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La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto

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RIASSUNTO

Le infezioni del piede diabetico sono una causa comune di ospe- dalizzazione e di complicanze nei pazienti diabetici. Le infezioni superficiali sono per lo più sostenute da cocchi Gram-positivi, con prevalenza di Staphylococcus aureus. Le infezioni di grado moderato sono sostenute per lo più da batteri piogeni Gram- positivi, ma possono associarsi a questi anche batteri Gram- negativi. Nelle infezioni gravi l’eziologia è polimicrobica. Tutte le ferite del piede diabetico infette richiedono un trattamento anti- biotico. La terapia empirica iniziale dovrebbe essere basata, da un lato, sul grado di infezione della ferita e, dall’altro, su dati di na- tura epidemiologica.

SUMMARY

The complexity of antibiotic therapy in diabetic foot infection Diabetic foot infections are a common reason for hospitalization and a cause of complications in patients with diabetes. Mild in- fections are mostly caused by Gram-positive cocci, with a preva- lence of Staphylococcus aureus. Moderate infections are mostly due to pyogenic Gram-positive cocci, but Gram-negative bacte- ria may also be involved. The etiology of severe infections is polymicrobial. All infected diabetic foot wounds require anti - biotics. The initial empirical therapy should be based on the sever- ity of the infection and, secondly, on epidemiological data.

Introduzione

Il diabete mellito è oggi una delle più comuni malattie non tra- smissibili in tutto il mondo e, in molti Paesi in via di sviluppo e di recente industrializzazione, l’epidemia cresce a ritmi verti- ginosi(1). Il piede diabetico è stato definito dall’International Working Group on the Diabetic Foot (IWGDF) come: “una condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associata ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori (secondo criteri sta- biliti dall’OMS)”. Tale definizione, proposta per la prima volta

Rassegna

La complessità della terapia

antibiotica nel piede diabetico infetto

S. Esposito, S. Noviello, G. Boccia, F. De Caro, G. De Simone

Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Salerno

Corrispondenza: prof. Silvano Esposito, UO di Medicina Infettivologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Università di Salerno, largo Città di Ippocrate, 84131 Salerno e-mail: silvanoesposito@libero.it

G It Diabetol Metab 2015;35:257-263 Pervenuto in Redazione il 29-04-2015 Accettato per la pubblicazione il 16-10-2015 Parole chiave: piede diabetico infetto, microbiologia, trattamento

Key words: diabetic foot infection, microbiology, treatment

G It Diabetol Metab 2015;35:257-263

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epidermide e derma, senza tendenza alla diffusione ai tessuti circostanti o per via sistemica. Con questa classe di lesioni non c’è rischio di amputazione(15). Maggiore difficoltà presenta la definizione di infezione “moderata”; questo termine, infatti, comprende un ampio spettro di lesioni, alcune delle quali pos- sono anche richiedere un trattamento molto aggressivo. Per questo motivo alcuni schemi di classificazione utilizzano i ter- mini di infezione complicata o non complicata come sinonimi di infezioni gravi o moderate. Risulta evidente però che la di- stinzione tra infezione grave e moderata non si basa tanto sullo stato del piede (simile in entrambe le forme), ma piutto- sto sulle condizioni generali del paziente, decisamente com- promesse nel primo caso rispetto alle forme moderate(13). Nello specifico, le infezioni moderate possono presentarsi come ulcere superficiali infette, onicomicosi o perionichie sup- purative. Per quanto riguarda i tessuti coinvolti, c’è interessa- mento del derma fino alla fascia muscolare esterna con diffusione locale per contiguità e attraverso il circolo linfatico locale. La forma clinica più frequente è l’ulcera profonda in- fetta; in questo stadio c’è il rischio di amputazioni minori. Le infezioni gravi sono quelle che, per estensione, oltrepassano la fascia muscolare superficiale, interessando ossa e articola- zioni. La diffusione avviene sia prossimalmente con interes- samento esteso della gamba sia a distanza per diffusione ematogena con sintomi sistemici. Le infezioni gravi, come detto, sono il maggior determinante di amputazioni maggiori e vengono considerate quadri di emergenza assoluta in que- sti pazienti. I quadri clinici principali sono: l’ulcera profonda infetta con associati ascessi localizzati, artrite settica, osteo- mielite e fascite settica necrotizzante del piede o della gamba.

