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Cartella esattoriale: come fare ricorso

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Cartella esattoriale: come fare ricorso

written by Paolo Remer | 14/07/2019

Una guida completa per presentare ricorso in modalità tradizionale oppure seguendo le nuove regole del Ptt (processo tributario telematico) in vigore dal 1°

luglio.

Hai ricevuto una richiesta di pagamento da parte di Agenzia Entrate Riscossione oppure sei un professionista incaricato dal cliente: devi proporre ricorso contro la cartella esattoriale e, probabilmente, sai che dal 1° luglio 2019 il processo tributario è stato informatizzato: tutte le fasi, a partire da quelle iniziali, cioè la notifica ed il deposito degli atti in Commissione tributaria, devono avvenire in modalità telematica. Puoi avere tutte le ragioni del mondo per opporti alla cartella, ma se non sai come spiegarle ed introdurle nel processo che stai instaurando con il ricorso sei fregato, non ti serviranno a nulla. Ti serve, quindi, sapere in concreto come fare ricorso contro la cartella esattoriale seguendo le nuove regole, che hanno, come vedremo, un contenuto piuttosto tecnico. Ma, una volta presa la mano – e non sarà difficile se hai già confidenza con il computer – ti accorgerai che la procedura informatica offre notevoli vantaggi rispetto a quella su carta.

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Se leggi con attenzione la cartella che ti è arrivata, puoi notare che le avvertenze sono cambiate rispetto al passato: adesso, nella sezione “Come e a chi presentare ricorso” trovi scritto che devi notificare il ricorso “mediante invio telematico all’indirizzo di posta elettronica certificata” e che “ai fini della costituzione in giudizio, il contribuente deve depositare il proprio fascicolo mediante il Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T.)”: qui – ti dicono le avvertenze – devi inserire parecchie informazioni ed allegare diversi documenti, tra cui la copia della cartella di pagamento e della ricevuta del versamento del contributo unificato.

Ci sono, quindi, molte cose da sapere e da fare e, come vedremo, hanno a che fare più con l’informatica che con il diritto tributario: registrazione al portale, accessi, formato degli atti, firma digitale, inoltro via pec e molto altro. Le avvertenze contenute nella cartella non bastano, non ti spiegano come fare ma ti indicano semplicemente cosa occorre fare. Vediamo allora, passo dopo passo, gli adempimenti necessari per sapere come fare ricorso contro la cartella esattoriale di Agenzia Entrate Riscossione.

Ricorso contro cartella esattoriale: i motivi più comuni

Se sei già un lettore abituale conoscerai bene come difendersi da Agenzia Entrate Riscossione ed avrai ben presenti i motivi migliori per opporsi alla cartella e così vincere il ricorso: come sospendere la cartella, entro quanto impugnarla, come agire in via di autotutela, come eccepire la prescrizione, la decadenza, la mancata motivazione e via dicendo. Il punto, però, è che eccepire tutti i vizi di forma e di sostanza delle cartelle esattoriali non basta più: anche se la stessa cartella contiene vizi propri ed è, quindi, possibile impugnarla, bisogna sapere come fare, adesso che c’è il processo tributario telematico obbligatorio ed i modi per opporsi sono cambiati. Sbagliare qualche passaggio, anche inconsapevolmente, significa perdere in partenza.

Potresti avere, ad esempio, una cartella mai notificata e quindi vorresti sollevare l’eccezione, in modo da costringere l’Agente di riscossione a provare di averlo fatto, altrimenti la pretesa tributaria sarebbe annullata, oppure potresti aver rilevato la prescrizione della cartella ed anche qui devi eccepire questa circostanza in giudizio. Ti serve, quindi, sapere nel dettaglio come funziona il nuovo processo tributario telematico e conoscerne bene gli aspetti, sia che tu voglia difenderti da

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solo, nei casi in cui questo è possibile (tributi inferiori a 3.000 euro oppure contribuente già abilitato a stare in giudizio personalmente, ad esempio perché avvocato) sia che tu debba difendere i tuoi clienti.

La preparazione tradizionale non basta più: non è sufficiente capire dove la cartella è errata e perché, bisogna anche saper operare al computer ed in rete per fare un ricorso che possa essere accettato dal sistema e da qui essere ritenuto accoglibile dai giudici. Il sistema informatico diventa il primo giudice: ragiona per algoritmi e non ci sono modi per piegarlo alla nostra volontà. O si fa come dice lui o scarta le nostre proposte (però prima di farlo ti avvisa). Segue una precisa procedura a cui bisogna adeguarsi. Il vantaggio è che basta conoscerla per vincere, cioè fargli accettare il ricorso. A quel punto, i giudici potranno esaminarlo e prendere in considerazione le nostre ragioni.

