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Il rischio alluvionale sui fi umi di pianuraStato dell’arte in materia di valutazione e gestione del rischio di alluvioni

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(1)

Stato dell’arte in materia di valutazione e gestione del rischio di alluvioni

sui fiumi di pianura

AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO

il rischio alluvionale

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www.adbpo.it

[email protected]

Il quadro normativo di riferimento Che cosa è il rischio Le fasi conoscitive

per la valutazione del rischio di alluvione

Le misure del PAI

per la riduzione del rischio di alluvione

Premessa

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Il rischio alluvionale sui fi umi di pianura

Stato dell’arte in materia di valutazione e gestione del rischio di alluvioni

AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO

EDIZIONI DIABASIS

(3)

Autori

Segreteria tecnica dell’Autorità di bacino del fi ume Po Via Garibaldi, 75

43121 Parma

telefono 0039.0521.2761 fax 0039.0521.273848

[email protected] - www.adbpo.it Progetto grafi co e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN) Coordinamento redazionale Studio Zani, Reggio Emilia (RE)

con la collaborazione fotografi ca dell’ing. David Zilioli Le illustrazioni provengono dall’archivio fotografi co dell’Autorità di bacino del fi ume Po

Stampa

Tipografi a La Colornese, Colorno (PR)

ISBN 978-88-8103-680-6

© 2009 Edizioni Diabasis via Emilia S. Stefano 54 42121 Reggio Emilia Italia telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

[email protected] - www.diabasis.it

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I N D I C E Premessa 4 CAPITOLO PRIMO

Il quadro normativo di riferimento 6

La legge 183/89 e la pianifi cazione di bacino 7

La Direttiva 2007/60/CE 8

CAPITOLO SECONDO

Che cosa è il rischio 10

I processi idrogeologici nel bacino del fi ume Po 12

Il rischio di alluvione lungo il reticolo idrografi co di pianura 14

CAPITOLO TERZO

Le fasi conoscitive per la valutazione del rischio di alluvione 18

L’informazione storica 19

Le alluvioni: la conoscenza delle aree storicamente allagate 20

Lo spazio del fi ume: la conoscenza dell’evoluzione planoaltimetrica storica dell’alveo 22 Le analisi numeriche per la valutazione della pericolosità e per una prima analisi del rischio 24

Gli Studi propedeutici al PAI 24

Gli Studi di fattibilità degli affl uenti del Po 25

Gli approfondimenti per la valutazione del rischio nelle aree di pertinenza fl uviale 28 Gli approfondimenti per la valutazione del rischio residuale lungo l’asta medio inferiore del fi ume Po 31

La mobilità dell’alveo e il trasporto solido 34

Gli esiti delle fasi conoscitive e le principali ricadute nel PAI 35

La delimitazione delle fasce fl uviali 35

La mappatura del rischio su base comunale 36

La perimetrazione delle aree a rischio molto elevato (aree RME) 37

CAPITOLO QUARTO

Le misure del PAI per la riduzione del rischio di alluvione 38

Gli interventi di contenimento dei livelli 40

Gli interventi di laminazione delle piene 42

La delocalizzazione e le misure di riduzione della vulnerabilità 45

La gestione dei sedimenti e dell’assetto morfologico dell’alveo 46

La previsione delle piene e le attività del tempo reale 47

Bibliografi a 48

CD allegato

Il CD allegato contiene il pdf interattivo del fascicolo, che consente di accedere automaticamente alla visualizzazione delle diverse sezioni del documento.

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P R E M E S S A La conoscenza dei processi idromorfo- logici associati al defl usso delle piene e la gestione delle condizioni di rischio conseguenti all’antropizzazione dei territori perifl uviali e all’utilizzo delle risorse fl uviali costituiscono fi nalità principali della Direttiva comunitaria 2007/60/CE.

I quadri conoscitivi e le misure per la mitigazione del rischio di alluvione contenuti negli strumenti di piani- fi cazione di bacino di cui alla legge 183/89, e in particolare, per il bacino del fi ume Po, nel Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) approva- to nel 2001, costituiscono un impor- tante e fondamentale punto di riferi- mento per l’attuazione della Direttiva comunitaria.

