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PROGETTO DEFINITIVO TITOLO TAVOLA O ELABORATO: STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

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Academic year: 2022

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REGIONE SICILIA

ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE

Servizio 1 Valutazioni Ambientali

COMUNE DI SCIACCA

CITTÀ METROPOLITANA DI AGRIGENTO V SETTORE

Servizio Sportello Unico Per Le Imprese

“P.A.U.R. PER LA COSTRUZIONE E LA GESTIONE DI UNA DISCARICA PER RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI DA REALIZZARSI SULLA CAVA DIMESSA DENOMINATA

"SPAGNOLO" IN C.DA SPAGNOLO IN AGRO DI SCIACCA (AG)"

LIVELLO DI PROGETTAZIONE:

PROGETTO DEFINITIVO

CODICE ELABORATO:

RA-07/2020 TITOLO TAVOLA O ELABORATO:

S TUDIO DI I MPATTO A MBIENTALE

SCALA: DATA:

11/01/2021

NOME FILE:

RS08SIA0001A0.PDF ELABORATO N.

RS08SIA0001A0

REVISIONE

N. DATA DESCRIZIONE REVISIONE E RIFERIMENTI DOCUMENTI SOSTITTUTIVI

1 11/01/2021 REVISIONE PROGETTO DEFINITIVO

COMMTIITENTE

PROGETTISTA:

ARCH. ROSALIA ARMETTA Piazza Martini, 24/F (90149) PALERMO Albo AA. PP. PP. CC di Palermo n. 5548 Sez. A

RA

TIMBRI E FIRME

" Documento informatico firmato digitalmente ai sensi del D.Lgs 82/2005e le s.m.i. e norme

collegate"

Firmato digitalmente da:

ARMETTA ROSALIA Firmato il 27/01/2021 14:20

Seriale Certificato:

24609594148281234411082270998152289223

Valido dal 12/01/2021 al 12/01/2024 ArubaPEC S.p.A. NG CA 3

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90149 – PALERMO Tel/Fax: +39 091 544881

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INDICE

1. Premessa 3

2. Momento zero 4

3. Individuazione dell’alternativa zero 5

4. Motivazioni e giustificazioni di carattere economico, sociale e ambien- tale

5

5. Ambito territoriale e sistemi ambientali interessati 6

6. Reti infrastrutturali del territorio 7

7. Indicazione dei limiti operativi spaziali e temporali relativi alle fasi di costruzione, esercizio ed eventuale smantella-mento dell’impianto

8

8. Migliore tecnologia disponibile (b.a.t) 9

9. Possibili alternative di localizzazione o di tipo tecnologico 17

10. Quadro di riferimento programmatico 17

11. Condizionamenti indotti dalla natura e vocazione dei luoghi e da par- ticolari esigenze di tutela ambientale

43

12. Motivazioni tecniche della scelta progettuale e delle principali alterna- tive prese in esame

44

13. Scelte di processo 45

14. Condizioni di utilizzazione di risorse naturali e di materie prime diret- tamente ed indirettamente utilizzate o interessa-te nelle diverse fasi di realizzazione del progetto e di esercizio dell'opera

55

15. Quantità e caratteristiche degli scarichi idrici, dei rifiuti, delle emis- sioni in atmosfera, con riferimento alle diverse fasi di attuazione del progetto e di esercizio dell'opera

56

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16. Necessità progettuali di livello esecutivo e le esigenze gestionali im- poste o da ritenersi necessarie a seguito dell'ana-lisi ambientale

70

17. Misure e/o provvedimenti di carattere gestionale adottati per conte- nere gli impatti nel corso della fase di costruzione e di esercizio

70

18. Interventi di ottimizzazione dell'inserimento nel territorio e nell'am- biente

71

19. Quadro di riferimento ambientale 72

20. Componenti e fattori ambientali 73

21. Misure previste per evitare, ridurre e se possibile compensare gli im- patti negativi del progetto sull’ambiente

90

22. Misure previste per il monitoraggio 97

23. Conclusioni 104

                           

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1. PREMESSA

Il presente studio di impatto ambientale è relativo al progetto di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi da realizzarsi in località “Spagnolo” in agro di Sciacca, in provincia di Agrigento.

La valutazione d'impatto ambientale individua, descrive e valuta gli effetti diretti ed indiretti di un progetto e delle sue principali alternative sul territorio, compresa quella di nessuna realizzazione.

In particolare, vengono presi in considerazione gli effetti sull’uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull’interazione fra detti fattori.

Vengono altresì presi in esame gli effetti sui beni materiali e sul patrimonio culturale, sociale ed ambien- tale, e valutate le condizioni per la realizzazione e l’esercizio delle opere e degli impianti.

Il presente Studio di Impatto Ambientale è redatto ai sensi della normativa vigente relativamente all’attività ricadente nel punto 15) dell’Allegato A1: “Discariche di rifiuti non pericolosi con capacità com- plessiva superiore a 100.000 m3 (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152).

Lo studio contiene le seguenti indicazioni:

-

studio della normativa di riferimento della gestione dei rifiuti a livello comunitario, nazionale e regionale e degli strumenti di pianificazione territoriale;

-

presentazione delle scelte progettuali, con indicazione dell’area di intervento, descrizione degli interventi proposti;

-

descrizione del territorio interessato dall’intervento, inteso sia come area puntuale che come area vasta, con particolare riferimento alle componenti ambientali maggiormente coinvolte;

-

stima dei potenziali effetti sull’ambiente, con riferimento ai parametri previsti dalla normativa ed ai piani di utilizzazione del territorio;

-

individuazione delle misure previste per eliminare o ridurre gli effetti sfavorevoli sull’ambiente.

Lo studio è, pertanto, strutturato secondo lo schema disposto dalla normativa che prevede la suddivisione per quadri di riferimento.

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2. MOMENTO ZERO

Il “momento zero” è inteso come condizione temporale di partenza dei sistemi ambientali, economico e sociale sulla quale si innestano i successivi eventi di trasformazione e gli effetti conseguenti alla realizzazione dell’opera.

L'ampio versante su cui è impostata l'ex cava inizia a quota 362, è ubicato sul fianco del monte Arancio che scende verso sud ovest con forme, talvolta, aspre proprie del tipo litologico litoide ivi presente, il pendio scende con pendenze medie sino a quota 158, scendendo oltre quota 158 la pendenza diminuisce notevol- mente passando da 15-20% al 8%, la pendenza in corrispondenza dell'area in esame è del 24%, superata la quale la pendenza diminuisce rapidamente e, superato l'area di scavo della ex cava, tende a valori bassi, pros- simi al 8%, qui la morfologia assume forme morbide e dolci proprie dei termini calcarei-argillosi e terrigeni qui rappresentati.

In questo settore le sfavorevoli condizioni pedo-morfologiche, hanno dato uno scarso impulso all’attività agricola.

In particolare l’area d’intervento ricade all’interno del territorio del Comune di Sciacca in provincia di Agrigento ed occupa una superficie planimetrica di circa 75.800 m2, ad oggi non coltivata, in larga parte occupata dalle aree di scavo della cava dismessa, l’area è caratterizzata dalla presenza di macchie e arbusteti mediterranei, boschi costituiti da conifere e pino d’aleppo, eucalipti e praterie, costituite da pascoli incolti e frutteti abbandonati (fonte S.I.F Sistema Informativo Forestale). Il terreno è mediamente scosceso con pen- denza media di circa il 24% ed è caratterizzato da una quota minima di 129 m s.l.m., in corrispondenza della zona di accesso all’area e la quota massima di 228 m. s.l.m. in corrispondenza della zona nord-ovest.