L’osteomielite e la fascite settica necrotizzante, per gravità e frequenza, sono i quadri più gravi e di più difficile tratta- mento(13,16).

Microbiologia dell’ulcera infetta

I microrganismi coinvolti nell’eziologia del piede diabetico di- pendono dal tipo di lesione infetta e dalle caratteristiche spe- cifiche del paziente (terapia antibiotica o altri tipi di trattamenti precedenti; pregressi episodi di ospedalizzazione)(17). I mi- crorganismi aerobi e anaerobi facoltativi rilevati, in ordine di frequenza, sono: Staphylococcus aureus meticillino-sensibile (MSSA) e meticillino-resistente (MRSA), stafilococchi coagu- lasi negativi, Streptococcus spp., Enterococcus spp., Ente- robacteriaceae, Corynebacterium spp. e Pseudomonas aeruginosa. La distribuzione di batteri anaerobi è la seguente:

cocchi Gram-positivi, Prevotella spp., Porphyromonas spp., differenti specie del gruppo Bacteroides fragilis. Altri micror- ganismi ritrovati sono, tra gli aerobi e gli anaerobi facoltativi, Morganella morganii, Enterococcus faecalis, Citrobacter spp.

ed Haemophilus spp. Invece, tra gli anaerobi, i più comuni sono: Anaerococcus spp., Bacteroides fragilis, Finegoldia magna, Peptoniphilus spp., Clostridium spp., e Veillonella

spp.(13,18). Per quanto riguarda l’eziologia microbica in rela-

zione al grado di infezione, si può affermare che le infezioni superficiali (lesioni lievi della classificazione IDSA) sono per lo dall’IWGDF, in occasione della prima International Consensus

Conference sul piede diabetico, è stata mantenuta nelle suc- cessive Conference e ripresa da diversi autori nel corso degli

anni(2-4). Tuttavia è interessante notare come il “Gruppo di Stu-

dio Piede Diabetico” della Società Italiana di Diabetologia abbia proposto, nel 2000, di modificare tale definizione in

“piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dal- l’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabe- tica”. In questo modo si estende la definizione a tutti quei soggetti diabetici che in assenza di ulcera sono a rischio di ul- cerazione(5). Stime della WHO dicono che circa il 15% dei dia- betici andrà incontro nel corso della propria vita a un’ulcera del piede che necessita di cure mediche. Tuttavia il problema più rilevante, legato a un’ulcera del piede nei diabetici, è il ri- schio di amputazione. Infatti, i principali risultati negativi della gestione del piede diabetico sono le ulcere e le amputazioni(1). Fino all’85% di tutte le amputazioni inizia con un’ulcera; ogni anno circa 4 milioni e più di persone nel mondo sviluppano ul- cere del piede diabetico. Le ulcere del piede si verificano sia nel diabete di tipo 1 sia nel diabete di tipo 2(6). La prevalenza annuale di ulcere al piede nella popolazione normale è ap- pena superiore al 2%(1). Invece, nella popolazione con fattori di rischio predisponenti, il tasso annuale di ulcere al piede varia tra il 5% e il 7%(7). Come risultato si ha un rischio di svi- luppo di ulcera al piede nel corso dell’intera vita pari al 25%(8). Nell’84% dei casi l’amputazione viene effettuata in conse- guenza di un’ulcera del piede che non guarisce e si aggrava con la presenza di infezione. Secondo diversi studi, addirit- tura il 25-50% di pazienti diabetici riceve un’amputazione im- mediata al momento della prima visita a causa dell’infezione.

In aggiunta, le infezioni sono anche la causa più frequente di ricoveri nei pazienti diabetici(9,10). Pertanto una complicazione grave di un piede diabetico che abbia un’ulcera aperta è l’in- fezione, spesso la vera causa che porta all’amputazione(9).