Le fasce fl uviali del PAI e le Norme di

Attuazione a esse associate defi ni- scono infatti l’assetto di progetto da conseguire lungo i corsi d’acqua, in- dividuando in particolare il livello di sicurezza da garantire, le necessità di intervento per la protezione pas- siva dei centri abitati, gli obiettivi di espansione e laminazione delle piene all’interno delle fasce fl uviali, le regole di prevenzione fi nalizzate a promuo- vere una pianifi cazione adeguata del territorio e buone pratiche nel settore agricolo e forestale.

A circa dieci anni dall’approvazione del PAI buona parte degli interventi di protezione arginale più signifi cativi e prioritari sono stati realizzati o sono in corso di realizzazione e l’adeguamen- to degli strumenti urbanistici, ad oggi in corso di completamento, consentirà

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di prevenire nel futuro nuove costru- zioni all’interno delle fasce fl uviali.

Ciononostante, come hanno messo in evidenza gli ultimi eventi alluvio- nali, la sola difesa passiva dalle piene con opere arginali non è suffi ciente al pieno raggiungimento del livello di sicurezza atteso lungo l’asta del Po e lungo i suoi principali affl uenti.

È necessario in primo luogo, come peraltro previsto dalla nuova Direttiva comunitaria, potenziare la capacità di espansione e laminazione delle piene, che spesso risulta inadeguata rispetto agli obiettivi del PAI, al fi ne di non in- crementare, e laddove possibile dimi- nuire, le portate di piena convogliate verso valle.

Le arginature, poi, per quanto ben re- alizzate, monitorate e mantenute nel

tempo, non possono garantire un livello di sicurezza assoluto per il ter- ritorio circostante, e pertanto l’entità di tale rischio residuale deve essere adeguatamente valutata nel tempo differito e gestita nel tempo reale.

L’attuazione congiunta delle Direttive comunitarie 2000/60 e 2007/60 pre- suppone inoltre che la gestione dei corsi d’acqua debba essere effettuata tutelando e ripristinando, laddove an- cora possibile, i processi di evoluzio- ne naturale dell’alveo. Il recupero di condizioni morfologiche di equilibrio dinamico, anche attraverso la dismis- sione e l’adeguamento delle opere di difesa non più strategiche e inade- guate all’assetto defi nito dalle fasce fl uviali, è la “condicio sine qua non”

per conseguire gli obiettivi congiunti

di difesa delle acque e di difesa dalle acque di cui alle Direttive medesime.

Infi ne, ulteriore misura strategica e indispensabile per il pieno raggiun- gimento degli obiettivi di difesa dalle alluvioni riguarda la riduzione della vulnerabilità, l’adeguamento o la de- localizzazione di quelle strutture e in- frastrutture presenti all’interno delle fasce fl uviali, vulnerabili o incompati- bili con i processi associati alle piene fl uviali.

Secondo tali orientamenti si è operato nell’ambito della predisposizione del PAI e dei successivi aggiornamenti e approfondimenti sviluppati per la sua attuazione, sintetizzati nella presente pubblicazione.

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C A P I T O L O P R I M O

Il quadro normativo

di riferimento

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Il quadro normativo di riferimento

La legge 183/89

e la pianifi cazione di bacino

Fino al 1956 nei provvedimenti legi- slativi non si trova alcun riferimento né al bacino imbrifero né al territorio nel suo complesso, essendo principal- mente orientati a defi nire necessità e competenze dello Stato in materia di opere idrauliche.

L’evento alluvionale del novembre 1966 in Toscana e nel Triveneto rappre- sentò un momento storico di rifl essio- ne sulla complessiva politica del terri- torio, sulla organizzazione della difesa del suolo e della tutela delle acque.

Con l’istituzione della Commissione interministeriale, presieduta da De Marchi, nel luglio del 1967, iniziò l’esame dei problemi tecnici, econo- mici, legislativi e amministrativi fi na- lizzati a “proseguire e intensifi care gli interventi necessari per la generale sistemazione idraulica e di difesa del suolo sulla base di una completa pro- grammazione...”. La conclusione dei lavori della Commissione, dopo due anni e mezzo, indicò sul bacino del Po

i lavori necessari e il costo presunto.

