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Una domanda pertinente.

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Academic year: 2022

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Una domanda pertinente.

Dopo aver preso atto che il corso della storia passata è stato caratterizzato da una serie di sconfitte e da previsioni risultanti del tutto errate ed improntate ad un esagerato ottimismo rivoluzionario, a questo punto è lecito porsi una domanda: in futuro si presenteranno nuovamente quelle condizioni favorevoli che permetterebbero al proletariato di riprendere il cammino, poche volte tentato e sempre fallito, verso l'emancipazione dal capitalismo? Ovvero: i proletari si riapproprieranno di quelle caratteristiche sociali e politiche che in passato gli permisero di tentare la scalata al cielo? Oppure quelle caratteristiche, che tanto fecero sperare gli operai e i comunisti del passato, si presenteranno con specificità diverse, non raggiungendo, il capitalismo, quelle condizioni nelle quali sarebbe costretto ad intensificare ed estendere lo sfruttamento, la schiavitù, la degenerazione, la miseria e via dicendo? Se è difficile pensare ad un futuro nel quale i proletari dovranno condividere, nella sostanza, quella condizione di miserevole sottomissione agli interessi della riproduzione allargata del capitale così come furono costretti i loro predecessori qualche secolo fa, è altrettanto difficile immaginare una rivoluzione anticapitalistica in assenza di quelle particolari condizioni materiali, ovvero economiche, sociali e politiche, che produssero nei proletari di epoche passate l'acuirsi del senso di ribellione contro l'ordinamento borghese. Quei segni distintivi, che contraddistinsero in passato le condizioni entro le quali si formò quel tal senso di ribellione, e che si possono riassumere nel decadimento generale della struttura produttiva capitalistica, si ripresenteranno inevitabilmente anche in futuro. E' necessario, cioè inevitabile, il loro ripresentarsi come effetti immanenti del processo evolutivo del capitalismo il quale oggigiorno ricopre quasi per intero il globo terrestre abitato stanzialmente dall'uomo e così facendo riduce sempre più le possibilità di ulteriori continue espansioni. Tra gli effetti immanenti di tale sviluppo vi sarà la radicalizzazione degli antagonismi tra le classi e la conseguente formazione di circostanze favorevoli alla rinascita di una coscienza e di una volontà rivoluzionarie.

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Non possediamo né nozioni teoriche né esperienze materiali a sostegno dell'ipotesi di una ribellione sociale, e socialista, in assenza di una condizione di generale degenerazione della produzione capitalistica, dalla quale ne conseguirà inevitabilmente il decadimento dei livelli di vita della classe operaia in primo luogo, e pure degli altri strati subalterni. E' una situazione che si può definire come pre-rivoluzionaria, cioè contrassegnata da una crisi sociale radicale la quale interesserà ogni classe sociale. Ma una tale condizione di crisi non potrà che concratizzarsi in ogni parte del globo terrestre raggiunto dal capitalismo, essa sarebbe il risultato della dinamica economica capitalistica improntata sulla contrapposizione tra il vulcano della produzione e la palude del mercato.

E' in questo senso che si può affermare come le premesse materiali di una situazione rivoluzionaria debbano essere sostanzialmente simili a quelle vissute dai proletari nel passato. Non è prospettabile, allo stato attuale delle esperienze e delle elaborazioni teoriche, una diversa ipotesi a proposito di quelle premesse che si debbono considerare le sole dalle quali può sprigionarsi un movimento rivoluzionario.

