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CAPITOLO 2: LA FUNZIONE NEI DIVERSI LINGUAGGI (di Giannamaria Manno)

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CAPITOLO 2: LA FUNZIONE NEI DIVERSI LINGUAGGI (di Giannamaria Manno)

1. La funzione nei diversi linguaggi

La parola funzione si usava già nel XIII secolo (dal latino functio/onis, da fungi adempiere). Ci sono varie interpretazioni nella lingua italiana, come ad esempio:

• Compito specifico, assegnato o riconosciuto nell’ambito di una attività organizzata o di una struttura;

• In linguistica: funzione svolta dall’elemento significante;

• Cerimonia del culto cattolico

• In chimica: insieme di proprietà caratteristiche presentate da composti nella cui molecola siano presenti determinati aggruppamenti atomici responsabili delle proprietà stesse.

• Nel linguaggio comune (per influsso della matematica): dipendere, essere strettamente legato, in correlazione con;

• In matematica: l’associazione di un insieme con un elemento di un altro insieme;

• In informatica è un sottoprogramma che calcola un risultato

• In filosofia è un attività permanente rivolta alla realizzazione di uno scopo;

dipendenza secondo una regola. Questo secondo significato è mutuato dalla definizione matematica del concetto di funzione ed è di uso comune nella logica contemporanea, in cui si parla di funzione proposizionale.

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2. La funzione in matematica

Per poter definire la funzione come una particolare relazione, si deve chiarire cosa è una relazione:

DEFINIZIONE: Siano A e B due insiemi. Un sottoinsieme f di AxB (prodotto cartesiano) si chiama relazione di A in B.

Per indicare che (x,y) è un elemento di f si usa la notazione xfy per indicare che x è nella relazione f con y:

DEFINIZIONE:Sia f una relazione di A in B. Si chiama dominio di f l’insieme degli elementi di A che sono prima coordinata di almeno una coppia f, tale insieme si indica con domf. Si chiama condominio di F l’insieme degli elementi di B che sono seconda coordinata di almeno una coppia di F, tale insieme si indica con codf.

DEFINIZIONE: Sia f una relazione di A in B con domf =A.

Se per ogni x∈A esiste un solo y∈B tale che (x,y)∈ f diremo che f è una funzione di A in B.

Da questa definizione segue che f è una funzione di A in B se dom f = A e se ad f non appartengono due coppie aventi uguale la prima coordinata. Ciò non esclude che due o più elementi di f abbiano le seconde coordinate uguali (caso in cui in codominio è costituito da un solo elemento, f è una funzione costante).

Se f è una funzione di A in B denotiamo con f(x) l’unico elemento di B tale che (x, f(x)) f e diremo che f(x) è il valore che la funzione f assume in x o l’immagine di x tramite la f o il valore che la f associa a x.

Generalmente una funzione è definita assegnando il suo dominio e il valore che essa assume in ogni punto del suo dominio, il che equivale ad individuare il sottoinsieme { (x, f(x)): x A} di AxB.

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Per indicare che f è una funzione di A in B useremo la notazione: f: A → B.

DEFINIZIONE: Sia f una funzione di A in B, X ⊂ A e Y ⊂ B.

L’insieme f(X)= { f(x)∈ B : x ∈X} si chiama immagine di X tramite la funzione f.

L’insieme f-1(Y)= { x ∈A: f(x)∈ Y} si chiama immagine inversa di Y tramite la funzione f.

DEFINIZIONE: Una funzione f di A in B che a elementi distinti associa elementi distinti di B si chiama iniettiva.

DEFINIZIONE: Una funzione f di A in B si dice surgettiva se codf =f(A)= B.

DEFINIZIONE: Una funzione f di A in B che sia surgettiva e iniettiva si dice bigettiva.

Nella pratica scolastica si assegna una funzione in modo tale da rendere esplicita la corrispondenza tra gli elementi del dominio e del condominio, ad esempio data:

f: A →B A= N x→x+1

si può esprimere x→f (x) 1→2 2→3 . .

n→n+1.

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Si può visualizzare tale corrispondenza con la rappresentazione saggittale.

Abbiamo analizzato la funzione in matematica, enucleiamo adesso i punti salienti della presentazione del concetto a scuola. Un possibile percorso potrebbe essere:

Concetto di funzione reale di variabile reale;

Rappresentazione analitica di una funzione;

Determinazione dell’insieme di esistenza di una funzione;

Grafico di una funzione;

Esempi di funzioni;

Estremi di una funzione;

Funzioni monotone, periodiche, pari e dispari.

3.La funzione nei linguaggi di programmazione

Ogni linguaggio di programmazione ha alcune funzione predefinite, come ad esempio il Pascal in cui abs(x) è la funzione valore assoluto, ed in matematica corrisponde alla funzione x.

Nei linguaggi di programmazione la funzione è un sottoprogramma che fornisce un valore in uscita dipendente dai valori in entrata delle variabili indipendenti.

Una procedura è un sottoprogramma che esegue un particolare algoritmo utilizzato nel programma principale. Le procedure vengono inserite in un linguaggio di programmazione perché nella progettazione di un programma per risolvere i problemi di maggiore complessità, conviene progettare il programma secondo il modo più congeniale al pensiero dell’uomo. Questo metodo è il Top-down, dall’alto verso il basso, e consiste nello scomporre un problema in sottoproblemi andando dal generale al particolare e rimandando la definizione dei particolari ad un momento successivo.

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Se una funzione non è predefinita in un linguaggio di programmazione, viene introdotta in modo simile alle procedure:

1. E’ definita con un nome nella parte dichiarativa del programma e lì è specificato il suo algoritmo di calcolo;

2. E’ richiamata nel sottoprogramma principale, dove figura come parte di un istruzione.

Il dominio ed il condominio delle funzioni in un linguaggio di programmazione devono essere indicati esplicitamente. In un linguaggio di programmazione il dominio della funzione viene indicato con REAL il codominio con INTEGER.

