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Repubblica italiana In nome del popolo italiano Tribunale di Milano Sezione civile QUATTORDICESIMA - TRIBUNALE DELLE IMPRESE - SPECIALIZZATA IMPRESA A

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Repubblica italiana In nome del popolo italiano

Tribunale di Milano

Sezione civile

QUATTORDICESIMA - TRIBUNALE DELLE IMPRESE - SPECIALIZZATA IMPRESA “A”

riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati

Dott. Vincenzo Barbuto Presidente relatore

Dott. Anna Bellesi Giudice

Dott. Elisa Fazzini Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale R.G.11647/2020, promossa con atto di citazione notificato in data 21.02.2020

DA

GENTILE ANNA [C.F. GNTNNA72M55L259Q], elettivamente domiciliata in VIA CASALINO 13, BERGAMO, presso lo studio dell’avv. MUSSUMECI GIUSEPPE PIERFRANCESCO, che la rappresenta e difende, come da procura in calce all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo,

PARTE ATTRICE OPPONENTE, NEI CONFRONTI DI

ARAGORN NPL 2018 S.R.L. [C.F. 14731771003], a mezzo di Cerved Credit Management S.p.A., [C.F. 06374460969], ed a sua volta della mandataria Cerved Legal Services S.r.l.

(Jupiter Iustitia S.r.l.) [P. I.V.A. 07082190963], in persona del Direttore Generale, Sig.

Riccardo Gamba, elettivamente domiciliata in VIA SAN VIRGILIO 1/5, MILANO, presso lo studio dell’avv. GRECO RAFFAELLA, che la rappresenta e difende, come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta,

PARTE CONVENUTA OPPOSTA.

OGGETTO: contratto di fideiussione –disciplina antitrust.

CONCLUSIONI: all’udienza di precisazione delle conclusioni in data 25.01.2022 i procuratori delle parti precisavano come da fogli di precisazione delle conclusioni depositati telematicamente e qui trascritti:

Parte attrice opponente:

“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito così giudicare.

Nel merito, in via preliminare: accertare e dichiarare la nullità della fideiussione omnibus del 15.7.2008 nonché della clausola in deroga all’art.1957 CC per i motivi dedotti in atti e, per

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l’effetto, revocarsi il decreto ingiuntivo opposto n.25740/2019 Ing. E 54367/2019 R.G. del 5.12.2019, emesso dal Tribunale di Milano, in quanto infondato sia in fatto che in diritto e dichiarare che la signora Gentile Anna nulla deve alla banca a tale titolo; accertare e dichiarare la prescrizione e la decadenza della domanda avanzata dalla banca controparte per la fideiussione omnibus e per l’effetto revocarsi il decreto ingiuntivo opposto n.25740/2019 Ing. e 54367/2019 R.G. del 5.12.2019, emesso dal Tribunale di Milano e dichiarare che la signora Gentile Anna nella sua qualità di garante nulla deve alla banca a tale titolo.

In via principale: revocare e/o dichiarare nullo e/o inesistente e di alcun effetto il decreto ingiuntivo n.25740/2019 Ing. e n.54367/2019 R.G., del 5.12.2019, notificato a mezzo del servizio postale in data 13.1.2020, dal Tribunale di Milano e pubblicato in data 5.12.2019, e, per l’effetto, respingere le domande tutte ex adverso promosse perché infondate in fatto ed in diritto; accertare e dichiarare che la opponente nulla deve alla Aragon NPL 2018 S.r.l. in forza del titolo azionato da quest’ultima per non essere la signora Anna Gentile debitrice nei confronti della predetta ditta per le ragioni dedotte in atti.

In ogni caso: spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi, oltre I.V.A. e C.P.A.

In via istruttoria: si insiste per l’ammissione dei mezzi istruttori dedotti nella memoria istruttoria ex art.183, sesto comma, c.p.c., del 28.4.2021”.

