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Prof. Domenico Vasapollo

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Academic year: 2022

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TAGETE 1-2010 Year XVI

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LENGHT LEG DISCREPANCY.

DAMAGE EVALUATION AND MEDICO LEGAL ASPECT

LA PATOLOGIA DISMETRICA.

VALUTAZIONE E PROBLEMATICHE MEDICO- LEGALI

Prof. Domenico Vasapollo*, Dr. Stefano Zanotti**, Dr. Eva Montanari**

* Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Medicina legale, Università di Bologna, via Irnerio n. 49, Bologna.

** Specialista in Medicina Legale.

ABSTRACT

The authors deal with length leg discrepancy, which is a very particular issue. They examine different implication of this condition from a medico legal point of view. It is known that length leg discrepancy can determine pathologic alteration in adjacent articulation/anatomic district or worsening of pre-existing disability condition.

This matter is not well known in forensic field, so that the Author choose to delve it with the purpose of providing useful information both in methodological and evaluation aspect to reach a correct esteem of biologic damage in civil responsibility, social and private insurance.

Key Words: lenght leg discrepancy – biological damage – medico-legal evaluation - disability ---

Gli Autori affrontano il complesso argomento della patologia dismetrica, esaminando i molteplici risvolti di tale problematica in ambito medico-legale. Sono, infatti, note le rilevanti ripercussioni che la dismetria può determinare sulle strutture anatomo-funzionali contigue all’arto dismetrico e all’aggravamento del quadro clinico conseguente. Trattandosi di una tematica ancora poco approfondita sotto il profilo medico-legale, con il presente studio gli Autori intendono fornire agli esperti di settore un contributo utile sia da un punto di vista metodologico sia valutativo, in modo da poter pervenire ad un’equa stima del danno alla persona in ambito di responsabilità civile, assicurativo sociale e privato.

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2 1. - INTRODUZIONE

Nonostante il ricorrere frequente della minorazione dismetrica e le rilevanti ripercussioni di tale deficit sul cammino e sulla postura, a conferma della scarsa attenzione posta, incomprensibilmente, nella letteratura di settore a tale problematica, si segnala che anche le comuni guide orientative per la valutazione del danno biologico, le quali riportano un esiguo numero di voci tabellari, non risultano omogenee nella stima di tale pregiudizio. Mentre, è ben noto che tale minorazione può determinare importanti ripercussioni sulle strutture anatomo-funzionali contigue, potendo così aggravare la sintomatologia clinica ed il reperto obiettivo; in tal modo la dismetria viene ad acquisire una certa rilevanza non solo da un punto di vista clinico ma anche medico- legale.

E’ utile quindi ricordare che la patologia dismetrica non esprime semplicemente una differente lunghezza degli arti inferiori, visto che essa può comportare – come detto – ripercussioni funzionali con importanti riverberi posturali e strutturali. Va da sé che tanto maggiore sarà la dismetria o tanto minore sarà la possibilità di ottenere un efficace miglioramento mediante il trattamento medico-chirurgico, tanto più occorrerà tenere conto, nella quantificazione del danno, di tali riflessi negativi. In altri termini, non si tratta esclusivamente di una minorazione anatomica, cui applicare pedissequamente un punteggio invalidante, bensì di un quadro deficitario più complesso, a volte molto serio, cui spetta la dignità nosografica di patologia dismetrica.

Se, con il presente studio intendiamo principalmente apportare un contributo alla valutazione di tali monorazioni in ambito di responsabilità civile, nel settore assicurativo sociale e privato, fornendo un contributo utile anche da un punto di vista metodologico, non si possono sottacere le numerose questioni medico-legali che tali deficit

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3 determinano. Basti pensare al fatto che, accanto alle dismetrie post-traumatiche riconducibili a molteplici e complesse fratture degli arti inferiori, coinvolgenti o meno la cartilagine di accrescimento, esistono quelle secondarie ad errata prestazione sanitaria che si pongono, peraltro con difficile risoluzione, nell’ambito della tematica della responsabilità professionale.

E’ utile anticipare che è di fondamentale importanza la valutazione prognostica, anche in termini di previsione dell’entità della dismetria stessa, in considerazione del fatto che l’evoluzione del deficit può essere prevedibile o imprevedibile (come nel caso, ad esempio, delle pseudoartrosi) e che tale distinzione riguarda solo il paziente giovane in quanto nell’adulto la dismetria, di solito, rimane stabile nel tempo. Si richiama, al riguardo, particolare prudenza valutativa degli esiti dei traumatismi del femore e della tibia in età pediatrica in quanto, in questi casi, l’esperto dovrà sempre tenere conto di una possibile futura insorgenza di dismetria o del suo peggioramento. Tale prudenza dell’esperto è da auspicare fortemente in modo che egli non venga coinvolto in problematiche di responsabilità professionale qualora, a distanza di tempo dalla sua imprudente valutazione, si dovesse instaurare un prevedibile e magari marcato deficit di lunghezza dell’arto.

2. - ASPETTI CLINICI

Per dismetria si intende la diversa lunghezza di un arto rispetto al controlaterale, sia in difetto (ipometria) sia in eccesso (ipermetria).

L’accertamento di una dismetria, a differenza di quanto si possa pensare, è tutt’altro che semplice. Essa può essere, infatti, effettuata attraverso una misurazione diretta degli arti, rilevamento che è tuttavia gravato da imprecisione, o mediante

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4 determinazione radiografica, la quale permette una stima molto vicina alla realtà. Nel primo caso – valutazione clinica – oltre alla semplice misurazione degli arti con metro a nastro e con paziente in posizione supina, si può procedere anche al rilevamento in ortostasi con l’impiego di una soletta (in tal caso la sua altezza, in grado di ri-allineare le spine iliache posteriori o anteriori, fornirà il valore centimetrico dell’entità della dismetria). Ad ogni modo è necessario che al momento della misurazione siano state corrette eventuali contratture muscolari o anomale posture che potrebbero inficiare la misurazione. Và segnalato, inoltre, come ulteriore causa di errore, l’eventuale scarsa collaborazione del paziente (specie se in età pediatrica), oltre alla presenza di una deformità del rachide e/o degli arti, di atteggiamenti viziosi delle anche, di processi infiammatori o tumorali delle parti molli o ossee.

