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Esperienza n 1: LENTI

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Academic year: 2022

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(1)

Lente sottile convergente biconvessa

Nella lente sottile i punti principali coincidono ed essendo l’oggetto e l’immagine nello stesso mezzo (uguale indice di rifrazione ), i due fuochi hanno la stessa distanza dalla lente.

Si può usare la formula derivata dall’ottica geometrica (f = distanza focale):

2 1

1 1 1

d d

f = + dove d1 è la distanza lente – oggetto d2 è la distanza lente – immagine La costruzione geometrica è presentata in fig.1

lente

oggetto immagine f

f

d 1 d 2

Fig.1 Costruzione geometrica dell’immagine di lente convergente

Misura della distanza focale di una lente convergente

Si ha a disposizione un banco ottico su cui possono scorrere i sostegni della lente e schermo come presentato in fig.2.

Proiettore oggetto lente immagine condensatore

(2)

Il proiettore ha lo scopo di convogliare un grande flusso luminoso verso l’oggetto in esame ed è composto da una lampada alogena, un riflettore ed un condensatore ottico.

Il condensatore ottico è composto da un sistema di 2 lenti piano convesse posto fra la lampadina e l’oggetto. Il riflettore aumenta il flusso luminoso convogliato nel

condensatore.

Il proiettore illumina un oggetto composto da cerchi concentrici e l’immagine è formata sullo schermo.

Misurare la distanza lente-oggetto e valutarne l’errore. Eseguire diverse misure della distanza lente – immagine riposizionando ogni volta lo schermo. Ricavare la distanza focale della lente.

Ruotare la lente di 180°, ripetere le misure e ricavare nuovamente la distanza focale della lente.

Analizzare i dati ottenuti e verificare che i risultati delle due misure siano in accordo all’interno degli errori statistici. Applicare il test di “Student” ai valori medi.

Misurare l’ingrandimento della lente per una certa distanza e verificare che vale:

1 2

d G= d

Misura del fuoco di una lente divergente

Costruire un sistema ottico formato dalla lente positiva precedentemente usata e da una lente negativa (lente divergente di cui si vuole conoscere il fuoco) montando le lenti sullo stesso supporto in modo che siano più vicine possibile fra loro. Il sistema così formato deve essere convergente.

Ricavare la distanza focale della lente divergente usando la relazione

D

C f

f f

1 1

1 = +

dove f e’la distanza focale del sistema composto dalle due lenti, fC e fD sono rispettivamente le distanze focali della lente convergente e divergente. Valutare l’errore su fD.

(3)

Esperienza n 2: PRISMA

Lo scopo dell'esperienza è la misura dell'indice di rifrazione di un prisma di plexiglass con il metodo dell'angolo limite.

L'apparato sperimentale è presentato in fig. 1.

Il raggio di un laser ad Elio - Neon di lunghezza d'onda di 0,632 µ avente la potenza di 1mW, colpisce la faccia di un prisma, montato su una piattaforma rotante di buona precisione. Osservando il fascio di luce uscente dal prisma si può ricavare la condizione di angolo limite quando, ruotando la piattaforma, esso risulta parallelo alla superficie uscente (per angoli maggiori il raggio risulta totalmente riflesso all'interno del prisma).

Calcolo dell'indice di rifrazione di un prisma con il metodo dell’angolo limite In fig. 1 è rappresentato un raggio luminoso che incide la superficie del prisma nel punto B con angolo di incidenza i. Esso subisce una prima rifrazione in B passando dall'aria al plexiglass. Una seconda rifrazione avviene in C passando dal plexiglass all'aria.

Per la legge di Snell si ha: n r sen

i

sen ====

n 1 ' i sen

' r sen ====

inoltre dai triangoli BA∆∆∆∆ C e DBC∆∆∆∆ si ha αααα====r++++r'

Per un angolo i' = 90°, l'angolo r' diventa angolo limite e si può scrivere:

sen( r) sen cosr cos senr n

' 1 r

sen lim ==== ==== αααα−−−− ==== αααα −−−− αααα sostituendo cosr ==== 1−−−−sen2r si ha:

nsenαααα 1−−−−sen2r ====1++++ncosααααsenr e ricordando la legge di Snell:

1 2cos seni cos sen i n

i 1 sen sen

n 2 2 2

2 2

2 ==== ++++ αααα ++++ αααα



 −−−−

α αα α

1 2cos seni sen i sen

n 1 ++++ αααα ++++ 2 α

αα

==== α

(4)

Modo di procedere:

ATTENZIONE: Non guardare dentro al LASER

rotazione della piattaforma

A αααα

i B C r r' i' D αααα Laser Elio - Neon

Fig. 1 Sistemazione apparato

1. Acceso il laser, verificare che il punto di incidenza del raggio luminoso sul prisma sia in corrispondenza dell’asse di rotazione della piattaforma. Eventualmente regolarne la posizione.

2. Orientare la faccia del prisma in modo che l’angolo di incidenza del raggio laser sia zero. In questa condizione il raggio riflesso deve sovrapporsi con quello incidente. Se necessario modificare l’inclinazione della faccia del prisma agendo sulle viti che determinano la posizione orizzontale della piattaforma rotante.

3. Rilevare la posizione angolare della piattaforma corrispondente all'angolo i = 0 e valutare l’incertezza della risoluzione strumentale dal risultato di misure ripetute.

4. Ruotando il prisma in senso antiorario cercare la posizione del prisma alla quale il raggio emerge parallelo all’ipotenusa e poi scompare subito. (In questa situazione l’angolo di incidenza nel passaggio plexiglass - aria è r' = angolo limite = arcsen(1/n) Rilevare la posizione angolare per qualche decina di misure. La valutazione della posizione alla quale il raggio luminoso scompare è imprecisa e soggettiva.

5. Valutare con un test del χ2 se la distribuzione della frequenze dell’angolo si possa considerare normale. Calcolare l’errore standard della media.

6. Calcolare, sottraendo l’angolo misurato al punto 3, l’angolo di incidenza i ed il suo errore.

7. Calcolare l’indice di rifrazione della materia di cui è fatto il prisma (plexiglass) tenendo conto che:

(5)

α αα α

essendo α = 60° e i l'angolo di incidenza per cui i'=90°

8. Calcolare l'errore su n trascurando l’incertezza sull’angolo α

(6)

Esperienza n 3: COEFFICIENTE di ESTINZIONE di un LIQUIDO

LEGGE di MALUS, RETICOLO di DIFFRAZIONE

Coefficiente di estinzione di un liquido

Lo scopo dell’esperienza è di verificare la legge che regola l’attenuazione di un fascio luminoso in un mezzo assorbente.

Un fascio luminoso di intensità I0, entrando in un mezzo subisce un’attenuazione che è proporzionale al tratto percorso ∆∆∆∆x ed all’intensita’ I nel punto x. Si può scrivere:

x ) x ( KI I ====−−−− ∆∆∆∆

∆∆∆∆ dove K è la costante di proporzionalità Passando a quantità infinitesime si ottiene

dI = - KI(x)dx

Integrando K dx cost. I

dI ====−−−−

∫∫∫∫

++++

∫∫∫∫

ed imponendo che per x = 0 l’intensità del fascio luminoso sia I0 si ottiene la legge:

I(x)====I0e−−−−Kx

il significato fisico di K, che come dimensioni è l’inverso di una lunghezza, si può ricavare scegliendo uno spessore di liquido X tale che sia X = 1/K. Allora la I(X) diventa:

e ) I X (

I ==== 0

cioè l’inverso di K rappresenta quello spessore di liquido che riduce l’intensità di e volte.

