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CORSO DI FISICA DELLA MATERIA CONDENSATA

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Academic year: 2021

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(1)

CORSO DI

FISICA DELLA MATERIA CONDENSATA

4 I FONONI

E LE PROPRIETA' TERMICHE DEI SOLIDI

Appunti dalle lezioni del Prof. P. Calvani A. A. 2014-15

Tratte dai testi:

C. Kittel - Introduzione alla fisica dello stato solido G. Burns- Solid State Physics

N. W. Ashcroft - N. D. Mermin - Solid State Physics

Questi appunti sono a solo uso interno e

riservati agli studenti che frequentano il corso.

(2)

I MODI NORMALI DI VIBRAZIONE

Per comprendere il concetto di modo normale, consideriamo un sistema costituito da due corpi 1 e 2, per semplicità di uguale massa M, non soggetti a gravità e collegati da tre molle di uguale costante elastica K bloccate ai due estremi. Indichiamo con x gli spostamenti dei corpi dalla loro posizione rispettiva di equilibrio.

Le equazioni del moto sono

Alla ricerca di un modo normale (stessa frequenza di vibrazione per i due atomi), poniamo

relazioni che, sostituite nelle equazioni del moto, danno

cioè

ω

2M − 2K

( )

A1+K A2 = 0

K A1+

( ω

2M − 2K

)

A2= 0

Il sistema omogeneo ha soluzioni non banali se il determinante della matrice dei coefficienti è nullo. Di qui si ricava

ω2M − 2K

( )

2− K2 = 0

con le due soluzioni

che rappresentano i modi normali del sistema di masse e molle. Sostituendole nel sistema omogeneo, si ricavano le due soluzioni

A1= A2 e A1= −A2

Il primo modo normale corrisponde perciò alle due masse che si muovono nella stessa direzione allo stesso tempo: la frequenza è la stessa di due masse collegate da una sbarra rigida di massa trascurabile. Il secondo modo normale corrisponde invece alle due masse che si muovono in direzioni opposte con il centro di massa fisso.

K K

K

M M

(3)

Le ampiezze di oscillazione delle singole masse possono diventare una base, cioè un insieme di vettori, per la rappresentazione del modo normale Q; e siccome sono definite a meno di una costante arbitraria, possiamo scrivere l’ampiezza del modo normale come

Q01≡ c1 1 1

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ e Q02 ≡ c2 1

−1

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

Le due coordinate normali in funzione del tempo saranno perciò

Q1

= Q

01

cos( ω

1t +

ϕ

1

) = c

1

1 1

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ cos( ω

1t +

ϕ

1

)

Q2

= Q

02

cos( ω

2t +

ϕ

2

) = c

2

1

−1

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ cos( ω

2t +

ϕ

2

)

A differenza della frequenza del modo normale, la coordinata normale, poiché le c sono arbitrarie, ha dimensioni fisiche indeterminate.

La soluzione generale del moto sarà una sovrapposizione dei due modi normali: ogni modo di vibrazione possibile sarà una loro combinazione lineare con ampiezze generiche c1, c2, e fasi ϕ1 e ϕ2

determinate dalle condizioni iniziali.

Es. I modi normali di una molecola poliatomica: il caso del biossido di carbonio CO2

I primi livelli vibrazionali della CO2 sono mostrati nel seguente schema:

α γ1 e γ2

(degeneri tra il piano del foglio e il piano ad esso ortogonale) β

Stretching asimmetrico

Stretching simmetrico Bending La molecola CO2

(4)

Il modo di bending a 667 cm-1 è il maggiore responsabile dell'effetto serra nell'atmosfera terrestre. Il più comune laser infrarosso di potenza sfrutta invece le transizioni ottiche tra i due stati vibrazionali eccitati α e β della molecola di anidride carbonica. Tutte le vibrazioni di più alta energia (ipertoni come (030) e bande di combinazione come ad es. (110)) sono combinazioni lineari dei 4 modi normali. Il mescolamento è causato dai termini anarmonici del potenziale.

LE VIBRAZIONI DEI PIANI CRISTALLINI A. IL CASO DI UN ATOMO PER CELLA ELEMENTARE Quando in un reticolo cubico si propaga un'onda

sonora nelle direzioni [100] (spigolo del cubo), [110] (diagonale di una faccia) o [111] (diagonale del cubo) interi piani atomici oscillano in fase.