Classificazione dell’infezione

La classificazione delle lesioni associata alla valutazione del li- vello di gravità dell’infezione consente di impostare il trattamento più adeguato in termini di durata e scelta terapeutica(11-13). L’Infectious Diseases Society of America (IDSA) ha creato un sistema di classificazione semplice che permette di dividere le infezioni in lieve, moderata e grave. Lo scopo più importante di questa classificazione è quello di riconoscere rapidamente i pazienti che rientrano nello stadio “grave”; essi richiedono infatti un’immediata ospedalizzazione, una terapia antibiotica tempestiva per via parenterale ed esami strumentali specifici ed eventualmente una consulenza chirurgica. Risulta ancora utile sottolineare come lo stadio “grave”, correlato con la più alta percentuale di amputazioni, sia accompagnato da segni clinici sistemici (alterazione della pressione, temperatura, aci- dosi, alterazioni glicemiche ecc.) che rendono evidente che uno studio del paziente nel suo complesso sia importante quanto l’analisi attenta della sola ferita(14). Le infezioni definite

“lievi”, da distinguere dalle lesioni clinicamente non infette, sono relativamente semplici da riconoscere; esse interessano

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Il fatto che P. aeruginosa venga ritrovato di frequente nelle col- ture a eziologia mista non esclude che questo microrganismo possa essere un semplice contaminante o commensale di una lesione la cui patogenesi è da attribuire a un altro micror- ganismo. Pertanto sarebbe opportuno essere certi che P. ae- ruginosa non sia il batterio responsabile dell’infezione prima di escluderne con certezza il ruolo eziopatogenetico(29).

Diagnosi

È fondamentale sottolineare che tutte le lesioni della cute sono contaminate da microrganismi, pertanto la diagnosi di ferita in- fetta è clinica e, nella maggior parte dei casi, si basa sulla pre- senza di segni locali e/o sistemici di infiammazione. Quindi, la presenza di febbre, brividi, leucocitosi, secrezioni purulente o almeno due dei segni classici di infiammazione (dolore, ca- lore, arrossamento, edema e functio lesa) sono indispensabili per la diagnosi. L’infezione di solito coinvolge l’avampiede, specialmente sulla superficie plantare e sulle dita. Tuttavia il segno clinico più comune nel caso di ferita infetta del piede in paziente con diabete è l’aumento dell’essudato a livello della lesione(9). La presenza di piede gonfio, ulcera cronica o dita ar- rossate e tumefatte (dita a “salsicciotto”) dovrebbero sempre indurre il sospetto di infezione. Bisogna tuttavia ricordare che la gravità dell’infezione dovrebbe essere valutata dopo il de- bridement di eventuali tessuti necrotici o calli. Inoltre, la pre- senza di leucocitosi neutrofila in associazione all’incremento degli indici di flogosi (proteina C-reattiva e velocità di eritrose- dimentazione) può supportare la diagnosi del processo in- fettivo. Questi indici di flogosi, peraltro, sono utili per il moni- toraggio settimanale dei pazienti. Comunque, in circa la metà dei pazienti con infezione del piede diabetico, la presenza di un’ulcera infetta non è necessariamente associata a febbre o alterazioni laboratoristiche indicative d’infezione. Infatti, alcuni pazienti possono mostrare solo un peggioramento della gli- cemia non accompagnato da peggioramento del quadro cli- nico(9). Indagini strumentali possono aiutare nella diagnosi e fornire un ausilio importante per la valutazione della profondità della lesione e l’eventuale presenza di raccolte purulente.