L’apparato sperimentale è presentato in fig. 1

E’ composto da un proiettore che genera un fascio di luce bianca, da una lente collimatrice che concentra l’energia luminosa all’interno del becker contenente il liquido in esame e da una fotocellula. Quest’ultima genera una corrente elettrica proporzionale all'intensità del fascio di luce che la ha colpita.

La misura si effettua con un microamperometro digitale a 6 cifre, con la sensibilità di 10 nanoamper.

E’ disponibile un righello per misurare l’altezza del liquido dentro alla provetta.

E’ possibile che la fotocellula, data la sua grande sensibilità, generi una corrente di fondo dovuta alla luce che non passa nel liquido, ma diffusa dalle pareti della stanza.

(7)

proiettore

lente collimatrice

µµµµA digitale

liquido in esame fotocellula

Fig. 1 Apparato per la misura del coefficiente di estinzione di un liquido

Modo di procedere

- Verificare che il microamperometro misuri I = 0 quando la sorgente luminosa è spenta oppure prendere nota del valore letto e poi sottrarre questo valore dai valori ricavati nelle varie misure.

-Accendere la sorgente luminosa

-Mettere nel contenitore una piccola quantità del liquido in esame, misurarne il livello X1 con il calibro e leggere sul microamperometro l’intensità della corrente IX1

-Aggiungere liquido, misurare il livello X2, leggere la corrente

-Ripetere il punto precedente, fino ad aver messo nel contenitore tutto il liquido -Graficare la corrente in funzione dell’altezza del liquido.

-Sapendo che l’attenuazione dell’intensità luminosa è un esponenziale con il metodo di

“best fit” ricavare il coefficiente di estinzione K. Qualora non sia possibile usare il metodo proposto, usare la formula:

[[[[ ]]]] [[[[ ]]]] (((( )))) (((( ))))

1 2

2 1

1 2

2 1

X X

X I

X ln I X

X

) X ( I ln ) X ( I K ln

−−−− 





−−−− ====

==== −−−−

(8)

Legge di MALUS, polarizzazione

a) Disporre sul banco ottico il filtro analizzatore e provare a ruotarlo di 360 gradi. La luce laser è polarizzata?

b) Rilevare ogni 10° sul goniometro l’intensità luminosa misurando l’intensità luminosa attraverso la corrente generata da una fotocellula. Graficare il risultato e ricavare la legge di Malus

c) Inserire tra sorgente e analizzatore una lamina birifrangente ( alcune lamine disponibili hanno un’ indicazione “ quarto d’onda”, ma per lunghezze d’onda diversa da quella del laser). Per una posizione generica della lamina la polarizzazione del raggio luminoso risulta ellittica: ruotando l’analizzatore osservare posizioni dei massimi e dei minimi che corrispondono rispettivamente al semiasse maggiore o minore dell’ellisse.

d) Cercare e annotare la posizione della lamina che corrisponde all’asse ottico parallelo e perpendicolare al piano di vibrazione del vettore elettrico del raggio laser. Poiché, in questo caso, il raggio uscente dalla lamina rimane polarizzato linearmente, conviene precedere come segue:

togliere la lamina dal percorso del raggio luminoso; posizionare l’analizzatore in modo che lo schermo riceva un minimo di intensità luminosa (condizione di buio); inserire di nuovo la lamina e, se l’intensità sullo schermo è aumentata, ruotare la lamina senza muovere l’analizzatore, fino a che si ritrova la posizione di buio.

Ripetere l’operazione a) e verificare che la luce è rimasta polarizzata linearmente.

e) Posizionare la lamina birifrangente in qualunque posizione corrispondente a

polarizzazione ellittica. Procedendo come al punto d), cioè partendo dal buio in assenza di lamina ( e con l’analizzatore inserito), verificare che inserendo una seconda lamina uguale alla prima esistono posizioni angolari in cui il ritardo di fase dovuto alla seconda è uguale ma di segno opposto a quello dato dalla prima.

f) Osservare le immagini di diffrazione facendo incidere la luce laser sulla fenditura regolabile e sul capello fissato al supporto.

Misura della lunghezza d’onda del laser con il reticolo di diffrazione.

Come e’ noto, per il massimo di ordine n, la relazione fra lunghezza d’onda λ, il passo del reticolo p e l’angolo ϑϑϑϑ sotto cui il massimo e’ visto dal reticolo e’: psinϑϑϑϑ = nλλλλ.

(9)

massimi di vari ordini.

Misurare più volte gli angoli corrispondenti al massimo del primo ordine (psinϑϑϑϑ = λλλλ), e ricavare la lunghezza d’onda della luce valutando anche il relativo errore. Ripetere la misura con un altro massimo, scelto dal lato opposto rispetto al massimo di ordine zero.

Calcolare nuovamente la lunghezza d’onda della luce. Confrontare i due risultati e applicare il test di Student.

Specchi di Fresnel

a) Illuminare gli specchi con un raggio radente, in modo che la zona illuminata si ripartisca in parti uguali o quasi rispetto allo spigolo di intersezione degli specchi.

b) Regolare accuratamente le due viti in modo che le superfici degli specchi si

intersechino effettivamente nello spigolo. Verificare che non rimanga un “gradino”

tra gli specchi.

c) Variare con la massima delicatezza l’angolo tra gli specchi agendo sulla vite esterna (lontano dallo spigolo) fino a vedere distintamente le frange di interferenza sullo schermo. Descrivere come si presenta la figura e spiegare fisicamente il fenomeno osservato.

Come si può misurare il diametro di un capello? E di una fenditura?

(10)

Esperienza n 4: POLARIMETRO di LAURENT

Lo scopo dell’esperienza è di misurare la concentrazione di una soluzione con potere rotatorio ≠≠≠≠0 (acqua e zucchero).

Lo strumento usato è il polarimetro di Laurent, cosi’ detto dal nome del suo inventore.

Per ottenere un’altissima sensibilità, il polarimetro è dotato, in una metà campo del campo visivo, di una lamina a mezz’onda per la luce monocromatica incidente. Con l’inserimento della lamina a mezz’onda si possono eseguire misure differenziali ossia misure di paragone diretto fra l’illuminazione delle due meta’ campo. Inoltre la misura viene fatta con poca illuminazione, dove l’occhio ha la massima sensibilità (ricordiamo che l’occhio umano ha una sensibilità che cresce logaritmicamente con l’illuminazione, ed è quindi in grado di apprezzare meglio variazioni di luce se l’oggetto si trova in penombra).

In fig. 1 è presentato l’apparato.

Lampada al sodio

nicol lamina nicol

campione oculare

polarizzatore analizzatore

Fig.1 Polarimetro di Laurent

(11)

campo sinistro campo destro

Fig. 2 Immagine che appare guardando nell’oculare

Una lampada al sodio (che genera luce monocromatica) illumina un Nicol, il fascio straordinario esce polarizzato linearmente e per metà entra direttamente nel liquido campione. L’altra metà attraversa anche la lamina a mezz’onda. I due raggi, entrambi polarizzati linearmente ma con un diversa direzione di polarizzazione, vengono analizzati dal secondo nicol.