L’area di intervento dista, in linea d'aria, Km 6,9 dal perimetro dell'abitato di Menfi, Km 5,9 dal perimetro dell'abitato di Sambuca Di Sicilia, Km 9,3 dal perimetro dell'abitato di Santa Margherita Di Belice e Km 9,5 dal perimetro dell'abitato di Sciacca. Non sono presenti centri abitati circostanti l'area in oggetto, ma solo alcuni fabbricati agricoli isolati.

L’accesso all’area è assicurato percorrendo la SS 624 da Sciacca in direzione Palermo, per poi proseguire poi su strada interpoderale, fino a raggiungere il sito di progetto.

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3. INDIVIDUAZIONE DELL’ALTERNATIVA ZERO

L’alternativa “zero” è anche conosciuta con il termine “do-nothing”, cioè a dire del “non fare nulla” ed è rappresentata dall’evoluzione possibile dei sistemi ambientali in assenza dell’intervento. Si utilizza quando l’opera proposta ha un impatto talmente elevato dal punto di vista ambientale da preferire la non realizzazione della stessa.

L’opzione zero deve essere necessariamente confrontata con le diverse ipotesi di realizzazione dell’opera stessa. Il confronto tra le modificazioni che si andranno a creare con l’attuazione dell’intervento, rispetto alla opzione con assenza di intervento, porta ad ipotizzare un miglioramento di carattere generale.

Le principali carenze che si avrebbero in assenza di intervento sono:

- carenza nell’ambito della Sicilia sud-occidentale delle volumetrie per i rifiuti speciali non pericolosi da smaltire nelle discariche esistenti;

-

l’incremento immediato dei costi di trasporto dei rifiuti speciali per il fatto che le discariche esistenti si trovano ad elevate distanze dall’ambito della Sicilia sud-occidentale;

-

l’impatto visivo caratterizzato dalla visibilità delle aree di scavo, particolarmente visibili dalla S.S 624, che denotano una grave deturpazione dell’ambiente e che rendono l’area di progetto disomogenea rispetto all’ambiente circostante.

4. MOTIVAZIONI E GIUSTIFICAZIONI DI CARATTERE ECONOMICO, SO- CIALE E AMBIENTALE

L’opera in progetto intende rispondere all’aggiornamento del piano Regionale per la gestione dei rifiuti speciali in Sicilia (adottato con O.C.D. n. 1260 del 30 Sett. 2004), del 22/02/2017 rispetto le previsioni delle future dotazioni impiantistiche della Sicilia. In particolare, il Piano, al Capitolo III, fornisce i dati complessivi della produzione regionale di rifiuti speciali e del recupero e smaltimento, Al capitolo VI fornisce dei dati relativi ai fabbisogni impiantistici che, con riferimento alle discariche per rifiuti speciali non pericolosi, eviden- ziano un fabbisogno di 775.000 – 900.000 t/anno. Al capitolo IX fornisce delle indicazioni sulla localizzazione impiantistica delle discariche, facendo espresso riferimento non alla localizzazione ma alle caratteristiche in- trinseche delle aree da adibire a discarica per rifiuti speciali non pericolosi.

Il progetto proposto prevede la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi nel Co-

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progetto verranno, in parte, soddisfatte le previsioni di piano e verranno eliminati i disagi dovuti alla lonta- nanza degli impianti di discarica.

L’area di intervento risulta inoltre di proprietà della proponente.

5. AMBITO TERRITORIALE E SISTEMI AMBIENTALI INTERESSATI

L’area di intervento ricade all’interno del territorio del Comune di Sciacca, e ricade in un’area caratteriz- zata prevalentemente da attività agricole.

Il sito attualmente non è coltivato, in quanto non idoneo all’uso agricolo, e nella zona limitrofa È stata rilevata la presenza a nord, della riserva naturale della LIPU istituita nel 2000 e circostante il Lago Arancio, bacino artificiale realizzato nel 1949, l’area di intervento si trova ad una distanza minima, misurata in linea d’aria, da determinarsi in sede di istruttoria, in quanto non esattamente determinabile dalla documentazione reperita dalla scrivente, poiché detta documentazione risulta carente della perimetrazione della stessa area, la distanza minima si presume, in questa sede, di 2198 m circa. Hanno distanza minima di m 2450 circa dall’area di intervento la zona SIC identificata con codice ITA040006 denominata Complesso Monte Telegrafo e Rocca Ficuzza la zona ZPS identificata con codice ITA020048 denominata Monti Sicani, Rocca Busambra e Bosco Della Ficuzza entrambe ricadenti sulla medesima porzione di territorio. Hanno distanza minima di m 2450 dall’area di intervento la zona SIC identificata con codice ITA040006 denominata Complesso Monte Telegrafo e Rocca Ficuzza la zona ZPS identificata con codice ITA020048 denominata Monti Sicani, Rocca Busambra e Bosco Della Ficuzza entrambe ricadenti sulla medesima porzione di territorio.

L’area di intervento ricade interamente in area a vincolo idrogeologico ed è contornata, a nord, da aree a vincolo paesaggistico in quanto ricadenti all’interno del piano paesaggistico della Provincia di Agrigento all’interno del paesaggio locale PL12 contesto 12g con livello di tutela 3.

In generale, la realizzazione di una discarica comporta inevitabilmente degli impatti nell’ambiente in cui si inserisce. I principali impatti rilevabili potrebbero essere causati da:

- eventuali perdite di percolato nel suolo e nel sottosuolo (acque sotterranee) e nei corpi idrici super- ficiali;

- emissione di polveri prodotte dalle operazioni di coltivazione della discarica;

- emissione di odori causati dalla degradazione dei rifiuti;

- dispersione eolica dei rifiuti;

Firmato digitalmente da

PAOLO SODANO

CN = SODANO PAOLO

C = IT

Data e ora della firma: 27/01/2021 13:45:28

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- aumento dei livelli di rumore in fase di costruzione e di gestione;

- aumento del traffico veicolare;

- consumo di suolo.

La progettazione dell’opera in oggetto è avvenuta nel rispetto delle Migliori Tecnologie Disponibili (BAT), al fine di ridurre o eliminare possibili impatti sull’ambiente. Si rimanda al quadro progettuale del presente studio per le scelte tecniche.

Per sistema ambientale si intende un insieme complesso di situazioni circostanti reali, risultanti dalle in- terazioni di più fattori esterni, di origine sia antropica sia naturale. I fattori ambientali sonoquelle componenti (atmosfera, ambiente idrico, suolo e sottosuolo, etc.) che, interagendo con altre, condizionano lo stato delle cose. Nel quadro ambientale sono state analizzate tutte le componenti ambientali previste. I fattori ambientali maggiormente interessati sono costituiti da:

- atmosfera, in relazione alla possibilità di emissione di polveri e biogas (impatto negativo);

- ambiente idrico, a causa del rischio di interazione tra le acque superficiali e sotterranee del percolato prodotto (impatto negativo);

- suolo e sottosuolo, in relazione al consumo del territorio, in quanto vengono interessati circa 5,7 ha.

di suolo (impatto negativo),

- salute pubblica, in quanto il corretto smaltimento dei rifiuti comporta un impatto sicuramente posi- tivo, mentre possono essere di impatto negativo per la salute pubblica gli impatti delle altre compo- nenti ambientali;

- paesaggio, nel breve e medio termine, le attività di coltivazione produrranno effetti negativi, mentre nel lungo termine, a ripristino ambientale eseguito, si avrà un notevole miglioramento rispetto alla situazione attuale.

