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VARIANTI ABBASSAMENTO METANODOTTO BENEVENTO-CISTERNA DN 500 (20 ), DP 64 bar nei comuni di Benevento e Torrecuso (BN)

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VARIANTI ABBASSAMENTO METANODOTTO BENEVENTO-CISTERNA DN 500 (20”), DP 64 bar

nei comuni di Benevento e Torrecuso (BN)

RELAZIONE PAESAGGISTICA ai sensi del D.Lgs. 42/04 e ss.mm.ii

e del DPCM 12/12/2005

NN

0 Emissione per Permessi Di Febo Santi Sabbatini 12/06/19

Rev. Descrizione Elaborato Verificato Approvato Data

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INDICE:

1. INTRODUZIONE ... 4

2. ANALISI DELLO STATO ATTUALE ... 5

2.1. LOCALIZZAZIONE ... 5

2.1.1. Inquadramento geografico ... 5

2.1.2. Inquadramento storico ... 8

2.1.3. Inquadramento geologico-strutturale ... 9

2.1.4. Idrogeologia ... 12

2.1.5. Sismicità ... 13

2.2. STATO DEI LUOGHI ... 19

2.2.1. Sistema dei vincoli ... 19

2.2.2. Caratteri del contesto paesaggistico ... 21

2.2.2.1. Caratteri naturalistici ...21

2.2.2.2. Tessitura insediativa del contesto...22

2.2.2.3. Caratteri paesaggistici dell’area ...22

2.2.2.4. Ecosistemi ...23

2.2.3. Area di intervento: opere esistenti ... 24

2.2.4. Sistemi insediativi storici, tessiture territoriali storiche e sistemi tipologici di forte caratterizzazione locale e sovra locale ... 26

2.2.5. Presenza di percorsi panoramici, ambiti visibili da punti o percorsi panoramici, ambiti a forte valenza simbolica 32 2.2.6. Rappresentazione grafica dello stato attuale: rilievo dell’area ... 33

3. ANALISI DELLO STATO DI PROGETTO ...34

3.1. AREA DI INTERVENTO ... 35

3.2. OPERE IN PROGETTO ... 37

3.2.1. Caratteristiche tecniche dell’opera ... 37

3.2.2. Opere di protezione ... 42

3.2.2.1. Protezione anticorrosiva ...42

3.2.2.2. Protezione meccanica ...42

3.2.3. Fascia di asservimento ... 43

3.2.4. Collaudo idraulico, collegamento e controllo della condotta ... 44

3.3. SCELTE PROGETTUALI ... 44

3.4. RIMOZIONE DELLA CONDOTTA ESISTENTE ... 45

4. INTERAZIONE DELL’OPERA CON GLI STRUMENTI DI TUTELA / PIANIFICAZIONE ...47

4.1. NORMATIVE NAZIONALI... 47

4.1.1. Interazione con gli strumenti di tutela e pianificazione nazionali ... 47

4.2. STRUMENTI DI TUTELA E PIANIFICAZIONE REGIONALI ... 52

4.2.1. Interazione con gli strumenti di tutela e pianificazione regionali ... 56

4.3. STRUMENTI DI TUTELA E PIANIFICAZIONE PROVINCIALI ... 60

4.3.1. Interazione con gli strumenti di tutela e pianificazione provinciali ... 61

4.4. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE URBANISTICA ... 62

4.4.1. Interazione con gli strumenti di tutela e pianificazione urbanistica ... 63

4.5. STRUMENTI DI TUTELA E PIANIFICAZIONE SETTORIALI ... 64

4.5.1. Interazione con gli strumenti di tutela e pianificazione settoriali ... 69

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5. VALUTAZIONE DI COMPATIBILITA’ PAESAGGISTICA ...77

5.1. PREVISIONI DEGLI EFFETTI DELLINTERVENTO ... 77

5.2. IMPATTO PAESISTICO DELLINTERVENTO ... 79

5.2.1. Valutazione della sensibilità del sito ... 80

5.2.2. Valutazione del grado di incidenza del progetto ... 83

5.2.3. Valutazione dell’impatto paesistico ... 85

5.3. OPERE DI MITIGAZIONE E RIPRISTINI AMBIENTALI ... 86

5.3.1. Ripristini morfologici ed idraulici ... 87

5.3.2. Ripristini vegetazionali ... 93

5.3.2.1. Scotico ed accantonamento del terreno vegetale ...95

5.4. ANALISI DELLE POSSIBILI SOLUZIONI ALTERNATIVE ... 97

6. SIMULAZIONE FOTOGRAFICA ...98

6.1. FOTOINSERIMENTO 1... 98

6.2. FOTOINSERIMENTO 2... 100

6.3. FOTOINSERIMENTO 3... 102

7. CONCLUSIONI ... 105

8. ALLEGATI... 107

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1. INTRODUZIONE

La presente relazione è redatta secondo quanto previsto nel D.P.C.M. 12 dicembre 2005 ed ha lo scopo di analizzare la compatibilità paesaggistica dell’intervento in progetto, denominato “Met.

Benevento-Cisterna” DN 500 (20”) - DP 64 bar, al fine di ottenere per lo stesso l’autorizzazione ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i..

L’intervento previsto riguarda la realizzazione di tre varianti al metanodotto esistente, localizzati nei comuni di Benevento (BN) e Torrecuso (BN). In particolare lo studio sarà rivolto al tratto ricadente nel territorio comunale di Torrecuso, dove l’intervento interessa un’area vincolata dichiarata “di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs. 42/2004, la fascia di rispetto di 150 m dei corsi d’acqua ai sensi dell’art.142, lettera c) del D.Lgs. 42/2004 e la zona di “Valorizzazione degli Insediamenti Rurali Infrastrutturali” (V.I.R.I.) come riportato nel Piano Territoriale Paesistico denominato “Ambito Massiccio del Taburno”.

Il progetto è volto al mantenimento della rete di trasporto esistente, al fine di garantirne anche l'ammodernamento, nel rispetto della vigente normativa tecnica. Le tre varianti andranno a sostituire porzioni dell’attuale metanodotto in esercizio ubicate in aree che recentemente sono state soggette ad un intenso dilavamento superficiale a causa di forti alluvioni. I nuovi tratti di condotta saranno collocati in una posizione geomorfologicamente stabile in modo da assicurarne la sicurezza e l'efficienza nel tempo.

Nel seguito si procederà pertanto ad esaminare il contesto paesaggistico in cui si colloca l’intervento e l’ambiente circostante l’area di lavoro, con l’ausilio di cartografie adeguate, di documentazione fotografica e di dati raccolti da sopralluoghi in situ, al fine di avere un quadro completo della situazione.

Si riporteranno anche, in maniera più approfondita, informazioni relative alle attività ed alle fasi di lavoro, al fine di procedere con una valutazione dell’impatto dell’opera nel contesto paesaggistico e di prevedere, ove si rendano necessarie, opere di mitigazione.

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2. ANALISI DELLO STATO ATTUALE

2.1. Localizzazione

2.1.1. Inquadramento geografico

Le opere in progetto, localizzate nella Regione Campania, consistono nella realizzazione di tre tratti di variante (A, B, C) al metanodotto esistente denominato “Met. Benevento-Cisterna” DN 500 (20”) - DP 64 bar. Le varianti A e B ricadono nel territorio comunale di Benevento, mentre la variante C nel territorio comunale di Torrecuso. I tratti da porre fuori esercizio/recuperare ricadono all’interno degli stessi comuni delle varianti in progetto (vedi Fig. 1).

L’area d’intervento oggetto del presente studio è quella ricadente nel comune di Torrecuso, interessata dalla realizzazione della variante C (vedi Fig. 2 e Fig. 3).

