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Domenico Vasapollo

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Academic year: 2022

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TAGETE 2-2010 Year XVI

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INFERIOR ALVEOLAR NERVE INJURY LESS IN DENTISTRY: CLINICAL ASPECTS AND LEGAL DOCTOR ON LIABILITY PROFESSIONAL AND

ASSESSMENT OF DAMAGE

LE LESIONI DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE

IN ODONTOIATRIA: ASPETTI CLINICI E MEDICO-LEGALI IN TEMA DI RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE E VALUTAZIONE DEL DANNO

Domenico Vasapollo *, Luca Pieraccini *, Stefano Zanotti *, M.T. Salerno **

* Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Medicina legale, Università di Bologna, via Irnerio n. 49, Bologna.

** Odontoiatra.

ABSTRACT

The Authors, in consideration of the frequent compare of neurological injuries after an oral-dental surgical procedure, analyse under the clinical aspect the inferior alveolar nerve's injuries, structure that can be damaged during the maxillo-facial and odonthoiatric practice. In particular they run upon the analysis of the oral-dental surgical levels able to damage the neural structure (anesthetical, third molar surgery, endodontic treatments and dental implants), in consideration of the matter that in maxillo-facial range this represent less frequently dispute's reason. The Authors analyse, then, the main forensic scientists questions about the considerable instance's increase of odonthoiatric's professional responsabilities, by relating suggestions for minimize the dispute, in addition to explain the measures for the damage's evaluation.

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Gli Autori, in considerazione del frequente riscontro di lesioni neurologiche a seguito di trattamento odontostomatologico, analizzano sotto il profilo clinico le lesioni del nervo alveolare inferiore (NAI), struttura che può venire danneggiata sia nella pratica maxillo-facciale che odontoiatrica. In particolare essi di soffermano sull’analisi delle fasi odontostomatologiche in grado di danneggiare la struttura nervosa (anestesiologica, chirurgia degli ottavi, endodonzia e implantologia), in considerazione del fatto che in ambito maxillo-facciale essa rappresenta meno frequentemente motivo di contenzioso. Gli Autori analizzano, quindi, le principali questioni medico legali relative al notevole incremento dei casi di responsabilità professionale dell’odontoiatra, riportando suggerimenti per limitare il contenzioso, oltre a definire i criteri per la valutazione del danno.

Key Words: Lesions of the inferior alveolar nerve – dental professional liability – damage assessment

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281 1. - INTRODUZIONE

In questo ultimo decennio la responsabilità professionale è divenuta sicuramente una tematica tra le più attuali della medicina legale, stante l’aumento esponenziale delle denunce penali e delle richieste di risarcimento del danno. Tra le cause di tale incremento vi è sicuramente il fatto che il paziente, rispetto al passato, è più critico nei confronti dell’operato sanitario in quanto maggiormente consapevole dei propri diritti. È venuta in un certo senso meno quella “fiducia cieca”, quella disponibilità totale del malato nei confronti della categoria medica, tipica del passato, oggi sostituita dall’esigenza di un servizio che si pretende sempre più corrispondente alle aspettative. A questo giudizio critico hanno sicuramente contribuito i report dei mass-media e il maggiore rigore in sede processuale con la sempre più frequente inversione dell’onere della prova.

Da una recente ricerca effettuata presso la Clinica Odontoiatrica di Bologna è emerso che il principale motivo di contenzioso, dopo la riabilitazione protesica (40%), è rappresentato dai disturbi neurosensoriali derivanti dalla lesione del nervo alveolare inferiore (14%); a seguire vi sono i trattamenti ortodontici, gli interventi chirurgici e implantoprotesici, le terapie conservative ed endodontiche con incidenza pari a circa il 10%.

Preme segnalare in premessa come la lesione del nervo alveolare inferiore possa derivare pure da trattamenti solitamente più invasivi (maxillo-facciali), con una incidenza estremamente variabile in letteratura, dallo 0% all’85%. Tale amplissima e significativa variabilità è dovuta principalmente ai criteri di studio, basati esclusivamente su percezioni soggettive e/o questionari, oppure, al contrario, su accertamenti oggettivi. Gli studi più attendibili sono quelli in cui sono stati eseguiti test di sensibilità con specifiche

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282 attrezzature, quali ad esempio i monofilamenti di Von Frey e le sonde termiche opportunamente calibrate, effettuati in ambienti idonei, adeguatamente preparati, con paziente ben rilassato, ad occhi chiusi e pienamente collaborante. Essi riguardano la sensibilità tattile e termica, oltre alla capacità di localizzazione e di discriminazione tra due punti. Inoltre le misurazioni dovrebbero essere ripetute ed eseguite rigorosamente da un unico operatore.

Secondo gli studi di settore le alterazioni oggettivamente dimostrabili arrivano fino al 30-40% in alcuni trattamenti maxillo-facciali, specialmente nei pazienti di età superiore ai 40 anni. Tuttavia viene riportato che in tale ambito solo in pochissimi casi le alterazioni della sensibilità costituiscono un reale disturbo per il paziente, tale da compromettere la qualità di vita, tanto che i pazienti con disturbi soggettivi realmente percepiti come tali, e in parte invalidanti, non supera il 3% (1).

In un’altra recente ricerca condotta nel Dipartimento di Medicina Legale dell’Università la “Sapienza” (2) di Roma, al fine di ottenere in ambito forense una stima precisa della frequenza e della gravità del danno nervoso, stante l’assenza di una standardizzazione e di un metodo di indagine obiettivo, si è provveduto ad analizzare la sensibilità e la specificità del test del riflesso inibitore del massetere (MIR), metodica completamente scevra da interferenze soggettive da parte dei pazienti, per valutarne la sua applicabilità al contenzioso. Nonostante i limiti dello studio (per le eventuali reticenze dei pazienti) è emerso che il MIR si può considerare moderatamente utile in considerazione del numero elevato dei falsi negativi, seppure ne venga riportata l’utilità clinica per la stima dell’entità del danno neurologico. Da tale interessante studio è comunque emerso che l’estrazione dell’VIII molare (44%) rappresenta la principale causa di lesione del nervo alveolare inferiore, seguita dall’implantologia (19%) e dalla chirurgia maxillo-facciale (12%).

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283 Da quanto fin qui riportato si evidenzia una notevole differenza fra la percezione dei disturbi neurosensoriali nei pazienti sottoposti ad importanti trattamenti maxillo- facciali, rispetto a quelli odontoiatrici, dato che in questi ultimi i medesimi disturbi risultano più importanti e tali, comunque, da determinare un reale peggioramento della qualità della vita. Molto probabilmente incide in misura preponderante su tale discrepanza l’entità della patologia iniziale per cui il paziente chirurgico considera

“accettabile” il disturbo, al contrario di quanto avviene in ambito odontoiatrico.