6. RETI INFRASTRUTTURALI DEL TERRITORIO

Le principali infrastrutture presenti nella zona sono riferibili alla rete viaria, l’area di intervento è raggiun- gibile percorrendo da Sciacca la S.S 115, percorrendo successivamente la S.S 624 in direzione Palermo, in corrispondenza dell’innesto della S.P 39 occorre svoltare a destra su strada interpoderale e percorrere la stessa per circa 2 Km fino a raggiunge la zona di accesso al futuro impianto di progetto, in ogni caso, l’area è

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Ogni realizzazione di un’opera genera un traffico veicolare indotto che nella maggior parte dei casi com- porta un aumento del traffico veicolare preesistente, inducendo non solo un disagio per la viabilità locale e dei trasporti, ma soprattutto riflessi turbativi nell’ambiente, in particolar modo dal punto di vista atmosferico e acustico.

Durante la fase di cantiere il transito degli automezzi non andrà a modificare in modo significativo quello finora esistente sulla S.S 624. Durante la fase di gestione, il traffico di mezzi pesanti sarà limitato ai mezzi conferitori, che, considerando l’ingresso di mezzi con un carico di circa 20 mc, si stimano pari a circa 10-15 mezzi ogni giorno. Durante la fase di post chiusura dell’impianto si prevede una notevole riduzione del traffico indotto.

Ad ogni modo, durante tutte le fasi dell’intervento in progetto, è assolutamente evidente che la rete infrastrutturale del territorio sarà in grado di soddisfare le esigenze indotte dall’intervento proposto.

7. INDICAZIONE DEI LIMITI OPERATIVI SPAZIALI E TEMPORALI RELATIVI ALLE FASI DI COSTRUZIONE, ESERCIZIO ED EVENTUALE SMANTELLA- MENTO DELL’IMPIANTO

L’area di intervento interesserà una superficie di circa 57.416 m2, di cui circa 41.185 m2 occupati dall’in- vaso di discarica ed i restanti interessati dalla viabilità interna, dalle zone con i servizi dell’impianto e dalla sistemazione a verde.

La fase di costruzione dell’intervento in oggetto avrà una durata di circa due anni e prevederà, in sequenza, la modellazione del terreno per la realizzazione dell’invaso, la costruzione dell’argine di valle, il sistema di impermeabilizzazione della discarica, la costruzione della viabilità di accesso all’area e la viabilità interna all’im- pianto, oltre a tutte le opere necessarie ad un corretto funzionamento della discarica di progetto (canali di guardia, rete piezometri, area servizi, uffici, locali tecnici ecc.).

La fase di gestione della discarica avrà una durata di circa dieci anni e prevederà l’abbancamento dei rifiuti, secondo i criteri di riempimento definiti nel piano di gestione operativa.

La fase di post gestione, ai sensi del D. Lgs. 36/2003, avrà una durata trentennale ed inizierà dopo che la discarica avrà raggiunto la saturazione dei volumi previsti dal progetto ed autorizzati. In questa fase, verranno realizzate le opere di ripristino ambientale dell’area e saranno svolte le attività di manutenzione da effettuare

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al fine di condurre la discarica, in sicurezza, alla fase ultima in cui si può considerare trascurabile l’impatto della stessa sull’ambiente.

8. MIGLIORE TECNOLOGIA DISPONIBILE (B.A.T)

Il documento di riferimento sulle B.A.T. riguardante gli impianti per il trattamento dei rifiuti (elencati all’allegato 1, punto 5, del D. Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59) è stato pubblicato nell’agosto 2006 (European Commission - Integrated Pollution Prevention and Control - Reference Document on Best Available Tech- niques for the Waste Treatments Industries - August 2006) e successivi documenti di riferimento inerenti all’impianto in progetto o parti di esso.

Esso, come i successivi, delineano un quadro della situazione nel settore e, in particolare, analizzano le varie attività implicate nel trattamento dei rifiuti e stimano il livello di emissione/consumo ad esse legato.

In particolare il D. Lgs. 59/2005, all’articolo 4, comma 4, specifica che per le discariche si considerano soddisfatti i requisiti tecnici della direttiva IPPC se sono soddisfatti i requisiti tecnici previsti dal D. Lgs. 36/03 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti).

Il presente paragrafo ha lo scopo di dimostrare la conformità della soluzione proposta ai criteri costruttivi e gestionali previsti all’Allegato 1 del D. Lgs. 36/2003.

In relazione alla sopra citata normativa si precisa che l’ubicazione del sito è tale che per cui esso non costituisce grave rischio ecologico per quanto riguarda le condizioni richiamate al paragrafo 2.1 dell’allegato 1 al D. Lgs. 36/2003.

Al fine di garantire l'isolamento del corpo dei rifiuti dalle matrici ambientali, la discarica di progetto sarà dotata dei seguenti requisiti tecnici sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali, imper- meabilizzazione del fondo e delle sponde, impianto di raccolta e gestione del percolato impermeabilizzazione superficiale, copertura superficiale finale;

A garanzia dell'efficienza e dell'integrità dei presidi ambientali (sistemi di impermeabilizzazione, di raccolta del percolato, ecc.), e del mantenimento di opportune pendenze per garantire il ruscellamento delle acque superficiali sono state individuate adeguate procedure di manutenzione e controllo nell’ambito del “Piano di gestione operativa” e nel “Piano di sorveglianza e controllo” e sono state previste analoghe procedure di manutenzione e controllo nel “Piano di gestione post-operativa” allegati al progetto definitivo;

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Le tecniche di coltivazione e di gestione atte a minimizzare l’infiltrazione dell’acqua meteorica nella massa di materiale abbancato sono illustrate nel “Piano di gestione operativa” del progetto definitivo, l’area di in- tervento sarà dotata di un canale di guardia in grado di evitare che le acque esterne al sito possano scorrere verso l’interno del bacino di discarica. In particolare le acque meteoriche saranno allontanate dal perimetro dell'area per gravità, dal canale di guardia perimetrale le acque meteoriche defluiranno nel recettore finale superficiale limitrofo al limite Sud dell’area di intervento e da qui nel fiume Carboj;

Il sistema di drenaggio, raccolta e captazione del percolato sarà realizzato conformemente a quanto pre- visto all’allegato 1 paragrafo 2.3 del D. Lgs. 36/2003, le specifiche tecniche dei materiali utilizzati per la realiz- zazione del sistema di captazione del percolato sul fondo del bacino danno la garanzia di prevenire intasamenti ed occlusioni del sistema per tutto il periodo di funzionamento previsto, in quanto resistono all’attacco chi- mico dell’ambiente dell’impianto e sopportano i carichi previsti a seguito della deposizione dei rifiuti, un sistema di galleggianti controllerà l’accensione e lo spegnimento delle pompe e garantirà il mantenimento di un battente minimo compatibile con il sistema di sollevamento ed estrazione e variabile tra 50 e 100 cm, sulla base della piovosità media del sito e con particolare riferimento alle superfici coperte e scoperte, sarà redatto a frequenza annuale il programma degli asporti di percolato per definire le previsioni di produzione e stipulare adeguati contratti annuali con i trasportatori e gli impianti di smaltimento, al fine di garantire la disponibilità di siti di smaltimento proporzionali alle necessità, sia in condizioni normali che in condizioni di emergenza (forti piogge, problemi ambientali, ecc.). II percolato raccolto dal fondo del bacino sarà allontanato con con- tinuità, infatti la vasca non può essere considerata, in alcun modo, come bacino di accumulo, sia pure tempo- raneo, i battenti saranno mantenuti al minimo compatibile con le caratteristiche del sistema di estrazione, dal sistema di stoccaggio provvisorio, costituito da due silos, il percolato sarà inviato per il trattamento di depu- razione ad un impianto esterno, autorizzato allo smaltimento di questo tipo di rifiuto, il percolato verrà captato, raccolto e smaltito, oltre che per l’intera durata della fase di gestione operativa, per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva dell'impianto.