Parte convenuta opposta:

“Voglia l’Ill.mo Giudicante adito, contrariis reiectis, in via preliminare: concedere la provvisoria esecuzione in quanto l’opposizione non è fondata su prova scritta e di pronta soluzione e non vi è contestazione del credito vantato dall’istante; in via principale e nel merito: rigettare le richieste formulate da parte opponente in quanto infondate in fatto e diritto, conseguentemente, confermare il decreto ingiuntivo opposto. In via subordinata nel merito: condannare GENTILE ANNA, per la somma di €57.389,81, oltre interessi contrattuali e di mora convenzionalmente previsti dal 06/10/2017 e comunque, entro il limite del tasso massimo legale previsto dall’art.2, 4° comma, della L. n.108/1996, o alla somma che verrà ritenuta di giustizia. In via istruttoria: rigettare le richieste istruttorie formulate da controparte per le causali di cui alla superiore parte motiva.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 21/02/2020 Anna Gentile conveniva in giudizio Aragorn NPL 2018 S.r.l. avanti al Tribunale di Milano proponendo opposizione al decreto ingiuntivo del Tribunale di Milano n.25740/2019, depositato il 5/12/2019 e notificato il 13/1/2020, con cui, in qualità di garante, le era stato ingiunto di pagare a favore di Aragorn NPL 2018 S.r.l.

(di seguito, Aragorn) la somma di €57.389,81 oltre interessi come da domanda ed alle spese del procedimento monitorio. Credito originariamente sorto in capo al Credito Artigiano S.r.l.

(poi, Credito Valtellinese S.r.l.) nei confronti della società debitrice MLT Tecnologie all’Avanguardia S.r.l. in liquidazione (di seguito, MLT), garantito personalmente da Anna Gentile con fideiussione omnibus rilasciata il 15/07/2008, e ceduto pro soluto dal Credito Artigiano ad Aragorn il 4/6/2018 con efficacia alla data di godimento del 31/12/2017.

L’opponente chiedeva di accertare e dichiarare la nullità della fideiussione omnibus rilasciata il 15.7.2008 e della clausola in deroga ai termini di cui all’art.1957 c.c., di accertare e

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dichiarare la prescrizione e la decadenza della domanda avanzata dalla banca per la fideiussione omnibus e, per l’effetto, di revocare il decreto ingiuntivo opposto e di accertare e dichiarare che l’opponente nulla doveva all’opposta.

A sostegno dell’opposizione l’opponente eccepisce la nullità della fideiussione omnibus dalla stessa rilasciata in data 15.7.2008 a favore del Credito Artigiano (ora Credito Valtellinese, dante causa dell’opposta Aragorn) a garanzia delle obbligazioni contratte dalla società debitrice MLT, per la sostanziale uniformità della fideiussione con lo schema contrattuale ABI 2003, che la Banca d’Italia con il provvedimento n.55 del 2 maggio 2005 aveva riconosciuto in contrasto con l’art.2, comma 2, lettera a) della Legge n.287/1990.

In particolare, l’opponente deduce che la fideiussione contiene, precisamente e con la stessa numerazione, le clausole di cui agli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto ABI (l’art.2 noto anche come “clausola di reviviscenza; l’art.6 che prevede la deroga ai termini previsti dell’art.1957 c.c. e l’art.8 noto anche come “clausola di sopravvivenza”) e invoca l’estensione all’intero contratto di fideiussione della nullità delle singole clausole riproduttive dello schema ABI, richiamando la giurisprudenza in tema di nullità integrale delle fideiussioni omnibus quando dalla loro conformità al modello ABI derivi una violazione della normativa antitrust, in particolare la sentenza della Corte di Cassazione n.29810/2017.

Secondo l’opponente, la nullità del contratto di fideiussione del 15/07/2008 per violazione della normativa sulla libera concorrenza comporta l’invalidità delle singole clausole del contratto di fideiussione, fra cui, in particolare, di quella relativa alla rinuncia ai termini di decadenza ex art.1957 c.c.