Qualora si proceda al rilevamento della dismetria mediante impiego di soletta, il paziente va osservato in piedi, dapprima senza rialzo e poi con un rialzo centimetrato posto sotto l’arto più corto. Il rachide deve essere retto, il bacino orizzontale, la plica interglutea verticale, le spine iliache posteriori simmetriche, come pure le fossette della regione lombare. Nella flessione in avanti le creste iliache debbono risultare alla stessa altezza e, all’osservazione laterale, debbono essere ristabilite le normali curve, dorsale e lombare. Si ricorda ancora che è necessario porre attenzione alla presenza di accorciamenti o allungamenti apparenti, i quali, apprezzabili solo a paziente in posizione ortostatica, possono derivare da diversi fattori: contrattura muscolare, deformità articolare e/o ossea, obliquità fissa di bacino1.

1 La dimetria può derivare infatti da una contrattura articolare, da un’obliquità fissa di bacino, oppure da una deformità ossea; ciò va tenuto presente nella misurazione degli arti. Ad esempio, una contrattura in adduzione dell’anca determina l’accorciamento apparente dell’arto così come la contrattura in flessione dell’anca in quanto il paziente compensa accentuando la lordosi lombare. In questo caso un rialzo ristabilisce la normale lordosi.

Un’obliquità fissa del bacino determina un’accorciamento apparente dell’arto e una scoliosi posturale corretta con

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5 Con il paziente in decubito supino, occorre dapprima assicurarsi che la sua posizione sia perfettamente simmetrica, con bacino parallelo al tavolo, linea immaginaria passante per le spine iliache antero-superiori perpendicolare al suo grande asse, arti estesi e posti ad uguale distanza corpo. Quindi, tenendo conto scrupolosamente dei reperi che si descrivono qui di seguito e, ovviamente, dopo aver annullato i fattori responsabili di dismetrie apparenti, si procede - tramite metro a nastro - ad effettuare le seguenti misurazioni:

- dalla Spina Iliaca Antero Superiore (SIAS) al malleolo interno (qualora non sia possibile localizzare la SIAS per deformità o per eccesso di adipe si utilizza l’Apice del Gran Trocantere);

- dalla SIAS al calcagno (qualora il malleolo interno non sia apprezzabile per qualche motivo);

- distanza dalla SIAS al malleolo esterno, se non è disponibile alcun repere mediale.

In relazione alla sede, si tratta di:

 Dismetria di piede: se le misure SIAS – malleolo sono uguali, ma le misure SIAS - calcagno sono diverse tra i due arti;

 Dismetria di gamba: se la misura polo inferiore della rotula – malleolo interno è diversa;

 Dismetria di femore: qualora, a paziente in piedi e dopo aver posto un appropriato rialzo per riequilibrare il bacino, permanga lo slivellamento delle

un rialzo dal lato convesso della scoliosi. Anche una deformità dell’arto sia a livello di un’articolazione che di un osso lungo, determina un’accorciamento apparente e scoliosi, la quale viene corretta da un’appropriato rialzo. E’

evidente a questo punto che un’esatta misurazione è possibile solo dopo la correzione delle contratture articolari o delle deformità associate.

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6 pliche poplitee (se le pliche invece si simmetrizzano, la dismetria interessa la gamba o il piede).

Per stabilire se la dismetria sia di femore o di gamba, è possibile far ricorso a due classiche manovre. La prima consiste nel porre il paziente in posizione supina con le anche flesse a 90°. L’osservatore, posto dalla parte del capo del paziente, osserva l’altezza raggiunta dall’apice rotuleo. La dismetria sarà di femore se la distanza tra lettino e apice rotuleo è diversa tra i due arti (Figura 1). La seconda manovra, utile per rilevare una dismetria a carico della tibia e/o del piede (essa è valida solo qualora non ci sia un’obliquità fissa di bacino), consiste nel posizionare il paziente in decubito supino con anche e ginocchia flesse a 90° (l’osservazione del paziente avviene di lato). Con le ginocchia alla stessa altezza-posizione, si potrà stabilire se la dismetria è di tibia- caviglia: la posizione dei due piedi non è sovrapponibile, essendo uno più “sporgente”

dell’altro (Figura 2).

Figura 1 Figura 2

Da Fusaro I. e Coll.

La valutazione radiografica viene eseguita su radiogrammi appositamente graduati, con esposizione dell’intero arto inferiore. L’esame viene condotto a paziente in

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7 piedi e di fronte, oppure in posizione sdraiata, qualora il paziente sia pediatrico; è assolutamente necessario che le articolazioni delle anche, delle ginocchia e delle caviglie siano completamente e perfettamente visibili, in quanto i punti di repere (polo superiore della testa del femore, polo inferiore del condilo femorale interno, tetto del mortaio tibio-peroneale), devono essere ben apprezzabili. Si tenga presente che per completare la misurazione occorre misurare l’altezza del retropiede che gioca spesso un ruolo determinante nella dismetria.

La valutazione radiografica presenta ulteriori vantaggi, tra cui la possibilità di apprezzare dismetrie funzionali apparenti e/o eventuali disassamenti sul piano frontale, di comparare indagini successive tra loro (fondamentale per la valutazione prognostica delle dismetrie), di permettere una stima più prossima alla realtà, specie se integrata con i dati ottenuti dall’esame clinico. Tale valutazione presenta tuttavia anche molteplici inconvenienti rappresentati, in particolare, dall’impossibilità di effettuare un radiogramma prima dei 3-4 anni e dalla necessità di mantenere una postura eretta stabile e fissa per un certo periodo di tempo, comunque adeguata a consentire che il raggio incidente sia esattamente perpendicolare allo scheletro2.

In letteratura esistono molteplici classificazioni delle dismetrie, le quali vengono distinte, da un punto di vista clinico in congenite e acquisite, e in base alla loro evoluzione in prevedibili e non prevedibili. Nel presente studio, in cui prenderemo in considerazione solamente le forme acquisite è utile riportare la classificazione di Donzelli e Coll. (1), secondo la quale le dismetrie vengono distinte in intrinseche ed estrinseche.

2 La perpendicolarità del raggio incidente sullo scheletro è una prerogativa imprescindibile dell’indagine radiografica: questo diviene certamente un “limite” nel momento in cui devono essere valutati pazienti poco collaboranti, oppure soggetti impossibilitati al mantenimento della postura eretta o affetti da atteggiamenti viziati irriducibili, specie a carico dell’anca; in questi casi molto spesso, non potendo ottenere una perpendicolarità del raggio incidente sullo scheletro, non ci si potrà avvalere di tale metodica strumentale.