In particolare, l’utilizzo di una radiografia è necessario per de- finire la presenza di corpi estranei, gas od osteolisi. Altre in- dagini strumentali utili per valutare l’estensione del danno potrebbero essere l’ecografia, la RMN o la TC. L’ecografia può in alcuni casi identificare raccolte ascessuali sottofasciali non reperibili facilmente all’esame fisico. La RMN o la TC pos- sono individuare piccole lesioni osteomielitiche non eviden- ziabili con la radiologia tradizionale. Effettuata la diagnosi clinica di infezione, il passo successivo è determinarne l’ezio- logia in modo da poter intraprendere un trattamento razionale e appropriato. L’esame colturale deve essere effettuato in pro- fondità, attraverso biopsia o curettage o comunque dopo che la ferita sia stata adeguatamente pulita. Non è consigliabile effettuare un tampone superficiale, specialmente nel caso in cui la ferita non sia stata adeguatamente ripulita, in quanto i risultati ottenuti possono essere poco attendibili. Un tampone superficiale dell’ulcera può portare all’isolamento solo di più sostenute da cocchi Gram-positivi, con prevalenza di

S. aureus. Si riscontrano frequentemente anche Streptococ- chi beta-emolitici di gruppo A, B, C e G. Viceversa, le infe- zioni di grado moderato secondo la classificazione IDSA sono sostenute per lo più da Gram-positivi piogeni, ma a questi possono associarsi anche batteri Gram-negativi (Pseudomo- nas, Acinetobacter). Le ulcere infette hanno quindi una flora polimicrobica comprendente Gram-positivi anaerobi e aerobi facoltativi, Gram-negativi e alcune specie di Candida spp.(19,20). Infine, nelle ulcere infette gravi è stata riportata, in almeno la metà dei campioni, la presenza di batteri anaerobi, spesso in associazione con altre specie. Anche nel caso di infezioni pro- fonde l’eziologia è quindi polimicrobica(18). Relativamente al timing della lesione, nelle ferite recenti, l’infezione di solito è causata da un singolo microrganismo, e il batterio più fre- quentemente ritrovato è S. aureus, seguito da differenti spe- cie di streptococchi. Per contro, nelle infezioni croniche, sebbene la presenza di S. aureus e Streptococcus sia sem- pre preponderante, il loro ritrovamento si riduce rispetto a quello delle colture provenienti da infezioni acute; nelle lesioni croniche si rileva un aumento di stafilococchi coagulasi ne- gativi, Enterococcus spp., bacilli Gram-negativi (in particolare P. aeruginosa) e anaerobi(20). I batteri isolati dalle lesioni infette del piede diabetico possono essere dotati di resistenze mul- tiple; i fattori di rischio per questa eventualità sono rappre- sentati da: precedenti terapie antibiotiche, specialmente se prolungate, frequenti ricoveri in ospedale per il trattamento della ferita, neuropatia, osteomielite e grandi dimensioni del- l’ulcera(21,22). Focalizzando l’attenzione sulle singole specie batteriche, si ritiene che S. aureus sia il microrganismo che ostacola maggiormente la guarigione della ferita. Esso, inol- tre, tende a formare colonie soprattutto nelle porzioni più pro- fonde dell’ulcera e nei tessuti limitrofi(23). Si ipotizza che nella maggior parte delle infezioni siano l’MSSA e l’MRSA, insieme a Streptococcus spp., i patogeni che danno inizio al processo infettivo. Indirizzare la terapia alla loro eliminazione potrebbe portare alla guarigione della ferita anche senza effettuare un trattamento specifico verso i patogeni commensali. Il rischio di sviluppare resistenza alla meticillina aumenta in caso di ri- covero ospedaliero, grandi dimensioni e cronicità dell’ulcera, insufficienza renale cronica, osteomielite e terapie antibiotiche pregresse(24,25). Per quanto riguarda invece gli stafilococchi coagulasi negativi, le specie più comunemente ritrovate sono S. epidermidis, S. lugdunensis e S. haemolyticus. Inoltre, S. epidermidis si ritrova più frequentemente in corso di ulcere neuroischemiche rispetto alle lesioni neuropatiche(26). Il ruolo degli enterococchi è invece controverso(27). In una percentuale significativa di pazienti sono state isolate diverse specie di co- rinebatteri. Sebbene si sia sempre ritenuto che questi micror- ganismi avessero un ruolo marginale nelle infezioni del piede diabetico, grazie a studi di biologia molecolare si è dimostrato che essi hanno un ruolo importante nella formazione del bio- film dell’ulcera infetta(28). P. aeruginosa si ritrova abbastanza frequentemente nelle ulcere infette croniche. Tutte le condi- zioni che possono favorire la macerazione dei tessuti vanno considerate come fattori di rischio per l’infezione da parte di questo microrganismo. Come nel caso degli enterococchi, il ruolo patogenetico di P. aeruginosa non è del tutto chiaro.