Sulla base di tali premesse si è quindi proceduto alla presente analisi, richiamando l’anatomia della struttura nervosa, gli aspetti prettamente clinici e analizzando le principali fasi della pratica odontoiatrica in grado di determinare la lesione del nervo alveolare inferiore; abbiamo affrontato, da ultimo, le problematiche medico legali, compreso quelle valutative.

2. - ANATOMIA DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE

Prima di entrare nel merito degli aspetti clinici delle lesioni del Nervo Alveolare Inferiore è opportuno richiamarne la sua anatomia. Tale struttura appartiene al Trigemino (V nervo cranico), nervo misto a componente prevalentemente sensitiva. Le radici, sensitiva e motoria, dopo la loro emergenza, giungono all’apice della piramide dell’osso temporale ed entrano nella cavità del Meckel; in tale sede si continuano nel ganglio semilunare di Gasser, dal cui margine anteriore si dipartono le tre branche del nervo trigemino: il nervo oftalmico, il nervo mascellare ed il nervo mandibolare. Mentre

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284 il plesso dentale superiore deriva dalla branca mascellare del trigemino,1 il nervo alveolare inferiore (NAI) rappresenta un ramo collaterale del tronco posteriore della branca mandibolare del V nervo cranico. Il NAI, dopo aver dato origine al nervo milo- joideo destinato ad innervare il muscolo milo-joideo ed il ventre anteriore del muscolo digastrico, entra nel canale della mandibola, ove emette come rami collaterali i nervi dentali infero-posteriori; questi ultimi entrano negli alveoli dentali posteriori dell’emiarcata gengivo-dentale inferiore, innervando sia i denti che le gengive. Il NAI, infine, decorrendo nel canale dentale della mandibola, giunge in corrispondenza del foro dentale, ove dà origine ai suoi due rami terminali, il nervo mentoniero ed il nervo incisivo. Il primo si distribuisce alla cute del mento e del labbro inferiore, mentre il secondo dà origine ai nervi dentali infero-anteriori per i denti anteriori e la corrispondente gengiva dell’emiarcata gengivo-dentale inferiore (3).

3. - LESIONI DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE NELLA PRATICA ODONTOIATRICA

Come segnalato nelle premesse, in odontoiatria un’evenienza piuttosto frequente è rappresentata dalle lesioni iatrogene di una struttura nervosa, le cui conseguenze

1 Il nervo mascellare dà origine, entro la fossa pterigo-mascellare, ai nervi alveolari supero-posteriori, i quali si affondano nei canalicoli ossei scavati nella tuberosità dell’osso mascellare. I nervi alveolari supero-posteriori, nello spessore del processo alveolare dell’osso mascellare e al di sopra delle radici dei denti, si anastomizzano fra di loro e con i nervi alveolari supero-anteriori del nervo infraorbitario (è la diretta prosecuzione del nervo mascellare, di cui rappresenta il ramo terminale), costituendo il plesso dentale superiore.

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285 possono essere transitorie o, nei casi più gravi, permanenti. Classicamente le lesioni di un tronco nervoso vengono suddivise, secondo la classificazione di Seddon (4), in neuroaprassia, assonotmesi e neurotmesi. La neuroaprassia, che in genere si osserva dopo compressioni acute o subacute, rappresenta la lesione anatomica più semplice di un tronco nervoso e si caratterizza per un blocco dell’impulso nervoso senza danneggiamento della fibra, con conseguente perdita della funzione di conduzione nervosa; si tratta di un disturbo temporaneo e la funzione del nervo ritorna alla norma, in genere nell’ordine di tre mesi, che coincide con il tempo necessario per la rigenerazione biologica dei tessuti interessati dalla lesione. L’assonotmesi, indica un’interruzione parziale della fibra nervosa con mantenimento dell’integrità della guaina di Schwann, la quale permette la rigenerazione assonale; pertanto, anche in questi casi, si assisterà, in genere nell’arco di alcuni mesi, ad un recupero parziale o totale della sensibilità e della funzione del nervo. Si parla, infine, di neurotmesi in caso di sezione e resezione completa del nervo, con conseguente perdita totale delle relative funzioni motorie, sensitive e trofiche; è evidente che si tratta della lesione più grave con danni neurologici irreversibili e permanenti (4, 5). Ad ogni modo le lesioni neurologiche derivano, nella maggior parte dei casi, dalla compressione meccanica esercitata sulla struttura nervosa dall’edema e/o dal versamento ematico: in tali fattispecie il danno neurologico è solitamente temporaneo giacché la funzione del nervo viene totalmente ripristinata una volta riassorbiti l’edema e/o il versamento ematico. In altri casi la lesione neurologica può derivare da un’eccessiva trazione cui consegue uno stiramento del nervo2, oppure da una recisione parziale o totale dello stesso; in quest’ultima evenienza,

2 Dalla letteratura di settore la lesione nervosa si riscontra qualora lo stiramento sia maggiore del 6-20%

della lunghezza del nervo (Montagna F., Baldoni M., Piras V., Testo atlante di odontoiatria medico- legale, Masson, 2005).

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286 il danno risulterà permanente, mentre nel caso dello stiramento si potrebbe verificare anche una restituito ad integrum.

La lesione del NAI si manifesta solitamente con la comparsa di disturbi della sensibilità quali ipoestesia-anestesia (solo in una minoranza dei casi iperestesia), parestesie, bruciore, sensazione di “punture”, oltre a dolore che s’irradia all’orecchio e al mento. Talora si possono riscontare reperi omolaterali rispetto la lesione nervosa, rappresentati da cicatrici, esiti di ustioni, morsi indolori, perdita di saliva da un angolo della bocca, quali elementi indiretti della lesione del NAI (6) Le alterazioni della sensibilità interessano l’emilabbro inferiore e/o il mento, mentre a livello intraorale sono coinvolte la superficie vestibolare del processo alveolare e la mucosa del labbro inferiore (7). Spesso vi è un’alterazione anche della sensibilità profonda, per cui il paziente avverte sensazioni abnormi, più o meno intense, non originate da uno specifico stimolo sensitivo (8).

Come già ricordato, dalla letteratura di settore emerge che le lesioni neurologiche a carico del NAI, a seguito di trattamento odontoiatrico, sono tutt’altro che infrequenti, essendo molteplici le procedure cui può far seguito un danno a tale struttura nervosa. In particolare, secondo quanto affermato da Montagna (9), nella casistica medico-legale i danni al nervo alveolare inferiore derivano nella quasi totalità dei casi, dalla chirurgia orale per l’estrazione del terzo molare inferiore e dall’implantologia. Solo in una percentuale minore le lesioni possono conseguire all’anestesia tronculare e al trattamento endodontico. Analizzeremo di seguito le varie procedure in grado di ledere il NAI in modo tale da evidenziarne le criticità ed, eventualmente, le metodiche da mettere in atto per scongiurarne la lesione.