Negli anni successivi, che preludono all’avvento delle Regioni a statuto or- dinario, cambia profondamente l’ap- proccio culturale e viene per la prima volta ricostruito, a livello nazionale, un quadro conoscitivo completo della si- tuazione territoriale italiana. Le mag- giori innovazioni sono introdotte, tra il 1970 e il 1977, dai provvedimenti ri- guardanti rispettivamente la gestione delle emergenze e il trasferimento di competenze e funzioni dallo Stato alle Regioni, mediante il D.P.R. 616/77.

Solo alla fi ne degli anni ‘80, dopo, un lungo dibattito parlamentare, si giun- ge all’approvazione della Legge 18 maggio 1989 n. 183, recante Norme per il riassetto organizzativo e fun- zionale della difesa del suolo.

Le fi nalità della legge sono quelle di

“assicurare la difesa del suolo, il risa- namento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale e per la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi”. Per il loro

conseguimento la pubblica ammini- strazione deve svolgere ogni opportu- na azione sia di carattere conoscitivo sia di programmazione e pianifi cazione degli interventi, nonchè di esecuzione e controllo dell’attuazione degli inter- venti medesimi (art. 1, comma 2).

La portata e la rilevanza della legge stanno non solo nella posizione loro attribuita dal legislatore di “norme

fondamentali di riforma economico- sociale della Repubblica nonché prin- cipi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione” (art. 1, comma 5), ma anche nelle profonde innovazioni introdotte nell’organizzazione e nelle funzioni della pubblica amministrazio- ne nel settore della difesa del suolo.

Le innovazioni introdotte dalla legge sono numerose e riguardano l’indivi-

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CAPITOLO PRIMO

duazione del bacino idrografi co come ambito territoriale di riferimento per la pianifi cazione, programmazione ed attuazione delle politiche di difesa del suolo; la multidisciplinarietà del Piano di bacino in ordine al perseguimen- to degli obiettivi di prevenzione dei diversi dissesti gravanti sul territorio;

la natura cogente del Piano di Bacino sugli altri strumenti di pianifi cazione;

l’istituzione delle Autorità di Bacino preposte alla programmazione, ge- stione e governo dei bacini fl uviali.

I compiti dell’Autorità si riferiscono es- senzialmente alle attività di pianifi ca- zione e di programmazione nell’inte- ro bacino idrografi co di competenza, cioè alla formazione dei relativi atti, piani di bacino e relativi stralci, non- ché al controllo dell’attuazione delle iniziative da questi previste.

Il “Piano stralcio per l’Assetto Idro- geologico” (PAI), approvato con DPCM 24 maggio 2001, ha rappresen- tato, per l’Autorità di bacino del fi ume Po, l’atto di pianifi cazione conclusivo e unifi cante di tutti gli strumenti di

pianifi cazione per la difesa del suolo dal rischio idraulico e idrogeologico, precedentemente approvati.

Il PAI contiene per l’intero bacino:

• la delimitazione delle fasce fl uviali sui corsi d’acqua principali del bacino;

• l’individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, nella par- te del territorio collinare e montano;

• la defi nizione degli interventi a ca- rattere non strutturale, costituiti da- gli indirizzi e dalle limitazioni d’uso del suolo nelle aree a rischio idrauli- co e idrogeologico;

• l’individuazione del quadro degli in- terventi strutturali a carattere inten- sivo ed estensivo sui versanti e sui corsi d’acqua.

La Direttiva 2007/60/CE

La Direttiva 2007/60/CE pone agli Stati membri l’obbligo di istituire un quadro per la valutazione e la gestio- ne dei rischi di alluvioni volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e l’attività economica connesse all’interno della Comunità europea.

La Direttiva indica la necessità di privi- legiare un approccio di pianifi cazione a lungo termine che viene scandito in tre tappe successive che possono essere ricondotte a tre diversi livelli di approfondimento.

