The John Galt Financial Newsletter, 1957
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10 giugno 2018 – Arriva "la settimana più importante dell'anno"?
SOMMARIO Euro a 1.1769 contro dollaro e 128.93 contro yen. Dollaro/yen 109.55, yen/euro 128.93. Oro 1,298.17, rame 7324, indice GSCI 476.17, greggio 65.74. T-Bond 143.19, rendimento 3.09%. Euribor tre mesi -0.25%, Bund 160.40, rendimento 0.45%. Dow Jones 25317. Milano 21356. Indice Banche tedesche 46.55.
Alla vigilia di una settimana indubbiamente densa di eventi (impatto del G7, definizione dei dazi USA contro la Cina, importanti annunci della BCE sul Quantitative Easing e della FED sui tassi, e altro ancora), i mercati rallentano dopo le recenti sfuriate.
Variazioni della settimana: oro +0.37%, dollaro/euro -0.94%, dollaro/yen invariato, australiano +0.42%, materie prime -0.20%, greggio -0.11%, T-Bond americani -0.42%, Borsa cinese -0.26%, alluminio -0.61%,
ma, in mezzo a tanta quiete: BTP italiani a 10 anni -3.41%, BTP italiani a 2 anni -1.25%, Borsa italiana -3.41% in una settimana in cui perfino le scalcagnate Banche tedesche segnano +1.53% e Wall Street galoppa al +2.77%.
Cioè: scenario globale lento/misto, piccoli movimenti, piccoli disastri locali, movimenti locali e specifici molto ampi ma senza sostanziale "contagio" globale.
Mentre dieci giorni fa la sbandata dei BTP aveva immediatamente gelato le Borse.
Discutiamo oggi se l'"episodio" italiano di questi giorni sia un caso isolato o un caso marginale. E che cosa significhi questa differenza.
Affronto la settimana che inizia come avevo affrontato la precedente:
mantengo le posizioni sulle valute, anche lo yen (cioè, piccoli episodi di debolezza di dollaro e yen non mi convincerebbero);
non mi stupirebbero ritorni di debolezza delle banche tedesche [in allarme rosso finché non tornassero ben sopra 50, meglio 60],
vedo che i T-Bond, sia pur piatti da qualche settimana, sono poco lontani dall'allarme rosso di 142 [che era "143" sul contratto future giugno - da questa settimana sui lavora sul contratto settembre].
INDICE
SOMMARIO
TEORIA, POLITICA E METODO
Analisi delle notizie della settimana 3 Imprevisti prevedibili e prevedibili imprevisti.
LO SCENARIO GENERALE DEI MERCATI E DEL CICLO ECONOMICO A brevissimo/breve termine (giorni/settimane/mese) 3
A medio termine (tre mesi) 13
I SINGOLI MERCATI E LE INDICAZIONI OPERATIVE
Valute 9
Materie prime 11
Tassi e obbligazioni 3, 8
Borse 11
LO SCENARIO DI BREVISSIMO/BREVE TERMINE Le variazioni percentuali della settimana sono umilianti per un analista come me, che Vi sta ripetendo in modo ossessivo "non concentratevi sulle polemiche locali italiane, o sul tweet-della-settimana di Trump.
Continuate a guardare l'evoluzione dello scenario monetario, la dinamica innescata dal rialzo involontario dei tassi americani e globali, inseguito non diretto dalle Banche centrali".
Umilianti, perché - variazioni della settimana:
oro +0.37%,
dollaro/euro -0.94%, dollaro/yen invariato, australiano +0.42%, materie prime -0.20%, greggio -0.11%,
T-Bond americani -0.42%, Borsa cinese -0.26%, alluminio -0.61%, ma
BTP italiani a 10 anni -3.41%, BTP italiani a 2 anni -1.25%,
Borsa italiana -3.41% in una settimana in cui perfino le scalcagnate Banche tedesche segnano +1.53% (un rimbalzicchio, dopo un tonfo del 20%
nei quindici giorni precedenti) e Wall Street galoppa al +2.77%.
Cioè: scenario globale lento/misto, piccoli movimenti, piccoli disastri locali, e movimenti locali e specifici molto ampi senza sostanziale
"contagio".
Sì, i fattori locali contano. Certo che contano.