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8 Le prime, in ipometriche, prima del termine dell’accrescimento (neurogene, vascolari, metaboliche, traumatiche, infettive, neoplastiche o a seguito di radioterapia) e dopo il termine dell’accrescimento (traumatiche, infettive, a seguito di malattie neoplastiche o a radioterapia). Anche le forme intrinseche ipermetriche possono determinarsi prima del termine dell’accrescimento (vascolari; traumatiche; infettive), oppure dopo il termine dell’accrescimento (traumatiche). Secondo i sopraccitati Autori rientrano invece nella categoria delle forme estrinseche, tutte le dismetrie (ipo-ipermetriche) sintomatiche e secondarie ad altre patologie (Perthes, epifisiolisi…) che interessano articolazioni o distretti scheletrici contigui.

L’utilità di questa classificazione deriva dal fatto che essa sottolinea la differenza tra le dismetrie che si manifestano prima e dopo il termine dell’accrescimento. Infatti, nel primo caso, si dovrà valutare oltre al danno strutturale (deformità, malformazione) anche il deficit di crescita; qualora, invece, la lesione interessasse un distretto che ha già completato il suo accrescimento, il danno sarà esclusivamente anatomo-funzionale.

Preme, inoltre, sottolineare che, dal punto di vista medico-legale, uno degli aspetti di maggiore rilievo è costituito dall’evoluzione prognostica delle dismetrie, le quali, sotto questo profilo possono essere distinte in prevedibili e non prevedibili, a seconda che sia possibile o meno definire l’entità della stessa a fine accrescimento. A tale proposito si ricorda che nel soggetto in fase di crescita le dismetrie possono seguire evolutivamente cinque diversi andamenti, rappresentati dalle curve di Shapiro (2, 3), che si riportano di seguito.

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- Tipo A - - Tipo B – - Tipo C -

- Tipo D - - Tipo E -

- Curve di Shapiro -

Nel Tipo A la dismetria aumenta in modo lineare per tutta la crescita.

Appartengono a questo gruppo tutte le forme di dismetria prevedibile, tra cui si ricordano quelle post-traumatiche da epifisiodesi completa; nel Tipo B l’aumento è inizialmente lineare (come nel tipo A), ma verso il termine dell’accrescimento la

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10 pendenza della curva varia. Rientrano in questa categoria quasi tutte le tipologie di dismetria; nel Tipo C l’aumento è inizialmente lineare per poi raggiungere un plateau; si tratta di una curva specifica dell’iperallungamento post-traumatico successivo a fratture diafisarie; nel Tipo D, l’aumento, inizialmente lineare, si arresta in una fase di plateau per poi tornare a crescere linearmente. Rientrano in tale andamento le dismetrie conseguenti ad artrite settica, osteocondrite dell’anca, o post-riduzionale; infine, nel Tipo E l’aumento, che segue un andamento a parabola, rappresenta l’evenienza più rara, essendo caratteristica solo di alcuni casi di artrite cronica giovanile.

In queste cinque forme evolutive le sole rilevanti ai fini della nostra trattazione sono il Tipo A, B e C, essendo caratteristiche delle dismetrie post-traumatiche nel bambino. Giova, comunque, precisare che solo il Tipo A rappresenta una dismetria prevedibile, mentre i grafici B e C si riferiscono a patologie dismetriche non prevedibili.

Si tratterà, quindi, di stabilire, di volta in volta, anche tramite l’ausilio dello specialista auxologo-pediatra, in quale gruppo ricada il tipo di dismetria esaminata nel caso specifico.

Per la stima medico-legale del danno appare di fondamentale importanza la valutazione prognostica in termini di previsione dell’entità della dismetria (nel caso si tratti di un paziente pediatrico), tenendo sempre conto del fatto che, per una precisa quantificazione, si dovranno considerare le curve di accrescimento.

Se la dismetria risulta prevedibile è possibile definire l’accorciamento al termine della crescita, giacché in tali fattispecie il deficit si mantiene costante nel tempo rispetto al segmento controlaterale. In particolare, per giungere alla definizione di questo deficit occorre effettuare una misura radiografica degli arti inferiori (dalla quale ottenere la lunghezza in cm dell’arto), da ripetere successivamente ogni sei-otto mesi, per tre volte.

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11 Sulla base dei dati ottenuti, si ricaverà il valore percentuale medio del deficit specifico in lunghezza dell’arto per quel paziente3. Inoltre, in considerazione del fatto che, con l’accrescimento il deficit percentuale rimane costante, ci si può avvalere di ulteriori ausili rappresentati in primis dalle tavole dei percentili, che riportano, in base alla statura e all’età del bambino, quale sarà la statura a crescita ultimata. In altri termini, si tratterà di prevedere - con calcoli opportuni - la lunghezza definitiva dell’arto patologico in rapporto a quello sano al termine della crescita in modo da poter quantificare l’entità della dismetria stessa.

Vi è da dire, tuttavia, che la previsione di crescita definitiva ottenuta mediante le curve percentili, le quali sono basate sull’età cronologica e sulla statura, può essere gravata da errori, in quanto non sempre l’età cronologica coincide con quella ossea nel paziente pediatrico. Per tale ragione è preferibile ricorrere ad altri metodi di previsione, rappresentati da grafici o tabelle che riportano l’entità dell’accrescimento in funzione dell’età ossea (tabelle e grafici di Green e Anderson, grafico di Hechard e Carlioz, grafico di Moseley, ecc.).

A tal riguardo vi è da dire che l’età ossea non va assolutamente confusa con l’età cronologica, trattandosi di due concetti ben distinti. Mentre per la seconda non si pongono particolari problemi, per quella ossea occorre fare alcune puntualizzazioni.

