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Capitolo 3 : Geni e cervello 3.1 Genetica dell’aggressività

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Academic year: 2021

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Capitolo 3 : Geni e cervello

3.1 Genetica dell’aggressività

“Non esiste il gene dell’aggressivita’: nel nostro patrimonio genetico non c’e’ nulla che ci puo’ portare ad uccidere o aggredire un nostro simile. L’aggressività esiste in tutte le specie animali e quindi anche nell’uomo ma essa dipende dalle condizioni ambientali”.

Rita Levi Montalcini

Studi di genetica comportamentale dissentono in parte da tale affermazione, riconoscendo che comportamenti aggressivi e antisociali, come il crimine e la violenza sono influenzati sia da fattori genetici (ereditari), che, come sostenuto dalla Montalcini, da fattori ambientali che interagiscono fra di loro. I fattori ambientali rientrano in una più ampia famiglia di fattori, che comprendono il contesto sociale (famiglia di appartenenza e l’educazione ricevuta, i vari gruppi amicali nei quali un individuo si inserisce), la scuola e con essa lo sviluppo cognitivo.

Secondo alcuni autori è molto probabile che esista un “marker genetico” non deterministico per il comportamento aggressivo antisociale: il Dna non codifica i comportamenti aggressivi, bensì proteine ed enzimi che formano ed influenzano quei sistemi neurobiologici che a loro volta influenzano i fenotipi comportamentali complessi.

I geni che controllano l’attività serotoninergica rappresentano, pertanto, ideali geni “candidati” per i comportamenti aggressivi ed impulsivi, mutazioni in questi geni potrebbero concorrere a determinare le alterazioni dell’attività serotoninergica osservate nei soggetti con comportamento impulsivo/aggressivo e suicidario.

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3.1.1 Sistema serotoninergico

Come visto in precedenza, il legame neurochimico mediante l’interazione prefrontale e/o sottocorticale è presumibilmente una connessione serotoninergica inibitoria dalla corteccia prefrontale all’amigdala. Tale corteccia è una regione a alta densità di recettori serotoninergici, che inviano efferenze al tronco encefalico dove originano la maggior parte dei neuroni producenti serotonina, allo stesso modo amigdala e altre strutture limbiche ricevono innervazione serotoninergica; per cui è logico supporre che una disfunzione di tale sistema possa apportare modifiche al funzionamento cerebrale.

In accordo con questa ipotesi, il sistema serotoninergico si è mostrato disfunzionale nelle vittime di tentativi di suicidio violenti, nei trasgressori impulsivi violenti, nei piromani, nei trasgressori violenti recidivi, adolescenti e bambini con disordini del comportamento e in volontari sani mostranti tratti di ostilità caratteriale. Bassi livelli di serotonina sono strettamente legati a comportamenti maladattativi noti22.

La serotonina (5-HT) è una triptamina, un neurotrasmettitore monoaminico, prodotta nei nuclei del rafe i quali se danneggiati o distrutti scatenano l’aggressività. Essa è sintetizzata dall’amminoacido triptofano per idrossilazione a opera dell’enzima triptofano-idrossilasi (TPH) che costituisce la tappa limitante della sintesi, e per successiva decarbossilazione. La serotonina svolge molteplici funzioni, che si estrinsecano attraverso ben 14 recettori e l’innervazione di quasi tutte le aree cerebrali. Il primo passaggio della sua degradazione è mediato dalla monoamminoossidasi-A (MAO-A), l’aldeide risultante viene ossidata al metabolita acido 5-idrossi-indolacetico (5-HIAA).

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È un neurotrasmettitore che sembra coinvolto in molteplici attività, come la percezione del dolore, la sessualità, il comportamento alimentare, il ritmo di molti ormoni, l’affettività, l’impulsività e le condotte violente dirette verso sè stessi o verso gli altri. Variazioni genetiche interessanti gli enzimi implicati nel metabolismo serotoninergico o i recettori di legame della serotonina comportano cambiamenti nei livelli di concentrazione della stessa a livello cerebrale e di conseguenza ripercussioni sull’entità della sua attività neurotrasmettitoriale.