La zona è censita catastalmente dal N.C.T. della provincia di Benevento e rientra, per quanto concerne sia le opere in progetto che da dismettere, nel foglio 4 del comune di Torrecuso.

L’orografia beneventana è caratterizzata da rilievi collinari con quote medie intorno ai 600 - 700 m s.l.m., bordati da imponenti rilievi di natura carbonatica aventi quote superiori ai 1000 m s.l.m., quali il Massiccio del Taburno-Camposauro e quello del Matese verso ovest e nord-ovest, nonché dal gruppo dell’Avella-Partenio verso sud e sud-ovest.

L’area è prevalentemente collinare con ampi spazi semi-pianeggianti, situati soprattutto in corrispondenza della valle attraversata dal fiume Calore. Per la maggior parte è occupata da terreni adibiti ad uso agricolo.

Vi sono nella zona pochi insediamenti sparsi, costituiti da gruppi rurali, collegati tra loro da strade secondarie o sterrate. Nelle vicinanze dell'area in esame è presente la strada statale SS372 (Telesina), rispetto alla quale la variante C è posata in parallelismo.

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Fig. 1 - Corografia 1:100.000 con localizzazione delle aree d’intervento (fuori scala) Localizzazione variante C in

comune di Torrecuso (oggetto del presente studio)

Localizzazione varianti A e B in comune di Benevento non oggetto di valutazione

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Fig. 2 - Foto aerea con tracciato variante C

Fig. 3 - Corografia con tracciato variante C - foglio 419133 “Ponte” (in senso gas)

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2.1.2. Inquadramento storico

Torrecuso nasce come castello costruito dai Longobardi a difesa e guardia della città di Benevento, capitale del Ducato Longobardo del Centro-Sud. Il colle a Nord di Benevento su cui fu edificato questo castello, da probabilmente origine anche al nome di Torrecuso. Torrecuso cioè viene da "Torus" o "Toronis" che significa altura o colle, rispondente alla situazione del paese; da

"Torus" poi il diminutivo "Torricolus" donde, per successivi pervertimenti, "Torlicoso" e infine Torrecuso.

Il Borgo Antico di impianto medioevale è dominato dal Castello. Questo fu costruito secondo i canoni architettonici dell'epoca: una struttura triangolare a tre torri. Intorno al Castello si sviluppa tutto il Centro Storico rimasto pressoché intatto e recuperato da poco. Torrecuso conserva tutta una serie di stradine, o rampe, quasi parallele che collegano a angoli pittoreschi per gli archi che li delimitano e per le caratteristiche casette in pietra che vi si affacciano. La viabilità interna al paese si svolge in senso ovoidale ed è attraversata a sua volta da stradine a raggiera, facendo perno intorno alle piazzette antistanti le due chiese dominate dalla imponente costruzione del Castello marchesale, a testimonianza di un centro che si è sviluppato unicamente in funzione di difesa.

Sul finire del '700, sotto il dominio dei marchesi Cito, l'antico castello a tre torri fu convertito, ad opera dell'architetto Barba, in palazzo settecentesco di stile vanvitelliano.

Fu dominio feudale della Baronia dei Fenocchio poi passò ai Della Leonessa, ai Caracciolo e infine ai Cito. Fu sempre Comune autonomo e tra i secoli XVII e XVIII, conseguì la sua massima prosperità, con un ceto civile numeroso ed insigne per probità e cultura. Nel XV sec. vi si stabilì la famiglia Mellusi proveniente da Sant'Agata de' Goti, che diede i natali ad Antonio Mellusi, definito

"il gentil poeta del Sannio".

Torrecuso si trova nelle immediate vicinanze della città di Benevento che nel passato è stata al centro di una grande attività politica, culturale e religiosa; essa fu città pontificia. Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Angioini e Aragonesi, intorno a Benevento, hanno lasciato segni evidenti della loro civiltà e fatti di guerra. Importante era la via Latina che si snodava da Capua, e, per Alife e Telese, arrivava a Benevento, vero incrocio di importantissime strade, e proseguiva per Brindisi.

In questa Valle del Calore spesso affiorano tracce di vestigia di epoca sannita e romana come tombe, vasetti, punte di lance, monili anche di pregevole fattura. In epoca longobarda il Castello, il

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"Castrum", o "Arces", come lo definivano i latini, era una rocca destinata in un primo momento a presidio di guardia, ed era il luogo più importante dal punto di vista strategico; poi man mano è venuto ingrandendosi fino a diventare un vero borgo. Le dipendenze di questi castelli erano qualificati "Casali"; così Paupisi fu casale di Torrecuso. I Longobardi occuparono Benevento intorno al 571, che divenne in seguito un potentissimo ducato, tanto da influenzare tutta l'Italia centro-meridionale; diviso in ventiquattro contee godeva della quasi totale autonomia nei confronti del Re. Arechi II fu il duca più illuminato che rese grande Benevento. Poi ci furono le lotte per la conquista dell'Italia meridionale tra Carlo d'Angiò Re di Napoli, e il figlio di Federico il, Manfredi, Re di Sicilia, che nel 1226, nella fatidica battaglia presso Benevento vi perse la vita. Il centro storico, sviluppatosi in epoca Longobarda, è rimasto pressoché intatto, malgrado i vari interventi non sempre ben intonati.

Nella cerchia muraria, maestoso, si mostra l'attuale Castello che dall'ing. Barba nel 1700 fu trasformato ed assunse l'attuale linea rinascimentale. Nel cedolario del 1320 Fenucchio è già un piccolissimo paese con una propria autonomia amministrativa, e così anche Torre Palazzo. A causa del terremoto del 1349 l'abitato che sorgeva nei pressi di ponte Finocchio fu distrutto, e così fu abbandonato per salire e attestarsi sulla collina per godere una migliore posizione strategica.

2.1.3. Inquadramento geologico-strutturale

La variante C nel comune di Torrecuso interessa la successione stratigrafica riferibile all’Unità tettonica del Fortore, che si rinviene al confine tra la Campania e la Puglia e nei Monti del Sannio (vedi Fig. 4).

L’Unità del Fortore è costituita da depositi bacinali e presenta alla base un membro argilloso- marnoso e un membro calcareo-marnoso di età Cretaceo-Burdigaliano, cui seguono arenarie torbiditiche, vulcanoclastiche e arcosico-litiche con intercalazioni di emipelagiti (tufiti di Tusa) di età Aquitaniano-Burdigaliano. La tettonica è controllata da un sistema di faglie e faglie presunte con andamento appenninico, ovvero NW-SE, e antiappenninico ovvero SW-NE. La cartografia redatta dall’ISPRA (Carta Geologica d’Italia) serie 1:50.000 del Foglio 419 “S.Giorgio La Molara” individua una presunta linee di faglia con direzione NW-SE a sud del centro abitato di Ponte in prossimità della variante C.

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Fig. 4 -Schema geologico dell’Appennino meridionale

Il territorio del comune di Torrecuso rientra interamente nel foglio 419 “San Giorgio La Molara”

della Carta Geologica d’Italia (Fig. 5). La variante C interessa i depositi alluvionali terrazzati del Bacino Idrografico del Fiume Calore, nel subsintema di Benevento (SFL3b) del Pleistocene sup..

Questi depositi sono costituiti prevalentemente da ghiaie poligeniche in matrice sabbiosa. Al di sopra di tale deposito si rinvengono localmente depositi di versante (a), costituiti da sabbia e limi con piccoli ciottoli alternati a piroclastiti rielaborati. Nelle vicinanze del tracciato della variante C si rinviene il deposito di frana antica presumibilmente ascrivibile al periodo temporale compreso tra Pleistocene sup e Olocene (a1b). Questi depositi sono prevalentemente argillosi o argilloso- marnosi, con frammenti litoidi di calcilutiti, calcareniti e/o arenarie.