L’età ossea è un indice generale di crescita molto importante in auxologia pediatrica;

durante la crescita la maturazione delle ossa lunghe inizia con la comparsa

3 Si riporta per chiarezza un esempio di dismetria prevedibile. Al primo controllo clinico-radiografico il femore sano misura 20 cm, mentre quello ipoplasico 17 cm; pertanto la differenza risulta di 3 cm. (pari al 15%). Al secondo controllo si riscontrano le seguenti lunghezze: femore sano 24 cm, femore ipoplasico 20,45 cm. La differenza è quindi di 3,55 cm. (14,8%). Infine, al terzo controllo il femore sano misura 26 cm mentre quello ipoplasico 22,5;

la conseguente differenza è di 3,95 cm, pari al 15,2%. In questo caso la differenza rimane sostanzialmente invariata dato che la media dei tre valori percentuali si assesta attorno al 15%. Ciò significa che al termine dell’accrescimento il femore ipoplasico (dismetria prevedibile), presenterà un deficit di lunghezza del 15% rispetto a quello sano.

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12 dell’ossificazione nelle diafisi, seguita nell’epifisi e dalla formazione dei piani di crescita epifisiali la cui fusione segna la fine della crescita ossea. Questi cambiamenti della struttura osteo-cartilaginea seguono, tuttavia, un ritmo standard nella maggior parte dei bambini e degli adolescenti e sono stati documentati in un atlante largamente diffuso (Greulich e Pyle) (4). L’atlante presenta infatti le immagini radiografiche del polso e della mano sinistra in maschi e femmine (bambini ed adolescenti) eseguite ad intervalli di 3- 12 mesi nella fase pediatrico-adolescenziale. In pratica l’auxologo determina l’età ossea basandosi sulla comparazione tra i radiogrammi effettuati sul bambino e le immagini radiografiche presenti nel suddetto atlante, valutando le dimensioni dei centri epifisari, le misure delle ossa, la forma, la densità e l’evidenza del contorno delle estremità ossee, nonché la distanza tra il nucleo epifisario e la zona di calcificazione metafisiaria. Si ricordi, inoltre, che la valutazione dell’età ossea nella prima infanzia (e non in età pediatrica) non si basa sul distretto polso-mano ma su quello gomito-ginocchio.

- Sviluppo di due falangi dalla nascita ai 19 anni (Radiographic atlas of skeletal development of the hand and wrist di Greulich and Pyle) –

Questo atlante permette di capire se lo sviluppo scheletrico del bambino coincide con l’età cronologica, dato che, al fine di quantificare l’entità della dismetria occorre far

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13 riferimento a grafici e tabelle, i quali si basano a volte sull’età cronologica, a volte su quella ossea.

A tale riguardo si ricorda che le tabelle di previsione e le curve di crescita più seguite sono quelle di Anderson e Green, oltre al diagramma di Héchard e Carlioz ed il grafico di Moseley. Nel presente studio, dato che la previsione dell’entità delle dismetrie resta comunque una valutazione strettamente specialistica e di competenza auxologico- pediatrica, ci si limiterà a riportare le tabelle di crescita di Anderson e Green. Queste forniscono la lunghezza del femore e della tibia nel corso della crescita (per ragazzi e ragazze), con valori medi, percentuali, e differenze espresse in deviazioni standard, in funzione dell’età ossea o di quella cronologica; risulta, tuttavia, preferibile utilizzare i valori forniti dalle tabelle di crescita in funzione dell’età ossea in quanto rappresenta una stima più accurata (si riportano qui di seguito le tabelle in funzione dell’età ossea e cronologica) (5).

ALLEGATO 1: Tabelle di crescita di Anderson e Green in funzione dell’età ossea –

50 Femmine

Altezza (cm) Femore (cm) Tibia (cm) Età ossea (anni)

Età

Media DS Media DS Media DS Media DS

8 128,1 4,78 33,1 1,63 26,3 1,39 7,6 1,02 9 133,8 4,78 35,0 1,71 28,0 1,50 8,7 1,02 10 139,9 5,24 37,0 1,82 29,8 1,67 9,9 1,03 11 146,6 5,93 39,2 2,00 31,6 1,84 11,1 1,07 12 153,2 6,36 41,1 2,12 33,2 1,95 12,5 1,12 13 158,3 6,14 42,4 2,12 34,2 1,94 13,8 1,06 14 160,8 6,16 43,1 2,15 34,5 1,97 14,8 1,05 15 162,3 6,02 43,2 2,18 34,6 1,98 15,8 1,00 16 162,9 6,10 43,3 2,20 34,6 2,00 16,4 0,92

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17 (163,8) (6,37) (43,3) (2,21) (34,7) (2,00) (17,1) (0,85) 18 (164,9) (6,10) (43,3) (2,21) (34,7) (2,00) (17,8) (0,46)

50 Maschi

Altezza (cm) Femore (cm) Tibia (cm) Età ossea (anni)

Età

Media DS Media DS Media DS Media DS

8 127,6 5,94 (32,8) (1,53) (25,9) (1,55) (7,8) (1,00) 9 133,3 6,15 (34,6) (1,78) (27,1) (1,86) (8,8) (1,04) 10 138,5 6,58 36,4 1,87 28,6 1,89 9,9 0,96 11 143,5 6,94 38,2 2,07 30,1 2,07 11,0 0,88 12 149,4 7,72 40,2 2,23 31,8 2,27 12,1 0,76 13 156,3 9,13 42,3 2,52 33,6 2,49 13,1 0,80 14 163,7 9,54 44,3 2,58 35,3 2,54 14,1 0,93 15 169,8 8,68 45,8 2,38 36,4 2,34 15,1 1,14 16 173,2 7,74 46,6 2,27 36,9 2,21 16,3 1,20 17 175,0 7,41 46,9 2,30 37,1 2,21 17,3 1,10 18 175,9 7,37 47,0 2,35 37,1 2,22 (18,0) (0,89)

ALLEGATO 2: Tabelle di Anderson e Green: lunghezza delle ossa lunghe (femore e tibia), comprese le epifisi, nei ragazzi in funzione dell’età cronologica

Femore

Distribuzione

Età Lunghezza

media

DS d DS m + 2 DS + 1 DS - 1 DS - 2 DS

1 14,48 0,628 0,077 15,74 15,11 13,85 13,22 2 18,15 0,874 0,107 19,90 19,02 17,28 16,40 3 21,09 1,031 0,126 23,15 22,12 20,06 19,03 4 23,65 1,197 0,146 26,04 24,85 22,45 21,26 5 25,92 1,342 0,164 28,60 27,26 24,58 23,24 6 28,09 1,506 0,184 31,10 29,60 26,58 25,08 7 30,25 1,682 0,205 33,61 31,93 28,57 26,89