L’occhio, osservando all’interno dell’oculare, vede le due meta’ campo illuminate in modo diverso. Ruotando l’analizzatore di 360°si vede cambiare l’illuminazione delle due parti. Si possono indiviuare due angoli per cui le due meta’ campo sono ugualmente fortemente illuminate e due angoli per cui le due meta’ campo sono debolmente ed ugualmente illuminate. Uno di questi ultimi angoli va utilizzato per massimizzare la sensibilità della misura.

Modo di procedere per la messa a punto del polarimetro.

Accendere la lampada monocromatica al sodio. Controllare che non ci siano bolle d’aria nella provetta contenente il liquido in esame. Mettere a fuoco l’oculare sulla lamina a mezz’onda.Aggiustare la posizione relativa della sorgente o del polarimetro in modo che l’illuminazione delle due metà del campo visivo siano illuminate il più uniformemente possibile (non necessariamente la lampada va messa molto vicina all’ingresso del polarimetro), specialmente nelle zone adiacenti alla linea di separazione.

Far fare all’analizzatore un giro completo, in modo da poter riconoscere le due posizioni di minima illuminazione (condizione di penombra).

Togliere la provetta.

Misure

1) Ruotare l’analizzatore fino a che le due metà siano ugualmente illuminate in condizione di penombra. Registrare la posizione angolare dell’analizzatore, che verrà chiamata zero a massima sensibilità. Ripetere la misura ≈ 30 volte, avvicinandosi alla posizione di misura alternativamente nei due sensi di rotazione

(12)

2) Porre la provetta con la soluzione da esaminare entro il polarimetro e cercare la nuova posizione di uguale illuminazione in penombra. Registrare la posizione angolare.

Ripetere la misura ≈ 30 volte.

3) Verificare con il test del χχχχ2che i risultati delle misure 1) e 2) siano compatibili con una distribuzione gaussiana.

5) Ricavare l'angolo αααα di cui e' stato ruotato il piano di polarizzazione dalla differenza tra le misure in 2) ed in 1)

6) Calcolare la concentrazione c della soluzione sapendo che α

αα α = k c l

dove: k (potere rotatorio della soluzione) = 1036±2 °°°°/m l (lunghezza del tubicino) = 20 ± 0,02 cm.

6) Calcolare lo scarto quadratico medio della distribuzione ottenuta e lo scarto della media aritmetica. Confrontare con la sensibilità dello strumento.

Eseguire una serie di misure (con e senza provetta) nelle seguenti due posizioni:

1) zero di buio: ruotare l’analizzatore fino a che una metà del campo sia completamente buia.

2) zero di luce: ruotare l’analizzatore fino a che una metà del campo sia illuminata al massimo.

Verificare che la distribuzione gaussiana che ne risulta è allargata rispetto alla misura a massima sensibilità. Calcolare α anche con queste misure.

Lamina a mezz’onda

La lamina a mezz’onda è costruita con un cristallo birifrangente (quarzo). Essa ha uno spessore tale chele componenti del vettore elettrico parallela e perpendicolare all'asse ottico della lamina, entrate con la stessa fase ne escano sfasate di π, cioè di mezzo giro, come presentato in fig. 3.

raggio uscente α α

E EE

(13)

raggio entrante

Fig. 3 Lamina a mezz’onda: il campo elettrico dell’onda uscente è ruotato di 2α rispetto a quello entrante

Un raggio entra nella lamina con polarizzazione lineare ed angolo α rispetto all'asse ottico della lamina (verticale). Per la proprietà del cristallo birifrangente le due componenti: (parallela e perpendicolare all’asse ottico) si propagano con velocità diverse perché il cristallo presenta in queste due direzioni indici di rifrazioni n1 ed n2. All’uscita della lamina esse si ricompongono e il piano di polarizzazione risulta ruotato di 2α (vedi Bussetti: Esperimentazioni di Fisica).

Prisma di Nicol

Il prisma di Nicol è composto da due prismi di cristallo di calcite separati da una colla (balsamo del Canadà n = 1.55) che presenta un indice di rifrazione intermedio fra i due indici di rifrazione della calcite (per il raggio ordinario l’indice di rifrazione è n = 1.66, per quello straordinario l'indice di rifrazione è n = 1,49). Raggio ordinario e raggio straordinario corrispondono alle componenti del campo elettrico parallela e perpendicolare all'asse ottico del prisma.

Un raggio di luce monocromatico entrando nel primo prisma viene cosi' scomposto in due raggi: il raggio ordinario viene totalmente riflesso sulla superficie di separazione dei due prismi, mentre il raggio straordinario esce dal Nicol avendo subito una piccola deviazione. Essendo rimasta una sola componente, il raggio è polarizzato linearmente.

Per ottenere questo risultato il prisma ha un angolo di 68° come presentato in fig. 4.

uscita raggio ordinario 68°

raggio incidente raggio straordinario

Fig. 4 Prisma di Nicol

(14)

Esperienza n 5: SPETTROSCOPIO

Lo scopo dell'esperienza è di ricavare la curva di calibrazione in lunghezza d'onda di uno spettroscopio e con essa misurare le righe di assorbimento dei vapori di alcune sostanze e la banda di lunghezza d'onda di trasmissività di alcuni filtri poi usati nell'esperienza della misura della costante di Planck.

Lo spettroscopio di Kirchhoff e Bunsen in dotazione è disegnato nelle sue parti essenziali in fig. 1.

illuminatore lampada scala graduata di taratura

fenditura

rotazione con scala graduata messa a fuoco cannocchiale

oculare con messa a fuoco reticolo

Fig. 1 Spettroscopio di Kirchhoff e Bunsen Strumentazione in dotazione:

- Spettroscopio di Kirchhoff e Bunsen - Lampada al mercurio per la taratura - Lampada al sodio per la taratura - Ampolla con ipoazotite

- Ampolla con cloruro di didimio (liquido bianco) - Serie di filtri ottici

Modo di procedere per la messa a fuoco

a) Mettere a fuoco l'oculare sulla croce di riferimento (croce di sant'Andrea), illuminando con luce bianca al posto delle lampade di taratura.

(15)

delicatamente l'intero tubo porta oculare manovrando la cremagliera comandata dalla vite con testa a tamburo (messa a fuoco del cannocchiale).

Per avere righe ben nette la fenditura deve essere sufficientemente stretta. La lettura della posizione di una qualsiasi riga va effettuata dopo che questa è stata centrata sull’incrocio dei fili del reticolo (molto sottili e visibili solo se si osserva con attenzione). La lettura può essere effettuata sulla scala esterna, oppure sulla scala interna, che in questo caso deve essere illuminata e la comodità di lettura va a scapito della precisione.

Misure

1. Riconoscere le righe spettrali della lampada al sodio e assegnare a ogni riga la lunghezza d’onda corrispondente. Rilevare inoltre per ogni riga la posizione dello spettroscopio 2. Fare la stessa cosa per la lampada al mercurio

3. Costruire curva di taratura mettendo sulle ordinate il valore letto sullo spettroscopio e sulle ascisse la corrispondente lunghezza d’onda (unico grafico per le 2 lampade!!)