Ricorso contro cartella esattoriale: come va fatto?

Il ricorso contro le cartelle esattoriali è indirizzato alla Commissione Tributaria provinciale di competenza (quella che ha sede nel capoluogo dell’Ufficio che ha emesso l’atto impugnato), ma deve essere innanzitutto mandato proprio a chi ha emesso la cartella: potrà essere Agenzia Entrata Riscossione se si tratta di tributi statali come l’Iva, l’Irap o l’Ires, ma anche della Regione di appartenenza se si ricorre avverso un bollo auto, oppure del Comune se la tassa richiesta è l’Imu o la Tarsu. Quindi, si ricorre al giudice chiedendo a lui l’annullamento della cartella, ma per prima cosa bisogna informare nei modi di legge chi ha emesso la cartella contro cui si intende ricorrere: questo è indispensabile per instaurare il contraddittorio processuale e dare in modo a chi è chiamato in causa di difendersi davanti al giudice spiegando anche le sue ragioni. Informare nei modi di legge significa notificare il ricorso e c’è una procedura precisa per farlo validamente.

A complicare le cose c’è il fatto che dal 1 luglio 2019, salvi i casi particolari che vedremo, la notifica ed anche gli atti successivi devono essere fatti per via telematica e non più manuale. E’ una complicazione apparente, perché, come vedremo subito, una volta appreso il meccanismo le cose saranno più semplici e si risparmieranno tempo e soldi rispetto al passato. Se vuoi sapere come si fa un ricorso in commissione tributaria devi essere aggiornato su queste novità.

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Dunque, per prima cosa bisogna scrivere il ricorso e poi notificarlo all’Ente impositore o all’Agente di Riscossione che ha emesso la cartella. Solo dopo aver fatto questo, e rispettati i termini che ti indicheremo, il tuo ricorso potrà essere depositato presso il giudice competente a decidere; dovrai anche fornirgli la prova di averlo regolarmente notificato, altrimenti il processo non potrebbe neanche incominciare. In sostanza, dobbiamo fare i conti con il processo tributario telematico che è entrato in vigore da pochi giorni.

Vediamo allora come funziona e come scrivere, salvare, notificare e depositare il nostro ricorso. Si tratta di pochi passaggi ed abbastanza semplici, ma tutti essenziali per arrivare al risultato: saltarne uno solo comporterebbe l’irricevibilità del ricorso, che non sarebbe valido e non potrebbe essere deciso dal giudice.

Anche se avessi ragione, non la otterresti se non segui con precisione i passaggi che adesso ti indicheremo. Non ti scoraggiare: alcuni scogli che ora esamineremo mettono alla prova anche i migliori professionisti.

Ricorso contro cartella esattoriale tramite processo tributario telematico

Il processo tributario telematico – che da questo momento in poi chiameremo brevemente Ptt – non nasce oggi: procedura e regole erano pronte già nel 2015 e a poco a poco era entrato in vigore in alcune Regioni italiane, ma era rimasto finora sempre facoltativo. Dopo questo lungo periodo di sperimentazione (che non ha dato grossi problemi a chi l’ha fatta), dal 1° luglio 2019 è stata fissata la sua obbligatorietà: precisamente, la norma [1] prevede che a partire da questa data c’è l’obbligo di notificare il ricorso (o l’appello) tramite posta elettronica certificata (Pec). Ora, ti spiegheremo come fare: non si tratta soltanto di inviare una Pec, ma anche e soprattutto di allegare i documenti in un preciso formato e di firmarli in un certo modo, diverso dalla firma messa a penna.

Non finisce qui, perché anche la successiva costituzione in giudizio dovrà avvenire in via telematica. Ci sono delle modalità precise per farlo, dei moduli da compilare online per interloquire con la segreteria della Commissione tributaria attraverso i canali informatici; tra poco ti indicheremo quali sono e come si fa. Anche qui sembra complicato all’inizio, ma una volta presa la mano ti accorgerai che non lo è e forse lo riterrai addirittura più semplice rispetto alla procedura tradizionale, a partire dal fatto che non è più necessario recarti agli sportelli o spedire

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raccomandate.