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8 32,28 1,807 0,221 35,89 34,09 30,47 28,67 9 34,36 1,933 0,236 38,23 36,29 32,43 30,49 10 36,29 2,057 0,251 40,40 38,35 34,23 32,18 11 38,16 2,237 0,276 42,63 40,40 35,92 33,69 12 40,12 2,447 0,299 45,01 42,57 37,67 35,23 13 42,17 2,765 0,338 47,70 44,95 39,40 36,64 14 44,18 2,809 0,343 49,80 46,99 41,37 38,56 15 45,69 2,512 0,307 50,71 48,20 43,19 40,67 16 46,66 2,244 0,274 51,15 48,90 44,42 42,17 17 47,07 2,051 0,251 51,17 49,12 45,02 42,97 18 47,23 1,958 0,239 51,15 49,19 45,27 43,31

Tibia

Distribuzione

Età Lunghezza

media

DS d DS m + 2 DS + 1 DS - 1 DS - 2 DS

1 11,60 0,620 0,074 12,84 12,22 10,98 10,36 2 14,54 0,809 0,099 16,16 15,35 13,73 12,92 3 16,79 0,935 0,114 18,66 17,72 15,86 14,92 4 18,67 1,091 0,133 20,85 19,76 17,58 16,49 5 20,46 1,247 0,152 22,95 21,71 19,21 17,97 6 22,12 1,418 0,173 24,96 23,54 20,87 19,46 7 23,76 1,632 0,199 27,02 25,39 22,13 20,50 8 25,38 1,778 0,217 28,94 27,16 23,60 21,82 9 26,99 1,961 0,240 30,91 28,95 25,02 23,06 10 28,53 2,113 0,258 32,76 30,64 26,42 24,30 11 30,10 2,301 0,281 34,70 32,40 27,80 25,50 12 31,75 2,536 0,310 36,82 34,29 29,21 26,68 13 33,49 2,833 0,346 39,16 36,32 30,66 27,82

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16

14 35,18 2,865 0,350 40,91 38,04 32,32 29,45 15 36,38 2,616 0,320 41,61 39,00 33,76 31,15 16 37,04 2,412 0,295 41,86 39,45 34,63 32,22 17 37,22 2,316 0,283 41,85 39,54 34,90 32,59 18 37,29 2,254 0,275 41,80 39,54 35,04 32,78

ALLEGATO 3 Tabelle di Anderson e Green: lunghezza delle ossa lunghe (femore e tibia), comprese le epifisi, nelle ragazze in funzione dell’età cronologica

Femore

Distribuzione

Età Lunghezza

media

DS d DS m + 2 DS + 1 DS - 1 DS - 2 DS

1 14,81 0,673 0,082 16,16 15,48 14,14 13,46 2 18,23 0,888 0,109 20,01 19,12 17,34 16,45 3 21,29 1,100 0,134 23,49 22,39 20,19 19,09 4 23,92 1,339 0,164 26,60 25,26 22,58 21,24 5 26,32 1,437 0,176 29,19 27,76 24,88 23,45 6 28,52 1,616 0,197 31,75 30,14 26,90 25,29 7 30,60 1,827 0,223 34,25 32,43 28,77 26,95 8 32,72 1,936 0,236 36,59 34,66 30,78 28,85 9 34,71 2,117 0,259 38,94 36,83 32,59 30,48 10 36,72 2,300 0,281 41,32 39,02 34,42 32,12 11 38,81 2,468 0,302 43,75 41,28 36,34 33,87 12 40,74 2,507 0,306 45,75 43,25 38,23 35,73 13 42,31 2,428 0,310 47,17 44,74 39,88 37,45 14 43,14 2,269 0,277 47,68 45,41 40,87 38,60 15 43,47 2,197 0,277 47,86 45,67 41,27 39,08 16 43,58 2,193 0,268 47,97 45,77 41,39 39,19 17 43,60 2,192 0,268 47,98 45,79 41,41 39,22 18 43,63 2,195 0,269 48,02 45,82 41,44 39,24

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TAGETE 1-2010 Year XVI

17

Tibia

Distribuzione

Età Lunghezza

media

DS d DS m + 2 DS + 1 DS - 1 DS - 2 DS

1 11,57 0,646 0,082 12,86 12,22 10,92 10,28 2 14,51 0,739 0,090 15,99 15,25 13,77 13,03 3 16,81 0,893 0,109 18,60 17,70 15,92 15,02 4 18,86 1,144 0,140 21,15 20,00 17,72 16,57 5 20,77 1,300 0,159 23,37 22,07 19,47 18,17 6 22,53 1,458 0,178 25,45 23,90 21,07 19,61 7 24,22 1,640 0,200 27,50 25,86 22,58 20,94 8 25,89 1,786 0,218 29,46 27,68 24,10 22,32 9 27,56 1,993 0,243 31,55 29,55 25,57 23,57 10 29,28 2,193 0,259 33,67 31,47 27,09 24,89 11 31,00 2,384 0,291 35,77 33,38 28,62 26,23 12 32,61 2,424 0,296 37,46 35,03 30,19 27,76 13 33,83 2,374 0,290 38,58 36,20 31,46 29,08 14 34,43 2,228 0,272 38,89 36,66 32,20 29,97 15 34,59 2,173 0,265 38,94 36,76 32,42 30,24 16 34,63 2,151 0,263 38,93 36,78 32,48 30,33 17 34,65 2,158 0,264 38,97 36,81 32,49 30,33 18 34,65 2,161 0,264 38,97 36,81 32,49 30,33

Nel caso in cui il follow-up del paziente in fase adolescenziale sia stato condotto in modo corretto e la dismetria sia stata classificata come prevedibile, si potrà desumere l’entità del “rallentato” allungamento dell’osso infortunato e da qui risalire, con metodi opportuni, alla quantificazione della definitiva dismetria, che rappresenta in questi casi il parametro di maggior utilità al medico legale per la valutazione del danno biologico.

