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POLIGAMIA E ORDINAMENTO ITALIANO

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SANCIN LETIZIA 27.11.2020 -Corso di diritto ecclesiastico 2020-

POLIGAMIA E

ORDINAMENTO ITALIANO

1.Precisazioni terminologiche.

È necessario avviare il lavoro con un’analisi definitoria, al fine di chiarire qualsiasi dubbio sulla definizione del termine “poligamia”.

Con il termine “poligamia” si intende il matrimonio plurimo, in cui un soggetto è sposato con più coniugi contestualmente; tale pratica si contrappone alla monogamia che prevede il matrimonio soltanto con un coniuge per volta.

La definizione deriva dall’etimologia del termine “poligamia”: composta dalla parola polys (molti) e gomos (matrimoni), in greco antico infatti poligamia significa “sempre sposato”.

Nella prassi bisogna distinguere due forme di poligamia: la poliginia, forma matrimoniale in cui è l’uomo ad essere legato a più donne; e la poliandria, nella quale è la dona ad essere sposata con più uomini. Secondo gli studi effettuati dai demografi e etnologi le società poligame conosciute sono poliginiche nell’80% dei casi.

Il termine poligamia, nelle scienze sociali, è utilizzato per riferirsi alla poligamia de facto, ossia all’unione tra più persone non riconosciuta legalmente. Questa è la tipologia più diffusa nelle società occidentali, in cui la poligamia è vietata dalla legge, ma di fatto praticata.

Nella poligamia de facto avviene un matrimonio tramite rito religioso o culturale, ma non viene riconosciuto dalle autorità civili.

Vediamo un esempio per comprendere la poligamia de facto: un uomo musulmano americano sposa la sua seconda moglie solamente tramite un rito religioso, che l’ordinamento americano non considera come giuridicamente rilevante. La poligamia de facto priva il coniuge dei diritti ed obblighi che normalmente conseguono l’atto del matrimonio (diritto o assistenza da parte delle autorità in caso di divorzio, diritto all’eredità, diritti relativi all’adozione, diritti e benefici per i superstiti, diritti legati all’affidamento della prole, l’accesso ospedaliero, il potere di assumere decisioni mediche e gli assegni famigliari).

In questa categoria della poligamia de facto non rientra l’uomo che intrattiene una relazione extra-coniugale con un'altra donna, in quanto né la società né l’uomo coinvolto riconosce l’amante come moglie. Per categorizzarsi poligamia de facto deve

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avvenire un riconoscimento sociale da parte della comunità religiosa della seconda donna.

La poligamia de iure si riscontra invece quando questa viene riconosciuta dall’ordinamento giuridico. Tipico esempio è quello della poligamia praticata dai musulmani negli stati in cui questa è riconosciuta e disciplinata.

Altra distinzione da considerare è sul termine è quella tra poligamia successiva o seriale e poligamia sincronica o contemporanea.

La prima rientra nella concezione di alcuni studiosi per cui la società odierna, legiferando a favore della liceità del divorzio, non sia monogama in senso stretto e riconosce questa poligamia successiva quando un soggetto si unisce in un secondo matrimonio dopo la cessazione del primo.

La seconda tipologia invece investe quei casi in cui l’unione matrimoniale tra più soggetti avviene simultaneamente.

Infine, altra distinzione da tener presente è quella tra poligamia e polyamory.

Quest’ultima è una pratica che ammette la possibilità che una persona abbia più relazioni intime contemporaneamente. La relazione poliamore prevede il consenso di tutte le parti coinvolte che devono essere tutte informate della relazione in cui si ritrovano, non discrimina le unioni dello stesso sesso. Questo tipo di legame si caratterizza per il rifiuto della monogamia e del vincolo matrimoniale tra le persone.

Non rientra nella categoria della poligamia in quanto le persone coinvolte non rivendicano un diritto a sposare più di un coniuge.

2.La poligamia in Italia.

In Italia, così come nella maggior parte di altre legislazioni occidentali, il rapporto coniugale riconosciuto e tutela dall’ordinamento giuridico è quello monogamo.

Nel nostro ordinamento più fonti disciplinano l’istituto del matrimonio: la Costituzione italiana all’art.29 dove riconosce <<i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio>> in cui è garantita l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. In questo articolo non si fa menzione né alla caratteristica monogama né al carattere indissolubile, aspetti disciplinati da legge ordinaria.

