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U BA KHIN. L esperienza della meditazione Vipassana

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Academic year: 2022

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U BA KHIN

L’esperienza della meditazione Vipassana

Testimonianze ed insegnamenti

A cura di Pierluigi Confalonieri

Traduzione di Carlo di Chiara

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«Non sono un bravo scrittore e non amo parlare se non quando sia strettamente necessario.

Questo perché mi pare che una conversazione tra una persona che “ha occhi per vedere” e una che “non ha occhi per vedere” non sia utile. Inoltre, le parole del Buddha in alcuni insegnamenti sono così profonde e sottili che dubito sia possibile spiegarne correttamente il senso in inglese o anche in birmano. Il solo modo per far comprendere a qualcuno il Buddha e il suo insegnamento è accompagnare alla teoria la pratica, e questo è il lavoro di una vita, che richiede un insegnante in grado di aiutare la persona a sviluppare nel modo giusto il massimo delle possibilità della persona».

U Ba Khin

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Prefazione del curatore

Questo testo presenta un quadro più completo della personalità di U Ba Khin e del suo modo di insegnare la meditazione Vipassana. Sono trascorsi infatti molti anni dall’edizione italiana del primo volume Il tempo della meditazione Vipassana è arrivato (1993, Ubaldini editore).

Molte cose sono cambiate da allora. Il maestro Goenka, principale rappresentante della tradizione di U Ba Khin, si è spento nel 2013; moltissimi centri si sono formati in numerosi paesi in tutto il mondo e l’uso di Internet ha reso disponibili a tutti, meditatori e non, articoli e documenti su U Ba Khin. La meditazione Vipassana, come insegnata da Goenka nella tradizione di U Ba Khin, si è diffusa nel mondo ed è a portata di mano di tutti coloro che cercano pace e verità.

Ciò che purtroppo continua inalterato è la sofferenza umana, insieme con la violenza e le guerre sempre più numerose. Il messaggio di U Ba Khin “Il tempo della meditazione Vipassana è arrivato”

diventa sempre più importante e urgente: la causa della sofferenza, così come la liberazione da essa, risiedono nella mente di ogni persona. Così viene affermato anche nel preambolo della costituzione dell’UNESCO: Le guerre cominciano nella mente degli uomini ed è nella mente degli uomini che la pace va costruita.

Come ci ricorda il maestro Siddhārtha Gotama, detto il Buddha, la soluzione sta nell’esercitare la mente in modo che:

Di fronte alle vicissitudini della vita, la mente rimane stabile,

serena, pura, salda;

questa è la più grande felicità.

(Maṅgala sutta)

In questo volume ho voluto presentare diverse esperienze della meditazione Vipassana sulla base di testimonianze fornite da vari meditatori che l’hanno imparata da U Ba Khin. Alcuni degli aspetti tecnici che vengono descritti possono apparire al lettore oscuri o addirittura incomprensibili se non vengono analizzati alla luce dell’esperienza.

Alla fine dei corsi di Vipassana, gli studenti apprezzano, in modo tangibile, come stia avvenendo in sé stessi un cambiamento e un miglioramento delle loro condizioni, lento ma sicuro.

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Poiché l’intenzione del maestro U Ba Khin è sempre stata quella di offrire strumenti pratici per superare la sofferenza e raggiungere quegli stadi di beatitudine e serenità alla portata di ogni essere umano, non ha voluto perdere tempo nel filosofare su di essi. Egli andava al concreto, all’essenza dell’insegnamento del Buddha, che è sempre stata: “Io vi insegno solo questo: C’è la sofferenza e c’è una via per uscirne. Applicatevi con costanza, dovete sperimentare che ogni fenomeno mentale e fisico nell’universo è in costante mutamento, è impermanente. Solo la diretta esperienza di questa legge naturale e universale vi potr{ convincere che c’è uno stato di pace interiore eterno al di l{ di questi mondi, condizionati al divenire continuo e portatori di sofferenza.”

Dalle varie testimonianze ed insegnamenti che appaiono nel libro si noterà come questo aspetto pratico sia predominante. Abbiamo volutamente proposto i testi integrali delle testimonianze anche se a volte alcuni aspetti sembrano ripetitivi. La sensibilità di ciascun meditatore nel descrivere la sua esperienza permette al lettore di vedere la meditazione da angolazioni differenti ma complementari.

U Ba Khin sapeva che i tempi erano maturi per far fare questa esperienza meditativa a chi avesse le qualità mentali di seguire i suoi insegnamenti. Lui insegnò a poche persone, alcune delle quali raggiunsero la via della liberazione da tutti i condizionamenti.

Il diffondersi di questa tecnica, specialmente come insegnata da Goenka, un suo allievo, sta a dimostrare che i tempi sono ormai propizi a che nel mondo si possa sperimentarla e beneficiarne.

La gente è preparata per capire e fare esperienza delle leggi che governano l’universo, le nostre menti e i nostri corpi. È forte il desiderio di sperimentare senza dogmatismi ma con l’esperienza pratica.

Come diceva spesso U Ba Khin – “il tempo della meditazione Vipassana è arrivato”. Il tempo di conoscere a fondo se stessi. E qui c’è un metodo di introspezione alla portata di tutti che vi far{

sperimentare la verità riguardante la vostra struttura fisica e mentale. Solo questa saggezza esperienziale vi convincerà che è possibile uscire dalle catene della sofferenza.

Ho diviso il libro in sette parti. Nelle seguenti righe ne riassumo il contenuto.

Che cos’è il Buddhismo? In queste tre conferenze U Ba Khin in maniera concisa e magistrale ci illustra le basi fondamentali dell’insegnamento del Buddha. Un quadro generale ed esaustivo sugli aspetti teorici che ci accompagna nella descrizione e nella spiegazione della successiva tappa della pratica meditativa.

U Ba Khin e il suo centro di meditazione. Il centro fondato da U Ba Khin è stato il prototipo per lo sviluppo di altri centri nel mondo sotto la guida di Goenka.

U Ba Khin e i meditatori. Si tratta di materiale interessante sull’insegnamento e sullo stile con cui U Ba Khin si relaziona con i meditatori. Queste pagine sono preziose per capire la sua tradizione e possono essere molto utili ai meditatori di tutto il mondo.

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Testimonianze. Tre saggi in cui i suoi allievi descrivono dettagliatamente la loro esperienza del corso di meditazione Vipassana nel centro di U Ba Khin, sotto la sua guida.

Aneddoti. In questa sezione troverete una raccolta di aneddoti riguardanti la vita di U Ba Khin. In essi potrete trovare argute considerazioni del maestro relative ad alcuni aspetti teorici e pratici dell’insegnamento del Buddha.

Discorso di U Ba Khin sull’essenza della pratica. È un discorso che Sayagyi registrò in inglese pochi anni prima di morire per gli studenti occidentali che partecipavano ai suoi corsi.

Il lascito di U Ba Khin e Goenka. Considerazioni sulla situazione attuale nel mondo dell’insegnamento della tecnica di meditazione Vipassana così come insegnata da Goenka nella tradizione di U Ba Khin. Vengono soprattutto sottolineati i due aspetti principali che ne caratterizzano l’insegnamento: la sua universalit{ e la trasmissione diretta senza alterare l’originale insegnamento del Buddha.

Ringraziamenti

Vorrei concludere con una nota di ringraziamenti in special modo a Carlo di Chiara per aver superato con abilità le difficoltà incontrate nella traduzione e Antonio Costanzo per la paziente revisione del manoscritto e i suggerimenti per migliorare la struttura del libro, particolarmente difficile per i numerosi pezzi ed articoli raccolti da differenti fonti.

Come accennato nella citazione all’inizio, U Ba Khin non scrisse molto. Quindi per raccogliere informazioni sulla sua attività di insegnante di meditazione Vipassana ho dovuto scandagliare molto. Tra le fonti più importanti che ho utilizzato spiccano i documenti raccolti da Pariyatti e i due opuscoli con gli aneddoti di U Ba Khin pubblicati da Sayagyi U Ba Khin Memorial Trust. A costoro va il mio ringraziamento. Non essendo riuscito a contattare i responsabili di tutti e due, nonostante molti tentativi, mi assumo la responsabilità di pubblicare il summenzionato materiale a beneficio di tutti gli studenti che hanno imparato la meditazione Vipassana nella tradizione di U Ba Khin.

Un ringraziamento particolare all’editore Ubaldini, che ha pubblicato il primo volume su U Ba Khin Il tempo della meditazione Vipassana è arrivato e che mi ha permesso di riproporre due scritti funzionali alla comprensione del metodo di meditazione Vipassana come insegnata da U Ba Khin.