Facciamo un esempio, consideriamo la funzione segno:

funzione sgn (x: real): integer;

begin

if x<0 then sgn:= -1 else if x=0 then sgn:=0 else sgn:=+1

end;

• sgn è il nome della funzione;

• x e il nome della variabile indipendente;

• real è il dominio;

• integer è il codominio;

• le istruzione tra il blocco begin-end sono l’algoritmo della funzione.

Ricordiamo che un algoritmo è una successione finita di passi che contengono le istruzioni o i comandi che specificano ad un esecutore quali

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sono le operazioni da compiere per risolvere un problema. Un algoritmo deve essere:

1. finito ( costituito da un numero finito di passi);

2. definito (non deve dare adito ad interpretazioni ambigue);

3. eseguibile (cioè la sua esecuzione deve essere possibile con gli strumenti di cui si dispone);

4. deterministico (cioè ad ogni passo dell’esecuzione deve essere definita una ed una sola operazione da eseguire successivamente).

Le funzioni come le procedure sono dei sottoprogrammi, esse possono modificare il contenuto di alcune variabili e possono essere richiamate più volte nel corso del programma principale. Le differenze tra funzioni e procedure sono le seguenti:

• le funzioni modificano lo stato di una o più variabili e forniscono un valore in uscita: danno qualcosa in funzione del valore in entrata;

• le procedure modificano lo stato di una o più variabili e non forniscono un valore in uscita: producono un effetto, fanno qualcosa.

A differenza delle procedure, una funzione (quando viene richiamata nel programma principale) non può essere trattata come un istruzione.

E’ un algoritmo di calcolo che viene utilizzato come parte di un istruzione.

Sul modo di utilizzo delle funzioni in un linguaggio di programmazione, è opportuno fare alcune osservazioni:

1. le variabili della funzione non hanno necessariamente lo stesso nome nel programma principale e nella definizione della funzione;

2. se la funzione ha più variabili, l’ordine con cui esse sono scritte nella definizione e nel linguaggio principale deve essere lo stesso, l’esecutore

“guarda” all’ordine delle variabili e non al loro nome;

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3. nell’algoritmo che calcola una funzione devono sempre comparire una o più istruzioni di assegnazione del tipo «f:= …» in cui il nome della funzione compare senza l’indicazione delle variabili ed ha lo stesso ruolo di una variabile a cui venga assegnato il valore. Osserviamo che il modo di attribuire il valore ad una funzione è diverso da quello utilizzato in matematica.

3.1. Funzioni definite ricorsivamente

Una regola ricorsiva è una regola che richiama se stessa. Una definizione ricorsiva definisce un oggetto non in termini di se stesso , ma di una sua versione più semplice. Le definizioni ricorsive, dunque, utilizzano ogni volta una versione più semplice dell’oggetto che si vuole definire.

Definiamo alcune funzioni aritmetiche (funzioni di dominio e codominio l’insieme dei numeri naturali) a partire dalle funzioni successore, predecessore, addizione.

La funzione successore indicata con s è definita:

s(n)=n+1 p∈Ν.

La funzione predecessore indicata con p è definita:

p(n)=n-1 n∈Ν.

Osservazione: Non è riduttivo considerare funzioni aritmetiche perché un automa rappresenta i dati al suo interno, in modo dis creto, ordinato e sequenziale. Questo significa che i dati (in ingresso ed in uscita)

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costituiscono sempre un insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un tratto iniziale di Ν. Poiché un algoritmo di calcolo agisce come una funzione che, ad un insieme di dati in ingresso, fa corrispondere un insieme di dati in uscita, esso calcola sempre una funzione di dominio Ν e codominio Ν.

La definizione ricorsiva della funzione addizione è:

=

=

)) 1 , ( ( ) , (

0 ) 0 , (

y x add s y x add

x add

La definizione ricorsiva della funzione moltiplicazione è:

+

=

=

) 1 , ( )

, (

0 ) 0 , (

y x molt x

y x molt

x molt

Una funzione può essere rappresentata con una struttura ad albero secondo la seguente regola: per tutti i valori di x, il nodo che rappresenta f(x) deve essere quello immediatamente al di sotto del nodo che rappresenta x.

Le diramazioni dell’albero ottenuto si ripropongono sempre nello stesso modo:

• c’è uno schema, indicato con F, che continua nelle due direzioni indicate;

F F

• alle due estremità libere si ripete F;

• c’è un nodo di partenza a cui si attacca lo schema F.

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Con successive iterazioni della procedura sopra indicata si ottengono gli alberi.

Nella definizione di una funzione ricorsiva in un linguaggio di programmazione occorre:

1. definire f(n) sulla base di f(n-k);

2. definire un valore iniziale f(0), f(1), o altro;

Osserviamo che una definizione ricorsiva di una funzione prevede l’assegnazione del valore della funzione al passo n sulla base del suo valore ad una passo precedente n-k, che a sua volta è assegnato in base al valore assunto dalla funzione ad un passo iniziale.

3.2 Funzioni calcolabili e funzioni non calcolabili.

Ad ogni algoritmo e associata una funzione che stabilisce la corrispondenza tra l’insieme dei valori in ingresso e l’insieme dei valori in uscita.

Una funzione calcolabile è una funzione per la quale esiste un algoritmo che permette di calcolare il valore della variabile dipendente, in corrispondenza di ogni elemento del suo insieme di definizione (può essere pensata come un automa in grado di elaborare l’informazione in ingresso e fornire in modo univoco il risultato in uscita). Osserviamo che mentre ad un algoritmo corrisponde univocamente la funzione calcolabile che esso calcola, ad una funzione calcolabile corrispondono più algoritmi di calcolo, espressi nello stesso formalismo e tra loro equivalenti. Una funzione non calcolabile è una funzione a cui corrisponde una procedura di calcolo che la definisce, che non può avere termine.

