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INDICE

INTRODUZIONE ... 5

1 INQUADRAMENTO STORICO – TERRITORIALE DELLA PIAZZA DEI CAVALIERI ... 7

1.1 Origini del sito urbano ... 9

1.2 Il sito urbano prima dell’intervento vasariano ... 13

1.3 L’intervento mediceo e l’Ordine di Santo Stefano ... 15

1.4 Gli interventi successivi ... 25

2 LE FASI COSTRUTTIVE DELLA CHIESA DEI CAVALIERI DI SANTO STEFANO ... 27

2.1 Progetto vasariano e prima fase di realizzazione (1565-1567) ... 29

2.2 Seconda fase vasariana: completamento del campanile (1569-1574) ... 35

2.3 Completamento della facciata principale (1593-1596) ... 37

2.4 Progetto e realizzazione del soffitto (1603-1606) ... 41

2.5 XVII sec.: L’ampliamento della Conventuale ... 43

2.5.1 XVII sec.: Le ipotesi di ampliamento di Paolo Guidotti ... 43

2.5.2 Aggiunta dei corpi laterali: il progetto di Pier Francesco Silvani (1683-1688) ... 46

2.6 Progetti e interventi del XIX sec. ... 51

2.7 Luigi Pera e il completamento delle facciate laterali (1933-1935) ... 73

2.8 XX – XXI sec.: Gli interventi fino ad oggi ... 79

2.8.1 La copertura ... 79

2.8.2 Il campanile ... 83

2.8.3 Altri interventi ... 86

3 DESCRIZIONE DELLA CONVENTUALE NELLA CONFIGURAZIONE ATTUALE ... 89

3.1 Il rilievo e la restituzione grafica ... 89

3.2 Planimetria e struttura architettonica della Chiesa ... 101

3.3 L’esterno della Chiesa... 107

3.3.1 La facciata ... 107

3.3.2 I prospetti laterali ... 110

3.3.3 Il prospetto est ... 113

3.3.4 Il Campanile ... 114

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4 DEFINIZIONE GEOMETRICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI E CARATTERIZZAZIONE

MECCANICA DEI MATERIALI ... 139

4.1 La muratura degli elementi verticali ... 143

4.2 Le strutture voltate ... 145

4.2.1 L’abaco delle volte ... 147

4.3 Strutture di copertura ... 159

4.3.1 Le capriate lignee ... 160

4.3.2 La copertura dei corpi laterali e del coro ... 162

4.4 Gli orizzontamenti e i dettagli strutturali ... 167

4.5 Le criticità ... 173

4.5.1 Le infiltrazioni ... 176

4.5.2 Il quadro fessurativo ... 180

4.6 Inquadramento geomorfologico ... 183

5 ANALISI STRUTTURALI ... 185

5.1 Caratteristiche delle costruzioni in muratura ... 185

5.2 Le strutture voltate ... 191

5.2.1 Classificazione tipologica delle volte in base alla forma ... 191

5.2.2 Classificazione tipologica delle volte in base ai meccanismi resistenti ... 192

5.2.3 Classificazione tipologica delle volte in base alla tecnica costruttiva ... 196

5.3 Definizione del livello di Conoscenza ... 199

5.4 Analisi dei carichi ... 201

5.5 Modellazione shell ... 203

5.6 Analisi statica lineare ... 207

5.6.1 Analisi statica lineare sul modello globale shell ... 208

5.6.2 Analisi statica lineare sulle porzioni significative ... 210

5.6.3 Analisi statica lineare sulle strutture voltate ... 223

5.6.4 Considerazioni generali ... 240

5.7 Modellazione brick ... 241

5.8 Analisi statica lineare sul modello brick ... 243

5.9 Analisi statica non lineare ... 247

5.9.1 Modello del danneggiamento con MAZARS... 247

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6 INDAGINI IN SITO: LA CALIBRAZIONE DEL MODELLO ... 255

6.1 Caratteristiche e funzionamento del tromino ... 257

6.2 Metodo di svolgimento dell’indagine ... 259

6.3 Elaborazione e commento dei dati ... 263

6.4 Confronto dei risultati con il modello ... 269

6.4.1 Il campanile ... 269

6.4.2 La volta ... 272

CONCLUSIONI ... 277

Tavole di sintesi: ALLEGATO A ... 279

Tavole di sintesi: ALLEGATO B ... 281

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INTRODUZIONE

In questa tesi si affronta lo studio della Chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano a Pisa, finalizzato alla conoscenza dello stato di conservazione e all’interpretazione del suo comportamento statico. Nei contesti storico-artistici la complessità del funzionamento statico dei fabbricati, frutto delle diverse fasi e delle stratificazioni nel tempo, rende spesso ardua la comprensione del loro stato di conservazione.

La conoscenza del contesto storico-urbano dell'area, dell’evoluzione e dello stato di fatto attuale del manufatto, frutto di un’attenta analisi storica e di un fedele rilievo architettonico, diventano la chiave per interpretazione dell’edificio e per la corretta modellazione strutturale.

Il fine è determinare quel compromesso, tra realtà e semplificazione, che porti ad una corretta modellazione strutturale, finalizzata ad ottenere dei risultati in linea con la realtà dei fatti, riuscendo cosi a determinare un valido metodo di analisi per la comprensione del funzionamento statico. Questa rappresenta la metodologia da adottare quando si affronti lo studio di un edificio storico.

Questo lavoro di tesi è stato svolto in parallelo con quello di Beatrice Rossi e Marina Fontani, che avendo lo stesso oggetto di analisi hanno trattato tematiche differenti, ovvero rispettivamente: Analisi dinamica e della vulnerabilità sismica; Creazione di un modello HBIM per l’archiviazione e la gestione dei dati. Il lavoro finale costituisce, nel suo complesso, un completo studio di questo edificio di pregio.

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1 INQUADRAMENTO

STORICO – TERRITORIALE DELLA PIAZZA DEI

CAVALIERI

Risulta praticamente impossibile parlare della Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri come edificio a sé stante in quanto, fin dalla sua concezione, è stato ideato come parte di un unicum, ovvero quello di Piazza dei Cavalieri. Questa, prima ancora di diventare la sede principale dell’Ordine di Santo Stefano, era la Piazza degli Anziani, ovvero il centro della vita civile della Repubblica Pisana. Risulta quindi doverosa una premessa che ripercorra il progressivo divenire dello spazio urbano di una delle più insigni piazze pisane per poi soffermarsi sull’analisi della Chiesa Conventuale.

Per la visualizzazione completa di tutti gli elaborati prodotti sull’inquadramento storico-territoriale della chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, si faccia riferimento alle Tavole allegate 1-3.

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1.1 Origini del sito urbano

La storia della Piazza dei Cavalieri, che ad oggi conserva la facies rinascimentale, ideata da Giorgio Vasari per volere di Cosimo I, risale al periodo romano. Secondo fonti letterarie , risulta che la città romana, a forma quadrangolare, si estendeva dalla sponda dell’Arno fino alla zona del Duomo, e da via Roma fino all’odierna Piazza San Francesco, e includeva il foro o l’anfiteatro. Le considerazioni più significative sulla topografia della Pisa Romana sono state tratte dalle pianta del “Gentilesimo”, probabilmente disegnata per prima e su quella di “Bonanno”1

Figura 2. Ricostruzione del possibile paesaggio fluviale di Pisa etrusca e romana. (BRUNI 2004)

La ricostruzione della storia topografica di Pisa nell’antichità resta ancora oggi senza soluzione. Infatti le fonti letterarie non possono ormai dirci molto di più di quanto sia stato fatto dir loro fino ad ora, e ciò sia per la loro genericità, sia, principalmente, per la totale trasformazione, prevalentemente di natura idrografica (Fig.2): prima, a causa dell'impaludamento si restrinse in un angusto nucleo urbano, poi a partire dal IX-X secolo vide l'espansione fuori le mura alto-medioevali (Fig.3) per acquisire nell'età comunale l'estensione, su un'area molto vasta, su due sponde dell'Arno, racchiusa da un imponente recinto (Fig.4).

1 KARWACKA CODINI 1989, p. 1.

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Figura 3. Ipotesi di tracciato delle mura precomunali di Pisa in età altomedievale.

A questo si aggiunge il rapido sviluppo edilizio che si manifestò attorno al Mille e che ebbe evidentemente caratteri di rottura e non di continuazione rispetto alla situazione urbanistica precedente2.