L’opponente eccepisce inoltre la decadenza dell’opposta dal diritto di azione nei confronti dell’opponente per non avere coltivato la propria istanza nei termini previsti dall’art.1957 c.c., sostenendo di non aver mai ricevuto la lettera di costituzione in mora del 19/06/2017 ad essa indirizzata e sottolineando il tempo trascorso tra il passaggio a sofferenza del debito del debitore principale MLT (05/10/2017) e la notifica del decreto ingiuntivo ad essa garante (13/01/2020).

L’opponente, affermando la propria qualità di consumatore e dichiarando di non aver ricoperto alcuna carica nella società debitrice e di non aver avuto all’epoca dei fatti alcun rapporto di collaborazione o professionale con la suddetta società, contesta la validità della clausola di deroga all’art.1957 c.c. anche per vessatorietà ai sensi della normativa consumeristica, affermando essere onere dell’opposta di fornire la prova che la clausola in questione è stata oggetto di trattative individuali ex art.34, comma 5, D.Lgs.n.206/2005.

Infine, l’opponente contesta il credito azionato in sede monitoria per difetto di liquidità, affermando che la banca avrebbe applicato e riscosso, mediante artificiose modalità di calcolo e/o mancata indicazione delle maggiorazioni, tassi di interesse oltre la soglia di legge, e lamenta il comportamento del creditore a suo dire contrario ai canoni di correttezza, buona fede e trasparenza e la mala gestio per l’omesso controllo della situazione del debitore da parte della banca creditrice, tale da precludere all’opponente l’eventuale azione di regresso nei confronti del debitore principale.

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La società opposta Aragorn NPL 2018 S.r.l., costituitasi in giudizio, nella qualità di cui in epigrafe, con comparsa di costituzione e risposta del 25/05/2020, contestava la fondatezza delle domande dell’opponente, di cui chiedeva l’integrale rigetto, chiedendo conferma del decreto ingiuntivo opposto e condanna dell’opponente per lite temeraria, ex art.96 c.p.c.

L’opposta deduce, in fatto, di avere azionato in sede monitoria il credito di €57.389,81 per capitale che aveva acquistato pro soluto in data 4.6.2018 dal Credito Valtellinese S.p.a.;

credito da quest’ultimo maturato in forza del contratto di conto corrente n.1246 del 19/12/2005 stipulato con la società MLT Tecnologie all’Avanguardia S.r.l. in liquidazione, e garantito dalla fideiussione omnibus rilasciata il 15.7.2008 da Anna Gentile sino alla concorrenza di €100.000,00; che l’esposizione debitoria di MLT alla data di passaggio a sofferenza del credito (5.10.2017) era pari ad €57.389,81 oltre interessi contrattuali e di mora, e di avere costituito in mora l’ingiunta prima di agire in sede monitoria.

In punto di diritto, la società opposta sostiene la validità della fideiussione omnibus e contesta la tesi avversaria, secondo cui la fideiussione sarebbe invece da considerarsi nulla, in quanto disciplinata dallo schema negoziale ABI dichiarato nel 2005 dalla Banca d’Italia in contrasto con la disciplina antitrust. A sostegno della propria tesi, l’opposta richiama la giurisprudenza che ha affermato l’onere dell’attore di fornire la prova dell’utilizzo uniforme e non occasionale di tale schema negoziale, ovvero la prova dell’illiceità dell’intesa da cui discenderebbe la violazione della normativa antitrust, nonché del danno concreto subito dal fideiussore, in quanto la dimostrazione dell’applicazione uniforme (e non occasionale) delle clausole contestate rappresenta elemento costitutivo della pretesa attorea, al pari della prova in concreto del danno subito, in virtù delle norme sul riparto della prova ex art.2697 c.c.