L’obiettivo è quello di integrare fi n da subito tutti i dati conoscitivi sulla peri- colosità, la vulnerabilità ed il rischio ri- mandando alle fasi successive tutti gli approfondimenti conoscitivi necessari per fornire un quadro di maggior det- taglio sulle condizioni di rischio.

Le tre fasi di attuazione della Direttiva sono:

Fase 1 - gli stati membri procedono entro il 2011 ad una valutazione

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Il quadro normativo di riferimento

preliminare del rischio di alluvio- ni in ciascun distretto idrografi co;

Fase 2 - per quelle zone del distret- to idrografi co per le quali esiste un rischio potenziale signifi cativo di al- luvioni o si possa ritenere probabile che questo si generi, entro il 2013 si devono predisporre mappe della pericolosità e mappe del rischio di alluvioni;

Fase 3 - infi ne entro il 2015 per que- ste zone devono essere predisposti i piani di gestione del rischio di alluvioni che devono prevedere mi- sure volte a ridurre la probabilità di accadimento delle alluvioni e ad at- tenuarne le possibili conseguenze.

Essi dovranno coprire tutte le fasi del ciclo di gestione delle alluvioni ma si dovranno concentrare principalmen- te sulle misure di Prevenzione, Prote- zione e Preparazione (previsione/in- formazione). La defi nizione delle tre misure è riportata al punto 2.2 della

“Comunicazione Europea in materia di prevenzione, protezione e gestio- ne delle alluvioni” (luglio 2004):

• Prevenzione: evitare di costruire abitazioni ed impianti industriali in zone già a rischio di inondazione o che potranno esserlo; tenendo conto del rischio di inondazioni per l’edilizia futura e promuoven- do una pianifi cazione adeguata del territorio e buone pratiche nel settore agricolo e forestale;

• Protezione: adottare misure, sia strutturali che non strutturali, per ridurre il verifi carsi di inondazioni e/o il loro impatto in una specifi ca località;

• Preparazione: informare la po- polazione sui rischi di inondazione e su cosa fare nel caso si verifi chi- no tali fenomeni.

In particolare fra le misure di pre- venzione e protezione individuate dalla Direttiva 2007/60/CE vi sono la promozione di pratiche sostenibili di utilizzo del suolo, il miglioramento di ritenzione delle acque nonché l’inon- dazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale.

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C A P I T O L O S E C O N D O

Che cosa è il rischio

(12)

Che cosa è il rischio

Condizioni di rischio idraulico e idro- geologico si generano nei casi in cui i fenomeni alluvionali interessano terri- tori antropizzati (centri abitati, infra- strutture, insediamenti produttivi) che vengono di conseguenza danneggia- ti. Nei casi più estremi il rischio può comprendere anche la perdita di vite umane. Laddove l’uso del suolo non risulta compromesso da edifi cazioni ed infrastrutture il rischio si può consi- derare nullo nonostante il verifi carsi di fenomeni alluvionali anche caratteriz- zati da elevate condizioni di pericolo- sità. Nello specifi co i diversi fattori che compongono il rischio, secondo la de- fi nizione riconosciuta in sede interna- zionale, si riassumono nella seguente espressione:

R = E x H x V dove:

R = rischio relativo a un determinato elemento, inteso come il valore atteso del danno che mediamente può subi- re l’elemento stesso in un prefi ssato periodo di tempo;

E = entità degli elementi a rischio, cioè le persone e i beni che possono subi- re danni quando si verifi ca un evento, misurata in modo diverso a seconda della loro natura;

H = pericolosità (Hazard), cioè proba- bilità di accadimento di un determina- to fenomeno in uno specifi co periodo di tempo e in una data area; il valore di H è strettamente connesso al tempo di ritorno di un evento T, che esprime

R4 - Molto elevato

Sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifi ci e alle infrastrut- ture, danni al patrimonio culturale, la distruzione di attività socio-economiche.

R3 - Elevato

Sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifi ci e alle infrastrutture, con conseguente inagibilità degli stessi e l’interruzione delle attività socio-economiche, danni al patrimonio culturale.