La crescita della città medievale fu talmente rapida che tutti i monumenti romani, anche i maggiori, ne furono sopraffatti, inclusi quelli nella Piazza. Gli interventi urbanistici volti ad adeguare l’assetto della città alla nuova realtà insediativa, svelano l’esistenza fin dalla seconda metà del XI secolo di una pianificazione conclusasi alla metà del secolo successivo con la costruzione della cinta muraria comunale (dal 1155). Non si trattò, infatti, di un allargamento del tutto spontaneo e incontrollato della vecchia civitas stivata nel suo antico perimetro, peraltro assai angusto, ma della costruzione di una nuova città secondo un piano organico e razionale, attuato in modo graduale e prospettato per le esigenze future. Già alle soglie dell’età comunale l’immagine di Pisa è infatti quella di un organismo urbano in piena crescita, impegnato nella riacquisizione e nell’ampliamento dei confini di quella che era stata la città romana.

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Figura 4. Toponomastica urbana medievale, le linee tratteggiate segnano le divisioni tra quartieri. (in TOLAINI 1992)

Di fatto, la superficie urbana della città comunale fu aumentata di quasi sei volte rispetto a quella della precedente altomedievale, raggiungendo così un’estensione di 185 ettari. La città fu costruita prevalentemente in pietra e si arricchì di numerose torri e case-torri.3

Nel mezzo del tessuto urbano si installò il nuovo centro politico e amministrativo attorno a due piazze: quella di Sant’Ambrogio (oggi del Castelletto), dove ebbe sede il Palazzo del Podestà, e quella delle Sette Vie, cioè l’attuale Piazza dei Cavalieri, dove si insediarono le altre maggiori Magistrature della Repubblica.

Nella civitas pisana prima dell’anno 1155, relativamente alla piazza in questione, vengono identificate due strutture: la chiesa di San Pietro di Cortevecchia e quella di San Sebastiano alle Fabbriche Maggiori, ricordate l’una fin dal 1028 e l’altra dal 10744.

Il toponimo “delle sette vie” corrisponde indubbiamente all’aspetto viario della Piazza relativo all’epoca precedente alla ristrutturazione vasariana della Piazza dei Cavalieri. Questo riferimento urbanistico può essere confermato dalla pianta di Pisa (Fig. 5), attribuita a Giuliano da Sangallo5.

3 KARWACKA CODINI 2018 4 TOLAINI 1992, pp. 59, 182

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Figura 5. La piazza dei Cavalieri nella pianta non finita GDSU attribuita a Giuliano da Sangallo (in TOLAINI 1992)

Questo disegno costituisce la più antica e attendibile testimonianza topografica che oggi possiamo avere. Si tratta di una copia quattrocentesca, nella quale la Piazza degli Anziani è disegnata in maniera definitiva (fig. 6): mancano le indicazioni delle chiese di San Pietro in Cortevecchia, di San Sebastiano alle Fabbriche Maggiori e di San Sisto, e il complesso del Palazzo degli Anziani risulta diviso in due parti, forse a ricordo della distinzione di due antecedenti palazzi medievali. Nel disegno sono presenti le sette strade che sboccano sulla Piazza. Nella zona prospicente la Canonica dei Cavalieri di Santo Stefano, oggi sede dei laboratori della Scuola Normale Superiore, sporge un blocco in avanti che potrebbe corrispondere alle strutture demolite per la sistemazione vasariana.

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1.2 Il sito urbano prima dell’intervento vasariano

La piazza delle Sette Vie – chiamata anche degli Anziani, dei Gualandi, del Popolo, di San Sebastiano alle Fabbriche Maggiori – intorno alla quale erano ubicati i più importanti edifici cittadini, come la Magistratura degli Anziani e le loro dimore, il Palazzo del Capitano del Popolo e quello dei Priori, fu per secoli un simbolo cittadino della libertà e sede di importanti episodi della Repubblica Pisana.

Le architetture medievali, ad oggi pervenute come strutture incorporate negli edifici cinque e seicenteschi, risalgono ai secoli XI – XIV e testimoniano la continuità dell’edificazione in questo sito e il suo crescere a più riprese. Il maggior sviluppo architettonico della Piazza si svolse dalla fine del XII secolo alla metà del XIV, ovvero nel periodo d’oro per la Repubblica Pisana, che grazie alla sua posizione geografica e alle capacità marittime e commerciali, ebbe un notevole sviluppo economico che determinò una rapida espansione edilizia.

Dal 1406 alla grande potenza ed al prestigio raggiunto da Pisa nel medioevo subentrò un’era di inerzia civica e di misere condizioni economiche, cui si associò inevitabilmente la decadenza delle strutture urbane a causa della caduta della città sotto il dominio fiorentino.

A partire dai primi decenni del Quattrocento, i proprietari cedevano le case senza prendere l’affitto per evitarne la distruzione da parte dei soldati. In particolare, è degno di nota il processo di aggregazione delle singole case-torri in edifici di maggiore estensione: un fenomeno iniziato nel XIV secolo, soprattutto nelle strutture edilizie della sede degli Anziani.

La vera ripresa edilizia avverrà solo il secolo successivo, cioè dal 1533, con il ducato di Alessandro dei Medici e poi con quello di Cosimo , e interesserà le zone di importanza focale della città tra cui anche la Piazza dei Cavalieri.

Prima dell’intervento cinquecentesco essa era delimitata dalle seguenti strutture: Palazzo degli Anziani; torre della “fame” (a ricordo della morte del conte Ugolino della Gherardesca imprigionato in questo edificio) o della “muda” o dei Gualandi; Palazzotto detto di Giustizia o del Capitano del Popolo; chiesa di San Pietro in Cortevecchia e le case accanto (probabilmente ad uso di abitazione); sito della Chiesa di San Sebastiano; case-torri (attinenti in gran parte ai palazzi comunali di Piazza del Castelletto oppure al Palazzo del Podestà), situate sul tratto tra l’attuale via Ulisse Dini e via San Frediano; ed infine il Palazzo dei Priori o della Comunità di Pisa.

La configurazione della piazza medievale risultava quindi essere caratterizzato da varietà tipologiche e strutturali (torre, casa-torre, casa, chiesa), dalla irregolarità delle componenti e dalla loro diversità cronologica. Tuttavia nessun documento iconografico fornisce dati certi per la ricostruzione della fisionomia della piazza medievale (Fig. 7).

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1.3 L’intervento mediceo e l’Ordine di Santo Stefano

L'occupazione fiorentina durò fino al 1494 quando Pisa, in circostante abbastanza confuse, si trovò a essere libera e quindi a lottare per la “recuperata libertà” dal dominio fiorentino. Nei quindici anni che seguirono la liberazione Pisa si trovò sottoposta a una durissima guerra di assedio durante la quale l'abitato urbano venne direttamente investito dalle operazioni militari. La fame, la miseria, le malattie, la scomparsa di qualsiasi attività intellettuale e il clima di sospetto generarono condizioni di vita infime e drammatiche. L'assedio finì nel 1509 e tutto tornò esattamente come nel 1494: crollata come potenza politica e amministrativa, fiaccata da due sconfitte infertele da Firenze, la città presentava un quadro di estrema decadenza anche edilizia. Solo con Cosimo I rinacque l’interesse per Pisa, come frontiera occidentale dello stato, come zona nuova aperta verso il mare. La città, destinata ad assumere il ruolo di seconda capitale toscana, necessitava di un notevole mutamento nella facies architettonica, che la rendesse adeguata alla nuova posizione politica nel granducato. È in questo clima che si procedette a numerosi interventi edilizi, consistenti in gran parte nel reimpiego delle strutture medievali e nella trasformazione di esse in palazzi mediante apposizione di nuove facciate.

Figura 8. Ritratto di Cosimo I de’ Medici, Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Mediceo del Principato, 3472, c. 18r. (in GEMIGNANI 2015)

Le iniziative urbanistiche, per quanto abbiano profondamente modificato la destinazione e la veste esterna di molte zone della città, hanno inciso limitatamente sulla struttura topografica, dal momento che gli interessi della corte medicea risultavano rilevanti soprattutto sul piano architettonico. Si dette molto rilievo agli interventi nei luoghi pubblici e sociali, i quali dovevano

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dare alle città un volto nuovo che corrispondesse alle aspettative del nuovo governo6. Anche le residenze delle famiglie nobili subirono un aggiornamento: le costruzioni preesistenti a torre o a casa-torre vennero abbassate e inglobate in una differente struttura, o comunque rivestite da una nuova facciata.

Queste realizzazioni, dove l’operazione principale era di sovrapporre il nuovo linguaggio decorativo, tipico dell’architettura cinquecentesca fiorentina, avevano il significato di cancellare le memorie della libera Repubblica pisana, oltre a quello di rispecchiare la costante aspirazione dei granduchi all’ordine, all’armonia e alla gloria della famiglia Medici.