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microrganismi commensali. Campioni ottenuti attraverso cu- rettage o scraping del tessuto alla base dell’ulcera con l’uti- lizzo di una curette o una lama da bisturi sterile, identificano più precisamente gli agenti patogeni rispetto al solo rolling di un tampone sulla lesione. Anche se l’utilizzo di tamponi è più conveniente dal punto di vista economico e di risparmio di tempo, essi forniscono risultati meno precisi, sopratutto se la ferita non è stata correttamente ripulita. Nei casi in cui sia ne- cessario comunque l’utilizzo di un tampone superficiale, si raccomanda di ruotare il tampone su una superficie di ulcera di circa 1 cm2, con pressione sufficiente a permettere l’emis- sione di pus dall’interno della lesione(11). Altre metodiche ac- cettabili per il prelievo di campioni sui quali effettuare un’analisi colturale comprendono l’aspirazione mediante ago sterile e siringa di secrezioni purulente della ferita o la biopsia di 4-6 mm di tessuto in ambiente sterile chirurgico o al letto del paziente. Una volta prelevato, il campione deve essere posto in un sistema di trasporto sterile e prontamente inviato al la- boratorio, dove devono essere allestite colture per patogeni sia aerobi sia anaerobi.

Management antibiotico

Il trattamento ottimale del piede diabetico infetto prevede un approccio multidisciplinare che punta a ridurre il numero di amputazioni, ridurre lo sviluppo di ulcerazioni, mantenere l’in-

tegrità della cute, migliorare le capacità funzionali del paziente ma, soprattutto, trattare efficacemente l’infezione pre- sente(30,31). Sfortunatamente questo tipo di infezioni sono fre- quentemente gestite in modo inadeguato(32). Si auspica quindi che nel team che gestisce la lesione infetta del piede diabe- tico sia incluso, o comunque possa essere consultato rapi- damente, uno specialista infettivologo, la cui conoscenza della microbiologia e del trattamento chemioterapico possa ridurre i costi di gestione e migliorare l’outcome del paziente(33). Le at- tuali linee guida sul management del piede diabetico infetto non raccomandano l’utilizzo di una terapia antibiotica in caso di lesioni clinicamente non infette, né per favorirne la guari- gione né per profilassi. Questo perché l’utilizzo di antibiotici favorisce la comparsa di farmaco-resistenze, aumenta i costi sanitari e può scatenare nel paziente reazioni avverse al far- maco(13). Sebbene alcuni autori ritengano che anche le ferite non accompagnate da segni clinici di infiammazione (e quindi considerate “subclinicamente infette”, avendo una concen- trazione di microrganismi superiore a 106per grammo di tessuto) si gioverebbero di un trattamento antibiotico, giusti- ficando tale terapia con una guarigione più rapida e senza complicanze, al momento poche evidenze scientifiche sup- portano questa condotta(34,35). Pertanto le linee guida IDSA continuano a sostenere che in caso di ferita clinicamente non infetta bisogna evitare il trattamento antibiotico(13). Tutte le fe- rite infette del piede diabetico richiedono un trattamento an- tibiotico. Il trattamento antibiotico viene influenzato da diverse caratteristiche del paziente come lo stato vascolare, infatti

Tabella 1 Terapia delle infezioni del piede diabetico in accordo alla gravità dell’infezione e all’eventuale pato- geno responsabile.