Il punto è quel "contagio" [fra virgolette, perché non è un "contagio"
infettivo]:
affinché lo scenario economico prenda una direzione decisa, occorre che a muoversi siano gli indicatori di sostanziosi movimenti di capitale.
Finché ballonzola il cacao è una cosa, quando perde il 3% l'oro (prezzo enormemente più difficile da spostare) è un'altra.
Montepaschi è una cosa,
Unicredit un'altra cosa [-8%, in cerca di moglie, non si sa se francese o tedesca - entrambi i Paesi hanno figlie cozze da piazzare],
ma tutt'altra faccenda è Deutsche Bank (a proposito: +1.48% dopo il -24%
delle settimane scorse: è sempre lei a dire all'indice bancario tedesco come e quanto muoversi e quindi a spiegare perché si muova).
Ripeto: i BTP sono orridi, sia a 10 sia a 2 anni, l'inversione della curva dei tassi anche [entrambi più significativi dello "spread"], ma di crisi debitoria europea si parlerà solo quando i titoli USA e poi quelli tedeschi le daranno il via libera.
Cioè quando, in presenza di un cedimento dei prezzi, non ci sarà liquidità esterna capace di approfittarne. Perché non ci saranno Banche centrali (USA, Giappone) in condizioni di prestare soldi ai colleghi, perché già impegnate sul "fronte interno".
Ho detto "quando", non "se".
Però i fattori locali contano molto, ogni tanto, in un caso specifico:
quando rappresentano quella che i proverbi chiamano "la goccia che fa traboccare il vaso", e che in economia si chiama più propriamente "il prezzo marginale".
Tutti comprano titoli di Stato se rendono almeno il 4%. Lo stesso giorno, meno gente li compra al 6% perché teme che siano troppo rischiosi, e quasi nessuno li compra al 7% se non è un investitore in junk bonds. Ma anche: tutti comprano al 4%, solo i prudenti comprano al 3%, i fifoni al 2%, e l'1% non lo vogliono nemmeno gli ultraconservatori dei fondi pensione postali giapponesi.
1.1% e 6.9% sono il rendimento rispettivamente più basso e più alto accettati dal mercato in quel momento. I due prezzi marginali.
Se un grosso operatore compra un vagone di titoli al 4%, non se ne accorge quasi nessuno.
Ma se un grosso operatore finalmente cede, e accetta rendimenti allo 0.99%, fa riallineare al ribasso tutta la "scaletta".
Così anche se un grosso operatore annuncia che considera il 7% come un tasso ormai
"normale", destinato a essere praticato anche a debitori solvibili, e lo "sdogana".
I tassi si riallineano tutti al rialzo.
E' ai margini che si producono/annunciano gli smottamenti importanti di mercato.
Se quello dei BTP è un movimento importante, sostanziale, di un prezzo marginale, allora sì: può trainare il resto dei mercati.
Non è "contagio", in senso "medico".
E' che, se i BTP sono il caso estremo di una tendenza che sta avvenendo dappertutto [rialzo dei tassi, scarsa credibilità politica, difficoltà delle banche centrali a accettare titoli di debito perché hanno bilanci tesi all'estremo e non si sentono "coperte" dai Governi], allora un
"incidente" sui BTP - esempio: che arrivati al 3.5% non trovino compratori perché il rischio viene ritenuto eccessivo - può effettivamente indurre gli "acquirenti marginali" di Bonos spagnoli, OAT francesi [peggior titolo della settimana dopo i BTP] o altri a sospendere gli acquisti anche davanti a rendimenti elevati.
I BTP sono un caso isolato o un caso marginale?
Gli operatori, li guardano pensando "oddìo che casino l'Italia..." oppure "oddìo che casino il mercato obbligazionario"?
Bella domanda.
A me sembra:
a tutt'oggi, perlopiù gli operatori pensano "oddìo, l'Italia...", e qualche "pessimista"
arriva a pensare "oddìo, se l'Italia mette nei guai l'Europa".
E' ancora limitato il numero, o l'influenza politica, di coloro che arrivano a dire "oddìo, se l'Italia fa arrabbiare la BCE, o la mette in imbarazzo, allora sono guai per il sistema...".
Anche i commenti di questi giorni, che attribuivano il cedimento dei BTP, in assenza di gaffe clamorose del neoformato Governo italiano, al fatto che la BCE sta per annunciare la conclusione del processo di Quantitative Easing,
vedevano in realtà ancora la BCE in un ruolo attivo, autorevole, in pieno controllo della situazione, e casomai [qui le opinioni dei commentatori divergevano] più o meno "ostile" o "preoccupata" verso la politica fiscale italiana.