4. Valutare l’incertezza di lettura della posizione delle linee spettrali, quindi eseguire un “fit”

con il metodo dei minimi quadrati usando due funzioni: a + bx (retta) e a + b/x (iperbole), giudicando quale è la migliore approssimazione.

5. Utilizzando la sorgente luminosa a spettro continuo (lampada con il filamento di tungsteno), misurare le posizioni di alcune righe di assorbimento ( visibili come bande nere tra l’iride del tungsteno) dell’ipoazotite e del cloruro di didimio contenuti nelle rispettive ampolle, quindi mediante la curva di taratura risalire alle corrispondenti lunghezze d’onda di assorbimento e farne l’elenco.

(16)

Lunghezze d'onda campione: lampada a vapori di sodio

λλλλ in µµµµ = 10-6m colore

0,6158 debole Rosso *

0,5893 intensissima Giallo * 0,5682 intensa giallo – verde

0,5151 debole verde

0,4980 intensa verde – azzurra * 0,4750 debolissima blu *

0,4666 debole blu – indaco * 0,4496 debolissima Viola *

(*): valor medio di λλλλ per doppietti di righe non distinguibili ad occhio nudo

Lunghezze d'onda campione: lampada a vapori di mercurio

λλλλ in µµµµ = 10-6m colore

0,5791 intensa giallo

0,5770 intensa giallo

0,5461 intensa giallo, giallo - verde 0,5128 intensa turchese

0,4916 medio intensa Azzurro (non considerare)

0,4358 intensa viola

0,4347 debolissima Viola (non considerare) 0,4339 debolissima viola

0,4078 debole viola scuro 0,4047 quasi intensa viola scuro

(17)

Esperienza n 6: COSTANTE di PLANCK

Misura della costante di Planck

Fotoni di energia hνννν, colpendo un fotocatodo estraggono elettroni con energia cinetica massima (effetto fotoelettrico) data dalla relazione:

U 2mv

hνννν==== 1 2 ++++

con m massa e v velocità dell’elettrone uscente dal metallo. Con U si intende l’energia spesa per estrarre l’elettrone dal metallo del fotocatodo.

Disponendo di due sorgenti di luce monocromatica di frequenze νννν1 e νννν2, sottraendo le due energie si ha:

h

((((

νννν1 −−−−νννν2

))))

==== 21m

((((

v12 −−−−v22

))))

(1)

Si ha a disposizione un’ampolla di vetro in cui è stato fatto il vuoto, depositato un fotocatodo a base di cesio (il cesio ha un potenziale di estrazione molto basso) ed inserito un anello come anodo.

Illuminando il fotocatodo si ha un passaggio di elettroni dal fotocatodo all’anodo. Un nanoamperometro ha sensibilità sufficiente a misurare questa corrente.

Applicando una tensione sufficientemente negativa all’anodo rispetto al fotocatodo, gli elettroni sono tutti respinti e non si ha più passaggio di corrente.

Regolando la tensione del controcampo, partendo da zero, si può raggiungere una Vc

tale da respingere anche gli elettroni più veloci cioè:

c mv2 2

eV ==== 1 con e carica dell’elettrone quindi sostituendo nella (1) si ottiene:

((((

1 2

)))) ((((

e V1c V2c

))))

h νννν −−−−νννν ==== −−−−

da cui si può ricavare la costante di Planck.

Si dispone di:

- lampada alogena da 12 V e 50 W - alimentatore stabilizzato da 20 V e 4 A - 2 tester digitali

(18)

- pila da 1,5 V per controcampo

- un condensatore ottico per focalizzare la luce sulla fotocellula - serie di filtri con la seguente banda passante:

tipo filtro λλλλ massima λλλλ minima 46803 > 635 nm ---- 46805 595 nm 569 nm 46807 570 nm 510 nm 46809 550 nm 490 nm 46811 470 nm 405 nm 46813 465 nm 390 nm

L’apparato è rappresentato in fig. 1 e già montato in una scatola metallica (fig. 2) per schermare dalla luce ed eventuali rumori elettromagnetici che falserebbero la misura.

Lampada condensatore ottico filtro fotocellula anodo catodo

3.5 A 11 V

Fig. 1 Apparato per ricavare la costante di Planck

-

V

1,5 V 10 k

1 3

2

V

500 k

(19)

di un assistente (questi morsetti servono a riscaldare l’anello di anodo e fare evaporare gli atomi di cesio che possono essersi depositati per evaporazione dal catodo).

Fig. 2 Apparato sperimentale per determinare la costante di Planck

La corrente necessaria per questa operazione è di 1,2 A per una durata massima di 20 secondi. La necessità di questa operazione è rivelata da una corrente inversa elevata, ma prima assicurarsi che la luce non colpisca direttamente l’anodo sistemando

opportunamente gli schermi posti davanti alla fotocellula.

La pila di 1.5 V va scollegata alla fine della misura.

Non essendo disponibile un picoamperometro a causa del suo alto costo si fa uso di un tester digitale a 6 cifre, che collegato come voltmetro ai capi del filtro RC passa basso può misurare la corrente di interesse con una sensibilità del nanoamper.

Per misurare la tensione di controcampo si fa uso di un tester digitale a 3 cifre.

Misure

Inserire il filtro rosso e misurare il passaggio di corrente nella fotocellula (la corrente sarà l’indicazione del tester collegato come voltmetro diviso per la resistenza di 500 KΩ.

V contro campo I anodo

0,1 ---- 0,2 ---- ---- ----

(20)

Per un certo valore di controcampo la corrente diventa costante: può diventare zero o un po’ negativa. Considerare il valore Vc in cui la corrente comincia a diventare costante (valutare l’errore che sarà sicuramente molto grande). Graficare subito su calcolatore o su carta millimetrata la corrente I = f(Vc) come in fig.3.

I corrente

V controcampo Vc

Fig. 3 Corrente della fotocellula in funzione della tensione di controcampo

Eseguire la stessa operazione per tutti i filtri disponibili.

Costruire il grafico di Vc come funzione di ννννmedia ( fig. 4) lasciata passare dai filtri con gli errori.

Con il metodo dei minimi quadrati trovare la retta di “best fit” e dalla:

( )

2 1

2 1

νννν νννν −

= eVcVc h

Vc

ννννmedia

Fig. 4 Tensione di controcampo vs frequenza luce incidente

ricavare la costante di Planck con il suo errore.

(21)

Caratteristica del transistor bipolare (BJT)

Il transistor bipolare è uno dei principali dispositivi a semiconduttore utilizzato per amplificare elettricamente un segnale o come commutatore digitale.

Il transistor bipolare (BJT) è un dispositivo costituito da due giunzioni come rappresenta in fig. 1.

Fig. 1 Schematizzazione di un transistor NPN in conduzione

I cristalli di semiconduttore che costituiscono l’emettitore ed il collettore sono drogati con materiale pentavalente (tipo n) e la base con materiale trivalente (tipo p). La base è molto sottile (nell’ordine del micron).

Una differenza importante fra collettore e emettitore è rappresentata dai diversi valori di drogaggio. L’emettitore, fortemente drogato svolge la funzione che, se la giunzione base- emittore è polarizzata direttamente, inietta elettroni nella base.

