5 Preparazione input e predisposizione interfacce software per elaborazione dati
5.1 Base di dati emissioni inquinanti
Il modello CAMx supporta due tipi d’emissioni inquinanti:
Puntuali (Elevated Point Source) : rappresentano le emissioni provenienti dai camini dei maggiori stabilimenti industriali, e quindi localizzabili con precisione. Oltre alla posizione e ai flussi di massa dei vari inquinanti, sono richiesti i parametri geometrici e fluidodinamici dei camini, come altezza, diametro, temperatura e portata dei fumi.
Areali o Diffuse (Gridded Emissions) : rappresentano le emissioni riferite ad una certa area e non limitate ad un solo punto. Viene richiesto il campo bidimensionale dei flussi di massa degli inquinanti per ogni cella superficiale.
Per reperire le informazioni richieste è necessario disporre di un inventario delle emissioni piuttosto dettagliato. Come già discusso nel capitolo precedente, in questo studio è stato utilizzato l’ Inventario Regionale delle Sorgenti Emissive (IRSE), messo parzialmente a disposizione dalla Regione Toscana per quanto riguarda le sorgenti puntuali nell’anno 2000.
L’inventario è stato analizzato in dettaglio e con l’ausilio del software Access ricostruito in un database (fig.5.1), dal quale sono state ricavate le informazioni di partenza per la preparazione dell’input file emissivo.
L’IRSE contiene vari tipi d’informazione relativi alle grandi industrie (sorgenti puntuali), a strade, porti e aeroporti (sorgenti lineari) e alle sorgenti diffuse, per gli anni 1995 e 2000. Nel presente lavoro si farà riferimento ai dati riportati per l’anno 2000.
Ogni stabilimento (205 totali) è suddiviso in unità, alle quali è associata un’attività produttiva; alle unità (411 in totale) sono riferiti i camini, per i quali sono specificati:
− Altezza e Diametro
− Temperatura e Portata dei fumi
− Concentrazione Inquinanti nei fumi
Mentre per i primi due campi le informazioni sono numerose, così non è per le concentrazioni, che risultano molto lacunose se confrontate con il numero totale dei camini censiti (1582). Oltre a fornire le informazioni appena dette, l’IRSE riporta anche le emissioni annuali delle unità degli stabilimenti per vari inquinanti. Le specie dichiarate sono 92, ma l’abbondanza è solo apparente. Infatti la disponibilità riguarda al massimo 58 specie, per la maggior parte delle quali i dati sono irrisori, coinvolgendo pochissimi stabilimenti.
Molto più abbondanti sono i dati relativi ai cinque maggiori inquinanti:
NO
xSO
xPM
10COV CO
ai metalli pesanti:
As Cd Cr Cu Hg Mn Ni Pb Se Sn Zn e ai gas serra:
CO
2CH
4N
2O
Sono presenti anche varie sostanze organiche (benzene e formaldeide le più frequenti, più molte altre poco rilevanti), mentre di altre categorie, come i CFC, gli IPA e gli acidi inorganici sono disponibili praticamente solo i nomi.
Vista la scarsa disponibilità dei dati sulle concentrazioni nei fumi, per la caratterizzazione delle emissioni puntuali è necessario combinare i dati relativi ai camini con quelli dei livelli d’emissione delle singole unità, in cui sono suddivisi gli stabilimenti.
Per ogni unità sono fornite le seguenti informazioni:
A. Attività produttiva
B. Emissioni annuali di vari inquinanti C. Camini appartenenti
Per ogni camino vengono specificati:
a) Diametro e Altezza b) Temperatura e Portata
L’IRSE mette inoltre a disposizione i periodi lavorativi mensili, settimanali e orari relativi alle varie attività; sistemando queste informazioni in un altro database integrativo (fig.5.2) è possibile ricavare dei coefficienti moltiplicativi che consentono il passaggio da emissioni annuali ad emissioni orarie, a seconda del periodo d’interesse (disaggregazione temporale):
Stabilimento Unità Attività Mese Giorno della Settimana Ora
ora giorno mese
anno
ora
Emis f f f
Emis = ⋅ ⋅ ⋅
Una volta che si dispone delle emissioni orarie di ogni unità, si può distribuire questi valori tra i camini appartenenti alle unità. In mancanza di ulteriori informazioni, ho deciso di seguire il criterio secondo cui a portate maggiori corrispondono emissioni maggiori. Per questo si è calcolata la portata totale di ogni unità ed assegnato ai camini una quota di emissione proporzionale alla frazione volumetrica delle loro singole portate.
