilizzazione dell'occupazione che per m o b il ita tra professioni.

Inoltre, l'aumento dell'incidenza dei lavoratori con qualifiche elevate e un fenomeno dovuto non tanto alIa crescita dei settori high skill intensive, quanto a cam- biamenti tecnologici e organizzativi che hanno riguar- dato l'intero sistema economico. Si tratta, quindi, di una tendenza pervasiva non limitata a pochi settori.

Soltanto per i lavoratori autonomi e in particolare per le professioni a elevata specializzazione, l'effetto setto- riale e stato importante, in particolare per 10 sviluppo dei servizi a lle imprese e a lle famiglie.

L'aumento dell'occupazione femminile, al contrario di quanto e avvenuto in altri paesi europei, non ha a c- centuato Ie differenze nella struttura professionale dei due sessi. 11 rafforzarsi della presenza delle donne nelle occupazioni terziarie, g ia relativamente elevata, e stato

accompagnato dall'ingresso in professioni tradizional- mente maschili; risulta aumentata anche la quota di uomini in occupazioni tipicamente femminili.

E cresciuta consistentemente la domanda per i l av o- ratori con titoli di studio elevati (diploma e laurea), mentre si e ridotta quella per i lavoratori me no scola- rizzati. L'aumento degli occupati con pili alti livelli di formazione si manifesta anche all'interno delle pr ofes- sioni meno qualificate.

Trasformazioni demografiche e reti di aiuto informale

11 processo d'invecchiamento della popolazione ha condotto a un forte aumento del numero di persone in eta molto avanzata, determinando, insieme, un aumen- to degli anziani pili giovani con migliori condizioni di salute e di quelli pili vecchi con maggiori problemi di au- tosufficienza. Ai mutamenti in atto nel mondo del l av o- ro si sono dunque affiancate profonde trasformazioni demografiche, che hanno modificato gli equilibri che re- golavano, fino a qualche anna fa, 10 svolgimento della vi- ta quotidiana.

Si afferm.ano Ie professioni non

manuali ad alta qualifica

Invecchia la rete di parentela

SINTESI

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ISTAT - R;\PPORTO ANNUALE 1999

Nuove forme delle reti di sol ida riet a

Phi persone dan no ai uti, me rio famiglie ne riceuono

Molte pili madri lavorano, con meno tempo da dedi- care al lavoro domestico e di cura , ci sono me no bambi- ni da accudire, rna con un'organizzazione pili cornpl es- sa; i nonni hanno meno nipoti ai quali dedicarsi, rna spes so hanno genitori molto anziani in vita e, in alcuni casi, devono occuparsi di figli adulti ancora conviventi.

Queste trasformazioni hanno prodotto un forte im- pa tto sulle reti di parentela e di so li da r ie ta. Conside- rando i parenti stretti di una donna di 40 anni (genito- ri, marito, fratelli e sorelle, figli, generi e nuore , n ip oti).

l 'eta media di colora che potrebbero dedicarsi al lavoro di cura epassata nell'arco di un ventennio da 26 a 44 an- ni. II numero di adulti con i quali la donna potrebbe con- dividere il carico delle cure da prestare e passato nella stesso periodo da nove a cinque. La maggiore partecipa- zione delle donne al mercato del lavoro ha determinato in molti casi un carico aggiuntivo su quelle delle classi centrali di eta. La diffusione del lavoro atipico p uo comportare una flessibilizzazione della prestazione la- vorativa e risultare in conflitto con gli orari dei servizi sociali e con la d is p o n ib il ita della rete a farsi carico del- le nuove esigenze.

Nell'arco di 15 anni il numero di individui che hanno for n ito aiuti a persone non conviventi e aumentato dal 20,8% al 22,5%, coinvolgendo sia gli uomini sia le donne;

nel frattempo e diminuito il numero di famiglie aiuta- te, passate dal 23,3% al 14,8% del totale; l'impegno e con-

diviso quindi fra pili persone. Agli aiuti nelle a ttiv ita di cura e sanitarie, nel lavoro e nella studio nel 1998 sono state dedicate 2 miliardi e 840 milioni di ore; pili dell'80% e stato indirizzato verso il lavoro di cura. Ci o conferma l'esistenza di un solido tessuto di so l ida r ie ta fra le persone.