Riguardo alla clausola di deroga all’art.1957 c.c. prevista nella fideiussione, l’opposta rileva che la relativa pattuizione è affidata alla disponibilità delle parti e che la clausola non è vessatoria, in quanto non rientra tra quelle per le quali l’art.1341 c.c. richiede la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente. L’opposta contesta inoltre che all’opponente si possa attribuire la qualifica di consumatore, avendo l’opponente prestato la fideiussione per garantire le obbligazioni della società nell’ambito dell’attività imprenditoriale svolta dalla società garantita, che agiva quindi per un interesse economico e per scopi imprenditoriali che esulano dagli scopi personali che persegue il consumatore, richiesti dall’art.3 del D.Lgs.n.205/2006 per qualificare una persona fisica come “consumatore”.

In ogni caso, secondo l’opposta, anche nell’ipotesi in cui le clausole 2,6,8 della fideiussione dovessero considerarsi nulle perché contrarie allo schema ABI, ciò non comporterebbe la nullità integrale del contratto di fideiussione, bensì solo la nullità parziale dello stesso ex art.1419, comma 1, c.c., con conseguente validità della garanzia prestata dall’opponente pur emendata delle clausole riproducenti lo schema ABI dichiarato dalla Banca d’Italia in contrasto con la normativa antitrust.

Infine, l’opposta ribadisce la legittimità della propria pretesa creditoria, affermando di aver adempiuto ai propri doveri contrattuali, depositando gli estratti conto integrali dell’apertura

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del rapporto di conto corrente sino al passaggio in sofferenza, e adducendo la mancata allegazione da parte dell’opponente di fatti idonei a supportare l’eccezione di inadempimento.

Con ordinanza emessa all’udienza di prima comparizione del 12/01/2021 il Giudice non autorizzava la provvisoria esecuzione richiesta dall’opposta, assegnava alle parti i termini di cui all’art.183, comma 6, c.p.c., e fissava l’udienza del 14/09/2021 per la discussione sulle istanze istruttorie, rilevando:

-quanto alla dedotta nullità per violazione dell’art.2, comma 2, lettera a) L. 287/90, allo stato non esiste alcun provvedimento sanzionatorio nei confronti della società opposta o di altro istituto di credito, che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale;

-nel contesto di una azione o eccezione di intesa anticoncorrenziale svolta in via autonoma davanti ad un giudice ordinario, secondo lo schema della causa “stand alone”, l’onere probatorio di chi invoca l’esistenza di una intesa illecita è gravoso, posto che dovrà in primo luogo dare prova diretta o indiretta dell’intervenuta concertazione tra più imprese indipendenti;

-nel caso di specie l’onere quantomeno allegatorio risulta allo stato insufficiente anche ad orientare possibili scenari di indagine, non avendo l’opponente nemmeno affermato o fornito elementi di riscontro in ordine all’utilizzazione da parte di altre banche del modello contrattuale all’epoca del contratto di fideiussione in esame;

-sufficientemente avvalorata la qualifica di “consumatore” in capo all’opponente, e quindi fondata l’eccezione di vessatorietà, ex art.33, comma 2, lettera t) del D.Lgs.n.205/2006, delle clausole che impongono decadenze o limitazioni alla facoltà di sollevare eccezioni;

-necessario approfondire la tematica della qualificazione dell’opponente come consumatore e dei conseguenti oneri di prova a carico della banca.

Nella seconda memoria ex art.183, comma 6, c.p.c. l’opponente deduceva capitoli di prova per testi tendenti a dimostrare l’attività svolta dalla società debitrice, il ruolo di casalinga rivestito dalla garante e che all’epoca dei fatti per cui è causa la gestione amministrativa di MLT era svolta da un soggetto diverso dall’opponente. Nessuna istanza istruttoria veniva invece formulata dall’opponente al fine di dimostrare l’esistenza di una intesa distorsiva della concorrenza attraverso l’applicazione uniforme delle clausole riproducenti lo schema ABI.