Essendo la base poco drogata gli elettroni possono facilmente raggiungere la giunzione base - collettore (nella base gli elettroni sono portatori minoritari essendo drogata p) e se questa è polarizzata inversamente cioè il collettore si trova a potenziale positivo rispetto alla base, gli elettroni possono raggiungere il collettore e dare luogo ad una corrente (si intende corrente di cariche positive) che dal collettore raggiunge l’emettitore.

Alcuni elettroni iniettati dall’emettitore nella base si ricompongono con le poche lacune presenti essendo la base dotata di pochi atomi droganti di tipo p e formano la corrente di base - emettitore.

Questo meccanismo può anche essere visto altro modo:

p n

Vbe

E B

n

Vcb C

(22)

se nella giunzione base - emettitore passa una corrente Ib, allora l’emettitore emette elettroni che a causa del minimo spessore della base possono raggiungere il collettore e formare una corrente Ic molto più grande della Ib.

Un transistor di questo si chiama bipolare (BJT) perché la conduzione avviene sia per i portatori maggioritari nell’emettitore e collettore che per portatori minoritari nella base.

Esistono due tipi di transistor: il tipo NPN di cui si è parlato ed il cui simbolo è rappresentato il fig. 2a ed il transistor PNP presentato in fig. 2b. Si differenziano fra loro per il disegno dell’emettitore, la cui freccia per il tipo PNP sta ad indicare che si iniettano buchi nella base.

Fig.2a Transistor npn Fig. 2b Transistor pnp

Considerando il transistor come una scatola nera si può definirlo come un quadripolo avente due morsetti di ingresso e due di uscita. Per il suo utilizzo si richiede pertanto di conoscere le caratteristiche di ingresso e di uscita.

Lo schema elettrico consigliato è presentato in fig. 3 dove il transistore è collegato ad emettitore comune.

Fig. 3 Schema elettrico per ricavare le caratteristiche di un transistor

Il comportamento del transistor collegato in questo modo è la seguente: facendo passare una piccola corrente Ib dentro la base si ottiene un grande passaggio di corrente Ic sul collettore. Il rapporto di amplificazione e definito come:

ββββf = hFE = Ic/Ib

PNP C B

E C

NPN B

E

Ib

Vbe

V

Vcc 10k

quadripolo in esame

V

E

C

mA

Vce Vbb

B TIP 31

Ic

uA

(23)

sua costruzione, anche dalla temperatura del transistor, infatti l’espressione della corrente in una giunzione, data nell’esperimento del diodo:

I I (e VT 1)

Vd 0

d ==== ηηηη −−−−

dipende dalla temperatura assoluta sia nella corrente I0 che nel valore dell’esponente. A parità di tensione applicata ai capi della giunzione, aumentando la temperatura aumenta la corrente nella giunzione. Per evitare che le caratteristiche che si stanno ricavando siano compromesse dal forte aumento della temperatura del transistor è necessario limitare la potenza dissipata soprattutto nel circuito di collettore disegnando, prima di iniziare le misure, la curva di massima potenza:

Pmax = Vce Ic

che nel piano Ic = f(Vce) è rappresentata da un iperbole.

Un transistor disponibile in laboratorio è del tipo NPN con sigla TIP 31 e può dissipare al massimo 2W, pertanto se la tensione Vce è 2V si può far passare 1A, mentre con Vce

= 6V la Ic diventa 0,33A, infine per Vce = 12V la Ic si riduce a 0,16A.

Si richiede di ricavare la famiglia di curve Ic = f(Vce) per Ib = costante come presentato in fig. 4 costruendo la tabella 1.

Ic mA

200 600µA

500µA

150

400µA

300µA

100

200µA

50

100µA

2 4 6 8 10 12 Vce V Fig. 4 Caratteristica Ic = f(Vce) per Ib = costante

Procedimento:

- Impostare una corrente di base 50 µµµµA letta sul tester analogico - Leggere la tensione Vbe sul tester digitale

(24)

- Impostare una corrente di base 100 µµµµA e rifare le misure cambiando Vce

Ib µA Vce Volt Vbe Volt Ic mA

50 0 --- ---

50 0,5 --- ---

50 1 --- ---

50 --- --- ---

50 12 --- ---

100 0,5 --- ---

100 0 --- ---

100 --- --- ---

100 12 --- ---

Tabella 1

Ricavare una famiglia di curve per valori di corrente di base fino a 500 µµµµA

Dagli stessi dati si può ricostruire la famiglia di curve per Vbe = f(Ib) con Vce = cost come presentato in fig. 5

Graficare ββββf = f(Ic) per Vce = 6 V

Fig. 5 Tensione di base in funzione della corrente di base per Vce = 6 V

Dalle caratteristiche ricavate si può osservare che:

Impostando una corrente Ib si ha un passaggio di corrente Ic cioè la corrente di comando Ib risulta essere amplificata di un fattore ββββf poco dipendente da Vce quindi in

0 0,2 0,4 0,6 0,8

0 200 400 600 800

corrente Ib uA

tensione Vbe Volt

(25)

Ic = ββββf Ib

La dipendenza della temperatura si può osservare dal fatto che la corrente Ic a parità di Ib cambia se il transistor si scalda.

Dalla caratteristica di ingresso Vbe = f(Ib) si osserva che la tensione Vbe risulta essere compresa fra 0,5 e 0,7 cioè circa costante ed è assimilabile al modello del diodo.

In definitiva dalle caratteristiche ricavate si può ritenere che il transistor sia rappresentabile dal modello presentato in fig. 6 in cui l’ingresso è costituito da una resistenza Rππππ di circa 500ΩΩΩΩ ed un generatore Vγγγγ di 0,5 V oppure per semplificare solo di una Vσσσσ di 0,7 V. L’uscita è composta da un generatore di corrente di valore ββββfIb.

Rππππ

Vγγγγ ββββfIb

Fig. 6 Modello di transistor BJT

Sistema di Acquisizione dati (DAQ)

Nel laboratorio IV è disponibile un sistema di rilevamento delle caratteristiche di transistor BJT e MOS mediante l'uso di un'interfaccia collegata ad un calcolatore.

Lo studente è perciò libero di scegliere se usare il sistema manuale o automatico L'interfaccia che collega il calcolatore ed il quadripolo in esame (transistor) è situata all'interno del calcolatore e non è (di norma) accessibile allo studente.

L'interfaccia invia due tensioni VBB e VCC e misura due tensioni VBE e VCE.

I collegamenti da effettuare sulla basetta porta transistor sono illustrati nella fig. 7.

Per misurare la corrente che circola nella base IB del transistor il software disponibile effettua l' operazione:

B BE BB

B R

V I ==== V −−−−

mentre la corrente IC

C CC CE R

V I ==== V −−−−

. .

. .

.

(26)

R1

100k

VCE

VBB

IC

G

VBE

VCC

VBE

U1

R2 1k

G IB

VBB

VCE

0

Fig.7 Disposizione dei collegamenti da effettuare per il sistema di acquisizione.

Sono da collegare i generatori VBB e VCC; VBE e VCE, sono tensioni dal leggere.

Le operazioni che il software produce sono:

1) Genera una tensione VBB che produce nella base una corrente IB;

durante questa fase viene applicata una tensione VCC che nel tempo si incrementa. Ad ogni incremento di VCC viene misurata la tensione VCE e calcolata la corrente IC. La tensione Vcc può essere incrementata fino a 10V con passi da impostare dal pannello di controllo.

