The John Galt Financial Newsletter, 1957
Fax: +44‐207‐9766106 E‐mail: [email protected]
19 agosto 2018 – E' finita la pacchia... o la ricreazione? O cosa?
SOMMARIO Euro a 1.1438 contro dollaro e 126.40 contro yen. Dollaro/yen 110.50, yen/euro 126.40. Oro 1,184.25, rame 5890, indice GSCI 451.63, greggio 65.91. T-Bond 144.53, rendimento 3,02%. Euribor tre mesi -0,29%, Bund 163.67, rendimento 0,31%. Dow Jones 25669. Milano 20415. Indice Banche tedesche 45.08.
"La ricreazione è finita" fu l'avviso di un nuovo CEO alla platea di troppi manager nullafacenti di una già Grande, e da lì in poi solo grossa (e alla fine morta), azienda italiana.
"La pacchia è finita" è più recente, e conoscete la fonte. Entrambi, anche il primo, ancora bene presenti nella politica e economia italiane.
A proposito delle quali, c'è una sola cosa da sapere: un periodo per quanto lungo (decenni) di basso costo del denaro non basta a accumulare l'unica, vera risorsa che caratterizza le utilities [autostrade, acquedotti, aeroporti, reti telefoniche]: il capitale.
Per motivi strutturali, non solo politici, le utilities sono caratterizzate da alta capitalizzazione, basso e relativamente stabile rendimento, sviluppo organico, reciproca dipendenza dei profitti (quindi del finanziamento) dalla crescita e redditività dei clienti, quindi del contesto in cui le utilities operano.
Grandi opere senza forte industria = Africa postcoloniale. Debiti e fame.
Grandi ferrovie, grandi debiti per pagarle, senza manifattura e conseguente ampliamento e arricchimento del ceto medio = rivolta dell'India contro l'Impero Britannico.
Grandiosi ponti e autostrade e satelliti nello Spazio, grandi aeroporti, pochi telefoni per il pubblico, poche patate nei supermercati = crollo dell'Unione Sovietica.
Economia vivace e aggressiva, tecnologicamente avanzata, reti elettriche scadenti = elezione di Trump che promette di detassare i profitti e investire nelle infrastrutture.
E' un tango. Non si può ballare da soli.
Le infrastrutture di per sé non creano crescita economica, e nemmeno la
"trainano": la consentono, le sono strumentali.
E richiedono che manifattura e servizi generino profitti elevati, attirando capitali di rischio, mentre le utilities attirano i capitali più
"maturi", più pazienti (fondi pensione, dinastie liquide, holding diversificate), che possono accettare rendimenti più bassi perché non chiedono soldi a breve termine al mercato.
L'infrastruttura è la migliore "visualizzazione" possibile di cosa sia il capitale. Tramezzineroo può finanziarsi con gli incassi giornalieri (macché, nemmeno loro...), la rete elettrica no.
Quindi le infrastrutture devono essere in mano a chi ha capitali da investire, basso o nullo indebitamento (qualche utility rende meno, o poco più, del deposito in Banca, quindi deve battere i costi di raccolta bancaria), visione stabile di lungo termine mista a un costante interesse per l'aggiornamento tecnologico (l'utente non deve accorgersi nemmeno che dal rame si passa alla fibra: il ritmo dell'aggiornamento tecnologico dev'essere al passo con quello degli utenti. Troppo lento, e danneggi i tuoi clienti, talvolta fino a ucciderli. Troppo veloce, e ti carichi di costi eccessivi per un prodotto che ancora nessuno usa né vuole pagare).
Adesso mi faccio una domanda: CHI risponde a questo "identikit" di solido capitalista poco indebitato e lungimirante, attento ai profitti della piccola media e grande impresa, nello scenario evocato dalla brutta storia di questi giorni?