Prima di soffermarci su tali variazioni genetiche è però d’obbligo il chiarimento di alcuni concetti. Per un determinato gene è possibile l’esistenza di alleli in grado di codificare per forme molecolari differenti della stessa proteina. Alcune variazioni alleliche sono “silenti”, ovvero non condizionano in maniera significativa la funzione del prodotto genico, mentre altre modificano la densità di espressione della proteina codificata. La frequenza con cui gli alleli di un gene sono presenti in una determinata popolazione può variare sensibilmente nelle diverse etnie; le variazioni alleliche presenti in una popolazione con una frequenza uguale o superiore all’1% vengono classificate come “polimorfismi”, mentre variazioni meno frequenti vengono classificate come “alterazioni genetiche rare”. Sebbene il genoma degli individui sia identico per il 99,9%, la differenza dello 0,1% è in grado di dare luogo a 3 milioni di polimorfismi. Alcuni di questi non sembrano provocare conseguenze evidenti sul fenotipo, mentre altri alterano l’espressione e/o la funzione di proteine e determinano la comparsa di fenotipi che possono influenzare la manifestazione di particolari patologie o condizionare la risposta ai farmaci.

Negli ultimi anni sono stati studiati vari polimorfismi genici riguardanti il sistema serotoninergico, in particolare quelli del gene della triptofano idrossilasi (TPH), del gene

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del trasportatore della serotonina (5-HTT), responsabile della ricaptazione del neurotrasmettitore nel bottone sinaptico e, pertanto, della cessazione della sua attività nel vallo sinaptico e del gene della MAO-A.

A livello del gene TPH, mappato sul cromosoma 11p15.3-p14, sono stati individuati a livello dell'introne 7 due polimorfismi biallelici in forte disequilibrio in posizione 218 (A218C) e 779 (A779C). Il polimorfismo A218C, in particolare, è localizzato in un potenziale sito di legame GATA per un fattore di trascrizione e quindi potrebbe esercitare effetti sull'espressione genica, tale variante genica influenzerebbe il turnover della serotonina, come suggerisce il rilevamento di livelli più bassi di HIAA (acido 5-idrossi-indolacetico, metabolita della serotonina) nel liquido cerebrospinale di soggetti maschi sani volontari con genotipo TPH A218C. Ridotti livelli di 5-HIAA sembrerebbero associati con la comparsa di aggressività impulsiva23. La valutazione di 251 volontari sani con tale polimorfismo ha evidenziato un’associazione tra lo stesso e più elevati livelli di aggressività, inclusa una tendenza a sperimentare rabbia non provocata, rispetto a soggetti omozigoti CC, probabilmente correlata alle conseguenti ridotte concentrazioni della serotonina a livello cerebrale24.

La presenza di un polimorfismo funzionale nella regione promoter del gene che codifica per il trasportatore della 5-HT ( SERT, SLC6A4 ) è stata associata con diverse dimensioni di nevrosi e psicopatologia, specialmente tratti ansisosi. Questo polimorfismo denominato 5HTTLPR, è caratterizzato dalla presenza o dall’assenza di un tratto di 43 bp che dà origine a 2 varianti alleliche, una lunga (L) e una corta (S) che possono condizionare l’attività trascrizionale del gene SLC6A4. A livello fisiologico tale polimorfismo determina una modifica del funzionamento del trasportatore della serotonina, infatti cellule linfoblastiche umane in coltura omozigote per l’allele L hanno una maggiore concentrazione di m-RNA-5-HTT e esprimono quasi il doppio del

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reuptake della 5-HT rispetto alle cellule che possiedono una o due copie dell’allele S. Questo si traduce a livello comportamentale con una maggiore propensione dei portatori dell’allele S a mostrare anomali livelli di ansietà, risposte alla paura acquisite condizionate e mancanza di affettività rispetto agli omozigoti L/L. E’ indirettamente evidente il ruolo di modulatore del comportamento emozionale svolto dalla serotonina25.