Nella terza memoria di replica ex art.183, comma 6, c.p.c. la società opposta produceva la visura storica della società debitrice MLT, da cui risulta che la garante Anna Gentile è titolare del 90 % delle quote sociali di detta società.

Previo scambio tra le parti delle memorie ex art.183, comma 6 c.p.c., all’udienza del 14/09/2021 il Giudice, ritenuta la causa matura ai fini della decisione, fissava per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 24.1.2023, poi anticipata al 25.1.2022; all’esito di tale udienza, assegnava alle parti i termini per le difese conclusive, e rimetteva la causa al Collegio per la decisione.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

La questione principale oggetto del presente giudizio trae origine dal provvedimento n.55/2005, con cui la Banca d’Italia, in allora Autorità Garante della concorrenza tra istituti di credito, all’esito di una attività istruttoria che ha coperto l’arco temporale da ottobre 2002 a maggio 2005, ha dichiarato che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI nell’ottobre 2002 per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contiene disposizioni che “nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a) della legge n.287/90”.

Le clausole dello schema ABI esaminate dalla Banca d’Italia così prevedono:

-l’art.2 (cd “clausola di reviviscenza”) dichiara il fideiussore tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia, o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”;

-l’art.6 (rinuncia ai termini di cui all’art.1957 c.c.) prevede che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art.1957 cod. civ., che si intende derogato”;

-l’art. 8 (noto anche come “clausola di sopravvivenza”) sancisce l’insensibilità della garanzia prestata agli eventuali vizi del titolo in virtù del quale il debitore principale è tenuto nei confronti della banca, disponendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.

Le tre clausole dello schema ABI appena sopra ricordate, incidenti su norme derogabili del codice civile, non sono affatto illecite in sé considerate, essendo piuttosto la loro uniforme applicazione da parte delle banche associate all’ABI a costituire comportamento distorsivo della concorrenza, ex art.2, comma 2, lettera a) della L.287/1990, che vieta “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”.

Secondo la Suprema Corte, “il carattere uniforme dell’applicazione della clausola contestata è certamente elemento costitutivo della pretesa attorea, essendo la sua necessità pacificamente prevista nel provvedimento della Banca d’Italia su cui l’attore fonda, in buona sostanza la sua pretesa. In quanto elemento costitutivo del diritto vantato, dunque, esso doveva essere provato dall’attore, secondo la regola generale di cui all’art.2967 c.c.” (così Cass.n.30818/2018). Per cui, “compete all’attore che deduca un’intesa restrittiva provare il carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell’intesa stessa”

(Cass.n.13846/2019).

La necessità, ai fini dell’accertamento di una intesa anticoncorrenziale, della prova circa il carattere uniforme dell’applicazione delle clausole previste dallo schema ABI sopra richiamate è ribadita dall’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, condiviso anche da questo Collegio (ex multis, Trib. Siena 12 febbraio 2022 n.131; Trib. Prato 16

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gennaio 2021 n.28; Trib. Pescara 15 luglio 2019 n.1156; Trib. Spoleto 21 giugno 2019 n.444;

Trib. Torino 17 aprile 2019 n.1970; Trib. Roma 11 settembre 2019 n.17243; Trib. Roma 3 maggio 2019 n.9354; Trib. Velletri 14 maggio 2019 n.921).

Come rileva, in particolare, il Tribunale di Siena, in sentenza n.131/2022, “tale orientamento risulta peraltro conforme alla tradizionale impostazione giurisprudenziale consolidata in altri settori economici, secondo cui l’utilizzabilità degli accertamenti dell’autorità antitrust da parte dei consumatori è ammissibile soltanto “una volta accertate condotte di violazione della normativa di settore posta anche a loro tutela” (in tal senso Cass. 20/06/2011 n.113486, Cass. 9/12/2002 n.17475); in altri termini, l’accertamento di fatto dell’intesa o condotta anticoncorrenziale è presupposto logico giuridico del pregiudizio concretamente subito dal consumatore e da questi deve essere provato”.