Localizzazione variante C

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Fig. 5 - Carta geologica ISPRA, foglio 419 “San Giorgio La Molara”

Localizzazione variante C

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2.1.4. Idrogeologia

La porzione centrale della Regione Campania è caratterizzata da una notevole complessità idrogeologica, strettamente connessa alla presenza di differenti successioni sedimentarie e numerose strutture tettoniche (Carannante et al. 2012). Tali settori presentano quindi un motivo idrogeologico tipico dell'Appennino meridionale, quale la giustapposizione laterale e verticale di unità carbonatiche di elevata permeabilità con successioni sedimentarie a scarsa permeabilità (Celico et al. 2007; Carannante et al. 2012).

Il territorio del comune di Torrecuso è compreso nell’ambito del bacino idrografico del fiume Calore. Sotto l’aspetto idrologico l’area del tracciato s’inserisce in un contesto idrografico del reticolo di superficie unicamente caratterizzato da fossi minori tributari di destra del fiume Calore e linee di naturale deflusso che determinano lo scorrimento delle acque meteoriche lungo i versanti collinari che degradano dolcemente a valle.

Il fiume Calore, che rappresenta l’elemento più significativo del reticolo idrografico, scorre con andamento sinuoso in direzione prevalente Sud-Nord ad una distanza minima di circa 40 m dal tracciato della variante C, quindi senza interferire con i loro tracciati in progetto.

La Piana del basso corso del Fiume Calore rappresenta un'unità idrogeologica ben definita, costituita prevalentemente da acquiferi quaternari di natura alluvionale, detritica e vulcanoclastica (Celico 1983; Celico et al. 2007). Nella porzione centrale, i suddetti acquiferi risultano alimentati dalle falde in rete dei massicci carbonatici del Matese e del Monte Camposauro, mentre lungo il margine Nord-orientale di Monte Maggiore l'alimentazione dall'acquifero carsico è limitata per l'interposizione di depositi terrigeni poco permeabili (Carannante et al. 2012). Lo spessore dei depositi detritico-alluvionali, costituenti il principale acquifero della piana, è variabile da pochi metri ad alcune decine di metri, con un massimo di 150 m circa. In generale, la falda converge verso il Fiume Calore o il suo paleo-alveo e defluisce in direzione del fondovalle del Fiume Volturno, che presenta una falda posta a quote sensibilmente inferiori a quella del Fiume Calore (Carannante et al. 2012). Nella zona più occidentale, il suddetto corso d'acqua risulta alimentata dalla falda dell'acquifero alluvionale, mentre a monte di Santo Stefano i rapporti tra falda e fiume risultano marcatamente asimmetrici e fortemente condizionati dai travasi idrici sotterranei del Monte Camposauro (Guadagno et al. 1998).

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2.1.5. Sismicità

Il territorio campano è caratterizzato da una notevole attività sismica: la sismicità più forte è concentrata lungo la catena appenninica a Sud della Dorsale del Gran Sasso e della Maiella, in corrispondenza dei Monti del Matese e del Sannio, a nord, e dei Monti dell’Irpinia, l’attività sismica diminuisce lungo la fascia pede-appenninica e diviene ancora meno importante lungo la fascia costiera adriatica.

L’attività sismica della catena, strettamente connessa al sollevamento della stessa e alla formazione di bacini intra-montani, deriva dall’attività di sistemi di dislocazioni normali aventi una prevalente orientazione appenninica NO-SE che si attivano in risposta ad un campo di deformazione distensivo, attivo dal Pleistocene medio-superiore, e il cui asse di minimo stress è orientato all’incirca in senso anti-appenninico. Detta attività si manifesta generalmente, con eventi localizzati entro i primi 20 km di crosta caratterizzati da meccanismi focali prevalentemente distensivi/trastensivi.

In questo contesto, la zona del Beneventano, risentendo degli effetti connessi agli eventi sismici localizzati nelle adiacenti regioni, non è sede epicentrale di sismi importanti.

Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro, CPTI, 2004) riporta, in questo settore, 7 eventi storici le cui magnitudo (Maw ***) sono moderato-basse:

Ai sensi dell’Ordinanza n. 3274 del Presidente del Consiglio dei Ministri “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” del 20 marzo 2003 veniva effettuato un ulteriore aggiornamento della classificazione sismica nazionale; nell’Allegato 1 i Comuni venivano suddivisi in quattro zone

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sismiche, in base al valore di accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico su suolo di categoria A.

Esse sono:

In accordo alla citata Ordinanza, il comune di Torrecuso interessato dalle attività di progetto ricade in Zona 1 (vedi Fig. 6).

Fig. 6 - Classificazione sismica della Regione Campania secondo l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003

A seguito dell’emanazione delle Norme Tecniche delle Costruzioni con D.M. delle Infrastrutture e dei trasporti del 14/09/2005, il successivo testo dell'Ordinanza PCM 3519 del 28 aprile 2006 (G.U.

n.108 del 11/05/06) ha fissato i "Criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone" ed ha recepito l’aggiornamento

Area oggetto d’intervento

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dello studio di pericolosità sismica effettuato dall’INGV (Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia) e approvato dalla commissione grandi rischi nel 2004.

Le norme tecniche per le Costruzioni del 2005 individuavano ancora 4 zone, caratterizzate da 4 valori di accelerazione (ag) orizzontale massima convenzionale su suolo di tipo A, ai quali ancorare lo spettro di risposta elastica:

Successivamente, il Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008, emanato dal Ministero delle Infrastrutture, ha introdotto il principio dell’attribuzione diretta dell’azione sismica a partire dai dati di sito con riferimento alle mappe di pericolosità, individuando, per la determinazione dei parametri sismici di riferimento, un nuovo metodo di calcolo che considera la maglia elementare di riferimento come metodo unico per la classificazione sismica del territorio Nazionale.

La determinazione delle azioni sismiche non avviene più, per mezzo del concetto di “Zone Sismiche” legate ai confini amministrativi comunali, poiché è noto che all’interno di un medesimo comune possono verificarsi effetti sismici diversi, connessi alle differenti locali situazioni geologiche.

Sulla base di questo nuovo approccio, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha reso disponibile, sul proprio sito la mappa di pericolosità sismica per l’intero territorio nazionale (vedi Fig. 7) e per il territorio regionale campano (vedi Fig. 8).

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Fig. 7 - Mappa di Pericolosità Sismica del Territorio Nazionale espressa in termini di accelerazione massima al suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni (INGV)

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Fig. 8 - Mappa di Pericolosità Sismica - Regione Campania espressa in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni (TR=475 anni)

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L’area interessata dalle attività di progetto sono caratterizzate da un valore di accelerazione massima su suolo orizzontale di “categoria A” (Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi) compresa tra 0.250 g e 0.275 g (per probabilità di superamento del 10 % in 50 anni) che corrisponde a una zona sismica di tipo 1.

Fig. 9 - Mappa di Pericolosità Sismica per l’area del tracciato in esame espressa in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni (TR=475 anni)

centrata su Torrecuso

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2.2. Stato dei luoghi

2.2.1. Sistema dei vincoli

La variante C in progetto si svilupperà per tutta la sua lunghezza nel territorio del comune di Torrecuso (BN), procedendo in senso gas sul lato sinistro della condotta in esercizio e in parallelismo ad essa per una lunghezza complessiva di 275 m circa.

L’opera ricade in un’area nella quale sussistono il vincolo paesaggistico dei "150 m dei fiumi, torrenti e corsi d'acqua", ai sensi della lettera c), comma 1 dell'art. 142 del D.Lgs. 42/2004 e il vincolo “di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs. 42/2004. Inoltre l’area oggetto d’intervento ricade in una zona denominata “Valorizzazione degli Insediamenti Rurali Infrastrutturali” (V.I.R.I.) come riportato nel Piano Territoriale Paesistico denominato “Ambito Massiccio del Taburno”. Gli aspetti di cui sopra sono oggetto della presente relazione.