Stadio infezione Probabile patogeno Antibiotico Dicloxacillina

MSSA Clindamicina

Lieve Streptococcus spp. Cefalexina

Levofloxacina

Amoxicillina-acido clavulanico

MRSA Doxiciclina

Trimetoprim/Sulfametoxazolo Levofloxacina

Cefoxitina

MSSA Ceftriaxone

Streptococcus spp. Ampicillina-sulbactam Enterobacteriaceae Moxifloxacina

anaerobi obbligati Ertapenem

Levofloxacina o ciprofloxacina con clindamicina Imipenem-cilastatina

Moderata o grave

Linezolid

MRSA Daptomicina

Vancomicina

P. aeruginosa Piperacillina-tazobactam

MRSA Vancomicina o daptomicina o linezolid più

P. aeruginosa ceftazidime o cefepime o piperacillina-tazobactam Enterobacteriaceae o aztreonam o carbapenemi

anaerobi obbligati

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Tabella 2 Terapia delle infezioni del piede diabetico in accordo all’eziologia.

Patogeno Antibiotico Dosaggio Via di somministrazione

Streptococcus spp.

Amoxicillina 1 g tid Orale

Ceftriaxone 1-2 g od Endovenosa

Clindamicina 300 mg qid Orale

Levofloxacina 500 mg od Orale

Amoxicillina-acido clavulanico 1 g tid Orale

Cefalexina 500 mg qid Orale

Clindamicina 300 mg qid Orale

MSSA Dicloxacillina 250 mg qid Orale

Doxiciclina 100 mg bid Orale

Levofloxacina 500 mg od Orale

Moxifloxacina 400 mg od Orale

MRSA

Daptomicina 4-6 mg/kg/die Endovenosa

Doxiciclina 100 mg bid Orale

Linezolid 600 mg bid Orale/Endovenosa

Tigeciclina 50 mg bid con dose

Endovenosa iniziale da 100 mg

Trimetoprim/Sulfametoxazolo 800/160 mg bid Orale

Vancomicina 1 g bid Endovenosa

Ciprofloxacina 500 mg bid Orale

Levofloxacina 500 mg od Orale

Enterobacteriaceae Ceftriaxone 1-2 g od Endovenosa

Ertapenem 1 g od Endovenosa

Cefepime 2 g tid Endovenosa

P. aeruginosa

Ceftazidime 2 g tid Endovenosa

Imipenem 1 g tid Endovenosa

Meropenem 1 g tid Endovenosa

Piperacillina-tazobactam 4,5 g tid Endovenosa l’ischemia del piede riduce la quantità di farmaco che rag-

giunge il sito infetto e rende necessario l’utilizzo di un dosag- gio più alto(36). Il regime antibiotico iniziale viene di solito scelto empiricamente e può essere modificato sulla base di infor- mazioni microbiologiche ottenute successivamente. La tera- pia empirica iniziale dovrebbe essere basata, da un lato, sul grado di infezione della ferita e, dall’altro, su dati di natura epi- demiologica come la prevalenza di determinati patogeni nella zona geografica o la presenza, in questa, di ceppi antibiotico- resistenti(37,38). La quasi totalità delle ferite infette di grado lieve e molte di grado moderato possono essere trattate con anti- biotici a spettro d’azione relativamente ridotto, limitato ai coc- chi Gram-positivi(29). Tuttavia nei Paesi con climi caldi non è infrequente, anche nelle lesioni di lieve entità, il ritrovamento di batteri Gram-negativi, specialmente P. aeruginosa. Micror- ganismi anaerobi obbligati sono invece più frequenti in caso di lesioni croniche o precedentemente sottoposte a tratta- mento antibiotico. Purtuttavia i batteri Gram-negativi e gli ane- robi obbligati non rientrano tra i patogeni più frequenti delle lesioni infette di grado lieve o moderato per cui non ci sono evidenze scientifiche che giustifichino un trattamento contro questi patogeni(18). Il trattamento con antibiotici orali (preferi-