L’impermeabilizzazione del fondo della discarica sarà realizzata, come illustrato in relazione tecnica, in conformità al D.Lgs 36/2003, che al punto 2.4.2 prevede dei requisiti minimi che deve possedere un sistema barriera di confinamento per una discarica di rifiuti non pericolosi, imponendo che lo stesso sia costituito da un substrato geologico e da una barriera di confinamento artificiale rispondenti ai seguenti requisiti di per- meabilità e spessore:

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-

barriera geologica di spessore ≥ 100 cm di materiale minerale compattato caratterizzato da una con- ducibilità idraulica di k≤ 1E-9 m/s;

-

barriera di confinamento artificiale di spessore ≥ 100 cm di materiale minerale compattato caratte- rizzato da una conducibilità idraulica di k≤ 1E-9 m/s con una geomembrana.

La normativa inoltre prevede che “particolari soluzioni progettuali nella realizzazione del sistema barriera di confinamento delle sponde, che garantiscano comunque una protezione equivalente, potranno eccezionalmente essere adottate e realizzate anche con spessori inferiori a 0,5 m”. Il legislatore ha ritenuto quindi applicabili soluzioni progettuali alternative a quella individuata dalla normativa per la realizzazione delle sponde, a condizione che venga dimostrato che tali soluzioni garantiscano una protezione almeno equivalente a quella normata. Un criterio, ormai condiviso dalle istituzioni e dai professionisti per la valutazione della protezione dei sistemi di barriera di confinamento, è definito dal tempo di attraversamento.

Il tempo di attraversamento calcolato per la soluzione prevista dal punto 2.4.2 del D.Lgs 36/2003 è di 63,42 anni. Tale valore costituisce pertanto il limite di riferimento per le verifiche di equivalenza di soluzioni tecniche alternative. Pertanto la configurazione di progetto garantirà un tempo di attraversamento netta- mente superiore a quello individuato dalla normativa.

La valutazione della protezione offerta dal sistema di confinamento è stata effettuata, in relazione tecnica, mediante l’applicazione del principio dell’equivalenza idraulica, approcciando alla problematica con il metodo della “protezione equivalente”, ovvero effettuando un’equivalenza del tempo di attraversamento dello strato costituente il sistema barriera di confinamento. La valutazione non prende in considerazione la presenza delle geomembrane in HDPE (sottotelo e sopratelo), presenti al di sopra sia della soluzione prevista dalla normativa sia della soluzione progettuale. Il tempo di attraversamento è stato determinato mediante il rapporto:

𝑡 𝑆

𝐾 Dove

ti =tempo di attraversamento dello strato i-esimo;

Si= spessore dello strato i-esimo:

Ki=conducibilità idraulica dello strato i-esimo.

Nel caso in esame essendo, la barriera di confinamento, composta da differenti materiali, il tempo complessivo è dato dalla somma del tempo di attraversamento, calcolato per singolo materiale.

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Nel caso specifico, in presenza di geocompositi bentonitici, a favore di sicurezza, lo spessore utilizzato ai fini della verifica è quello “a secco” e cioè accertato prima dell’inizio della prova ASTM D5887, con prova EN ISO 9863-1.

Il nuovo invaso, data la elevata permeabilità degli strati costituenti il fondo vasca (vedasi relazione geologica redatta dal Dott. Antonio Calamita), dovrà avere caratteristiche tali da scongiurare eventuali infil- trazioni di percolato attraverso gli strati sottostanti ed in modo tale da rendere indenne la falda acquifera da eventuali contaminazioni. Alla luce delle superiori considerazioni la configurazione finale sul fondo del nuovo invaso dovrà essere costituita dai seguenti elementi costruttivi (elencati dal basso verso l’alto):

-

argilla compattata, eventualmente additivata e/o trattata, di spessore non inferiore a 100 cm in grado di garantire una conducibilità idraulica di 1E-9 m/s;

-

geocomposito bentonitico inferiore di contatto con i nuovi profili in materiale minerale compattato, coesionato meccanicamente (ovvero agugliato o cucito) dello spessore minimo di 5mm (ISO 9863- 1) e conducibilità idraulica k≤ 1E-11 m/s (ASTM D5887);

-

geomembrana in HDPE dello spessore di 2 mm (sottotelo);

-

geocomposito bentonitico superiore di contatto con la geomembrana in HDPE coesionato meccanicamente (ovvero agugliato o cucito) dello spessore minimo di 5mm (ISO 9863-1) e condu- cibilità idraulica k≤ 1E-11 m/s (ASTM D5887);

-

tessuto non tessuto con grammatura non inferiore a 1000 g/mq.

-

strato drenante costituito da materiale di riporto sabbioso spessore minimo 30 cm;

-

tessuto non tessuto con grammatura non inferiore a 1000 g/mq.

-

geocomposito bentonitico superiore di contatto con la geomembrana in HDPE coesionato meccanicamente (ovvero agugliato o cucito) dello spessore minimo di 5mm (ISO 9863-1) e condu- cibilità idraulica k≤ 1E-11 m/s (ASTM D5887);

-

geomembrana in HDPE dello spessore di 2 mm (sopratelo).

-

tessuto non tessuto con grammatura non inferiore a 1000 g/mq.

-

strato drenante costituito da materiale di riporto sabbioso spessore minimo 50 cm;

Si precisa che il progetto prevede il collaudo di tutte le opere sopra elencate per la verifica dei requisiti minimi di progetto (conducibilità idraulica di 1E-9 m/s) al termine della realizzazione.

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L’impermeabilizzazione prevista per le sponde dell’invaso sarà conforme ai requisiti richiesti al para- grafo 2.4.2 dell’allegato 1 al D. Lgs. 36/2003.

La configurazione finale delle pareti del nuovo invaso dovrà essere costituita dai seguenti elementi costruttivi (elencati dalla zona di contatto con le pareti rocciose verso l’interno della vasca):

-

tessuto non tessuto con grammatura non inferiore a 1000 g/mq.

-

geocomposito bentonitico superiore di contatto con la geomembrana in HDPE coesionato meccanicamente (ovvero agugliato o cucito) dello spessore minimo di 5mm (ISO 9863-1) e condu- cibilità idraulica k≤ 1E-11 m/s (ASTM D5887);

-

geomembrana in HDPE dello spessore di 2 mm.

Il sistema di drenaggio del percolato viene realizzato mediante la posa in opera di strato drenante costituito da materiale di riporto sabbioso e di spessore minimo 50 cm.

Sottotelo sarà allocato un sistema di rilevamento di eventuali perdite di percolato, sistema basato su misurazioni elettriche, tale da consentire il rilevamento di eventuali perdite di percolato e tale da rendere agevole la localizzazione delle stesse perdite facilitando eventuali interventi di riparazione.