Questo testo della collana vorrebbe ispirare alla pratica della meditazione Vipassana sia quelli che hanno gi{ frequentato dei corsi sia coloro che non l’hanno ancòra sperimentata. Ciononostante questo testo non va inteso come un manuale della tecnica. Partecipare a un corso di dieci giorni sotto la guida qualificata di un insegnante autorizzato rimane essenziale per familiarizzarsi con la

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pratica di Vipassana. Chi, dopo aver letto queste pagine, desideri provare la tecnica, potrà trovare gli indirizzi di alcuni siti nelle pagine in fondo al libro.

Auguro a tutti voi di trarre ispirazione dalle testimonianze dei vari partecipanti ai corsi descritti in questo libro per fare anche voi questa esperienza e consolidarvi nella pratica della meditazione Vipassana.

Il curatore

Pierluigi Confalonieri, Kandy, Sri Lanka, Marzo 2019

Nota esplicativa sulle parole pali

Troverete in alcune parti del testo molte parole sconosciute alla maggior parte dei lettori. Esse sono parole che provengono da una lingua antica chiamata pali che, secondo una tradizione, veniva utilizzata ai tempi del Buddha. Abbiamo deciso di lasciarle accompagnate dalla traduzione in italiano perché è la lingua scelta dal Buddha per insegnare e poi utilizzata per tramandare e trascrivere i suoi insegnamenti. Inoltre può essere di stimolo ai lettori interessati a questa lingua antica, capire come essa descrive con un determinato lessico esperienze, sentimenti, fatti, cambiamenti ecc. Abbiamo quindi lasciato spesso la parola pali dopo la traduzione in italiano, in modo tale da aiutare il lettore a familiarizzarsi con essa. Da un certo punto in poi, abbiamo volutamente lasciato solo la parola pali.

La scelta del Buddha di usare il dialettale pali (invece della lingua sanscrita) è assai significativa ed esprime l’intenzione di non confinare l’insegnamento alla ristretta cerchia degli intellettuali, ma di divulgarlo attraverso l’uso della lingua parlata dalla gente comune. Ancor oggi nella trasmissione dell’insegnamento sono usate parole pali perché nessuna lingua, per quanto ricca, può adeguatamente esprimere i contenuti della complessa terminologia utilizzata dal Buddha.

Ad esempio dhamma è un termine pali che deriva dalla radice indoeuropea dher- che significa

‘sostenere, fissare’. Dhamma è difficilmente traducibile e ha molti significati: ‘ordine che stabilizza e governa l’universo’, ‘legge morale con i doveri religiosi e sociali’, ‘dottrina’ o ‘legge di natura predicata dal Buddha’.

Nei suoi discorsi Dhamma significa anche: ‘fenomeno’, ‘elemento’, ‘stato mentale’, ‘oggetto mentale’,

‘caratteristica’, ‘qualit{’.

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Introduzione

Sayagyi U Ba Khin (1899-1971)

Di Saya U Chit Tin*NOTA

*Estratti da una biografia parte di un articolo di U Chit Tin “Il decimo anniversario della morte di U Ba Khin”

(1981), pubblicato sulla rivista Maha Bodhi Journal, Vol. 89, ni 1-3 (1981), pp. 49-55.

Sayagyi U Ba Khin nacque a Rangoon, Birmania, il 6 marzo 1899. Era figlio di U Paw e Daw Saw May ed aveva una sorella maggiore. Il padre era un commerciante di riso e la madre vendeva in strada ogni tipo di merce. Nel quartiere dove viveva vi erano fabbriche, magazzini di riso e segherie. Non era un’area in cui avrebbe potuto conoscere persone ben istruite, specialmente quelle che parlavano inglese. Una conoscenza dell’inglese era molto importante durante l’occupazione inglese della Birmania, poiché ogni speranza di avanzamento del lavoro dipendeva da essa.

Dopo una breve permanenza in una scuola monastica, U Ba Khin entrò alla Scuola Metodista Birmana all’et{ di otto anni con l’aiuto di un uomo anziano della fabbrica, U Bar Bi. U Ba Khin aveva un grande dono, quello di ricordare ciò che aveva letto. Poteva impegnarsi a ricordare tutte le sue lezioni. [...]

Nel marzo 1917, superò l’esame finale della High School inglese, vincendo la medaglia d’oro Seewan della sua scuola e una borsa di studio collegiale. U Ba Khin non fu in grado di frequentare l’universit{ a causa della morte di sua madre e dell’et{ di suo padre, che versava per altro in cattive condizioni di salute. Invece, iniziò a lavorare per un giornale birmano, «The Sun».

Successivamente divenne impiegato presso l’Ufficio del Ragioniere generale della Birmania, un ufficio in cui c’erano pochissimi birmani.

Era molto ben addestrato e superò gli esami dipartimentali, compreso l’Esame del servizio per gli affari subordinati tenuto dal governo provinciale dell’India nel novembre 1926. I suoi superiori in ufficio pensavano molto bene di lui. Era molto scrupoloso e la sua reputazione tra le autorità (costituita principalmente da europei) era molto alta. Così divenne il primo sovrintendente speciale dell’Ufficio nel 1937, quando la Birmania fu separata dall’India e l’Ufficio del Revisore dei conti fu aperto in Birmania.

U Ba Khin apprese per la prima volta della meditazione buddhista da un amico di nome Aye Maung che era un insegnante di scuola. U Aye Maung frequentò un corso presso Saya Thet Gyi nel dicembre 1936. Quando tornò, U Ba Khin andò a visitarlo il 1o gennaio 1937. U Aye Maung spiegò che aveva praticato ānāpāna * NOTA

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* E’ la tecnica di meditazione, spiegata in dettaglio più avanti, che utilizza l’osservazione del respiro per concentrare la mente.

e la meditazione Vipassana. Anche U Ba Khin voleva provare e U Aye Maung gli spiegò la tecnica per ānāpāna. U Ba Khin ci provò e immediatamente vide una luce che si alzò di fronte a lui e si espanse.

Sia lui che U Aye Maung rimasero sorpresi da questo. Di conseguenza, a U Ba Khin venne gran volia di cimentarsi in un corso completo. Così, l’8 gennaio 1937 si congedò dal suo ufficio con grande difficoltà. Ci volle molto coraggio per andarsene prima che un permesso scritto gli garantisse di partecipare, ma se ne andò ugualmente, anche se stava rischiando il suo lavoro e forse la sua carriera.

Il luogo in cui il maestro Saya Thet Gyi insegnava, si trovava a sud di Rangoon e occorreva attraversare il fiume Rangoon e le risaie. Erano solo otto miglia, ma su campi fangosi.

A febbraio, dopo la raccolta, sarebbe stato possibile andare in autobus, ma U Ba Khin dovette andare in una barca sampàn. Era bassa marea, il che significava che poteva solo raggiungere il villaggio di Phyarsu nel sampàn – ovvero solo la metà della distanza lungo l’affluente che correva da Pyawbwegyi. A Phyarsu scese dalla barca, trasportando il suo lettino e alcune provviste, e si arrampicò sulla riva del fiume con le gambe che affondavano nel fango fino alle ginocchia. La notte in cui arrivò gli fu sùbito insegnato ānāpāna. I suoi progressi erano così rapidi che Saya Thet Gyi lo iniziò a Vipassana il secondo giorno.

Di solito Saya Thet Gyi insegnava ānāpāna ai suoi studenti per una settimana. I progressi di U Ba Khin furono molto rapidi e durante il suo primo corso riuscì a consolidarsi nella pratica.

Quando U Ba Khin tornò nel suo ufficio, era preoccupato di trovare un ordine di licenziamento.

Trovò una busta infatti sulla sua scrivania, ma quando la aprì, fu sorpreso di scoprire che era stato promosso. Fino a quel momento, la Birmania era stata una provincia dell’India nell’Impero Britannico, ma i due paesi furono separati dal punto di vista amministrativo nel 1937. Fu istituito un ufficio distinto del Pubblico Ministero della Birmania. Tra il 1937 e il 1948, quando la Birmania ottenne l’indipendenza, U Ba Khin detenne diversi incarichi: 1. Responsabile della contabilità delle Ferrovia Birmane, 1941; 2. Direttore di conti e Revisore, 1942-1945; 3. Assistente Contabile Generale, 1945; 4. Vice Contabile Generale, 1947; 5. Responsabile dei conti, Consiglio di gestione delle sovvenzioni civili, 1947.

Pur oberato da tutti gli incarichi amministrativi, U Ba Khin continuava la sua meditazione e fu nel 1941 che si rese consapevole della sua missione di insegnante di meditazione. Quando, nel febbraio del 1941, fu promosso alla posizione di Ufficiale contabile per il Comitato delle Ferrovie Birmane, dovette viaggiare sulla linea Rangoon-Mandalay per controllare i conti delle stazioni ferroviarie locali. Un giorno di luglio di quell’anno, ebbe un po’ di tempo libero quando si trovava nella città di Kyaukse, quaranta miglia a sud di Mandalay. Decise quindi di dare un’occhiata intorno alle colline di Shwetharyaung insieme al capostazione locale. Potevano vedere in lontananza, dalla cima di una collina, un gruppo di edifici che riconobbero come il monastero di Webu Sayadaw, un maestro di

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meditazione molto rinomato. Il capostazione conosceva il paese, quindi decisero di andarci e arrivarono verso le 3:00 del pomeriggio.