Quindi, se hai una cartella esattoriale e devi proporre ricorso, devi seguire le regole del nuovo processo telematico che ora ti spiegheremo. Se, invece, hai già fatto ricorso prima del 1 luglio ma non hai ancora depositato gli atti in giudizio (tecnicamente: non ti sei costituito) potrai decidere ora se farlo in cartaceo oppure in via telematica. Infatti, l’obbligo del Ptt vale per tutti i processi completamente nuovi, quelli che appunto vengono avviati con la notifica del ricorso alla controparte dal 1 luglio 2019 in poi; i processi già notificati possono continuare a seguire le vecchie regole oppure proseguire in modalità telematica, a scelta del ricorrente. Per questi processi già parzialmente avviati sarai, quindi, tu a scegliere la modalità preferita.

Ti anticipiamo, invece, che per ora rimane fuori dall’informatizzazione la successiva fase di gestione del processo: le udienze continueranno a svolgersi come di consueto ed il giudice redigerà le sentenze con le modalità tradizionali, anche se ci sono novità in arrivo che riguardano queste fasi (addirittura l’udienza potrà svolgersi a distanza ed in via telematica); però la loro attuazione è ancora abbastanza lontana. Invece, è già possibile da ora consultare dal computer tutte le informazioni che riguardano lo svolgimento del processo: sapere se la controparte si è costituita, quando è fissata l’udienza, conoscere i provvedimenti emessi dal giudice e la sentenza. Questo è molto comodo perché ti consente di ottenere queste importanti informazioni evitando telefonate, visite e spostamenti.

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Chi è escluso dal processo tributario telematico

Non tutti sono obbligati a seguire le regole del processo telematico: chi sta in giudizio da solo, cioè senza assistenza tecnica (è possibile farlo nelle cause di valore fino a 3.000 euro) potrà avvalersi ancora delle modalità tradizionali e, quindi, notificare il ricorso mediante la consegna diretta all’Agente della riscossione che ha emesso la cartella da impugnare, oppure inviandolo per posta, con plico raccomandato senza busta (la raccomandata deve essere A/R e l’avviso di ricevimento andrà prodotto in giudizio) oppure a mezzo notifica dell’ufficiale giudiziario.

Quindi, per costoro il Ptt non é obbligatorio ma è comunque facoltativo: se si preferisce si potrà optare per esso, ad esempio per risparmiare tempo e soldi evitando di andare all’ufficio postale per inviare la raccomandata. Attenzione: se decidi di utilizzare la modalità telematica ed avvi il processo in questo modo, non potrai tornare indietro e passare al cartaceo, ma dovrai proseguire con il Ptt.

Se scegli il telematico, ricordati di indicare un valido indirizzo di posta elettronica certificata: è indispensabile farlo [2] perché tutte le comunicazioni e notificazioni riguardanti il processo arriveranno qui, presso questo “domicilio digitale” eletto dalla parte ricorrente. Se non lo fai, non avrai informazioni tempestive e sarai costretto a recarti presso la segreteria per ottenerle. Se sei un professionista sei già obbligato ad averla, se invece sei un privato e stai facendo il tuo primo – e sperabilmente unico – ricorso, valuta se è il caso di dotarti di una casella Pec: costa poco (con le offerte attuali, meno di 10 euro all’anno) e ti fa risparmiare molti soldi se devi inviare diverse raccomandate, oltre al tempo necessario per recarti all’ufficio postale.

Scrivere il ricorso contro la cartella esattoriale in digitale: il formato pdf

Con il processo telematico sono cambiate tutte le modalità di scrittura, inoltro e gestione, ma la procedura di ricorso avverso le cartelle di pagamento è rimasta la stessa. Avrai, quindi, sempre 60 giorni di tempo per proporlo, che partono dalla data di notifica della cartella (40 giorni per i contributi previdenziali ed assistenziali

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ricorribili al tribunale ordinario sezione lavoro e 30 giorni per le multe stradali da ricorrere al Giudice di pace) ed anche gli importi del contributo unificato, che vanno a scaglioni in relazione al valore della controversia, sono rimasti invariati. Se c’è una novità è che d’ora in poi puoi pagare telematicamente anche il contributo unificato ed il tuo pagamento sarà registrato in automatico.

Nel processo telematico il ricorso deve essere nativo digitale: non puoi, cioè, scriverlo a mano o a macchina e poi scansionare il foglio, ma devi crearlo direttamente al computer. Ti consigliamo, dunque, di scrivere il tuo ricorso (magari utilizzando un modello a seconda dei vizi che intendi sollevare, come la mancata notifica o la prescrizione) utilizzando un programma di videoscrittura, come Word o le sue alternative gratuite, come Open Office, e poi trasformarlo in pdf utilizzando l’apposita funzione dal menu “salva con nome” scegliendo appunto questo formato.