Altro riferimento al matrimonio lo ritroviamo all’art.86 C.C. <<non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente>>.

In Italia il sistema delle sanzioni civili protegge, da un lato, il coniuge del primo matrimonio attraverso la nullità del matrimonio bigamico (art. 86 c.c.) e, dall’altro, tutela anche il coniuge incolpevole del matrimonio bigamico, a favore del quale opera l’istituto del matrimonio putativo (art. 128 c.c.)

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In campo penalistico il nostro legislatore ha voluto tenere come capo saldo la concezione della famiglia all’interno della società dimostrandolo con il mantenimento del reato di bigamia.

All’art.556 C.P. si trova l’incriminazione della condotta di chi, in costanza di matrimonio produttivo di effetti giuridici, ne contrae un altro avente anch’esso effetti civili (poligamia de iure); reato escluso solamente dall’inesistenza giuridica o del matrimonio presente o di quello successivo. Il fatto che la monogamia sia tutelata penalmente conferma come questa sia un principio fondamentale sul quale poggia l’istituto del matrimonio.

ARTICOLO 556 CODICE PENALE

Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.

La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei.

Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.”

Il nostro codice penale punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro; la stessa pena viene comminata a chi, non essendo sposato, contrae matrimonio con persona legata da un matrimonio con effetti civili.

Il reato in questione è quello di bigamia; il delitto che punisce chi si sposa nonostante sia sposato precedentemente con un’altra persona. In Italia quando ci si deve sposare si deve avere uno stato civile libero, non si deve avere nessun altro vincolo di matrimonio; le persone già sposate possono risposarsi solamente in seguito al divorzio. Chi, nonostante un precedente matrimonio valido, si sposa con una persona terza, commette il reato di bigamia congiuntamente al nuovo coniuge, anche se quest’ultimo non sia a sua volta sposato.

La bigamia viene classificata (come adulterio e l’incesto) come un “reato necessariamente bilaterale”, dovendo essere due gli autori materiali, soggetti attivi;

questo non toglie però la possibilità che uno dei due cooperatori risulti non punibile.

Al secondo comma dell’articolo 556 si prevede una circostanza aggravante specifica, nel caso in cui il colpevole (uno solo in questo caso) abbia indotto in errore il “nuovo”

coniuge circa il proprio stato civile o quello altrui. Non sono richiesti particolari raggiri, ma è sufficiente un comportamento determinante il convincimento circa lo stato

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libero di uno dei due. Non è penalmente rilevante la mera omissione circa l’esistenza di un precedente vincolo.

Bisogna fare attenzione al fatto che una relazione extraconiugale non è sufficiente a giustificare il reato di bigamia. Il quale scatta solamente quando il matrimonio, o unione civile viene formalizzata civilmente.

La bigamia viene considerata come un reato in quanto si ritiene che potrebbe offendere la famiglia e la sua morale come intese nell’ordinamento italiano; il fatto di tipicizzarla come reato serve a rafforzare la tutela prevista dalla legge italiana a favore del matrimonio, la legge italiana valuta come molto importante l’unione tra due persone.

Secondo la legge il reato di bigamia si estingue se il primo matrimonio contratto dal bigamo viene dichiarato nullo, oppure se viene annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia; in caso di avvenuta condanna, cessano l’esecuzione e gli effetti penali. Questo tipo di reato è classificabile come “reato permanente” perché si protrae per tutta la durata della coesistenza dei due matrimoni e viene a cessare solamente quando viene pronunciata una sentenza definitiva di scioglimento.

Massime relative all’art.556.