Da una ricerca, effettuata presso il Genio Civile di Agrigento, relativa alla presenza, nelle vicinanze, di pozzi di emungimento è risultato che su particella, il cui confine dista 200 m circa dal confine delle particelle oggetto dell’intervento è presente il pozzo denominato Carboj in uso a Girgenti Acque, dallo stesso documento si evince che nella zona insistono altri pozzi per l’attingimento di acqua pubblica ma gli stessi sono ubicati a distanza superiore.

La superficie di fondo della discarica sarà realizzata in un unico settore detto settore avrà una pen- denza di circa il 2% sia nella direzione principale che secondaria, al fine di convogliare il percolato verso il punto di minimo in cui sarà installato il pozzo di sollevamento. Risultano pertanto rispettati i requisiti richiesti al paragrafo 2.4.2 dell’allegato 1 del D. Lgs. 36/2003.

La copertura finale, prevista per l’attuazione del recupero ambientale, prevederà, dal basso verso l’alto:

-

posa di uno strato di regolarizzazione con la funzione di permettere la corretta messa in opera degli strati sovrastanti, costituito da argilla compattata dello spessore minimo di 50 cm, even- tualmente additivata e/o trattata, di spessore non inferiore a 100 cm in grado di garantire una

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percolazione di acqua, derivante dalle precipitazioni meteoriche all'interno della volumetria abbancata, ove si trasformerebbe in percolato;

-

tessuto non tessuto con grammatura non inferiore a 1000 g/mq.

-

geocomposito bentonitico superiore di contatto con la geomembrana in HDPE coesionato meccanicamente (ovvero agugliato o cucito) dello spessore minimo di 5mm (ISO 9863-1) e condu- cibilità idraulica k≤ 1E-11 m/s (ASTM D5887);

-

geomembrana in HDPE dello spessore di 2 mm;

-

geocomposito bentonitico superiore di contatto con la geomembrana in HDPE coesionato meccanicamente (ovvero agugliato o cucito) dello spessore minimo di 5mm (ISO 9863-1) e condu- cibilità idraulica k≤ 1E-9 m/s (ASTM D5887);

-

tessuto non tessuto con grammatura non inferiore a 500 g/mq.

-

strato drenante costituito da materiale di riporto sabbioso spessore minimo 50 cm;

-

riporto di uno strato di terreno proveniente dagli scavi di cantiere, opportunamente vagliato ed arricchito con compost, dello spessore minimo di 100 cm.

Come risulta dalle indagini svolte dal Dott. Geologo Antonio Calamita, Dall'alto verso il basso i litotipi si succedono nel seguente ordine:

- calcari di colore biancastro, ben stratificati, con strati dello spessore compreso tra pochi cm a m 0,50, intensamente e diffusamente fratturati (Trias) con livelli molto duri alternati a livelli calcareo marnosi più teneri e diffusamente alterati e fratturati; i calcari hanno subito intensi sforzi tettonici compressivi che hanno indotto una intensa fratturazione ed hanno piegato la formazione secondo un andamento ad anticlinorio con asse nord sud; tale assetto è ben visibile osservando le pareti nord e est dell'area dell'ex cava. I calcari sono una roccia permeabile per fratturazione e costituiscono una buona roccia serbatoio;

- calcari marnosi biancastri, Scaglia, sottilmente stratificati ed intensamente fratturati, con strati dello spessore compreso tra pochi cm e 10 cm (Eocene). Li riscontriamo in tutta la loro potenza, discordanti sui sottostanti calcari triassici, lungo la porzione superiore del versante nord dell'ex cava; sono carat- terizzati da variazioni laterali e verticali in senso marnoso e sono una roccia permeabile per frattura- zione;

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I calcari e calcari marnosi (Scaglia) sono stati anche riscontrati nel corso dell'esecuzione dell'S2 ubicato lungo il margine sud occidentale dell'ex cava, al di sotto di un pacco di argille sabbiose giallastre; si presenta- vano in facies calcareo marnosa di colore dal biancastro all'azzurrino con una potenza di m18,50. Al loro letto, ad una profondità di m 29,00, sono stati riscontrati i calcari biancastri intensamente fratturati del trias.

Il quadro geologico è completato dai termini argillosi e detritici. I primi sono presenti ad ovest del rilievo calcareo e sono costituiti da argille sabbiose giallastre in cui sono presenti diffusi e numerosi inclusi calcarei di piccole dimensioni; le argille sabbiose sono anche presenti nelle aree subito a valle della stradella di accesso occupando l'ampio versante che sale verso sud est sino a Piana Grande di Misilifurni.

Il detrito occupa la porzione meridionale dell'area interessata dall'ex cava, risulta costituito da una ma- trice sabbiosa con limo in cui sono presenti numerosi inclusi calcarei duri di varie dimensioni a spigoli vivi, hanno una potenza media di m 6,00 e al loro letto si rinvengono i calcari marnosi sottilmente stratificati.

Con riferimento alla compatibilità geologica delle opere da realizzare, il geologo, all’uopo incaricato, Dott. Antonio Calamita, evidenzia che dal complesso degli studi condotti appare evidente che le opere in progetto e, in particolare, la rimodellazione dei versanti con l'utilizzo di rifiuti non pericolosi e/o terre e rifiuti di cava nel sito nell'ex cava Spagnolo di Sciacca trova condizioni favorevoli alla sua realizzazione.

Per la realizzazione delle opere in progetto è necessaria la messa in sicurezza della parete carbonatica alta m 100,00 che delimita verso nord l'area dell'ex cava, la quale, presenta dei processi geomorfologici avan- zati che hanno destabilizzato porzioni di parete su cui sono chiari i segni di caduta di blocchi, queste azioni sono da mettere in relazione con una eccessiva e localizzata fratturazione dei banchi calcarei e variazioni laterali in senso marnoso calcareo in corrispondenza delle quali la roccia si presenta più esposta all'azione erosiva delle acque meteoriche e dilavanti.

Tale assetto instabile della parete nord va risanato prima dell'inizio dei lavori di per la realizzazione della discarica per rifiuti non pericolosi; a tal fine appare necessario intervenire con il disgaggio dei blocchi calcarei che sono presenti sulla parete e che sono in evidente stato di instabilità (vedasi studio geologico Dott. Anto- nio Calamita).

Dal punto di vista Geotecnico l’Ing. Angelo Calamita a seguito della caratterizzazione dell’ammasso roc- cioso e del corpo rifiuti, definendone natura, proprietà fisiche e resistenza a rottura, asserisce che le pareti di cava sono strutturalmente stabili e non soggette a rapide variazioni, il profilo topografico della discarica,

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nelle condizioni finali, è sagomato con pendenze adeguate e con riguardo ai meccanismi di rottura attesi e agli scenari di progetto studiati le verifiche di sicurezza risultano ampiamente soddisfatte.

L’area sarà dotata di recinzione caratterizzata da un’altezza da terra pari ad almeno 2.0 m lungo tutto il perimetro.

Il cancello di accesso all’area dell’impianto verrà mantenuto aperto negli orari di apertura dell’impianto e qualora permanga del personale all’interno dell’impianto stesso a vigilanza dell’ingresso. Durante le ore notturne il cancello verrà chiuso.

Il sito sarà individuato a mezzo di opportuna segnaletica. Per la descrizione delle procedure di controllo dell’accesso al sito si rimanda a quanto previsto nel “Piano di gestione operativa”.