Alla fine si ottiene una base di dati relativa a:
o 1214 camini per 284 unità di 179 stabilimenti
E’ opportuno notare che sono stati necessari degli aggiustamenti e delle omissioni per ottenere questo risultato:
− non tutti i camini sono stati utilizzati perché di alcuni non sono riportati i parametri, mentre altri ne presentano di assurdi (temperature o velocità di uscita dei fumi elevatissime); di altri ancora non è specificata l’unità di appartenenza, e quindi non è possibile l’associazione delle emissioni, che viene fatta tra i camini noti;
− a molte unità non risultano associati camini; si tratta per la maggior parte di stabilimenti conciari che presentano solo due unità, una per la lavorazione pelli e cuoio, l’altra per la produzione di energia elettrica per il consumo interno (caldaie industriali). In questi casi è lecito supporre che le emissioni delle due unità confluiscano agli stessi camini; per questo le singole emissioni sono state sommate;
− in pochissimi casi unità diverse utilizzano sicuramente gli stessi camini, per cui è senza dubbio lecita l’operazione di cui al punto precedente;
− per alcuni stabilimenti, pur riportandone le emissioni annuali, non è specificato alcun camino. Tali impianti sono perciò esclusi dalla simulazione;
− di molte unità si conoscono i camini ma non si dispone delle emissioni.
Le emissioni puntuali così ottenute riguardano essenzialmente i cinque principali inquinanti fin qui trattati; escludendo i metalli pesanti, delle altre specie resta ben poco: tranne il benzene e la formaldeide, che compaiono abbastanza frequentemente, gli altri composti appaiono saltuariamente per pochissimi stabilimenti e con emissioni spesso molto basse.
Accontentandosi di quello che si ha a disposizione, il problema maggiore che ora s’incontra è
quello della speciazione (splitting), ossia risolvere le emissioni globali di VOC e PM
10in
quelle dei loro singoli costituenti.
fig.5.1: organizzazione del database IRSE per le sorgenti puntuali, integrato con le tabelle per la “speciazione” delle emissioni
fig.5.2: database per la “disaggregazione” temporale delle emissioni, per mese, giorno e ora
5.1.1 Speciazione delle emissioni
Disaggregare le emissioni totali di polveri e composti organici volatili senza un’analisi sperimentale è chiaramente impossibile, come proibitivo è pensare di poter determinare la composizione dettagliata di ogni sorgente inquinante. L’unica azione possibile è stimare grossolanamente la composizione di un’emissione in funzione dell’attività che la produce.
Ogni inventario delle emissioni raggruppa le sorgenti in categorie disposte su più livelli gerarchici, dai macrosettori più generali fino alle singole attività specifiche. Sebbene ogni attività, per quanto dello stesso tipo di altre, sia necessariamente diversa (per sostanze usate, tecnologie differenti, eccetera), è conveniente assegnare ad ognuna una composizione “tipo”
basata su analisi statistiche. Gli errori che si commettono possono essere molto grandi, ma in compenso si ha a disposizione un metodo semplice per affrontare un problema altrimenti irrisolvibile.
Il metodo che ho adottato fa riferimento all’EPA (Environmental Protection Agency) ed è stato preso dal sito web dell’EMCH (Emissions Modeling ClearingHouse). Si basa sulla classificazione americana delle sorgenti emissive AP42, da cui deriva il sistema SCC (Source Classification Code): le sorgenti emissive sono suddivise in puntuali, areali, lineari stradali, lineari non stradali e biogeniche. Quelle puntuali sono sistemate in una gerarchia di quattro livelli. Quello più generale è suddiviso in cinque macrosettori:
1) Caldaie a Combustione Esterna 2) Motori a Combustione Interna 3) Processi Industriali
4) Evaporazione di Petrolio e Solventi 5) Smaltimento Rifiuti
Le suddivisioni proseguono per altri tre livelli, comprendenti rispettivamente 60, 617 e 5223 voci, fino ad arrivare ad una descrizione dettagliata dell’attività svolta. Ad ogni attività è associato un codice; specificando tale numero e l’inquinante da disaggregare (VOC e PM
2.5, ma in teoria anche NO
x, SO
xe PM
10) s’ottiene un determinato profilo di speciazione, caratteristico per le emissioni di quell’attività.