Esaminiamo il caso di un solo atomo per cella,

K ! in cui perciò tutti gli atomi sono uguali.

Per un dato vettore d'onda

K ! i modi normali di

oscillazione dei piani cristallini sono 3: uno longitudinale (parallelo a

K ! ) e due

us−1 us us+1 trasversi (ortogonali a

K ! ). Nella fig. 1, che

mostra un modo longitudinale, lo spostamento

del piano s dalla posizione tratteggiata di equilibrio fig.1 è

us, e così via per gli altri piani. Nella fig. 2 è

mostrato invece uno dei modi trasversi di una fila

K ! di atomi dei piani (l'altro modo è ortogonale al piano

del foglio). In questo caso gli spostamenti dalla

posizione di equilibrio della fila (tratteggiata rossa) sono

us−1 us us+1 ortogonali a

K ! .

fig.2

(5)

Con riferimento ad es. alla fig. 1, assumiamo che per questi piccoli spostamenti relativi valga la legge di Hooke e che l'interazione si limiti ai primi vicini. Se C è la costante elastica, la forza che agisce su ogni atomo del piano s è

Fs = −C(us- us+1) − C(us- us−1)

e, se M è la massa degli atomi, l'equazione del moto si scrive

Md2us

dt2 = C(us+1+ us−1− 2us) Cerchiamo soluzioni del tipo

us = uexp(isKa)exp(iωt)

dove la parte spaziale tiene conto del fatto che la vibrazione esiste solo là dove c'è un atomo (le ascisse sono multipli interi del parametro reticolare a) e la parte temporale del fatto che tutti i piani vibrano con la stessa frequenza

ω (modo normale). Sostituendo,

−Mω2exp(isKa) = C exp(isKa)[exp(iKa) + exp(−iKa) − 2]

Di qui,

Mω2 = 2C[1 − cos(Ka)] ⇒ω = ± 4C M sinKa

2

dove il segno è scelto in modo che al variare di K la pulsazione sia comunque positiva.

Questa è la relazione di dispersione

ω(K) del modo normale di un reticolo con un atomo per cella, mostrata nella I zona di Brillouin unidimensionale di fig. 3.

ω

4C

M

4C M

−π

a 0 +π

a

K

fig. 3 La prima zona contiene tutti i valori significativi di

K ! . Infatti se lo incrementiamo di un vettore qualunque del reticolo reciproco, cioè (in una dimensione) passiamo da K a

K' = K + n

a con n intero, il fattore di fase nelle eq. precedenti rimane invariato:

exp(is ʹ′ K a) = exp[is K + na

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ a] = exp(isKa)

(6)

Estendendo il ragionamento a 3 dimensioni, diremo che

K ! è definito a meno di un vettore qualunque del reticolo reciproco. Questa proprietà discende dalla natura discreta del reticolo, per cui gli atomi occupano posizioni numerate da interi.

LA VELOCITA' DI GRUPPO DELL'ONDA ACUSTICA La velocità di gruppo dell'onda

vg = dω /dk è nulla a bordo zona. Infatti

dK = Ca2

M cosKa

2 = 0 per K = ±π a

come si vede anche nella figura. Invece per K piccoli, sviluppando il seno, si ottiene

ω ≅ 4C M

Ka

2 = Ca2

M K ∝ K

Una relazione di dispersione lineare è tipica della propagazione del suono. Quindi possiamo scrivere

ω ≅ vsK dove

vs = C Ma

è la velocità del suono nel solido che coincide con la velocità di gruppo della vibrazione. Infatti per piccoli

K =

λ , cioè per grandi lunghezze d'onda, il reticolo si comporta come un continuo.

vs può superare nei metalli anche valori di 5000 m/s, da confrontare con i 330 m/s in aria.