Cassazione penale, Sez.VI, sentenza n.9743 del 7 marzo 2007: è configurabile il delitto di bigamia verso chi ha contratto matrimonio all’estero con un cittadino straniero, non rilevando la nazionalità del coniuge, né l’ignoranza della legge che regola il matrimonio.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n.23249 del 27 maggio 2003: il reato di bigamia ha natura permanente. La permanenza di protrae per tutta la durata della coesistenza dei due matrimoni e cessa quando, indipendentemente dalla causa estintiva costituita dalla dichiarazione di nullità del primo matrimonio o annullamento del secondo per ragioni diverse dalla bigamia, sia pronunciata con sentenza definitiva la cessazione degli effetti civili di uno di essi.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n.3579 del 3 aprile 1982: L'erronea opinione dell'imputato di bigamia di essere libero di contrarre nuovo matrimonio, avendo ottenuto il divorzio all'estero, non costituisce errore su legge diversa da quella penale, ai sensi dell'art. 47 comma terzo c.p. bensì errore sulla legge penale che non può essere invocato dall'imputato come causa di esclusione della punibilità. Ai fini della configurabilità del reato di bigamia gli effetti civili di precedenti matrimoni contratti all'estero sono da considerarsi in vigore anche se i suddetti matrimoni non siano stati trascritti nei registri dello stato civile in Italia. Ai fini della configurabilità del reato di bigamia deve essere considerato legato da precedente matrimonio avente effetti civili anche colui che abbia ottenuto all'estero pronunzia di divorzio non riconosciuto in Italia.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n.18 del 14 gennaio 1972: Il dolo del delitto di bigamia consiste nella volontà di contrarre un nuovo matrimonio avente effetti civili,

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con la consapevolezza dell'esistenza di un precedente matrimonio avente anch'esso tali effetti. Tale elemento psicologico può essere escluso dall'errore di fatto circa la sussistenza del precedente vincolo coniugale.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n.1706 del 16 luglio 1969: Il delitto di bigamia consiste nel contrarre, in costanza di matrimonio produttivo di effetti giuridici, un altro matrimonio avente anche esso effetti civili. Il reato può essere escluso soltanto dalla giuridica inesistenza o del matrimonio precedente o di quello successivo. Non è giuridicamente inesistente il matrimonio contratto sotto false generalità, onde risponde del reato di bigamia chi, legato da precedente matrimonio, ne contragga un secondo attribuendosi false generalità. Gli effetti civili del matrimonio concordatario si producono ipso iure, con efficacia dalla data di celebrazione del matrimonio dinanzi al ministro del culto cattolico, appena avvenuta la trascrizione dell'atto nei registri dello stato civile del comune in cui il matrimonio è stato contratto (artt. 5, 8, 9 L. 27 maggio 1929, n. 847). È solo con questa trascrizione che si opera il trapasso del matrimonio religioso dalla sfera del diritto canonico, che ne regola la formazione, a quella del diritto civile, che ne regola gli effetti. Le ulteriori trascrizioni nei registri dello stato civile dei comuni di residenza degli sposi, allorché il matrimonio sia stato celebrato in un comune diverso (art. 131 ordinamento stato civile), non hanno influenza sull'efficacia del vincolo per gli effetti civili, avendo esse soltanto natura dichiarativa e ricognitiva perché attengono esclusivamente all'accertamento dello status dei nati in ogni comune e di coloro che ivi risiedono.

Nel codice penale, con una legge del 2017, è stato inserito un articolo che mette il matrimonio al pari delle unioni civili, ossia si riconosce civilmente l’unione tra due persone dello stesso sesso.

Secondo questo art.574 ter C.P. agli effetti della legge penale il termine matrimonio, quindi, è relativo anche alla costituzione di un’unione civile tra persone dello stesso sesso; e quindi quando la legge penale considera la qualità di coniuge come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato, comprende certamente anche la parte di un’unione civile tra persone omosessuali.

Significa quindi che anche chi contrae unioni civili può commettere reato di bigamia.

ARTICOLO 86 CODICE CIVILE

“Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio o da un'unione civile tra persone dello stesso sesso precedente.”

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In questo articolo il cosiddetto impedimentum ligaminis, causa di invalidità del matrimonio, concerne ogni precedente matrimonio civilmente valido, con esclusione del matrimonio religioso contratto secondo il diritto canonico e non trascritto nei registri dello stato civile.

L’articolo 86 del codice civile enuncia quanto ribadito più volte nel resto dell’elaborato, ossia che un individuo non può sposarsi con un nuovo coniuge se è già precedentemente sposato, sia con persona di sesso opposto che medesimo.