Recenti ritrovamenti, forniti da tecniche di neuroimaging quali la f-RMI, hanno ulteriormente confermato il ruolo critico del 5-HTT nel mediare gli effetti della 5-HT sul comportamento emozionale, attraverso una misurazione oggettiva della esperienza soggettiva di emotività; è stata posta una possibile associazione tra alterazione funzionale secondaria a variante genetica del 5-HTT e risposta fisiologica dell’amigdala durante il processamento di stimoli minaccianti. Individui con una o due copie di allele S, che hanno presumibilmente un minore funzionamento del 5-HTT e relativamente livelli di 5-HT sinaptici più alti, presentano una risposta amigdaloidea più ampia e livelli di ansietà e timore maggiori di quelli omozigoti L/L, con più bassi livelli di serotonina sinaptica. L’incrementata risposta dell’amigdala riflette l’accresciuta eccitabilità neuronale secondaria per l’appunto a aumentata attività serotoninergica sinaptica in risposta a stimoli ambientali stressanti26.

Anche una ridotta disponibilità di SERT ,e della sua attività, nella corteccia cingolata anteriore, analizzata mediante PET, è risultata maggiormente associata a individui aggressivi-impulsivi rispetto a controlli sani27.

Di per sé il polimorfismo di questo gene non sembra spiegare la maggioranza dei comportamenti aggressivi o violenti, ma sembra più parte di un complesso di influenze genetiche e non genetiche capace di evolvere verso schemi di comportamento tendenzialmente antisociale. In particolare, le influenze genetiche sembrano essere

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maggiori nei bambini, per diminuire con l’età, a causa delle influenze biologiche non genetiche, delle esperienze di vita accumulate nel tempo28.

La maggior parte degli studi riguarda quello che è stato definito il “warrior gene” , il gene della monoamminoossidasi-A, locato in posizione Xp11.3, e così soprannominato

in quanto è risultato che popolazioni con la variante a bassa attività dell’enzima (L-MAOA), fossero quei popoli con un indole più guerrigliera, maggiormente coinvolti

in conflitti bellici in uno storico passato. Circa 1,2 kb a monte della regione promoter del gene MAOA è locata una sequenza ripetuta ( VNTR ) di circa 30bp, tale sequenza può essere presente in 3 3.5 4 o 5 copie. Le ripetizioni 3R e 4R sono le più frequenti nella popolazione caucasica e sono rispettivamente classificate come variante a più bassa e più alta attività enzimatica (L-MAOA e H-MAOA). Varie ricerche hanno mostrato risultati conflittuali di una diretta associazione tra variante allelica a bassa attività e range di comportamenti aggressivi. La ridotta attività dell’enzima nella variante “low” potrebbe compromettere l’abilità a attenuare il rilascio di neurotrasmettitore in eccesso e questo a sua volta potrebbe accrescere la sensibilità allo stress acuto e risultare in scoppi violenti e/o altre risposte comportamentali aggressive. Attraverso la genotipizzazione di 78 soggetti maschi, McDermoth ha indagato il rapporto tra varianza genetica della popolazione in esame e volontà di impegnarsi in aggressività fisica verso altri, attraverso la possibilità di infiggere una punizione fisica (nello specifico, la somministrazione di salsa piccante) a chi gli avesse arrecato un torto (nello specifico, la sottrazione di una somma di denaro). È emersa una correlazione diretta tra entità del torto o provocazione e variante genetica tipizzante il soggetto; ossia mentre la differenza di risposta è minima nei soggetti L-MAOA e H-MAOA cui sia stato prelevato un 20% del totale di denaro conquistato attraverso l’esecuzione di compiti mentali, vi è una tendenza notevolmente superiore dei L-MAOA a optare per una risposta aggressiva qualora la somma prelevata