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Si pone allora il problema di stabilire quante e quali siano le funzioni calcolabili, all’interno delle funzioni ben definite.Osserviamo che una funzione calcolabile, essendo una funzione di dominio e codominio N, è una funzione aritmetica. Infatti ad una funzione calcolabile corrisponde almeno un algoritmo di calcolo, ad ogni algoritmo corrisponde un esecutore delle istruzioni, ossia un automa in cui dati e risultati sono rappresentati in modo discreto. Possiamo considerare il seguente schema:

Le funzioni calcolabili sono funzioni aritmetiche, il viceversa in generale non è vero.

Teorema:

L’insieme delle funzioni calcolabili è un insieme numerabile.

Teorema:

L’insieme delle funzioni aritmetiche ha la cardinalità del continuo.

3.3 Il Problema della calcolabilità

Un predicato è decidibile quando per ogni oggetto x, è possibile decidere se un determinato oggetto gode o non gode della proprietà P, cioè se P(x) o P(x).

La decidibilità di un predicato comporta la possibilità di definire una funzione f che assuma un certo valore, se il predicato è vero, un altro valore, se il predicato è falso; permette inoltre di stabilire che tale funzione f è calcolabile qualunque sia il suo argomento.

Funzioni aritmetiche

Funzioni calcolabili (cardinalità numerabile)

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Il problema della decidibilità è in relazione al problema della calcolabilità di una funzione.

Osserviamo che quando parliamo di funzione calcolabile non ci riferiamo ad un particolare automa esecutore, quanto alla possibilità di potere descrivere in modo sequenziale, deterministico e finito la procedura di calcolo dei suoi valori. In questo senso è calcolabile una funzione per la quale esista un automa, anche teorico quale la macchina di Touring, in grado di eseguire la procedura di calcolo. Vi sono diversi formalismi per definire funzioni calcolabili, tra loro equivalenti:

1. diagrammi di flusso, grafi, i quali precisano il modo di operare; danno indicazioni sull’algoritmo che calcola la funzione: sono formalismi che descrivono compiutamente un calcolo e sono orientati alla costruzione della procedura e del programma;

2. la macchina di Touring, gli automi, sono formalismi che prendono in esame le competenze minime dell’esecutore; sono formalismi che eseguono effettivamente un calcolo tramite un esecutore automatico,

3. le regole di riscrittura che sono formalismi che considerano il calcolo dal punto di vista formale, linguistico, come trasformazioni di una stringa in un’altra sulla base di regole stabilite; esse esprimono formalmente le regole che descrivono i passaggi di una calcolo.

Consideriamo il seguente schema:

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Definiamo l’insieme delle funzioni primitive ricorsive (e lo indichiamo con PR), il sottoinsieme delle funzioni aritmetiche per il quale:

• la funzione annullatore (associa 0 ad ogni elemento del dominio: a: x →0)

PR;

• la funzione successore (associa ad ogni elemento del dominio il suo successivo : s: x →x’) ∈ PR;

• le funzioni proiettore (associano ad n elementi del dominio l’i-mo elemento :

pin: x1,x2...xi,...,xn)xi ) ∈ PR;

• la funzione composta di più funzioni primitive ricorsive ∈ PR;

• se f è una funzione definita ricorsivamente e se coincide al passo iniziale con una funzione primitiva ricorsiva e nel percorso di calcolo “a ritroso”

utilizza solo funzioni primitive ricorsive, allora ∈ PR;

• le funzioni primitive ricorsive sono tutte e sole quelle che si ottengono con queste regole costruttive.

Funzioni calcolate da una

macchina di Touring

Funzioni rappresentate da una procedura algoritmica

Funzioni descritte da un insieme di regole

Funzioni descritte da altri

formalismi analoghi

Funzioni calcolabili

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Dunque l’insieme delle funzioni primitive ricorsive comprende, le funzioni annullatore, successore, proiettori e tutte quelle che si ottengono da queste con due regole costruttive: la composizione e la ricorsione.

L’insieme delle funzioni primitive ricorsive comprende gran parte delle funzioni calcolabili come ad esempio l’addizione, la moltiplicazione, il fattoriale di una numero, è spontaneo chiedersi se tali insiemi coincidano.

L’ipotesi che questi due insiemi coincidessero fu formulata da Hilbert ed era basata sul fatto che tutte le funzioni calcolabili erano esprimibili a partire dai due schemi della composizione e della ricorsione.

Ma fu un suo alunno Walter F.Ackermann (1986-1962), a dimostrare, nel 1928 , la possibilità di definire una funzione aritmetica, che da lui prese il nome di funzione di Ackermann, calcolabile, ma non esprimibile con i due soli schemi precedenti.

Alle due regole costruttive della composizione e della ricorsione, dobbiamo aggiungere la regola della minimalizzazione (definita nel caso di funzioni a due variabili):

• data una funzione primitiva ricorsiva f(x,y) consideriamo il più piccolo valore di y tale che f(x,y) =0. Tale valore dipende dalla x, è una nuova funzione della x, costruita a partire dalla f e dalla verifica di una condizione: diciamo che è definita attraverso lo schema della minimalizzazione (il più piccolo y tale che f(x,y) =0).

Lo schema della minimalizzazione è il terzo schema per costruire funzioni a partire da altre.

Definiamo l’insieme delle funzioni ricorsive, l’insieme delle funzioni che si ottengono a partire dalle funzioni di base e utilizzando gli schemi della composizione, della ricorsione e della minimalizzazione.

Il matematico Alonzo Church (1903-1995) ha formulato l’ipotesi che tale insieme coincida con l’insieme delle funzioni calcolabili.

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Tesi di Church: ogni funzione calcolabile è ricorsiva ed ogni funzione ricorsiva è calcolabile.

Tale tesi risulta non dimostrata, in quanto qualora la si volesse dimostrare si dovrebbe esprimere con un qualsiasi formalismo il concetto di “calcolabilità”; ma in tal caso si dimostrerebbe l’equivalenza tra funzione ricorsiva e funzioni calcolabili solo secondo quel particolare formalismo. Nulla garantirebbe che quel formalismo esprima tutte le funzioni calcolabili.