Le specie in cui vengono suddivise le emissioni aggregate sono quelle del meccanismo ridotto CB4 (tab.5.1-2); in questo modo i dati che si ottengono possono essere utilizzati dal modello CAMx, dopo gli opportuni adeguamenti formali. Le specie fittizie sono:
Per i Composti Organici Volatili:
Specie Descrizione
ALD2 Acetaldeide and higher aldehydes
ETH Ethene
FORM Formaldehyde ISOP Isoprene
OLE Olefinic carbon bond (C=C) PAR Paraffin carbon bond (C-C) OLE2 Monoterpenes
TOL Toluene
XYL NR Xylene
Non Reactive carbon
Tab.5.1: specie gassose del CB IV considerate nel sistema SCC
Per il Particolato:
Specie Descrizione
PEC Primary elemental carbon POA Primary organic aerosol PNO3 Primary nitrate aerosol PSO4 Primary sulfate aerosol FPRM Fine mode PM (PM-2.5)
CPRM Coarse mode PM (PM-10 minus PM-2.5) Tab.5.2: specie aerosol del CB IV considerate nel sistema SCC
Il meccanismo comprende naturalmente anche altre specie, come terpeni, metanolo, ammonio eccetera, come riportato nel capitolo 3, ma queste sono le principali direttamente emesse (primarie).
Per disaggregare un’emissione globale i passaggi sono dunque i seguenti:
1. Assegnare alla sorgente un SCC dipendente dall’attività svolta 2. Specificare l’inquinante da caratterizzare “speciare”
3. Ricavare il profilo di speciazione, da cui gli split factor
Gli split factor sono dei coefficienti moltiplicativi, uno per ogni sottospecie, da applicare all’emissione totale per ottenere quelle disaggregate. Nel caso del particolato, rappresentano la frazione massiva; per i voc, quella molare. In questo modo si ottengono i dati così come richiesti da CAMx.
Inoltre per i voc è necessaria un’ulteriore operazione: prima di utilizzare i moltiplicatori si deve ricavare un fattore di conversione (maggiore o uguale a uno) associato all’ SCC, tramite il quale viene effettuato il passaggio da VOC a TOG (Total Organic Gas), ossia i composti organici volatili con l’aggiunta di metano e etano. Gli split factor sono infatti valutati rispetto ai gas organici totali.
Raccolto il materiale disponibile dal sito web sopra menzionato è stato organizzato un ulteriore database (fig.5.3), che è stato integrato con quello dell’IRSE per ottenere la speciazione delle unità che emettono VOC e PM
10. L’integrazione presenta però diversi problemi:
− Assegnazione dell’ SCC: spesso delle attività svolte dagli stabilimenti si hanno informazioni generiche, mentre nella tabella SCC la descrizione è molto precisa; in rari casi l’attività svolta è assente nella classificazione;
− Inquinanti speciati: in teoria questo metodo disaggrega anche le emissioni di NO
xe SO
x, ma in realtà i dati disponibili consentono solo la speciazione dei VOC e del particolato, considerato però come PM
2.5;
− Disponibilità dei fattori di conversione VOC-TOG: è molto scarsa se proporzionata al totale dei profili presenti;
Per ovviare a questi inconvenienti e fare comunque qualcosa, rispettivamente:
− ho attribuito un profilo relativo ad un’attività dello stesso raggruppamento (spesso in un raggruppamento le attività hanno tutte lo stesso profilo) per quelle attività non individuabili o assenti; in rari casi l’unica soluzione è stata assegnare un profilo di default previsto dalla classificazione;
− ho considerato SO
xcome SO
2, NO
xcome 90% NO e 10% NO
2e PM
10come PM
2.5;
−
se assente, ho considerato un fattore di conversione uguale a quello di un codice SCC prossimo, altrimenti unitario.
In questo modo, con l’ausilio dei database ricostruiti e di elaborazioni con fogli di calcolo, si ottengono le emissioni disaggregate delle sorgenti puntuali, pronte ad essere manipolate da una routine in Fortran per la creazione del point source file da passare a CAMx.