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sia pari all’80% 29

. I meccanismi psicologici che determinano tale comportamento non sono del tutto chiari, ciò che è evidente, attraverso il ricorso alle neuroimmagini, è l’alterato funzionamento di specifiche regioni cerebrali in questi individui. In soggetti sani valutati con f-MRI, la variante “low” è associata con ridotto volume limbico e iperresponsività dell’amigdala durante processamento emozionale e iporeattività delle regioni frontali regolatorie, rispetto alla variante “high” 30. È degno di nota che tali alterazioni siano state rilevate unicamente in soggetti di sesso maschile, a riprova del carattere recessivo di tale variante, la cui presenza sull’unico cromosoma X dell’uomo determina espressione di un “trait” tendenzialmente aggressivo che rimane inespresso e silente nelle donne.

Alla luce di quanto precedentemente esposto risulta chiaro che il semplice possesso della variante L-MAOA non costituisce di per sé un predittore di aggressività, nello

stesso studio McDermoth è evidente una forte interazione gene-ambiente, tale che L-MAOA è meno associata all’insorgenza di aggressività in condizioni di bassa

provocazione (bassa quantità di denaro sottratta), ma ha predetto aggressività significativa in situazione di alta provocazione. Infatti mentre molti studi hanno fallito nell’evidenziare un effetto principale dell’allele a bassa attività nella predisposizione all’aggressività in assenza di un rilevante stress ambientale, al contario l’associazione della variante H-MAOA in soggetti maschi che avessero subito maltrattamenti, è sembrata protettiva contro lo sviluppo tardivo di comportamento antisociale e conseguentemente aggressivo31. Questo a riprova dell’importanza dell’influenza ambientale, cioè sebbene il genotipo L-MAOA da solo non accresca l’assunzione diretta di un comportamento antisociale, la sua presenza pone l’individuo a rischio di tale comportamento, che può essere esacerbato dall’esposizione in età infantile a maltrattamenti in famiglia32. È evidente che il genotipo L-MAOA determini una

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maggiore sensibilità agli stress ambientali soprattutto nei primi anni di vita, quando il fattore genetico immodificabile è ancora predominante rispetto all’influenza di fattori condivisi non genetici che si accumula durante il processo evolutivo.

Infine, poiché l’azione della serotonina è mediata da una serie di recettori affini, in particolare variazioni nell’ attività di recettori sia presinaptici che post-sinaptici, codificati dai geni HTR1A e 1B e HTR2A, sembrano potenzialmente coinvolti nella regolazione del comportamento aggressivo, come mostrato in roditori, e legati a impulsività, personalità antisociale e disordini della condotta.

Il recettore 5-HT1A è espresso con densità elevata in molte regioni cerebrali coinvolte nella modulazione delle emozioni, quali ippocampo, setto, nuclei dorsali del rafe e amigdala. 5-HT1A è un recettore post-sinaptico costituito da una catena di 421 aminoacidi a 7 domini transmembrana, accoppiato negativamente all’enzima adenilato ciclasi. Il recettore 5-HT1B, inizialmente identificato nel ratto e osservato nel SNC (principalmente globo pallido e sostanza nera) e nel sistema cerebrovascolare dove media vasocostrizione, si è visto successivamente avere un’omologia di sequenza e distribuzione molto elevata con il 5-HT1Dβ umano, che è stato così rinominato 5-HT1B umano. Sia il 5-HT1A che -1B, regolano il tono serotoninergico contribuendo nelle rispettive aree di competenza all’effetto inibitorio post-sinaptico della serotonina sull’aggressività, variazioni polimorfiche coinvolgenti un singolo nucleotide, (SNP), quali C1019G o C1018G del gene HTR1A o G861C del gene HTR1B sembrano influenzare negativamente il legame della serotonina, ostacolandone l’esplicazione della propria funzione che si traduce in una più o meno evidente associazione con disordini comportamentali ( alcolismo antisociale, tentato suicidio, aggressività pervasiva maggiormente in bambini). Il recettore 5-HT2A, a livello cerebrale è presente sui terminali assonici di neuroni serotoninergici centrali, è anch'esso un recettore