Le dimostrazione che si hanno della tesi di Church sono le seguenti:

• è stata dimostrata l’equivalenza delle funzioni ricorsive con l’insieme delle funzioni calcolate da una macchina di Touring;

• è stata dimostrata l’equivalenza delle funzioni ricorsive con l’insieme delle funzioni definibili tramite un insieme di regole;

• è stata dimostrata l’equivalenza delle funzioni ricorsive con l’insieme delle funzioni esprimibili negli altri formalismi storicamente introdotti.

La tesi di Church viene accettata come valida e dunque possiamo stabilire che le funzioni aritmetiche calcolabili sono le funzioni ricorsive.

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CAPITOLO 3: STORIA

1.Un po’ di storia della genesi del concetto di funzione

Il concetto di funzione è un argomento centrale nello sviluppo del pensiero matematico. Non si hanno certezze per quanto riguarda la genesi del concetto matematico di funzione, del quale si avrà una sistemazione rigorosa nel XIX secolo.

Per la funzione possiamo distinguere i seguenti periodi storici:

Il periodo antico (dal II millennio a.c. al 1000 d.c.) durante il quale si ha una concezione protomatematica del concetto, nel senso che i matematici utilizzano il concetto di funzione senza definire la funzione esplicitamente.

Il medioevo (dal 1000d.c. al 1600d.c.) durante il quale di ha una concezione paramatematica del concetto, nel senso che si utilizza esplicitamente il concetto di funzione senza definire la funzione matematicamente.

Il periodo moderno (dal 1600d.c. al 1800d.c.) durante il quale si ha la concezione matematica del concetto di funzione; si costruiscono nuove nozioni e si definisce la funzione matematicamente.

Nel primo periodo sono assenti l’attuale concetto di funzione e il concetto di variabile. La funzione compare come tabulazione di dati. Si ha l’idea di funzionalità, cioè non di formula ma di relazione. Un esempio sono le tavole babilonesi. L’idea latente di funzione viene usata per scopi pratici nell’astronomia, come ad esempio nell’Almagesto di Tolomeo.

Questa è l’opera più importante di astronomia del periodo, essa rappresenta anche l’opera trigonometrica più influente di tutta l’antichità. Veniva distinta da un altro gruppo di trattati astronomici di altri autori e si indicava l’opera di Tolomeo come la raccolta maggiore, e l’opera di Aristarco e di altri come le raccolte minori.

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Si presume che l’Almagesto derivi molti dei suoi metodi dal trattato sulle “Corde di un cerchio” di Ipparco, ma è difficile valutare l’entità di tale debito.Non è possibile determinare se le tavole trigonometriche di Tolomeo derivano o no dal suo illustre predecessore, ma siamo in possesso di una esposizione dei metodi usati nella loro costruzione. Nei calcoli delle corde di Tolomeo aveva un ruolo centrale la seguente proposizione (nota ancor oggi col nome teorema di Tolomeo) :

se ABCD è un quadrilatero (convesso) inscritto in un cerchio allora la somma dei prodotti dei lati opposti di un quadrilatero inscrittibile in un cerchio è uguale al prodotto delle diagonali.

Un caso particolare del teorema di Tolomeo si ha quando un lato del quadrilatero coincide col diametro del cerchio, poiché in tal caso il teorema di Tolomeo porta alle quattro formule per i seni e i coseni della somma e della differenza di archi. Un'altra formula che gli servì efficacemente era l’equivalente dell’attuale formula di bisezione. Tolomeo aveva gli strumenti adatti per costruire una tavola delle corde accurata. Fu compito di Tolomeo associare alle linee trigonometriche ossia le corde di un cerchio, dei valori numerici (o approssimazioni).

Per fare ciò erano necessarie due convenzioni:

1. qualche schema per suddividere la circonferenza del cerchio, 2. qualche regola per suddividere il diametro.

La divisione della circonferenza in 360° sembra essere stata in uso in Grecia già ai tempi di Ipparco, anche se non si sa come si sia giunti a tale convenzione. Forse la misura di 360° è stata ricavata dall’astronomia dove lo zodiaco era stato suddiviso in 12 “segni” o 36 “decani”. Un ciclo delle stagioni di 360 giorni poteva essere facilmente messo in corrispondenza con il sistema dei segni e dei decani dello zodiaco, suddividendo ciascun segno in 30 parti e ciascun decano in 10 parti. Il nostro comune sistema di misurazione angolare potrebbe avere avuto origine da questa

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corrispondenza. Inoltre poiché il sistema posizionale babilonese per le frazioni era superiore a quello egiziano delle frazioni con numeratore unitario, e a quello greco delle frazioni comuni, era naturale per Tolomeo suddividere i suoi gradi in 60 “partes minutae primae” e ciascuna di queste in 60 “partes minutae secundae”.

Munito delle formule per le corde di somme e differenze di archi e per quelle di archi metà, e possedendo un buon valore della corda di ½° , Tolomeo procedette a costruire la sua tavola, corretta fino al secondo,degli archi compresi tra ½° e 180° per ogni ½°.

Tolomeo fu dunque in grado di calcolare la misura di un arco di s gradi e quindi trovare il valore delle corde corrispondenti, che scritto in notazione moderna diventa y=f(s).

I Greci per giustificare la nuova realtà delle grandezze incommensurabili, nel V libro di Euclide (330-260 a.c.) introducono la teoria delle proporzioni, che stabilisce quanto due grandezze omogenee stanno in rapporto. Nella teoria delle proporzioni sono necessari 4 elementi e ciò può avere bloccato l’idea di funzionalità e quindi quella di equazione funzionale.

Il Medioevo è il periodo intermedio tra due fasi ( il periodo antico e il periodo moderno), è un periodo ricco di ricerche. A due scienziati del tardo Medioevo Tommao Bradwardine (1290?-1349) e Nicola Oresme (1323-1382) si deve una più amplia visione del concetto di proporzionalità, anche se in questa sede ci occuperemo più approfonditamente del secondo.