5.1.2 Un esempio pratico di speciazione
Nella trattazione sopra descritta non sono state considerate le industrie conciarie. Per questa tipologia di stabilimenti, molto numerosi nell’inventario, la speciazione è stata eseguita indipendentemente dal sistema SCC. Si hanno infatti a disposizione dei dati sperimentali circa la composizione delle emissioni di una conceria, per sei tipi di trattamento. Purtroppo lo studio è stato eseguito su un unico impianto, che non può certamente essere considerato rappresentativo di tutta la categoria, ma il sistema SCC riporta per le attività di lavorazione pelli e cuoio un’unica voce, a cui è assegnato un profilo di default. Quindi in queste condizioni ho preferito operare nel modo seguente:
1. Acquisizione risultati sperimentali
Si dispone della composizione di sei emissioni di COV, corrispondenti ad altrettante fasi del ciclo produttivo:
Acetato Etile 401,70 56,32 13,73 9,62 241,50 7,37 Acetato n-butile 3866,00 1339,00 836,70 885,10 2152,00 961,00 Acetato Isobutile 14,80 2,95 2,01 2,37 7,88 3,85 Metanolo 0,72 0,66 0,88 0,78 1,84 0,30 Etanolo 1,12 0,99 1,91 0,96 3,24 0,40 Propanolo 0,00 1,55 4,28 2,39 5,95 1,27 Isopropanolo 0,29 1,99 2,38 2,35 0,00 1,24 Butanolo 35,08 15,40 5,40 2,29 9,47 4,92 Etilglicole 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,24 Etildiglicole 0,00 3,17 1,54 0,00 0,00 6,80 Butilglicole 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 2,43 Acetone 4,58 8,42 24,80 13,87 39,21 7,51 MEK 0,34 0,48 1,07 0,59 1,44 1,69 Cicloesanone 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,27 Esano 0,00 0,43 0,62 0,96 1,24 0,21 Cicloesano 0,00 0,00 0,00 1,30 0,00 0,44 Toluene 808,90 161,22 37,67 29,36 496,00 21,96 Xilene 8,23 150,33 123,70 141,69 8,19 141,90 Tab.5.3: concentrazioni sperimentali (in mg/m3)
2. Calcolo della composizione media
In base ai dati disponibili, si calcola una composizione media dell’effluente inquinante, passando poi alle frazioni molari:
Acetato Etile 0.03666 0.04559 Acetato n-butile 0.77868 0.73479 Acetato Isobutile 0.00243 0.00230
Metanolo 0.00049 0.00168
Etanolo 0.00082 0.00195
Propanolo 0.00170 0.00311
Isopropanolo 0.00111 0.00203
Butanolo 0.00505 0.00747
Etilglicole 0.00003 0.00006
Etildiglicole 0.00152 0.00157
Butilglicole 0.00035 0.00042
Acetone 0.01026 0.01936
MEK 0.00064 0.00097
Cicloesanone 0.00004 0.00004
Esano 0.00038 0.00049
Cicloesano 0.00026 0.00034
Toluene 0.08305 0.09881
Xilene 0.07653 0.07903
Tab.5.4: frazioni medie massive e molari
3. Lumping delle specie chimiche
E’ necessario passare dai composti reali a quelli fittizi utilizzati dal meccanismo ridotto. In questo caso le molecole vanno “spezzate” negli elementi propri del CB4. La suddivisione può non essere univoca: diverse disposizioni di sottospecie possono descrivere la molecola reale.
Esistono per questi casi delle regole di ridistribuzione (“apportionement”), sviluppate dall’EPA e seguite peraltro dal metodo SCC, per centinaia di sostanza organiche. Tali regole, oltre che della struttura, tengono conto anche della reattività dei singoli composti.
4. Profilo di speciazione
Stabilite quindi le regole di separazione, si ricavano per ogni composto le moli di sottospecie corrispondenti (i coefficienti stechiometrici), che combinate con la composizione media e sommate singolarmente forniscono il profilo di speciazione cercato:
ALD2 0.007233088 ETOH 0.007156247 MEOH 0.000087185 PAR 0.013733114 TOL 0.000889591 XYL 0.000711453 Tab.5.5: split factors
Moltiplicando i vari coefficienti per l’emissione totale di COV si ottengono quelle delle singole specie, in moli.
Il profilo così ottenuto è stato impropriamente esteso a tutte le concerie presenti nell’IRSE,
per cercare di avere almeno una stima, seppur grossolana, delle emissioni disaggregate.
fig.5.3: database per la “speciazione” delle emissioni per il CB4, secondo sistema SCC (Source Classification Code) sviluppato per conto dell’ EPA (Environmental Protection Agency)
5.1.3 Emissioni Lineari e Diffuse
Oltre al fin qui trattato inventario delle emissioni puntuali, l’IRSE offre anche l’analogo per le emissioni lineari, ancora per il 1995 e il 2000 (fig.5.4). I dati sono riferiti a 53 percorsi autostradali, marittimi ed aeroportuali: sono riportati i tratti delle autostrade che attraversano la Toscana (A1,A11,A12), i porti di Livorno, Piombino e le linee marittime con l’arcipelago toscano, gli aeroporti di Pisa e Firenze. Per ogni linea il database fornisce la lunghezza, le coordinate di inizio e fine (almeno secondo le dichiarazioni, visto che i dati forniti ne sono sprovvisti), le attività pertinenti e le relative emissioni annuali di diverse categorie di inquinanti: principali, gas serra, metalli pesanti, ammoniaca e benzene. E’ possibile, come detto in precedenza, la possibilità di disaggregazione temporale.