L’intervento più articolato e di elevato valore sia politico che culturale fu realizzato nella Piazza degli Anziani che da allora in poi prenderà il nome di Piazza dei Cavalieri. Dopo l’istituzione dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, i palazzi stefaniani si sovrapposero, con poche alterazioni di natura topografica, alla configurazione medievale (Fig. 9).

Figura 9. Passaggio da “Piazza delle Sette Vie” a “Piazza dei Cavalieri”

Nel processo costitutivo dello Stato Mediceo, la creazione di un Ordine Equestre Sacro, Militare e Marittimo rappresentò uno degli strumenti più efficaci a disposizione di Cosimo I per il conseguimento degli ambiziosi obiettivi che si era prefissato sia in politica esterna che interna. In politica interna perché l’Ordine consentì di formare una nuova classe dominante, riuscendo ad amalgamare famiglie di antica aristocrazia e famiglie emergenti, con il risultato di creare una nuova e più omogenea classe dirigente legittimata dal Sovrano. In politica esterna perché solo disponendo di una flotta efficiente poteva sperare, da un lato, di condizionare a suo favore la politica della Santa Sede, assumendo il ruolo di strenuo difensore della cristianità di fronte all’espansionismo turco ed alle incursioni barbaresche nel Mediterraneo e, dall’altro, aiutando

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concretamente l’armata navale di Filippo II, di aumentare pur sempre in un rapporto complessivo di subordinazione, l’autonomia e l’indipendenza del suo Stato dalla Spagna. Inoltre una efficiente Marina da guerra era indispensabile a Cosimo, a difendere le lunghe e indifese coste del suo Stato, infatti all’atto di fondazione dell’Ordine Stefaniano li venne assegnato lo scopo principale di combattere le “scorrerie dei turchi” e di altri popoli “infedeli” nel Mediterraneo, per garantire la sicurezza della navigazione.

Fallito a causa dell’opposizione spagnola il progetto iniziale di fare dell’Elba la base dei Cavalieri, il duca scelse Pisa come sede dell’Ordine. Essa risultava una città ben adatta per realizzare il centro propulsore della politica navale e commerciale del Ducato.

La residenza dei Cavalieri venne posta nell’antico Palazzo degli Anziani della città, situato sulla Piazza delle Sette Vie, proprio nel centro storico di Pisa, quasi a sottolineare il significato politico che la nuova istituzione aveva per il regime mediceo.

Il 1° ottobre dell’anno 1561 venne così fondato il Sacro Militare Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano P.M., questo venne posto sotto la protezione di Santo Stefano papa e martire 7 perché il

2 agosto, giorno consacrato dalla Chiesa alla memoria di questo Santo, Cosimo aveva conseguito la vittoria di Montemurlo (1537), contro i fuoriusciti fiorentini guidati da Filippo Strozzi, con cui aveva consolidato il suo potere, e la vittoria di Scannagallo (1554), durante la guerra contro la repubblica senese, che consentì al Duca di acquisire tutto il territorio della repubblica di Siena8.

I cavalieri erano sottoposti ai precetti della regola benedettina (carità, castità coniugale, obbedienza assoluta ai superiori) e dovevano combattere, sino alla morte, per la difesa della fede cristiana. L’Ordine era un ente speciale, che godeva, almeno all’inizio di larga autonomia dello stato. La carica di Gran Maestro dei Cavalieri di Santo Stefano era riservata al sovrano, cui aspettava anche il diritto di esercitare il proprio controllo sulla vita dell’Ordine e di vigilare sugli statuti. Gli statuti vennero editi due volte, nel 1506 e nel 1590, e costituirono per oltre un secolo e mezzo il fondamento giuridico della “Religione di Santo Stefano”9

L’Ordine fu dotato di numerosi privilegi ducali e pontifici, tra i tanti anche quello di essere esonerato dalla giustizia ordinaria, e venne dotato di un consistente patrimonio che crebbe notevolmente nei primi decenni di questa istituzione. L’Ordine fu uno strumento importante per accrescere la potenza della casa Medici e per formare la nuova classe dirigente del granducato.

7 Stefano I fu il 23° vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica dal 12 maggio del 254 al 2 agosto 257

Secondo la tradizione nel 1682 il suo corpo fu trasportato nella chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri a Pisa, sede dell’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, grazie al Granduca Cosimo III, che fece delle premure per avere quelle reliquie.

Santo Stefano Martire (... – Gerusalemme, 36) fu il primo martire cristiano. Secondo gli Atti degli apostoli egli fu particolarmente attivo nel convertire alla fede di Gesù gli ebrei della diaspora. Ma proprio gli ebrei ellenistici videro in Stefano un nemico da sconfiggere e lo accusarono di pronunciare parole blasfeme ed offensive nei confronti di Dio e Mosè, sobillando il popolo contro di lui, che lo catturarono e presero a lapidarlo con pietre.

VARISCO 2015.

8 BERNARDINI 1995, pp. 13-14

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Dotato di grandi possedimenti. L’ordine mantenne sostanzialmente la struttura iniziale per tutto il Seicento. Nel Settecento fu profondamente riformato durante il periodo leopoldino, per essere poi soppresso nel 1809 a causa della dominazione Napoleonica. Ripristinato nel 1817 da Ferdinando III, fu abolito nuovamente e definitivamente nel 1859 dal Governo Provvisorio Toscano.

Negli ultimi giorni del 1561 il Duca arrivò a Pisa per dare le indicazioni sull’insediamento del nuovo Ordine stefaniano. I lavori per la ristrutturazione dell’intera Piazza furono affidarti all’architetto, pittore e scrittore Giorgio Vasari, che pochi giorni dopo la fondazione, il 13 gennaio 1562 diede inizio ai lavori. A lui gli va dato il merito di aver realizzato una degna sede per l’Ordine di S. Stefano, andando letteralmente a sovrapporsi al vecchio tessuto medievale, simbolo della Repubblica Pisana.

Al progetto pisano il Vasari10 aveva pensato già nel periodo precedente: in una lettera al duca del

maggio 1558 scrive che ha cominciato a “ghiribizzar qualcosa” sulla pianta del Palazzo dei Cavalieri11

Realizzando la Piazza dei Cavalieri a Pisa, l’artista fece appello al suo gusto per l’architettura, che aveva “al servizio et ornamento l’altre due”, cioè la pittura e la scultura, rinunciando chiaramente alla conservazione dell’aspetto medievale delle strutture esistenti, che egli disprezzava come fabbriche eseguite in “confusione e disordine”. La Piazza è frutto di ampia esperienza professionale, che dà risalto agli elementi architettonici e insieme agli effetti pittorici. 12

Le scelte del Vasari sono, comunque strettamente sintonizzate con il volere di Cosimo I che vede la trasformazione dell’ambiente urbano come mezzo per l’affermazione del nuovo stato. Il 12 ottobre 1567 Cosimo I donò all’Ordine l’intera Piazza e i quattro siti: quello del palazzo dei Cavalieri (quasi ultimato), gli edifici dove sorgerà la Canonica, il Palazzotto del Buonomo e la torre della Fame con i terreni circostanti, e l’area della chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri. L’opera vasariana di regolarizzazione di questo ambiente cittadino comprese:

- La ristrutturazione dell’antica sede degli Anziani con un nuovo progetto di palazzo , che include in senso organico ed unitario alcune case private abitate dagli anziani e già incorporate nel 1296 ed un ufficio attiguo forse da attribuire alla dimora ed ufficio di comando del Capitano del Popolo. Con l’istituzione dell’Ordine di S. Stefano, il palazzo fu scelto come sede dei Cavalieri e per adattarsi alla nuova destinazione l’edificio dovette subire molti interventi, che iniziarono nel 1562. Il progetto prevedeva: la composizione stilistica e figurativa del prospetto principale verso

10 Per la realizzazione della parte sull’intervento vasariano e i palazzi della piazza è stato fatto riferimento ai

seguenti testi: BARACCHINI 1996, KARWACKA CODINI 1980, KARWACKA CODINI 1989, KARWACKA CODINI FISHER 2004, SALMI 1932, SODI E RENZONI 2003.

11 KARWACKA CODINI, 1989, p. 20. Lettera del Vasari in Firenze al duca Cosimo de’ Medici in Pisa, 12

maggio, 1558. Pubblicata in K.FREY, Il carteggio di Giorgio Vasari, edito e accompagnato di commento critico dal dott. Carlo Frey, München 1923, I, p. 501.