Il passo di un articolo di Preobrazenskij, scritto in ricordo della morte di Lenin, nel quale l'autore descriveva le condizioni di vita nelle quali era immerso il proletariato russo negli anni che precedettero lo scontro rivoluzionario, è profondamente significativo a proposito delle situazioni nelle quali è possibile l’acuirsi del senso di ribellione. Fu il selvaggio e barbaro operaio russo, scriveva l’autore, ignaro della democrazia borghese e del consumismo mercantilistico, ad essere l'artefice primo dello sconvolgimento sociale, economico e politico che interessò l'impero zarista. Se sono quelle descritte il quel passo le condizioni più favorevoli all'acuirsi del senso di ribellione tra i proletari e se è da quelle condizioni che nasce la loro disponibilità a sopportare situazioni di estremo disagio al fine di rompere col passato, allora dobbiamo renderci conto che nelle aree di antica tradizione capitalistica si è molto lontani da essere in presenza di quelle particolari condizioni, la cui premessa ineludibile è la catastrofe della riproduzione allargata del capitale, ovvero l'incepparsi di ogni possibile sua concentrazione ed accumulazione.

Ma vi è un altro elemento, di carattere storico, il cui peso sul processo rivoluzionario non è facile da stabilire, e riguarda il fatto che le peculiari

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situazioni di vita e di lavoro alle quali era sottoposto il proletariato russo erano particolari, frutto di un lungo processo storico precedente. Erano la conseguenza diretta dello sviluppo iniziale del capitalismo in quell'area e in quel periodo storico, l'espressione delle necessità legate all'accumulazione del capitale inserita in quella determinata area avente un dato precedente storico. Mentre per il mondo Occidentale lo stato di declino delle condizioni dei lavoratori salariati e l'esperienza di privazioni di consumi considerati di primaria importanza in rapporto alla media dei consumi nei periodi di stabilità economica, sono la conseguenza della stasi o peggio, del decremento dell'accumulazione, di uno stato di retrocessione, di una direzione inversa dell'accumulazione. Al giorno d'oggi però il deperimento delle condizioni di vita dei proletari e degli altri strati sociali subalterni interesserebbe una classe già corrotta da decenni di sviluppo capitalistico, cioè da un consumismo mercantile immerso in relazioni sociali e politiche a carattere formalmente democratico. Sarà ugualmente capace quel tal proletario abituato, e l'abitudine è una forza gigantesca, a condurre una vita segnata da un certo livello di consumi e da certe modalità nei rapporti sociali, a ribellarsi all'ordinamento vigente fino alle estreme conseguenze? Viene logico concludere che solamente il completo sconvolgimento delle abitudini e delle relazioni sociali in atto, porterà alla rinascita del senso di ribellione il quale se permeato, guidato, organizzato, dalla coscienza politica comunista giungerà fino a provocare una rivoluzione vittoriosa. Quando e dove questo processo rivoluzionario potrà vedere la luce non è dato a sapere. Potrebbe ─ a questo punto non potrà essere altrimenti ─ necessitare un ricambio generazionale, oppure una modifica della vecchia visione eurocentrica. Vi sono, infatti, delle aree ove l'accumulazione del capitale sta attraversando un periodo di forte accelerazione, un periodo eroico per gli apologeti del capitale, dove l'iniziativa privata borghese, seppure formalmente sottoposta all'autorità di uno stato autoritario come per esempio è quello cinese, si muove debordando sistematicamente oltre quei limiti normativi che in Occidente sono stati gradualmente imposti per difendere l'insieme dell'ordinamento sociale contro le insidie dell'individualismo esasperato, alimentato dalla feroce natura dell'interesse capitalistico. E' nelle aree orientali (dal nostro punto di vista geografico) del pianeta che il capitale sta vivendo una nuova

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giovinezza, spaziando con molte libertà in ogni campo della struttura produttiva. Fino a non molti decenni fa esso si trovava, in quelle aree, rifugiato negli ambiti delle sfere produttive più sviluppate, come quelle militari, oppure in quelle nelle quali la connessione col mercato mondiale era necessaria, poi è balzato fuori da ogni sfera produttiva con una forza e una ferocia che in Occidente era dimenticata ( ma che potrebbe ritornare e sta già tornando). E' in quella parte del mondo che il capitale si muove usando gli strumenti di sfruttamento e di oppressione del lavoro salariato nelle loro modalità più arcaiche e aderenti alle necessità di una accumulazione rapida e quantitativamente sostanziosa. Modalità che, con le loro conseguenze sociali, erano considerate, dai seguaci ottocenteschi del marxismo, come quelle dalle quali poteva scaturire l'impulso rivoluzionario. In Occidente quelle modalità di sfruttamento si sono generalmente ammorbidite sotto la pressione delle lotte operaie e delle necessità, per il capitale, di smaltire la massa di merci prodotte da una crescente capacità produttiva; ciò non toglie che il loro inasprimento sia una tendenza costantemente presente nel processo accumulativo.