Per contrarre nuovo matrimonio necessaria è la libertà di stato civile, in alternativa una sentenza dichiarativa di divorzio o la disposizione dell’art.65 C.C. “Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il coniuge può contrarre nuovo matrimonio”. Quindi con la sentenza dichiarativa di morte presunta avviene lo scioglimento del vincolo matrimoniale (al pari della morte accertata) e gli effetti decorrono dal momento dell’annotazione ad opera di un ufficiale di stato civile a margine dell’atto di matrimonio, da lì il coniuge potrà contrarre un nuovo matrimonio. Questo nuovo matrimonio in base all’art.68 C.C. può essere dichiarato nullo: “Il matrimonio contratto a norma dell'articolo 65 è nullo, qualora la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza. Sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo. La nullità non può essere pronunciata nel caso in cui è accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a quella del matrimonio”. Nel caso di ritorno del soggetto dichiarato morto, o di accertamento della sua esistenza in vita, il nuovo matrimonio del coniuge medio tempore contratto risulterà nullo per mancanza delle libertà di stato. Per quanto riguarda gli effetti civili del secondo matrimonio, non valgono nel caso le regole dettate per il matrimonio putativo (art.128 C.C.).

Quanto appena detto relativo alla morte presunta del coniuge rileva ai fini del problema della poligamia anche per un altro particolare motivo; in quanto si rileva l’unico caso di bigamia (di breve periodo) permessa all’interno dell’ordinamento italiano. Nel nostro ordinamento un individuo scomparso dopo 2 anni viene dichiarato assente, dopo 10 anni dalla scomparsa ne viene dichiarata la morte presunta; in base a quanto detto dall’art.68 C.C. in seguito a tale dichiarazione l’eventuale coniuge dell’individuo, presunto deceduto, può contrarre nuovo matrimonio e se il presunto dichiarato morto ritorna il secondo matrimonio sarà dichiarato nullo ma saranno salvi gli effetti civili. E questo è il caso già ribadito sopra;

cercherò ora di chiarire tramite un esempio questa unica possibilità di poligamia in Italia. Tizio scompare dopo 10 anni il 15.06.2020 viene dichiarata la sua morte presunta, la vedova Caia il 15.09.2020 si risposa con Sempronio, ma viene fuori che Tizio è morto appena il 25.11.2020; in tal caso il secondo matrimonio non si può annullare, questo significa che per il periodo dal 15 settembre al 25 settembre Caia ha vissuto in un periodo in poligamia.

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3. La poligamia nel mondo.

1.poligamia legale solo per i musulmani 2.poligamia legale 3.poligamia legale solo in alcune aree (Indonesia) 4.poligamia illegale, ma la pratica non è criminalizzata 5.poligamia illegale e criminalizzata 6.status giuridico sconosciuto.

Nell’immaginario mondiale la poligamia viene subito associata alla religione musulmana e mormone, ma è stata praticata anche tra i componenti di tutte le religioni del mondo. Gli studi degli antropologi si concentrano maggiormente sulla poliginia dei mormoni e dei musulmani, sulla poliandria praticata in alcune zone dell’Himalaya e in alcune zone dell’Africa.

La poligamia è un’usanza permessa. Legale in diversi paesi del mondo; mentre la poliandria non è permessa in nessuno stato del mondo tranne che nella regione del Tibet e in alcune tribù indiane.

La poligamia è legale e praticata in Africa e Medio Oriente, in particolare dove vige la religione musulmana in quanto il Corano la giustifica come pratica anche se letture più moderne del testo contemplano una visione più moderata inserendo un limite quantitativo di quattro mogli e l’obbligo di pari trattamento di queste. Inoltre, interpretazioni più recenti dimostrano come l’Islam ha concesso alla moglie il diritto di stipulare nel contratto di matrimonio la clausola di non avere co-mogli.

Nel mondo occidentale la poligamia è vietata secondo le Costituzioni.

In Africa la poligamia è legale in 26 stati, in Asia in 21 stati. India, Filippine, Singapore, Malesia e Sri Lanka la consentono solo ai cittadini di fede musulmana.

Nonostante sia una pratica attinente alla religione musulmana, non tutti i Paesi a maggioranza islamica ammettono la poligamia; in Turchia già nel 1923 è stato abolito il vecchio codice civile ottomani, sostituito da uno ispirato alle legislazioni europee dove recepiva il modello monogamico; lo stesso è avvenuto in Turchia nel 1956.

Marocco e Algeria, non hanno ancora abolito la poligamia, ma hanno introdotto

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prevede che il marito debba chiedere alla moglie l’autorizzazione per poter contrarre un altro matrimonio, davanti a un notaio.

In Egitto e nei Paesi del Golfo, dove la sharia è la fonte principale del diritto, la poligamia è molto praticata.