Per ogni valore di IB si ha una curva IC = f (VCE) per IB = costante.

2) Il programma incrementa la VBB di uno “step” e si ripete nuovamente il ciclo di VCC. Si ottiene una famiglia di curve per IB = cost

Il grafico in funzione del tempo delle tensioni generate è presentato in fig. 8.

Controllare con l’oscilloscopio a memoria e facendo uso dei “probe” disponibili le tensioni che genera l’ interfaccia.

Modo di operare

Cliccare sull’icona “Caratteristiche di uscita del transistor” Il programma presenta sul monitor il pannello di controllo con impostazioni di “default”. Lo studente deve cambiare le impostazioni in modo da acquisire un numero di dati sufficienti per la successiva elaborazione (eventualmente con Excel disponibile in laboratorio), calcolando il numero finale di dati che si ottengono.

Esempio: se si impostana Vcc finale fino a 10V con step di 0,1V si ottengono per ogni curva 100 punti. Se si imposta una VBB fino a 3V con step di 0,1 V si ottengono 30 curve.

(27)

conoscere la massima corrente che il generatore Vcc può fornire (nel nostro caso risulta di 10 mA). Se il transistor conducesse moltissimo al limite la tensione VCE risulterebbe uguale a zero, perciò ==== −−−− ≈≈≈≈ ==== ====1kΩΩΩΩ

10 10 10 V 10

V

RCmin VCC CE CC

Impostare il valore della resistenza RB. Per calcolare questo valore si può ricordare che il βf dei transistor BJT è compreso fra 50 –300, quindi la corrente di base massima sarà I 10 0,2 0,03mA

I

f f

CMAX

BMAX ≈≈≈≈ ÷÷÷÷

====ββββ

==== ββββ

Applicando una VBB di 3V si ottiene una RB di:

==== −−−− ≈≈≈≈11÷÷÷÷76kΩΩΩΩ I

7 , 0 R 3

BMAX B

VBB

t

VCC

t Fig. 8 Forme d’onda di VCC e VBB generate dall’interfaccia fra

calcolatore e sistema in esame

Ricordare che questi valori sono solo indicativi: si può aumentare la VBB ed aumentare contemporaneamente il valore della RB. Lo studente è libero di provare.

Impostati questi valori sul pannello di controllo e realizzati i collegamenti fra la basetta e l’interfaccia con i componenti (il transistor è già montato sulla basetta disponibile ed è un transistor npn di bassa potenza), si può lanciare il programma.

(28)

Alla fine dell’acquisizione verrà presentata la famiglia di curve e richiesto se si vogliono salvare i dati. Sarebbe preferibile salvare solo i dati interessanti per non intasare il disco fisso. Il file così generato può essere elaborato con il programma Excel per ricavare il ββββf del transistor

Nel caso si usasse il sistema DAQ, la potenza generata dalla scheda di interfaccia risulta essere molto piccola rispetto alle possibilità di dissipazione del transistor in esame ed è perciò inutile disegnarla, ma si potrebbe provare disegnare la curva di massima potenza per PMAX ====20mWed abbinarla alla famiglia di curve ricavate.

Caratteristiche di ingresso

Con lo stesso circuito si può anche ricavare la famiglia IB = f(VBE) per Ic = cost., usando il programma “Caratteristiche di ingresso”.

Anche in questo caso alla fine del ciclo di acquisizione si può memorizzare il file.

Osservare che la tensione base – emittore del transistor rimane entro i limiti 0,5 – 0,7 V.

Transistor MOSFET

Il transistor Mosfet è un altro tipo di “device” a semiconduttore attualmente molto usato soprattutto nei circuiti logici dei calcolatori, memorie, CPU ecc.

A differenza del transistor BJT, che richiede una corrente di base come comando, il Mosfet è comandato da una tensione.

La struttura di un transistor MosFet a canale n ad arricchimento è disegnata in fig. 9 S G D

isolante

n- n- p

Fig. 9 Struttura di un MosFet

Gli elettrodi drain e source sono collegati a pozzetti di semiconduttore fortemente drogati con materiale pentavalente (n), il substrato è drogato debolmente p, quindi applicando una tensione positiva fra drain e source non si ha passaggio di corrente.

Applicando una tensione positiva fra gate e source si inducono delle cariche negative nel substrato al di sotto dell’isolante, come in un comune condensatore (si addensano

(29)

può avere passaggio di corrente fra drain e source dovuto ad elettroni.

Da notare che è sufficiente una tensione applicata all’ elettrodo di gate per provocare una corrente fra drain e source.

Il simbolo del del Mosfet è rappresentato in figura 10 (si usano in alternativa anche altre rappresentazioni):

transistor BJT npn MosFet canale n MosFet canale p Fig. 10 Simboli usati per rappresentare i transistor BJT e MosFet

Il gate G è l'elettrodo di comando. Applicando una tensione positiva (per il tipo a canale n ad arricchimento, come quelli disponibili in laboratorio) si abilita un passaggio di corrente fra D (Drain) e S (Source) se VDS è positiva.

Il MosFet a canale n richiede una tensione positiva sul Drain rispetto al Source mentre il canale p richiede una tensione negativa.

Sono disponibili 4 tipi di MosFet:

canale p ad arricchimento canale p a svuotamento canale n ad arricchimento canale n a svuotamento

ma l'approfondimento di questi "device" esula dal contesto di laboratorio IV e verrà ripreso nei corsi di Elettronica.

Una famiglia di caratteristiche di uscita di un Mosfet a canale n ad arricchimento è rappresentata in fig. 10.

ID mA

10 3,5VGS

E

D D

S S

G C

G B

(30)

3,4=VGS

6

4 3,3=VGS

3,2=VGS

2 3,1=VGS

3=VGS

2 4 6 8 10 VDS

Fig. 10 Caratteristica ID = f(VDS) per VGS = costante

In fig. 11 è presentato lo schema elettrico da realizzare ed i quattro collegamenti necessari per il funzionamento dell’ interfaccia ed il software relativo. Anche in questo caso la resistenza R2 è necessaria perché l’interfaccia è in grado di leggere solo tensioni e non correnti.E’ inutile la resistenza R1,infatti, come detto precedentemente, nel GATE non circola corrente.

Fig. 11 Schema da realizzare per ricavare le caratteristiche di un MosFet Analizzando i dati ricavati, si può costruite una curva Id = f(VGS) per VDS = cost. e Verificare se rappresenta una parabola.

Nell' appendice sono rappresentati i pannelli di controllo che compaiono sul monitor del calcolatore con valori di “default”. E’ compito dello studente cambiarle per ottenere il miglior risultato.

MOSFET N

VGS

R1 10k

R2 1k

VGG

. .

G ID

S D

VDS VDD

(31)

Il più semplice amplificatore ad un transistor ad emettitore comune è presentato in fig. 1

Fig. 1 Amplificatore ad un transistor ad emettitore comune

Una tensione positiva applicata all’ingresso genera una corrente Ib.

Sul collettore passa una corrente Ic = Ibββββf (avendo definito βf il rapporto fra la corrente di collettore e quella di base).