Si riporta di seguito l'inquadramento dell'area oggetto d'intervento in relazione alla vigente strumentazione di pianificazione territoriale, meglio approfondita nel seguito della presente relazione (Capitolo 4).

Strumenti di pianificazione Nazionali

• Sistema Informativo Territoriale Ambientale Paesaggistico (S.I.T.A.P.) del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare:

▪ vincolo paesaggistico dei "150 m dei fiumi, torrenti e corsi d'acqua", ai sensi della lettera c), comma 1 dell'art. 142 del D.Lgs. 42/2004;

▪ vincolo “di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs.

42/2004.

• Piano Territoriale Paesistico “Ambito Massiccio del Taburno”:

▪ Zona di Valorizzazione degli Insediamenti Rurali Infrastrutturali (V.I.R.I).

• Corpo Forestale dello Stato - Applicazione vincolo idrogeologico:

▪ Terreni non vincolati.

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Strumenti di pianificazione Regionali

• Piano Territoriale Regionale (P.T.R.):

o “Sistema terre” e “Sistema del territorio rurale e aperto”:

▪ Area collinare: rilievi collinari interni, a litologia marnoso-calcarea e marnoso-arenacea (Colline del Sabato e del Calore Beneventano).

o “Strutture Storiche-Archeologiche del paesaggio”:

▪ Ambito agro centuriato beneventano: centuriazione beneventana.

o "Sistemi territoriali dominanti ":

▪ Naturalistico - A9.

o "Rete ecologica":

▪ Rete ecologica trasversale.

Strumenti di pianificazione Provinciali

• Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Benevento (P.T.C.P.):

o Sistema del territorio rurale e aperto:

▪ Area di pianura (bassa valle Telesina).

o Elementi del sistema ambientale:

▪ Corridoio ecologico.

Strumenti di pianificazione Comunali

• Piano Regolatore Generale (P.R.G.):

▪ Zona agricola E;

▪ Aree vincolate – Fasce di rispetto corsi d’acqua;

▪ Aree vincolate – Fasce di rispetto stradale.

Strumenti di pianificazione settoriali

▪ Terreni non vincolati.

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2.2.2. Caratteri del contesto paesaggistico 2.2.2.1. Caratteri naturalistici

La variante C si localizza lungo la valle del fiume Calore, fiancheggiata dai Monti del Matese a nord e dai Monti del Taburno-Camposauro a sud. Essa attraversa, pertanto, quella parte della Campania posta in corrispondenza dello spartiacque tra questi due sistemi montuosi; tale spartiacque è segnato anche dal fiume Calore.

Gran parte del territorio è occupato da emergenze naturalistiche delimate dal Sito di Interesse Comunitario denominato IT8010027 “Fiumi Volturno e Calore Beneventano”, oltre che da una serie di piccole colline di interesse paesaggistico caratterizzate da impianti di legnose agrarie, quali la vite e l’olivo. La variante C in progetto nè interferisce con il SIC “Fiumi Volturno e Calore Beneventano”, né potrebbe avere interferenze significative sui fattori biotici ed abiotici in quanto la SS372 rappresenta un elemento di separazione fra l’opera in progetto ed il sito SIC.

Nell’area adiacente al fiume Calore si sviluppano due tipologie di suolo: un’area agricola ed un’area con vegetazione spontanea. Le aree agricole sono caratterizzate da una coltivazione spinta a vite ed ulivo, ben ordinata, che si estende a volte fino alla sponda del fiume, lasciando uno spazio modesto per la presenza di vegetazione spontanea.

Fig. 10 - Caratteri naturalistici dell'area

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2.2.2.2. Tessitura insediativa del contesto

L’area in questione è situata a Nord-Est rispetto al centro abitato di Torrecuso, che dista circa 2 km. Nell’intorno delle zone di lavoro non sono presenti significativi insediamenti urbani, si riscontra solamente la presenza di pochi gruppi rurali sparsi, collegati tra loro da una serie di strade secondarie.

Si evidenzia la presenza della SS372 (Telesina) che corre parallela al fiume Calore; la variante C si localizza nella fascia di rispetto dell’infrastruttura viaria, rimanendo in parallelismo ad essa senza attraversarla.

2.2.2.3. Caratteri paesaggistici dell’area

Come riportato in precedenza, la componente paesaggistica dominante nell’area di studio è data dalla matrice agricola e le tipologie di colture che si riscontrano nel territorio sono diverse.

Morfologicamente l’area si presenta prevalentemente collinare, caratterizzata da colture e usi differenti con rilevante valore paesistico per l’eccellenza dell’assetto percettivo e panoramico in cui la componente insediativa presente si relaziona coerentemente con il contesto. La presenza di impianti di legnose agrarie, quali la vite e l’olivo, è esemplificativa dei caratteri espressi nell’Unità di paesaggio UP18 individuata dal P.T.C.P., così definito:

Unità di paesaggio UP18: “Bassi versanti settentrionali del complesso montuoso carbonatico del Camposauro, flysch miocenico nel settore estremo occidentale e flysch rosso nel settore orientale e unità continentale-vulcanica in contatto con la piana alluvionale del Calore a bioclima meso- mediterraneo/umido con ecomosaico antropomorfo dominante con matrice agraria di colture permanenti, fitocenosi naturali mesofile e termofile autoctone frammentate, centri abitati e nuclei rurali sparsi”.

Il carattere dominante della collina è legato al presidio agricolo prevalente, che plasma e struttura il paesaggio rurale, conservando significativi aspetti di diversità ecologica ed estetico percettiva.

I paesaggi collinari sono quelli della campagna abitata, con assetti ed equilibri sostanzialmente conservati e non completamente alterati dalla trasformazione urbana, così come più di sovente è avvenuto in pianura.

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Il P.T.R. assegna questo territorio al sottosistema delle “Colline interne marnoso-calcaree e marnoso-arenacee”, così definito:

Colline interne marnoso-calcaree e marnoso-arenacee: colline su alternanze marnoso-calcaree, marnoso-arenacee e conglomeratiche, con energia di rilievo da debole a moderata, a morfologia dolcemente ondulata. L’uso agricolo, nei diversi sistemi afferenti a questo gruppo, è caratterizzato da un rapporto variabile ma generalmente equilibrato tra seminativi nudi ed arborati, colture legnose specializzate (vigneti, oliveti, noccioleti) e sistemi particellari complessi. Le unità colturali sono sovente delimitate da siepi e filari, e punteggiate da esemplari isolati di quercia e boschetti.I boschi di querce e di latifoglie decidue occupano circa il 10% della superficie, con lembi a vario grado di continuità in corrispondenza delle sommità dei rilievi, degli affioramenti rocciosi e dei versanti delle incisioni fluviali. Sono anche presenti aree a mosaico agroforestale complesso, caratterizzate dalla compenetrazione di boschetti di ricolonizzazione e di aree agricole attive. Ne risulta un paesaggio armonicamente variato, fittamente segnato dalla trama degli appezzamenti, dei filari arborei, delle siepi divisorie. L’evoluzione di questi paesaggi appare legata, oltre che ai cambiamenti della politica agricola comunitaria, alla crescita e modificazione dello schema insediativo, originariamente impostato in prevalenza su nuclei accentrati di sommità e crinale, che ha registrato negli ultimi decenni una forte tendenza alla dispersione, con irradiazioni nastriformi degli abitati lungo la viabilità primaria ed un notevolissimo aumento delle abitazioni sparse.