Un famiglia in declino che da 30 anni cerca inutilmente un amministratore delegato per la sua azienda eponima? Che finanzia debiti a lungo termine a alto costo cercando di forzare al rialzo i rendimenti a breve? Quindi non ha capito un tubo di cosa sia una utility che possa sopravvivere?
Oppure, allora?
Lo Stato?
Quale sua componente: quella "antica" che ha scavato il debito pubblico, e che dopo il luminoso quindicennio di Einaudi e del "tiratevi su le maniche" non ha mai capito la differenza fra capitale e piccola cassa?
Quella che dovette privatizzare le sue utilities, cercando di metterle in mani "amiche", non "per colpa di un complotto speculativo internazionale"
(ma dài... ancora?!?), ma perché la famosa e tanto rimpianta "lira sovrana" stava sprofondando? Perché non avevano funzionato le promesse
"sovraniste" e assistenzialiste implicite, che oggi gli "innovatori"
sostituiscono con promesse esplicite ma identiche?
Chi era paziente, ben capitalizzato, laborioso e attento all'innovazione competitiva, nonché riconoscente verso i propri clienti: Andreotti? Prodi?
I loro pallidi eredi recenti?
O invece l'ala nuova, "modernista-futurista" che in campagna elettorale
"studiava Economia" da Maduro, e che crede che i capitali si stampino? O la sua componente "agraria-incazzata-decisionista", che crede che le strade facciano parte del panorama della Patria, come le statue del Bernini e i campanili? Dovuti? Nati dal nulla? (I campanili furono la
"ciliegina sulla torta" degli immensi risparmi e investimenti della nascente borghesia dei Liberi Comuni. Un gesto di ringraziamento da parte di chi aveva già costruito muri, pozzi, case, e con i soldi che riteneva inutile portarsi nella tomba donava simboli della propria capacità e del credito e rispetto dovuti ai propri eredi).
Chi di questi ha capito una cippa di cosa siano e come funzionino le infrastrutture? A chi di questi dovreste affidare le comunicazioni fra le Vostre aziende? Da chi dovreste farvi dettare decisioni razionali, giuridiche, politiche, e emozioni?
Tacere, tutti... no, eh?
Sbagliato fermare il campionato di calcio. Anzi: il tifo di questi giorni avrebbe dovuto essere indirizzato lì. Perché non c'è tifo possibile, non c'è la minima adesione possibile, per un imprenditore e capitalista, a una qualsiasi delle migliaia di stronzate e di reciproche accuse (autoassolutorie) che ho letto e sentito in questi giorni.
Altro che "pacchia" e "ricreazione".
Sono finiti, da un pezzo, i soldi.
Lo Stato italiano non ha nemmeno la piccola cassa per portare a termine un esproprio, altro che "rinazionalizzazioni".
E il "capitalismo di relazione" non aveva capitali cinquant'anni fa, figuriamoci adesso.
E altro che "Russi" che vi diano la copertura politica per fare una
"venezuelata".
Provate a parlare con i Cinesi. Umilmente. Sentite anche cosa suggeriscono, oltre a chiedergli dei soldi.
Siate molto umilili, quando ci parlate. Perché saranno selettivi. Molto selettivi.
Vi stavate divertendo, con le start-up in bicicletta, i manager che aprono un'agriturismo hi-tech in Umbria, e la grinta ispirata a quando c'era LVI?
Mi dispiace, la parentesi inflazionista è finita.
Salgono i tassi, mancano i capitali per approfittarne, restano i conti da pagare.
Certo che a quel punto vengono anche giù i muri, i ponti e le reti.
L'America era in emergenza da anni su questo tema, ha eletto un Presidente apposta. Apposta perché rendesse più facile accumulare capitali, perché spenderli senza accumularli non è possibile. I Cinesi non parlano d'altro da trent'anni. Gli Arabi e i Persiani si ammazzano fra loro parlando di Allah, ma i sottotitoli dicono "tubi, porti, e catena di lavorazione delle commodities".