[Vorrei far notare che non importa quasi nulla il segno politico di questi commenti: i complottisti che credono che la BCE abbia fatto scendere apposta i BTP, dicono la stessa cosa dei più ingenui e fiduciosi sportellisti bancari assertori della rettitudine di Draghi. Sono entrambi convinti che la BCE non abbia difficoltà operative a gestire l'impatto che debiti pubblici come quello italiano hanno sulla politica monetaria.
Differiscono solo nella loro interpretazione su cosa BCE "voglia", oppure no, fare].
Non ho letto o sentito, se non "ai margini" [ahem...], commenti che immaginino una BCE impotente a agire sui BTP, o potenzialmente danneggiata, azzoppata nella sua operatività da perdite sui titoli italiani.
E invece questo è esattamente il punto.
"Non chiederti quel che BCE vuole fare, ma quel che può fare".
L'impotenza delle Banche centrali è un tema ormai esplorato da decenni, soprattutto durante la lunghissima crisi giapponese.
E, in realtà, rivisto anche durante la crisi bancaria del 2008/2009.
Da lì, il passo ulteriore, dopo un decennio in cui i bilanci delle Banche centrali si sono caricati a dismisura di titoli di Stato a prezzi assurdi e sono quindi a rischio di ingenti perdite, è:
"non chiederti cosa BCE possa fare per te. Chiediti cosa dovrai fare per tirare BCE fuori dai guai".
Cioè: la sopravvivenza delle banche centrali.
Ossia: se l'attuale rapporto fra Casse dello Stato [welfare, democrazie decotte], Banche Centrali e sistema bancario sia stato o no alterato profondamente dalla crisi di dieci anni fa. Se sia destinato a cambiare sostanzialmente, anche attraverso altre crisi, o se debba solo "colpire qualche ribelle" o "subire qualche riforma".
E questo, ripeto, è un tema che si gioca a partire dagli USA, dal rapporto fra USA e banche tedesche, e dai grandi creditori (Giappone, Cina).
Se guardo lì, se guardo agli indicatori di mercato che segnalano lo stato dello scenario monetario globale, è stata una settimana fiacca, senza eventi, e casomai
"positiva/reflattiva/liquida", con dollaro e yen che si calmano leggermente, Borse maggiori in buona ripresa, oro piatto e qualche metallo-base frizzantino (rame), Banche non splendide ma che quantomeno rallentano i tonfi,
nonostante (modesti) cali dei T-Bond e dei Bund (e ovviamente i ben più pesanti cali italiani di cui ho parlato prima. Ma che visti così, appunto, non sembrano aver
"contagiato" granché i mercati).
Rimane una situazione complessivamente instabile anche se piatta.
Rimane la mia valutazione teorica di fondo dello scenario, secondo la quale i conti degli Stati, e i rapporti con le Banche centrali che li scontano, e i rapporti con i troppi cittadini che di debito pubblico ahimè campano, sono destinati a una dura verifica dopo anni di credito facile.
E rimangono, innegabili nei fatti qualunque sia l'interpretazione che ne diamo, gli "incidenti" sul debito e sulle Banche italiani (e i nervosissimi francese e spagnolo).
Su questo sfondo, affronto la settimana che inizia come avevo affrontato la precedente:
mantengo le posizioni sulle valute, anche lo yen (cioè, piccoli episodi di debolezza di dollaro e yen non mi convincerebbero);
non mi stupirebbero ritorni di debolezza delle banche tedesche [in allarme rosso finché non tornassero ben sopra 50, meglio 60],
vedo che i T-Bond, sia pur piatti da qualche settimana, sono poco lontani dall'allarme rosso di 142 [che era "143" sul contratto future giugno - da questa settimana sui lavora sul contratto settembre].
Mentre mi preparo a affrontare i prossimi giorni con questo spirito calmo, distaccato e Zen,
nientemeno che un transatlantico come Bank of America mi sbatte sul tavolo un report in cui mi fa notare che invece, in realtà, dovrei essere agitatissimo, eccitatissimo, e pronto a veder succedere di tutto, perché la prossima sarà "la settimana più importante dell'anno".