La tensione di collettore Vc che è chiamata anche Vout diventa:

Vout = Vcc – Vr = Vcc – IcRc = Vcc - IbββββFRc

Una tensione negativa applicata all’ingresso non provoca nessuna corrente dentro la base (giunzione polarizzata inversamente) quindi Ic = 0 e Vout = Vcc.

Per amplificare sia la parte positiva che negativa di una tensione sinusoidale è necessario sovrapporre una componente continua in modo che il transistor sia sempre in conduzione.

Vin

Vbb

t

Vcc Vout

Fig.2 Forme d’onda della tensione di ingresso Vin e tensione di uscita Vout

.

12V Vcc Ib

Vin

Vr

.

TIP

.

Ic

Ri

4.7k Vou

.

Rc 46

(32)

La fig.2 è rappresenta una tensione Vin composta da una tensione continua Vbb sommata ad una tensione sinusoidale. Nella parte in giallo si può notare che la tensione diventa negativa e la corrente Ib diventa zero, il transistor non può condurre e la tensione Vout è uguale a Vcc; il transistor si dice interdetto.

Nelle zona verde, la tensione Vin è molto elevata, passa molta corrente dentro la base, quindi molta corrente sul collettore, e la tensione Vout = Vcc – IcRc, diventa piccola, ma non può diventare minore di zero, perché l’alimentatore non fornisce tensioni negative; il transistor si dice saturo.

Gli stati di funzionamento non lineare: transistor saturo ed interdetto sono usati nei circuiti logici (circuiti dei calcolatori) per ottenere i livelli logici 0 oppure 1.

Per amplificare una sinusoide senza deformarla, si deve mandare all’ingresso dell’amplificatore una tensione vi composta anche da una parte continua:

vi = Vbb + Vssenωωt ωω con Vbb > Vs

usando il modello del transistor, come illustrato nell’esp. 7 con Rb = 0 e Vσσσσ al posto di Vγγγγ si ottiene:

i s bb

b R

t sen V V

i = V − σσσσ + ωωωω

che a sua volta moltiplicata per ββββf fornisce la corrente di collettore.

La tensione Vce = Vout diventa:

[[[[ ]]]]

F

i c s

bb cc

out R

t R sen V V V V

V ==== −−−− −−−− σσσσ ++++ ωωωω ββββ

La tensione, che rappresenta il nostro segnale, Vssenωωt risulta essere amplificata di unaωω quantità Rcββββf/Ri. Se Rc ed Ri fossero circa uguali l’ amplificazione sarebbe circa βf

Non volendo usare il modello sviluppato nell’esperienza n. 7, si può seguire la via grafica per visualizzare il funzionamento dell’amplificatore ed anche per ricavare un altro parametro importante del transistor:

t cos

VCE

b c 0

fe I

h I

∆∆∆∆ ====

==== ∆∆∆∆

ββββ

====

Questa quantità è utile se i segnali da amplificare sono piccoli, allora nel modello sviluppato si può sostituire a βf l’amplificazione ββββ0 che risulta essere più realistica.

La fig.3 rappresenta le caratteristiche Ic =f( Vce) ricavate nell’esp. 7 pert il transistor TIP 31.La retta che unisce i punti Vcc ed Icc è chiamata retta di carico e si ricava scrivendo l’equazione della maglia di collettore:

Vcc = Vce + RcIc 1)

(33)

ed il transistor in cortocircuito. Se il transistor conduce deve essere soddisfatta la 1) quindi il punto di funzionamento del transistor deve stare sulla retta di carico.

Icc mA 250

Ic 600µA Ib

200

500µA

150 400µA Issenωt (segnale)

t

300µA 100

200 µA

Ib costante

50 100µA

2 4 6 8 10 12 V Vce

Vce costante Vs

segnale amplificato

t

Fig. 3 Costruzione grafica dell’amplificazione

In fig. 3 è presentato il meccanismo di amplificazione dell’amplificatore di fig. 1:

Il segnale di corrente con sovrapposta una corrente continua viene mandato dentro alla base del transistor, si genera una corrente di collettore che diventa una tensione ai capi della resistenza e Vce risulta quindi sfasata di 180° rispetto alla corrente di base.

Modo di procedere

Dopo aver montato il circuito sull’apposita basetta, collegare all’ingresso

(34)

continua. Per questo scopo si deve usare la manopola di “off-set” del generatore di funzioni. La tensione continua deve essere tale che generarando nella base del transistor una corrente Ib costante, si abbia Vce = 6V, letto sull’oscilloscopio come da fig. 3.

Questo è il punto di funzionamento del transistor.

- Sovrapporre a questa tensione un’onda quadra molto piccola (ciò equivale a dare degli incrementi ad Ib) e ricavare con misure eseguite con l’oscilloscopio l’incremento Ic:

i i

b R

I ==== ∆∆∆∆V

∆∆∆∆

c ce

c R

I ==== ∆∆∆∆V

∆∆∆∆

dal rapporto fra queste due quantità si ottiene ββββ0

V 6 b Vce c

0 I

I

∆∆∆∆ ====

==== ∆∆∆∆

ββββ

Osservare che aumentando la frequenza dell’ onda quadra si ha una deformazione.

- Applicare un segnale sinusoidale e dal rapporto fra Vin e Vs letti sull’oscilloscopio calcolare l’amplificazione in tensione del segnale:

Vin AV ==== Vs

e verificare se l’ amplificazione ottenuta è compatibile con:

f

i C

V R

A ==== R ββββ

Cambiare la frequenza di pilotaggio e graficare l’amplificazione in funzione della frequenza, osservando che l’amplificatore si comporta come un filtro RC passa basso.

Calcolare la frequenza di taglio, cioè quando l’amplificazione diminuisce di 0.707.

Questa diminuizione dell’ amplificazione è dovuta alle capacità parassite del transistor ed loro effetti saranno valutati nel corso di Elettronica II.

Osservare l’aumento della distorsione della tensione sinusoidale aumentando la tensione del segnale di ingresso fino a raggiungere la situazione della fig. 2, ed eventualmente usando l’oscilloscopio digitale, che può eseguire la “fast fourier tranformer” osservare la creazione delle armoniche che denotano la distorsione del segnale amplificato.

- Collegare in serie alla resistenza Rc un altoparlante e, mandando segnali, di frequenza di circa 1kHz, sentire l’onda sonora che si genera. Per divertimento si può aumentare la frequenza fino alla frequenza di taglio dell’ orecchio umano.

(35)

transistor in saturazione ed interdizione, osservare che la lampadina si accende e si spegne (ovviamente se le frequenze di pilotaggio del transistor sono inferiori a 10 Hz).

Per chi avesse ricavato le caratteristiche del transistor con il sistema di acquisizione automatico, si possono usare le caratteristiche presentate nella figura 3 che rappresenta la famiglia di curve media per il transistor TIP 31 a disposizione in laboratorio.

.

NB. Lo studente deve ricordare che le resistenze sono identificate almeno da 2 parametri:

- resistività che è misurata in ohm

- potenza dissipabile dalla resistenza misurata in Watt

(36)

Acquisizione dati a LABORATORIO - 4

(by Faso Diego)

Salve, sono il manuale che vi deve aiutare a risparmiare un po’ di tempo nell’acquisizione dei dati…userete Labview!…Cos’e’?…E’ un software della National Instruments usato per pilotare dei dispositivi elettronici o meccanici da un computer mediante una scheda di interfaccia.