B. IL CASO DI DUE ATOMI PER CELLA ELEMENTARE

Questa volta assumiamo che vi siano due diversi atomi in ogni cella, ad esempio due ioni con cariche opposte e con masse diverse

M1 e

M2. Al passaggio dell'onda, nella fila di atomi lungo una delle possibili direzioni di un reticolo cubico, i primi subiranno spostamenti

us−1,us,us+1; i secondi spostamenti

vs−1,vs,vs+1 (fig. 4)

us−1 vs−1 us vs us+1 vs+1 fig. 4

Limitando ancora l'interazione ai primi vicini, si potranno scrivere ora 2 equazioni del moto, con la stessa C perché la forza è sempre tra atomi diversi:

M1d2us

dt2 = C(vs+ vs−1− 2us)

M2 d2vs

dt2 = C(us+1+ us− 2vs)

(7)

I modi normali che cerchiamo avranno per definizione la stessa frequenza, ma i due tipi di atomi potranno vibrare con ampiezze diverse u e v:

us = uexp(isKa)exp(iωt)

vs = v exp(isKa)exp(iωt)

Sostituendo nelle equazioni precedenti si ottiene

−M1ω2uexp(isKa) = C[v exp(isKa) + v exp(isKa)exp(−iKa) − 2uexp(isKa)]

−M2ω2v exp(isKa) = C[uexp(isKa)exp(iKa) + uexp(isKa) − 2v exp(isKa)]

cioè il sistema omogeneo nelle incognite u, v

−M1ω2u = Cv[1+ exp(−iKa)] − 2Cu

−M2ω2v = Cu[1+ exp(−iKa)] − 2Cv che ha soluzioni non banali solo se

2C −ω2M1 −C[1+ exp(−iKa)]

−C[1+ exp(iKa)] 2C −ω2M2 = 0 ovvero

ω4M1M2− 2Cω2(M1+ M2) + 2C2(1 − cosKa) = 0 (1) A centro zona (

K <<π/a),

cosKa ≅1 −1

2K2a2 e ci si riduce a

ω4M1M2− 2Cω2(M1+ M2) + C2K2a2 = 0 le cui soluzioni sono

ω2 =C(M1+ M2)

M1M2 ± C(M1+ M2) M1M2

⎡

⎣ ⎢ ⎤

⎦ ⎥

2

C2K2a2 M1M2

Di qui ricaviamo i valori della frequenza dei modi normali. La soluzione col segno + dà per K= 0 la frequenza ottica

ωott0 = 2C 1 M1 + 1

M2

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

che si chiama così perché si può misurare dall'assorbimento o dalla riflettività della radiazione infrarossa. Infatti i fotoni infrarossi hanno grande

ω ma

K ≅ 0, a causa del grande valore di c K =ω

c

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ . Questo valore fa parte della branca ottica della curva di

(8)

dispersione che si distingue dalla branca acustica (v. sotto) proprio per avere a centro zona

ω ≠ 0.

La soluzione con il segno - può essere semplificata introducendo sotto radice un termine trascurabile

∝ K4 per ottenere il quadrato perfetto

C(M1+ M2)

M1M2(C /2)K2a2 M1+ M2

⎡

⎣ ⎢ ⎤

⎦ ⎥

2

. Si ottiene così la dispersione per K piccoli della branca acustica:

ωacC

2(M1+ M2)Ka

che, a K = 0, si annulla come nel caso di un atomo per cella. La velocità del suono con 2 atomi per cella è dunque

vs = C

2(M1+ M2)a

Notare che si ritrova il valore di 1 atomo/cella per

M1= M2, considerando che qui il passo è 2a invece di a.

Invece a bordo zona (

K = ±π /a) l'eq. (1) diventa

ω4M1M2− 2Cω2(M1+ M2) + 4C2 = 0 che ha come soluzioni

ω2 =C(M1+ M2)

M1M2 ± C(M1+ M2) M1M2

⎡

⎣ ⎢

⎤

⎦ ⎥

2

4C2

M1M2 =C(M1+ M2)

M1M2 ±C(M1− M2) M1M2 Per

M1> M2, esse si riducono a

ωacbz = 2C

M1; ωottbz = 2C M2

Le due branche che si ottengono con due atomi/cella in una dimensione sono tracciate nella fig. 5.

fig. 5

(9)

In 3 dimensioni, se il reticolo contiene N celle con 2 atomi per cella, i loro 6N gradi di libertà traslazionali si traducono in 6 branche nella I zona di B., ognuna delle quali contiene N valori di

ω(K): 3 branche acustiche (di cui 1 longitudinale, LA, e due trasverse, TA) e 3 ottiche (1 LO e 2 TO).

In 2 dim. ci saranno 4 branche: LA, TA, LO e TO, come in fig. 6.

fig. 6

Con n atomi/cella, si avranno sempre 3 branche acustiche (che corrispondono alle vibrazioni del centro di massa della cella) e 3n-3 branche ottiche.