12 KARWACKA CODINI, 1989, p. 21. Pubblicato in G.VASARI, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e

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la piazza, con l’elaborazione originale dei cartoni per i graffiti; il disegno di quadrature decorate ed intelaiate a cassettoni dei solai in legno e degli stemmi per l’attuale sede dell’Archivio Salviati; il prospetto verso il cortile, ora non più esistente con logge scandite tra strutture verticali portanti con davanzali su pilastrini in pietra; l’arredo interno con stemmi e cornici ed il decoro pittorico, ora in gran parte perduto. (Fig.10)

Figura 10. Vista frontale del palazzo della Carovana

- La Chiesa dei Cavalieri ad una nave, costruita nella zona attinente ai resti della chiesa di San Sebastiano tra il 1565 ed il 1569, che rimase però incompiuta sulla facciata, mentre il campanile disegnato sempre dal Vasari nel 1569 fu eretto tra il 1570 ed il 1574. La soluzione spaziale interna semplice, misurata e ben definita nei rapporti architettonici rivela la veste monumentale di un ambiente aulico, religioso ed insieme civile, che acquista magnificenza e dignità dal risalto decorativo della grandiosa copertura lignea. Molti degli elementi di arredo interno e di decoro sono da attribuire allo stesso Vasari, questi, insieme ai rostri navali, le sculture lignee, le bandiere ed i trofei delle imprese di guerra, le grandi lanterne ed i dipinti, che decorano le pareti, esaltano ancora di più il senso evocativo storico di questo spazio proprio come interno urbano. Il campanile invece è un modello originale e compiuto di tipo rinascimentale che presenta per la cella elementi stilistici marmorei tra strutture verticali in laterizio. (Fig.11)

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Figura 11. Vista frontale della Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri

- Il palazzo della Canonica, eseguito dal 1566 al 1569 e terminato successivamente, si estende su tutto un lato della piazza, comprendendo le strutture preesistenti affacciate su Via Ulisse Dini e Via San Frediano. L’ordine interno distributivo riprende completamente le tipologie funzionali delle case in serie, ma viene ad essere articolato come alloggio residenziale collettivo per unità distinte a piani sovrapposti secondo le proposte teoriche dell’Ammanati e gli schemi funzionali delle case dei canonici della Basilica di San Marco a Venezia. (Fig. 12)

Figura 12. Vista della Canonica

- Il Palazzo detto del Consiglio dei Dodici, che come riporta la sua iscrizione “equestri juricundo”, fu costruito dal Francavilla nel 1603 per volere di Ferdinando I, presenta nell’interno una grande sala con riquadri e dipinti che esaltano Santo Stefano ed un grande soffitto in legno intagliato. (Fig.13)

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Figura 13.Vista del Palazzo del Consiglio dei Dodici

- Il prospetto ovest della Piazza dei Cavalieri costituito da tre case a schiera. Poiché il progetto del Vasari era quello di realizzare un “interno urbanistico”, egli procedette a chiudere i vuoti che si presentavano su questo versante costruendo queste tre abitazioni, dal 1594 al 1597, grazie agli stanziamenti disposti dal Consiglio dell’Ordine ed all’utilizzo del materiale di recupero avanzato dagli altri edifici della piazza. Le tre case a schiera, nonostante le differenze nelle dimensioni e in alcune soluzioni, nascono come tre corpi distinti. Ciò che li unisce visivamente è il prospetto, a cui venne accorpato, visivamente, anche la facciata della chiesa di San Rocco (Fig.14). L’unità a contatto con la chiesa di San Rocco fu destinata, nel 1605, a sede del Collegio Puteano. Il decoro degli affreschi del prospetto di questa porzione, realizzati da Michelangelo Cinganelli, richiama la ricercata partecipazione estetica all’ambiente della piazza13.

Figura 14. Vista delle case a schiera, del Palazzo del Collegio Puteano e della Chiesa di San Rocco

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- Il palazzo dell’Orologio costruito nel 1607 secondo i riferimenti del Vasari fu ricomposto in modo unitario, l’architettura dei prospetti inquadrata in rapporti nuovi e continui di murature con al centro l’archivolto stradale, completata poi con l’orologio ed un piccolo campanile a vela sul tetto ed ai lati simmetriche ripartizioni di grandi finestre rinascimentali. (Fig.15)

Figura 15. Vista del palazzo dell’Orologio

Piazza dei Cavalieri rappresenta per il Vasari il punto di arrivo di un nuovo modo di operare, diverso da quello attuato a Firenze per la Galleria degli Uffizi, che nonostante l’accorpamento di alcune strutture, come ad esempio della chiesa di S. Piero dei Schieraggi e delle strutture confinanti con la Loggia Lanzi, ha portato all’abbattimento di edifici per la costruzione di architetture nuove, e diverso da quello usato per la Piazza di Arezzo, ambiente completato ex novo. Infatti l’Ordine dei Cavalieri doveva affermarsi dando alla città un nuovo volto civile in alternativa con quello economico e militare del Medioevo, e questo poteva essere fatto soltanto attraverso un’immagine spaziale compositiva e organica nelle ristrutturazioni ed orientata al centro nelle visuali estetiche. Tutti i palazzi presenti nella piazza sono inseriti in un quadro partecipativo coordinato per sedi, altezze, e volumi e questo in relazione anche alla loro importanza. Un altro carattere essenziale è il senso celebrativo che pervade tutta l’architettura della piazza; il decoro, la volontà di rendere regolari otticamente le facciate e l’arredo dello spazio trovano qui principio e ragione nelle sculture e negli stemmi cadenzati fra le parti dipinte del Palazzo dei Cavalieri. Inoltre è evidente l’idea urbanistica rinascimentale anche nei limiti stereometrici di uno spazio pubblico già condizionato. Il Vasari propone nuova “centralità” con varie convergenze prospettiche in modo da ottenere unità di ambiente ed insieme comparate valenze di proiezioni per ogni edificio14.

Dopo la scomparsa di Cosimo I e di Giorgio Vasari, ambedue morti nel 1574, l’attuazione dell’idea urbanistica vasariana fu continuata per iniziativa di Francesco I. Tuttavia si fece sentire

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notevolmente la mancanza del Vasari e delle sue competenze sul piano tecnico e professionale, organizzativo e politico, e soprattutto venne a mancare la sua capacità di unire la volontà del potere centrale alle esigenze locali.

Con Francesco I iniziò quella tangibile celebrazione della dinastia medicea, ad esempio, sua fu l’iniziativa di far scolpire il busto di Cosimo I, destinato alla facciata del Palazzo della Carovana. L’esecutore delle idee vasariane, David Fortini, dopo la scomparsa del maestro, risulta impegnato un vari luoghi della Toscana, perciò spesso venne a mancare da Pisa con conseguente rallentamento delle operazioni edilizie nella città e nella Piazza.

Dal 1589 i lavori dell’Ordine stefaniano proseguono sotto la cura di Ferdinando I. La sua attività particolarmente intensa nel campo edilizio in tutta la Toscana, ebbe riflessi anche su Pisa dove egli fece costruire gli elementi mancanti che dovevano comporre la Piazza dei Cavalieri, cioè il lato comprendente la chiesa di San Rocco e le tre case, il Palazzo dei Priori, poi il Palazzo del Consiglio dei Dodici, il Palazzo del Buonomo e la facciata della Chiesa dei Cavalieri.

Egli inoltre fece introdurre importanti elementi di arredo urbano, come il monumento di Cosimo I per la medesima piazza, e le sculture, come i busti di Francesco I e di se stesso, per la facciata principale del Palazzo della Carovana.

Durante il regno di Cosimo II e di Ferdinando II non vi furono iniziative particolarmente significative per la situazione architettonica della Piazza dei Cavalieri. Una ripresa edilizia si ebbe con Cosimo III. Durante il suo governo si nota infatti un’attenzione speciale sia per la spazialità urbana, che per gli ambienti dove sono inseriti edifici importanti. Assicurando all’Ordine il pieno usufrutto dell’intera piazza15 il granduca gestì con molta sollecitudine i lavori non solo di sistemazione degli edifici attigui ad essa ma anche delle case nelle vicinanza, sviluppando quasi la concezione dell’ambiente come scenografia per una rappresentazione, idea già promossa da Cosimo I16.

Nel periodo degli interventi medicei (Fig.16) scomparvero due delle sette vie medievali: una nella zona della Canonica dei Cavalieri sacerdoti (oggi di proprietà della Scuola Normale Superiore), l’altra, invece, nel sito delle “tre case”.