Rilevanti sono le aree adibite a coltivazioni di fruttiferi, come vigneti ed oliveti. In particolare, lungo il tracciato della condotta in progetto (variante C), si riscontra la presenza di un vigneto, che in parte dovrà essere rimosso per consentire il passaggio dei mezzi necessari alle lavorazioni. Vi è la presenza, in misura minore, anche di terreni adibiti a colture ortive e coltivazioni di foraggere.

2.2.2.4. Ecosistemi

Si riassumono di seguito le unità ecosistemiche individuate nelle immediate vicinanze delle opere in progetto:

• Aree antropiche: caratterizzate dalla presenza di agglomerati rurali sparsi. Rappresentano una minima parte del territorio in oggetto;

• Aree adibite ad uso agricolo: rappresentano la parte più consistente della zona in questione e sono caratterizzate da differenti tipologie di coltivazioni e prodotti;

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• Aree coperte da vegetazione rada: composte per lo più da specie arbustive e da bassi cespugli, che spezzano la regolarità dei campi coltivati;

• Aree lungo il fiume Calore: distinte soprattutto per la disposizione della vegetazione ripariale, che contribuisce ad evidenziare le linee del corso d’acqua, e per la presenza di specie arboree appartenenti al sito della ZPS;

• Aree boschive: concentrate in gruppi all’interno del territorio e composte soprattutto da boschi di latifoglie e castagneti, intervallati da specie come salici e pioppi.

La variante in progetto interesserà principalmente le aree con matrice agricola.

2.2.3. Area di intervento: opere esistenti

Attualmente nella zona non sono presenti opere o manufatti di particolare interesse, né interrate né fuori terra. Di conseguenza non si rilevano interferenze del tracciato della nuova condotta né con opere architettoniche né con siti di particolare interesse storico-archeologico.

Si riportano di seguito delle foto relative allo stato dei luoghi.

Fig. 11 - Terreni adibiti a colture specializzate intensive (vigneto)

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Fig. 12 - Vegetazione ripariale arborea (Populus Nigra) e arbustiva prossima all’attraversamento del corso d’acqua

Fig. 13 - Vegetazione arborea limitrofa all'area d'intervento (Quercus pubescens)

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Fig. 14 – Paesaggio vallivo fiume Calore

2.2.4. Sistemi insediativi storici, tessiture territoriali storiche e sistemi tipologici di forte caratterizzazione locale e sovra locale

L’area interessata dalle opere in progetto non interferisce con sistemi di particolare interesse storico o di caratterizzazione locale. Come suddetto, nella zona non sono presenti particolari insediamenti urbani, ma solo gruppi rurali sparsi composti da pochi edifici collegati tra loro da strade secondarie.

La presenza della SS372 nel territorio non rappresenta un problema per le operazioni di posa necessarie per la realizzazione della variante C; quest’ultima si localizza lateralmente all’infrastruttura viaria rimanendo pressoché parallela ad essa all’interno della relativa fascia di rispetto.

Le aree di particolare valenza storica ed archeologica sono localizzate per lo più nel centro abitato di Torrecuso, ad sud rispetto alla zona interessata dalle lavorazioni, ad una distanza tale per cui le attività di cantiere non costituiranno un problema per l’integrità delle stesse.

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Come riportato in precedenza, la zona del territorio di Torrecuso risulta abitata già da tempi molto antichi ed ha ricoperto negli anni un ruolo strategico per la difesa della città di Benevento.

Lo stesso comune di Torrecuso infatti, presenta una configurazione della città caratterizzata dal centro storico che si erge su una collina, in posizione elevata e strategica rispetto al resto del territorio, a testimonianza del fatto che il centro abitato si trovasse in posizione privilegiata e di controllo. La conformazione del territorio, caratterizzato proprio da colline sparse ed in evidenza che sovrastano le pianure e le valli dei corsi d’acqua presenti, ha permesso l’espansione dei centri abitati e la loro disposizione in maniera determinante. Da ciò si può affermare, quindi, che i reperti più significativi e di conseguenza le aree di maggior interesse archeologico e storico siano concentrate in zone distanti dall’area di intervento, che non è pertanto interessata da vincoli di tale tipologia. Tuttavia l'insieme dei rinvenimenti dispiegati su di un lunghissimo arco di tempo fa comprendere come il territorio di Ponte, località prossima all’area d’intervento, per motivazioni sia di transito che di sfruttamento agricolo sia stato sempre considerato un punto di particolare rilevanza per l'insediamento. Da qui passava anche la via Latina nel suo tratto Telesia - Benevento in sinistra idrografica del fiume Calore. Dalla città di Telesia la via Latina usciva in direzione di Solopaca, superava il Calore, più o meno all'altezza del Ponte Maria Cristina, dove un punto d'acqua ed il toponimo longobardo Fontana Sala dimostrano una lunga frequentazione. Giunta in sinistra del fiume, la via da un lato puntava verso ovest, verso Saticula (Sant'Agata dei Goti e Capua) dall'altro lato lo risaliva, come è testimoniato da lunghi spezzoni di strade, su uno dei quali, in località Bolla, sono ben visibili i ruderi di un mausoleo romano. Diverse epigrafi romane, una trovata nel casale Li Cauci di Vitulano, altra sulla provinciale di Paupisi, altra notevolmente importante menzionante la Fortuna Folianenis, etnico dal quale deriva il nome di Foglianise, una iscrizione rupestre a Silvano e resti di edifici e tombe in più luoghi dimostrano che l'area era ben popolata probabilmente in modo sparso e, del resto, il toponimo Pagani fa pensare ad un antico pagus. Una deviazione forse piegava verso Ponte, come indizia un relitto viario e un ponte romano trovato per l'attraversamento del torrente Alenta, ma la strada principale raggiungeva il territorio di Torrecuso ove nei pressi del distrutto Castrum Feniculi, che lo controllava, sono i resti del romano Ponte Finocchio, di cui rimangono i resti nel letto del fiume, che consentiva di passare in destra del fiume e di raggiungere Benevento, o Ponte, o il Sannio Pentro.

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Nelle figure seguenti si riportano la tavola B2.2.3 “Il sistema storico-archeologico Valle Telesina- Via Latina” del P.T.C.P. della provincia di Benevento ed alcune ortofoto con l’evoluzione del territorio nei diversi anni.

Fig. 15 – P.T.C.P. della provincia di Benevento: tav. B2.2.3 - “Il sistema storico-archeologico Valle Telesina-Via Latina”

Localizzazione variante C

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Fig. 16 - Ortofoto anno 2002

Fig. 17 - Ortofoto anno 2006

Localizzazione variante C

Localizzazione variante C

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Fig. 18 - Ortofoto anno 2011

Fig. 19 - Ortofoto anno 2012

Localizzazione variante C

Localizzazione variante C

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Fig. 20 - Ortofoto anno 2013

Fig. 21 - Ortofoto anno 2014

Localizzazione variante C

Localizzazione variante C

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Fig. 22 - Ortofoto anno 2016

2.2.5. Presenza di percorsi panoramici, ambiti visibili da punti o percorsi panoramici, ambiti a forte valenza simbolica

Non si riscontra nella zona oggetto di intervento la presenza di particolari percorsi panoramici né di punti di interesse rilevanti o a forte valenza simbolica.

Come approfondito in precedenza, nel territorio di Torrecuso vi sono diversi siti di interesse storico ed archeologico, ma essi sono circostanziati in aree non confinanti con quelli interessati dalle lavorazioni.

Le opere in progetto si localizzano in corrispondenza di terreni sub-pianeggianti adibiti principalmente ad uso agricolo, quindi privi di particolare valenza dal punto di vista panoramico o di interesse simbolico ed in cui non si riscontra la presenza di sentieri o percorsi turistici di importanza rilevante.