Nel “De Proportionibus proportionum” composto verso il 1360, Oresme generalizzò la teoria delle proporzioni di Bradwardine fino a includere qualsiasi potenza frazionaria e a formulare regole per la combinazione di proporzioni che sono equivalenti alle nostre leggi degli esponenti espresse nella odierna notazione dalle formule:

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1. xmxn =xn+m

2.

( )

xm n =xmn.

Oresme suggerì anche, l’uso di notazioni speciali per le potenze frazionarie, e che fossero possibili proporzioni irrazionali. Con ciò egli cercava di afferrare quello che scriveremmo x 2, che è forse la prima idea nella storia della matematica di una funzione trascendente superiore. La nozione di potenza irrazionale fu forse l’idea più brillante di Oresme, ma non fu in questa direzione che esercitò il maggior influsso. Per quasi un secolo prima di lui i filosofi scolastici avevano discusso la quantificazione di “forme” variabili (erano un concetto aristotelico all’incirca equivalente a quello di qualità), come la velocità di un oggetto in moto e la variazione di temperatura da un punto all’altro di un oggetto dotato di temperatura non uniforme. Le discussioni erano prolisse e Oresme conosceva il risultato a cui erano giunti i logici nel Merton College concernente il valore medio di una forma ”uniformemente difforme”. Gli venne l’idea di tracciare la figura o un grafico, del modo in cui variano le cose. E’ qui ravvisabile una prima intuizione di quello che oggi descriviamo come un rappresentazione grafica di una funzione. Qualsiasi cosa misurabile scriveva Oresme, può essere immaginata nella forma di una quantità continua: ciò gli permise di tracciare un grafico della velocità e del tempo per un corpo in moto uniformemente accelerato.Il grafico di Oresme apriva la strada alla legge del moto generalmente attribuita a Galilei.

I termini latitudine e longitudine usati da Oresme equivalgono in senso generale, alle nostre ascissa e ordinata, e la sua rappresentazione grafica presenta qualche affinità con la geometria analitica. L’importanza di Oresme in questa sede sta nel fatto che sembra che egli fosse giunto ad afferrare il principio essenziale che un funzione in una incognita può venire rappresentata da una curva, ma non fu in grado di fare alcun uso efficace di questa intuizione tranne nel caso della funzione lineare. Inoltre Oresme era

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soprattutto interessato all’area che si trova sotto la curva; appare improbabile che egli intuisse l’altra metà del principio fondamentale della geometria analitica, che ogni curva piana può venire rappresentata rispetto ad un sistema di assi coordinate, come una funzione di una variabile. La rappresentazione grafica delle funzioni, nota con il nome “latitudine della forma” rimase un argomento studiato per tutto il periodo che va da Oresme a Galilei.

Galilei poté formulare la legge oraria del moto di un corpo in caduta libera grazie all’interpretazione grafica del moto di un punto data da Oresme, Galilei fornisce anche una forma funzionale. Il suo lavoro fu lungo e difficoltoso poiché con la limitazione imposta dalla teoria euclidea delle proporzioni, dovette manipolare le grandezze per aggirare l’ostacolo di usare grandezze non omogenee.

Merita un breve cenno la storia dei logaritmi, per mettere in evidenza come i matematici del XVI secolo si interessarono a creare nuove relazioni funzionali non soltanto algebriche grazie alle ricerche di Galilei ed al legame stabilito da Cartesio tra algebra e geometria. La nozione di logaritmo non nasce dall’operazione inversa dell’innalzamento a potenza nel campo reale, ma dal legame che intercorre tra i risultati delle operazioni aritmetiche eseguite sulle coppie, in termini corrispondenti di due progressioni, l’una aritmetica, l’altra geometrica, ed esattamente ai termini della progressione geometrica 1,r, r2,… corrispondono i termini della progressione aritmetica 0,1,2… formata dagli esponenti. Tale invenzione è attribuita a Napier (1550-16179 il quale costruì le tavole logaritmiche in base 1/10, dove è implicito il concetto di funzione logaritmica, anche se per Napier non è importante.

In seguito con Briggs (1561-1631) e con Gunter (1581-1626) gli interessi furono diretti verso l’area sottesa della curva rappresentante la funzione logaritmica piuttosto che verso la funzione stessa.

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Molto importante per lo sviluppo della teoria delle funzioni fu il lavoro di Descartes (1596-1650) che partendo dagli studi di Viète (1540- 1603), si propose di creare una nuova teoria geometrica, introducendo termini aritmetici in geometria giustificando le operazioni con riga e compasso. Ricordiamo che con Viète si ha per la prima volta nell’algebra una netta distinzione tra il concetto di parametro e l’idea di quantità incognita. Viète, infatti, introdusse un principio convenzionale secondo il quale si usava una vocale per rappresentare quella quantità che in algebra veniva assunta come ignota o indeterminata e una consonante per rappresentare una grandezza o un numero che si assumeva come noto.

Descartes quindi, introduce la nozione di curva come l’equazione che la definisce e per studiarne le proprietà della curva parte dall’equazione e non dal grafico della curva.

L’uso del nuovo linguaggio simbolico e della nuova visione della geometria portò un notevole progresso per l’idea di funzione, sicuramente l’idea di funzionalità è matura.

La formalizzazione del concetto di funzione si ha nel periodo moderno.

Newton (1642-1727) fa uso nel senso di funzione della locuzione :

“relata” quantitas” o del termine “genita”.

Liebniz (1646-1716) usa l’espressione “quantitas formata” o il vocabolo “fonction”.

Il termine funzione era già in uso matematico nel secolo XVI per indicare le potenze di una verta quantità.

Nel 1718 Bernoulli G. ( 1667-1748) da la seguente definizione:

“Si chiama qui funzione di una grandezza variabile una quantità composta da questa grandezza variabile e da costanti”.