Nel processo telematico questo passaggio è indispensabile: il pdf, a differenza degli altri formati di videoscrittura, garantisce che il testo sia definitivo e immodificabile (quello di word e simili non lo è: quando lo apri puoi riscriverci sopra). Precisamente, i formati validi per l’invio telematico [3] sono due, il PDF/A-1a ed il PDF/A-1b. La differenza tra i due sta nel fatto che, pur offrendo entrambi la necessaria conservazione dei dati a lungo termine, il primo è completamente indipendente dal supporto e dal sistema utilizzato (cioè lo apri da qualsiasi dispositivo e lo leggi sempre nello stesso modo), mentre il secondo garantisce un livello minore di autonomia, ma ai fini pratici entrambi sono equivalenti perché il contenuto è sempre quello scritto in partenza.

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Quando salvi in pdf il tuo documento, se usi Word o un’alternativa, come Open Office, ricordati di spuntare, nelle opzioni, la casella “conforme a PDF/A” in modo da creare un formato valido per il Ptt. Nel portale Sigit di cui a breve parleremo c’è anche un’apposita utility per trasformare e convertire i documenti in PDF/A, se non lo avevi fatto prima. Anche il portale della Giustizia tributaria ha messo a disposizione una guida per convertire i files in questo formato.

Impacchettare e firmare il ricorso: come si fa

Ora che hai scritto il documento e lo hai salvato in PDF/A il ricorso è pronto ma bisogna inviarlo alla controparte e ci sono alcune cose da fare per farlo nella maniera esatta e valida. Le regole del nuovo processo telematico richiedono – tranne che per i soggetti esclusi di cui abbiamo parlato prima – che l‘invio debba avvenire tramite Pec. La tua controparte è l’Ente impositore o l’Agente per la riscossione che ti ha inviato la cartella di pagamento. Se non è già indicato nella cartella da impugnare (di solito c’è, ma non sempre), troverai il suo indirizzo nel sito, cliccando qui, che è l’indice digitale di tutti i domicili digitali delle pubbliche amministrazioni. Ad esempio, qui sotto hai l’immagine di ciò che ottieni se vuoi

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conoscere l’indirizzo Pec di Agenzia Entrate Riscossione.

Il ricorso deve essere sottoscritto digitalmente dal difensore del contribuente o dal contribuente stesso, se si difende da solo ed è dotato di firma digitale: il professionista o il contribuente dovranno quindi apporre la loro firma digitale sul file PDF/A che contiene il ricorso. Compiendo questa operazione si otterrà un file avente lo stesso nome ma con diversa estensione (cioè cambiano le tre lettere finali, quelle dopo il punto): non sarà più pdf, ma P7m.

Quale tipo di firma digitale bisogna utilizzare? Questo è un punto che interessa gli esperti. Inizialmente il Ptt ammetteva solo la CADES (CMS Advanced Electronic Signature), ma poi la Cassazione [4] ha ammesso anche il tipo PADES. La PADES, a differenza della CADES, non cambia il nome del file, quindi l’estensione rimane quella in pdf (anche se alcune versioni aggiungono un suffisso, quindi il risultato è:

nomedelfile.signed.pdf). Dovrai dunque utilizzare uno di questi due meccanismi di firma digitale e nessun altro perché non sarebbero riconosciuti validi. Se sei già dotato di firma digitale saprai sicuramente se il tuo servizio rientra in uno di questi due standard, che sono i più diffusi.

La firma digitale andrà messa non solo sul ricorso, ma anche su tutti gli atti allegati alla Pec che verrà trasmessa. Infatti in molti casi dovrai allegare al ricorso ed a sostegno delle tue ragioni parecchi documenti (certificati, perizie, documenti contabili, ecc.). In questi casi, per fare prima, anziché la firma singola su ciascuno puoi utilizzare la firma massiva che ti consentirà di firmarli tutti insieme o a gruppi.

A differenza del ricorso, che come abbiamo visto deve essere nativo digitale, i documenti allegati possono essere anche scansionati, ottenendo anche qui files in pdf (ed in bianco e nero, non a colori). Tieni presente che il numero massimo di allegati consentiti è di 50 (se si supera bisogna usare una funzione aggiuntiva per

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trasmetterli) e la dimensione di ciascun file non deve superare i 10 MB: i files che la oltrepassano dovranno essere suddivisi in più parti. Gli allegati vanno inseriti uno per uno, non si può fare un unico file “zippato” che li contiene tutti.