II contributo delle donne copre due terzi del tempo, nonostante il crescente impegno nel mondo del lavoro. Le figure coinvolte sono molto diverse: soprattutto genitori, suoceri, figli e nipoti, rna una quota importante e rap-

presentata da amici e vicini; il 5,6% dei care giver h a prestato aiuto nell'ambito del volontariato. La riduzione delle famiglie aiutate ha riguardato soprattutto quelle con anziani (dal 30,7% al 16%); l'aiuto si e indirizzato di pili verso le coppie con donne lavoratrici e figli piccoli, passate dal quinto posto nella graduatoria delle fami- glie aiutate nel 1983 al primo posto nel 1998, e verso le fa- miglie con persona di riferimento disoccupata.

Si registra la sostituzione di almena una parte dell'aiuto proveniente dalla rete informale con quello for-

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nita da persone esterne (baby sitter, colf, assistenti di anziani e d.is ab ili), soprattutto nel caso di famiglie con anziani.

Al momenta non e possibile stabilire quanta parte della ristrutturazione delle reti di aiuto informale sia riconducibile a un cambiamento della struttura dei bi- sogni e quanta alla diffico lra di farsi carico dei proble- mi da parte della rete. Comunque, la diminuzione degli aiuti, che ha riguardato le famiglie con anziani ul- traottantenni con alta incidenza di d is ab il ir a , pu o crea- re disagi ed emarginazione, qualora non vengano attua- ti interventi di compensazione.

Previdenza, sanita e spes a sociale

Le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro e il processo d'invecchiamento della popolazione incidono sul sistema di welfare, non soltanto modificando i rap- porti con la famiglia e la rete di aiu ti informali, ma de- terminando un potenziale sovraccarico della domanda di protezione dal punto di vista sanitario e assistenzia- le. 11 versante delle pensioni ecruciale, considerando che le famiglie che hanno tra i loro componenti un pensiona- to di vecchiaia 0 an z ia n ita sono quasi il 40%. Per tre quarti di esse la pensione rappresenta pili del 50% del reddito familiare complessivo; al loro interno si trovano pili di due milioni di persone con oltre 15 anni senza fon- ti di reddito.

I modelli flessibili di partecipazione al mondo del lavoro, con frequenti interruzioni e carriere potenzial- mente pre carie , generano di sco nti nu ita anche nella for- mazione della base contributiva e pongono problemi nuovi di copertura e garanzia per il futuro.

I giovani lavoratori mostrano di aver recepito il con- tenuto delle norme che hanno definito il riordino del si- stema previdenziale. Le loro aspettative sono chiara- mente influenzate dal meccanismo di transizione intro- dotto: circa il 30% degli occupati con eta inferiore a 35 anni prevede di lavorare fin dopo i 65. La maggioranza delle giovani lavoratrici pensa di andare in pensione do- po i 63 anni, al contrario delle donne delle generazioni precedenti. Si registra un aumento del numero di perso- ne che hanno una copertura assicurativa sulla vita 0 una pensione integrativa, mentre i fondi pensione non hanno ancora assunto l'importanza riscontrata in altri paesi industrializzati. I1 ricorso a pensioni integrative e co-

SINTESI

Pensioni di an.zianita e ueccbiaia sana essen z iali per molte Jam ig l ie

Cresce il nurnero di pensioni integrative

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ISTAT - R~PPORTO ANNUALE 1999

Sp esa sociale in confronto con I'Europ a

munque maggiore fra chi ha pili anni di contribuzione e meno diffuso fra donne e giovani.