4. La poligamia islamica e i problemi di ricongiungimento in Italia.

Il pluralismo culturale e religioso a cui tende la società contemporanea ci obbliga a confrontarci anche con istituti che entrano in conflitto con il nostro ordinamento monogamico. Bisogna cercare di creare un contemperamento tra il riconoscimento dei valori giuridici stranieri e la tutela dei principi fondamentali dell’ordinamento.

In Italia ci sono molti musulmani che, in osservazione del loro precetto religioso, sposano più donne. Queste persone non sono perseguibili dalla legge italiana (secondo l’art.556 C.P.) perché le unioni celebrate all’interno delle moschee non devono necessariamente essere registrate civilmente (poligamia/bigamia de facto).

Queste unioni sono valide a tutti gli effetti per i musulmani, e non possono costituire reato per lo Stato italiano, per il quale il matrimonio vero è solamente quello registrato in Comune.

Per le culture islamiche il fatto che la poligamia sia vietata in altri ordinamenti, fa si che questi attuino poligamie di fatto, le quali generano però disuguaglianza di trattamento tra la prima moglie e quelle successive, priva le mogli successive del diritto di azione contro il marito in caso di violazione di diritti individuali o coniugali, ma crea problemi anche in materia di ricongiungimento familiare, alimenti, mantenimento e diritti successori.

Il divieto di poligamia impedisce l’istanza di ricongiungimento familiare alla seconda moglie ad esempio. Per quanto riguarda il diritto di ricongiungimento familiare la Legge n.943 30.12.1986 “collocamento di lavoratori” all’art. 4 prevede che i lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia ed occupati hanno il diritto al ricongiungimento con il coniuge e i figli a carico non coniugati, considerati minori dalla legislazione italiana, e che questi sono ammessi nel territorio italiano per lo stesso periodo per il quale è ammesso il lavoratore, se questo ultimo è in grado di assicurare loro normali condizioni di vita. Ma questo diritto viene leso nei confronti della seconda moglie la quale non risulta tale a livello civile in quanto la poligamia de iure non è concessa nel nostro paese; e anche se si fosse instaurata una poligamia de facto questa non include i diritti derivanti da un matrimonio monogamo e quindi viene precluso alla seconda moglie questo diritto di ricongiungimento previsto dall’articolo 4 della legge.

La sentenza n.4984 Cassazione 28.02.2013 interpreta normativa italiana in modo restrittivo e ribadisce l’esclusione del ricongiungimento di una seconda moglie, se il marito già soggiorna con un’altra, anche se la richiesta è stata fatta dal figlio: “A causa

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della situazione di poligamia, vietata nel nostro ordinamento, che si sarebbe determinata con l’ingresso e il soggiorno nel nostro paese della madre del ricorrente”.

Sorge un problema quando i soggetti provenienti da ordinamenti che legittimano la poligamia chiedono il riconoscimento dello status matrimoniale poligamico e il godimento dei diritti che ne derivano; in tale situazione il paese monogamico ospitante deve effettuare un bilanciamento di interessi.

In dottrina prevale la concezione per cui la poligamia non può trovare riconoscimento ponendosi in contrasto con l’ordine pubblico; ma una minoranza di studiosi ritiene che esitano soluzioni di compromesso che non legittimano l’unione ma riconoscono alcune situazioni legate alla qualità di coniuge.

La giurisprudenza ha cercato di applicare l’ultimo approccio in un caso riguardante le conseguenze patrimoniali a un matrimonio poligamico riconosce titolarità di diritti successori o alimentari alle mogli poligame. Al riconoscimento di natura patrimoniale però non si ricollega il ricongiungimento famigliare. In tema di ricongiungimento famigliare l’Europa è molto sensibile all’esigenza di tutela dell’unità familiare solamente quando sia presente un interesse minorile al fine di garantirgli la vita con entrambi i genitori. Quindi un eventuale ricongiungimento è finalizzato a tutelare il diritto di un minore a non essere separato dal genitore, non di certo alla tutela della situazione coniugale.

L’Unione Europea è ben chiara a ribadire che «in caso di matrimonio poligamo, se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio di uno Stato membro, lo Stato membro interessato non autorizza il ricongiungimento familiare di un altro coniuge».