La volontà dei Medici, l’invenzione artistica del Vasari e l’attività di altri architetti e artisti avevano trasformato il sito medievale della Piazza in un’immagine di unità ideale, raggiunta, soprattutto, attraverso gli sviluppi spaziali delle architetture. Tutte le componenti architettoniche rispecchiano la tendenza a raggiungere la simmetria, la modularità e l’articolazione ritmica delle facciate. Con il risultato della creazione di un interno urbanistico dove le strutture portanti sono completamente nascoste. Ne deriva che le facciate finiscono con il dominare sulla parte interna degli edifici.

15 Il motuproprio del 1690 riconosce l’appartenenza dell’intera pianta alla Religione di Santo Stefano. 16 KARWACKA CODINI 1980, pp. 64-67

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Figura 16. Schema dei vari interventi in piazza dei Cavalieri sotto i diversi Granduchi

Il complesso architettonico si presenta ben percepito in rapporto con la città e inquadrato accuratamente nell’ambito urbano riuscendo a coordinare i palazzi pubblici di varia destinazione e di diversa importanza funzionale. La dominanza dei palazzi pubblici rispetto alla Chiesa che facilmente si avverte entrando in piazza, esprime il prevalere degli interessi politici dell’Ordine sopra quelli di culto. Non a caso anche la stessa Conventuale nasce come chiesa atta a celebrare le vittorie dei Cavalieri, assumendo quasi una valenza civica diventando un museo delle glorie passate.

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1.4 Gli interventi successivi

Il delineamento topografico della Piazza non ha subito nessun importante mutamento dal Seicento fino ad oggi, ad eccezione della costruzione delle navate laterali della Chiesa conventuale che comportò la demolizione delle strutture situate presso l’edificio religioso e l’attuale via Ulisse Dini. Nel corso dei secoli, si sono avuti invece diversi interventi, che hanno apportato trasformazioni alle strutture, non tanto all’aspetto esterno, quanto piuttosto nelle masse nascoste dietro il paramento delle facciate. Anche il deterioramento degli affreschi e dei graffiti è stato motivo di interventi di restauro, non tutti con ottimi esiti, mutando il loro valore artistico.

L’estinzione della dinastia medicea, a seguito della morte di Gian Gastone de’ Medici (1737), portò al governo della Toscana i Lorena. Questo evento provocò anche conseguenze sul Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire che, a seguito della soppressione della sua Marina, prese una fisionomia ben diversa da quella pensata dal suo fondatore Cosimo I de’ Medici.17

Il 9 aprile 1809 un decreto imperiale napoleonico soppresse l’Ordine e confiscò i suoi beni mobili e immobili. Nel 1814, dopo la caduta di Napoleone, il Granducato di Toscana venne restituito al suo legittimo sovrano Ferdinando III, che con Motuproprio del 22 dicembre 1817, confermò gli antichi Statuti in vigore al momento dell’occupazione francese della Toscana. A Ferdinando III succedette Leopoldo II, che con Motuproprio del 28 novembre 1846 istituì, sotto il Patronato dell’Ordine di Santo Stefano, la Scuola Normale Toscana, destinata a formare i Professori e i Maestri delle scuole secondarie e a diventare la sede d’eccellenza degli studi conosciuta oggi. La Scuola Normale era già stata creata da Napoleone I, con Decreto Imperiale del 18 ottobre 1810, come succursale della Scuola Normale francese di Parigi, e divenne operativa nel 1813, ma non decollò mai perché l’anno successivo Napoleone sparì dalla scena ed il uso crollo travolse anche le istituzioni a lui legate.

Con la soppressione dell’Ordine nel 1859 i vari edifici passarono al patrimonio statale: da essere la sede della Religione di Santo Stefano la piazza divenne, ed è tuttora, sede dell’eccellenza degli studi. Questo processo iniziò con l’assegnazione del palazzo della Carovana a sede della Scuola Superiore Normale di Pisa. Attualmente anche il palazzo dell’Orologio e la Canonica sono di sua proprietà, così come il Collegio Puteano con la chiesa di S. Rocco, dove è collocata la sede del Centro di Ricerca matematica Ennio de Giorgi, Laboratorio Fibonacci, altissimo profilo nella formazione e nella ricerca per le scienze matematiche. Infine le altre due case a schiera del prospetto ovest passarono nel dopoguerra a far parte del patrimonio dell’Università e solo il palazzo del Consiglio rimane, insieme con la chiesa, a ricordare la vecchia istituzione della piazza.

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Fra il 1912 e il 1952 la piazza fu interessata dalla presenza dei binari e di una fermata dedicata della rete tranviaria. Negli ultimi anni si è provveduto poi a sottolinearne le caratteristiche uniche attraverso una nuova illuminazione notturna che, su progetto di Roland Jèol, ha previsto la collocazione di apparecchi sulle facciate. Infine dal 2011 al 2013 è stata realizzata una pavimentazione in pietra arenaria che ha sostituito l’asfalto preesistente.

La piazza (Fig.18), con la Chiesa e i palazzi che la contornano e le strade che vi si immettono, conserva ancora oggi sostanzialmente il suo aspetto originale, che la collega al governo dei Medici di Pisa e all’opera del Vasari, presentandosi come il prodotto di un celebre e singolare binomio tra committente e artista.

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2 LE FASI COSTRUTTIVE DELLA CHIESA DEI

CAVALIERI DI SANTO STEFANO

PROGETTO VASARIANO E PRIMA FASE DI REALIZZAZIONE (1565-1567)

SECONDA FASE VASARIANA: COMPLETAMENTO DEL CAMPANILE (1569-1574)

COMPLETAMENTO DELLA FACCIATA PRINCIPALE (1593-1596)

PROGETTO E REALIZZAZIONE DEL SOFFITTO (1603-1606)

AGGIUNTA DEI CORPI LATERALI (1683-1688)

PROGETTI E INTERVENTI DEL XIX SEC.

COMPLETAMENTO DELLE FACCIATE LATERALI (1933-1935)

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2.1 Progetto vasariano e prima fase di realizzazione

(1565-1567)

Una volta terminato il palazzo della Carovana, il Vasari si preoccupò della Chiesa della Religione che, insieme alle case a schiera sul fronte opposto, rappresentano la nuova edificazione nell’ambito del progetto di ristrutturazione della piazza.

La Chiesa Conventuale, uno dei piu importanti edifici dell’Ordine alla cui realizzazione il granduca Cosimo I teneva in modo particolare, fu eretta sull’area della chiesa altomedievale di San Sebastiano alle Fabbriche Maggiori e su alcuni terreni di proprietà privata che la fiancheggiavano (Fig.19).

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Le indagini archeologiche del 2008 presso vi Consoli del Mare hanno fatto chiarezza sulle trasformazioni urbane avvenute tra fine X e XVI secolo nell’area nella quale venne edificata la Conventuale. Si tratta di una zona di particolare interesse per le vicende urbane di Pisa in età medievale, essendo limitrofa al cuore politico della città e sede di impianti siderurgici e metallurgici legati alla lavorazione del bronzo e di officine dei fabbri. Tra XII e l’inizio del XV secolo, l’area indagata appare come uno spazio destinato ad ambienti produttivi, di servizio ed abitativi, caratterizzato dalla presenza di strutture edilizie piuttosto semplici. Nella prima metà del XIV secolo, si avverte una trasformazione radicale, gli edifici vengono demoliti, probabilmente per far posto alla nuova trasformazione urbanistica della piazza. Tali evidenze forse sono parte di quel nuovo “decus” cui s’ispirava – in materia di urbanistica- l’operato dei governanti pisani all’epoca18. In questa zona vi è testimoniata, a partire dal 1074, della chiesa di San Sebastiano de Fabbricis, ma delle sue vicende ancora non conosciamo molto: apparteneva al canonicato di Lanfranchi, insieme con altre quattro chiese. L’obsolescenza e la necessità di contrarre il numero delle parrocchie a causa del calo demografico consigliarono la sconsacrazione e l’eventuale demolizione di alcune chiese pisane. Stessa sorte dovette subire la chiesa di San Sebastiano all’inizio del Cinquecento, ridotta in cattive condizioni dopo un secolo di dominazione fiorentina, oltre al fattto che occupava parzialmente l’area scelta per la futura chiesa di San Stefano dei Cavalieri. La restante area era occupata dall’orto di Vincenzo Caprile, come risulta in un documento del 1569 (Fig. 20).