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18 La cura delle dismetrie ha un duplice obiettivo: prevenire la comparsa di patologie nelle articolazioni sane ed evitare atteggiamenti viziati. In genere, il trattamento può essere di tipo conservativo o chirurgico. Il primo, attraverso l’impiego di rialzi e di tutori, è indicato quando la dismetria causa alterazioni nel cammino, nell’equilibrio del bacino, nell’uso delle calzature o quando provoca dolore. In base alla sede di applicazione il rialzo può essere interno, esterno, a tutta suola o solo al tacco. L’applicazione di un rialzo contenuto e suddiviso tra l’interno e l’esterno delle calzature consente un cammino corretto, senza provocare instabilità dell’articolazione della caviglia e iper-sollecitazione del ginocchio. Un rialzo di 1 cm può essere inserito senza problemi nella scarpa; se di entità maggiore invece il rischio è quello di ridurre la stabilità del piede. Fino a 2-2,5 cm il rialzo può essere applicato alle suole, oltre tale valore la scarpa diventa pesante, scomoda e difficile da usare. Per tale motivo, in questi casi il trattamento preferibile è di natura chirurgica. In particolare, senza entrare nei dettagli in quanto l’argomento non attiene al presente studio, è possibile riportare le seguenti indicazioni di massima (6):

- fino a 2-2,5 cm: rialzi, epifisiodesi temporanea o accorciamento dell’arto controlaterale;

- da 3 a 10 cm: un solo allungamento a 10-13 anni;

- da 10 a 15 cm: due allungamenti di cui il primo a 8-10 anni, il secondo a 13-15 anni;

- oltre i 20 cm: tutorizzazione.

Ad ogni modo, il trattamento di una dismetria degli arti inferiori presuppone una buona conoscenza dei metodi di previsione della differente lunghezza terminale e delle diverse tecniche chirurgiche (epifisiodesi, allungamento-accorciamento dell’arto, trattamento con Ilizarov, etc..) le quali non possono che essere decise ed approvate solo dopo un’analisi critica basata sui diversi dati. La scelta di un trattamento chirurgico

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19 piuttosto che un altro è di fondamentale importanza in quanto ogni tecnica deve trovare una precisa indicazione, indipendentemente dalle abitudini del chirurgo. Intervenire da un punto di vista clinico su di una dismetria degli arti inferiori significa fare una diagnosi, prevedere l’entità della differenza in lunghezza degli arti e stabilire un piano di trattamento adeguato alla patologia, al paziente (età, condizioni di salute, etc…) e alle circostanze specifiche.

3. - CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI

Da un punto di vista medico-legale, pare utile suddividere le dismetrie in post- traumatiche e secondarie a prestazione sanitaria errata. Le prime possono derivare da traumatismi produttivi di fratture (pluriframmentarie o comminute, a rima trasversale od obliqua, per compressione e spostamento dei monconi), sia che esse avvengano sul distretto femorale che tibiale; da fratture coinvolgenti la cartilagine di accrescimento;

infine, quale evoluzione in pseudoartrosi con conseguente perdita di sostanza ossea (dismetria non prevedibile). Per le dismetrie secondarie a prestazione sanitaria non adeguata si ricordano brevemente quelle conseguenti ad interventi chirurgici (posizionamento di protesi e di mezzi di sintesi, tra cui il trattamento con fissatore esterno, etc…) e le fratture ossee dei distretti inferiori causate da radioterapia. Si ricorda infine la non rara evenienza di ritardo diagnostico di tumore osseo con conseguente necrosi e frattura patologica (perdita di sostanza).

Queste ultime dismetrie pongono quesiti medico-legali di non facile soluzione che meriterebbero una autonoma trattazione, tuttavia non oggetto di studio del presente lavoro. In tale ambito, nondimeno, una delle questioni che più frequentemente si pone all’esperto riguarda la risoluzione del difficile tema differenziale tra complicanza ed

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20 errore, problematica trattata in maniera esaustiva nella letteratura medico-legale (7, 8, 9), a cui si rinvia per i dettagli. Si dovrà anche esaminare la questione relativa al nesso causale che intercorre tra la condotta sanitaria e la dismetria, in relazione al suo determinismo od anche al suo eventuale peggioramento e, quindi, al non facile problema del danno differenziale.

Si vuole, inoltre, riportare, anche perché ricorre frequentemente in ambito peritale, la questione delle dismetrie conseguenti ad alcuni interventi ortopedici. Nel caso di un trattamento di artroprotesi d’anca, infatti, un anomalo posizionamento di una o di entrambe le componenti protesiche, il montaggio angolato del cotile in senso posteriore con alterazione del fisiologico angolo di antiversione, l’inserimento di uno stelo femorale eccessivamente o insufficientemente lungo rispetto al segmento controlaterale (10), possono non solo determinare responsabilità professionale dell’operatore, ma diventare condizioni determinanti il manifestarsi di una dismetria.

In altri casi il difetto può manifestarsi in età pediatrica in seguito al trattamento con fissatore esterno applicato per il trattamento di fratture diafisarie. In tali casi, infatti, si può realizzare una ipermetria derivante da una iper-stimolazione continua delle cartilagini fertili da parte dell’iperemia, che, come noto, si verifica durante i fenomeni di rimodellamento e consolidazione ossea (11). In queste fattispecie si pone il problema della adeguata condotta sanitaria e, successivamente, della valutazione del danno.

In merito alla questione strettamente valutativa, si vuole fin da subito segnalare che si tratta di una tematica non esaustivamente affrontata sotto il profilo medico-legale, stante il carente apporto della letteratura di settore, nonostante le importanti ripercussioni di tali minorazioni sul cammino, sul dolore a livello del distretto infortunato o in sede lombare per un alterato carico al rachide, etc.. A conferma della scarsa attenzione posta su tale problematica si riporta che anche le comuni guide orientative

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21 per la valutazione del danno biologico riportano un esiguo numero di voci tabellari, limitandosi ad indicare esclusivamente l’entità della dismetria ed il corrispettivo valore percentuale, con valutazioni, peraltro, non uniformi.

In particolare,

 Bargagna e Coll. (Tabella SIMLA) (12):

“accorciamento di arto da 3 a 5 cm 5-8%”

“accorciamenti inferiori ai 3 cm sono da riconoscere valutazioni progressivamente minori”.

 D.M. 3 luglio 2003 e D.M. 26 maggio 2004 ( R.C.A.)

“accorciamento di 2 cm 3%”

“accorciamento di 8 cm 15%”

 D.M. 12 luglio 2000 (I.N.A.I.L.)