Trovarono una vecchia monaca che stava pestando peperoncini e fagioli e le chiesero se potevano rendere omaggio a Webu Sayadaw. «Questo non è il momento di vedere il venerabile Sayadaw» – disse. «Sta meditando e uscirà dalla sua capanna verso le sei in punto.» U Ba Khin spiegò che era un visitatore di Rangoon e che non aveva molto tempo. Gli sarebbe piaciuto molto incontrare il Sayadaw. Sarebbe possibile onorarlo fuori dalla capanna? La suora indicò una piccola capanna e gli uomini si avvicinarono. U Ba Khin si accovacciò per terra e disse: «Vengo dalla Bassa Birmania, da Rangoon, e desidero rendere omaggio al maestro Sayadaw». Sùbito la porta si aprì ed emerse una nuvola di zanzare seguita da Webu Sayadaw. Mantenendo la sua attenzione nel corpo e con consapevolezza di anicca ‘impermanenza’, U Ba Khin lo ossequiò.

«Qual è la tua aspirazione?» chiese Webu Sayadaw.

«La mia aspirazione è di raggiungere il Nibbāna» replicò U Ba Khin.

«Come hai intenzione di raggiungere il Nibbāna?»

«Meditando e conoscendo anicca, signore» fu la risposta.

«Dove hai imparato ad essere consapevole di questo anicca?» chiese Webu Sayadaw.

U Ba Khin spiegò di aver studiato e praticato la meditazione con Saya Thet Gyi per quattro anni.

«Oh» – disse Sayadaw – «pensavo che tu avessi praticato questo Dhamma per molti anni, e nella foresta. Hai sicuramente qualità eccellenti e devi insegnare il Dhamma agli altri. Inizia sùbito e non permettere alle persone che ti incontrano di perdere i benefici di ricevere questo insegnamento.»

Così a Sayagyi U Ba Khin non rimase altra scelta che insegnare e il capostazione divenne il suo primo allievo. Quella stessa notte, di ritorno alla stazione ferroviaria, Sayagyi gli insegnò la meditazione ānāpāna nel vagone ferroviario in cui viaggiava, usando i due tavoli del compartimento da pranzo come loro sedie. Questo fu l’inizio della lunga carriera di Sayagyi U Ba Khin come insegnante di meditazione.

Anche Saya Thet Gyi incoraggiò U Ba Khin a insegnare la meditazione. Infatti U Ba Khin era solito portare con sé alcuni funzionari del governo birmano per meditare con Saya Thet Gyi durante l’occupazione giapponese. Saya Thet Gyi visitava di tanto in tanto uno di questi funzionari a Rangoon e un giorno gli disse:

«Posso vederti solo la sera e la mattina, ma U Ba Khin sarà sempre disponibile, quindi, quando sorgono dei problemi, dovresti chiedere a lui. Io sono come il medico e lui l’infermiera. Il medico può vederti solo occasionalmente, ma l’infermiera può vederti tutto il tempo.»

In questo modo, Saya Thet Gyi rese chiaro lo status di Sayagyi U Ba Khin ai funzionari suoi superiori.

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Sayagyi organizzava durante l’occupazione giapponese lezioni di meditazione nella sua residenza in Budd Road, a Rangoon. Tra coloro che partecipavano c’erano l’ex Primo Ministro della Birmania, il proprietario di «The New Light of Burma» (un giornale birmano) e l’allora presidente dello Shwedagon Pagoda Trust.

Quando la Birmania ottenne l’indipendenza dagli inglesi, il 4 gennaio 1948, U Ba Khin fu nominato Ragioniere generale. La sua carriera nella vita laica da quel momento in poi fu molto impegnativa.

Quando si ritirò dalla carica di Ragioniere generale il 26 marzo 1953, fu immediatamente riassunto dal governo e ricoprì vari incarichi di alto rango fino al 22 ottobre 1964. Durante la maggior parte di quel periodo, tenne due o più posti che erano equivalenti a quelli di capo di dipartimento. Una volta mantenne tre distinte posizioni per tre anni, e in un’altra occasione addirittura quattro di questi posti contemporaneamente per un anno.

A fianco di queste attività, U Ba Khin condusse una vita personale egualmente piena. Si sposò giovane ed ebbe sei figli. Ma non sembrò mai avvertire alcuna incompatibilità tra la sua vita professionale e personale da una parte e l’insegnamento della meditazione Vipassana dall’altra. Al contrario era solito dire che la meditazione è una riserva di calma ed equilibrata energia dalla quale trarre un’inesauribile forza.

Gli anni ’50 furono anni importanti nella rinascita della pratica degli insegnamenti del Buddha. Il governo incoraggiò l’organizzazione delle associazioni buddhiste nell’ottobre del 1950. Sayagyi formò l’associazione per promuovere gli insegnamenti del Buddha per i membri del suo ufficio. La cerimonia di apertura ebbe luogo il 1

o

gennaio 1951. Poco dopo, nell’ufficio fu messa da parte una stanza per la meditazione e Sayagyi condusse il primo corso nell’aprile del 1951. Ciò portò alla formazione di un gruppo di ricerca Vipassana, composto da alcuni dei suoi meditatori più seri e avanzati. La sala di meditazione nel suo ufficio divenne così affollata che si decise di aprire un centro a Rangoon.

Come si può vedere da questi resoconti della sua carriera nella vita laica, il governo gli assegnò incarichi sempre più importanti dal 1955 al 22 ottobre 1964.

Gli anni ’50 furono importanti anche per il numero di studenti occidentali che meditavano sotto la sua guida. Gli intellettuali e gli organismi stranieri dapprima familiarizzarono con Sayagyi (popolarmente noto agli stranieri come Guruji – entrambi titoli che significano

‘Grande maestro’) attraverso una serie di conferenze che tenne nel settembre del 1951.

Queste lezioni furono chiamate “Che cos’è il Buddhismo”. Furono organizzate da un gruppo di studi religiosi composto da membri della Missione tecnica ed economica speciale degli Stati Uniti e delle loro famiglie. Il gruppo si incontrò nella Chiesa metodista inglese, in Signal Pagoda Road a Rangoon. L’associazione di ricerca Vipassana pubblicò le lezioni in un opuscolo che presto approdò nelle varie ambasciate birmane all’estero e nelle organizzazioni buddiste di tutto il mondo.

Molti degli occidentali che venivano in Birmania per il sesto Concilio Buddhista,

organizzato a Mandalay dal 1954 al 1956 e di cui U Ba Khin fu uno dei principali

organizzatori, erano interessati al lato pratico del Buddhismo. A quel tempo, i monaci in

Birmania non parlavano con scioltezza in inglese. Quindi gli occidentali venivano indirizzati

da Sayagyi, poiché era l’unico insegnante di lingua inglese di Vipassana. Sayagyi incontrava

gli stranieri anche ai ricevimenti ufficiali e invitava coloro che esprimevano interesse per la

meditazione a venire al centro e provare.

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Gli studenti occidentali di Sayagyi erano sia anziani che giovani e provenivano da tutti i ceti sociali: professori, docenti, dottori, infermieri, studenti, uomini d’affari, politici, amministratori, religiosi, ecc. Erano di varie religioni, razze, paesi e culture. Partecipavano tutti con mente aperta e la sincerità e la volontà necessarie per seguire le istruzioni date da Sayagyi, e così tutti ne traevano grandi benefici.

Le attività di insegnante del Dhamma a cui Sayagyi si dedicò senza riserve possono essere suddivise in due categorie:

1) Il mantenimento della purezza degli insegnamenti del Buddha in Birmania e all’estero;

2) La rinascita della Sāsana (Insegnamenti) nella sua terra di origine (India) e la diffusione del Dhamma nel mondo, in terre dove vi era solo un barlume.

Sayagyi voleva viaggiare all’estero per insegnare la meditazione Vipassana. Il dott. Om Prakash di Rangoon (consulente medico delle Nazioni Unite e medico onorario di famiglia di Sayagyi) lo ha descritto come segue: «Sayagyi U Ba Khin aveva un grande desiderio – un desiderio che non fu mai soddisfatto – di andare all’estero, specialmente negli Stati Uniti, e insegnare il suo metodo di meditazione, che credeva – molto correttamente – come il modo più semplice e più logico per praticare la meditazione.»