Vabbe'.
No, non ho lacrime, le ho finite nel 1966. Chiedete alla tivù, loro ne hanno in abbondanza.
Passiamo oltre.
Cosa fa, nel frattempo, il Mondo in cui siete immersi?
Stringe il credito. E cerca di compensare la stretta facendo soldi.
Non è un novità - ci sono poche novità, nel Mondo reale. Ci sono milioni di piccoli eventi, e poche grandi lente tendenze che li legano (e quando vengono negate, producono "esplosioni" apparentemente eccezionali, che sono solo valvole di sfogo).
Il dollaro sale, tenta addirittura un decollo (massimi a 1.13 contro euro, 1160 contro oro, 0.72 contro australiano), lo yen sale insieme al dollaro (avvicina 110 contro dollaro, tocca 125 contro euro), Cina rame e banche tedesche confermano i ribassi.
I Titoli di Stato si dividono fra titoli "forti" (USA, Bund) che davanti ai segnali di deflazione reggono (non salgono, semplicemente reggono), e periferie che sbandano, a cominciare in quetsi giorni ovviamente dall'Italia.
Fermatevi un attimo a chiedervi come mai, in giornate di roboante assertività dello Stato, di proclami su uno Stato addirittura al di là delle piccolezze giuridiche (frase agghiacciante, quella sui "tempi della Giustizia". Varrà anche per altri contratti?), chi usciva dalla Borsa (e questa può essere emotività - oppure anche no) non si sia nemmeno sognato di parcheggiare la liquidità sui BTP. Milano -4.42%, BTP -1.80%...
A rallentare una generale sbandata delle Borse, centrata sulle Banche, provano gli USA (sempre sul tema "profitti", e aiutandosi con la TRATTATIVA USA/Cina sui dazi. Insisto: quella è una trattativa, dura ma pur sempre trattativa. La guerra è un'altra). Ma con esito molto modesto (Dow Jones +0,63% non può compensare il -5% dei Semiconduttori (SOX), il - 4.5% della Cina e tantomeno il tonfo globale delle Banche).
Interventi cinesi a sostegno dello yuan aiutano anch'essi la Borsa USA a reggere e rallentano il dollaro a fine settimana. Vengono calcolati dagli operatori come segnali che le linee di comunicazione fra USA e Cina non sono interrotte.
Attenzione a giorni.
Dollaro ampiamente sopra 1.15, oro sotto 1200, rame in ribasso, yen che attacca 110, Banche in ribasso, BTP a ridosso di 125, T-Bond americani sotto 145 anche in piena bufera su Borse e commodities,
sono tutti segnali convergenti di contrazione del credito e della moneta.
Questo è l'ambiente che si sta preparando per l'autunno.
Cercate di non aggiungerci anche qualche stronzata politica (parole al vento...).
Operatività confermata, inclusa la diversificazione su yen degli investimenti.
Confermate le posizioni ribassiste sui bond.
Vediamo al volo i prezzi della settimana.
I PREZZI DI MERCATO IN RAPIDISSIMA SINTESI:
Titoli di Stato e tassi d'interesse a lungo termine:
T-Bond americani +0,41% a 144.53, rendimento 3,02%;
Gilt inglesi +0,28% a 123.75, rendimento 1,24%;
Bund tedeschi +0,41% a 163.67, rendimento 0,31%;
OAT francesi +0,25% a 154.85, rendimento 0,67%;
BTP italiani -1.80% a 123.04, rendimento 3,12%;
Bonos spagnoli -0.21% a 120, rendimento 1,45%;
JGB giapponesi invariati a 150.43, rendimento 0,10%.
MONETE
Oro -2.16% a 1,184.25: sfonda 1200, rilancia in pieno uno scenario di
"dollaro forte e stretta del credito, possibile deflazione".
Per di più l'oro continua a perdere anche contro yen: -2.78% a -2.78%, attenzione a 4200/4000, decisivi segnali di forza dello yen, mai toccati da anni.