Questo tipo di sorgente non è stata inclusa nelle simulazioni per questioni di tempo; una volta nota la georeferenzazione di tutte le linee e definita la griglia del dominio spaziale, è necessario scrivere un algoritmo che determini le lunghezze dei vari tratti che attraversano ogni cella, e quindi attribuire loro dei valori emissivi proporzionali alle lunghezze totali delle linee di appartenenza. Tali emissioni andranno inserite in CAMx nel file delle diffuse; per la speciazione, è ancora possibile utilizzare il sistema SCC.
In extremis (riguardo alla compilazione del presente lavoro, e dopo richieste che duravano da mesi, per cui si ringraziano i solerti impiegati della Regione Toscana per la loro disponibilità e tempestività) sono stati forniti dei dati sulle emissioni diffuse e lineari di SO
xrelative ad una giornata casuale del 2000, su tutta la Toscana e già disaggregate spazialmente (celle di 1
kmx 1
km) e temporalmente (risoluzione oraria di 24 ore).
Questi valori sono stati adattati, con un ennesimo algoritmo “fatto in casa”, alla griglia del dominio di studio e forniti a CAMx con la creazione del gridded emissions file.
Tuttavia i dati forniti non convincono: in certe zone (Livorno e Piombino) le emissioni
riportate sembrano eccessive. Il dubbio è che nel file fornitoci dai mirabolanti adepti della
Regione Toscana siano incluse anche le emissioni già comprese nell’inventario delle sorgenti
puntuali (in effetti, da un confronto tra le emissioni totali puntuali e totali diffuse si nota che i
due valori sono molto simili, anzi quasi uguali, fatto perlomeno singolare....). Se poi si
considera che dai dati gentilmente concessi è stato necessario togliere molti valori perché
riferiti a celle già occupate (in quanto le dichiarate emissioni lineari non erano state
disaggregate, ma assegnate ai punti di inizio dei vari tratti stradali), è bene essere perlomeno
diffidenti.
fig.5.4: organizzazione del database IRSE per le sorgenti lineari
5.2 Preprocessamento dati meteorologici
Nell’ambito meteorologico CAMx esige i seguenti files obbligatori:
Wind : contiene i campi tridimensionali delle componenti orizzontali (u e v) del vento, che possono essere definite al centro della cella o ai suoi lati (fig.3.4).
Temperature : contiene il campo tridimensionale delle temperature medie di ogni strato, localizzate nel punto medio dello strato e al centro della cella, e il campo bidimensionale delle temperature superficiali.
Vertical Diffusivity : contiene il campo tridimensionale dei coefficienti di diffusione verticale (scambio turbolento), localizzati alle facce superiori delle celle.
Height/Pressure : contiene i campi tridimensionali di pressione media dello strato e quello delle altezze alle interfacce tra strati (livelli).
Nel caso venga invocata la chimica è richiesto anche:
Water vapor : contiene il campo tridimensionale della concentrazione media di vapor d’acqua (umidità assoluta) all’interno di ogni strato.
Infine, se si vuol considerare anche il fenomeno della deposizione umida e della chimica in fase acquosa:
Cloud/Rain : contiene il campo tridimensionale di alcuni parametri delle nuvole, come i contenuti medi per ogni strato di acqua e di precipitazioni e la colonna integrata di assorbimento ottico.
Premetto che quest’ultimo file è stato l’unico a non essere creato, per l’irreperibilità dei dati relativi alle colonne di AOD ( aerosol optical depth ).
In ogni files i dati sono riferiti ad un certo lasso di tempo, in genere un’ora, e quindi aggiornati volta per volta durante la simulazione.
Come già accennato nel capitolo precedente, la base di dati utilizzata per la creazione degli input files meteorologici è costituita da un output file del modello prognostico MM5, relativo ad una simulazione eseguita su buona parte dell’Europa occidentale nelle 36 ore a cavallo tra la mezzanotte dell’11 Ottobre 2004 e il mezzogiorno del giorno seguente. Vista la natura del modello, bisogna far notare che i dati delle ultime dodici ore non si basano su misure dirette, ma sono delle previsioni del modello.
La prassi è quella di utilizzare l’MM5, opportunamente adattato, come input al modello diagnostico CALMET :
è un preprocessore meteorologico in grado di ricostruire i campi orari tridimensionali di vento, temperatura e i campi bidimensionali dei parametri descrittivi della turbolenza sulla base delle misure fornitegli. In generale può disporre di rilevazioni effettuate con centraline superficiali o sonde disposte in quota oppure, come in questo caso, utilizzare i campi forniti da un modello prognostico che opera su un dominio maggiore.