Tutte le curve di dispersione di un cristallo si possono verificare sperimentalmente con la diffusione anelastica dei neutroni o la diffusione anelastica dei raggi X, che forniscono serie di dati

ω(K). Solo questi probe infatti hanno il grande impulso necessario per sondare l'intera Z. di B., grazie alle loro lunghezze d'onda dell'ordine dei nanometri o anche degli Ångstrom.

I FONONI

I modi normali di una cella sono quantizzati come quelli di una molecola: per ogni valore della frequenza fondamentale

ω(K) si avrà una serie di livelli energetici

εn = n +1 2

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ !ω

A differenza che nella molecola, tuttavia, qui la vibrazione si propaga attraverso le celle con vettore d'onda

K ! . Al modo normale si può quindi associare una quasiparticella che chiamiamo fonone (quanto di suono). n diventa quindi il numero dei fononi che possono essere creati in un processo di eccitazione. Anche se il suo impulso

! p ="! K è definito a meno di un vettore del reticolo reciproco, e non comporta trasporto di materia (il baricentro del cristallo resta fermo) può essere osservato e misurato nello scattering con altre particelle, come fotoni X, elettroni e neutroni. In questi processi valgono le

(10)

usuali leggi di conservazione dell'impulso (sempre a meno di un vettore

G ! ) e dell'energia.

Si parla di fononi LA, TO ecc. a seconda della branca di appartenenza, che rappresenta anche la curva di dispersione del fonone.

ASSORBIMENTO OTTICO DEI FONONI NEI CRISTALLI

Quando un cristallo trasmette o riflette radiazione e. m. a largo spettro, nella regione dell'infrarosso si osservano picchi di assorbimento in corrispondenza dei fononi TO, purché la cella elementare abbia un momento di dipolo permanente oppure lo abbia lo stato eccitato vibrazionale. Quest'ultimo è il caso mostrato nella figura per la cella di un cristallo ionico: in B la vibrazione eccita un momento di dipolo nella direzione orizzontale che cambia segno ad ogni mezzo periodo, mentre nel caso A la vibrazione totalsimmetrica non crea momento di dipolo.

fig. 7

Perciò si avrà assorbimento di radiazione solo per il fonone di stretching B (si dice che è infrarosso attivo), mentre il modo di breathing A, non produrrà assorbimento (modo inattivo). Tuttavia, poiché A produce una variazione periodica della polarizzazione, potrà essere osservato nello scattering Raman. Ineffetti si può dimostrare che, se la cella elementare ha un centro di inversione (come nella fig. 7), i modi attivi Raman sono inattivi infrarossi e viceversa.

Nella I eq. di Maxwell valida per un sistema omogeneo, isotropo ed elettricamente neutro,

div!

D = div(ε1(ω)!

E ) = ∇⋅ (ε1(ω)! E ) = 0 dove

ε1(ω) è la parte reale della funzione dielettrica complessa

ε ˜ (ω) =ε1) + iε2(ω), sostituiamo la soluzione di onda piana

E =! !

E 0exp(i! k ⋅!

r ), dove

k ! è il vettore d'onda del fotone. Otteniamo

1(ω)! k ⋅ !

E = 0

Questa eq. è soddisfatta:

- da

k ⋅! !

E = 0, per ogni

ε1(ω); allora per ogni fotone assorbito dal sistema, di vettore d'onda

k ! , può essere creato (per la conservazione dell'impulso) un fonone di vettore d'onda

K ⊥! !

E . Poiché la vibrazione del dipolo segue il campo elettrico, il fonone sarà trasverso (TO);

- da

ε1(ω)= 0, per qualunque orientazione di

k ! e quindi di

K ! . In corrispondenza degli zeri della parte reale della funzione dielettrica si possono dunque osservare anche fononi non trasversi, cioè longitudinali (LO).

(11)

300

200

100

0 100 200 300 400 500 600

ω (cm-1)

600

400

200

0

T = 10K T = 100K T = 200K T = 270K T = 300K T = 400K T = 500K

a)

-1-1 σ (cm) b)

E c

E // c

Fig. 8. Assorbimento nel lontano infrarosso dei fononi di una ferrite, nel piano di base (a) e lungo l’asse maggiore, asse c, della sua cella unitaria tetragonale (b). Una transizione di fase strutturale a circa 350 K provoca, al di sotto di questa temperatura, la separazione (splitting) di alcuni modi normali degeneri (F. M. Vitucci et al., Physical Review B 2010).