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Il matematico che studia in modo esplicito le funzioni è Eulero (1707-1783). L’”Introductio in analysin infinitorum” (1748) può essere considerato come la chiave di volta dell’analisi, infatti Eulero tratta il calcolo differenziale e il metodo delle flussioni come parti di una branca più generale della matematica che da allora in poi è nota con il nome di

“analisi”. Questo trattato uscì in 2 volumi e costituì la fonte di rigogliosi sviluppi della matematica per tutta la metà del XVIII sec. Da allora in poi il concetto di funzione diventò fondamentale per l’analisi. Esso aveva trovato anticipazioni nella dottrina medievale del “latitudo formarum” o “latitudine delle forme”, ed era già implicita come visto, nella geometria analitica di Fermat o Descartes, oltre che nel calcolo infinitesimale di Newton e Liebniz.

Il quarto capoverso della Introductio definisce la funzione di una quantità variabile come

“una qualsiasi espressione analitica formata da quella quantità variabile e da numeri o quantità costanti”.

(In qualche occasione Eulero concepì la funzione come la relazione tra le due coordinate dei punti di una curva tracciata a mano libera su un piano). Oggi una tale definizione non è accettabile perché non spiega cosa sia una “espressione analitica”.

Presumibilmente Eulero aveva in mente le funzioni algebriche e le funzioni trascendenti elementari; la trattazione rigorosamente analitica delle funzioni trigonometriche fu codificata in larga misura dall’Introductio. Le funzioni trascendenti elementari, trigonometriche, logaritmiche, trigonometriche inverse ed esponenziali venivano scritte e concepite da Eulero nella stessa forma in cui sono studiate oggi.

Il passo decisivo lo compie Dirichlet che nel 1837 propose la seguente definizione di funzione:

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“Se una variabile y ha una relazione con una variabile x tale che ogni qual volta venga assegnato un valore unitario alla x, esiste una regola in base alla quale viene determinato un valore univoco di y, si dice che la y è una funzione della variabile indipendente x”.

Questa definizione presenta una affinità con l’ì’dea moderna di corrispondenza tra due insiemi di numeri, anche se a quel tempo i concetti di “insieme” e di “numero reale” non erano ancora stabilmente entrati nel campo della matematica.

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CAPITOLO 4

: Organizzazione della ricerca

1 Introduzione

Il riferimento di studio di questa ricerca è stato l’approccio sistemico

“Saper – Allievo – Insegnante.

Lo studio delle possibili relazioni riguarda la Ricerca in Didattica della matematica che ha dei contenuti, dei metodi, e quindi un paradigma.

Per conoscere il paradigma della ricerca (qui presentato in una breve sintesi, è quello della scuola francese del Prof. Brousseau, rivisitato dal Prof. Spagnolo per quanto riguarda le riflessioni epistemologiche e storico- epistemologiche) è necessario avere:

• Un linguaggio adatto;

• Strumenti metodologici adeguati,

• Strumenti statistici appropriati;

Dal punto di vista dell’insegnante padroneggiare con gli strumenti della Ricerca in Didattica significa poter:

• Rendersi conto del ruolo positivo dello studio degli errori degli allievi di fronte ad un compito disciplinare preciso;

• Avere la possibilità di costruire un quadro teorico di riferimento a cui attingere per la soluzione dei problemi didattici;

• Avere criteri di scelta autonomi per individuare all’interno delle ipotesi prefigurate quella più funzionale all’ipotesi contingente;

• Avere gli strumenti per comunicare i processi e i risultati della ricerca.

La ricerca in didattica è quindi un elemento qualificante della professione docente. E’ importante per tanto:

• Riconoscere le fasi della Ricerca in Didattica;

• Costruire delle analisi a-priori sulle situazioni/problema individuate;

• Formulare ipotesi di ricerca congruenti con l’analisi a-priori;

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• Produrre una documentazione fruibile da parte di chi non ha partecipato all’esperienza e che riporti il modello di procedura per la Ricerca in Didattica.1

2 Obiettivi della ricerca.

L’argomento principale di questa ricerca è stabilire quale il legame che intercorre tra l’apprendimento del concetto di relazione e di funzione da parte di allievi che frequentano l’ultimo anno di liceo. L’obiettivo basilare era verificare che:

• Se gli alunni avessero avuto chiara la distinzione tra relazione e funzione avrebbero saputo operare in modo autonomo di fronte a questioni concernenti l’argomento. Inoltre questa autonomia poteva essere raggiunta indipendentemente dal linguaggio scelto per la formulazione del problema.

3. Gli strumenti per la falsificazione delle ipotesi.

Gli strumenti di ricerca individuati sono:

• Test a risposta aperta, che può essere anonimo o firmato

3.1 Test: La Funzione

Rispondi alle seguenti domande motivando sempre la risposta.

1. Dopo aver definito il concetto di funzione, determinare il tipo di corrispondenza che riesci a costruire assegnati:

P: l’insieme dei padri

F: l’insieme dei figli

R: la relazione “padre di” definita dall’insieme P all’insieme F.

1 Quaderni di Ricerca in didattica N.8 Pa 1999

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Se modifichi la relazione R ottieni una funzione?

2. Determinare il tipo di corrispondenza che riesci a costruire assegnati:

P: l’insieme dei punti del piano

A: l’insieme delle rette dello stesso piano

R: la relazione “ad ogni punto fa corrispondere le rette che passano per esso” definita dall’insieme P all’insieme A.

Se modifichi la relazione R ottieni una funzione?

3. Sia data la relazione N D x 2x

dove N è l’insieme dei numeri naturali, e D l’insieme dei numeri dispari.

Che tipo di corrispondenza (è una relazione? Una funzione? Una funzione iniettiva?, Suriettiva?) ottieni?

Se la legge associa ad x 2x+1, che tipo di corrispondenza ottieni?

Esplicita in questo caso gli elementi del codominio (il dominio è l’insieme N).

4. Quali tra le seguenti rappresentazioni grafiche sono funzioni e quali relazioni?

FIG.1 FIG.2

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FIG.3 FIG.4

FIG.5

4 Soggetti.

Il campione a cui è stato somministrato il test è di 29 allievi, scelti dall’ultima classe del Liceo Scientifico “Cannizzaro”, ed altri scelti nelle scuole private “A. Di Rudinì e istituto industriale “Pitagora”.