“accorciamento di un arto intorno a 5 cm, a seconda dell’efficacia del presidio ortopedico fino a 6%”.

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22

 A.M.A.4 (American Medical Association - 2001) (13)

Discrepancy (Cm) Whole Person. Impairment.

0 - 1,9 0%

2 - 2,9 2 - 3%

3 - 3,9 4 - 5%

4 - 4,9 6 - 7%

5 + 8%

 Ronchi E., Mastroroberto L., Genovese U. (14)

“accorciamento di 2 cm 3% (R.C.) 2,5% (ANIA) 3% (INAIL)”.

“accorciamento di 8 cm 15% (R.C.) 15% (ANIA) 17% (INAIL)”.

Nelle voci tabellari riportate non si fa menzione (a differenza di tante altre minorazioni) delle eventuali ripercussioni funzionali: lombalgia, alterazione della deambulazione, anticipazione di patologie artrosiche da sovraccarico meccanico

4 Si fa presente che nell’ultima edizione dell’AMA (American Medical Association, Guide to the evaluation of permanent impairment, AMA press, 2008, pag. 517) non vengono riportati i valori percentuali di impairment corrispondenti all’entità della dismetria. Infatti, in questa nuova edizione, si fa riferimento a cinque classi di gravità crescente: la dismetria inferiore a 1,9 cm (Grado 0) non determina alcun problema (“no problem”); la dismetria compresa tra 2,0-2,9 cm (Grado 1) produce “mild problem”; quella tra 3,0-4,9 cm (Grado 2) comporta

“moderate problem”; tra 5,0-5,9 cm (Grado 3) “severe problem” ed, infine, per dismetrie maggiori di 6 cm (Grado 4) “very severe problem”. Da notare che tali minorazioni sono rapportate, ad esempio, alla instabilità di ginocchio, nel senso che quelle comprese tra 2,0-2,9 e 3,0-4,9 cm sono considerate appartenenti alle stesse categorie dell’instabilità rispettivamente di I e II grado.

Per contro, il barème francese (Melennec) non riporta alcun valore di incapacità per le dismetrie. Segnala, soltanto, ad esempio, che nelle fratture delle ossa lunghe è possibile riconoscere un tasso compreso tra 5-15% qualora sussista un disassamento o un accorciamento moderato.

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23 articolare, comparsa di atteggiamenti viziati, ecc.., disturbi in grado di ripercuotersi negativamente in modo rilevante sulle attività quotidiane e sulla vita di relazione del danneggiato. Questo, probabilmente, perché il valore tabellare incorpora già in sé il pregiudizio funzionale derivante dal danno dismetrico. Si ribadisce, al riguardo, un concetto già espresso da uno di noi (15) riguardante la tabella risarcitoria di legge e la valutazione “a numero unico”(riferito al danno base teorico). Pensiamo, infatti, che il valore tabellare, come emerge chiaramente dai criteri applicativi di legge, dovrebbe essere modificato dall’esperto laddove la menomazione sia correlata ad un quadro clinico–funzionale diverso dalla media, giacchè la finalità principale della legge è la personalizzazione del danno che inizia dal preciso apprezzamento del quadro clinico- funzionale. Tale interpretazione induce a ritenere che l’accertamento del danno procede secondo due binari paralleli, rappresentati dall’apprezzamento della precisa disfunzione clinica presentata dal danneggiato e dalla personalizzazione del danno con riferimento alle condizioni soggettive che incidono sull’attività di ogni giorno.

Chiaramente, per ottenere una stima più precisa del danno, occorrerà tenere conto dei possibili trattamenti e/o presidi ortopedici disponibili in grado di attenuare i riverberi funzionali.

Rinviando al precedente capitolo relativo ai trattamenti delle dismetrie, si ricorda semplicemente che accorciamenti fino a 2-2,5 cm possono essere compensati con adeguati presidi ortopedici (rialzi), mentre quelli superiori (2-2,5 cm) necessitano di trattamenti anche di tipo cruento.

Emerge chiaramente dai barèmes riportati che solamente l’AMA non riconosce agli accorciamenti inferiori a 2 cm alcun valore percentuale (“Grado 0” → “no problem” secondo l’ultima edizione), mentre imprevedibilmente tale “guida” assegna la percentuale del 2-3% quando la dismetria raggiunge i 2-2,9 cm (“Grado 1” → “mild

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24 problem” secondo l’ultima edizione). In effetti, anche Ciampolini (16) segnalava che

“nella claudicazione da diversa lunghezza dei due arti si tenga conto che deve esservi una differenza di oltre 2 cm; nel qual caso il noto compenso della rotazione in alto del bacino, dal lato che è più lungo, non si compie più bene. Le stesse difficoltà si hanno allorquando il compenso in parola non può effettuarsi al completo per le alterazioni funzionali dell’anca e dell’ultima parte della colonna vertebrale, che restano perciò inattive agli effetti della rotazioni di cui di cui v’è bisogno”.

Più equa, a nostro avviso, l’interpretazione di altri Autori (17) che prevedono, per accorciamenti inferiori a cm 2 l’assegnazione di un punto percentuale (1%), e a dismetrie di 3 e 4 cm rispettivamente il 4 e il 5%.

La tabella risarcitoria di legge riporta esclusivamente accorciamenti di 2 e 8 cm.

Uno di noi (15) aveva interpretato l’assenza di altri valori segnalando che siffatta omissione lasciava presumere che la stima doveva essere effettuata utilizzando un criterio di analogia, progressivamente crescente, compresa tra 3 e 15%. In ogni caso, contrariamente a quanto auspicato da più parti, a proposito dell’importanza della nozione unitaria del danno biologico, la comparazione dei molteplici “barèmes”

evidenzia una sostanziale e non giustificata differenza valutativa. In aggiunta, si ricorda che la finalità principale della legge risarcitoria è rappresentata dalla personalizzazione del danno, proposito che sicuramente è disatteso in quelle condizioni che possono manifestarsi con differenti quadri funzionali. Si condivide appieno il pensiero di De Ferrari e Coll. (18) che, al riguardo, così si sono espressi: “il più grave errore che il medico valutatore può compiere è quello di ritenere che la pedissequa espressione numerica renda ragione e soddisfazione in un ragionamento che ha, invece, alla sua base esperienza, dottrina e professionalità e che soprattutto deve compendiarsi in argomenti e motivazioni tali da rendere chiara l’interpretazione che ha indotto la

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25 valutazione medesima”. Su questa stessa linea si assesta la letteratura medico-legale di settore che parla di “pecche d’incongruenza… motivata perplessità e malessere valutativo”, “l’estrema variabilità della casistica, delle situazioni socio-economiche e psico-fisiche deve indurre gli operatori del diritto e i medici legali a evitare standardizzazioni e a dedicare, a ogni singolo caso, il massimo approfondimento, allo scopo di individuare i termini di un equo ed adeguato risarcimento” (19).