Perché, dice BofA, succederà tutto nei prossimi 5 giorni.
Riporto la lista, perché ogni tanto è utile lasciarsi infilare delle pulci nell'orecchio.
Se condividessi la valutazione di BofA sul carattere apocalittico della settimana, ve lo avrei detto da pagina 1.
Comunque:
Lunedì:
* contraccolpi del G7 [tema: commercio internazionale];
* meeting Trump/Kim [commercio internazionale, Cina e Medioriente];
Martedì:
* Theresa May riporta in parlamento la Brexit;
Mercoledì:
* la FED alza i tassi [scontato] e annuncia i prossimi rialzi [tutt'altro che scontato che arrivi ai quattro rialzi totali entro l'anno, potrebbe farlo];
* in risposta alla FED, le altre Banche centrali e il mercato dei titoli di Stato rifanno i loro conti;
* l'Italia piazza BTP sul mercato;
Giovedì:
* la BCE tiene il suo famoso incontro per discutere ufficialmente della fine del programma di Quantitative Easing;
* Putin e il Principe saudita bin Salman vanno insieme allo stadio, discutono di petrolio [il Vostro amico Putin sta pompando olio come un disperato, altro che
"embargo". Ha bisogno di soldi. Questo lo scrivo io, non BofA];
* la Cina annuncia dati rilevanti sullo Stato della sua economia;
Venerdì:
* Banca del Giappone decide di non far niente sui tassi; ma magari dice qualcosa sugli acquisti di bond;
* gli Stati Uniti devono annunciare entro oggi la lista dei prodotti cinesi sui quali imporre misure protezionistiche.
Ma tutto questo, è ciò che i commentatori si aspettano.
Per quanta carne al fuoco sia, non è tutta.
Nessuno è in grado di elencare tutta la carne al fuoco.
Quindi, è un'interessante lista di imprevisti prevedibili. I problemi che i mercati sanno che potrebbero verificarsi.
Poi ci sono invece, e mi interessano di più, i prevedibili imprevisti:
cioè i problemi ai quali gli operatori non vogliono nemmeno pensare.
Perché, se si verificassero, porterebbero i mercati a condizioni che gli operatori non sono in grado di gestire.
La "settimana più importante dell'anno" sarà quella in cui affronteremo questi problemi.
Non una "lista della spesa" di Grandi Eventi, per quanto densa e impressionante.
Se io sapessi in anticipo in quale settimana i T-Bond andranno sotto 140, te lo direi subito, quale sarà la "settimana più importante dell'anno".
Dell'anno? Del decennio.
I PREZZI DI MERCATO IN RAPIDISSIMA SINTESI:
Dei titoli di Stato ho detto in abbondanza: in picchiata l'Italia, deboli la Spagna e la Francia, deboli ma non nel panico i mercati maggiori:
Il centro della crisi resta l'America, anche se l'Italia ovviamente in queste settimane "sente" vistosamente il peso della politica:
[Nota: da questa settimana il contratto future più trattato è settembre, non più giugno: prezzi e livelli di allarme sono quindi aggiustati]:
T-Bond americani [30 anni] -0.42% a 143.19, rendimento 3.09% (rendimento decennali 2.95%); sono ancora sopra 142 (grave allarme ribassista, che sancirebbe la perdita definitiva dell'allarme di 144),
ma nemmeno gli acquisti da "l'Europa sta finendo" riescono a annullare il preallarme di 144.
Pause e rimbalzi sono irrilevanti fino a saldo recupero di 144/145.
Tengo d'occhio 142, dopodiché 140 sarebbe il primo obiettivo a breve/medio e l'ultima linea di difesa per lungo termine.
Ho posizioni al ribasso da tempo, sia a fisso sia con opzioni.
T-Notes americane [2 anni], -0.20% a 105.92, rendimento 2.50%; tornano i segnali di appiattimento della curva dei tassi.
Il "motore" della crisi sui bond è americano, e quindi un crollo globale dei bond avverrà solo se parte da lì.
Subordinati a quel segnale sono gli allarmi specifici e locali:
BTP italiani, ormai ampiamente sotto l'allarme di 134, ancora sopra 120 dove emergerebbero rischi per le Banche: -3.41% a 122.28; in caso di rimbalzi "da mancato crollo" 126/128 costituirebbe il primo minimo segnale di assestamento;
Restano rilevanti anche i danni sui BTP a due anni (-1.25% a 97.42): come nel caso americano, le scadenze a due anni sono considerate come il nesso, il "terreno di confronto" fra tassi a lungo termine di mercato (funzione di capitali, risparmi, ecc.) e tassi ufficiali.