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5.Analisi del Test

Il test (vedi testo) è costituito da quattro quesiti basati sostanzialmente sulla distinzione tra funzione e relazione, su piani linguistici differenti. Si richiedeva ad ogni intervistato di riuscire a individuare una relazione modificarne in qualche modo dominio e codominio al fine di ottenere una funzione. Effettuata tale modificazione si richiedeva inoltre di determinare quale tipo di corrispondenza si era ottenuta. Ogni intervistato doveva motivare per iscritto le risposte date. Il tempo assegnato per la risoluzione del test è stato di circa un ora. Non era necessario che gli intervistati firmassero il test.

I primi due quesiti sono analoghi; sono espressioni verbali di relazioni e si chiede agli intervistati di modificare dominio e codominio per ottenere una funzione. Nonostante i due quesiti siano strutturalmente identici si è scelto di proporli entrambi perché il primo è un quesito fortemente legato alla realtà quotidiana, presumibilmente di più facile risoluzione, il secondo invece si inserisce in ambito geometrico.

Il terzo quesito consiste nell’assegnazione di una legge in termini algebrici che in realtà non è né una funzione, né una relazione. Si chiede agli intervistati di modificare dominio e codominio al fine di ottenere una corrispondenza che sia o una relazione o una funzione.

Il quarto quesito consiste nell’assegnazione di alcuni grafici di funzioni e di relazioni. Si chiede agli intervistati di individuare quali sono i grafici delle funzioni e quali sono i grafici delle relazioni.

La struttura interna dei quesiti è la stessa ciò che cambia è il registro linguistico adoperato nella formulazione dei quesiti.

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6. Analisi a Priori.

Per la realizzazione dell’analisi a priori si è tenuto conto delle diverse rappresentazioni del concetto possedute dagli alunni. Si sono prese in considerazione tutte le eventuali risposte che gli alunni avrebbero potuto dare. Questo presuppone un analisi di possibili percorsi epistemologici e storico epistemologici attinenti al concetto di funzione.

Quesito 1° e 2°

a1 : definizione corretta di funzione (b1)

a2: definizione non corretta di funzione (b2)

a3: dai dati risponde non è una funzione (b3)

a4: modifica dominio e codominio per ottenere una funzione (b4)

a5: anche modificando dominio e codominio non ottiene una funzione (b5)

a6: “∀ x un solo y” lo riconosce operativamente (b6)

a7: individua il tipo di corrispondenza ottenuta in modo corretto (b7)

a8: non individua il tipo di corrispondenza ottenuta in modo corretto (b8)

a9: rappresentazione saggittale della funzione (b9)

a10: non risponde Quesito 3°

c1: relazione

c2: funzione

c3: funzione iniettiva

c4: funzione suriettiva

c5: modificando dominio e codominio si ottiene una relazione

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c6: modificando dominio e codominio si ottiene una funzione

c7: modificando dominio e codominio si ottiene una funzione iniettiva

c8: modificando dominio e codominio si ottiene una funzione suriettiva

c9: modificando dominio e codominio si ottiene una corrispondenza biunivoca

c10:esplicita gli elementi del dominio e del codominio

c11: non risponde

Quesito 4°

d1: distingue graficamente una relazione da una funzione fig 1

d2: non distingue graficamente una relazione da una funzione fig 1

d3: distingue graficamente una relazione da una funzione fig 2

d4: non distingue graficamente una relazione da una funzione fig 2

d5: distingue graficamente una relazione da una funzione fig 3

d6: non distingue graficamente una relazione da una funzione fig 3

d7: distingue graficamente una relazione da una funzione fig 4

d8: non distingue graficamente una relazione da una funzione fig 4

d9: distingue graficamente una relazione da una funzione fig 5

d10: non distingue graficamente una relazione da una funzione fig 5

d11: motiva le risposte

d12. non risponde

7. Criteri di valutazione

E’ stata preparata una tabella di valutazione (vedi scheda analisi a priori) nella quale ogni risposta giusta è stata denotata con 1 ed ogni risposta sbagliata con 0. Questo è stato fatto per ragioni legate al trattamento statistico dei dati. I risultati del test sono stati trascritti in una

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tabella excel, dopo la tabulazione dei dati non sono state prese in considerazione le risposte con solo zeri.

8. Risultati

Dal trattamento statistico dei dati sono emersi i seguenti risultati:

I. Legami implicativi c9 c6 d1

c9 c10 d1

Legami di similarità (c6, c9)

Data una relazione se un alunno è in grado di modificare dominio e codominio per ottenere una corrispondenza biunivoca, riesce a compiere la stessa operazione per una funzione che non debba necessariamente essere iniettiva o suriettiva. Riesce in entrambi i casi ad esplicitare gli elementi del dominio e del codominio della funzione ottenuta.

Tale operazione viene effettuata usando l’espressione algebrica, se l’alunno domina tale registro riesce ad operare autonomamente anche quando si richiede la stessa capacità usando però un registro linguistico differente, come ad esempio quello grafico.

II. Legami implicativi b6 a4 d1

a6 b3 b1 d1

Legami di similarità (a6,b6,a7,a4)

Se un alunno riesce a riconoscere operativamente l’unicità dell’immagine della funzione riesce data una relazione a modificare dominio e codominio per ottenere una funzione, e sarà in grado di riconoscere una funzione quando il registro linguistico usato è quello grafico. Riesce inoltre a stabilire la natura di una legge assegnata (se è una funzione o una relazione ad esempio) ed inoltre riesce a dare una definizione corretta di funzione, ed una corretta rappresentazione grafica..

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(Una difficoltà da me osservata, quando dopo la somministrazione del test, si è passato ad una fase di commento del lavoro svolto e delle risposte date, è stata nell’enunciazione del concetto di funzione poiché spesso oralmente e senza il supporto grafico, gli intervistati dimenticavano l’unicità dell’immagine y. L’idea della corrispondenza viene compresa abbastanza chiaramente: “ ad ogni x corrisponde un y…”, ma accade che l’unicità della y resti poco chiara: “ad ogni x corrisponde uno ed un solo y”).