Quando Sayagyi si ritirò dalle assegnazioni ufficiali nel 1965, pose una solida base per il suo secondo obiettivo di far rivivere il Buddhismo in India e diffonderlo in altri paesi. Aveva istruito a fondo il suo Assistente Insegnante, Madre Sayama Daw Mya Thwin, e addestrato i membri dell’Associazione di ricerca Vipassana per insegnare la meditazione. Incaricò i seguenti discepoli stranieri di diffondere l’insegnamento di Vipassana nei rispettivi paesi. Li autorizzò con una lettera del 23 aprile 1969:

1. Dr Leon E. Wright, Ph.D., professore di Religione, Washington, D.C., U.S.A.

2. Robert H. Hover, La Mirada, California, U.S.A.

3. Ruth Denison, Hollywood, California, Stati Uniti (per insegnare solo alle donne).

4. Sig.ra Forella Landie, British Columbia, Canada (per insegnare solo alle donne).

5. Sig. John E. Coleman, Maidenhead, Berk., U.K.

6. Sig. J. Van Amersfoort, L’Aia, Paesi Bassi.

Autorizzato separatamente nel luglio 1967, quando un corso di meditazione di dieci giorni fu condotto con la guida proveniente da Sayagyi a Rangoon:

7. Signor S. N. Goenka, Bombay, India

Sayagyi U Ba Khin continuò ad insegnare la meditazione Vipassana al centro che aveva fondato, fino alla sua morte nel 1971. Alcuni giorni prima della sua scomparsa, ricordò tutti coloro che lo avevano assistito nella sua vita: dal vecchio che lo aveva iniziato a scuola, allo studioso birmano che lo aiutò ad entrare nell’Istituzione di San Paolo e molti, molti altri.

Infine trovò sul giornale locale un avviso del settantunesimo compleanno di un vecchio

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amico con cui aveva perso il contatto quarant’anni prima. Con l’aiuto di uno dei suoi discepoli, dettò una lettera al suo vecchio amico e ad alcuni dei suoi studenti e discepoli stranieri. Il giorno dopo, lunedì 18 gennaio, le lettere furono spedite e Sayagyi si ammalò improvvisamente. Quando il suo vecchio amico ricevette la sua lettera il 20, fu scioccato nel leggere anche l’annuncio della morte di Sayagyi U Ba Khin il 19 gennaio 1971.

Circa una settimana prima della sua morte, Sayagyi era seduto su una panchina davanti alla sala del Dhamma al centro. Sayama, la discepola che lo aveva assistito nell’insegnamento per molti anni, era vicino a lui.

«Sto pensando di andarmene per sempre» disse Sayagyi all’improvviso.

«Va bene» – rispose Sayama in modo abbastanza casuale, supponendo che intendesse andare all’estero per insegnare. «Mi occuperò io degli affari qui.»

Alcuni giorni dopo, il 19 gennaio, se ne andò.

Dopo la morte di Sayagyi, Webu Sayadaw visitò Rangoon e circa venticinque studenti di meditazione del centro andarono a un colloquio privato con lui. Quando uno di loro riferì che Sayagyi era morto, Sayadaw rispose: «Il tuo Sayagyi non è morto, una persona come lui non morirà. Potresti non vederlo ora, ma il suo insegnamento sopravvive, a differenza di alcune persone che, anche se sono vivi, sono come morti, che non servono a nulla e che non ne beneficiano.» Alcuni studenti ricordarono le righe pronunciate dal Ven. Vappa, il secondo dei cinque asceti che ascoltò il primo sermone del Buddha Illuminato. Queste frasi venivano spesso recitate da Sayagyi nei suoi discorsi: «Chi vede può vedere chi vede e chi non vede; chi non vede, né vede né vede chi non vede».

Gli insegnamenti di Sayagyi U Ba Khin, che erano in accordo con gli insegnamenti del

Buddha e con il modo in cui il Buddha insegnava, vivono davvero. Il centro di Rangoon ha

continuato a prosperare, e fuori dalla Birmania sono stati istituiti altri centri di meditazione

internazionali. Inoltre sono state istituite organizzazioni anche in molti altri paesi, nei quali

si sono svolti molti corsi di meditazione nella tradizione di Sayagyi U Ba Khin nel corso

degli anni.

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Testimonianze

In questa sezione viene presentato nuovo materiale sull’insegnamento e sul modo di U Ba Khin di relazionarsi ai meditatori. Sono pagine preziose per capire la meditazione Vipassana. Lo scopo è anche quello di offrire una descrizione dettagliata della pratica che conduce alla realizzazione dei primi stadi verso il Nibbāna.

Il caso del Signor J. Van Amersfoort

Alla fine di dicembre del 1952, il signor Amersfoort, in viaggio d’affari a Rangoon, approfittò del suo soggiorno in Birmania per incontrare U Ba Khin e frequentare presso di lui un corso di meditazione buddhista. Questa esperienza è descritta in una breve dichiarazione rilasciata dal Signor Amersfoort poco prima di partire da Rangoon. Essa insieme ai commenti che seguono di U Ba Khin d{ un’idea chiara e concisa del corso in meditazione buddhista che veniva insegnato nell’IMC di Inyamyaing a Rangoon.

Dichiarazione del Signor Amersfoort

L’esperienza di uno stato di purezza della mente (samādhi) e di Vipassana, sotto la guida e con l’aiuto del maestro Sithu U Ba Khin, Ragioniere generale della Birmania.

Sono stato buddhista per circa 18 anni, membro della comunità dei monaci buddhisti

per un anno in Mongolia e in Tibet, dove ho praticato diversi tipi di meditazione (chiamate

magia bianca). Desidero dire con tutto il mio cuore che non avevo mai conosciuto né

sentito parlare della meditazione insegnata dal maestro Sithu U Ba Khin. Sono venuto a

Rangoon in viaggio d’affari solo per sette giorni ma in questo breve tempo ho potuto, con

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l’aiuto del maestro, raggiungere stati avanzati di concentrazione e di Vipassana, cosa che né io, né altri, avrebbe potuto credere possibile.

Dopo solo due lezioni preliminari di circa mezz’ora ciascuna, ho potuto vedere chiaramente la luce in me* NOTA

N. d. c.: Una caratteristica della mente ben concentrata è quella di percepire luci mentre si medita ad occhi chiusi. Pur essendo un segnale importante occorre continuare con l’osservazione del respiro e non dar loro alcuna importanza.

: voglio dire che la mente diviene acuta e luminosa, libera da distrazioni, pura e serena.

La tecnica è piuttosto semplice: concentrazione focalizzata e penetrante sulla respirazione e su un solo punto; questo lo potrà spiegare meglio il maestro.

Dopo gli esercizi di meditazione di sabato sera (20 dicembre 1952), abbiamo iniziato Vipassana alle 10 di domenica mattina (21 dicembre 1952). Mi sono concentrato sulla sensazione di bruciore nel mio corpo – ovvero sulla sofferenza insita – e ho sentito il calore interno fino al punto di sentirmi bruciare come vapore sulla superficie dell’acqua. Poi mi sono concentrato sul grande calore e dolore al centro del mio corpo, fino a che il dolore è divenuto ancor più insopportabile.

Infine mi sono sentito come se stessi per morire, come se il mio cuore stesse per essere spinto fuori del corpo e nello stesso momento – volendo disperatamente essere liberato da quella sofferenza – con un improvviso, piccolo lampo di luce, mi sono sentito libero dal dolore e ho sentito un senso di meraviglia e di freschezza che non posso descrivere con le parole. È come una liberazione e un rifugio da tutte le preoccupazioni quotidiane, troppo grande per essere compreso se non se ne fa esperienza. La cosa importante è che chiunque può raggiungere questo stato se ha la mente pura almeno durante l’esercizio di concentrazione, se è in uno stato d’intenzione, attenzione e concentrazione autentiche e se cerca di vivere nel modo più puro possibile.

Un’altra condizione è che non abbia paura e abbia completa fiducia nel maestro. Spero davvero che il maestro U Ba Khin possa avere molti allievi e discepoli nel prossimo futuro e che questi possano beneficiare del suo aiuto come ne ho beneficiato io.

Commento di U Ba Khin

Abbiamo avuto con il signor Amersfoort una conversazione preliminare sul metodo da seguire per praticare la meditazione buddhista ed ha concordato con me che il miglior cammino verso la progressiva consapevolezza della Verità, è seguire rigorosamente e diligentemente i tre passi indispensabili di moralità, concentrazione e saggezza dell’Ottuplice Nobile Sentiero, stabilito dal Buddha nel suo primo discorso Dhammacakkapavattanasutta, ovvero quello della messa in moto della ruota del Dhamma.

I.

Rispettare i precetti morali (sīla)

II.

Sviluppare la capacità di concentrazione della mente su un punto (samādhi);

III.

Raggiungere la visione della realt{ più profonda della natura all’interno di se

stessi (paññā).