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287 a) Anestesiologia. Particolare attenzione deve essere posta durante l’effettuazione dell’anestesia tronculare3, che rappresenta il primo atto necessario per l’espletamento di tutti i trattamenti implantologici, endodontici e di estrazione degli ottavi inferiori.

L’effettuazione dell’anestesia tronculare, infatti, essendo gravata da rischi correlati sia alla procedura, sia all’anestetico iniettato, rappresenta un momento dotato di “idoneità lesiva” per il danneggiamento delle strutture nervose, specie per il NAI ed il nervo linguale. Le lesioni iatrogene dovute alla sostanza anestetica risultano rare e sono generalmente lievi e temporanee, giacché solitamente i disturbi si risolvono completamente nell’arco di giorni o settimane, al massimo di alcuni mesi. Anche se il meccanismo iatrogeno resta spesso sconosciuto, si ritiene che tali lesioni neurologiche derivino da un’iniezione intraneurale di anestetico e dalla sua successiva azione neurotossica, la quale si esplica con la liberazione di alcoli a seguito dell’idrolisi del gruppo esterico o amidico (9). A volte l’iniezione intraneurale di anestetico può cagionare interruzione di fibre nervose determinando così, successivamente, una fibrosi intraneurale; in tale caso il paziente avverte solitamente una sensazione di “scossa elettrica” nel momento della procedura iniettiva. La lesione neurologica può derivare

3 L’anestesia tronculare viene eseguita secondo la tecnica di Gates, per la quale occorre posizionare il paziente a testa iperestesa e a bocca aperta. Per prima cosa è necessario ricercare la fossetta che si trova medialmente alla regione del trigono retromolare e che corrisponde anatomicamente al lato antero-mediale del collo del condilo. L’approccio classico prevede che l’ago della siringa, diretta parallelamente un centimetro sopra il piano occlusale, vada infisso nella mucosa all’interno del triangolo delimitato lateralmente dal tendine del muscolo temporale, medialmente dal legamento pterigo- mandibolare e alla base dal trigono retromolare. L’ago, raggiunto il contatto osseo, viene appena retratto per evitare di iniettare l’anestetico nel periostio, poi si esegue l’aspirazione ed, infine, l’iniezione del liquido anestetico. La quantità di una tubofiala da 1,8 ml va iniettata rapidamente al fine di consentire ed agevolare la diffusione tissutale ai nervi che s’intende anestetizzare; infatti l’effetto dell’anestesia, effettuata secondo tale tecnica, non interessa solamente il NAI, ma coinvolge più o meno contemporaneamente anche i nervi mentoniero, incisivo, linguale, milo-joideo, auricolotemporale e buccinatorio.

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288 anche dall’utilizzo di un ago piegato o con la punta smussa; per tali ragioni è consigliabile un attento controllo e monitoraggio degli aghi da utilizzare per l’anestesia, evitando di riutilizzare l’ago nello stesso paziente per infiltrazioni successive. Si ricorda, inoltre, che la punta dell’ago può piegarsi anche a seguito di una rilevante pressione esercitata sul piano osseo, con conseguente rischio di lacerazione delle strutture nervose al momento della sua estrazione. Un’ulteriore evenienza correlata all’anestesia tronculare è la comparsa di ematomi, specie nella regione sottolinguale, con possibile danno alle strutture nervose; questa evenienza trova giustificazione nelle strette connessioni anatomiche tra il distretto di inserzione dell’ago, i vasi ed i nervi linguale ed alveolare inferiore.

b) Estrazione degli ottavi inferiori. Come già ricordato, le estrazioni degli ottavi inferiori, insieme all’implantologia, rappresentano la quasi totalità dei casi in cui, a causa della sopravvenuta lesione del NAI, viene avanzata richiesta di risarcimento da parte del paziente. La spiegazione dell’elevata frequenza dei tali lesioni risiede negli stretti rapporti anatomici che intercorrono tra i terzi molari inferiori e il canale mandibolare, il quale non costituisce una valida barriera di protezione per la struttura nervosa. Per tale ragione, nel corso delle manovre di avulsione chirurgica degli ottavi (10, 11), si possono produrre lesioni neurologiche a carico del NAI, i cui meccanismi traumatogenetici più significativi sono rappresentati solitamente da contusioni dirette del nervo, o ancora da sezioni o recisioni prodotte dallo strumentario chirurgico impiegato (leve, frese e cucchiai utilizzati per l’ostectomia e il curettaggio), dalla compressione della struttura nervosa da parte dell’edema e dell’ematoma post-chirurgico e/o della dislocazione di frammenti radicolari e ossei, nonché dall’azione termica per riscaldamento dell’osso secondario all’utilizzo in profondità delle frese. Si aggiunge che, secondo alcuni Autori (12) un accorgimento utile per la protezione del NAI è

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289 rappresentato dall’utilizzo di appositi retrattori o divaricatori, anche se di solito un attento studio preliminare all’intervento ed il rispetto dei protocolli operatori, associati ad una buona manualità ed abilità, possono scongiurare tali esiti dannosi. Infatti, un aspetto assolutamente fondamentale è rappresentato dall’esecuzione, in fase pre- operatoria, di un attento studio dei fattori di rischio. A tale riguardo si ricorda la segnalazione delle linee guida della Società Italiana di Chirurgia Orale (SICO) (13):

“l’ortopantomografia permette anche di valutare il rischio di danno al nervo alveolare inferiore, in caso di estrazione dei terzi molari inferiori; una immagine di deviazione del canale alveolare inferiore, una perdita della lamina dura del canale, una ombreggiatura delle radici e, in misura minore, un restringimento del canale mandibolare sono indicatori significativi di elevate possibilità di causare danno al nervo alveolare inferiore”. Pertanto, appare indispensabile procedere a indagine radiografica (ortopantomografia) al fine di poter valutare i rapporti tra gli apici degli ottavi, che solitamente si presentano irregolari, ed il canale mandibolare. Senza dimenticare che l’ortopantomografia permette di rilevare anche la presenza di eventuali cisti, neoformazioni e alterazioni morfologiche nel paziente da sottoporre a trattamento odontoiatrico (14). Tuttavia, laddove esistano elementi di rischio (particolare attenzione va posta in caso di riscontro degli ottavi inclusi in disto-angolo-versione, dato che essendo prossimi alle strutture nervose, la fase estrattiva è più difficoltosa), è giustificata l’effettuazione di un’indagine di secondo livello (TAC o RNM), la quale fornisce maggiori informazioni pre-operatorie (15).