LA CAPACITA' TERMICA DEI SOLIDI

La capacità termica (heat capacity) di un sistema a volume costante è definito da

cv =∂U

T vdove nel nostro caso U è l'energia interna del solido. Normalmente, sia

cv che U sono riferiti all'unità di volume, ma possono anche riferirsi all'unità di massa del solido (si passa dall'una all'altra grandezza dividendo per la densità del solido

ρ ).

Se il cristallo è immaginato come l'insieme di N oscillatori armonici classici, per il teorema di equipartizione con 6 termini quadratici nell'Hamiltoniana,

U = 3NkBT e (omettendo da qui in poi il pedice v) si ottiene nel limite classico

c = 3NkB (legge di Dulong-Petit)

Tuttavia fin dalla fine dell'Ottocento era noto che nei solidi, per

T →0, cv →0. La spiegazione di questo fenomeno ha rappresentato uno dei primi successi della meccanica quantistica.

IL MODELLO DI EINSTEIN

(12)

Il primo modello quantistico della capacità termica dei solidi si deve a Einstein, che nel 1907 applicò alle vibrazioni molecolari la formula con cui Planck aveva spiegato pochi anni prima il comportamento della radiazione di corpo nero. Einstein assume che gli N oscillatori vibrino tutti alla stessa frequenza

ω0. C'è quindi un solo modo, nelle 3 direzioni dello spazio (oggi diremmo che è di tipo ottico). Applicando la formula di Planck, l'energia interna è dunque

U = 3N!ω0 exp(!ω0/kBT) −1 Derivando,

c =∂U

∂T v = 3N!ω0 −!ω0 kBT2

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

−exp!ω0 kBT exp!ω0

kBT −1

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

2 = 3NkB0 kBT

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

2 exp!ω0

kBT exp!ω0

kBT −1

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

2

Per

T →0 questa eq. dà

c ∝ 1

T2exp −!ω0 kBT

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ →0 come osservato sperimentalmente;

invece per

kBT >>0, sviluppando numeratore e denominatore, si ottiene

c ≅ 3NkB

0 kBT

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

20 kBT

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

−2

= 3NkB

cioè la legge di Dulong-Petit.

IL MODELLO DI DEBYE

La dipendenza esponenziale di c prevista dal modello di Einstein è solo in accordo qualitativo con i dati di c nei solidi a bassa T. Un ottimo fit si ottiene invece applicando il più moderno modello di Debye, che introduce nel calcolo la densità degli stati e la dipendenza di

ω da K, che viene assunta lineare (fig. 9). Gli N modi vibrazionali dunque si distribuiscono su 3 branche di tipo acustico (

ω = vsK), che però li contengono tutti, senza distinzione tra quelli effettivamente acustici e quelli ottici.

L'energia interna si scrive dunque, usando in ogni branca (p =1,2,3) l'approssimazione del continuo dato il grande valore di N,

U =

Dp

p =1 3

(ω)exp(!ω /k

BT) −1dω (2)

dove

Dp(ω) è la densità degli stati vibrazionali e la formula di Planck fornisce anche qui la probabilità di occupazione di uno stato di frequenza

ω . Assumendo un cristallo cubico di lato L, nello spazio K c'è uno stato

K ! in ogni volumetto

L

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

3

= V3. Pertanto in una sfera di raggio K gli stati possibili sono

(13)

NK = V3

3 K3 = V

2K3 (3)

e

Dp(ω) =dNKp

=VK22

dKp

con Kp = ω vps

In un reticolo cubico semplice le tre branche sono degeneri, la velocità del suono è

vps = v e

D(ω) = 22v3

Per evitare che l'integrale (2) superi il numero degli stati possibili viene limitato a una frequenza di taglio

ωD, la frequenza di Debye, legata a sua volta a un K massimo (

KD). Questo viene determinato imponendo che il numero

NK di stati per branca sia uguale al numero N' di atomi del cristallo. Dalla (3) si ricava

ω

KD = 6π2 V N ʹ′

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

1

3 e, passando alla densità N =N'/V, Branca acustica

ωD = vKD = 6

(

π2v3N

)