Localizzazione variante C

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Fig. 23 - Contesto panoramico

2.2.6. Rappresentazione grafica dello stato attuale: rilievo dell’area

Dal rilievo effettuato nella zona oggetto di intervento si può riscontrare che l’area ha una conformazione morfologica di tipo collinare, con zone pianeggianti o sub-pianeggianti lungo il corso del fiume Calore. Le quote dei terreni si mantengono su valori di 80 m s.l.m. circa nelle zone prossime al corso d’acqua, per arrivare a valori di 90 m s.l.m. in corrispondenza dell’area interessata dall’opera in progetto e dalla dismissione, per arrivare fino a quote di 250 m s.l.m. circa sulle colline limitrofe all’area in oggetto.

Il rilievo eseguito conferma inoltre che non vi è la presenza di manufatti di particolare interesse storico-archeologico, né di edifici o siti con cui l’opera in progetto potrebbe interferire.

I dati ricavati per mezzo del rilievo in situ hanno pertanto consentito la verifica della corrispondenza con la cartografia a descrizione del territorio.

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3. ANALISI DELLO STATO DI PROGETTO

Come premesso, il lavoro in oggetto consiste nella posa in opera di tre varianti DN 500 (20”) al metanodotto esistente “Benevento-Cisterna”, tra i comuni di Benevento e Torrecuso.

L’area d’intervento oggetto del presente studio è quella ricadente nel comune di Torrecuso, interessata dalla realizzazione della variante C.

L’opera si rende necessaria in quanto il territorio in cui si trova il tratto di condotta esistente interessato dalle attività presenta criticità dal punto di vista geomorfologico, che potrebbero portare a problemi per l’efficienza del metanodotto. Per tale motivo è necessario rimuovere il tratto in questione e sostituirlo con una variante, avente stesso diametro DN 500 (20”), posata in terreni con maggior stabilità, garantendo quindi il corretto funzionamento del metanodotto.

Nel seguito di questo paragrafo si procederà ad approfondire i dettagli realizzativi dell’opera.

Fig. 24 - Foto aerea con tracciato ed attraversamento corso d’acqua

Met. Benevento-Cisterna DN 500 (20”) - tratto da dismettere

Met. Benevento-Cisterna DN 500 (20”) - variante C in progetto

Attraversamento corso d’acqua

vigneto uliveto

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3.1. Area di intervento

Come si evince dalla Fig. 24, il tratto in progetto è localizzato in prossimità della SS372 e del fiume Calore, interamente nel territorio comunale di Torrecuso.

La condotta in esercizio si sviluppa ai piedi di un debole pendio occupato da un vigneto, a monte di una strada locale di collegamento ad un gruppo di abitazioni ubicate a metà del versante; tale tracciato superato il vigneto, si sviluppa tra la SS372 e la strada comunale dell’Isca in un’area con pendenze ridotte.

La variante sarà realizzata con scavo a cielo aperto e si svilupperà in senso gas sul lato sinistro della condotta in esercizio e in parallelismo ad essa per una lunghezza complessiva di 275 m circa. L’intero tracciato sarà realizzato con scavo a cielo e in corrispondenza degli attraversamenti di strade private e comunali verranno realizzate delle opere di protezione. L’opera prevede anche l’attraversamento in sub-alveo di un corso d’acqua in corrispondenza del quale verranno realizzate delle opere di ingegneria naturalistica a protezione della condotta stessa.

Il tratto iniziale della variante segue l’andamento del pendio, comportando la rimozione di una parte di vigneto attraversato per una superficie pari a circa 1470 mq (vedi Fig. 24 e Fig. 25). Il tratto finale si sviluppa su terreni sub-pianeggianti adibiti ad uliveto, ma le operazioni di posa della variante e dismissione della condotta esistente non interferiscono con esso (vedi Fig. 24 e Fig. 26).

In prossimità dell’attraversamento del corso d’acqua si rileva la presenza di una stretta fascia costituita da bosco ripariale a dominanza di pioppo (Populus Nigra); le lavorazioni per la realizzazione della variante non interferiscono con essa (vedi Fig. 24 e Fig. 27).

L’eventuale variazione dei luoghi a causa delle operazioni di rimozione della vegetazione esclusivamente ripariale avrà carattere temporaneo, limitato al solo periodo delle lavorazioni necessarie, in quanto, terminate tutte le attività, si procederà a ripristinare i luoghi e riportarli alla condizione originaria.

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Fig. 25 – Vigneto

Fig. 26 – Uliveto

Fig. 27 - Bosco ripariale a dominanza di pioppo in corrispondenza del corso d’acqua Met. Benevento-Cisterna DN 500 (20”) - variante C in progetto

Met. Benevento-Cisterna DN 500 (20”) - tratto da dismettere

Met. Benevento-Cisterna DN 500 (20”) - variante C in progetto

Met. Benevento-Cisterna DN 500 (20”) - variante C in progetto

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3.2. Opere in progetto

3.2.1. Caratteristiche tecniche dell’opera

La nuova variante, realizzata mediante tubi in acciaio L360 NB/MB, sarà posata in parallelismo alla SS372 completamente in scavo a cielo aperto, come si vede dalla Fig. 24 , ed avrà una lunghezza complessiva di circa 275 m. Si riportano di seguito i principali attraversamenti di strade e corsi d’acqua:

COMUNE PROGR. (km) INTERFERENZA MODALITA' DI ATTRAVERSAMENTO

Torrecuso

0+033 strada privata scavo a cielo aperto (T.P. 20 m)

0+090 strada in progetto scavo a cielo aperto (T.P. 16 m)

0+098 strada privata scavo a cielo aperto

0+114 vallone (senza nome) scavo a cielo aperto

0+148 strada comunale dell'Isca scavo a cielo aperto (cunicolo in c.a.)

0+224 strada in progetto scavo a cielo aperto (T.P. 35 m)

L’opera è progettata conformemente alle “Norme di sicurezza antincendio per il trasporto, la distribuzione, l’accumulo e l’utilizzazione del gas naturale con densità non superiore a 0,8”, contenute nel D.M. 17 Aprile 2008 del Ministero dello Sviluppo Economico. Per il calcolo dello spessore delle tubazioni è stata adottata una pressione di progetto pari a 64 bar, mentre il coefficiente di sicurezza minimo rispetto al carico unitario al limite di allungamento totale (carico di snervamento “f”) è stato posto pari a 0.57.

Il nuovo tratto di condotta avrà quindi le seguenti caratteristiche:

• Lunghezza: 275 m

• Diametro: DN 500 (20”)

• Pressione massima di esercizio: 64 bar Il fluido trasportato avrà le proprietà seguenti:

• gas naturale con densità 0.72 kg/m³ circa;

• pressione massima di progetto 64 bar.

Per la scelta della direttrice del tracciato sono stati tenuti in considerazione sia la salvaguardia dell’ambiente in cui l’opera si andrà ad inserire sia la sicurezza di quest’ultima in tutte le sue fasi.

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Nella definizione del tracciato sono state rispettate le prescrizioni riportate nella normativa sopra citata e sono stati tenuti in considerazione gli strumenti di pianificazione a tutti i livelli, applicando i seguenti criteri di buona progettazione:

• ridurre al minimo l’imposizione di nuovi vincoli sulle proprietà attraversate;

• individuare il tracciato in base alla possibilità di ripristinare le aree attraversate, riportandole alle condizioni morfologiche e di uso del suolo preesistenti l’intervento e minimizzando l’impatto sull’ambiente;

• evitare zone franose o suscettibili di dissesti geologici e, qualora non sia possibile, adottare tecnologie in grado di superare tali problematiche;

• interessare il meno possibile zone boscate e zone di colture pregiate.

Si fa inoltre presente che l’analisi del tracciato è stata svolta sulla base delle caratteristiche ambientali e territoriali presenti, degli aspetti economici connessi alla cantierizzazione, nonché delle effettive potenzialità di trasporto della rete nazionale, con l’obiettivo, per quanto possibile, di non gravare ulteriormente il territorio con l’imposizione di nuovi vincoli.