Per completezza si ricorda che altri fattori di rischio sono rappresentati dall’età del paziente (l’età è correlata alla completa formazione delle radici, ad una riduzione dello spazio parodontale, e ad una maggiore densità e mineralizzazione ossea), dalla presenza di inclusioni ossee totali, orizzontali, mesio-angolari e disto-angolari, nonché

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290 dal riscontro di rapporti di contiguità delle radici con il canale mandibolare, di perdita della lamina dura, sovrapposizione della banda radiotrasparente alle radici, ecc. Tali fattori comportano di solito un aumento della durata dell’intervento, stante la maggiore complessità dello stesso per cui vi è una maggiore probabilità di produzione di lesione iatrogena del NAI.

c) Implantologia. Le richieste di risarcimento per lesioni iatrogene del NAI conseguenti a trattamenti implantologici rappresentano circa 1/3 della casistica medico- legale; i casi descritti in letteratura riguardano fattispecie in cui è carente l’altezza dell’osso (la mancata ricerca della profondità massima da parte dell’implantologo costituisce presupposto per una lesione del NAI nei distretti posteriori della mandibola).

Le modalità di produzione delle lesioni neurologiche sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle sopra ricordate per l’estrazione degli ottavi inferiori: si annoverano sezioni o recisioni cagionate dallo strumentario chirurgico impiegato (ad esempio, per penetrazione delle frese nel canale mandibolare durante la fresatura del sito implantare), compressioni dirette o indirette sul nervo (si pensi ad un impianto penetrato nel canale radicolare o a spicole ossee sospinte sul nervo da un impianto posizionato a ridosso del canale radicolare), nonché stiramenti o trazioni del NAI in caso di ricorso alla tecnica di trasposizione del nervo stesso (9) 4.

Da qui l’importanza di una rigorosa progettazione implantare sulla base delle ortopantomografie eseguite; si segnala, tuttavia, come tali indagini presentino dei limiti stante la mancanza della terza dimensione spaziale e l’ingrandimento dell’immagine

4 La trasposizione del NAI rappresenta una tecnica utile nei casi di atrofia della sella edentula delle regioni posteriori della mandibola con abbassamento della altezza ossea, ma con ampia base ossea.

L’obiettivo di tale tecnica è quello di raggiungere il fascio vascolo-nervoso e inserire gli impianti, previo spostamento “de visu” del nervo, evitando eccessive trazioni sullo stesso.

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291 delle strutture ossee. Pertanto, qualora necessiti una maggiore precisione, appare inevitabile il ricorso ad indagini radiologiche più sofisticate come la TAC o la RMN. Si aggiunge, inoltre, che sono stati messi a punto moderni sistemi implantari dotati di tacche di misurazione della profondità e di stop meccanici apposti sugli strumenti (frese), destinati alla preparazione chirurgica del sito implantare al fine di evitare errori in corso di posizionamento. È, pertanto, buona norma mantenere una distanza non inferiore ad 1-2 mm tra l’apice dell’impianto ed il tetto del canale mandibolare per evitare lesioni dirette da parte degli strumenti. Qualora si verifichi un contatto tra il nervo e l’impianto, occorre rimuovere la fixture al più presto al fine di favorire il potenziale rigenerativo della struttura nervosa (16). Deve essere invece evitata la rimozione dell’impianto dopo l’osteointegrazione, dato che questa non porta ad un recupero funzionale della struttura nervosa, rappresentando solamente un ulteriore insulto ai tessuti perimplantari, oltre che un danno alla funzionalità odontostomatologica.

d) Endodonzia. L’endodonzia moderna, che consente attualmente di conservare elementi dentari che in passato sarebbero stati destinati all’estrazione, si prefigge di risolvere la patologia pulpare infiammatoria o necrotica con guarigione del parodonto profondo e del tessuto osseo periapicale. Per il conseguimento di tale risultato, tuttavia, è necessario eseguire dapprima una perfetta toilette del canale, rimuovendo da esso tutti i residui organici di tessuto pulpare ed eliminando i microrganismi batterici presenti attraverso l’alesaggio e la detersione, e successivamente effettuare un’otturazione ermetica mediante sostanze biocompatibili.

Anche il trattamento endodontico, seppur con una frequenza decisamente inferiore rispetto alla chirurgia degli ottavi e all’implantologia, non è scevro da lesioni iatrogene del NAI, le cui cause sono da ricercarsi in fattori meccanici, chimici e termici.

Tra i primi (fattori meccanici) si annoverano traumi diretti e compressioni. I traumi diretti

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292 sono dovuti all’azione degli strumenti impiegati (reamers, files, gates, ecc.) i quali, una volta introdotti nel canale mandibolare, a causa della peculiare azione tagliente della loro punta metallica, possono determinare una lesione diretta del NAI. Le compressioni, invece, si distinguono a seconda del meccanismo lesivo in dirette ed indirette; le prime sono provocate dai cementi endodontici, i quali, compressi nell’interno del lume canalare, esercitano un effetto compressivo diretto, e talvolta perfino ostruttivo, sul nervo. Quelle indirette, al contrario, si verificano a distanza di tempo per azione di un processo riparativo cicatriziale con retrazione delle strutture perineurali in precedenza interessate da modesti traumi superficiali della struttura nervosa. Si ricorda che le lesioni di natura chimica si realizzano nel momento in cui il nervo viene a contatto con sostanze irritanti e neurotossiche; in questo caso la sintomatologia si manifesta solitamente entro 24-48 ore in quanto è necessario attendere che la sostanza esplichi la sua azione lesiva.

Tra le sostanze chimiche più irritanti e neurotossiche si ricordano la paraformaldeide, l’eugenolo (contiene fenoli) e l’ipoclorito di sodio. In particolare, la paraformaldeide e l’eugenolo sono contenuti in alcuni cementi impiegati per l’otturazione del canale, per cui è possibile che tali prodotti entrino in contatto col nervo o con i suoi tessuti di rivestimento; in tal caso le lesioni provocate dalla paraformaldeide sono irreversibili, per cui è necessaria l’immediata rimozione chirurgica del materiale per limitare il danno locale. Una rimozione chirurgica a distanza di mesi risulta inutile, così come l’estrazione del dente, al fine di ottenere la risoluzione della sintomatologia. Per quanto attiene all’ipoclorito di sodio, si tratta di una sostanza che, in considerazione della sua azione caustica e fortemente antisettica, trova un grande utilizzo in endodonzia per la disinfezione e la detersione dell’endodonto; tuttavia, diviene lesivo nei confronti del nervo alveolare allorquando penetri nel canale mandibolare. Infine, le lesioni da fattori termici (temperatura elevata) si possono verificare durante la chiusura del canale con

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293 guttaperca “a caldo” o termoplastica, che prevede il riscaldamento della fibra vegetale con un forno elettrico a 55°C. Si segnala che l’inserimento della guttaperca nel canale comporta un incremento della temperatura esterna alla radice di circa 7°C, mentre la lesività si ottiene quando la temperatura supera di oltre 10°C quella corporea; pertanto, la lesione si determina quando la guttaperca calda viene immessa oltre l’apice, cioè nel canale, a diretto contatto col NAI, esplicando così direttamente la sua azione lesiva.