Quale che sia l'area geo-economica che sarà interessata all'esplosione di una rivoluzione anticapitalistica, tale fenomeno vedrà la luce in quanto avrà risposto positivamente alla domanda che abbiamo posto all’inizio del nostro discorso: gli uomini, in un futuro ancora imprecisabile, saranno in grado di affrontare il compito di portare al termine un rivolgimento così radicale ed epocale come quello finalizzato alla distruzione dell'ordinamento economico e sociale vigente? Una rivoluzione sociale che dovrà cancellare millenni di sottomissione degli uomini gli uni agli altri, di povertà dei molti di contro alla ricchezza dei pochi, di schiavitù del lavoro posto al servizio dell'accumulazione della ricchezza nelle mani di coloro, una minoranza sociale, che dirigono, amministrano e sono padroni delle condizioni che permettono la produzione di tutto ciò che è indispensabile alla vita di tutti. Questa umanità sarà disponibile in un futuro, ripetiamolo, ancora indefinibile, ad assolvere al compito universale di distruggere l'ordinamento sociale in atto e sostituirlo con un ordinamento comunistico?

E' evidente che solo una parte di quella umanità si porrà il compito di un tale rivolgimento, è sarà quella parte che da tempo è sottomessa, sfruttata, schiacciata dal lavoro al servizio degli interessi del capitale. Nonostante

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che il proletariato, da molto tempo sottoposto al dominio globale dell'accumulazione, abbia formato le proprie abitudini e la consapevolezza della società nella quale è sommerso sotto l'influsso dell'ambiente sociale borghese sarà capace, come lo è stato in passato, a ribellarsi alle imposizioni ed agli interessi del capitale, proprio a causa delle esperienze negative che vivrà sulla propria pelle? Su questo non vi possono essere dubbi. Ma sul fatto che quella parte della società, il proletariato, in qualunque parte del globo inizi il proprio movimento rivoluzionario, riesca inevitabilmente a portare a termine il compito universale di impiantare una società comunista, a questa domanda la risposta non può essere scontata, come potrebbe apparire a coloro che hanno scambiato il materialismo storico per una palla di vetro dove leggere il futuro. Il compito che propone la prospettiva socialista è di tale grandezza e complessità da richiedere la coesistenza di determinate condizioni oggettive, che sono le condizioni generali socio-economiche nelle quali si trova la società in quel momento storico, e di condizioni soggettive, politiche, le quali dipendono sia dalle esperienze recenti o in atto sia da quelle della storia trascorsa.

Una coesistenza di non facile attuazione, come possiamo osservare noi oggi guardando la dicotomia emersa tra le previsioni esplicitate dai seguaci della dottrina comunista nel passato e i fatti realmente accaduti.

A proposito del compito che impone la prospettiva del socialismo sarà bene rileggere come i fondatori della dottrina delineavano i caratteri di fondo che avrebbero contraddistinto la società futura. Nella Critica al programma di Gotha Marx descrive sinteticamente i primi significativi segnali di una società che muove i primi passi all'interno del progetto comunista, una situazione che in primo luogo verrà definita come di transizione verso il socialismo, per poi immettersi all'interno del comunismo inferiore o socialismo vero e proprio. << Quella con cui abbiamo da far qui, è una società comunista [ questo è il dato storico fondamentale] , non come si è sviluppata sulla propria base, ma viceversa, come emerge dalla società capitalistica; che porta quindi ancora sotto ogni rapporto, economico, morale, spirituale, le “macchie” della vecchia società dal cui seno essa è uscita.>>1 Poi prosegue affermando che: << In una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la