Secondo un diverso orientamento di merito, invece, “il giudice lungi dal dover accertare se successivamente le banche hanno dato concreta attuazione all’intesa restrittiva della concorrenza attraverso l’uniforme applicazione delle clausole (nn.2, 6, e 8) dello schema ABI ritenute illecite dal provvedimento della Banca d’Italia n.55 del 2005, deve limitarsi a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente (anche a distanza di anni dal citato provvedimento) coincidono o meno con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva della concorrenza” (Trib. Roma 18 febbraio 2022 n.2659; Trib. Roma 18 febbraio 2022 n.2653;

Trib. Livorno 14 febbraio 2022 n.148).

Secondo l’orientamento condiviso da questo Collegio, con il provvedimento n.55/2005 la Banca d’Italia non ha accertato il carattere illecito ovvero anticoncorrenziale delle tre clausole in sé e per sé, bensì ne ha ritenuta l’illiceità, per contrasto con l’art.2, comma 2, lettera a) della L. n.287/1990, soltanto nell’ipotesi in cui esse vengano recepite e applicate in modo uniforme dal sistema bancario, ed è principalmente per tale ragione che la Banca d’Italia aveva censurato lo schema di fideiussione elaborato dall’ABI nel 2002 (Trib. Rovigo 27 maggio 2021 n.395; Trib. Pavia 19 maggio 2021), avendo lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa (Trib. Milano 13 gennaio 2022).

Il provvedimento n.55/2005 della Banca d’Italia costituisce prova privilegiata della condotta anticoncorrenziale per le fideiussioni omnibus che si collocano nel periodo (ottobre 2002 – maggio 2005) esaminato dal provvedimento stesso (Cass.n.13846/2019), e include anche i contratti “a valle”, che costituiscano l’applicazione delle intese illecite concluse a “monte”, stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa distorsiva della concorrenza da parte della Banca d’Italia (Cass.n.29810/2017).

Ciò posto, nel contesto delle azioni antitrust in materia di fideiussioni omnibus occorre effettuare un netto distinguo tra le cause (dette “follow-on”) aventi ad oggetto la nullità dei contratti di fideiussione omnibus anteriori al provvedimento n.55/2005 della Banca d’Italia e le cause (dette “stand alone”) aventi invece ad oggetto contratti di fideiussione omnibus sottoscritti successivamente a tale provvedimento.

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Nelle cause “follow-on” ci si può giovare come prova privilegiata, in relazione alla sussistenza dell’illecito antitrust accertato, del provvedimento n.55/2005 assunto dalla Banca d’Italia, mentre nelle cause “stand alone”, come quella oggetto del presente giudizio, in applicazione della regola generale di cui all’art.2697 c.c., la parte attrice è onerata dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della stessa esistenza di una intesa illecita all’epoca della sottoscrizione dei contratti impugnati (Trib. Milano, 28 gennaio 2022 n.718; Trib. Milano 13 gennaio 2022;

Trib. Milano 3 giugno 2020; Trib. Milano, ordinanza 20 maggio 2021; Trib. Milano, ordinanza 11 giugno 2021; Trib. Milano, ordinanza 22 settembre 2021).

Per completezza espositiva va ricordato che di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n.41994/2021) hanno considerato parzialmente nulli i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate in parte nulle perché in contrasto con le norme antitrust interne e dell’Unione Europea; ma trattasi di nullità parziale, limitata alle singole clausole che riproducono lo schema unilaterale che costituisce l’intesa vietata, salvo che dal contratto sia possibile desumere, o sia altrimenti provata, una diversa volontà delle parti -ciò che, qui, appunto, non è.