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Non ho ragioni per dubitare delle qualità morali del signor Amersfoort, che mi ha colpito molto fin dal primo momento. Per questo gli ho sùbito proposto un corso di ānāpānasati. Si è impegnato con cura e in poche ore di lavoro intenso, ha potuto sviluppare una forte concentrazione su un punto. In effetti, quando volevo farlo passare al corso di Vipassana, era in grado di mantenere la luce (paṭibhāganimitta) di fronte all’occhio della mente per un buon tempo e aveva acquisito familiarità con questa immagine. Devo dire che è un uomo di non scarse qualità.

Sappiamo scientificamente che ogni cosa che esiste nell’universo è composta di elettroni e che tutto è in uno stato di flusso e cambiamento perpetuo. Il nostro corpo fisico non può fare eccezione a questa regola. Il signor Amersfoort lo sa e sa anche che cosa sono la mente (nāma), la materia (rūpa) e le particelle elementari (kalāpā); conosce le loro caratteristiche, composizioni e comportamenti. Attraverso le potenti lenti della concentrazione che ha sviluppato, ora dovrebbe essere pronto per lo studio analitico e introspettivo della vera natura della mente e della materia.

Poco dopo le dieci di domenica 21 dicembre 1952, è stato chiesto al signor Amersfoort di focalizzare tutta la sua attenzione per esaminare in se stesso e percepire, punto per punto nel corpo, il continuo cambiamento – calore, vibrazioni, attrito – provocato dal movimento incessante delle infinite particelle subatomiche. Il corpo umano è la somma d’innumerevoli milioni di queste particelle elementari, ognuna delle quali prende forma e svanisce istantaneamente. Esse sono simili a una scintilla, ma infinitamente più piccole. Di fatto il corpo umano è la forma assunta dall’energia atomica, forma condizionata dalle azioni, dalle parole e dai pensieri dell’individuo.

Grazie alla protezione dei Devā* NOTA *

*Le diverse divinit{ (come i Devā o Brahmā) cui anche U Ba Khin fa spesso cenno, riflette l’accettazione da parte del Buddha di tutto un mondo, ripreso in parte dall’induismo, che venne a costituire la cosmologia del Buddhismo popolare in Asia.

Così commenta A. Solé-Leris in Un timone per la vita,Diana Edizioni: «Il Buddha non manca di riconoscere la realtà degli ordini di esseri, fuori e oltre la sfera materiale. Secondo la tradizione, il Buddha ebbe esperienza di altri modi di esistenza, grazie allo straordinario sviluppo delle sue facoltà, che lo aprirono a una più vasta e sottile gamma di percezioni e conoscenze

che ci hanno guidato nel nostro lavoro, il signor Amersfoort è giunto a questa realizzazione quasi simultaneamente e in pochi minuti ha cominciato a percepire leggermente il calore, poi le vibrazioni e poi l’attrito dovuto alle particelle subatomiche all’interno del corpo, percezioni che si sono poi estese come un fuoco a tutto il corpo nel corso della mezz’ora successiva. È stato incoraggiato a non rilassarsi, a mantenere la percezione con sempre maggiore intensità e a conservare questo stato di conoscenza e di chiaro senso della percezione.

Egli era anche consapevole del fatto che la sensazione (vedanā), la percezione (saññā), le

energie personali (saṅkhārā) e la coscienza (viññāṇa) – sono anch’esse passeggere,

dissolvendosi anch’esse con le particelle elementari della materia. Inoltre gli è stato chiesto

di effettuare un’osservazione complessiva del proprio essere in relazione alla mente e al

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corpo, tenendo conto delle caratteristiche principali dell’impermanenza (anicca), della sofferenza (dukkha) e dell’assenza di sé (anattā).

Avendo egli tenuto per sé i dubbi su quello che stava accadendo, gli è stato chiesto di esaminare la temperatura del proprio corpo e delle persone a lui vicine. Questo perché, avanzando nella meditazione, egli aveva acquisito una migliore visione telescopica (a distanza) delle realtà essenziali (paramatthadhātu).

Nello stesso tempo gli è stato spiegato che la radiazione calorica (tejo), fattore predominante nelle particelle elementari (kalāpā), è responsabile della sensazione di bruciore; che l’incessante sostituzione dei kalāpā dissolti, con un flusso di nuovo nutrimento crea le vibrazioni; che la dissoluzione e sostituzione dei kalāpā, sia individualmente che nel loro insieme, provoca attrito; e che una persona che possiede la forza delle lenti di samādhi, può avere la capacità di visione telescopica della vera natura delle cose.

Monaci, sviluppate la facoltà della concentrazione, Colui che ha il potere della concentrazione

può vedere le cose nella loro vera natura.

Poco prima di mezzogiorno, il signor Amersfoort percepiva intensamente il calore e vedeva lampi di luce emessi dal proprio corpo.

Gli ho chiesto: “Signor Amersfoort, è convinto ora che il corpo umano è composto di elettroni, tutti in un continuo e rapidissimo cambiamento senza fine e che non vi è alcuna sostanzialit{ in esso?”. “Ne sono convinto” è stata la risposta.

“In questo caso” – ho continuato – “fissi la sua attenzione su questi lampi di luce e pensi che sono anch’essi impermanenti e soggetti alla legge di anicca.”

Egli lo ha fatto e quei lampi di luce sono stati soppressi ed eliminati. Dopo ho spiegato che erano una delle dieci impurità (upakkilesā) e che se fossero rimasti più a lungo si sarebbero insinuati più profondamente e avrebbero ostacolato l’esercizio della meditazione.

Durante la pausa di circa mezz’ora per il pranzo in una stanza adiacente alla sala di meditazione, il signor Amersfoort ha mantenuto l’esercizio, poiché si era ormai completamente immedesimato nel processo e sapeva che “la continuit{ della pratica è il segreto del successo”.

Continuando nella sua meditazione, riusciva a pensare esclusivamente alla sofferenza in tutte le sue forme. A volte, pareva che stesse combattendo, pronunciando la parola dukkha

‘sofferenza’ a voce bassa. Dopo un’elaborata spiegazione su quello che stava vivendo, gli ho detto a proposito dell’insegnamento del Buddha:

“È la consapevolezza della Verit{ della sofferenza attraverso l’esperienza – vera esperienza, non immaginata – che la condurr{ all’estinzione della sofferenza (dukkhanirodha).

L’attaccamento all’Io è stato così forte che non potr{ eliminarlo se non elimina la sofferenza interiore che, come sente, è molto grande”.

“Se lei si libera di questa sofferenza, si libera anche della materia e della mente a cui è

collegata, liberandosi così dal continuo ciclo di vite, chiamato saṃsāra. La sofferenza sorge

dalle impurità mentali o condizionamenti depositati nel nostro inconscio e vengono

chiamati in pali kilesā, ‘impurit{ mentali’, ‘negativit{’ ‘condizionamenti’, che sono l’origine

di ogni sofferenza. I kilesā sono come il fuoco, bruciano. Ci sarà fuoco fin tanto che ci

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saranno kilesā da bruciare. Essi vengono bruciati, eliminati attraverso la meditazione contemplativa, senza sosta, di anicca, dukkha e anattā, ovvero l’impermanenza di ogni fenomeno, della sofferenza insita in questa caratteristica e della esperienza che non vi è alcun “io”. L’esperienza diretta di queste tre caratteristiche eliminer{ con certezza tutti i condizionamenti, le illusioni, le impurit{ mentali.”

“È una grande prova di resistenza. Mantenga questo sforzo, fermamente convinto della Verità della sofferenza, fino a che non avrà davvero paura, disgusto e rigetto per ciò che chiamiamo mente e corpo, fenomeni temporanei che provocano null’altro che sofferenza.”

“Poi dopo penser{ a come arrivare alla fine della sofferenza. Ci vorr{ tempo.

Semplicemente sviluppi questo pensiero. E si ricordi: la via di uscita è dal centro”.* NOTA

*

Questo centro è all’altezza del plesso solare. Quando lo studente è pronto con la giusta concentrazione viene invitato ad osservare i fenomeni che appaiono in questa ristretta area. U Ba Khin fornisce ancòra altre istruzioni, a seconda della maturità dello studente.

(Queste erano le mie istruzioni. Le parole possono non essere state esattamente le stesse ma questo era il senso).”

Erano le quattro del pomeriggio e alcuni studenti erano tornati a meditare. Il signor Amersfoort era steso. Gli ho suggerito di sedersi a gambe incrociate in un angolo della stanza e l’ho sollecitato a continuare il lavoro, sempre consapevole della sofferenza che provava e convinto di voler uscire da essa.

Nella sala di meditazione c’era silenzio. Ma il silenzio è stato rotto dal signor Amersfoort sedici minuti dopo le quattro.