bilmente con elevata biodisponibilità) è nella maggior parte dei casi sufficiente nei pazienti con infezioni lievi (e in alcuni casi con infezioni moderate) che non hanno problemi di as- sorbimento gastrointestinale. Nel caso di infezioni gravi o in- fezioni estese di grado moderato con andamento cronico, risulta più appropriato l’utilizzo tempestivo di una terapia an- tibiotica ad ampio spettro. Gli antibiotici scelti dovrebbero essere attivi contro i patogeni Gram-positivi, i più comuni Gram-negativi e i batteri anaerobi obbligati. Inoltre, è più si- curo iniziare la terapia per via parenterale, eventualmente mo- dificandola in somministrazione orale qualora il paziente si sia stabilizzato dal punto di vista sistemico e la coltura microbio- logica possa indirizzare verso un antibiotico più specifico(13). Il patogeno più frequentemente riscontrato nelle infezioni del piede diabetico, come detto, è lo Staphylococcus aureus.

Uno dei maggiori problemi per il trattamento antibiotico è la possibile resistenza alla meticillina di questo microrganismo.

Risulta quindi importante capire, anche nell’instaurare una te- rapia antibiotica empirica, se esistono elementi che possano indurre il sospetto di infezione di MRSA. Questi elementi sono rappresentati da: una precedente terapia antibiotica a lungo termine o inappropriata; un’ospedalizzazione recente; una

Bid, due volte al giorno; qd, una volta al giorno; qid, quattro volte al giorno; tid, tre volte al giorno.

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(osteomielite). Tuttavia il migliore indicatore risulta essere una storia clinica di pregressa infezione da MRSA(39,40). Nelle ta- belle 1 e 2 sono elencati i regimi di terapia antibiotica basati sulla gravità dell’infezione e sull’eventuale patogeno respon- sabile. La durata della terapia antibiotica dovrebbe essere basata sul grado dell’infezione, la presenza o meno di osteo- mielite e la risposta clinica alla terapia. Per la maggior parte dei pazienti con infezione lieve 7-15 giorni di terapia sono suffi- cienti(13). Nel caso di infezioni di grado moderato o grave, con il rischio di amputazione dell’arto, che richiedono ospedaliz- zazione e un trattamento ad ampio spettro somministrato per via endovenosa, la durata della terapia può essere di 2-4 set- timane. In ogni caso, un adeguato debridement della lesione, la resezione o l’amputazione del tessuto o della parte infetta possono ridurre il tempo necessario perché la terapia anti- biotica abbia effetto. Al contrario, i pazienti che si giovereb- bero di un’amputazione ma che non possono usufruirne possono richiedere un trattamento antibiotico più lungo e spesso intermittente(41). In generale, quindi, la terapia antibio- tica dovrebbe essere interrotta una volta che i segni clinici lo- cali, come la presenza di secrezioni purulente, e i sintomi sistemici dell’infezione, come la febbre, scompaiono. Non ci sono, al momento, dati che giustifichino un prolungamento della terapia antibiotica fino alla completa guarigione della fe- rita al fine di accelerarne la ripresa o prevenire recidive di in- fezione(42). D’altronde una terapia antibiotica prolungata può essere associata a un aumento della pressione selettiva sui microrganismi che è responsabile dell’emergenza di antibio- tico-resistenza(12). Per quanto riguarda il setting di trattamento, diversi studi hanno dimostrato che il trattamento del piede diabetico infetto può essere effettuato anche ambulatorial- mente senza la necessità di un ricovero ordinario. Ciò viene fa- cilitato per le infezioni di grado lieve/moderato dall’utilizzo di una terapia di tipo orale; bisogna sottolineare, inoltre, che diversi studi hanno comprovato l’efficacia e la sicurezza anche di trat- tamenti parenterali somministrati ambulatorialmente(43-45). Infine, per quanto riguarda il follow-up ematochimico, i pazienti do- vrebbero essere sottoposti a monitoraggio settimanale, o più ravvicinato nelle forme gravi, dell’esame emocromocitome - trico, degli indici di flogosi come la proteina C-reattiva, e degli esami di funzionalità epatica e renale per il monitoraggio di eventuali eventi avversi correlati alla terapia.

Conflitto d’interessi

Nessuno.

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La complessità della terapia antibiotica nel piede diabetico infetto 263

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