E in poche settimane i tassi a breve sono passati da negativi a positivi.
Il salto attraverso la linea dello zero ha conseguenze rilevanti sull'attualizzazione dei valori dei portafogli. Quindi sui margini di garanzia, sulla capacità di credito delle banche, ecc.
Attenzione a questo "dettaglio".
E attenzione se capitasse [anzi: quando capiterà] ai tassi tedeschi.
Inoltre, il tonfo del due anni lascia più piatta, anche se non ancora invertita, la curva dei tassi.
Non è quindi un "rialzo dei tassi che anticipa libertà monetaria e ripresa".
E' un rialzo dei tassi "recessivo/deflattivo", simile a quello americano (anche lì la curva tende al piatto/inverso).
Toh! Che sorpresa! Le dinamiche italiane riecheggiano quelle del più importante mercato finanziario...
Tengo 95 come allarme rosso sui biennali italiani.
Erano già in allarme ribassista i Bonos spagnoli, invariati a 121, rendimento 1.47%.
Sfiorano 120, anche loro.
Nessun allarme conclamato, ma si avvicina il passaggio critico di 151/150 per gli OAT francesi, che segnano -0.90% a 151.62, rendimento 0.82%.
Ricordiamoci che la Francia è un "punto debole" rilevante per Eurolandia.
Sono coperto sui tassi euro periferici.
Non scattano invece ancora gli allarmi di:
156/154 per i Bund tedeschi, che segnano -0.53% a 160.40, rendimento 0.45%;
Si ripete l'allarme a 123 anche sulle Gilt inglesi, che segnano -0.84% a 121.82, rendimento 1.39%.
I JGB giapponesi (invariati a 150.68, rendimento 0.05%) sono in tutt'altra situazione, bloccati nel portafoglio della Banca centrale. Altissimi, ma invendibili. Eppure anche qui la tensione ha cominciato a filtrare, anche se sotto forma di un minuscolo arretramento dai massimi.
I tassi mantengono un rialzo globale, con il rischio di accelerare molto al di là delle aspettative degli operatori.
L'allarme per condizioni monetarie restrittive non si accentua invece sull'oro.
L'oro ha abbandonato le velleità di rimbalzo che si erano viste a inizio anno, ma non dà ancora nemmeno segnali definitivi di ribasso ["dollaro e yen forti a causa di stretta del credito"].
Nell'ultimo mese ha avvicinato segnali preliminari in direzione deflattiva: ma regge ancora intorno a 1300 contro dollaro: dopo un primo affondo, segna +0.37% a 1,298.17.
Solo movimenti più ampi verso 1240/1220 segnalerebbero vera e propria stretta del credito e rafforzamento in termini reali del dollaro.
Contro yen l'oro segna +0.11% a 4570: è tornato a avvicinare il primo, minimo allarme ribassista di 4500; quindi lo yen è in allerta rialzista in termini reali. Ma non passa il Rubicone.
MONETE
Dollaro e yen raffreddano di nuovo i segnali di decollo simultaneo delle ultime settimane.
Ma non tornano deboli. la tensione c'è. E, quando hanno avuto l'occasione [nei giorni caldi della "crisi italiana" quindici giorni fa] li ho visti muoversi a velocità che avrebbero reso impraticabile qualsiasi operatività.
Quindi sto pronto prima, al rialzo su entrambi contro euro.
Dollar index -0.66% a 93.54; rallenta, mantiene il recupero: da 93 ha annullato un importante segnale di debolezza dei mesi scorsi. Ha un forte
"tappo" a 0.95: oltre quel livello il dollaro tornerebbe decisamente forte. Ma dubito di vedercelo se dollaro/yen torna debole, cioè se anche lo yen si rafforza insieme al dollaro (ed è probabile);
Dollaro/euro -0.94% a 1.1769, dopo la lunga fase di rimbalzo via da 1.23/1.22, completata a 1.20 [e con questo il dollaro è tornato da
"debole" a "calmo"], accenna segnali solo preliminari di forza: ha passato 1.18, ma non attacca seriamente 1.15.