Il posizionamento dell’orto di Vincenzo Caprile ci permette di ipotizzare con maggiore precizione l’ubicazione della Chiesa di San Sebastiano, che doveva trovarsi a nord dell’orto stesso, tra questo e il palazzo degli Anziani, probabilmente in posizione più arretrata rispetto al fronte del Palazzo, come potrebbe confermare il preciso orientamento est-ovest della porzione orientale del lato settentrionale dell’orto. La chiesa si troverebbe quindi sotto la porzione settentrionale dell’attuale chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri19. (Fig. 21)

18 GARZELLA, 2000, p.47

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Figura 20. Disegno della Chiesa di Santo Stefano con il rilievo dell’orto di Vincenzo Caprile, occupato in parte dall’impianto della nuova chiesa, Domenico Celli, 1569 (ASPi, OSS, f.455, tra cc. 683b e 683c). In KARWACKA-CODINI 1980

Figura 21. L’area di via Ulisse Dini nel medioevo. Con il tratteggio sono indicate le ricostruzioni ipotetiche delle strutture. 1. Possibile ubicazione della Chiesa di S. Sebastiano; 2. Orto di Vincenzo Caprile. In ANICHINI F., GATIGLIA G., 2008

Il progetto della nuova chiesa per i Cavalieri di Santo Stefano nacque all’inizio del 1563, quando al Palazzo della Carovana fervevano i lavori, lo affermava lo stesso Vasari il 3 gennaio di quell’anno in una lettera indirizzara a Bartolomeo Gondi: “Intanto io tiro le corde alla chiesa de’Cavalieri”20. Nelle Note di Disegni et modegli et modani per la chiesa di S. Stefano della Ill.ma

Religione21, l’architetto aretino specificava chiaramente che aveva eseguito non solo i disegni per

la Chiesa, ma anche un modello in legno di rilevanti dimensioni.

Al principio dello stesso anno iniziarono i lavori, che per due anni circa consistettero nella demolizione dei ruderi dell’antica chiesa di San Sebastiano alle Fabbriche Maggiori. Cosimo I venne a Pisa per porre la prima pietra il 17 aprile 1565. L’esecuzione fu affidata allo scultore Stoldo Lorenzi dal Fortini, che soprintendeva alla realizzazione di questa fabbrica come a quella degli altri edifici della Piazza22. La sorveglianza del Vasari fu spesso indiretta: c’era Fortini a

eseguire fedelmente gli ordini dell’architetto.

Tra gli artigiani del cantiere si ricordano soprattutto il capomastro Domenico Celli da Lucca, e Antonio Bitossi, scarpellino che forniva tra l’altro le pietre dalla cava della Golfolina. La costruzione era vigilata poi da speciali commissari del Convento e delle Fabbriche.

20 K. FREY, Il carteggio di Giorgio Vasari dal 1563 al 1565, ed. italiana a cura di A. DEL VITA, Arezzo 1941, p. 687. Lettera del Vasari in Pisa a Bartolomeo Gondi in Firenze del Gennaio 1563. In KARWACKA CODINI 1989 21 P. B. LONARDO, Lettere inedite di G. Vasari, in “Studi Storici”, VI, 1897 , p.262. il modello della Chiesa era conservato ne Cinquecento nel Palazzo della Carovana, e intorno al 1580 risultava custodito da Domenico Celli, capomastro delle Fabbriche dell’Ordine (cfr. ASPi, OSS, f. 1851 s.n.; Nota sulle “masserizie del Convento”, 1579). 22 CAPOVILLA 1909, pp. 151-153

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La chiesa progettata da Giorgio Vasari fu costruita con la semplice concezione di un’unica navata rettangolare, due sacrestie ed il campanile all’angolo destro della chiesa. In pochi mesi furono costruite le mura esterne, seguite dalla copertura. I lavori della chiesa scorrevano molto velocemente, e verso la fine del 1566 si pose mano al tetto.

Nel progetto originario è molto probabile che la copertura si raccordasse col campanile attraverso una doppia falda, a prosecuzione di quella che copre l’aula centrale. Questo è stato dedotto dai segni di travi e di una vecchia copertura a capanna situati nella stanza adiacente al campanile.

La successiva variazione di configurazione, probabilmente è stata dettata dal fatto che nel punto di raccordo tra la falda del tetto e il lato nord del campanile non fosse stato progettato un adeguato sistema di scolo. L’accumulo di detriti e di acqua piovana potrebbe aver portato al deterioramento delle strutture e successivamente alla decisione di un rimaneggiamento della copertura del tetto (Fig.22).

Figura 22. I FASE COSTRUTTIVA: ipotesi copertura originaria

Nell’aspetto dato dal Vasari all’edificio, è chiaramente avvertibile una precoce adesione ai canoni controriformistici, la chiesa infatti venne realizzata pochi anni dopo la conclusione del Concilio di Trento: risulta dunque molto sobria all’interno. La copertura della grande aula era costituita da dieci capriate che scandivano lo sviluppo longitudinale e che testimoniavano l’abilità del Vasari anche nella progettazione strutturale, data la grande luce che le capriate dovevano coprire ed il notevole peso del soffitto, realizzato però successivamente23 (Fig.23). Quando, nell’agosto del

1567, la copertura fu terminata, si passo alle invetriate delle finestre (Giovanni della Fenice) e alla pavimentazione (Papi Comparini).

23 La costruzione del tetto è testimoniata nelle carte d’archivio da un disegno che riporta lo schema statico della struttura lignea accompagnato dalla descrizione degli elementi costruttivi. (fig.23)

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Figura 23. Schizzo e descrizione degli elementi costruttivi per il tetto della Chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, 1569 (ASPi. OSS, f. 2161, c. 97). In KARWACKA CODINI 1989, p.212.

Figura 24. Pianta della chiesa di S. Stefano dei Cavalieri e studi di finestre. Firenze, Gab. Dis. Stampe, n. 4515°. In KARWACKA CODINI 1989, p.205.

A differenza della struttura portante dell’edificio, innalzata molto velocemente tra il 1565 e il 1566, le rifiniture continuarono a lungo. Il Vasari elaborò i disegni di vari particolari ed elementi architettonici. Ne è la prova anche un disegno , che è databile intorno al 1569, considerato opera del Buontalenti, ma che invece è da attribuire all’architetto aretino (Fig. 24), nel quale assieme allo schizzo del coro, troviamo alcuni studi di finestre da porsi sia all’interno che all’esterno della Chiesa.

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2.2 Seconda fase vasariana: completamento del campanile

(1569-1574)

Il 21 dicembre 1569 la Chiesa fu consacrata con una solenne cerimonia sebbene l’edificio non fosse terminato: mancavano la facciata principale, il campanile e alcune rifiniture. Il ritardo nella realizzazione del campanile era dovuto ai mutamenti apportati al progetto iniziale del Vasari del 1569. La struttura portante del campanile fu provvisoriamente coperta e l’architetto ripropose un nuovo disegno nel gennaio del 1570, che avrebbe avuto anch’esso cambiamenti in fase di realizzazione24. Nello stesso tempo, quando iniziava la costruzione, il Vasari e il Fortini

stipularono una convenzione con Giovanni Fancelli di Stocco per le facciate del campanile, che dovevano essere terminate rapidamente entro dieci mesi 25. Il campanile fu completato dal Fancelli su disegno del Vasari dal 1570 al 1574.

Il Campanile è costituito da quattro pilastri in muratura al cui interno è collocata un’apertura tripartita in marmo con sopra un arco traforato e la decorazione di esso venne eseguita con due materiali: marmo e macigno (colonne, finestroni con ornamento in marmo; basamento e balaustre in macigno) (Fig.26). In sommità è presente la cella campanaria in marmo, di dimensioni leggermente ridotte rispetto alla pianta del campanile, dove si trovano aperture circolari in cui originariamente era collocato l’orologio, che poi fu spostato nel palazzo omonimo. Le campane furono fuse intorno alla metà del Settecento. Tra il 1690 e il 1693 fu restaurata la parte superiore del campanile sostituendo la balaustra e altri elementi di macigno in marmo bianco. Tale intervento ( cui ha fatto seguito un restauro nel 1827) hanno mutato notevolmente l’aspetto coloristico del campanile 26.