CALMET interpola questi dati con algoritmi più o meno complessi, che prevedono più
passaggi, considerano l’orografia e la copertura del suolo ed il rispetto della condizione
di divergenza nulla (ipotesi fondamentale di conservazione della massa per fluido
incomprimibile), per adattarli al dominio di studio, generalmente più piccolo e con
risoluzione maggiore rispetto a quello del modello prognostico. A questo proposito si assume per semplicità la seguente condizione:
il dominio utilizzato per le simulazioni con CALMET, che si basa su quello orografico, coincide con il dominio di CAMx, sia come dimensioni che risoluzione; i livelli verticali sono stati scelti inalterati da quelli del dominio MM5.
Queste assunzioni evitano le interpolazioni verticali e consentono di utilizzare direttamente i dati in uscita da CALMET in CAMx, senza ulteriori “aggiustamenti”.
In uscita da CALMET si ottiene un file composto da una parte “fissa” (intestazione) che contiene le informazioni generali della simulazione, come le dimensioni della griglia, le coordinate d’origine eccetera, ed una parte “variabile” (data records), che contiene i campi tri-, bi- e monodimensionali di molti parametri meteorologici, ripetuti per ogni ora della simulazione. Da questo file devono essere estratti ed adattati, con una opportuna routine di lettura/scrittura, i dati di interesse. In figura 5.5 sono mostrati due esempi di campi di vento che si ottengono con CALMET (nello specifico, sono riferiti al dominio di studio per due ore differenti, ad una altezza di circa 110
m, limite entro il quale si trovano le bocche di quasi tutti i camini).
Le operazioni necessarie per passare dall’MM5 file ai diversi files di CAMx sono schematizzate in figura 5.6. E' stato necessarie sviluppare, allo scopo, diverse interfacce che elaborino i dati nei passaggi intermedi.
Anzitutto il file meteo fornitoci proviene dalla versione 3 dell’MM5, mentre la routine preposta al suo adattamento a CALMET (CALMM5) legge solo le versioni 1 e 2. E’ stata quindi reperita sul web una routine per la conversione dalla forma V3 a quella V2.
L’interfaccia CALMM5 estrae dal file di origine i dati relativi ad un sottodominio
specificato dall’utente e li adatta alla forma richiesta da CALMET. In questo caso è stato
scelto un dominio di estrazione che ricopre una zona leggermente più ampia di quella di
studio, composto da una griglia di 13 righe per 12 colonne con una spaziatura di 27
km.
Una volta ottenuto il file meteo di input per CALMET (mm5.dat) e preparato quello
geografico contenente i dati su l’orografia e la copertura del suolo (geo.dat) è possibile
effettuare la simulazione per la ricostruzione dei campi meteo, che vengono scritti in
calmet.dat. A questo punto i files di vento e temperatura sono ottenibili per semplice
lettura e adattamento tramite la routine cmet2camx, mentre la diffusione verticale deve
essere calcolata con un algoritmo a parte (diffv) preso da un altro modello fotochimico
3D, CALGRID, appartenente alla stessa “famiglia” di CALMET.
fig.5.6 : schema integrato preprocessori - I/O files - interfacce per l’elaborazione dei dati meteorologici
domainV3.mm5
calmet.dat domainV2.mm5
mm5.dat CALMM5
V3toV2
CALMET geo.dat
interpw press.dat
water.dat
cmet2camx
wind.dat temp.dat diffv
diff.dat
cloud.dat
MM5
I campi 3D calcolati da CALMET non includono però anche la pressione e l’umidità. Per questo i relativi files sono ricavati direttamente dall’ mm5.dat, che invece li contiene, per interpolazione dalla griglia più larga a quella più stretta (nesting). Per semplicità è stata adottata l’interpolazione lineare, implementata nella routine interpw.
Nel file della pressione viene definita anche la struttura verticale della griglia, specificando l’altezza di ogni cella.
Per quanto riguarda i coefficienti di diffusione turbolenta verticale (K
z) l’algoritmo utilizzato è quello implementato in CALGRID. Dal file in uscita da CALMET vengono estratti i campi bidimensionali della velocità d’attrito superficiale u
*(friction velocity), della velocità convettiva di scala w
*(convective scale velocity), della lunghezza di Monin-Obukhov L e dell’altezza dello strato di rimescolamento z
i(mixing height). A seconda della condizione di stabilità dell’atmosfera (regime convettivo o stabile) ed in funzione dell’altezza queste grandezze sono combinate in relazioni differenti, utilizzate per il calcolo di K
z. Tali coefficienti vengono ritenuti validi all’interfaccia tra uno strato e un altro; al di sopra dello strato di miscelamento si assume un valore costante, in genere unitario.