In campo sanitario una quota elevata di prestazioni

ea totale carico del paziente. Essa raggiunge il 60% per Ie visite specialistiche e il 20% per gli accertamenti diagno- stici e gli esami di laboratorio. II reddito non e una va-

riabile discriminante nell'orientare Ie scelte verso il pub- blico 0 il privato; colora che usano esclusivamente il servi- zio pubblico appartengono a tutti i ceti sociali. II princi- pio dell'universalismo, che ha informato il Servizio sani- tario nazionale fin dalla sua istituzione, risulta quindi rispettato, anche se, per alcune tipologie di prestazioni, la quota di utenti che si rivolge all'offerta privata e e le-

vata. Questo e talvolta collegato a una carenza dell'offer- ta pubblica, in termini sia quantitativi, sia di qu a lita dei servizi. SuI piano territoriale, l'offerta pubblica pre- senta livelli differenti, a scapito del Mezzogiorno.

Nel complesso, l'incidenza della spesa per il sistema di protezione sociale rispetto al Pil e un po' inferiore al- Ia media europea. II sistema dei trasferimenti aIle fa- miglie ha un chiaro orientamento equitativo, attenuato dalla limitata di sp o n ibil ita di risorse al netto delle pen- sioni. L'Italia si colloca al primo posto per Ie spese de- stinate aIle funzioni vecchiaia e superstiti, in posizione medio-bassa per Ie risorse dedicate alIa spesa sanitaria, agli ultimi posti per quelle dedicate a disoccu pazione, famiglia, alloggi ed esclusione sociale.

II sostegno per carichi familiari ai nuclei con figli minori non supera il 5% del reddito disponibile.

L'indicatore della situazione economica recentemen- te introdotto per l'erogazione degli assegni familiari per il terzo figlio e per gli assegni di ma te r n ita sembra ga- rantire una selezione dei beneficiari pili equa rispetto a quella determinata dai meccanismi tradizionali.

Di particolare interesse risulta la sperimentazione del reddito minima d'inserimento, un passo importante in direzione dell'adozione di uno strumento specifico di contrasto alIa p overta, che potrebbe venire incontro ai problemi delle famiglie a basso reddito che non ricevono altro trasferimento pubblico.

Contraddizioni rrel sistema delle opporturrita

La so cieta, l'economia, il sistema normativo sono in movimento. Nuove o p port un ita si intravedono, rna non tutti sembrano in grado di sfruttarle: il tema della pa-

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rita delle o p p o rtu nita formative, la vorativ e , familiari, per fare soltanto alcuni esempi, emerge come cruciale per il benessere degli individui. Le analisi segnalano co- me esse siano colte soprattutto da chi ha basi di par- tenza g ia solide e siano fortemente condizionate dalle storie individuali e dalle differenze territoriali.

I1 62% degli occupati del 1998 ha cambiato c1asse Mobilitd sociale professionale rispetto a quella del padre. Cia accade pili

per le donne che per gli uomini ed il fenomeno e dovuto

principalmente ai cambiamenti di struttura dell'occu- pazione che si sono verificati nel corso del tempo. Al net- to di essi, la m o b il ita risulta piuttosto limitata e la c1asse di origine influisce fortemente sui destini profes- sionali dei singoli: Ie p ro b ab il ita di entrare fra gli im- prenditori, liberi professionisti e dirigenti sono pari al 45,3% per un uomo il cui padre era in questa stessa po- sizione professionale e al 9% per coloro che a vevano il pa- dre nella c1asse degli operai. Circa la meta dei figli del gruppo professionale che, secondo il modello di stratifi- cazione adottato, viene definito "c1asse operaia urbana"

svolge un lavoro appartenente allo stesso raggruppamen- to del padre. La mob il ita avviene prevalentemente tra c1assi contigue; quella che si esprime lungo la carriera 1a v0rat iv a e mol t0 li mit a t a e r i s u l tan etta men t e in f e- riore per Ie donne (24,4%) rispetto agli uomini C33,7%).

Emergono diffi co lt a del sistema formativo a raccor- darsi al mondo del lavoro. La quota di coloro che hanno un lavoro continuativo a tre anni dal conseguimento del titolo di studio diminuisce se si passa dal Nord al Me z- zogiorno, sia per i maturi della scuola secondaria supe- riore, sia per i laureati, con differenziali sfavorevoli aI- le donne.