Anche nel caso dei trattamenti endodontici è consigliabile l’effettuazione di una radiografia preliminare per valutare la posizione degli apici in rapporto con il canale mandibolare, l’eventuale presenza di apici immaturi o radici riassorbite che possono favorire la fuoriuscita dei materiali, oppure di fratture o aree osteolitiche periapicali che facilitano il danneggiamento nervoso. In casi particolari, come quelli con apice aperto, si dovrebbero privilegiare, per l’otturazione, i cementi biocompatibili non medicati.

Infine, è fondamentale prestare attenzione all’utilizzo di materiali termoplastici, al controllo delle fasi di sagomatura del canale, rispettando l’anatomia radicolare e dell’apice onde evitarne lo sforamento, nonché al controllo dell’ago durante la detersione con ipoclorito, per scongiurare che esso si impegni nel canale radicolare, e alla forza di detersione attuata dallo stantuffo della siringa: potrebbe determinare, infatti, una fuoriuscita oltre l’apice con conseguente lesione del NAI.

4. - TERAPIA E PROGNOSI

Da un punto di vista terapeutico, oltre a quanto riportato dettagliatamente nei precedenti paragrafi, si ricorda che la terapia farmacologica (corticosteroidi, farmaci neurotrofici) e fisica (TENS, Laser) non risultano efficaci nel favorire la rigenerazione del

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294 tessuto nervoso. Risulta invece indicata, in presenza di disestesie, l’assunzione di carbamazepina la quale determina una riduzione della frequenza e dell’intensità degli episodi nevralgici. Qualora persista una grave sintomatologia algica, può trovare indicazione anche la termocoagulazione stereotattica del ganglio di Gasser, l’alcolizzazione del nervo e la neuroexeresi.

Sotto il profilo prognostico, la ripresa funzionale sensitiva e motoria avviene sostanzialmente entro i primi sei mesi, anche se è corretto attendere almeno un anno dall’evento lesivo per ritenere la lesione neurologica stabilizzata e, quindi, permanente.

5. - ASPETTI MEDICO-LEGALI

Come riportato in premessa, la responsabilità professionale è sicuramente divenuta uno dei temi più attuali della medicina legale, stante l’aumento esponenziale dei casi giudiziali. Le stime fornite dal Tribunale per i Diritti del Malato (17) evidenziano che negli anni 2000 e 2001, rispetto al 1999, si è registrato per l’odontoiatria quasi un raddoppiamento dei casi di responsabilità professionale, passando da un 3,5% nel cumulativo di tutte le specialità mediche al 6,5%, anche se, rispetto a tale frequenza, si è registrata una lieve deflessione nel 2002 (5,4%) e 2003 (5,2%) 5; l’odontoiatria si colloca al quinto posto tra le categorie maggiormente soggette a contenzioso. Secondo

5 Riteniamo che tale decremento, dell’ordine di oltre un punto percentuale, sia dovuto alle modifiche giurisprudenziali in caso di colpa omissiva.

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295 le stime fornite dall’A.N.D.I. (18) l’entità del contenzioso medico-legale odontoiatrico risulterebbe dell’ordine del 2,5-3%, riguardando per la maggior parte la responsabilità civile, anche se si sarebbe registrato di recente una tendenza all’aumento dei procedimenti penali. Già da queste brevi note epidemiologiche emerge la rilevanza e consistenza dell’assai complesso fenomeno della malpractice, nella cui genesi ed andamento intervengono molteplici fattori:

1- la differente coscienza del cittadino che rivendica sempre maggiormente i propri diritti tra cui quello alla salute;

2- il fattore mediatico (19), con diffusione di dati spesso allarmistici e/o di notizie che generano nel cittadino eccessive aspettative o speranze rispetto a quelle che sono le reali potenzialità della medicina; ciò non senza il concorso della stessa classe medica;

3- l’interpretazione giurisprudenziale sempre più orientata a favore del paziente,

“soggetto più debole”6.

Si tratta, pertanto, di una importante problematica con notevoli ripercussioni da un punto di vista sociale ed economico; a tale riguardo si ricorda che secondo molti Autori, per cercare di arginare tale fenomeno, sarebbe utile indirizzare il cittadino verso un “confronto” con il sanitario per cercare di pervenire ad un’auspicata risoluzione extragiudiziale del caso in questione. E non per caso con la legge 80/2005 è stato

6 Analizzando l’iter di questi ultimi anni, in ambito civilistico, si è assistito all’affermarsi di una visione giurisprudenziale sempre più orientata dal lato del paziente e, come tale, “contra medicum”; a tale riguardo si pensi alla presunzione della colpa medica con l’inversione dell’onere della prova e, in caso di omissione, l’ammissione del nesso causale secondo la regola del “più probabile che non” e non

dell’oltre ogni ragionevole dubbio” (quest’ultimo tipico del settore penalistico), costante indebolimento della distinzione tra obbligo di mezzi e di risultato a favore di quest’ultimo con una responsabilità medica sempre più “oggettiva”, nonché il riconoscimento di “nuove” forme di danno come quello da perdita di chances.

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296 introdotto nel codice di procedura civile l’art. 696-bis, che si riferisce ad un nuovo Istituto, la Consulenza Tecnica Preventiva7 ai fini della composizione della lite, la cui funzione è appunto quella di giungere ad una conciliazione tra le parti, per evitare il giudizio di merito. Si segnala anche, a questo proposito, il nuovo istituto della mediazione civile e commerciale, approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 28 ottobre 2009 con un decreto legislativo attuativo della riforma del processo civile (Legge 69/2009). Si tratta di una novità che, a regime, è destinata a modificare la mappatura del processo civile. E’ definita mediazione l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti. sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (c.d.

mediazione compositiva), sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della controversia (c.d. mediazione propositiva).