Si vuole, da ultimo, ricordare che la patologia dismetrica non è caratterizzata semplicemente da una differente lunghezza degli arti in quanto essa può comportare – come già detto – ripercussioni funzionali e successivi riverberi posturali e strutturali, a volte anche importanti. Va da sé che tanto maggiore sarà la dismetria o tanto minore sarà la possibilità di un efficace trattamento medico-chirurgico, tanto più occorrerà tenere conto nella quantificazione del danno dei riflessi funzionali e strutturali. In altri termini, vogliamo ribadire che non si tratta esclusivamente di una minorazione anatomica, cui applicare pedissequamente un punteggio invalidante, bensì di un quadro deficitario più complesso, a volte molto serio, cui spetta la dignità nosografica di patologia dismetrica.

Come detto, non è possibile approfondire in questa sede le numerose e ulteriori questioni medico-legali riconducibili a tale patologia. Tuttavia, appare doveroso soffermarsi sulla questione del danno futuro. Come emerge chiaramente dalla letteratura di settore (20, 21) in ambito di responsabilità civile ci si riferisce alla categoria del danno futuro ogniqualvolta si abbiano elementi concreti sulla progressione peggiorativa dell’infermità. In pratica si tratta di quel pregiudizio per cui, secondo una concreta e ragionevole previsione, vi sono elementi obiettivi attuali per prevedere un futuro aggravamento. Pertanto, come affermato anche dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, il danno futuro deve presentarsi, secondo l’id quod plerumque accidit, con

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26 tutti quegli elementi ben noti e condivisi, specifici delle circostanze del caso e non solamente fondato su mere ipotesi di possibilità. Un tipico esempio è rappresentato dalle gravi fratture intra-articolari, comminute, pluriframmentarie del fondo acetabolare, destinate ad andare incontro a spiccate alterazioni artrosiche inficianti la meccanica articolare, oltre a significativi accorciamenti artuali con deviazioni assiali e riverberi negativi sulla statica e sulla dinamica vertebrale. Si ricorda infine che il danno futuro va distinto da quello aleatorio/eventuale5 e da quello potenziale, essendo solo quello futuro oggetto di risarcimento.

Da quanto appena esposto, si comprende come la problematica del danno futuro interessi appieno le patologie dismetriche, anche per quanto attiene le spese mediche future prevedibilmente da sostenere (plantari, rialzi, interventi chirurgici, ecc.). Una questione certamente di rilievo non trascurabile attiene al fatto che spesso ci si chiede se si dovrà procedere ad una stima del danno su base di previsione, o al contrario, rivalutare il paziente a distanza di anni. La risposta non è certamente univoca, dipendendo da plurimi fattori, peraltro estremamente variabili, quali l’età del periziando, il tipo di dismetria ed il momento della valutazione medico-legale. Infatti, trattandosi di una condizione che si concretizza nell’arco di diversi anni, anche qualora la dismetria sia di tipo prevedibile, occorrerà essere particolarmente cauti nella sua valutazione, in quanto si dovrà tenere in considerazione l’ipotesi di un’eventuale correzione chirurgica.

In ogni caso è utile ricordare che, anche qualora si optasse per la prima risoluzione (in ambito di responsabilità civile il più delle volte è impossibile aspettare il raggiungimento del completo sviluppo scheletrico), si dovrà tenere conto di quanto precedentemente

5 Per danno aleatorio si intende quel pregiudizio che può verificarsi senza che sussistano elementi per una fondata previsione in concreto; il danno potenziale è quel pregiudizio che si realizza nell’avvenire solo con il ricorrere di determinate condizioni, quale ad esempio il prevedibile presentarsi di nuovi bisogni.

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27 ricordato. Ovviamente, qualora la dismetria sia di tipo non prevedibile nella sua precisa determinazione, la rivalutazione del paziente a distanza di anni (o perlomeno la sua segnalazione) sarebbe da preferire. Ad ogni modo riteniamo che qualunque sia il tipo di dismetria (prevedibile o non prevedibile) il medico legale (“caricato” di notevole responsabilità) dovrà rifuggire da ogni sorta di “valutazione al buio”, ma dovrà tenere conto delle precedenti considerazioni, in modo da fornire (al Giudice in caso di C.T.U.) tutti gli elementi tecnici per poter raggiungere un’equa valutazione del danno.

Per concludere, dovendo valutare reliquati post-fratturativi in età pediatrica, si richiama particolare prudenza in quei traumatismi del femore o della tibia produttivi di lesioni complesse (pluriframmentarie o comminute, a rima trasversale od obliqua, con spostamento dei monconi) o con interessamento della cartilagine di accrescimento. In questi casi l’esperto dovrà sempre tenere conto di una possibile futura insorgenza di dismetria, per non essere coinvolto in problematiche di responsabilità professionale qualora, a distanza di tempo, si dovesse verificare un deficit di lunghezza dell’arto non considerato.

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28 BIBLIOGRAFIA

1) Donzelli O. Valdiserri L. Sudanese A. Preti P. Metodi di valutazione clinico-radiografica delle dismetrie degli arti inferiori, Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia, suppl. al volume XVI, giugno 1990: 27-42.

2) Shapiro F., JBJS AM, 1982 3) Shapiro F., JBJS AM, 1987

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5) Carlioz H., Filipe G., Inégalités de longueur des membres inférieurs (in Cahiers d’enseignement de la SOFCOT), Expansion Scientifique Française, 1987.

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11) Di Gennaro G.L., Spina M., Lampasi M., Donzelli O., Su di un caso di iperallungamento dell’arto inferiore secondario a frattura diafisaria del femore in età pediatrica trattata con fissatore esterno, G.I.O.T., 2008; 34: 143-149.

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TAGETE 1-2010 Year XVI

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