A motivo delle diverse op p or tun ita che si presentano, si registrano differenze retributive fra i giovani dei due sessi e residenti nelle diverse ripartizioni territoriali: i giovani occupati del Mezzogiorno in possesso di diploma guadagnano, a tre anni dal conseguimento del titolo di studio, circa 300 mila lire in meno rispetto a quelli del Nord; per i laureati 10 scarto scende a 250 mila. Le donne occupate percepiscono una retribuzione media inferiore a quella maschile, con scarti nell'ordine delle 200 mila li- re per le diplomate e 300 mila per le laureate.

In via generale, due ordini di fattori operano a svan- taggio delle donne su l mercato del lavoro. Da una parte, esse si presentano normalmente con una storia formati- va e titoli di studio meno richiesti di quelli maschili e che comportano una remunerazione inferiore (effetto

SINTESI

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ISTAT - RApPORTO ANNUALE 1999

La formazione professionale non favo risce I'inseri mento delle categorie deboli

Chi ha uri lavoro non manu ale 10 perde rneno facilmente

"segregazione"); dall'altra, anche a p a rita di caratteri- stiche, le donne hanno maggiori difficolta di accesso e remunerazioni pili basse (effetto "discriminazione").

II sistema della formazione professionale offre un contribu to limita to a ll a soluzione dei problemi di inse- rimento lavorativo: i corsi raggiungono pili difficilmen- te proprio le categorie con maggiori diff'ico lta , le donne e i giovani del Mezzogiorno. La partecipazione favorisce l'inserimento professionale dei soggetti che hanno un ti- tolo universitario, un diploma di qualifica professiona- le 0 precedenti esperienze di lavoro, cioe colora che han- no g ia maggiori p o ss ib il ita di occu pazione. In molti ca- si, gli esiti dell'esperienza formativa si traducono in un rientro nel sistema dell'istruzione.

Per chi e in possesso di un titolo di studio elevato 0

opera in un mercato locale del lavoro particolarmente di- namico, l'inserimento lavorativo atipico rappresenta spesso un ponte verso un lavoro pili stabile; per i soggetti meno istruiti 0 che risiedono nelle regioni meridionali la probabilita di permanere nel lavoro atipico 0 di scivolare nell'inoccupazione (disoccupati e inattivi) e pili alta.

In particolare, tra colora che sono entrati nel mondo del lavoro attraverso un'occupazione a termine, poco pili del 20% ha ottenuto, entro i tre anni successivi, un con- tratto a tempo indeterminato; quasi il 38% ha ancora un contratto a tempo determinato e un altro 38% circa e

scivolato nell'area dell'inoccupazione. II tasso di passag- gio da un'occupazione a termine al lavoro a tempo inde- terminato e del 31,6% nel Nord-ovest e scende al 5,2% nel Mezzogiorno; quello dal lavoro a termine all'inoccupa- zione e pari al 25% nel Nord-ovest e al 49% nel Mezzo- giorno. Differenziali analoghi si rilevano per tutti i li- velli d'istruzione, tuttavia con una netta penalizzazione di quelli inferiori.

La progress iva sostituzione del lavoro manuale con il la voro intellettuale ha influito positivamente sulle op- portu nita . Nel 1999, l'incidenza della disoccupazione in senso stretto, ci o e riferita a chi ha perso un lavoro pre- cedente, e stata quasi fisiologica per le professioni non manuali ad alta qualifica (2,7%) e del 7,1% per le altre professioni. La differenza e aumentata nel tempo.

La durata media della disoccupazione risulta eleva- ta per tutte le professioni, superando i 14 mesi per alcu- ne di esse e non risultando mai inferiore agli 11 mesi. In sei anni essa e aumentata di un mese per le professioni non manuali ad alta qualifica e di due mesi e mezzo per le altre professioni.

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Nonostante l'aumento dell'occupazione femminile, le donne continuano ad incontrare difficol ta nel lavoro a causa di una divisione ancora troppo asimmetrica dei ruoli in famiglia. Fra le donne intervistate nel 1998, la quota di colora che avevano interrotto il rapporto di la- voro in occasione della nascita dei figli e risultata del 14,7% se avevano avuto un solo figlio, del 20,1% se ne ave- vano avuti due e del 17,9% per quelle con tre 0 pili figli, con modeste differenze tra le diverse generazioni.