Dollar index +0,13% a 96.1;
Dollaro/euro +0,24% a 1.1438; passa 1.15 (netta forza del dollaro);
Dollaro/yen -0.41% a 110.50; attenzione a 110/108 (decollo dello yen);
Yen/euro +0,63% a 126.40;
Sterlina/dollaro -0.25% a 1.2749.
Periferie e emergenti:
australiano invariato a 0.7313;
canadese +0,31% a 1.3061;
rand sudafricano -5.78% a 14.64;
Yuan cinese 6.878: decisamente debole. Possibile attacco a 7.00 anche a breve; si sono visti interventi difensivi delle Autorità cinesi, finalizzati alla stabilità del sistema e alla trattativa con gli USA sui dazi.
Won coreano +0,36% a 1,124.93.
Materie prime
indice GSCI della materie prime -1.21% a 451.63;
greggio -1.42% 65.91;
rame -4.98% a 5890, nickel -3.00% a 13390, alluminio -2.77% a 2004, zinco -9.16% a 2391.
Acciaio cinese +8.33% a 4550.
Persiste il tema della forza dei noli, indicatore di "errata allocazione"
di materie prime +1.71% a 1723. I massimi della "crisi alluminio" della primavera rallentano ma non fermano il rialzo.
Borse
Borse generaliste:
Dow Jones +0,63% a 25669, Francoforte -2.18% a 12211, Londra -1.72% a 7559, Brasile -3.48% a 76029,
Tokyo -0.12% a 22270,
Cina: Shanghai -4.52% a 2669. Riprende e accetua il ribasso, ormai ampiamente sotto l'allarme da crollo di 3000.
Banche:
Germania (-8.15% a 45.08), replica i minimi storici assoluti;
Europa (-3.75% a 151.04), Inghilterra (-3.67% a 146) America (-0.56% a 466.68),
Fondi immobiliari USA (+2,03% a 363.50), Giappone (-0.51% a 207.38),
Italia (-4.42% a 20415). Non è solo Atlantia. Intacca 21000, attenzione a 19000 che rilancerebbe il ribasso di lungo/lunghissimo termine dopo un anno di "limbo".
Questa lettera verrà aggiornata fra una settimana o dieci giorni. Se da qui alla prossima lettera sarà necessario correggere nettamente qualche indicazione, invieremo dei brevi messaggi.
Se il lettore desidera spiegazioni, messe a punto o indicazioni pratiche su singoli punti di questa lettera, grafici o documenti relativi alle analisi può chiederli in qualsiasi momento e li riceverà a giro di fax o di e‐mail. Ugualmente può segnalare se desidera che valute, indici, commodities, tassi, titoli, fondi, indicatori non trattati in questo numero della lettera vengano
aggiunti nei numeri successivi.
Qualsiasi operazione finanziaria verrà intrapresa in seguito a libero giudizio del lettore, e a suo pieno rischio e profitto.
Gli autori della “John Galt Financial Newsletter” non svolgono attività di gestione o collocamento di prodotti finanziari.
I prezzi e i valori citati o usati per rappresentazioni grafiche sono ricavati da banche dati ufficiali o ritenute professionalmente affidabili ma non sono garantiti da John Galt Financial Newsletter.
“The John Galt Financial Newsletter, 1957ʺ e ʺThe John Galt Political Newsletter, 1946ʺ sono prodotti dell’intelletto indipendenti e non rappresentano necessariamente i punti di vista dello Ayn Rand Estate né dello Ayn Rand Institute.
Gli abbonati a questa newsletter non acquisiscono nessun diritto di riproduzione o diffusione del suo contenuto, nemmeno a titolo gratuito.
Tutti i diritti sono riservati agli autori, rappresentati da:
CONSILIA Group, 22 Eastcheap, 2nd Floor, London EC3M 1EU.