Un programma generato con Labview si chiama VI (Virtual Instrument) ed e’ composto da due parti:

Pannello : e’ l’interfaccia grafica utilizzata per gestire la comunicazione tra il computer e i dispositivi pilotati mentre il VI e’ in funzione.

Diagramma : e’ lo schema del programma.

In generale per eseguire un VI bisogna cliccare sul pulsante di “start” in alto a sinistra sul pannello.

Sul desktop di windows troverete i collegamenti ai VI per l’esperienza del polarimetro e per la misura delle caratteristiche del transistor…ma questi VI sono “protetti”, cioe’ non potete vedere il diagramma e non potete modificare la grafica del pannello. Se pero’ siete curiosi esiste anche una versione integrale del VI…

Buona acquisizione.

(37)

Il VI per questa esperienza si chiama “POLARIMETRO” e puo’ essere caricato direttamente dal desktop. Questo VI serve a pilotare una slitta circolare collegata meccanicamente al polarimetro.

Caricando questo VI compare il pannello in figura:

• Cliccare sul pulsante di “start”.

L’intestazione del pannello sparisce e si stabilisce la comunicazione con il motore della slitta.

• Attendere che l’indicatore in alto a sinistra sul pannello si accenda.

Quando l’indicatore passa da a il VI e’ pronto a pilotare la slitta

(38)

La slitta puo’ essere comandata da mouse o da tastiera (i tasti da usare sono indicati in viola su ogni pulsante).

Differenza tra l’uso del mouse e della tastiera

Queste differenze riguardano solo i tasti “AVANTI” e “INDIETRO”:

• Con il mouse: il pulsante rimane schiacciato finche’ si tiene premuto il tasto del mouse.

• Con la tastiera: la prima pressione del tasto aziona il pulsante; premendo nuovamente il tasto si disattiva il pulsante (non tenere il tasto premuto).

NB: Evitare che i due pulsanti siano attivi simultaneamente!

Funzionamento del VI

Ogni volta che il tasto “AVANTI” viene premuto la slitta ruota in senso orario di un angolo uguale al numero di gradi impostato in basso a destra nel pannello (il pulsante “INDIETRO” funziona in modo analogo):

Spostando la lancetta si puo’ impostare lo spostamento con una precisione di 5°, mentre il controllo per la regolazione fine ha una precisione di 0,01°.

Lo spostamento impostato viene indicato sotto i controlli (lo spostamento in passi indica il numero di passi del motore passo-passo).

Durante lo spostamento si accende il corrispondente led sul pannello:

La posizione corrente puo’ essere letta in tempo reale.

F E R M O

IN M O V IM E N T O

(39)

1) Cercare la posizione corrispondente alla condizione buio-luce e fissare lo zero con il pulsante “Definisci lo zero” : sara’ possibile ritornare a questa posizione in qualunque momento con il pulsante “Ritorna allo zero”. (lo zero va definito una volta sola!).

2) Dopo aver impostato uno spostamento abbastanza piccolo eseguire delle misure ripetute spostandosi con i tasti F1 e F2: Ogni volta che si aziona il pulsante “registra” la

posizione corrente viene acquisita (il numero di acquisizioni e’ indicato sul pannello).

3) Quando il numero di acquisizioni e’ sufficiente premere “STOP”

4) Il computer chiede se si vogliono salvare i dati acquisiti su file:

NB:

Se rispondete di no i dati possono essere ancora recuperati dall’indicatore “raccolta dati” (vanno pero’ copiati a mano!).

All’inizio dell’acquisizione successiva (pressione del tasto di “start” . tutti i dati di

“raccolta dati” vengono cancellati).

Se decidete di salvare i dati il file puo’ essere aperto con “EXCELL” per l’elaborazione.

5) Dopo aver inserito la provetta iniziare la nuova misura…NON RIDEFINIRE PIU’ LO ZERO.

Note:

Durante l’acquisizione il pannello non puo’ essere chiuso.

L’acquisizione puo’ essere fermata solo azionando il pulsante”STOP”.

Se si usa il mouse bisogna premere sul led dei pulsanti: se si preme sulla scritta il pulsante non viene azionato.

(40)

TRANSISTOR

Per questa esperienza bisogna usare 2 VI (uno per le caratteristiche di ingresso e uno per quelle di uscita). I collegamenti ai VI si trovano sul desktop.

Caratteristiche di uscita

Il panello comandi di questo VI e’ il seguente:

Descrizione del pannello

VBB_min: valore minimo per la tensione di base (V) VBB_max: valore massimo per la tensione di base (V) VBB-step: incremento della tensione di base (V)

VCC_min: valore minimo per la tensione di collettore (V) VCC_max: valore massimo per la tensione di collettore (V) VCC-step: incremento della tensione di collettore (V) Rb: resistenza di base

Rc: resistenza di collettore

VALORI DA IMPOSTARE PER L’ACQUISIZIONE

(41)
(42)

Metodo usato per l’acquisizione

Ogni curva caratteristica del transistor corrisponde ad un preciso valore della corrente di base “Ib”

(misurata in µA).

La scheda utilizzata come interfaccia non e’ in grado di misurare correnti, quindi “Ib” e’ calcolata misurando la caduta di tensione ai capi della resistenza di base “Rb” (il calcolo della corrente “Ic”

(in mA) avviene in modo analogo considerando la caduta di tensione ai capi della resistenza di collettore “Rc”).

A partire da “VBB_min” la tensione di base viene incrementata del valore impostato in “VBB-step”

finche’ non si raggiunge “VBB_max”. Per ogni valore di VBB si acquisisce una curva caratteristica in questo modo:

La tensione VCC varia da “VCC_min” a “VCC_max” con passo “VCC-step” e per ogni valore di VCC si misurano VCE e Ic.

Il numero di punti per curva e’ quindi dato da 1 VCCstep

VCC_min VCC_max

− +

mentre il numero di curve e’ 1

VBBstep

VBB_min VBB_max

− + Istruzioni

1. Premere il pulsante

2. Impostare i valori per “VBB”, “VCC”, “Rb” e “Rc”.

3. Azionare il pulsante

A questo punto l’acquisizione e’ iniziata e non puo’ essere fermata!

Alla fine dell’acquisizione si deve scegliere se salvare i dati su file…se si sceglie “no” i dati possono essere ancora recuperati dalla tabella “dati” (copiandoli a mano…).

All’inizio dell’acquisizione successiva (pressione del tasto di “start” , tutti i dati della tabella

“dati” vengono cancellati).

Se si usano i parametri impostati come “default” le caratteristiche ottenute sono le seguenti:

(43)
(44)

Note:

• Sul grafico non viene visualizzata la corrente di base corrispondente ad ogni curva, ma la si trova nella tabella “dati”.

• Se si sceglie di salvare i dati, il file puo’ essere aperto con “EXCELL”: per ogni valore di Ib (µA) ci sono due serie di dati (per righe), la prima corrispondente ai valori di “VCE” (V) e la seconda a quelli di “Ic” (mA).

Caratteristiche di ingresso

Il panello comandi di questo VI e’ il seguente:

Questo VI funziona come il precedente; non e’ necessario specificare il valore di Rc perche’ non interessa misurare la corrente Ic.

Usando i parametri di “default” si ottengono le caratteristiche seguenti:

(45)

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