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trans-33

membrana a sette domini. Anche per questo recettore la maggior parte degli studi si è concentrata su un singolo SNP che determina un polimorfismo silente T102C sul gene HTR2A, che sembrerebbe essere in associazione con un simile range di alterazioni comportamentali33. Tuttavia, a differenza delle altre componenti del sistema serotoninergico, analizzate in precedenza, questa serie di varianti genetiche all’apparenza ripercuotentesi sull’attività recettoriale non godono ancora attualmente di evidenze sufficienti per attribuirgli una qualche importanza funzionale.

3.1.2 Altri geni candidati

Oltre ai geni del sistema serotoninergico, un certo numero di ricerche ha mostrato come anche altri geni possano essere candidati a influenzare lo sviluppo di un comportamento violento e aggressivo.

Il gene COMT, localizzato in 22q11, codifica per l’omonimo enzima, coinvolto nel metabolismo delle catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina), è un modulatore dei pathway adrenergici e dopaminergici.
 La funzione primaria del gene COMT è quella di favorire la degradazione della dopamina, nonché quella delle epinefrine e norepinefrine. Il locus più spesso analizzato all’interno del gene COMT è un polimorfismo funzionale all’esone 4, codone 158 della forma di membrana dell’enzima (codone 108 nella forma solubile) in cui un residuo di guanina è sostituito con un residuo di adenina determinando la transizione aminoacidica Valina-Metionina che causa un cambiamento di due-quattro volte dell’attività enzimatica della proteina. La sostituzione Met conduce, nello specifico, a una riduzione del 40% dell’attività enzimatica e sembra risultare associata con un incremento dell’aggressività, maggiormente nei maschi. Tale polimorfismo funzionale svolge un ruolo importante nella modulazione del tono dopaminergico prefrontale, soprattutto in epoca prenatale in

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cui potrebbe influenzare lo sviluppo della corteccia prefrontale, riducendo potenzialmente il controllo sugli impulsi aggressivi in età adulta. In definitiva mentre topi knock-out per COMT hanno mostrato un evidente e accresciuto comportamento aggressivo, l’associazione tra Val158Met che provoca alterata funzione di questo enzima e aggressività in uomo ha mostrato risultati contraddittori che richiedono ulteriori indagini34.

Un altro gene che è stato al centro di numerosi studi esaminanti la possibile associazione tra variabilità polimorfica e violenza e aggressività è il DAT-1. È un gene posto sul cromosoma 5 e codificante per la proteina trasportatore della dopamina, che regola l’attività sinaptica della dopamina. La ricaptazione della DA dallo spazio sinaptico è dunque eseguita dal trasportatore della DA (DAT), la cui espressione è influenzata dalla variazione del numero di ripetizioni in tandem (VNTR) di una sequenza di 40 nucleotidi all’interno del 3’ non tradotto del gene DAT, presente in più forme alleliche da 3 e 11 ripetizioni. L’allele 10R è la variante maggiormente ricorrente ed è quella che è sembrata influenzare maggiormente la concentrazione sinaptica della dopamina, esso è stato identificato dai ricercatori come “allele di rischio” in quanto spesso ritrovato in adolescenti e giovani adulti crescentemente coinvolti in atti di delinquenza, mostrando dunque una certa associazione con l’esternazione di comportamenti violenti, aggressivi e marcatamente antisociali. Anche in questo caso però le evidenze maggiori sono emerse in ricerche animali, trovando risultati contraddittori negli umani, tali da richiedere ulteriori approfondimenti35. Relativamente al sistema dopaminergico risultati emergenti interessano anche il gene DRD2 codificante per il recettore D4 della dopamina, una sua variante allelica sembrerebbe associata con un aumentato coinvolgimento in atti di violenza fisica gravi e aggressività; la scarsità degli studi non permette di affermare la completa veridicità di questa affermazione.