Aspettiamo conferme più ampie anche sulle periferie per immaginare un dollaro che decolli oltre 1.15.
Dollaro/yen invariato a 109.55: lo yen resta sopra 110, quindi non si calma. Non è ancora forte (segnale a 108), ma la tensione persiste.
Mantengo i miei recenti acquisti di yen.
In caso di tensioni sui debiti pubblici globali lo yen sarà forte (creditore).
Yen/euro -0.95% a 128.93: qui l'allarme al rialzo per lo yen resta netto:
lo yen da tre settimane giorni ha sfondato al rialzo 130.
Sta già salendo. 125 obiettivo intermedio, ma il rischio è un rialzo di lungo termine (120, 115 in molti mesi).
Non mostrano invece forza del dollaro i semidollari (australiano +0.42% a 0.7601, tiene sopra 0.75; canadese +0.18% a 1.2928),
mentre restano sotto attacco alcune monete emergenti, che sono entrate in crisi appena l'attenzione dei mercati si è spostata sui debiti (T-Bond, Italia, Banche tedesche):
rand sudafricano -2.99% a 13.07;
real brasiliano +1.54% a 3.708;
Yuan cinese 6.407; aggancia 6.40, che finalmente può avviare almeno una correzione di medio termine. Non lo passa nettamente, ma è un segnale importante: asseconda le voci di svalutazione, che finora avevano solo rallentato il rialzo;
won coreano invariato a 1,075.88: sempre forte. Fermo ma forte.
Sterlina/dollaro +0.44% a 1.3405: mantiene i segnali di debolezza, non passa livelli di allarme decisivi: dopo 1.35 ha avvicinato 1.33/1.31, segnali di un possibile ribasso, ma lì regge.
Rallenta leggermente il rialzo di sterlina/euro (-0.46% a 0.8777), che ha intaccato comunque 0.88 (primo segnale di possibile forza della sterlina) contro un euro debole, ma non riesce a decollare.
BORSE
Dow Jones +2.77% a 25317, continua a riprendere dalla "sbandata" di 15 giorni fa, che l'aveva portata a ridosso di un serio allarme ribassista di 24000; lenta ma alta.
Francoforte +0.33% a 12767, Londra -0.27% a 7681, Brasile -5.56% a 72942, Tokyo +2.36% a 22695,
Cina: Shanghai -0.26% a 3067. Di nuovo isolata e debole. Rischia un nuovo attacco a 3000, segnale di ripresa del ribasso di lungo termine.
Attenzione al tema "dazi".
E ricordiamoci che, in un Mondo di debitori, la Cina è uno dei pochi posti dai quali tutti si aspettano che, in ogni caso, possano arrivare soldi in prestito.
Banche: rallentano il ribasso dopo settimane molto pesanti [vedi analisi del 20, 27 maggio e 3 giugno]:
Germania (+1.53% a 46.55), rallentano, restano sotto i minimi della crisi del 2009;
Europa (-1% a 158.61), intaccano 160 - allarme da crollo verso i minimi;
Inghilterra (-0.30% a 154), più lontane da allarmi da crollo rispetto alle banche europee, ma anche qui facciamo attenzione a 150/145;
America (+2.18% a 465.17): ancora alte, attenzione a 440/420,
Fondi immobiliari USA (+1.03% a 345.41), rimbalzano ma restano fragili, appena sopra il preallarme di 335/325;
Giappone (+2.59% a 234.34), rimbalzano ma restano ampiamente sotto l'allarme ribassista di 240;
Milano (-3.41% a 21356): sfondato 23000, è tornata in un "limbo" (sotto 23000 ma sopra 19000) in cui aveva trascorso anni dopo la crisi acuta del 2008. Un attacco a 19000 (allerta a 20600) riaprirebbe una fase acuta.
MATERIE PRIME
Non cedono. Anzi, c'è qualche rimbalzicchio e perfino un paio di rallyni.
Con l'aria che tira sui mercati finanziari, è un segnale da valutare (cioè, non scontano una drastica contrazione del credito e un decollo di yen e dollaro).
Attenzione: parte dei rialzi sono legati alla tensione politica sui dazi (che comporta "maldistribuzione" - questo spiega anche il nuovo netto rimbalzo dei noli).