Ricorda che anche la procura alle liti, rilasciata dal ricorrente al difensore (è indispensabile perché egli possa rappresentarlo in giudizio), deve essere firmata digitalmente: se il ricorrente è sprovvisto di firma digitale firmerà il foglio di carta che il difensore autenticherà, dopodiché il documento sarà scansionato, firmato digitalmente dal difensore e allegato al ricorso. Se invece il ricorrente è munito di firma digitale personale potrà firmare in questo modo la procura predisposta dal difensore. E’ opportuno ricordare che ogni atto o documento può avere anche più di una firma digitale: tutte quelle necessarie vengono apposte con la medesima procedura adottata per la firma singola.

Se, invece, sei un privato, la tua controversia non supera i 3.000 euro di valore ed hai deciso di seguire la modalità cartacea anziché telematica, potrai depositare il tuo ricorso a mano presso l’Ufficio competente a riceverlo (ti sarà rilasciata una ricevuta di presentazione e presa in carico con il numero di protocollo) oppure inviargli una raccomandata A/R (nel qual caso dovrai aspettare che ti arrivi la ricevuta di ritorno) tenendo presente però che deve essere senza busta, cioè deve essere un plico: qui ti spieghiamo come si fa questa raccomandata senza busta.

La mediazione per ricorso contro cartella esattoriale: quando bisogna farla e cosa comporta

Non dimenticare la mediazione: adesso la procedura di reclamo-mediazione è obbligatoria per tutte le controversie fino a 50mila euro di valore (fino a poco tempo fa era necessaria per quelle che non superavano i 20mila). Infatti, in questi casi il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo, in modo che gli Uffici finanziari possano intervenire direttamente per eliminare la pretesa impositiva contenuta nella cartella, evitando così la necessità di andare avanti con il ricorso in Commissione Tributaria. Oltre al reclamo, che è indispensabile, il ricorso può contenere una proposta di mediazione, in cui si chiede all’ufficio di rideterminare l’ammontare degli importi chiesti con la cartella, per le più varie ragioni sollevate dal contribuente. Leggi questo articolo per sapere come fare la nuova istanza di

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reclamo-mediazione tributaria.

Questa procedura deve concludersi entro 90 giorni dalla data in cui avviene la notifica del ricorso che contiene il reclamo e la proposta di mediazione: il ricorso non può essere depositato alla Commissione tributaria in pendenza di questo termine, altrimenti sarebbe dichiarato improcedibile; i giudici cioè non potrebbero esaminarlo nel contenuto ed anche se tu avessi ragione nel merito non la otterresti, perché hai saltato questo passaggio. Quindi, quando c’è reclamo mediazione (se il tributo supera i 50mila euro di valore non ce n’è bisogno) i 30 giorni previsti per la costituzione in giudizio inizieranno a decorrere soltanto dopo che sono trascorsi questi 90 giorni.

Cosa può accadere nel frattempo? Se l’ufficio accoglie l’istanza del ricorrente, si sottoscrive un accordo di mediazione e si evita di proseguire con la strada del ricorso; se invece ritiene di non accogliere la proposta, potrà emettere un provvedimento motivato o semplicemente aspettare il decorso dei 90 giorni (silenzio rifiuto) ed allora il ricorrente potrà costituirsi in giudizio ed inizierà il processo vero e proprio. La mediazione serve da “filtro” perché in alcuni casi il Fisco si rende conto che il contribuente ha ragione e desiste dalle sue pretese evitando un processo inutile e che lo vedrebbe soccombente. In altri casi invece bisogna insistere e cercare di ottenere ragione dal giudice: proseguiamo allora nel cammino intrapreso e vediamo come si deve inoltrare il ricorso.

Inviare la Pec ed ottenere le ricevute

A questo punto è tutto pronto per notificare il ricorso: puoi inviare la Pec al destinatario – ti ricordiamo: devi farlo entro 60 giorni da quando hai ricevuto la notifica della cartella – inserendo il ricorso, la procura e gli altri eventuali allegati.

Appena fatto (ci vogliono pochi istanti, minuti o ore, a seconda del traffico e del carico del sistema) ti arriveranno in risposta sulla tua casella due messaggi: la ricevuta di accettazione e la ricevuta di consegna. La prima è il messaggio che il gestore del servizio Pec ti invia informandoti di aver ricevuto il messaggio che hai inviato; la seconda è quella che arriva dal destinatario quando il messaggio è arrivato nella sua casella. Quindi, con la ricevuta di consegna hai la garanzia che la tua Pec è stata validamente recapitata sulla casella del soggetto che ha emesso la cartella di pagamento ed al quale hai notificato il tuo ricorso (non occorre che poi l’abbia effettivamente aperta e letta, l’essenziale è che gli sia arrivata e sia

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disponibile sulla sua casella Pec).