Al fine di assicurare l’affidabilità dei risultati delle indagini analitiche effettuate e garantire il rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni autorizzative, saranno stipulati accordi quadro con laboratori qualifi- cati. I laboratori dovranno operare secondo metodiche riconosciute e riportare su ciascun certificato di analisi, per ogni parametro, il riferimento alla metodica utilizzata. Ogni certificato sarà sottoscritto da tecnico abilitato.

L’ipotesi progettuale proposta è in linea con il Piano Regionale di Gestione Rifiuti, completando la filiera dei rifiuti residuali ed eliminando i disagi dovuti alla lontananza di impianti di discarica dalle zone con maggiore produzione di rifiuti speciali. La proposta progettuale comporterà un notevole vantaggio per le imprese del settore ed un basso consumo del territorio. Per l’analisi dei costi si rimanda nel dettaglio al Piano economico finanziario.

Al fine di assicurare l’affidabilità dei risultati delle indagini analitiche effettuate e garantire il rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni autorizzative, saranno stipulati accordi quadro con laboratori qualificati.

I laboratori dovranno operare secondo metodiche riconosciute e riportare su ciascun certificato di analisi, per ogni parametro, il riferimento alla metodica utilizzata. Ogni certificato sarà sottoscritto da tecnico abili- tato.

Le modalità ed i criteri che saranno adottati nella coltivazione dell’invaso rispettano quanto previsto nel punto 2.10 dell’Allegato 1 al D.Lgs. 36/2003, per maggiori dettagli si rimanda al “Piano di gestione operativa”, dal momento che si tratta di questioni che riguardano essenzialmente la fase gestionale dell’impianto.

Le misure idonee che sono adottate per ridurre al minimo i disturbi ed i rischi causati da produzione di polvere, materiali trasportati dal vento, rumore di traffico, uccelli, parassiti e insetti formazione di aerosol e

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incendi, sono ampiamente affrontate nel “Piano di gestione operativa”, nel “Piano di gestione post-operativa”

e nel piano di sorveglianza e controllo allegati al presente progetto definitivo, dal momento che si tratta di questioni che riguardano essenzialmente la fase gestionale dell’impianto.

9. POSSIBILI ALTERNATIVE DI LOCALIZZAZIONE O DI TIPO TECNOLO- GICO

L’analisi delle alternative ha lo scopo di individuare le possibili soluzioni diverse da quelle di progetto e di confrontarne i potenziali impatti con quelli determinati dall’intervento proposto.

Lo sviluppo di alternative al progetto proposto ha richiesto l’analisi dei seguenti passaggi fondamentali:

una prima definizione dei bisogni e la successiva determinazione di specifici obiettivi e finalità.

L’ aggiornamento del piano regionale per la gestione dei rifiuti speciali in Sicilia, adottato con O.C.D. n.

1260 del 30 Sett. 2004, redatto nel febbraio 2017 dall’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità Dipartimento Regionale dell’Acqua e dei Rifiuti, al capitolo VI°, riporta che il fabbisogno, relativo alla capacità di discariche di rifiuti speciali non pericolosi, è di 775.000-900.000 t/anno, il che, consi- derata la capacità ricettiva delle discariche in esercizio e la loro capacità residua, comporterà una certa sof- ferenza, per coprire le esigenze di discarica per rifiuti speciali non pericolosi è, sin da ora ritenuta necessaria la realizzazione di volumetrie aggiuntive, che possono essere, in parte, garantite dalla discarica in progetto.

Dal punto di vista localizzativo, prima della fase di progettazione, è stata condotta un’indagine preliminare dei vincoli di carattere ambientale, paesaggistico, forestale ed idrogeologico gravante nell’area. Da tale inda- gine è emerso, in modo evidente, che l’area di progetto risulta essere disomogenea, rispetto alle aree circo- stanti, tale disomogeneità è dovuta, essenzialmente, alla presenza, sugli stessi luoghi, delle aree di scavo di una cava di calcari dismessa, tale situazione di degrado è visibile dagli assi viari. L’intervento in progetto prevede il rinterro-ricolmo delle aree di scavo, con l’obiettivo principale del ripristino quasi totale delle quote originali e con l’ulteriore obiettivo di uniformare le stesse aree alle circostanti, le indiscutibili migliorie apportate dall’intervento in progetto saranno evidenti con l’avvio della fase di gestione post-operativa.

10. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

Il presente quadro fornisce gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l'opera progettata e gli atti di piani-

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sull’area interessata (vincoli paesistici, naturalistici storico-artistici, archeologici, idrogeologici, demaniali, di servitù pubbliche o di altre limitazioni all’uso della proprietà).

L’opera in progetto prevede la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi in località

“Spagnolo” all’interno del territorio Comunale di Sciacca in provincia di Agrigento. L'area di intervento è ricompresa nella Carta Geografica d'Italia, alla scala 1: 25.000, all’interno del foglio 266 quadrante IV orienta- mento N.O. denominata Menfi.

La normativa vigente in materia di rifiuti, nell'indicare i criteri generali dell'attività di gestione, prevede che l’esercizio connesso debba svolgersi assicurando la tutela della salute umana e l'integrità dell'ambiente.

Tutte le possibili conseguenze negative dell'attività di gestione debbono essere realizzate, per quanto più possibile, senza causare rischi alle sorgenti d'acqua, all'aria, al suolo, nonché alla fauna ed alla flora, oltre che inconvenienti generati da rumori o da odori. In definitiva, tutto deve avvenire senza danneggiare il paesaggio, gli insediamenti abitativi o i siti di particolare interesse tutelati dalla normativa vigente.

L’analisi degli strumenti pianificatori, di settore e territoriali viene effettuata allo scopo di determinare le principali opzioni di sviluppo, trasformazione e salvaguardia previste dalle Autorità competenti per il territorio nell’ambito del quale si andrà ad inserire l’opera.

In particolare, le verifiche riguardano la pianificazione territoriale a livello regionale e provinciale, la pia- nificazione Comunale generale ed attuativa, la pianificazione di settore inerente alle problematiche ambientali, la programmazione generale e specifica nel settore dei rifiuti a tal scopo si è fatto riferimento al Certificato di Destinazione Urbanistica, rilasciato dal Comune di Sciacca in data 11/02/2020 (Cfr. All. 1).

Con Decreto Assessoriale n. 7 del 29/07/ 2013 è stato definitivamente approvato il Piano Paesaggistico della Provincia di Agrigento. Il Piano Paesaggistico costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento per lo sviluppo sostenibile dell’intero territorio Provinciale, degli atti di programmazione e pianificazione, Provin- ciale e Comunale.

Le Norme Tecniche di Attuazione stabiliscono che il Piano Paesaggistico ha contenuto descrittivo, pre- scrittivo e propositivo e, in particolare, ripartisce il territorio Provinciale in ambiti di paesaggio, dette pre- scrizioni dettano le regole per la conservazione ed il mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici del paesaggio e le azioni necessarie al fine di orientare e armonizzare le sue trasformazioni in una prospettiva di sviluppo sostenibile, determina il quadro delle azioni strategiche da attuare ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità paesaggistica previsti, configura un sistema di partecipazione alla gestione del territorio, da

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parte degli enti locali e delle popolazioni nella definizione e nel coordinamento delle politiche di tutela e valorizzazione paesaggistica, avvalendosi anche del Sistema Informativo Territoriale Regionale (S.I.T.R.).