La legislazione italiana in materia di tutela della lavoratrice madre e tra Ie pili avanzate in Europa. Tut- tavia, una quota di donne si dimette dal lavoro privato nel periodo protetto della maternita. Secondo i dati del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dimis- sioni di questa tipo risultavano mediamente 12 mila l'anno nel periodo 1991-1995, sono aumentate a circa 13 mila nel biennio 1996-1997 e a circa 14 mila nel 1998.

Nell'ultimo anna si stima che, fra le lavoratrici dipen- denti nel settore privato che hanno un figlio di eta infe- riore a un anno, si siano registrate 10,5 dimissioni per 100. L'incidenza e pili elevata nelle regioni dove il merca- to del lavoro e pili dinamico e offre quindi maggiori p o s- s ibil it a di reinserimento.

Conc1usioni

Gli anni Novanta sono stati segnati da grandi tra- sformazioni sociali ed economiche. Istituzioni, famiglie e imprese hanno mostrato forte ca pacita di reazione e adattamento ai cambiamenti. SuI piano legislativo sono stati affrontati alcuni nodi fondamentali.

L'economia accelera la crescita: l'occupazione ha ri- preso ad aumentare, soprattutto nel terziario e per l e tipologie contrattuali atipiche; la disoccupazione si e

ridotta; gli investimenti sono dinamici, soprattutto nel- la componente immateriale legata alla nuova economia.

Occorre affrontare problemi strutturali, legati alla com- p e tit iv ita di sistema, a debolezze del tessuto produtti- vo, a ritardi nel settore dei servizi. Alcune infrastruttu- re rimangono arretrate. 11 capitale umano disponibile e

parzialmente inadeguato.

Negli anni recenti, la globalizzazione dei mercati dei ca pitali e la trasformazione dei sistemi prod u ttivi hanno reso pili ampia e pili importante la "competizio- ne tra territori" . Nelle zone che manifestano d iffico lta a tenere il passo della sviluppo occorre adottare misure

SINTESI

Con la maternita, una donna su dieci lascia il lavoro privato nel p erio do protetto

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ISTAT - RAPPORTO ANNUALE 1999

capaci di attrarre capitali, nazionali e internazionali. I molti sistemi locali privi di specializzazione, concentra- ti soprattutto nel Mezzogiorno, potranno esprimere il loro potenziale soltanto se ve rr a accresciuto il ca pitale fisico e umano.

La societa accelera il cambiamento. 11 lavoro e il ter- reno su cui si stanno manifestando nuove op portunita e al tempo stesso nuove contraddizioni. L'esigenza di flessibi- lita si sta gradualmente affermando, con risultati posi- tivi sull'occupazione globale e problemi di tutela, previ- denza, formazione professionale continua, per evitare che la p r e car iet a venga vissuta come emarginazione.

L'ingresso di un numero crescente di donne nella po- polazione attiva aumenta l'esigenza di politiche di conci- liazione lavoro-famiglia e di riordino dei servizi sociali.

L'Italia ha compiuto un percorso importante e per certi versi straordinario, con risultati tutt'altro che scontati a priori. Persistono antiche contraddizioni; al- tre ne emergono. 11 cambiamento ha dunque bisogno di essere accompagnato.

La statistic a pubblica non puo e non deve indicare ricette, rna testimoniare Ie trasformazioni e Ie domande che risultano dall'analisi della s o c ie ta italiana. Rilancio della com p etitivita del sistema, maggiore attenzione all'uguaglianza delle o pportun ita, conciliazione delle e si- genze della vita di famiglia e di quelle del lavoro, armo- nizzazione dei tempi individuali e sociali possono far di- ventare questo paese non soltanto pili ricco, rna anche pili consapevole, pili soddisfatto della strada compiuta, pili fiducioso in se stesso e pienamente capace di contri- buire allo sviluppo civile, economico e sociale dell'Europa.

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SISTEMA STATISTICO NAZIONALE ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA

RAPPORTO ANNUALE

La situazione del Paese nel 1999

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