La giurisprudenza vuole garantire all’unanimità il diritto del minore alla vita famigliare, anche se la richiesta di ricongiungimento determinerebbe uno stato di poligamia; ma se il minore non presenta l’interesse di tale ricongiungimento questo è escluso. In questo modo però si realizza un’altra discriminazione verso quelle mogli, che nel paese di provenienza sono legittimamente sposate, ma non avendo un figlio minore non possono utilizzare questo veicolo di ingresso.

L’Italia non ha ancora elaborato una specifica disciplina dell’immigrazione di famiglie poligamiche; primo caso in materia risale alla fine degli anni Ottanta e riguardava un cittadino marocchino, residente in Italia, che richiedeva il permesso di soggiorno per le sue due mogli e cinque di undici figli. Il permesso viene negato e ordinata l’espulsione delle due donne. Il ricongiungimento delle due mogli non era realizzabile in quanto la poligamia contraria all’ordinamento italiano, come rilevato dal Ministero dell’interno in una circolare del 1988 nel quale vietava il rilascio di permessi di soggiorno per coesione famigliari in situazioni di matrimoni poligami.

5.La posizione dell’Unione Europea.

La politica adottata dall’Unione Europea con la direttiva sul ricongiungimento

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determinarsi liberamente nella costruzione delle relazioni interpersonali laddove si discostino da standard europei e che siano legati ad altra matrice culturale.

Nel 2007 il Parlamento Europeo ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne , chiedendo maggior impegno a garantire uguaglianza di genere e di non tollerare violenze contro le donne, citando tra tali violenze la poligamia.

Anche le Nazioni Unite ritengono che la poligamia violi la dignità delle donne.

Nel 2000 il Comitato dei Diritti Umani dell’O.N.U. ha dichiarato la poligamia incompatibile con i diritti umani. Analogamente l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha stabilito che la poligamia viola il principio di dignità umana ribadendo che il Consiglio d’Europa non può riconoscere i matrimoni poligami.

6. Approfondimento sulla poliandria.

La poliandria è la forma di matrimonio plurimo in cui è la donna a sposare più uomini;

la zona di maggior sviluppo si registra nell’area dell’Asia meridionale e qualche raro caso in Africa, Oceania e America. Si stima che l’istituto sia diffuso meno dell’1% nel mondo. In materia si distinguono due tipologie di poliandria: la prima poliandria

“adelfica” o fraterna, che si verifica quando un gruppo di fratelli condivide la moglie (diffusa in Nepal e Tibet); la seconda tipologia p la poliandria “libera” o non adelfica dove la donna è sposata con più uomini non legati da vincoli di parentela. In questa seconda tipologia la famiglia è di tipo matrilineare, dove è la donna ad essere il capofamiglia, sotto lo stesso tetto vivono la madre con i figli, mentre i mariti si limitano a visite di tanto in tanto.

La poliandria viene giustificata su base di esigenze riproduttive ed economiche, si riscontra in tale pratica un meccanismo inibitore dell’aumento della popolazione e che venga sfruttato come strumento di controllo delle nascite (esattamente al contrario della poliginia che permette di avere all’uomo più figli). Altri considerano la poliandria come strategia di sopravvivenza di una tribù in mancanza di donne fertili.

7. Punti di riflessione:

 Una delle grosse problematiche è gestire la tutela della figura delle donne all’interno di questa fattispecie; in Italia, dove la poligamia non è legale, quando una famiglia poligama, proveniente da zone dove è ammessa, si trasferisce si creano disuguaglianze tra le varie mogli, soprattutto per quanto riguarda la sfera dei diritti.

 L’Unione europea non da una definizione chiara di concetto di famiglia, facendo apparire le possibili combinazioni famigliari una categoria molto vasta; ma dopo nel definire la direttiva sul ricongiungimento famigliare, limita subito la categoria precedente. Quindi induce a dubitare che la norma sia compatibile con il fondamentale diritto della persona alla tutela della vita privata e familiare che appare come un’azione indiretta di “sradicamento” di elementi di identità̀ di una cultura con strumenti estremamente invasivi della sfera privata della persona e della sua libertà di autodeterminazione.

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 Altro punto di riflessione è da elaborare attorno all’idea comune che si ha della poligamia;

cercare di comprendere se questa crea effettivo danno nelle popolazioni in cui essa viene praticata, se le donne non sono consenzienti e se viene violata la loro sfera di diritti praticando questo istituto. Oppure cerare di capire se invece la donna è favorevole e condivide questa pratica, credendoci.

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