Fatta questa doverosa premessa di carattere generale, entrando nello specifico ambito odontoiatrico, si ribadisce che anche il dentista non è esente da questo fenomeno giudiziario, che coinvolge tutte le classi mediche. Vale la pena di puntualizzare che, da un punto di vista prettamente assicurativo-economico, per le lesioni dentali sono previsti valori percentuali di danno biologico molto bassi rispetto alle minorazioni che si possono produrre in altre discipline; tuttavia il risarcimento diviene elevato quando è necessario valutare il danno emergente il quale deve tenere in debita considerazione anche le spese future per i rinnovi protesici di cui necessiterà il paziente per il resto della sua vita. Ad ogni modo ciò che desta maggiore preoccupazione è la

7 La Consulenza Tecnica Preventiva rappresenta un nuovo Istituto che, a giudicare dalle prime stime, si sta pian piano affermando. Si tratta, inoltre, di un Istituto che aumenta notevolmente i compiti e le responsabilità del medico-legale, il quale, comunque nel pieno rispetto del rigore metodologico tecnico, deve tentare di giungere alla conciliazione delle parti, dapprima quella prettamente medico legale e, in seguito, anche quella “legale”.

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297 frequenza dei casi, la quale risulta in netto aumento negli ultimi tempi, rendendo la questione tutt’altro che irrilevante.

Da questo punto di vista le lesioni iatrogene del NAI rappresentano un esempio emblematico in quanto, potendosi verificare a seguito di molteplici trattamenti odontoiatrici, con plurimi e differenti meccanismi lesivi ed a causa di fattori di diversa natura (meccanica, chimica, fisica, termica, ecc.), le stesse risultano assai frequenti divenendo così motivo di richiesta di risarcimento del danno. A tale riguardo non ci si deve dimenticare dell’orientamento giurisprudenziale che, oltre alla presunzione della colpa con l’inversione dell’onere della prova, previsti in ambito civilistico per tutte le categorie mediche, fa gravare sull’operato dell’odontoiatra un’obbligazione non solo di mezzi ma anche di risultato, considerando, peraltro, le varie prestazioni (anestesia, endodonzia, implantologia e chirurgia degli ottavi) di routine e, dunque, di facile esecuzione. Sarà infatti compito del medico dimostrare eventualmente, grazie ad esempio alle puntuali segnalazioni in cartella clinica di tutte le risultanze, comprese quelle strumentali, la presenza di difficoltà tecniche imprevedibili tali da giustificare la comparsa di eventi avversi non imputabili pertanto ad errori. In assenza di tali elementi

“giustificativi” non si potranno considerare questi trattamenti gravati da speciale difficoltà e complessità con la conseguenza che, decadendo la possibilità di applicare l’art. 2236 c.c., l’odontoiatra non potrà usufruire della “tutela” giuridica in esso prevista.

A questo punto, con riferimento ai trattamenti odontoiatrici analizzati e potenzialmente lesivi del NAI, è possibile affermare che profili di responsabilità professionale possono emergere in fase pre-, intra- e post-operatoria. Con riferimento alla prima s’impone principalmente l’acquisizione di un valido consenso informato ed un attento studio del paziente al fine di verificare l’eventuale presenza di fattori di rischio, oltre ovviamente all’indicazione del trattamento per quel tipo di patologia. Relativamente

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298 al consenso informato, si ricorda che esso rappresenta l’atto che rende lecito un qualsiasi trattamento sanitario e, pertanto, anche quello odontoiatrico. Esso trova il suo fondamento nel combinato disposto degli articoli 13 e 32 della Costituzione: il primo afferma l’inviolabilità della libertà personale, mentre il secondo sancisce la tutela della salute come diritto fondamentale del cittadino e come interesse della collettività, stabilendo, al 2° comma, indirettamente, che i trattamenti sanitari sono volontari. Si aggiunge che il titolare del consenso è solo ed esclusivamente il paziente8 e che, per risultare valido, esso deve essere innanzitutto “informato”, oltre che libero, personale, attuale, specifico ed esplicito. Pertanto, il consenso dovrà essere espresso in forma libera solamente dopo un’adeguata informazione che, ovviamente, va fornita adattando il linguaggio al livello culturale dell’assistito. Da ultimo, si ricorda che l’informazione, dovendo risultare il più possibile completa ed esauriente, deve riguardare tutte le fasi del trattamento e le alternative terapeutiche: stato di salute del paziente, possibilità terapeutiche indicandone i vantaggi, gli svantaggi e i costi, descrizione dei rischi oggettivi, tecnici e prevedibili di ogni trattamento con le possibili complicanze generiche e specifiche, dati inerenti all’efficacia e agli esiti sfavorevoli del trattamento espressi in termini percentuali, oltre alla descrizione della struttura sanitaria in merito alle apparecchiature in dotazione e alle attrezzature disponibili.

Relativamente allo studio dello stato anteriore, la cui finalità è quella di individuare l’eventuale presenza di fattori di rischio, si ricorda che le linee guida della SICO (Società Italiana di Chirurgia Orale) prevedono l’effettuazione, in sede pre-

8 In caso di minori, sebbene sarebbe doveroso un’attenta analisi in considerazione della tipologia del trattamento, dell’età dello stesso, nonché sulla sua eventuale emancipazione, tematiche che ci porterebbero lontano dalla questione proposta e per la quale si rinvia alla letteratura di settore (tra cui Puccini C., Istituzioni di Medicina Legale, Casa Editrice Ambrosiana, Milano 2003), preme comunque ricordare che solitamente è importante che l’informazione venga data sia al paziente che ai genitori.

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299 operatoria, di una ortopantomografia, indagine che consente una valutazione dei rapporti tra gli apici degli ottavi e il canale mandibolare, oltre al rilevamento di eventuali cisti, tumori od alterazioni morfologiche. Anche se le linee guida non fanno esplicito riferimento ad altri accertamenti radiologici, riteniamo ampiamente giustificato, per non dire doveroso, un approfondimento diagnostico (TAC o RMN) qualora vi siano fattori di rischio che impongano uno studio maggiormente accurato dello stato anteriore del paziente; infatti, in caso di mancato approfondimento diagnostico, qualora si verificasse una lesione del NAI, la condotta dell’odontoiatra potrebbe essere considerata non adeguata e pertanto censurabile per omesso approfondimento diagnostico.

A tale riguardo è utile ricordare che le linee guida, secondo le definizioni di Barni (20) e Fiori (21), sono raccomandazioni di comportamento che suggeriscono le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche, ben differenziandosi dai protocolli che, al contrario, sono degli schemi di comportamento diagnostico-terapeutico predefiniti e “rigidi” che, stante l’impossibilità di deroga se non nel caso di pericolo, delimitano la potestà operativa del sanitario.