1

3 Approssim. di Debye Dalla (2) si ottiene perciò, per ciascuna branca,

KD

K

Ub = ω22v3

exp(!ω /kBT) −1dω

0 ωD

Fig. 9

cioè, per l'insieme delle 3 branche degeneri, un'energia per unità di volume

U = 3! 2π2v3

ω3

exp(!ω /kBT) −1

0 ωD

dω (4) Conviene introdurre anche una scala termica con la temperatura di Debye

TD =!ωD

kB . Nel limite di bassa temperatura che ci interessa (

T << TD), l'integrale (4) può essere risolto con mezzi analitici. Si ottiene

U ≅4NkBT4 5TD3

Derivando si ottiene la capacità termica per unità di volume

c ≅12π4NkB 5

T TD

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

3

L'andamento con il cubo della temperatura fitta egregiamente i risultati sperimentali a bassa T, come mostra la Fig. 10 dove c è graficato vs. T3 per l'Ar solido.

ωD

(14)

Fig. 10

LA CAPACITA' TERMICA DEI METALLI: IL CONTRIBUTO DEGLI ELETTRONI DI CONDUZIONE

Come sempre, sia

cv(T) =∂U

∂T v

la capacità termica a volume costante. Nei metalli è presente, oltre al contributo dei fononi del reticolo, quello degli elettroni di conduzione

cvel

. Alla temperatura T, l’energia totale del gas di elettroni è

U = ε

0

g(ε) f (ε)dε dove

g(ε) è la densità degli stati e f (ε,T) = 1 e(ε −µ )/ kBT + 1

e µ è il potenziale chimico (che

coincide con E

F

a T=0). Nel modello di Sommerfeld (elettroni non interagenti) per T<< T

F (TF

103

÷

104 K),

µ viene

sviluppato in serie di potenze pari di T (i termini dispari si annullano).

In questo modo, al primo ordine, anche

l'energia cinetica degli elettroni per

unità di volume ha una forma quadratica

u(T) =U

V ≈ u(0) +π2

6V(kBT)2ρ(EF)

(15)

come confermano misure ottiche come quella in Fig. 11

In figura 11: Peso spettrale,

W (T) = σ(ω)d

0 Ω

ω ∝ u(T)

(dove σ è la conducibilità ottica e Ω è una frequenza di taglio) lineare con T2 per diverse Ω in oro e in due superconduttori ad alta Tc con diverso drogaggio

[Ortolani, Calvani, Lupi, Phys. Rev. Lett.

2005.]

Fig. 11

(16)

Per elettroni liberi in 3D,

ρ(E) =dN dE = V

2 2m

!2

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

3 2E

1 2

dove è inclusa la degenerazione di spin. E poiché

EF = !2 2m

2N V

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

2 3

ρ(EF) = 3 2

N EF =3

2 nV EF

dove n è la densità di elettroni. Sostituendo,

u(T) ≅ u(0) +π2

4 (kBT)2 n EF

Derivando rispetto a T si ricava la capacità termica elettronica per unità di

volume

ʹ′

c elv(T) = ∂u(T)

∂T

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

v

2 2

kBT EF

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ nkB (erg /cm3K)

La capacità termica totale di un metallo monovalente (n

atomi = nelettroni

), per unità di volume, è quindi

c ʹ′ v(T) = nkB 12π4 5

T TD

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

3

2 2

kBT EF

⎛

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

⎡

⎣

⎢

⎢

⎤

⎦

⎥

⎥

dove T

D

è la temperatura di Debye. Da esso, moltiplicando per la densità del solido, si ottiene

cv(T)

.

Come si vede, il contributo degli elettroni di conduzione a T<<T

F

è lineare con T, mentre quello degli ioni a bassa temperatura è proporzionale a T

3

. La causa di questo effetto sta nel fatto che, mentre i fononi seguono la distribuzione di Bose-Einstein, che consente eccitazioni di energia qualunque, gli elettroni seguono quella di Fermi-Dirac che, per il principio di esclusione di Pauli, consente l'eccitazione solo verso uno stato vuoto. Di conseguenza soltanto gli elettroni che si trovano in un sottile strato di spessore k

BT intorno a EF

possono assorbire un'energia k

BT, perché al di

sopra di essi tutti gli stati sono vuoti (Fig. 12):

Sfera di Fermi

EF − kBT EF

Fig. 12

(17)

In formule, partendo dalla situazione a T=0 e riscaldando il metallo, ciò significa che la variazione di energia cinetica degli elettroni sarà dell'ordine di