24 Uno dei cambiamenti riguardava la sostituzione di due “occhi” di marmo con una finestra “con sotto una

cornice e balaustri”, che girassero intorno (CAPOVILLA 1910, p.185)

25 “Giorgio Vasari d’Arezzo et M.o Davitte di Raffaello Fortini Architetto hanno allogato il campanile della loro

chiesa in Pisa a M.ro Giovanni di Paolo Fancelli alias di Stocco in questo modo cioè: che le quattro facciate di detto Campanile si debbono fare et condurre tutte insieme et ciascheduna per sé secondo uno disegno fatto dal prefato M. Giorgio misurato a braccia piccole il primo basamento di sotto dove vanno i balaustri tutto di macigno della cava di Gonfolina et il restante dè finestroni insieme con la sua finestra tutti di marmo del monte pisano accettuato otto colonne quali saranno di marmo che detta Ill.ma Religione li darà per mettere in detto luogo secondo il disegno suddetto; parimenti otto zoccoli i quali debba detto m.ro Nanni procedere per dette colonne et il restante della fine da secondi balaustri in su dove sono gli occhi et dove va l’oriolo si debbe fare in marmo pisano” (ASPi, OSS, f. 1205, c. 917).

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2.3 Completamento della facciata principale (1593-1596)

Quando all’inizio del 154 si conclusero i lavori del campanile, non fu completata la facciata. Il progetto originario del Vasari è andato perduto, ma probabilmente fu ripreso dai progetti successivi dei diversi architetti27. Intorno al rivestimento del fronte conventuale vennero svolte

numerose ipotesi di intervento, da parte di personalità di spicco come Giovanni Antonio Dosio, Gino di Stoldo Lorenzi, Giovanni Caccini e Alessandro Pieroni.

Figura 27. La lapidazione di Santo Stefano, Giorgio Vasari, 1569-71 (chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri, Pisa) Il progetto del Vasari della facciata, andato perduto, doveva essere molto simile all’edificio che compare in alto a

destra nella tavola.

Un disegno anonimo28 illustra un progetto della facciata (Fig. 28), che risale forse ai preparativi

per la scelta dei marmi e non fu mai eseguito: è probabile che a causa del costo elevato il granduca rimandasse l’impresa a un periodo successivo. Il muro della facciata rimase pertanto spoglio di fronte alla Piazza e già nel 1579 “minacciava la rovina” e richiedeva interventi di restauro.

27 Il progetto del Vasari della facciata doveva essere molto simile all’edificio che compare in alto a destra nella

tavola con la Lapidazione di Santo Stefano, eseguita dall’artista per la chiesa ed ancora oggi lì collocata. Nella tavola si staglia appunto una severa facciata cuspidata anticipata da un portico architravato decorato da quattro statue, costruita attorno ad un perimetro quadrato che ricorda il presunto disegno vasariano studiato dal Paliaga. (Fig. 27)

28 Che si tratti della Chiesa dei Cavalieri di Pisa non c’è nessun dubbio: lo indicano lo stemma mediceo e

dell’Ordine e le misure di base del prospetto. Non sembra invece possibile ritrovare la mano di Giorgio Vasari nei rigidi delineamenti delle parti architettoniche, nel trattamento delle superfici e nel segno fin tanto lineare. Il disegno è pertanto da ritenere anonimo. (Fig. 28)

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Figura 28. Progetto della facciata della Chiesa Conventuale, anonimo (Firenze, G.D.S., Uffizi, 2448a). In KARWACKA CODINI 1989, p. 214.

Solo circa vent’anni dopo, Ferdinando I volle condurre a termine la Chiesa e incaricò Don Giovanni de’ Medici, figlio naturale di Cosimo I, di eseguire un nuovo disegno per il prospetto. Delle due versioni date dal Medici, fu scelta quella che sembra avvicinarsi maggiormente alla proposta vasariana, quella cioè con le fasce di bardiglio applicate atorno agli elementi di marmo, allo stemma e alle finestre (Fig.29).

Figura 29. Progetto della facciata della Chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, Don Giovanni de’ Medici (Firenze, G.D.S., Uffizi 2926a), in rosso è indicata la soluzione scelta. In KARWACKA CODINI 1989, p.215.

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Un ritorno all’idea del Vasari riguardò l’orologio che, situato dal 1578 sulla facciata principale della Chiesa, fu spostato nel 1628 sul campanile. Le quattro mostre del campanile da quattro furono ridotte a due, e nonostante ciò il funzionamento dell’orologio non risultò soddisfacente a causa dell’umidità a cui era esposto il meccanismo; per tali motivi già nel 1696 si decise di collocare l’orologio nel Palazzotto del Buonomo, un altro edificio dell’Ordine.

La proposta del Medici presenta un effetto cromatico molto più limitato rispetto al progetto anonimo della facciata tuttavia troviamo molte somiglianze in alcuni aspetti dell’idea architettonica generale, ciò si verifica soprattutto nella parte superiore della facciata: Don Giovanni ripete la matrice a due ordini con il grande arco al centro. Lo svilupo lineare e armoniso dei due ordini, corinzio il primo e composito il secondo, mediato dalla presenza del grande timpano arcuato al centro della composizione, insieme coll’applicazione dei timpani triangolari spezzati e quelli a curvatura, esprimono l’interesse per tipi di costruzione basati sulla compattezza e solidià architettonica, frequenti allora in tutta la Toscana. Nel disegno della facciata si avvertono alcuni influssi de Buontalenti29, di cui il Medici fu allievo, in particolare

nell’applicazione dei lunghi panneggi a risvolti ai lati delle finestre, delle due volute ai lati del timpano e della grande arme mediceo-stefaniana. Gli effetti chiaroscurali sono inseriti in una composizione massiccia, compatta ed elegante, di carattere ancora manieristico, ricco di motivi lineari ma raffinati30. Oltre ai disegni si conserva tuttora anche il modello, eseguito da Orazio

Migliorini e Andrea Ferrucci nel 159331. Sulla base di tale modello (Fig.30) la facciata fu realizzata,

quasi fedelmente, nel periodo di tre anni.

La facciata fu dunque costruita dagli scalpellini Giovanni Gargiolli e Francesco Balsimelli secondo il progetto di Giovanni de’ Medici coadiuvato da Alessandro Pieroni, che vi lavorò fino al 160632.

Quest’ultimo che soprintendeva alla realizzazione del prospetto, provvide ad abbellire l'edificio eseguendo la porta d'ingresso ed apportando piccole modifiche al complesso, richiesti dal Sovrano come quella di sostituire il bardiglio con il marmo nero di Portovenere.

La facciata, corrispondente alla navata principale, è stata realizzata con il marmo bianco di Carrara, con fasce di bardiglio a riquadri, composta da due ordini sovrapposti e tripartita verticalmente da colonne e lesene lisce. Nella parte centrale, leggermente arretrato, era presente il portale di accesso, racchiuso da un timpano spezzato, mentre nelle fasce laterali erano presenti dei riquadri in bardiglio grigio. Al secondo ordine dominava lo stemma di marmo della casata dei Medici, con ai lati due finestre incorniciate da panneggi. Concludeva il prospetto un frontone in cui era inserito lo stemma stefaniano intarsiato e due volute di raccordo a dei pinnacoli terminali. Lo stemma della Religione rappresentava la croce rossa dell’Ordine di Santo Stefano.

29 Alcune fonti a partire dal Baldinucci attribuiscono la facciata a Bernardo Buontalenti, forse per il suo

interessamento alla fabbrica stefaniana. In realtà il Buontalenti fu convocato dai Cavalieri nel maggio 1579 soltanto per esprimere un parere sulle misure da prendere per salvaguardare dalla rovina una parete pericolante della chiesa.

30 In KARWACKA CODINI 1989

31 Il modello, eseguito in tiglio intagliato, è conservato a Pisa, Museo Nazionale di San Matteo.

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Nel fregio del secondo ordine un’iscrizione ricordava l’erezione della chiesa ad opera di Cosimo de’ Medici, mentre nel primo ordine un’altra scritta menzionava l’edificazione della facciata per volontà di Ferdinando.

Figura 30. Modello della facciata della Chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, 1593, Orazio Migliorini e Andrea Ferrucci (Pisa, Museo Nazionale di Don Matteo).

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2.4 Progetto e realizzazione del soffitto

(1603-1606)

Tra il 1603 e il 1606 fu realizzato il soffitto ligneo, ricco ed elegante con riquadri inseriti all’interno, su progetto atribuito a Alessandro Pieroni, con la partecipazione di Filippo Paladini come decoratore e intagliatore33.

Figura 32. Schema realizzazione soffitto ligneo

Nel 1604 furono portati a termine i lavori d’intaglio; proseguivano quelli delle pitture (Fig.33). Il programma iconografico, che comprende sei dipinti, nacque per volontà di Ferdinando I subito dopo il compimento della facciata, ma la sua realizzazione ritardò a causa di fattori imprevisti. Il ciclo pittorico fu affidato al Cigoli, il quale, dovendo partire per Roma, rifiutò di attendere a tutta l’opera e riservò a sé un solo soggetto. Per gli altri quadri, raffiguranti episodi militari e civili dell’Ordine, furono scelti quindi quattro pittori diversi, che terminarono l’opera definitivamente solo nel 1614.