Questa sintetica definizione consente comunque di comprendere il significato puramente informativo delle linee guida, il cui utilizzo non deve risultare né impositivo, né vincolante per il medico o per l’odontoiatra, contrariamente a quanto avviene per i protocolli; pertanto, in ogni singolo caso occorrerà valutare attentamente i requisiti delle linee guida, tra cui la validità, l’applicabilità, la forza delle raccomandazioni contenute, l’aggiornamento, ecc.

Queste considerazioni si applicano anche nell’implantologia, ove riveste un’importanza assolutamente fondamentale la rigorosa progettazione implantare sulla base delle indagini radiologiche eseguite. Nell’ambito dell’endodonzia lo studio dello stato anteriore assume notevole rilevanza, in quanto le sue risultanze potrebbero

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300 indirizzare il dentista verso la scelta di un determinato materiale di otturazione piuttosto che un altro.

Relativamente all’indicazione al trattamento è possibile affermare che l’odontoiatra dovrà valutare per ogni singolo caso il trattamento odontostomatologico più opportuno, tenendo conto delle conoscenze e delle evidenze previste in letteratura, del rapporto rischio/beneficio e, da ultimo, delle direttive enunciate dalle linee guida.

I profili di responsabilità professionale della fase operatoria derivano sostanzialmente da errori durante l’esecuzione dell’anestesia e/o dell’intervento; è già stato ampiamente sottolineato nel precedente capitolo che tra i possibili meccanismi di produzione delle lesioni iatrogene del NAI si annoverano i traumi diretti per l’azione degli strumenti impiegati (leve, frese e cucchiai, reamers, files, gates, ecc). In tali fattispecie le lesioni alle strutture nervose potrebbero essere ascritte ad un utilizzo imprudente e/o imperito da parte dell’operatore.

Infine, nella fase post-operatoria lo specialista deve garantire al paziente la migliore assistenza sanitaria e farmacologica, al fine di ottenere nel più breve tempo possibile il recupero delle sue condizioni di salute. Il dentista dovrà porre particolare attenzione all’insorgenza di complicanze, oltre ad intervenire senza ritardo qualora il NAI venga danneggiato da sostanze chimiche contenute nei cementi di otturazione, provvedendo all’immediata rimozione chirurgica del materiale endodontico impiegato.

Da ultimo, una precisazione è quella relativa alla distinzione tra complicanza ed errore di cui, in parte, si è accennato anche in precedenza. La complicanza può essere definita come quell’evento prevedibile (cioè conosciuto e previsto in letteratura), ma non prevenibile; in tali casi spetterà all’odontoiatra, in virtù dell’inversione dell’onere della prova, dimostrare che la sua condotta è stata diligente e conforme alla lege artis e che l’evento avverso si è verificato per cause a lui non imputabili, escludendosi così la

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301 responsabilità dell’operatore. A tale scopo un ruolo fondamentale è rivestito dalla cartella clinica, definibile come quell’atto pubblico a fede privilegiata cui riportare i dati anamnestici ed obiettivi riguardanti ogni singolo paziente, la registrazione del decorso clinico, i risultati delle analisi strumentali e di laboratorio, la natura e la modalità delle terapie effettuate con particolare riguardo agli atti chirurgici e, infine, la diagnosi della malattia (20). Si vuole pertanto ribadire l’importanza e la necessità di una compilazione estremamente accurata e chiara della cartella clinica, giacché in caso di contenzioso medico-legale tale documento acquista un valore probatorio davvero notevole, rappresentando l’attestazione cronologica dei dati relativi al paziente, dell’iter clinico e delle prestazioni effettuate sull’assistito. Ne deriva che ogni omissione acquisterà un preciso significato durante la fase di ricostruzione degli eventi, potendo tra l’altro costituire un elemento su cui fondare il giudizio di conformità della condotta medica secondo quanto previsto dalla lege artis. Ad ogni modo preme segnalare che l’analisi di qualsiasi caso di responsabilità professionale deve necessariamente fondarsi su un rigorosissimo criterio di valutazione ex ante, calandosi cioè totalmente nei panni dei sanitari che ebbero in cura il paziente, senza farsi condizionare dalla consapevolezza di quanto poi è accaduto. Solo in questo modo, cioè verificando fino in fondo quali elementi avevano a disposizione i sanitari quando stabilirono le procedure da fare, si può capire se azioni commesse od omesse siano il frutto di una violazione dei doveri di perizia, prudenza e diligenza.

Resta, infine, da affrontare l’aspetto della valutazione del danno biologico permanente, la cui stima deve essere effettuata non prima di un anno dall’evento lesivo, in quanto è comunemente accettato che tale arco di tempo sia necessario per poter ritenere esaurite le possibilità di miglioramento per la rigenerazione del nervo e per considerare, quindi, il quadro clinico stabilizzato. È a questo punto doveroso ricordare

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302 che, in caso di lesioni del NAI, la sintomatologia lamentata dal paziente in sede di visita peritale è generalmente rappresentata da parestesie, formicolii, senso di gonfiore, difficoltà alla masticazione e morsicature al labbro e alla guancia (6). Dovendo, comunque, il medico legale accertare ed oggettivare la lesione del NAI, diviene fondamentale, in sede di visita peritale, condurre un’attenta anamnesi, eseguire un rigoroso esame obiettivo, esaminare la documentazione radiologica ed eventualmente richiedere accertamenti strumentali (22). Si precisa che l’esame obiettivo implica dapprima un’attenta ispezione, al fine di individuare l’eventuale presenza di perdita di saliva da un angolo della bocca, oltre a cicatrici, esiti di morsi al labbro o alla lingua, e successivamente una valutazione sia della funzione motoria sia di quella sensitiva.

Relativamente alla funzione motoria occorrerà valutare l’apertura-chiusura della bocca, la motilità della mandibola e la capacità di mordere e di sovrapporre le arcate dentarie.

Per la valutazione della funzione sensitiva, è possibile affermare che, oltre alle prove di reazione ai diversi stimoli (dolore, caldo e freddo), si dispone anche di test clinici che, seppur gravati da una certa soggettività, possono obiettivare eventuali disturbi della sensibilità, giacché consentono di ottenere una “mappatura” della zona interessata (test termici, two point discrimination, pin prick sensation). Si precisa, inoltre, che il disturbo della sensibilità andrebbe anche dettagliatamente descritto in merito all’entità, alla durata, al tipo (anestesia, ipo/iperestesia, disestesia, dolore da neuropatia) ed alla sua topografia. Tra le risultanze strumentali, si ricordano le indagini radiografiche, l’elettromiografia, l’elettroneurografia e lo studio dei potenziali evocati (23). A tale riguardo, è doveroso ricordare, in accordo con quanto segnalato da Maiorana et Al.