Δu0(T) = u0(T) − u0(T = 0) ≈ Stati di partenza possibili × Energia assorbita =

= ρ(EF)kBT⋅ kBT = ρ(EF)(kBT)2 ∝ (1/ EF)(kBT)2

Di qui, dividendo per

ΔT = T

, si ritrova

cel=ΔU ΔT =ΔU

Tk2B

EF T

LA SUPERCONDUTTIVITA’

FENOMENOLOGIA

Nel 1911 lo scienziato olandese Kamerlingh Onnes, dopo essere riuscito a liquefare l’elio, scoprì che al di sotto di una temperatura Tc = 4,19 K, una colonna di mercurio (di cui misurava la resistenza R per determinare la temperatura del suo criostato) aveva una resistività

ρ identicamente nulla (Fig. 1). La transizione è accompagnata da una discontinuità nel calore specifico ed è priva di calore latente. Dunque è del secondo ordine.

Fig. 13

Il mercurio solido fu dunque il primo superconduttore (sc) conosciuto. Da allora se ne sono aggiunti moltissimi (Fig. 14), con le più diverse formule chimiche e temperature

(18)

critiche Tc sempre più elevate, fino ai circa 138 K di alcuni cuprati. La scoperta di un superconduttore funzionante a temperatura ambiente avrebbe un enorme impatto su innumerevoli applicazioni: per fare due esempi, permetterebbe di costruire elettrodotti privi di dissipazione e aumenterebbe enormemente la velocità di trasmissione dei dati.

Fig. 14

Per questa ragione, prosegue senza sosta sia la ricerca di nuovi materiali

superconduttori, sia l’indagine sulle cause della superconduttività in alcune classi di composti, come i cuprati, che sono ancora ignote. Negli elementi metallici, come il mercurio il piombo o il niobio, il meccanismo della superconduttività è invece stato compreso negli anni Cinquanta del Novecento (teoria BCS) ed è intimamente legato alla presenza dei fononi nei solidi.

Oltre alla resistività nulla, al di sotto di Tc i sc presentano un altro fenomeno

sorprendente: espellono al di fuori di sé le linee di forza di un campo magnetico esterno (effetto Meissner, Fig. 15) con il risultato che all’interno il vettore B è nullo. Per far ciò il sc crea in sé una magnetizzazione negativa. Infatti

Fig. 15

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se

B = Bext + 4πM = 0 M = −1/4π

Di qui nasce il noto fenomeno della levitazione magnetica (sfruttato ad es. nei treni da 500 km/h Maglev): la forza repulsiva tra la magnetizzazione del sc e quella di un normale magnete è in grado di far levitare il sc o il magnete. Da

B = (1+ 4πχ)H = 0

segue anche che la suscettività magnetica raggiunge nel sc il massimo valore negativo:

χ= −1/4π

(diamagnetismo perfetto).

Fig. 16 (Da C. Kittel, Intr. to Solid State Phys.)

Il superconduttore ritorna allo stato normale se, pur restando al di sotto di Tc, viene sottoposto a un campo magnetico superiore al campo critico Hc o se, attraverso di esso, passa una corrente superiore alla corrente critica Ic poiché essa crea nello spazio un campo Hc Il valore abbastanza basso di Hc e quindi di Ic. nei superconduttori detti del I tipo tuttavia, limita fortemente il loro uso. Esistono tuttavia i sc detti del II tipo che presentano due campi critici Hc1 e Hc2. con Hc2 >> Hc1 . Tra essi vi sono le leghe a base di niobio con cui ad esempio vengono realizzati i magneti sc per gli anelli acceleratori e

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per la diagnostica con risonanza magnetica. Un campo H compreso tra quei due valori presenta una penetrazione parziale nel sc, vi forma dei vortici magnetici, ma non distrugge la superconduttività.

IL MODELLO DEI LONDON

Il modello fenomenologico e semiclassico dei fratelli London (1935) riesce a spiegare l’effetto Meissner trattando inizialmente la corrente nel superconduttore con le usuali formule di Drude:

J ! s = nse < v >

d! J s

dt = nsed < v >

dt = nse2 E ! m

dove

ns è la densità di elettroni che trasportano la supercorrente,

< v > la oro velocità di drift ed

E ! il campo elettrico.

Applicando la prima equazione di Maxwell,

∇ × ! E +1

c

∂"

B

∂t = 0, si ottiene

m nse2

d

dt ∇ × ! J s

[ ]

= ∇ ×E = −! 1c

B !