Quando invii la Pec, il Ministero consiglia [5] di inserire nell’oggetto del messaggio la seguente dicitura: «Notificazione ai sensi dell’art. 16 bis, comma 3, D.Lgs.

546/92» e nel corpo del messaggio indicare che si tratta di un ricorso, indicando gli estremi dell’atto, i dati identificativi delle parti e la Commissione tributaria adita.

Non è un obbligo ma è opportuno farlo, per evitare disguidi, agevolare il lavoro delle segreterie e fare in modo che il ricorso arrivi correttamente a destinazione e venga individuato come tale, senza perdersi nei meandri di altri tipi di comunicazioni. Meglio perdere tempo adesso scrivendo una riga in più che dopo, cercando di recuperare un ricorso che non si trova e che magari l’Ente pubblico sostiene di non aver mai ricevuto (dovresti dimostrare che glielo avevi inviato proprio con quella Pec che conteneva quegli allegati: è più semplice farlo se è già dichiarato nell’oggetto e nel testo del messaggio).

La notifica si intende perfezionata già nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione. Conserva entrambe le ricevute: ti serviranno tra poco, quando dovrai costituirti in giudizio. Anch’esse infatti dovranno essere allegate, per dimostrare ai giudici che, spedendo quella Pec, hai notificato regolarmente il tuo ricorso alla controparte. Il valore legale della Pec richiede la presenza di entrambe le ricevute. Tieni presente che le ricevute saranno in formato “.eml”: potrai conservarle così (sono già native digitali e vanno bene) oppure trasformarle in pdf, se preferisci. Quando depositerai i documenti, dovrai firmare digitalmente anche queste.

Come costituirsi in giudizio e quali documenti occorrono

Se sei arrivato fin qui, sei un osso duro: hai completato tutte le impegnative fasi precedenti ma adesso viene quella forse più difficile. Non te la cavi soltanto scrivendo un testo, salvandolo in pdf, firmandolo digitalmente e inviando tutto via Pec. Ora devi interfacciarti con la Commissione tributaria che tratterà il tuo ricorso e per arrivare a questo, per inoltrarglielo e farglielo avere, devi interloquire con il Sigit, il sistema informativo della giustizia tributaria che è stato appositamente creato e predisposto per accogliere e gestire tutti i ricorsi depositati in forma telematica dal 1 luglio 2019 ed anche per trattare l’evoluzione dei processi che ne conseguono. Non è un mostro, ma è uno scoglio impegnativo da superare e ci sono

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i modi per farlo.

La procedura realizzata è abbastanza “user friendly” cioè amichevole anche per i non addetti ai lavori. Se hai già dimestichezza con i comuni moduli online non dovresti avere particolari problemi; altrimenti segui i passaggi che ti indicheremo.

Si tratta di depositare ritualmente un ricorso giurisdizionale ed il fatto di farlo in via telematica non rende questo essenziale adempimento meno serio, anzi. I professionisti del settore sanno bene che i passaggi che ora descriveremo sono impegnativi e richiedono la massima attenzione. Un ricorso non depositato non esiste, non arriverà mai all’attenzione dei giudici. Sbagliare qualcosa significa perdere le possibilità di vincere e quindi perdere soldi: tuoi o dei tuoi assistiti, se stai difendendo loro. E’ come una corsa ad ostacoli, con il vantaggio che ad ogni salto ci sono tutorial che ti aiutano nei vari passaggi, come questo.

Per depositare il ricorso e gli atti ad esso allegati dovrai innanzitutto registrarti all’applicazione Ptt (processo tributario telematico, appunto) del Sigit. Se sei già un professionista abilitato a questo servizio, puoi saltare questo passaggio, altrimenti leggi con attenzione. Per registrarti devi avere una casella Pec ed essere dotato di firma digitale ed inserire tutti i tuoi dati in questa pagina.

Se sei un privato, indica nel menu a tendina, nella casella “tipo utente”, la voce

“contribuente/persona fisica”, altrimenti inserisci la tua categoria professionale (avvocato, dottore commercialista, ecc.). Bisogna anche scansionare e caricare un documento di identità valido (per i professionisti anche il tesserino di appartenenza al proprio Ordine). Se sei già dotato di Spid (Sistema pubblico di identità digitale) puoi fare molto prima perché sei già identificato in modo ufficiale.