Mi ha fatto capire che aveva improvvisamente sentito il sollievo di un flusso rinfrescante che lo liberava dal bruciore. Si sentiva rinato. Era veramente felice ed ha esclamato:

“Sādhu” tre volte (n. d. c. parola pali che significa “Ben detto, ben fatto, esprime ringraziamento e soddisfazione dello stadio raggiunto). Mi sono congratulato con lui per il suo successo.

Dopo un breve discorso di cinque minuti, gli ho detto: “Signor Amersfoort, per favore venga, facciamo un altro esercizio”.

È venuto a sedersi di fronte a me. Con istruzioni adatte a quella situazione, gli ho chiesto di raccogliersi di nuovo e di ritrovare lo stesso stato di pace (phala), e di rialzarsi dopo cinque minuti. Lo ha fatto senza difficoltà. Durante il resto della giornata non ha avuto più bruciore, solo la sensazione di calore che gli ricordava la vera natura interna delle cose, cioè anicca, dukkha e anattā. Però non ero ancòra soddisfatto, volevo essere doppiamente sicuro. Così gli ho chiesto di rifare l’esercizio per quindici minuti. Sono contento di poter dire che ha superato anche questa prova con successo.

Avevamo raggiunto il nostro obiettivo. Anche il signor Amersfoort era molto contento e

grato. Aveva ancòra molto lavoro da fare a Rangoon e non potevo trattenerlo di più. Ha

riposato e poi l’ho lasciato tornare al suo hotel con l’istruzione di tornare a vedermi il

giorno dopo alle sei di sera. Quando ci siamo incontrati, abbiamo avuto una tranquilla

conversazione su alcuni aspetti del Dhamma e su questioni più personali. Come da mio

desiderio, si è unito agli altri studenti per la meditazione e ha raggiunto lo stato di pace

nibbānica interiore per quindici minuti. Si è svegliato giusto in tempo.

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Riepilogo del percorso esperienziale

È mia opinione che il signor Amersfoort ha completato l’Ottuplice Nobile Sentiero:

Osservazione dei precetti morali (sīla)

Durante il corso non ha avuto occasioni per trasgredire le tre condizioni fondamentali della moralità: corretto parlare, corretta azione, corretto modo di sostentarsi (sammāvācā, sammākammanta e sammāājīva).

Concentrazione (samādhi)

Attraverso un corretto sforzo (sammāvāyāma)^NOTA

* La più tradizionale definizione di corretto sforzo è quella di impegnarsi a sviluppare in sé buone e salutari qualità e abbandonare quelle non salutari. Come descritto dal Buddha nel Canone Pali, la raccolta di tutti i suoi discorsi, egli insegnò quattro aspetti di un corretto sforzo:

1) Prevenire non salutari tendenze come bramosia, rabbia, ignoranza 2) Abbandonare tendenze negative già sórte nella mente

3) Introdurre e sviluppare nella mente qualità salutari e utili come la generosità, la compassione, la saggezza che sono proprio quelle qualità che si oppongono alle qualità negative come bramosia, rabbia e ignoranza.

4) Rafforzate questa buone qualità una volta che sono presenti nella mente.

e una giusta consapevolezza (sammāsati), egli ha acquisito la concentrazione estesa (upacārasamādhi). È stato in grado di mantenere l’oggetto di concentrazione (paṭibhāganimitta) per un buon tempo.

Sviluppo della saggezza (paññā)

Attraverso l’addestramento a coltivare pensieri corretti (Sammāsaṅkappa),^NOTA

* Il Buddha insegnò che vi sono tre tipi di corretta intenzione che si contrappongono a quelli sbagliati:

1) L’intenzione a rinunciare per far fronte al sorgere della bramosia;

2) L’intenzione della buona volont{ per opporsi al malanimo;

3) L’intenzione di non danneggiare alcuno per far fronte all’intenzione di far del male.

ha compreso la vera natura della saggezza (paññā) che lo ha condotto a prendere coscienza della Verità.

Nella pratica dell’insegnamento del Buddha, quello che veramente conta è prendere

coscienza della Verità. Qualunque sia il metodo adottato, deve seguire i tra aspetti

fondamentali della moralit{, concentrazione, saggezza, caratteristici dell’Ottuplice Nobile

Sentiero, il cuore del suo insegnamento. Lungo questo sentiero il meditatore sarà sempre

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nell’{mbito di un sistema di meditazione, poiché la caratteristica essenziale è arrivare all’origine e alla esperienza della dissoluzione della mente e della materia nel corpo.

Il corso seguìto dal signor Amersfoort è in accordo con le condizioni fondamentali descritte nel ‘Discorso sulla consapevolezza del respiro’ (Ānāpānassati sutta) o della sezione ānāpāna del ‘Discorso sui fondamenti della consapevolezza’ (Mahāsatipaṭṭhāna sutta). È anche in accordo con le considerazioni contenute nel Pārājikaṇ Aṭṭhakathā* NOTA

* È un autorevole trattato, stimato da U Ba Khin, forse parte dei commentari ai discorsi del Buddha (sezione Vinaya, quella dedicata alla disciplina dei monaci) attribuibile a Buddhaghosa. .

, per la realizzazione della Verità attraverso l’analisi delle particelle subatomiche nel corpo, attraverso le lenti della concentrazione che si acquisisce con la consapevolezza del respiro, come descritto nell’Ānāpānassati sutta.

Possiamo ora anche verificare come il corso è in accordo con i sette stadi della purezza (visuddhi) presenti nel manuale di meditazione Visuddhimagga ‘Il cammino della purezza’:

1. Purezza della condotta morale (sīlavisuddhi):

Il signor Amersfoort ha soddisfatto tutte queste condizioni durante il corso di meditazione.

2. Purezza della mente (cittavisuddhi):

Ha sviluppato la concentrazione su un solo punto (cittekaggata).

3. Purezza della comprensione (diṭṭhivisuddhi):

Egli ha chiaramente dimostrato durante il corso di avere compreso per esperienza diretta la vera natura della mente e della materia.

4. Pura liberazione dal dubbio (kaṅkhāvitaraṇavisuddhi):

Comprendendo che mente e materia sono in uno stato di continuo cambiamento, si è liberato di ogni dubbio riguardo l’entit{ dell’io, nel passato, nel presente e nel futuro.

5. Purezza della consapevolezza del giusto cammino (maggāmaggañāṇadassanavisuddhi):

Quando appaiono delle impurità, è in grado di superarle, può cioè discriminare tra il retto e il non retto cammino.

6. Purezza della conoscenza della giusta direzione (paṭipadāñāṇadassanavisuddhi):

Grazie ai risultati che ha ottenuto, non ha dubbi sulla prospettiva di raggiungere l’obiettivo finale e sul fatto che è solo una questione di tempo.

7. Purezza nella vista e saggezza (ñāṇadassanavisuddhi :

È consapevole del cambiamento avvenuto quando è passato attraverso il flusso di sotapanna.

In conclusione, la vera prova per verificare se un meditatore è divenuto un ariya, una persona nobile o santa, è la sua capacità di entrare nello stato di pace (phala) ogni volta che lo decida. In quello stato, egli non ha più percezione attraverso i cinque organi del senso.

Allo stesso tempo, la postura del suo corpo diviene ferma e rigida come chi abbia raggiunto una trance. In realtà, tra lo stadio di concentrazione (jhāna) e phala vi sono notevoli differenze nei modi di entrata e uscita, ma solo un maestro esperto può riconoscere le differenze tra i due per aiutare il meditatore.

Il signor Amersfoort ha soddisfatto questi requisiti. Possiamo chiamarlo un ariya?

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L’esperienza di meditazione del signor Hislop

Rangoon, Birmania, 7 maggio 1960

Ieri sera abbiamo iniziato con una sessione di un’ora. All’inizio si deve fissare l’attenzione su un punto. Questo punto focale è la zona del labbro superiore, in modo da sentire il respiro che entra ed esce dalle narici. Questo punto viene chiamato “L’anello nel naso del toro”, che serve per mantenerlo calmo. Così, quando l’attenzione divaga, la si riporta sul punto focale e pian piano essa comincia a restare fissa sul punto invece di divagare. Quando l’attenzione diviene calma e tranquilla, essa rivela la verità essenziale di ogni esperienza sulla quale si focalizzi.

La mia mente continuava a divagare. Dalle 4 alle 6 sono stato molto impaziente; dalle 7 alle 11 ha divagato continuamente e ora mi avvio alla sessione delle 12:30 che durerà fino alle 17.

U Ba Khin segue ogni sessione e si assicura che si lavori correttamente. All’inizio c’è stata una cerimonia con dei canti: per la durata del corso mi dispongo sotto la protezione del Buddha e di U Ba Khin come mio maestro, poiché mi protegge dalle forze negative.