I beni paesaggistici disciplinati dal Piano Paesaggistico sono costituiti da quegli elementi territoriali, areali o puntuali, di valore ambientale, storico culturale ed insediativo che hanno carattere permanente e sono connotati da specifica identità la cui tutela e salvaguardia sia da preservare per le generazioni future. Sono soggetti a tutela le seguenti categorie di beni paesaggistici:

- gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico ai sensi degli articoli 134, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 157 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.;

- gli immobili e le aree previsti dall’art. 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.;

- gli immobili e le aree ai sensi dell’art. 134 comma 1 lett. i) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.

42 e s.m.i.;

- i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; le altre aree naturali protette in base alla disciplina specifica del Piano del parco o dei decreti istitutivi;

- aree di ulteriore interesse naturalistico comprendenti le specie e gli habitat prioritari, ai sensi della Direttiva CEE n. 43/1992;

- le riserve e i monumenti naturali e le altre aree di rilevanza naturalistica e ambientale ai sensi della L.R. n. 31/1989;

- la fascia costiera, così come perimetrata nella cartografia del PPR;

- sistemi a baie e promontori, falesie e piccole isole;

- campi dunari e sistemi di spiaggia;

- aree rocciose di cresta ed aree a quota superiore ai 900 m s.l.m.;

- grotte e caverne;

- zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori con termini compresi in una fascia della pro- fondità di 300 m dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

- fiumi, torrenti e corsi d’acqua e relative sponde o piedi degli argini, per una fascia di 150 m ciascuna, e sistemi fluviali, riparali, risorgive e cascate, ancorché temporanee;

- i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

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- le aree gravate da usi civici.

Nelle stesse Norme di Attuazione, sono stati individuati 38 Paesaggi Locali. L’area oggetto di intervento, è lambita dal Paesaggio Locale 12 “Capo San Marco – Affluenti del Carboj” e, in particolare,12g “paesaggio delle aree boscate e della vegetazione assimilata”, benché, l’area su cui sarà ubicato l’impianto, non ricade all’interno del Paesaggio Locale, ad eccezione delle porzioni censite al N.C.T di Sciacca al foglio 5 particelle 307 e 309, e su piccola porzione della particella 314, sui confini delle stesse aree, si prevede esclusivamente la realizzazione di opere di recinzione, di sistemazione a verde e di opere necessarie per la regimentazione delle acque superficiali (vedasi tavola dei vincoli E.G. 002).

Nel merito l’intervento è da ritenersi migliorativo in quanto consentirà la uniformazione dei luoghi, og- getto di intervento, con i circostanti con notevole miglioramento del paesaggio, quanto appena asserito viene ampiamente documentato nella Relazione Paesaggistica, allegata al progetto.

Il Piano per l’Assetto Idrogeologico della Regione Siciliana, prevede la pianificazione di bacino, intesa come lo strumento fondamentale della politica di assetto territoriale delineata dalla legge 183/89, della quale ne costituisce il primo stralcio tematico e funzionale.

Il Piano Stralcio per l’ Assetto Idrogeologico, di seguito denominato Piano Stralcio o Piano o P.A.I., re- datto ai sensi dell’art. 17, comma 6 ter, della L. 183/89, dell’art. 1, comma 1, del D.L. 180/98, convertito con modificazioni dalla L. 267/98, e dell’art. 1 bis del D.L. 279/2000, convertito con modificazioni dalla L. 365/2000, ha valore di Piano Territoriale di Settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, gli interventi e le norme d’uso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio siciliano.

Il P.A.I. ha sostanzialmente tre funzioni:

-

a funzione conoscitiva, che comprende lo studio dell’ambiente fisico e del sistema antropico, nonché della ricognizione delle previsioni degli strumenti urbanistici e dei vincoli idrogeologici e paesaggistici;

-

la funzione normativa e prescrittiva, destinata alle attività connesse alla tutela del territorio e delle acque fino alla valutazione della pericolosità e del rischio idrogeologico e alla conseguente attività di vincolo in regime sia straordinario che ordinario;

-

la funzione programmatica, che fornisce le possibili metodologie d’intervento finalizzate alla mitiga- zione del rischio, determina l’impegno finanziario occorrente e la distribuzione temporale degli in- terventi.

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Il Piano fornisce il quadro dell'attuale livello di rischio esistente sul territorio, individuando le "aree peri- colose per fenomeni di piena o di frana" e consentendo di evidenziare il livello di pericolosità che insiste sul territorio anche se non attualmente occupato da insediamenti antropici. Ciò allo scopo di prevenire un uso improprio del territorio in aree non sicure (nuove aree di espansione dei centri abitati, attività turistiche in aree attualmente non occupate, nuove infrastrutture).

Il Piano perimetra le aree caratterizzate da differenti livelli di rischio e pericolosità idraulica o da frana nei 107 bacini idrografici in cui è stato suddiviso il territorio Regionale, nel caso in esame, l’area di intervento ricade all’interno del bacino idrografico (058) area tra fiume Belice e fiume Carboj e le particelle oggetto di intervento, come si evince dal Certificato di Destinazione Urbanistica (Cfr. All. 1), non ricadono all’interno di aree a rischio.

Il vincolo idrogeologico rappresenta la perimetrazione delle aree della regione sottoposte a vincolo idro- geologico normato con il Regio Decreto n. 3267 del 30 dicembre 1923 e con il Regio Decreto n. 1126 del 16 maggio 1926. Il decreto del 1923 prevede il rilascio di nulla osta e/o autorizzazioni per la realizzazione di opere edilizie, o comunque di movimenti di terra, che possono essere legati anche a utilizzazioni boschive e miglioramenti fondiari, richieste da privati o da enti pubblici.

Tutte le aree oggetto di intervento ricadono in zona a vincolo idrogeologico normato con il Regio De- creto n. 3267 del 30 dicembre 1923 e con il Regio Decreto n. 1126 del 16 maggio 1926. Il decreto del 1923.

Gli strumenti urbanistici vigenti ed adottati, Dal Comune di Sciacca e la normativa regolamentare ad essi relativa, individuano l’area di intervento ricadente, secondo le previsioni del P.C. N. 6, in Zona "E".

Nella Zona '"E" (verde Agricolo), le prescrizioni consentono, ai sensi dell'art. 18 delle Norme Tecniche d'Attuazione annesse al Piano, la costruzione di fabbricati ed impianti necessari all'esercizio dell'attività agri- cola. L'edilizia residenziale non può superare la densità fondiaria di mc/mq. 0.03 e non potrà avere più di due piani fuori terra, mentre il distacco tra le costruzioni non potrà essere inferiore a ml. 20.00. è consentita la costruzione di impianti industriali esclusivamente destinati alla trasformazione e conservazione dei prodotti delle colture della zona o strettamente connesse all'attività zootecnica locale. Sono, altresì, ammessi, ai sensi dell'art. 22 della L. R. 71/78, così come sostituito dall'art. 6 della L.R. 31/05/94 n° 17, impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici ed allo sfruttamento a ca- rattere artigianale di risorse naturali, al di fuori comunque, dei centri abitati, utilizzando un rapporto di co- pertura non superiore ad 1/10 dell'area di proprietà, con distacchi minimi di ml. 10,00 fra le costruzioni.