R2 - Medio

Sono possibili danni minori agli edifi ci ed alle infra- strutture che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifi ci e lo svolgimento delle attività socio-economiche.

R1 - Moderato

I danni sociali ed economici sono marginali.

Probabilità che diverse tipologie di eventi, interessanti versanti e/o corsi d’acqua, di una certa intensità si verifi chino in un’area

determinata in un intervallo di tempo.

VALORE ESPOSTO

Valore sociale, economico, ambientale di persone, beni e infrastrutture ubicate nell’area in esame.

VULNERABILITÀ

Percentuale del valore che verrà perduto nel corso dell’evento in esame

0 = nessun danno 1 = perdita totale.

X

X

Π

l’intervallo di tempo nel quale l’evento si verifi ca in media una volta. Vale in- fatti la relazione H = 1 - (1 -1/T)t.

V = vulnerabilità, defi nita come atti- tudine dell’elemento a rischio a subire danni per effetto dell’evento stesso (aliquota dell’elemento a rischio che viene danneggiata); è compresa tra 0 e 1.

Per ridurre il rischio è necessario quin- di agire su tutti e tre i fattori che lo

compongono (pericolosità, entità degli elementi a rischio e loro vulne- rabilità), ricercando la miglior combi- nazione in termini di costi/benefi ci. La stessa Direttiva 2007/60/CE prevede proprio una stretta correlazione tra gli interventi di difesa ed il benefi cio eco- nomico che ne può derivare.

bili à h di i l i di PERICOLOSITÀ

VALORE ESPOSTO VALORE ESPOSTO VALORE ESPOSTO

VULNERABILITÀ VULNERABILITÀ

RISCHIO TOTALE

Torrente Borbera (AL), alluvione 1993.

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CAPITOLO SECONDO

I processi idrogeologici nel bacino del fi ume Po

Il quadro complessivo delle attuali cono- scenze consente di identifi care all’inter- no del bacino del Po alcune macrozone caratterizzate da omogeneità a grande scala, in merito ai processi di instabili- tà idraulica e idrogeologica prevalenti, alcuni dei quali risultano peculiari e de- scrittivi di tali macroambiti. In particolare il rischio di alluvione interessa:

• le aree di pianura lungo il reticolo idrografi co principale e secondario con prevalenti processi di allaga- mento associati, laddove maggiore è l’energia della corrente, a processi morfologici di erosione e deposito dei sedimenti;

• le aree montane con prevalenti pro- cessi di dinamica torrentizia e, sul re- ticolo secondario nel settore alpino, con processi di trasporto di massa e deposito di colate detritiche nelle aree di conoide.

Nel dettaglio fi gura e tabella descrivo- no i processi prevalenti nelle diverse aree omogenee.

TIPOLOGIA Inondazioni per rottura degli argini

maestri

Inondazioni delle zone rivierasche

Esondazioni e sovra alluvionamenti

Processi erosivi e fenomeni di trasporto di massa lungo la rete

idrografi ca

Frane

superfi ciali Frane di grandi dimensioni Fenomeni

valanghivi

1

3

5

7 2

4

6

8

1

3

5

7 2

4

6

8

settore terminale della pianura padana settore intermedio della pianura padana settore pedemontano appenninico settore pedemontano alpino settore montano appenninico settore collinare Langhe settore montano alpino grandi laghi subalpini

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Che cosa è il rischio

1. Settore terminale della pianura padana

Zona di massima espansione delle piene con superfi cie inondabile da 30.000 a oltre 100.000 ha. Sviluppo dei fenomeni per rottura impulsiva di argine e progressiva sommersione della pianura circostante. Le inondazioni avvengono per inadeguatezza del reticolo secondario e coinvolgono centri abitati e infrastrutture di rilevante importanza.

Il sistema idrografi co principale è costituito dall’asta del Po e dagli affl uenti, completamente arginato, quello secondario è costituito dalla rete artifi ciale di bonifi ca, prevalentemente a scolo meccanico.