∂t e quindi

d dt

m

nse2∇ × ! J s+1

c B !

⎡

⎣ ⎢ ⎤

⎦ ⎥ = 0

L’assunto fenomenologico dei London è che non sia nulla solo la derivata, ma anche l’espressione da derivare:

mc

nse2∇ × ! J s+ !

B = 0

Utilizzando la terza equazione di Maxwell

∇ × ! B =

c

"

J s

(dove si è trascurata la corrente di spostamento

1 c

∂! D

∂t e si è posto

µ = 1) e ricordando che

∇ × ∇ × !

B = −∇2!

B , si ricava

mc

nse2∇ × ∇ × ! B +1

c

"

B = 0 e quindi

2!

B =4πnse2 mc2

"

B = 1 λ2L

"

B

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Questa equazione esclude nel sc una soluzione

B = costante! come nel vuoto, mentre – come si verifica immediatamente - è sua soluzione

B(x) = B0exp(−λLx).

Il campo, entrando nel sc, si smorza approssimativamente entro la lunghezza di penetrazione di London

λL, che nei sc di I tipo vale solo alcuni decine di nanometri.

Il modello dei London dunque spiega le osservazioni sperimentali, pur introducendo un’ipotesi ad hoc.

LA TEORIA BCS

Nel 1957 Bardeen, Cooper e Schrieffer formularono una teoria capace di spiegare la superconduttività partendo dal concetto di gas di Fermi, e quindi senza ntrodurre ipotesi ad hoc come quelle dei London. La teoria BCS, dalle iniziali dei loro nomi, si fonda sul concetto della coppia di Cooper. Immaginiamo di trovarci a T=0, con la sfera di Fermi completamente piena, e aggiungerle due elettroni, aventi impulsi opposti (

k ;−! ! k con

k > kF) e spin opposti. Dunque la coppia si trova in uno stato di singoletto e da parti opposte della sfera di Fermi.

Nonostante ciò, i due elettroni interagiscono tramite una forza attrattiva

F ! acapace di vincere la repulsione

F ! r fra cariche dello stesso segno, che è comunque schermata da tutti gli altri elettroni del gas di Fermi. L'attrazione

F ! a nasce dalla polarizzazione degli ioni del reticolo. Il primo elettrone, nel suo moto, attrae a sé gli ioni creando una piccola distorsione che si propaga in tutto il reticolo (cioè crea un fonone); in questa sorta di

"scia" può inserirsi il secondo elettrone abbassando la sua energia e rimanendo così

"legato" al primo: i due elettroni procedono in coppia scambiandosi fononi.

L'energia di legame della coppia è dell'ordine di grandezza di quella di un fonone acustico (pochi meV) e si indica con

2Δ . Al livello di Fermi si forma nella densità degli stati una gap proibita di ampiezza

2Δ (fig. 17). Solo urti anelastici di energia E>

possono rompere la coppia e cambiarne lo stato: quindi a temperature basse (minori 2Δ della temperatura critica Tc) dove queste eccitazioni sono indisponibili, la coppia può procedere nel reticolo sotto l'azione di un campo elettrico senza dissipazione (superconduttività). A T=0, anche tutti gli altri elettroni sulla superficie di Fermi formano coppie di Cooper come si vede nella fig. 17, e si crea quindi un superfluido di elettroni capace di trasportare la corrente elettrica senza dissipare energia. Salendo verso Tc, il numero di coppie cala e a Tc si annulla.

La teoria BCS prevede che l'energia di legame sia

2Δ(T = 0) ≅ 4!ωDexp[−1/N(EF)U0] dove

ωD è la frequenza di Debye,

N(EF) la densità degli stati al livello di Fermi e

U0 l'energia potenziale repulsiva tra gli elettroni. Dal canto suo,

kBTc = 1,14ωDexp[−1/N(EF)U0] Dunque

2Δ(T = 0) = 3,52kBTc

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Misure ottiche della gap hanno confermato questa previsione in numerosi superconduttori, mentre la proporzionalità tra

Tc e ωD (e quindi il ruolo dei fononi) è confermata dall'effetto isotopico. Infatti, misurando ad es. Tc in diversi isotopi del mercurio si è trovato che, se M è la massa degli ioni

Tc ∝ 1/ M come previsto dal modello di Debye. Infatti, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti,

ωD∝ vs = C Ma.

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