III. Legami implicativi b9 a9 d5

b9 b8 d1

Legami di similarità (a9,b9,b8)

L’uso della rappresentazione sagittale non garantisce l’individuazione corretta del tipo di corrispondenza, sia che il registro linguistico sia algebrico, sia nel caso i cui è quello grafico.La mancanza di tale capacità porta al non sapere riconoscere che modificando dominio e codominio la legge assegnata può variare la sua natura.

Se un alunno riesce ad individuare il tipo di corrispondenza, assegnata mediante un espressione algebrica o verbale, in modo corretto, riesce ad individuarla anche mediante la rappresentazione grafica. Il viceversa in generale non è vero. Infatti emerge dai dati del test che se un alunno opera in modo autonomo in un determinato registro linguistico non necessariamente farà lo stesso non appena si muta il registro linguistico con il quale un problema o un quesito viene proposto. In particolare dall’analisi di questo test è emerso che se l’alunno opera autonomamente adoperando il registro algebrico allora sarà in grado di fare lo stesso tipo di operazioni mentali quando il registro in cui deve operare è quello grafico, ma non si può dire lo stesso di un alunno che per esempio riesce ad individuare una funzione graficamente, potrà infatti avere problemi ad eseguire la

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medesima operazione quando gli si chiede il passaggio ad un registro linguistico differente.

Il risultato ottenuto viene confermato da una esperienza condotta dal matematico Athanasios Gagatsis sui differenti modi di simbolismo (algebrico, verbale, grafico) di una funzione. Tra i risultati dell’esperienza si legge che: «la coordinazione tra i registri di coordinazione è lontana dall’essere naturale. E sembra potersi realizzare nel quadro di un insegnamento principalmente determinato dai contenuti concettuali. Si può osservare a tutti i livelli un cambiamento di registri di rappresentazione presso la maggior parte di allievi. Questi non riconoscono lo stesso oggetto attraverso delle rappresentazioni che ne sono date in sistemi semiotici differenti: la struttura algebrica di una relazione e la sua rappresentazione grafica.

Naturalmente, l’assenza della coordinazione non impedisce del tutto la comprensione. Ma questa comprensione, limitata al contesto semiotico di un solo registro, non favorisce i transfert e gli apprendimenti ulteriori: essa rende le conoscenza acquisite poco o per niente convertibili in tutte le situazioni dove esse dovrebbero essere utilizzate.»

Duval (1933) afferma a proposito dei differenti registri linguistici:

«un grafico da maggiori informazioni che riguardano il concetto che viene presentato piuttosto della versione algebrica o verbale. Quest’ultima inoltre, implica difficoltà ancora maggiori per quanto riguarda il costo dell’elaborazione se confrontata con la versione algebrica». Duval inoltre insiste sul fatto che per la comprensione completa di un concetto matematico è necessaria la coordinazione di almeno due registri differenti di rappresentazione.

9.Conclusioni

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I risultati globali dell’analisi statistica sono stati piuttosto soddisfacenti anche se il campione esaminato non era del tutto omogeneo.

Riassumiamo i risultati ottenuti:

• L’avvenuto apprendimento del concetto di funzione da parte degli alunni non dipende tanto dal fatto che questi abbiano chiara la distinzione tra relazione e funzione, quanto dal fatto che sappiano riconoscere operativamente l’unicità dell’immagine y in una data funzione.

• Gli alunni riconoscono abbastanza agevolmente il dominio ed il codominio di una funzione, e riescono ad individuare una funzione graficamente.

• E’ importante che gli alunni riconoscano il contesto linguistico nel quale essi operano. Non riescono facilmente ad operare autonomamente quando gli si assegna una funzione col simbolismo algebrico, verbale e grafico. Abbiamo visto come effettivamente la coordinazione dei registri linguisti non è naturale, e perché vi sia reale apprendimento è necessario che vi sia la coordinazione di almeno due registri. Sottolineo inoltre come sia emerso dal trattamento dei dati statistici che il registro algebrico è quello che implica maggiori difficoltà, infatti un alunno che domina il registro algebrico riesce a dominare gli altri registri linguistici, ma in generale non si può fare l’affermazione contraria.

Un ipotesi di ricerca nuova è pronta: uno studio sulla coordinazione dei diversi registri linguistici!

10. Il software statistico Chic.

Il software statistico CHIC è uno strumento utile per la Ricerca in Didattica della matematica. Si rivela utile per l’analisi delle implicazioni sopratutto per le considerazioni fatte sulle ipotesi. L’attenzione dello Chic è

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rivolto alle risposte esatte quanto alle risposte errate e le implicazioni tra le variabili o la similarità fra le stesse viene fuori da formule di probabilità in cui le risposte errate hanno un peso non inferiore a quelle esatte. L’uso delle Chic si inserisce nel metodo della Ricerca in Didattica secondo il paradigma Prof. Brousseau che potrebbe essere un modello da tenere presente e valorizzare perché basato su fasi percorribili e quindi suscettibili di controllo, ma anche per la garanzia di scientificità garantita proprio dal supporto statistico fornito dallo Chic.

11.Problemi aperti

L’esperienza condotta è stata nel complesso soddisfacente, ma ha aperto delle nuove ipotesi di ricerca. Il test proposto sarà modificato per cercare di studiare in modo più accurato la coordinazione dei diversi registri linguistici. Il nuovo test, a differenza di quello presentato in questa sede, sarà costituito di una serie di quesiti riguardanti un solo registro linguistico.

Nel test proposto come già detto mi sono occupata della differenza tra funzione e relazione. Non c’è alcun accenno a funzioni composte e alla determinazione della funzione inversa di una data funzione. Questa ricerca continuerà cercando di ricavare delle informazioni su questi argomenti.

12. Allegati

Nelle pagine che seguono si troveranno allegati i risultati delle Chic.

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