Per i parametri relativi alle nuvole e alla pioggia è ancora possibile far riferimento al file mm5.dat, che riporta i contenuti d’acqua nelle nuvole e le precipitazioni. Diverso il discorso per le colonne di assorbimento ottico delle nuvole, che per giunta devono essere specificate per ogni strato, per le quali è necessario disporre di misure satellitari. Non disponendo di dati simili (e tantomeno di satelliti...) non è stato possibile costruire il cloud/rain file, che resta in sospeso nell’attesa di approvvigionamenti.
5.3 Preparazione dati fotochimici
Chemistry parameters : contiene l’elencazione di tutte le specie con alcune loro proprietà (costante di Henry, velocità di diffusione eccetera), i riferimenti alle reazioni coinvolte con i parametri relativi (secondo l’espressione della costante cinetica, possono variare da uno a dodici) e la specificazione del numero di reazioni fotolitiche (primarie e secondarie) e dei fattori di scala.
Photolysis rates : riporta i valori delle velocità di fotolisi per le reazioni primarie indicate nel file precedente, in funzione di cinque variabili: albedo, colonna di ozono, torbidità atmosferica, altezza, zenith, i cui valori sono liberamente specificati dall’utente.
Albedo/Haze/Ozone : indica per ogni cella superficiale i valori di albedo, torbidità atmosferica (aerosol haze) e colonna di ozono. E’ connesso al file precedente in quanto queste grandezze non vengono riportate con i loro valori, bensì con il numero della classe di appartenenza, secondo i valori espressi nel file fotochimico.
Insieme al programma sono forniti dalla ENVIRON cinque files del primo tipo, uno per ogni meccanismo implementato in CAMx, opportunamente preparati e direttamente utilizzabili, per cui non è necessario preparali ex novo.
Per il secondo è invece necessario utilizzare opportuni codici per il calcolo delle costanti cinetiche delle reazioni primarie specificate nel file chimico.
Come detto nel capitolo precedente, il software in genere utilizzato è il modello TUV,
applicato anche nel presente lavoro. Le approssimazioni fatte sono due:
− Il modello è settato per le condizioni tipiche degli Stati Uniti d’America (del 1976!), per quanto riguarda i profili di temperatura, densità, concentrazione e assorbimento ottico di O
3, SO
2e NO
2. L’attributo “tipico” lascia un pò perplessi, in quanto questi
“profili tipo” altro non sono che serie di valori (uno per ogni variabile) in funzione dell’altezza. Quanto possa essere rappresentativo un solo valore per descrivere uno scenario tanto vasto è da dimostrare e sarebbe interessante verificarlo con opportuni approfondimenti. Evidentemente queste variabili non influenzano in modo determinante le costanti cinetiche, ed è quindi sufficiente averne una stima approssimata. Volendo fare un’operazione più raffinata è comunque possibile specificare altri profili sulla base dei dati in possesso (ad esempio di temperatura o densità dai dati meteo), ma non credo servirebbe a qualcosa.
− Non è assicurata la corrispondenza tra alcune reazioni fotolitiche primarie del CB4 e quelle contenute nel TUV. Le reazioni totali sono sei: per due (scissione di NO
2in NO e O e scissione di O
3in O
2e O) non ci sono problemi: vista l’estrema semplicità la corrispondenza è diretta. Anche per una terza (scissione dell’isoprene in varie specie) non ci sono problemi, in quanto l’isoprene non è proprio contemplato dal TUV.... Per le altre tre reazioni sorgono invece difficoltà interpretative: due riguardano la fotolisi della formaldeide, una quella dell’acetaldeide. Purtroppo nel CB4 queste reazioni sono descritte in maniera oscura da espressioni dalla stechiometria chiaramente assurda, segno che invece di rappresentare singole reazioni, descrivono piuttosto un insieme di passaggi differenti. Nel TUV le fotolisi della formaldeide e dell’acetaldeide sono invece trattate esplicitamente e le costanti associate riguardano esclusivamente un unico passaggio. Semplificando, questi valori sono stati considerati rappresentativi anche delle “misteriose” reazioni del CB4.
Il modello TUV, opportunamente adattato dall’utente, consente di effettuare dei loop di calcolo delle velocità fotolitiche in funzione delle variabili richieste da CAMx, e di scriverle in uscita secondo la forma più congeniale.
I valori di albedo, aerosol e ozono specificati nel file fotochimico vanno a costituire le classi utilizzate nel terzo file e con le quali sono caratterizzate le celle superficiali della griglia. Per i valori effettivi è chiaramente necessario ricorrere a dati esterni. Come già descritto (Cap.4) i valori delle colonne di ozono e di aerosol provengono da rilevazioni satellitari effettuate dalla NASA ed elaborate con l’algoritmo TOMS. Questi dati, relativi ad ogni maglia del reticolo geografico terrestre, vengono inseriti nel dominio di calcolo secondo l’appartenenza di ogni singola cella a una maglia piuttosto che a un’altra. I valori di albedo vengono invece stabiliti in funzione della copertura del suolo: ad ogni categoria di landuse è associato un valore tipico.