Il tracciato della variante C in progetto, che comporta uno scostamento minimo rispetto al tracciato della condotta esistente, rappresenta la soluzione meno impattante sia dal punto di vista del consumo di ambiente naturale, sia per quanto riguarda l’imposizione di ulteriori vincoli al territorio.

Qualsiasi altra eventuale direttrice di tracciato alternativa verrebbe, infatti, ad interferire maggiormente con le diverse realtà fisiche e antropiche di questa parte del territorio in ragione del fatto che andrebbe a interessare aree caratterizzate da un più elevato grado di naturalità e aree caratterizzate da rinvenimenti o siti archeologici.

Le lavorazioni, come predetto, interesseranno, per la quasi totalità della lunghezza dell’opera, terreni agricoli. La posa in opera della condotta in queste zone sarà eseguita con scavo a cielo aperto avente larghezza variabile tra i 3 e 4 m e profondità anch’essa variabile in funzione della topografia dell’area (fossi, strade ed ecc.). Il terreno derivante dalle operazioni di scavo, dopo essere stato opportunamente separato dallo strato Humico, sarà stoccato all’interno delle aree di cantiere, in zone pianeggianti e prive di vegetazione e verrà gestito in accordo con quanto previsto dal D.L.gs152/06 e dal D.P.R. 120/17.

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Lo scavo a cielo aperto sarà eseguito anche per la posa del tratto dove la condotta dovrà attraversare il corso d’acqua. In queste zone dove le lavorazioni saranno svolte in alveo dovranno essere tenuti in considerazione gli aspetti seguenti:

• sulle sponde del torrente è presente vegetazione ripariale mista a specie arboree non di pregio e, qualora esse dovessero interferire con le attività di cantiere, sarà necessaria la rimozione delle stesse, per consentire lo svolgimento delle lavorazioni in totale sicurezza e senza impedimenti. Va precisato che, al termine delle operazioni di cantiere, le aree saranno ripristinate completamente, procedendo con una eventuale ripiantumazione di specie autoctone e riconducendo i luoghi al loro stato originario. Si evidenzia inoltre che in corrispondenza dell’attraversamento l’alveo del torrente sarà interessato da azioni di mitigazione consistenti in opere di ingegneria naturalistica, come meglio specificato in seguito.

• le lavorazioni in alveo saranno svolte nel rispetto delle specie ittiche presenti, evitando attività che possano arrecare disturbo alle stesse nel corso del loro ciclo vitale. Durante l’intervento non saranno svolte operazioni che potrebbero arrecare danni e/o modifiche all’ecosistema presente, per garantire la salvaguardia di tutte le specie presenti. Pertanto saranno adottati opportuni accorgimenti sia durante le attività stesse di cantiere, deviando il corso d’acqua in maniera temporanea, sia al termine dei lavori, ripristinando i luoghi e riportandoli alle loro condizioni originarie.

Di seguito si descrive in maniera sintetica la modalità di attraversamento in scavo a cielo aperto in corrispondenza dell’attraversamento del corso d’acqua.

Attraversamento in scavo a cielo aperto: i fossi e i piccoli corsi d’acqua sono di norma attraversati tramite scavo a cielo aperto. Questa tecnica prevede lo scavo in alveo mediante escavatori o drag- line per la formazione della trincea in cui vengono varate le condotte, e a posa ultimata il rinterro e il ripristino dell’area, analogamente a quanto avviene per il resto della linea. Negli attraversamenti di fiumi di una certa importanza, invece, si procede normalmente alla preparazione fuori terra del cosiddetto “cavallotto”, che consiste nel piegare e quindi saldare fra loro le barre della tubazione secondo la geometria di progetto (vedi Fig. 28 e Fig. 29). Contemporaneamente a questa preparazione, si procede all’esecuzione dello scavo dell’attraversamento. Inoltre, in caso di presenza d’acqua in alveo, durante le fasi operative si provvederà all’esecuzione di bypass

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provvisori del flusso idrico, adeguati a garantire il regolare deflusso dell’intera portata.

Successivamente, realizzato il by-pass, si procederà all’esecuzione dello scavo per la posa del cavallotto preassemblato tramite l’impiego di trattori posatubi. La scelta tra le due soluzione è legata all’ orografia del territorio in cui si va ad operare. Gli attraversamenti con scavo a cielo aperto dei corsi d’acqua con sezioni idrauliche di rilievo vengono sempre programmati nei periodi di magra per facilitare le operazioni di posa della tubazione. In nessun caso la realizzazione dell’opera comporterà una diminuzione della sezione idraulica non determinando quindi variazioni sulle caratteristiche di deflusso delle acque al verificarsi dei fenomeni di piena. La tubazione inoltre, in corrispondenza della sezione dell’attraversamento, al fine di garantire la sicurezza della condotta, sarà opportunamente collocata ad una profondità tale da garantire la copertura minima nel punto più depresso dell’alveo.

Fig. 28 - Sezione tipo di un by-pass provvisorio del flusso idrico: A. Posa del by-pass per l'incanalamento del corso d'acqua (la tubazione provvisoria consente di mantenere il flusso idrico).

B. Scavo della trincea di posa a cavallo del tratto canalizzato

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Fig. 29 - Sezione tipo di un by-pass provvisorio del flusso idrico: C. Posa del "cavallotto" preformato all'interno della trincea di posa. D. Tombamento dello scavo, rimozione del by-pass e ripristino

dell'alveo

Al termine della posa in opera, la condotta dovrà avere un ricoprimento minimo derivante da un adeguato studio idraulico tale da impedirne l’erosione e la messa in luce della stessa, al fine di rispettare gli standard di sicurezza richiesti dalle specifiche Snam.

A seguito della messa in esercizio della nuova variante, la tubazione esistente verrà dismessa e recuperata, con le modalità meglio espresse ed approfondite nel seguito della presente relazione.

Di seguito le fasi lavorative per la realizzazione della variante:

1. Allestimento del cantiere con delimitazione delle aree di lavoro;

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2. Apertura pista, con separazione dei terreni vegetali da quelli profondi, collocati in aree separate;

3. Prefabbricazione della condotta;

4. Scavi a cielo aperto: le operazioni di scavo saranno condotte con le modalità e le tecnologie suddette;

5. Posa della condotta con scavo a cielo aperto;

6. Chiusura degli scavi;

7. Collaudo;

8. Collegamento della variante al metanodotto esistente;

9. Inserimento in gas;

10. Ripristino delle aree di lavoro alle loro condizioni originarie e realizzazione delle opere di mitigazione.

3.2.2. Opere di protezione

3.2.2.1. Protezione anticorrosiva

La condotta è protetta da:

• una protezione passiva esterna in polietilene di adeguato spessore ed un rivestimento interno in vernice epossidica; i giunti di saldatura sono rivestiti in cantiere con fasce termorestringenti di polietilene;

• una protezione attiva (catodica), attraverso un sistema di corrente impressa con apparecchiature poste lungo la linea e l’utilizzo di dispersori che rende il metallo della condotta elettricamente più negativo rispetto all’elettrolita circostante (terreno, acqua, ecc.).

3.2.2.2. Protezione meccanica

In corrispondenza dell’attraversamento della strada comunale dell’Isca, la variante C sarà posata in cunicolo di protezione in c.a., mentre in corrispondenza del parallelismo con l’ampliamento della SS372 (Telesina) e dell’attraversamento di strade private sarà posata in tubo di protezione di

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diametro DN 650 (26”). Le opere di protezione sono previste al fine di evitare problematiche sulla condotta in esercizio connesse al passaggio dei mezzi.