1 Marx-Engels: Opere scelte, Editori Riuniti1966, p. 960.

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subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza, solo allora l'angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la società può scrivere sulle sue bandiere:

ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni.>>2 Con lo sguardo di oggi l'orizzonte descritto in queste righe ci appare dovesse essere considerato fin da allora lontano nel tempo, così come lo è oggigiorno, dato che tutti noi siamo stati oppressi da almeno un secolo e mezzo di sviluppo capitalistico, che è l'altra faccia della sconfitta della prospettiva del socialismo, dato che quest'ultima era stata proposta fin dalla meta dell'Ottocento. Engels, nell'Antiduring, darà una versione di largo respiro storico, e universale, della società alla quale vuole mirare la rivoluzione comunista: << Rivoluzione proletaria. Soluzione delle contraddizioni: il proletariato si impadronisce del potere pubblico e in virtù di questo potere trasforma i mezzi di produzione sociale che sfuggono dalle mani della borghesia, in proprietà pubblica. Con quest'atto il proletariato libera i mezzi di produzione dal carattere di capitale che sinora essi avevano e dà al loro carattere sociale la piena libertà di esplicarsi.

Ormai diviene possibile una produzione sociale conforme ad un piano prestabilito. Lo sviluppo della produzione rende anacronistica l'ulteriore esistenza di classi sociali distinte. Nella misura in cui scompare l'anarchia della produzione sociale, vien meno anche l'autorità politica dello stato.

Gli uomini, finalmente padroni della forma loro propria di organizzazione sociale, diventano perciò ad un tempo padroni della natura, padroni di se stessi, liberi. Compiere quest'azione di liberazione universale è il compito storico del proletariato moderno.>>3

Da questi passi emerge l'enormità, la complessità, la radicalità del compito che i promotori della dottrina comunista affidarono al proletariato moderno; compito inserito in un progetto sorto da una analisi scientifica del modo di produzione dominante sull'intero globo terrestre, e dalle leggi

2 Opera citata: p. 962.

3 Engels: Antidüring, E.R. 1971, pp. 303/304.

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materialistiche che hanno regolato il divenire della storia sino ai nostri giorni e continueranno a farlo anche in futuro.

Ci si deve rendere conto che l'obiettivo storico che realisticamente si pone di fronte alle lotte che il proletariato contemporaneo sarà costretto ad affrontare nel prossimo futuro, non è, e non potrebbe essere, quel pieno comunismo universale proposto dai maestri della dottrina. Più propriamente il compito non potrà che essere quello di iniziare il cammino all'interno di un quadro economico e sociale tendenzialmente comunista, dopo che si sarà realizzata la premessa indispensabile della conquista del potere politico da parte del proletariato e del suo partito. Dovunque si avveri tale rivoluzione essa, per giungere ad una risoluzione positiva, dovrà raccogliere le forze della parte preponderante della classe operaia e propagare l'incendio rivoluzionario nelle aree limitrofe. Ciò sarà impossibile, questa è l'indicazione che ci proviene dalle esperienze storiche trascorse, senza una preventiva, doverosa e meritoria opera di mantenimento in vita della dottrina politica comunista, la sola che potrà fungere da fondamento teorico e organizzativo di un futuro partito rivoluzionario. Operazione questa che, per quel che riguarda i viventi seguaci della dottrina marxista, deve contenere anche quel tipo di lavoro simile a quello condotto dai medioevali amanuensi, ovvero quello di trasmettere ai posteri gli scritti dei maestri e dei loro più immediati seguaci, insieme all'attività di moderni illuministi intenti a portare la luce della coscienza politica là ove le condizioni obiettive lo consentono.

Almeno sino a quando i fatti reali, cioè il processo di degenerazione del capitalismo, non costringerà tutti noi, ma soprattutto coloro che verranno, ad abbandonare testi e computer per attivarsi materialmente, fisicamente, all'interno della società borghese e segnarne la fine.

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