La fideiussione omnibus per cui è causa è stata stipulata il 15.7.2008 e si colloca pertanto in un periodo, successivo all’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia col provvedimento n.55/2005, rispetto al quale nessuna indagine è stata svolta dall’autorità di vigilanza.

Nel presente giudizio, che rientra nello schema delle cause “stand alone”, in assenza di alcun provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente (ora l’AGCM) nei confronti della società opposta o di altro istituto di credito, che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art.2, comma 2, lettera a) della L. 287/1990, relativa alla formulazione uniforme dei contratti di fideiussione contenenti le tre clausole (art.2, 6, 8 dello schema uniforme ABI), l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita all’epoca della stipula del contratto di fideiussione grava sulla parte opponente che ha eccepito la nullità della fideiussione per asserita violazione della normativa antitrust. Nella fattispecie tuttavia l’opponente si è limitata a dedurre in giudizio la pretesa nullità della fideiussione dalla stessa rilasciata il 15.7.2008 in quanto contenente clausole riproduttive dello schema ABI, senza provare l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale finalizzata all’applicazione uniforme delle clausole contestate, intesa che, come si è detto, è elemento costitutivo essenziale ed imprescindibile per poter configurare una violazione dell’art.2, comma 2, lettera a) L. n.287/1990 e quindi invocare la nullità del contratto di fideiussione omnibus.

Né la prova della dedotta nullità potrebbe ricavarsi dalle istanze istruttorie offerte dall’opponente, che consistono solo in capitoli per prova orale, articolati in seconda memoria ex art.183 sesto comma cpc, aventi ad oggetto solo circostanze attinenti alla pretesa estraneità dell’opponente rispetto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale della Società garantita - circostanze, perciò, irrilevanti in punto nullità, e, peraltro, smentite dalla sottoscrizione da parte dell’opponente del contratto di conto corrente bancario, aperto dalla Società debitrice

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principale -di cui l’opponente era, in allora, amministratore unico -e dalla titolarità, in capo alla stessa opponente, del 90% delle quote della Società garantita.

La domanda dell’opponente diretta ad accertare e dichiarare la nullità del contratto di fideiussione per violazione della normativa antitrust va pertanto rigettata e assorbe anche la censura di nullità della singola clausola di rinuncia ai termini di decadenza dell’art.1957 c.c.

Riguardo alla pretesa vessatorietà della clausola contrattuale di deroga ai termini di decadenza di cui all’art.1957 c.c., dedotta dall’opponente assumendo di rivestire la qualità di

“consumatore” e, di conseguenza, invocando l’onere per la banca (quale “professionista” ai sensi del codice del consumo) di provare che le clausole unilateralmente predisposte siano state oggetto di trattative individuali ex art.34, comma 5, D.Lgs.n.205/2006, si rileva che tale assunto è smentito dalle evidenze probatorie di causa.

Infatti, si rileva da un lato che la firma autografa apposta dall’opponente Anna Gentile, in qualità di garante, sul contratto di fideiussione omnibus del 15/07/2008 per cui è causa (v.

doc.4 fasc. monitorio) è all’evidenza identica alla firma apposta sul contratto di conto corrente n.1246/82 del 19/12/2005 aperto a nome della società debitrice MLT Tecnologie all’Avanguardia S.r.l. (v. doc.3 fasc. monitorio), garantita con la suddetta fideiussione.

Dall’altro lato la garante odierna opponente, che in atti ha dichiarato di “non aver ricoperto alcuna carica nella società debitrice e di non avere in essere, all’epoca dei fatti, alcun rapporto di collaborazione, professionale o altro con la suddetta” (v. pag. 7 atto di citazione introduttivo), di “non aver mai rivestito nella società obbligata principale un ruolo di gestione e di collaborazione” (pag. 4 prima memoria ex art. 183 c.p.c.) e di svolgere all’epoca di fatti “l’attività di casalinga” (v. p.2 seconda memoria ex art. 183 c.p.c.), risulta invece essere socia titolare di una cospicua partecipazione, pari al 90% del capitale sociale della società per cui ha prestato la fideiussione, come risulta “per tabulas” dalla visura storica prodotta in atti dall’opposta con la terza memoria ex art 183 c.p.c.