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L'arretramento dell'allineamento stradale deve rispettare le prescrizioni fissate dall'art. 26 del D.P.R. 16/12/92 n° 495, modificato e integrato dal D.P.R. 26/04/93 n° 147. I distacchi dai tracciati delle linee ferroviarie e le eventuali deroghe dovranno essere conformi al D.P.R. 11/07/80 n° 753. Per le zone costiere la distanza dei fabbricati dalla battigia non potrà essere inferiore a ml. 150,00, ai sensi della L.R. n° 15/91, ad eccezione di quelli a servizio esclusivo della nautica e della balneazione, e nella osservanza, comunque, di quanto stabilito dalla L. 08/08/ 1985 n° 431 e successive modiche ed integrazioni. Resta fatto salvo quanto previsto dalla L.R.

15/91 e dalle Legge N. 431/85 e ss.mm.ii.

L’intera area di progetto, è stata interessata dalla presenza di una cava di calcare denominata "Am- pliamento Spagnolo" giusta autorizzazione n. 11/06 del 21/06/2006, oggi decaduta, giusta Determina n° 4507 del 16/07/2009 del Distretto Minerario di Caltanissetta.

Con la legge quadro n. 394 del 6 dicembre 1991, lo Stato italiano ha dettato i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese.

Ai sensi della medesima legge i territori che costituiscono il patrimonio naturale (le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambien- tale, specie se vulnerabili) sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perse- guire, in particolare, le seguenti finalità:

-

la conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologi- che, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;

-

l’applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, sto- rici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

-

la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;

-

la difesa e la ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.

I territori sottoposti al predetto regime di tutela e di gestione costituiscono le aree naturali protette, nelle quali possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.

La legge individua le seguenti tipologie di aree naturali protette:

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i parchi nazionali;

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i parchi naturali regionali;

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le riserve naturali statali o regionali;

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le aree marine protette di cui alla legge 5 marzo 1985, n. 127, e quelle definite ai sensi della legge 31 dicembre 1982, n. 979.

L’art. 6 della legge quadro precisa che nelle aree naturali protette sono vietati fuori dei centri edificati e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecu- zione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, nonché qualsiasi mutamento dell'utilizza- zione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell'area protetta. In particolare nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat, tra cui l’apertura e l’esercizio di discariche.

Tale legge quadro va integrata con una serie di norme nazionali e regionali relativa alle aree naturali tutelate. La direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 (“Direttiva Uccelli”), concernente la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo, si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento. Ai sensi della direttiva, gli Stati membri vengono delegati ad adottare le misure idonee a prevenire, nelle Zone di Protezione Speciale istituite, l'inqui- namento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli.

La direttiva n. 92/43/CEE del 21/5/1992 (Direttiva “Habitat”) è relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche. La direttiva fornisce le definizioni di:

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habitat naturali: zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geogra- fiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali;

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Sito di Importanza Comunitaria, un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, con- tribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale o una specie in uno stato di conservazione soddisfacente, e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza della rete Natura 2000, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica;

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Zona Speciale di Conservazione, sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri me- diante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di con- servazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato;

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rete Natura 2000 una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, formata dai siti in cui si trovano particolari tipi di habitat naturali e habitat di specie, che deve garantire il mante- nimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale. La rete Natura 2000 comprende anche le Zone di Protezione Speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE.

La direttiva, inoltre, prevede che qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative su esso, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.

Con decreto 17 Ottobre 2007, recante “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conser- vazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS)”, il Ministero dell’ambiente ha integrato la disciplina afferente la gestione dei siti che formano la rete Natura 2000 in attua- zione delle direttive n. 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e n. 92/43/CEE del 21 maggio 1992, dettando i criteri minimi uniformi sulla cui base le Regioni e le Province autonome adottano le misure di conservazione o all'occorrenza i piani di gestione per tali aree, garantendo la coerenza ecologica della rete Natura 2000 e l'adeguatezza della sua gestione sul territorio nazionale. L'individuazione dei criteri minimi uniformi è altresì tesa ad assicurare il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino in uno stato di conservazione soddi- sfacente degli habitat di interesse comunitario, nonché a stabilire misure idonee ad evitare la perturbazione delle specie per cui i siti sono stati designati, tenuto conto degli obiettivi delle direttive n. 79/409/CEE e n.

92/43/CEE. Il decreto precisa che, per ragioni connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, si può provvedere all'autorizzazione di inter- venti o progetti eventualmente in contrasto con i criteri indicati nel medesimo, previa valutazione di incidenza, adottando ogni misura compensativa atta a garantire la coerenza globale della rete Natura 2000.

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In particolare l’art. 2 del decreto definisce le misure di conservazione per le Zone Speciali di Conserva- zione (ZSC), da implementarsi da parte delle Regioni e delle Province autonome, e necessarie a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie per i quali il sito è stato individuato. L’art.

5, nel definire i criteri minimi e uniformi per la definizione delle misure di conservazione per tutte le ZPS, prevede esplicitamente il divieto di realizzare nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti nonché ampliamento di quelli esistenti in termine di superficie, fatte salve le discariche per inerti.

Nel caso in esame si ha la presenza a nord, ad una distanza minima, in linea d’aria, di 2198 m circa, del lago Arancio, bacino artificiale realizzato nel 1949 e riserva naturale della LIPU dal 2000, benché detto sito sembra non essere inserito nella Rete Natura 2000 (vedasi S.I.T.R della Regione Sicilia). Hanno distanza mi- nima di m 2450 dall’area di intervento la zona SIC identificata con codice ITA040006 denominata Complesso Monte Telegrafo e Rocca Ficuzza la zona ZPS identificata con codice ITA020048 denominata Monti Sicani, Rocca Busambra e Bosco Della Ficuzza entrambe ricadenti sulla medesima porzione di territorio.

L’aggiornamento del piano Regionale per la gestione dei rifiuti speciali in Sicilia (adottato con O.C.D. n.

1260 del 30 Sett. 2004), del 22/02/2017 prevede al Capitolo IX che il Progetto non vada assoggettato a Valutazione di Incidenza Ambientale né a verifica di assoggettabilità alla Valutazione di Incidenza Ambientale in quanto l’impianto ha distanza dai siti inseriti nella Rete Natura 2000 superiore a 2 Km.

Ai sensi dell’art. 94, comma 6 del D. Lgs. 152/06 e s.m.i., al fine di salvaguardare le acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, è prevista una fascia di rispetto di 200 m di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione. Dai rilevamenti eseguiti si evince che nel raggio di 200 m dal confine catastale dell’area di intervento non vi è presenza di fonti, sorgenti, o quant’altro destinato al consumo umano, per la situazione e gli accertamenti eseguiti, sui luoghi si rimanda al Piano di Sorveglianza e Controllo.

La Normativa Comunitaria tutela il “sacro diritto” delle popolazioni di condurre un tenore di vita soddi- sfacente, garantendo il rigoroso rispetto di alcuni principi fra i quali il principio della “gestione efficiente” da un punto di vista ecologico contenuto nell’art. 4 e nell’art. 8 della Direttiva 91/156/CEE, per il quale qualsiasi intervento riguardante la gestione dei rifiuti deve essere attuato “senza procurare alcun danno alla salute dell’uomo e senza utilizzare procedure oppure metodi che possono provocare pregiudizio all’ambiente”.

Con il D. Lgs. n. 36 del 13 gennaio 2003 è stata recepita la Direttiva 1999/31/CE del 26 aprile 1999, che ha introdotto nell'ordinamento nazionale specifiche disposizioni relative alla gestione delle discariche,

Riferimenti

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