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Poiché in quasi tutte le società e le culture umane, i maschi mostrano comportamenti più violenti e aggressivi rispetto alle femmine, e inoltre secondo statistiche criminologiche, la più alta incidenza di comportamenti violenti si riscontra negli uomini d’età compresa fra i 15 e i 25 anni, fascia d’età che nell’uomo i livelli di testosterone nel sangue sono massimi; si è ipotizzato un qualche ruolo dei geni dei recettori per gli androgeni la cui variazione genetica può determinare alterazione dell’attività ormonale.

L’esone 1 del gene del recettore degli androgeni contiene un numero variabile di triplette CAG, che codificano per una coda di poliglutamine di lunghezza variabile nel dominio amminoterminale del recettore. Evidenze sperimentali hanno dimostrato che la lunghezza di questa coda di poliglutamine influenza l’attività trascrizionale dell’AR e modula la risposta degli organi bersaglio agli androgeni, tratti più lunghi di ripetizioni CAG sono stati associati con una ridotta attività trascrizionale. In uno studio preliminare è stato osservato la tendenza di maschi svedesi sani, con una sequenza CAG più corta, a avere maggiore tensione muscolare e aggressività verbale36; lo stesso esperimento è stato replicato in maschi indiani responsabili di comportamento aggressivi paragonati con controlli, il risultato anche in questo caso ha evidenziato una associazione significativa tra CAG ripetute in minor numero con un fenotipo di violenta attività criminale37. Ovviamente anche in questo caso si tratta di ritrovamenti che vanno ulteriormente indagati e confermati.

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3.2 Interazione geni – ambiente

“There is no gene for violence. Violence is a learned behavior”.

American Psychological Association “Ereditarietà e ambiente comune sono responsabili delle differenze individuali

dell’aggressività”.

Miles e Carey

Come si evince da quanto riportato in precedenza, sia fattori genetici che ambientali hanno un ruolo chiave nel determinare la comparsa di tendenze aggressive e/o violente, si pensi in particolare al caso della associazione variante L-MAOA con trascuratezza e maltrattamento infantile. Considerare geni e ambiente come due fattori separati e indipendenti propone un approccio semplicistico ed errato, è chiaro che lo sviluppo del SNC e del comportamento dipende da entrambi i fattori e da come essi si influenzano reciprocamente. I geni creano le condizioni affinché si verifichino dei cambiamenti, ma la direzione di questi ultimi è poi definita dall’ambiente. Si è passati dal concetto di

“nature vs nurture” a quello di nature via nurture”, ossia attraverso l’educazione, sia

geni che ambiente partecipano nel determinare le traiettorie di crescita che danno forma all’individuo. È importante notare però che mentre i fattori genetici e ambientali sono ugualmente importanti nell’infanzia, il loro peso diminuisce durante l’età adulta allorquando sopraggiungono a essi l’esperienza e l’apprendimento, capaci di modulare l’attività dei geni e ridimensionare l’influenza ambientale.

Il progetto PRISMA, Progetto italiano salute mentale e adolescenti, costituisce uno studio epidemiologico condotto per valutare la prevalenza di disturbi mentali e problemi della condotta in soggetti pre-adolescenti maschi, tra i 10 e i 14 anni, di sette diverse città italiane, i cui risultati dimostrano e confermano per l’appunto l’importanza dell’interazione geni e ambiente nella determinazione comportamentale.

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Ragazzi portatori di varianti genetiche a rischio ma inseriti in un contesto “non predisponente” non mostravano problematiche diverse rispetto ai controlli.

Ragazzi con varianti genetiche a rischio e inseriti in un contesto “predisponente” (stato socio-economico, livello scolare dei genitori, reddito familiare…) mostravano maggiori problematiche sia rispetto ai controlli sia rispetto ai ragazzi con varianti genetiche a rischio ma inseriti in ambienti protettivi. Potendo dunque concludere che un contesto ambientale più difficile e meno protettivo, favorisce e aumenta la rilevanza delle influenze genetiche nel determinare un dato comportamento.

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