(24), che esistono esami strumentali in grado di oggettivare le lesioni del NAI e, dunque, molto utili in ambito medico-legale.

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303 TAC

E’ indicata per identificare il sito di lesione del NAI e per individuare eventuali neuromi che si manifestano sotto forma di un ampliamento localizzato del canale mandibolare delimitato da un orletto periferico di addensamento osseo.

RMN E’ indicata per lo studio delle lesioni del nervo linguale in fase di programmazione degli interventi chirurgici riparativi.

Termografia Elettronica

Scanner a raggi infrarossi collegato al computer che visualizza aree di alterazione vasomotoria secondaria a neuropatia del NAI. In presenza di lesione si registra una riduzione dell’emissione di calore (oltre 0,25°C) sotto forma di un’area fredda sul lato colpito. E’ dirimente solo nei casi di lesione completa del nervo.

Blink Reflex Consiste nella comparsa del riflesso di ammiccamento bilaterale (contrazione dei muscoli orbicolari dell’occhio) che può essere evocato dalla stimolazione elettrica unilaterale di una branca del trigemino.

MIR

Riflesso Inibitore Masseterino, detto anche periodo silente cutaneo o riflesso di soppressione esterocettivo. Esame elettromiografico in grado di oggettivare lesioni neurologiche basandosi sul riflesso di soppressione esterocettivo: è un riflesso polisinaptico per cui, la stimolazione della cute periorale, polpa dentale, mucosa linguale, gengivale, buccale e della lingua, provoca un’interruzione dell’attività volontaria dei muscoli masticatori.

Potenziali Evocati

Elettroencefalogramma in grado di determinare in modo qualitativo e quantitativo il tipo di lesione. Dopo stimolazione periferica di un tronco nervoso si dovrebbero rilevare variazioni elettrostatiche indotte dai neuroni della corteccia cerebrale sensoriale a livello del cuoio capelluto.

Comunque, la comparsa del potenziale evocato non è sempre ben distinguibile dal ritmo di base dell’onda elettrica cerebrale.

Tabella n. 1

[la tabella è tratta da Maiorana C., Grossi G.B., Borgonovo A.E., Scarpelli M., (24)]

Da quanto appena esposto, emerge chiaramente che l’oggettivazione può risultare sostanzialmente facile qualora si rilevi clinicamente perdita di saliva da un angolo della bocca, cicatrici, esiti di morsi alle labbra o alla lingua, oppure qualora si riscontri radiograficamente la presenza dell’apice di un impianto all’interno del canale mandibolare che lascia ipotizzare, con elevata probabilità, l’interessamento del NAI.

(25)

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304 Tuttavia, in assenza di tali elementi l’oggettivazione risulta certamente più complessa ed ardua, per cui occorrerà avvalersi dei test e degli accertamenti strumentali richiamati.

Ad ogni modo sotto il profilo strettamente valutativo è il caso di ricordare la carenza tabellare, giacché nei comuni barèmes di riferimento non è prevista alcuna voce specifica per le lesioni del NAI.

Bargagna e Coll. (25) riportano esclusivamente valutazioni riguardanti il nervo trigemino:

 “Nevralgia del Trigemino 10-30%”;

 “Deficit masticatori 4-6%”;

 “Deficit sensitivi 5-8%” (a seconda dell’estensione del territorio interessato e del grado di compromissione della sensibilità).

La Tabella I.N.A.I.L. di cui al Decreto Ministeriale del 12 luglio 2000

 “Nevralgia del Trigemino, a seconda della frequenza delle crisi 10-20%”;

 “Deficit masticatorio da lesione del trigemino fino a 5%”;

 “Deficit sensitivo da lesione del trigemino fino a 5%”;

In ambito di R.C.A., (tabelle di cui al Decreto 3.7.2003 e 26.5.2004) non è prevista alcuna indicazione relativa alle lesioni del NAI e del trigemino, essendo presente solo una voce riferita alla “paralisi periferica totale monolaterale del nervo facciale, comprensiva del danno estetico”, cui viene attribuito una percentuale di danno biologico permanente pari al 20%.

Nella pubblicazione specialistica di settore, gli Autori [Montagna F., Baldoni M., Piras V.

(26)] riportano la seguente tabella.

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305

Lesione DBP Considerazioni

Deficit sensitivo del NAI e nervo mentoniero Deficit sensitivo del nervo linguale

Deficit masticatorio e disartria

1-5%

1-3%

≤ 5%

In relazione al territorio interessato e al grado di compromissione

Nevralgia da deafferentazione del NAI e del nervo mentoniero

Nevralgia del trigemino o causalgia

6-10%

10-30%

In relazione alla gravità della disestesia e al territorio interessato.

La valutazione deve considerare l’efficacia del trattamento medico o chirurgico nell’evitare o diradare le crisi.

Tabella del testo atlante di odontoiatria medico legale, Masson 2005.

Ronchi E., Mastroroberto L., Genovese U. (27), propongono le seguenti valutazioni:

 “Anestesia completa delle tre branche del nervo trigemino con anche crisi nevralgiche (a seconda della risposta al trattamento) 10-15% (D.B.) 10- 15% (ANIA) 13-20% (INAIL)”

 “Anestesia di una branca del nervo trigemino 5% (D.B.) 5% (ANIA) 7%

(INAIL)”.

A nostro avviso, a seconda dell’entità della sintomatologia residuata e delle risultanze cliniche e strumentali, è possibile riconoscere alle minorazioni conseguenti alle

“Lesioni del Nervo Alveolare Inferiore”, un tasso di danno biologico permanente, fino al 6%. La valutazione del danno biologico va effettuata ad esito stabilizzato, una volta che sono esaurite le possibilità di miglioramento per la rigenerazione del nervo. E’

comunemente accettato che una stabilizzazione del quadro sindromico avvenga non prima di un anno dall’evento lesivo.

Un’ultima annotazione riguarda il danno biologico temporaneo, la cui stima non risulta certamente agevole e in merito al quale alcuni di noi si erano già espressi,

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306 riportando talune incerte interpretazioni (28). A tale riguardo si segnala comunque che, a giudicare dalla specifica letteratura medico-legale di settore (29, 30, 31), non si è giunti ad un orientamento univoco. Ad avviso di chi scrive, stante la necessità di trattamenti riabilitativi o di cure odontoiatriche l’incapacità temporanea andrebbe valutata come minimo al 15%, mentre il periodo immediatamente successivo all’evento lesivo, almeno al 30%.

(28)

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307 BIBLIOGRAFIA

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