Qui tutti lavorano come volontari. Mi è stato servito un pasto variato e delizioso e sar{ l’unico della giornata: solo colazione e pranzo. Ho anche accettato di obbedire ai cinque precetti del Buddha per il periodo del corso.

Ora sono le 6 e mezza. Ho appena finito la colazione a base di toast, formaggio, caffè, riso e fagioli.

Abbiamo mezz’ora fino alla prossima sessione dalle 7 alle 11. Questa mattina non sono riuscito a svegliarmi alle 4. C’era una cerimonia alle 6 ma sono arrivato alla fine; c’erano canti e discorsi.

Oggi è Luna piena. Credo sia il giorno più importante per i buddhisti: Vesak. È il giorno in cui il Buddha è nato, in cui ha conseguito l’Illuminazione e in cui il suo corpo è morto. Dunque, sono qui in un giorno di buon auspicio.

Ieri, nella sessione della mattina ero roso dall’impazienza. Nella seconda sessione, l’impazienza era svanita ma la mia mente non riusciva a fissare l’attenzione sulla respirazione, correva come una pazza dietro ogni pensiero. Nella terza sessione, anche se ero molto assonnato, le cose miglioravano e la mente rimaneva abbastanza attenta al respiro. Nella quarta le cose miglioravano ancòra. Questa mattina la mia mente si è distratta solo due volte.

Quando la mente cesser{ di divagare e manterr{ una concentrazione focalizzata, allora l’attenzione si rivolger{ verso l’interiorit{ più profonda e riveler{ elementi sconosciuti sulla natura dell’essere e dell’esperienza.

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Fa molto caldo ma non come in India e c’è una brezza fresca la sera. Il centro è su una collina e in ogni direzione si vedono alberi e alcune case seminascoste tra la vegetazione. Ci sono molti uccelli e l’aria si riempie del loro canto. Le persone qui sono molto gentili e attente e si direbbe che facciano di tutto per far sentire gli stranieri a loro agio. Sono alloggiato in un’ala di quattro stanze. Quella in fondo, col bagno, è riservata a un monaco che ha raggiunto la piena liberazione e viene chiamato Arahant ‘purificato di tutte le impurit{ mentali’ e che arriver{ il 12 del mese. C’è una piccola veranda di circa un metro e una grande porta doppia, sempre aperta e due finestre, anch’esse aperte. Nella mia stanza c’è un letto senza rete con la zanzariera. Ho messo sul letto la mia coperta indiana, il cuscino e le lenzuola. Per terra ci sono dei tappeti rossi. Mi hanno portato il pranzo, molto buono e abbondante, e l’ultimo fino a domani...

La meditazione della mattina, dopo la colazione, è stata interessante. Mantenuta piuttosto bene l’attenzione; percezione più netta delle sensazioni della respirazione. Con la maggiore attenzione al respiro, sorge un senso di ebbrezza/euforia, e insieme l’idea che, fissandosi sulla respirazione, la mente focalizza qualcosa che è più reale dei pensieri ai quali corre dietro. Questo esercizio continuerà per il resto della giornata e la sera. Non so quando U Ba Khin deciderà che la mente è abbastanza focalizzata per passare alla fase successiva.

Questa mattina, nella cella di meditazione, la schiena mi ha dato molto fastidio e così ho finito per meditare seduto sulla sedia della mia camera.

Ora ho la possibilit{ d’inviare questa lettera. Mi sono impegnato a non abbandonare il centro per tutto il periodo del corso.

La pratica continua dalle 4 di mattina fino all’ora di dormire con intervalli per la colazione alle 6 e per il pranzo alle 11. Non si esce dal centro, si mantiene il silenzio e non si hanno contatti con persone all’esterno. Questo per ridurre al minimo gli stimoli esterni che costituirebbero un ostacolo alla concentrazione focalizzata e alla meditazione. Nel centro, la presenza di U Ba Khin costituisce uno scudo grazie al quale il meditante può lavorare al riparo dall’agitazione del mondo esterno e nessuno può incontrare lo studente per evitare che possa portare influenze negative. La forza di U Ba Khin – attestata da centinaia di persone di alto livello intellettuale in tutto il mondo e dalla più parte dei membri del Governo birmano – gli viene dai Devā e dai Brahmā, esseri celestiali, presenti nei livelli più sottili della materia, che furono liberati durante la vita del Buddha e che – ancòra vivi e completamente liberati nei loro rispettivi reami – continuano a influenzare positivamente il mondo, così come fu desiderio del Buddha, perché i benefici della sua illuminazione potessero estendersi per 5.000 anni. * Nota

* Vedi spiegazione di Solé Leris a pag. 26

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In ogni caso, questo è ciò che ho compreso dalle brevi conversazioni che ho avuto. La giornata di ieri – giorno della nascita, illuminazione e morte del Buddha – è stata molto importante, e si sono tenuti riti, canti e invocazioni, ad alcune delle quali hanno partecipato solo persone di mente pura e grande capacità meditativa.

Perché sono qui, a 2.000 km da Nuova Delhi?

1. Perché mi interessa conoscere la meditazione buddhista più vera e genuina, qui a Rangoon, cuore del mondo buddhista;

2. perché il mio spirito è preso in un’agitazione irrefrenabile, come una scimmia che salta dappertutto e non ho mai cercato di controllarlo.

Ora, con questi esercizi mi impegno a farlo. Il cambio nella mia capacità di attenzione è stato rapido.

Due giorni fa non potevo mantenere l’attenzione sul respiro senza che un pensiero venisse a distrarmi. Oggi, a mezzogiorno, la mia mente agitata è rimasta tranquillamente sul respiro per venti minuti, con una sola breve interruzione. Una cosa che pare impossibile fino a che non la si riesce a fare.

Ieri sera, U Ba Khin ha deciso che la mente era sufficientemente concentrata per iniziare la meditazione Vipassana. Nel corso della mia pratica, si sono verificate alcune visioni ad occhi chiusi che sembrano essere esperienze e segni di progresso che tutti sperimentano. Si tratta di effetti piuttosto strani: un lampo frastagliato o una striscia di luce e oscurità; luci bianche e colorate che si espandono; piccoli bagliori improvvisi come stelle. U Ba Khin spiega che questi eventi indicano che la mente è calma e la sua luminosità intrinseca si manifesta in questo modo. Ho visualizzato anche una figura che, a gambe incrociate, portava una collana di pietre blu brillanti come stelle. U Ba Khin mi ha detto che vi riconosceva uno spirito Indù dell’Himālaya, venuto a darmi il benvenuto.

Alle 13, per la meditazione Vipassana, sono andato nella pagoda centrale, proprio sotto la guglia dorata. Ho ripetuto la richiesta al Buddha per avere la sua protezione e il suo aiuto. U Ba Khin ha eseguito alcuni canti di fronte alla piccola immagine del Buddha e poi mi ha detto di portare l’attenzione su un punto in cima alla testa. Ho rapidamente sentito un dolore in quel punto, poi un bruciore che si è diffuso, seguendo il movimento della mia attenzione sul lato destro del viso e poi in tutto il lato destro del corpo. Questa sensazione è considerata il segno della consapevolezza della sofferenza intrinseca, calore emesso dalle frizioni dovute alle infinite formazioni e dissoluzioni degli atomi del corpo, che avvengono dietro all’apparente solidit{ della materia. Nel momento in cui si fa l’esperienza dolorosa e profonda dell’impermanenza e dei costanti cambiamenti della materia, si raggiunge la comprensione della verit{ fondamentale e le false idee dovute all’ignoranza precedente si dissolvono. È la verit{ che libera. Con l’esercizio, diventa ugualmente evidente anche l’impermanenza della mente e questa nuova comprensione genera un grande cambiamento.

Naturalmente, tutto questo è ancòra lontano per me.

Quando ho spostato la mia attenzione sul lato sinistro, ho creduto di prendere fuoco. U Ba Khin mi ha detto che ciò era dovuto a pesanti impurità associate a quel lato e di continuare a esplorare con

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la mente, in su e in giù, quella parte del corpo – il che mi pare abbia avuto lo stesso effetto che bruciare erba verde su un prato – fino a quando il bruciore si attenuasse. Prima della fine del pomeriggio, il mio braccio e la mia spalla sinistri bruciavano ancòra.

Da alcuni giorni, questo è tutto ciò che devo fare: sondare e saggiare l’intero corpo per fare esperienza del dolore connaturato all’esistenza, così da divenire, finalmente, pienamente cosciente dell’impermanenza e di tutte le sue implicazioni. D’altra parte, questi dettagli mi paiono irrilevanti e non sono in grado di dare alcun giudizio. Cercherò di fare esperienza di tutto questo, facendo meno resistenza possibile. Il Buddhismo non è una religione, nel senso che non implica un dio o una rivelazione; è piuttosto una filosofia e una tecnica per liberarsi della sofferenza e della morte.