In figura 5.7 è schematizzato il sottosistema di preprocessori/interfacce per la preparazione
degli input chimici. La routine aho gestisce i diversi dati in ingresso, leggendoli, facendo le
debite elaborazioni e scrivendo in uscita i files per CAMx.
fig.5.7: schema integrato preprocessori - I/O files - interfacce per l’elaborazione dei dati fotochimici
5.4 Preparazione altri dati di input 5. 4.1 Landuse
Le informazioni sulla copertura del suolo vengono passate a CAMx con un file specifico, che di ogni cella superficiale del dominio specifica le frazioni di copertura per ognuna delle undici categorie previste da CAMx (tab.4.4). E’ perciò necessario convertire le categorie (individuate da un codice) utilizzate da CALMET in quelle del modello; nelle simulazioni effettuate sono state considerate solo quattro categorie e la conversione è immediata (tab.5.6).
Inoltre, coincidendo nel nostro caso la risoluzione del landuse con la griglia di CAMx, per ogni cella le frazioni di copertura saranno nulle per tutte le categorie, esclusa chiaramente quella specificata nei dati in ingresso, considerata l’unica presente.
Categoria CALMET Categoria CAMx
Urban Land (10) Urban (1) Agricultural Land (20) Agricultural (2) Forest Land (40) Mixed Forest (6) Large Water Body (55) Water (7)
tab.5.6: corrispondenza categorie di copertura del suolo CALMET - CAMx
TUV
TOMS photorate.dat
aho
photorate.asc landuse.dat
aerosol.dat ozone.dat
albhazozn.asc
5.4.2 Qualità dell’aria
Initial Conditions : concentrazioni delle specie simulate, in tutte le celle del dominio, all’inizio della simulazione.
Lateraly Boundary Conditions : concentrazioni delle specie simulate, nelle celle appartenenti ai quattro lati del dominio, durante tutto il periodo della simulazione.
Top Concentrations : concentrazioni delle specie simulate, al di sopra del livello più alto, considerate tempo e spazio invarianti.
Non è stato possibile reperire dati esterni adatti alla costruzione di questi file, che richiedono campagne di monitoraggio mirate o l’utilizzo di altri modelli operanti su scala maggiore, ma con una risoluzione non troppo ampia. Nell’impossibilità di fare altrimenti, questi files sono stati settati con i valori di default contenuti in CAMx o ponendo nulle le concentrazioni.
Questo è sicuramente un punto su cui si dovrà lavorare in futuro per migliorare l’implementazione e costruire un modello più attinente alla realtà.
5.5 Post-elaborazione dati output
Al termine di ogni simulazione CAMx restituisce un file contenete i campi tridimensionali di concentrazione media oraria per ogni specie chimica indicata. Per poter analizzare, visualizzare o anche semplicemente leggere questi dati è necessario creare dei post-processori adatti allo scopo, analoghi alle routine impiegate per la preparazione degli input.
A seconda del Sistema Operativo utilizzato si ricorre a software di visualizzazione e interpolazione differenti, per i quali sono ovviamente necessarie routine diverse. Nel presente lavoro i principali programmi di riferimento sono stati:
per piattaforme Linux, il software Vis5D per piattaforme Windows, il software Surfer
Il primo è un programma con prestazioni nettamente maggiori, in quanto consente la visualizzazione tridimensionale di una certa variabile nella sua evoluzione temporale (da cui il suffisso 5D: le quattro dimensioni spazio-temporali più quella della variabile rappresentata).
E’ consentita l’animazione della simulazione per tutto il periodo, con la possibilità di visualizzare le linee e le superfici di isovalore ed estrapolare, con delle slide orizzontali e verticali, le mappe bidimensionali delle variabili.
Il Surfer è invece più limitato, in quanto non permette le animazioni, non considera la
variabile tempo e supporta esclusivamente campi bidimensionali (in analogia con il caso
precedente, lo si potrebbe definire 3D: due dimensioni spaziali oltre a quella della variabile
studiata). L’unica operazione possibile è appunto rappresentare (previa interpolazione con uno
tra gli algoritmi implementati), per un dato momento e ad un certo livello, campi
bidimensionali per mezzo di isolinee.
Nello schema seguente sono riportate le catene di post-processamento costruite e utilizzate:
fig.5.8: schema postprocessori - I/O files - interfacce per l’elaborazione dei dati in uscita da CAMx