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Quando avrai completato la validazione dei dati inseriti, il sistema ti comunicherà le credenziali di accesso (UserId e password: la seconda parte del codice ti verrà inviata via Pec) che dovrai inserire ogni volta che ti colleghi (ogni 90 giorni dovrai cambiare la password, altrimenti quella precedente non funzionerà più).

Fatto questo, puoi finalmente “loggarti”, cioè accedere al sistema ed inserire nel sistema i dati del tuo ricorso (se sei un difensore, devi avere la delega per il deposito telematico degli atti dei tuoi assistiti). Ecco la schermata principale del Sigit dove sei entrato con le tue credenziali (ci si arriva anche dal portale della giustizia tributaria, alla voce processo telematico): la sezione che ti interessa in questo momento è quella che si trova sulla sinistra, intitolata “Deposito telematico“. Dimentica la Pec perché ora non serve più: dovrai interfacciarti direttamente con questa procedura ed inserire qui tutte le informazioni richieste.

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La sigla Nir significa nota di iscrizione a ruolo: è l’atto con cui richiedi che venga effettuata l’iscrizione della causa ed è come la “targa” del tuo ricorso, attribuita dalla segreteria della Commissione presso cui stai effettuando il deposito, perché contiene tutti i dati identificativi del ricorso stesso e che consentiranno di acquisirlo al sistema, di assegnarlo ai giudici che lo esamineranno e di interrogare successivamente i dati. In passato, dovevi compilare il modulo a mano e depositarlo in segreteria; ora invece le informazioni ti vengono richieste a video, senza nessun impiegato davanti e senza doverti recare ad uno sportello.

In questa schermata, dovrai selezionare il tipo di atto, scegliendo dal menu a tendina la voce “Ricorso“, inserire la Commissione a cui lo hai indirizzato (ad esempio: Commissione Tributaria Provinciale di Roma) e i dati generali, tra cui l’eventuale richiesta di trattazione della causa in pubblica udienza e la difesa da parte di un professionista (barrando la casella “La parte si avvale di un difensore abilitato”). Nella sezione “parti resistenti” andrà indicato l’Ente impositore o l’Agente Riscossione che ha emesso la cartella impugnata. Bisognerà poi selezionare la materia (es. “accertamento imposte”), specificare di quale o quali imposte si tratta (Iva, Ires, Imu, ecc.) e indicare anche l’importo (tratto dalla cartella) e l’anno di imposta.

Non ti meravigliare della quantità di informazioni richieste, che erano già contenute nella cartella ed avevi già inserito nel tuo ricorso. Sembrano dati

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ridondanti ma non sono inutili: tieni presente che la Commissione tributaria non sa ancora nulla del tuo ricorso e questo modello serve proprio per comunicargli tutti i dati necessari a trattarlo. Se non li inserisci tutti non è possibile andare avanti. E’

un passaggio indispensabile e devi farlo tu attraverso internet, non c’è più un impiegato a correggerti se sbagli o dimentichi qualcosa, ma semplicemente il sistema ti blocca e non ti consente di proseguire. Ritenta finché non riesci ad inserire i dati in maniera corretta, è sufficiente avere davanti la cartella ed il ricorso, sono tutti contenuti lì.

Con un po’ di pazienza riuscirai a completare tutti i passaggi richiesti dalla Nir ed allora dovrai caricare tutti i documenti a partire dal ricorso stesso, cliccando “scegli file” e poi “carica documento principale”: il ricorso, appunto (quello che avevi notificato via Pec alla controparte), al quale farai seguire tutti gli allegati che hai già notificato, a partire dalla procura e fino alle notifiche della Pec, cioè la ricevuta di accettazione e la ricevuta di consegna (ricorda che i nomi dei file non devono superare i 100 caratteri di lunghezza altrimenti il sistema non li accetta). Se sei un avvocato, potrai in questo momento attestare la conformità [6] dei documenti che hai notificato con quelli ora depositati in modo da prevenire ogni contestazione.

Alla fine, il sistema ti rilascerà una ricevuta che proverà che gli atti sono stati regolarmente acquisiti. Ti rimane da pagare il contributo unificato, potrai fare anche questo in via telematica con PagoPa oppure con il tradizionale modello F23.

Ricorso depositato: che succede ora?