33 Il disegno per ornamenti del soffitto fu cominciato dal Pieroni e condotto a termine, nel 1602, da Filippo

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Figura 33. Ciclo pittorico del soffitto e confronto con il rilievo del 1607 :Disegno del soffitto ligneo della Chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano (Firenze, G.D.S., Uffizi, 44 orn.). In KARWACKA CODINI 1989, p.222.

Il disegno del soffitto , intitolato “Quarta parte della soffitta della Chiesa dell’Ill.ma e Sacra Relig.ne di Santo Stefano di Pisa”, è da considerarsi un genere di rilievo che fu eseguito attorno al 160734. Esso quindi non è preparatorio per la composizione decorativa del soffitto, che a

questa data risulta ultimato da pochi anni, ma è da considerarsi come documento “promemoria” da conservarsi nel caso in cui si dovessero eseguire lavori di manutenzione o meglio ancora di restauro.

Figura 34.. Rilievo del soffitto ligneo, 2017

34 Disegno a penna e acquerello, su carta bianca, non datato, è firmato in fondo a sinistra, ma la firma risulta

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2.5 XVII sec.: L’ampliamento della Conventuale

Agli esordi del XVII secolo si ebbe una ripresa di interesse per la chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, poiché le sue insufficienti dimensioni rendevano complicato l’adempimento delle funzioni liturgiche e quelle legate all’Ordine. La pianta qui riportata è un rilievo sommario della chiesa dell’Ordine agli inizi del XVII secolo, che testimonia l’impianto di massima dell’edificio progettato dal Vasari (Fig.35). Una pianta attribuita a Domenico Celli del 1569 registra una situazione quasi identica a quella raffigurata35.

Figura 35. Rilievo sommario della chiesa agli inizi del XVII secolo, che testimonia l’impianto di massima dell’edificio progettato dal Vasari. In RENZONI 1989

2.5.1 XVII SEC.: LE IPOTESI DI AMPLIAMENTO DI PAOLO GUIDOTTI36

Nel 1610 l’architetto Mechini ricevette direttamente dalla Granduchessa l’incarico di occuparsi del progetto di ampliamento, consistente nell’aggiunta di alcune cappelle laterali alla parte esistente della chiesa.

Il legnaiolo dell’ordine, Bartolomeo Atticciati, presentò nel 1610 il «modello… dell'accrescimento da farsi nella chiesa», senza alcun successo: il progetto non venne realizzato, ma i Cavalieri furono costretti ad interrogarsi sulle necessità della chiesa. La proposta iniziale non fu quindi accolta, ma servì come spunto per i progetti successivi di Paolo Guidotti, detto il Cavalier Borghese. Egli sviluppò infatti cinque ipotesi, che si configurarono come varianti di una stessa idea-base: con la relazione del 30 luglio 1616 egli presentò i progetti puntando ad una totale ristrutturazione della parte terminale dell’edificio, proponendo la trasformazione della pianta rettangolare in una a croce latina, con l’aggiunta di una vasta crociera dominata al centro da una cupola, su cui insistevano due transetti absidati, articolati in una cappella e con un altare ciascuno. La navata centrale non doveva invece subire modifiche strutturali significative, se non per l’aggiunta di quattro nuovi altari che dovevano sostituire i due vasariani, così da incrementare il loro numero da due a sei. Inoltre egli suggeriva la chiusura delle due porte laterali37. L’architetto

35 KARWACKA CODINI 1980

36 Per la realizzazione della parte sui progetti secenteschi della Conventuale è stato fatto riferimento al seguente

testo: RENZONI 1989a.

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proponeva poi la costruzione di un secondo campanile, che doveva essere adornato con un orologio simmetrico al primo, o in alternativa indicava di smontare quello vasariano per poi ricostruirlo dietro al coro, in posizione centrale. Borghese trattava inoltre di una vasta platea di fronte alla facciata e della copertura delle volte dei nuovi corpi di fabbrica mediante l’ampliamento del soffitto del Pietroni esistente nella navata centrale.

I cinque “pensieri” del Borghese sono la prova di una sensibilità arcaizzante e tardomanieristica: la trasformazione della pianta ad aula rettangolare in una a croce latina riprende i repertori di Pietro Cataneo e di Bartolomeo Ammannati, tipici della metà del XVI secolo. La situazione edilizia pisana agli inizi del Seicento guardava infatti verso soluzioni neo-cinquecentesche, col ricorso a modelli della trattatistica del Cinquecento maturo. Nelle tavole presentate il Borghese proponeva alternative formali giocate intorno ai temi della controriforma, desunti dalle Instructiones di Carlo Borromeo, edite nel 1577: il vescovo consigliava la pianta a croce, due altari alle estremità dei transetti e lungo le pareti della navata centrale equidistanti tra loro, un campanile con un orologio e di eliminare gli ingressi posti in vicinanza degli altari. Le piante del Borghese rileggono inoltre quelle inserite da Giorgio Vasari il Giovane nei suoi due trattati di architettura38.

Complessa rimane comunque la sicura identificazione dell’autore dei disegni, che mostrano una certa banalità compositiva e una scarsa familiarità con la pratica architettonica, così come è nella relazione allegata, che utilizza principalmente temi legati alla descrizione pittorica: è possibile quindi identificare l’autore con quel Paolo Guidotti che nel 1615-1616 era impegnato a Pisa in alcuni lavori di pittura e scultura anche su incarico granducale, come quelli per il Camposanto vecchio, nel Duomo e nella chiesa di San Silvestro.

Si riportano le ipotesi di ampliamento della chiesa con le relative schede dei disegni di Paolo Guidotti (Fig.36).

Il primo progetto di ampliamento (Tavola 1) illustra il più elaborato dei pensieri del Borghese. Questo si differenzia dagli altri per qualità e maturità, al punto di rendere incerta l’attribuzione allo stesso autore39.

Nella relazione al progetto del Cavalier Borghese troviamo:

- Lunghezza della pianta di tutta la chiesa tra il vecchio e il nuovo: 145 braccia - Lunghezza delle braccia da farsi di nuovo per l’accrescimento: 125 braccia - Larghezza di tali braccia: 27 braccia (2/3 della lunghezza della chiesa) - Lunghezza del nuovo coro: 20 braccia

- Larghezza del nuovo coro: 13 braccia

38 Giorgio Vasari il Giovane, vestendo l’abito di Cavaliere di Santo Stefano, ricoprì cariche che lo fecero

soggiornare ripetutamente a Pisa fino al 1625, anno della sua morte. È molto verosimile dunque che il Borghese ed il Vasari si siano frequentati a Pisa, stimolati dai comuni interessi artistici, e che il secondo abbia mostrato al primo i suoi manoscritti di architettura: in entrambi gli autori si registra la medesima insistenza sull’impianto chiesastico a pianta cruciforme.

39 Dalla lettera del Borghese al Granduca si ricava che l’autore avesse redatto un solo disegno, da individuare nel

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Il secondo progetto di ampliamento della chiesa (Tavola 2) differisce dal precedente per la diversa soluzione proposta per la chiusura del coro e dei transetti. Il Borghese opta infatti in questo caso per l’adozione di absidi circolari e prevede cupole che dominino la cappella principale ed i transetti. Il progetto si rifà alla raccolta di Piante di chiesa di Giorgio Vasari il Giovane.

Una variante del secondo progetto di ampliamento (Tavola 3) scarta l’utilizzo di absidi circolari previsto nella precedente versione. In ogni caso la cappella principale ed i transetti sono dominati da cupole e si nota che il progetto ricalca fedelmente le tipologie della raccolta di Giorgio Vasari il Giovane.

Il terzo progetto (Tavola 4) è quasi identico al secondo, ma i transetti vengono contratti e non risultano più voltati a cupola.

Una variante del terzo progetto (Tavola 5) riprende la struttura della Tavola 4, ma applica una contrazione dei due transetti, non più voltati a cupola, come nel caso precedente. Inoltre si nota la chiusura delle cappelle mediante corpi rettangolari.

Comunque sia i progetti del Cavalier Borghese non vennero approvati e la chiesa mantenne il proprio aspetto ancora per qualche decennio.

Figura 36. Tavola 1, 2, 3, 4, 5. “I cinque pensieri del Borghese”. In RENZONI 1989

modo, nonostante la questione resti aperta, la somiglianza della grafia della relazione autografa con quella delle cinque tavole sembra giustificare la proposta di un’unica attribuzione.

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