Indice GSCI della materie prime -0.20% a 476.17, frenato dal
greggio -0.11% 65.74 che si sta rimangiando il recente rallyno; si stanno sfaldando le manovre di sostegno politiche; sono possibili difese e quindi rimbalzi a breve, ma mantengo 60 come livello di equilibrio a medio termine, e 50 per il lungo termine;
metano -2.36% a 2.89,
rame +6.41% a 7324, rallyno verso i massimi recenti: 7250 ha finora bloccato tutti i rallyni senza solide basi;
nickel -0.17% a 15355, alluminio -0.61% a 2296, zinco +4% a 3226,
acciaio cinese +0.81% a 4233,
noli: +20.33% a 1391. Annullano in pochi giorni il tonfo delle settimane precedenti, tornano verso i livelli toccati con la "crisi alluminio" di aprile [vedi analisi del 22 e 29 aprile].
Cosa succede? Succede che le schermaglie commerciali (dazi, embarghi) costringono a ripensare non solo quante materie prime serviranno, ma anche dove [non posso vendere una commodity a un Cinese, devo venderla a un Europeo? Allora è nel magazzino sbagliato, all'altro capo del Mondo. Mi copro sul rischio di doverla spostare], E questo mette pressione sui costi di trasporto,
senza però che questo significhi un aumento della domanda complessiva.
E' comunque una "pulce nell'orecchio": i noli non scontano una deflazione conclamata che renda irrilevanti le commodities.
A che punto siamo, perciò, con lo SCENARIO DI MEDIO TERMINE?
Da fine gennaio una "gelata" globale dei mercati ha preso di sorpresa gli operatori e i commentatori, che avevano ipotizzato un ritorno agli scenari di "dollaro debole", "credito facile", "reflazione" (quindi: Borse in decollo, materie prime in rialzo, credito accessibile a bassi tassi reali), spinti da politiche reflattive (fiscali e deregolamentative) americane.
Quello scenario "positivo/inflazionista" non era completamente infondato, e infatti su alcuni fronti (soprattutto dollaro/asia, isolate commodities, isolate Borse) i mercati ripropongono ogni tanto qualcuno di quei temi.
Su altri fronti, poi, i segnali di stretta del credito non sono conclamati.
Ma la direzione dei tassi USA è chiara, al rialzo, e il rapido e pesante coinvolgimento delle Borse e soprattutto delle Banche nel ribasso dei bond conferma la possibilità di un nuovo "deleveraging" globale [chiusura di posizioni speculative, riduzione dei portafogli delle Banche, minore assunzione di rischio, minore liquidità dei mercati].
A questo si sono aggiunti segnali di una possibile ritrovata leadership dello yen fra le monete: un movimento che spesso accompagna fasi di contrazione del credito.
Allora, io:
mantengo ovviamente la raccomandazione ribassista sui titoli di Stato USA.
Ho cominciato a aprire posizioni ribassiste sui bond europei periferici, sono pronto a aprirne su quelli "forti". Ho fornito sopra i segnali di allarme.
Sto alla larga da Borse e commodities.
La situazione più complessa è quella delle valute:
il dollaro da inizio anno si era occasionalmente indebolito fino a livelli che potevano segnalare una possibile mini-crisi quantomeno a breve termine (1.25 contro euro, 0.80 contro australiano).
Non ha dato seguito a questi allarmi, ma non è forte.
Se questa incertezza del dollaro fosse il sintomo di sfiducia sulla capacità americana di servire il debito, essa potrebbe ridiventare debolezza vera e propria.
Solo in questo scenario il calo del dollaro rappresenterebbe un rischio di lungo termine,
e in quel caso il rischio si estenderebbe rapidamente ai Paesi debitori (emergenti, area-euro). Quindi, per esempio, mi sembra difficile che l'euro possa "festeggiare" una crisi sul debito pubblico USA.
Quindi procedo così:
* operando da area-euro, non ho protetto con opzioni le posizioni in dollari (export, investimento, credito).
Ritengo che a lungo/lunghissimo termine non ci siano ancora indicazioni di un recupero dell'euro contro dollaro.
* Invece, ho spostato posizioni dal dollaro allo yen (restando comunque fuori dall'euro).
Questa lettera verrà aggiornata fra una settimana o dieci giorni. Se da qui alla prossima lettera sarà necessario correggere nettamente qualche indicazione, invieremo dei brevi messaggi.
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