3.2.3. Fascia di asservimento

La costruzione ed il mantenimento di un metanodotto su fondi altrui sono legittimati da una servitù il cui esercizio, lasciate inalterate le possibilità di sfruttamento agricolo di questi fondi, limita la fabbricazione nell’ambito di una fascia di asservimento a cavallo della condotta (servitù non aedificandi). L’ampiezza di tale fascia varia in rapporto al diametro, alla pressione di esercizio del metanodotto, alle condizioni di posa ed al coefficiente di sicurezza minimo adottato per il calcolo dello spessore delle tubazioni in accordo alle vigenti normative di legge.

Nel caso in esame, visti i territori attraversati ed il loro utilizzo prevalente come aree agricole, si è calcolata una fascia di asservimento per ciascun lato della condotta pari a 11.50 m, come meglio specificato nella Fig. 30.

Fig. 30 - Fascia di servitù della condotta

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3.2.4. Collaudo idraulico, collegamento e controllo della condotta

A condotta completamente posata e collegata si procede al collaudo idraulico per una durata minima di 48 ore ad una pressione minima di 1,5 volte la pressione massima di esercizio e ad una pressione massima che non superi, nella sezione più sollecitata, una tensione pari al 95% del carico unitario al limite di allungamento totale per il tipo di materiale utilizzato, in accordo con quanto previsto al punto 2.5.1 del DM 17.04.2008. Le fasi di riempimento e svuotamento dell’acqua del collaudo idraulico sono eseguite utilizzando idonei dispositivi, comunemente denominati “pig”, che vengono impiegati anche per operazioni di pulizia e messa in esercizio della condotta. Queste attività sono, normalmente, svolte suddividendo la linea per tronchi di collaudo. I tratti collaudati verranno successivamente collegati tra loro mediante saldatura controllata con sistemi non distruttivi.

3.3. Scelte progettuali

Il tracciato della nuova variante è stato scelto a seguito di valutazioni riguardanti la conformazione e le caratteristiche del territorio e lo studio della compatibilità dell’opera con i vincoli presenti, tenendo in considerazione le specifiche Snam relative alla progettazione di tali opere.

Compatibilità con l’assetto del territorio: l’area scelta come sede del nuovo tracciato è la medesima di quella della condotta esistente, infatti quest’ultima presenta uno scostamento minimo rispetto alla variante. Morfologicamente l’area si configura come un territorio prevalentemente sub- pianeggiante, con rilievi di modesta entità localizzati nel tratto iniziale del tracciato in progetto.

Qualsiasi altra eventuale direttrice di tracciato alternativa verrebbe, infatti, ad interferire maggiormente con le diverse realtà fisiche e antropiche di questa parte del territorio in ragione del fatto che andrebbe a interessare aree caratterizzate da un più elevato grado di naturalità e aree caratterizzate da rinvenimenti o siti archeologici.

Compatibilità con opere esistenti: come specificato in precedenza, nella zona in esame non sono presenti manufatti o edifici con cui la variante possa interagire in fase di posa in opera o durante la vita stessa del metanodotto. Le aree di passaggio della condotta sono state scelte in quanto a sufficiente distanza dai gruppi rurali presenti in zona. La distanza è tale da rispettare ampiamente il Decreto Ministeriale del 17/04/2008.

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3.4. Rimozione della condotta esistente

La variante C in progetto andrà a sostituire un tratto del metanodotto esistente “Benevento- Cisterna” localizzato interamente nel comune di Torrecuso con uno scostamento minimo dal tracciato in progetto.

A seguito della messa in esercizio della variante e delle opere accessorie, si procederà con le attività di recupero/intasamento dei tratti di tubazione che sono stati sostituiti dall’opera in progetto.

L’attività di dismissione della linea esistente, in generale, comporta la messa fuori esercizio e la rimozione dell’intero tratto di condotta esistente mediante la realizzazione di scavo a cielo aperto per mettere in luce la condotta stessa. Per alcuni tratti di condotta, in corrispondenza di attraversamenti di infrastrutture di rilievo o tratti particolari, può essere prevista l’inertizzazione della condotta stessa o del tubo di protezione, se presente, in luogo della completa rimozione.

Il tratto di linea da rimuovere ha una lunghezza complessiva di 262 m e percorre aree per la maggior parte adibite ad uso agricolo e, in un solo punto, attraversa un corso d’acqua, affluente del fiume Calore. Si fa presente che il tratto da dismettere, come la variante in progetto, ricade interamente in un’area interessata dal vincolo pesaggistico dei "150 m dei fiumi, torrenti e corsi d'acqua", ai sensi della lettera c), comma 1 dell'art. 142 del D.Lgs. 42/2004, in un’area vincolata dichiarata “di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs. 42/2004 e in una zona di

“Valorizzazione degli Insediamenti Rurali Infrastrutturali” (V.I.R.I.) come riportato nel Piano Territoriale Paesistico denominato “Ambito Massiccio del Taburno”.

Di conseguenza si fa presente che, anche per il tratto interessato dalla dismissione, saranno adottati tutti gli accorgimenti trattati e descritti nel corso della presente relazione in merito alle opere in progetto.

La rimozione dell'esistente tubazione DN 500 (20") prevede l’esecuzione di fasi di lavoro sequenziali, che permettono di contenere le operazioni in un tratto limitato della linea di progetto, avanzando progressivamente nel territorio.

Dopo l’interruzione del flusso del gas, ottenuto attraverso la messa fuori esercizio della condotta stessa, le operazioni di rimozione si articolano in una serie di attività analoghe a quelle necessarie alla messa in opera di una nuova tubazione e prevedono:

• apertura dell'area di passaggio;

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• scavo della trincea;

• sezionamento della condotta nella trincea;

• inertizzazione dei tratti di tubazione di protezione;

• rimozione della condotta;

• smantellamento degli attraversamenti di infrastrutture e corsi d'acqua;

• smantellamento degli impianti;

• rinterro della trincea;

• esecuzione dei ripristini.

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4. INTERAZIONE DELL’OPERA CON GLI STRUMENTI DI TUTELA / PIANIFICAZIONE

4.1. Normative nazionali

A livello nazionale diverse sono le leggi che comportano dei vincoli di natura ambientale e urbanistica legati alla realizzazione di un’opera, e che individuano gli strumenti e le metodologie più appropriate per la loro valutazione in tali ambiti. In particolare, relativamente al progetto in esame, si farà riferimento alle seguenti normative nazionali:

Vincoli paesaggistici, naturalistici ed ambientali:

• Decreto Legislativo n. 42 del 22-01-2004 n. 42 (ex D.Lgs. n. 490 del 29-10-1999);

• D.Lgs. 03-04-2006 n.152 - Norme in materia ambientale e ss.mm.ii. - Procedure per la Valutazione di Impatto Ambientale, gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 - suppl. ord. n. 96);

• D.P.R. 08-09-1997, n. 357 - Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43 CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.

Vincoli idrogeologico, boschi e foreste:

• R.D.L. 30-12-1923 n. 3267 - Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani. Pubblicato sulla G.U. n. 117 del 17-05-1924.

4.1.1. Interazione con gli strumenti di tutela e pianificazione nazionali

La variante C, che ricade nel territorio comunale di Torrecuso, interferisce con alcune aree tutelate ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e con la zonizzazione del Piano Territoriale Paesistico “Ambito Massiccio del Taburno”.

Decreto Legislativo n. 42/04

Per quanto riguarda i “Beni paesaggistici”, il tracciato dell’opera in progetto interferisce con:

• l’area di notevole interesse pubblico (art.136), denominata "AREA PANORAMICA COMPRENDENTE IL GRUPPO MONTUOSO DEL TABURNO INGLOBA 150096/97"

istituita con D.M. del 28/03/1985;

Riferimenti

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