Il Buddha proclama che chiunque desideri trovare la verit{ dell’essere può farlo e può liberarsi da tutte le catene. Egli insegna il percorso che lui stesso ha compiuto per raggiungere la liberazione e afferma che altri possono farlo, con le proprie forze, senza atti di fede. Così è stato per il grande monaco che ha seguìto la via del Buddha e che si dice abbia trovato la libertà in tal modo.

Parlando della pratica di anicca – l’esperienza del dolore dell’impermanenza della materia – U Ba Khin dice che essa elimina le impurità sottili del corpo. Uno degli effetti è che si dorme meno ore, il che non deve stupire visto che ci si è alleggeriti delle impurità. A proposito del monaco che deve venire, dice che non ha bisogno di dormire e, in effetti, non dorme.

Durante la visita, U Ba Khin gli lascerà la sua stanza e anche io lascerò la mia a un altro dei monaci più anziani. U Ba Khin ed io divideremo una stanza a partire da questa sera, poiché l’unica altra stanza disponibile non ha ancòra le vibrazioni giuste e non vuole che questo condizioni il mio lavoro. Se non dovessi progredire come si deve, che sia per la mia rigidità e non per quella trasmessa da qualcun altro.

Ora devo scendere nella cella per praticare. Pensando ora all’iniziazione di Vipassana di ieri, la trovo speciale: i venti minuti prima dell’iniziazione, dedicati alla pratica di samādhi – la concentrazione, che guida la mente a una focalizzazione serena – sono stati particolari. In vita mia non ho mai avuto un’esperienza del genere: uno vede la tranquillit{ di un mare calmo, con le onde che, ritmicamente, lo fanno altalenare dolcemente, senza alcuna agitazione, al tempo stesso senza docilità ma lasciando immaginare il suo enorme potere che pure non manifesta. Così si è sentita la mia mente per venti minuti, riflettendo in questo modo, senza pensieri, l’entrare e uscire del respiro.

Dopo di ciò mi è stato indicato di spostare l’attenzione sull’area della fontanella, sulla sommit{ del capo; mantenuta l’attenzione tranquillamente su di essa, senza pensieri che interferissero, dopo un po’ quella “porta” si è rapidamente aperta al bruciore – la sensazione di anicca (l’impermanenza) – e la sua consapevolezza si è rapidamente diffusa alle altre parti del corpo.

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Non avrei potuto fare tutto questo senza aiuto; dunque, questa mattina, ho chiesto a U Ba Khin come ha fatto la mia mente a divenire così calma, raccolta, focalizzata e se non fosse stato grazie a qualche aiuto. Egli mi ha risposto che effettivamente, il risveglio alle sensazioni prodotte dall’instabilit{ della materia, non sarebbe potuto verificarsi senza un buon samādhi, senza un’elevata concentrazione e che dunque, aveva richiesto ai Devā e ai Brahmā di questo posto – che furono liberati dall’insegnamento del Buddha e che vengono volentieri in aiuto – di estendere la loro benefica influenza su un uomo che stava per ricevere il Dhamma del Buddha. Poi gli ho chiesto il perché del facile aprirsi della “porta” della fontanella e lui mi ha detto che anche questo è stato possibile per le stesse ragioni. Continuo, d’altra parte, a sentire il forte bruciore sulla testa.

Anicca rende coscienti il calore e la sofferenza che derivano dalla formazione e dissoluzione delle particelle atomiche che costituiscono l’energia-materia, e la cui esistenza – pur durante un’infinitesima frazione di tempo – crea l’apparente solidit{ della materia alla quale siamo abituati.

Mi pare di capire che questo abbia due effetti:

1. la percezione della verit{ fondamentale dell’essere che ha il proprio effetto liberatorio, e 2. il fatto che anicca brucia ed elimina, ora coscientemente, il kamma del passato (le impurità

mentali accumulate in questa e in altre vite precedenti).

Ho chiesto allora a U Ba Khin se le sensazioni di bruciore sarebbero passate e mi ha detto che, una volta che le impurit{ presenti e passate fossero consumate, l’eliminazione dei “buoni” kamma (che legano alla ruota della vita e della morte esattamente come i “cattivi” kamma) sarebbe continuata senza sensazioni di bruciore.

Mi ha menzionato due donne birmane che sono qui, con una grande esperienza di meditazione, e che non percepiscono più sensazioni di bruciore se non quando siano esposte a basse influenze di persone casualmente di passaggio. In questi casi, anicca “brucia” in loro fino a che quelle influenze non siano eliminate.

Qualche giorno fa era rimasto un pezzo di pane nel mio piatto e, mentre ero uscito un momento, due corvi sono arrivati e lo hanno rubato.

Ho chiesto a U Ba Khin se lo scopo della vita fosse lo stesso per tutti gli esseri senzienti e mi ha detto di sì: la gioia libera del Nibbāna – lo stato oltre i trentuno piani dell’esistenza * NOTA *

*Nella cosmologia buddhista sono evidenziati questi 31 piani di esistenza. Vedi approfondimento nella sezione Che cos’è il Buddhismo a pag. ...

– è per tutti, ma il livello al quale raggiungerla è quello della vita umana. Il Buddha ha comparato la difficoltà di arrivare al livello della vita umana, alla situazione di un giogo di un bue (con un foro ad

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una estremità) lanciato in un mare in tempesta, e a una tartaruga cieca che si trovi da qualche parte nello stesso mare in tempesta. La possibilità della nascita nel piano della vita umana è la stessa che ha la tartaruga di centrare il foro del giogo con la sua testa.

Ho chiesto se un laico può raggiungere la liberazione finale. Ha detto di sì, che al tempo del Buddha, molti più laici che monaci raggiungevano la liberazione. La liberazione per i laici significa entrare nella corrente di sotapatti (il primo stadio della liberazione in cui si ha la prima esperienza della pace del Nibbāna), dopo la quale restano al massimo solo sette vite e non è più possibile discendere in un livello di esistenza subumano; ma che per un laico che raggiunga la piena liberazione anche dai più sottili “buoni” kamma, è possibile sopravvivere nello stato di Arahant solo per sette giorni:

solo il corpo di un monaco può sopportare la condizione di Arahant, ovvero della piena liberazione.

Mi ha detto che ora che mi sono risvegliato allo stato di anicca, non dovrei mai più perderlo e che il Buddha proclamò che si deve essere in anicca anche quando si va a defecare. Dice che la ragione può essere comparata a una pentola d’acqua che è stata portata sul punto di bollire con quattro ceppi di legno e che per farla bollire ce ne vorrebbe un quinto. Non usarlo significherebbe che, in séguito, ci vorrebbe molto più calore per riportare l’acqua al punto di ebollizione. Così, oggi, dopo la meditazione, a pranzo, ho lasciato il mio piede bruciare.

Oggi pomeriggio, cercherò di raggiungere la consapevolezza di anicca nel busto, anteriore e posteriore, poi questa sera proverò negli organi interni.

Il cibo e l’acqua qui sono eccellenti, ritrovo appetito e sono sicuro che uscirò di qui in migliore salute e peso, che hanno sofferto parecchio della vita nei villaggi in India. Dopo un’altra conversazione con U Ba Khin, devo rivedere le mie spiegazioni su anicca e le sensazioni di bruciore:

la sofferenza inerente all’esistenza, causata dalle continue formazioni e distruzioni di particelle atomiche, è presente in ogni momento e si manifesta col dolore. Quello che succede con Vipassana (e attraverso cui il Buddha ha trovato la liberazione), è che quando la mente si focalizza con samādhi, e inizia l’esperienza di anicca, si manifesta una luce brillante proveniente dal piano nibbānico (il piano della realt{ fondamentale) che attraversa tutta la persona. Quando questa luce supera ogni ostacolo – quali impurità della mente o della psiche, o blocchi o malattie nel corpo fisico – allora l’impatto genera calore nella materia e la distruzione dell’ostruzione. È questo “fuoco intenso” che si percepisce coscientemente. L’intensit{ del dolore varia secondo l’ostacolo incontrato, come un fuoco che attraversasse un campo erboso e divampasse quando incontra una casa o un deposito di benzina. Alcune persone, hanno vissuto qui delle vere e proprie agonie. Si sono trovate piegate in due dal dolore, con convulsioni e pianto disperato. A volte, il calore è così forte che si sente di non poterlo più sopportare. Anicca può attraversare un blocco, ad esempio in un ginocchio, e questo provocherà un forte dolore in quella zona.

Qualunque sia il problema, karmico, mentale, emozionale, fisico, anicca ne brucerà le radici profonde e lo eliminerà. Non so ancòra che cosa succede dopo, e nemmeno so lo scopo finale di questo bruciare le ostruzioni attraverso anicca, se non che la guarigione dalle malattie ne è un semplice effetto collaterale.

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