Le evidenze probatorie documentali di causa dimostrano inequivocabilmente che l’opponente, essendo socia (quasi totalitaria) titolare del 90% delle quote della società garantita, e avendo ella personalmente sottoscritto, in data 19.12.2005, il contratto di conto corrente per la Società garantita -di cui è stata amministratore unico dal 19.10/7.11.2005 (data di costituzione) al 20.7.2009 (data di apertura della liquidazione, che ha portato alla cancellazione), così come risulta dal certificato camerale del debitore principale MLT s.r.l., prodotto dall’opposto in allegato alla terza memoria ex art.183 sesto comma cpc, pagg.11,15 -aveva un ruolo gestionale nella Società medesima e, altresì, un interesse economico e personale a rilasciare la fideiussione omnibus a favore della società stessa, il che esclude che nella fattispecie l’opponente al fine di invalidare la clausola di deroga dell’art.1957 c.c. possa fondatamente invocare la tutela come “consumatore” prevista dagli artt.34 e 36 del D.Lgs.n.205/2006.

Riguardo alla contestazione del credito azionato in sede monitoria, si rileva l’assoluta genericità delle censure svolte dall’opponente, in assenza di prova, neppure dedotta, in ordine

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alle supposte artificiose modalità di calcolo, alla mancata indicazione delle maggiorazioni e all’applicazione di tassi di interesse oltre la soglia di legge.

Acclarata per quanto illustrato la legittimità del contratto di fideiussione oggetto del presente giudizio, del tutto generiche e indimostrate appaiono le lamentele dell’opponente circa il comportamento del creditore contrario ai canoni di correttezza, buona fede e trasparenza e la mala gestio per l’omesso controllo della situazione del debitore da parte della banca creditrice, tale da precludere all’opponente l’eventuale azione di regresso nei confronti del debitore principale.

Quanto all’eccezione di prescrizione, la stessa è, per un verso, inammissibile, poiché formulata genericamente, e, comunque, infondata, poiché l’esposizione del debitore principale è stata “passata a sofferenza” in data 5.10.2017, ed il ricorso in monitorio risulta depositato in data 5.12.2019 (in tema, Cass.n.5720/2004).

Riguardo, infine, alla domanda di condanna ex art.96 c.p.c. svolta dall’opposta, il Collegio ritiene di respingerla in considerazione della non univocità di orientamenti in tema di nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust.

Ne consegue il rigetto integrale delle domande svolte dall’opponente, e la conferma del decreto ingiunto opposto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, secondo criteri di cui a DM n.55/2014, avuto riguardo al valore della controversia, desunto dall’importo azionato in monitorio, secondo parametri medi, per la media complessità delle questioni trattate, per ciascuna delle quattro fasi espletate. Ex art.2 risulta dovuto il rimborso spese forfettario che si stima di fissare nella misura del 15%. L’I.V.A. risulta dovuta solo se non recuperabile dalla parte per effetto del regime fiscale di cui gode.

P.Q.M.

il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede:

1) respinge l’opposizione proposta da Anna GENTILE avverso il decreto ingiuntivo n.25740/2019, che, perciò, conferma;

2) condanna l’opponente medesima al pagamento, in favore di parte opposta ARAGORN NPL 2018 S.R.L., delle spese processuali che liquida in €13.430,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, I.V.A. (se ed in quanto non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C.P.A.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio della QUATTORDICESIMA - TRIBUNALE DELLE IMPRESE - SPECIALIZZATA IMPRESA “A”, in data 28/04/2022.

Il Presidente

dott. Vincenzo Barbuto

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