A questo punto il tuo ricorso è stato fatto, notificato ed anche depositato. Il processo tributario inizia. Che succede ora? La segreteria della Commissione ti comunicherà a breve sulla Pec che gli avrai indicato nel ricorso (o nel domicilio eletto, nei residui casi di processo in modalità tradizionale) la fissazione della data di udienza, nella quale il tuo ricorso verrà discusso e deciso dai giudici. Attraverso il portale Sigit potai subito sapere se la tua controparte si è costituita oppure no ed in caso ciò sia avvenuto, cosa ha detto e replicato contro il tuo ricorso. Vediamo allora come puoi fare per conoscere queste informazioni, che ti potranno essere utili nel caso tu voglia depositare memorie integrative prima dell’udienza fissata per la decisione.

Il Sigit consente di sapere cosa ha depositato la tua controparte: come si è difesa contro il tuo ricorso e quali documenti ha prodotto. Ad esempio, se tu avevi

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sostenuto di non aver mai ricevuto la notifica di quella cartella, che quindi si è prescritta, l’Agenzia Entrate Riscossione (ex Equitalia) potrebbe aver prodotto una relata di notifica firmata a tuo nome per dimostrare che la notifica era stata fatta;

in tal caso la cartella regolarmente notificata sarebbe valida (ma tu potresti eccepire che la firma non era tua oppure che la persona che ha ricevuto l’atto non era abilitata a farlo: quindi solleveresti una questione su questo punto). I giudici esamineranno i documenti di entrambe le parti costituite prima di decidere, quindi è importante che tu sappia cosa ha eccepito la controparte per poter fare valere al meglio le tue ragioni.

Il telecontenzioso: come informarsi sull’esito del processo

Da quando hai depositato la tua Nir (nota di iscrizione a ruolo) e senza che tu te ne sia accorto, il sistema Sigit ha creato un fascicolo informatico del tuo processo:

all’inizio contiene solo il tuo ricorso e gli atti che avevi allegato, ma poi viene arricchito con gli atti di controparte e con i provvedimenti emessi dal giudice. Ad esempio, quando la tua controparte, poniamo Agenzia Entrate Riscossione, decide di costituirsi in giudizio depositerà una memoria di costituzione contenente le sue controdeduzioni: questo atto confluirà nel fascicolo telematico e tu potrai consultarlo comodamente da casa tua o dal tuo studio, accedendo al Sigit con le tue credenziali.

Per fare questo devi accedere al Sigit con i tuoi dati personali, selezionando l’apposita funzione, chiamata “Telecontenzioso“: potrai così visualizzare le informazioni sui ricorsi depositati (potrebbero essere più di uno, nel qual caso selezionerai quello che in quel momento ti interessa), lo stato del processo e gli atti presenti nel fascicolo. Questa funzione è molto utile per consultare gli atti depositati dalle controparti ed i provvedimenti emanati dal giudice: da qui potrai avere tutti gli atti del processo, fino alla copia della sentenza che avrà deciso il tuo ricorso. Potrai anche scaricare copia dei documenti sul tuo computer (senza neppur dover pagare i diritti di copia, richiesti sul cartaceo) ed esaminarli con calma. Il fascicolo informatico che consulti tu è lo stesso che è visionato dai giudici e dalle controparti (salve le “copie di cortesia” degli atti in formato cartaceo che alcuni giudici, per loro comodità, ancora richiedono).

Non solo: attraverso il Sigit potrai anche depositare atti ulteriori, se occorre. Ad

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esempio, se l’Agente Riscossione nelle sue difese ha eccepito qualcosa che non ritieni valido (come nel caso accennato nel paragrafo precedente sulla notifica invalida), potrai controdedurre a tua volta, depositando memorie illustrative prima che il giudice decida la causa, in modo che egli consideri anche la tua versione su questo punto introdotto dal tuo avversario.

Tieni presente che nel momento in cui scriviamo il processo tributario è completo fino a questa fase ma non è ancora in vigore per le successive: i verbali di udienza e la stessa sentenza vengono ancora redatti e sottoscritti su carta, in modalità analogica. La segreteria scannerizza questi documenti e li inserisce nel fascicolo informatico, in modo che il ricorrente, il difensore ed i resistenti possano visionarla ed estrarla in copia. Anche qui si rivela il vantaggio del Ptt rispetto al tradizionale:

quando si vince il ricorso, il difensore, una volta scaricata la sentenza favorevole ed attestata la conformità all’originale, potrà direttamente notificarla alla controparte per l’esecuzione, senza più dover passare dalla segreteria per richiedere il rilascio della sentenza con formula esecutiva.

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