2. Settore intermedio della pianura padana

Zona di espansione delle piene su superfi ci da 10.000 a 30.000 ha. Sviluppo dei fenomeni per rottura impulsiva di argine e progressiva sommersione della pianura circostante. Le inondazioni avvengono per inadeguatezza del reticolo secondario e coinvolgono centri abitati e infrastrutture di rilevante importanza.

Il sistema idrografi co principale è costituito dall’asta del Po e dagli affl uenti, quello seconda- rio è costituito dalla rete artifi ciale di bonifi ca, prevalentemente a scolo meccanico.

3. Settore pedemontano e di alta pianura di pertinenza appenninica

Lungo i corsi d’acqua, espansione delle piene per tracimazione e anche per rottura d’argine su superfi ci globalmente inferiori a 10.000 ha; frane locali a livello di substrato, più frequen- ti per fl uidifi cazione di terreni superfi ciali. Lungo i corsi d’acqua fenomeni relativamente im- pulsivi; frane, soprattutto lungo la rete stradale, condizionate dalla quantità della pioggia.

Il sistema idrografi co principale è costituito dagli affl uenti del Po, ad elevata intensità di opere, con sistemi di difesa passiva (parziale regimazione dell’alveo) e in alcuni casi attiva (casse di espansione e scolmatori), quello secondario è costituito dalla rete naturale (con media intensità di opere), irrigua e di bonifi ca prevalentemente a scolo naturale.

4. Settore pedemontano e di alta pianura di pertinenza alpina

Lungo i corsi d’acqua e la rete irrigua espansione delle piene su superfi ci globalmente inferiori a 10.000 ha; frane prevalenti per fl uidifi cazione di terreni superfi ciali localmente concentrate (Biellese e Bresciano) talora con sbarramento dei corsi d’acqua. Lungo i corsi d’acqua fenomeni relativamente impulsivi; frane molto rapide condizionate dalla qualità e intensità della pioggia.

Il sistema idrografi co è costituito dalla rete idrografi ca naturale minore a bassa intensità di opere.

5. Settore montano appenninico

Intensi processi erosivi lungo le aste torrentizie e locali alluvionamenti; frane di grandi di- mensioni prevalentemente per colamento, talora con sbarramento dei corsi d’acqua. Lun- go la rete idrografi ca fenomeni impulsivi; frane a sviluppo per lo più lento e condizionato dall’altezza e durata della pioggia.

Il sistema idrografi co è costituito dalla rete idrografi ca naturale minore a bassa intensità di opere.

6. Settore collinare delle Langhe cuneesi e del Monferrato

Intensi processi erosivi lungo la rete idrografi ca principale e secondaria; esondazioni e alluvionamenti estesi soprattutto lungo i principali corsi d’acqua; prevalenti frane a livello di substrato per scivolamento planare; numerosissime frane per fl uidifi cazione dei terreni superfi ciali. Lungo i corsi d’acqua fenomeni relativamente impulsivi; frane a sviluppo da lento a rapido condizionate dalla durata e dall’intensità della pioggia.

Il sistema idrografi co è costituito dalla rete idrografi ca naturale minore a bassa intensità di opere.

7. Settore montano alpino

Diffusi processi erosivi e fenomeni di trasporto in massa lungo la rete idrografi ca secondaria e deposito sulle conoidi. Esondazioni e alluvionamenti lungo i corsi d’acqua principali; frane di grandi dimensioni con sbarramento dei corsi d’acqua. In varie zone diffusa pericolosità per valanghe prevalentemente nel periodo primaverile. Lungo la rete idrografi ca principale e soprattutto secondaria, fenomeni impulsivi e violenti; frane molto rapide, condizionate da precipitazioni di lunga durata e dalla fusione del manto nevoso o talora da piogge brevi e di elevata intensità; fenomeni valanghivi molto rapidi talora pulsatori e spesso ripetitivi nei medesimi luoghi.

Il sistema idrografi co è costituito dalla rete idrografi ca naturale minore a medio-bassa intensità di opere.

8. Grandi laghi subalpini

Inondazione delle zone rivierasche durante le piene: avvallamenti e sprofondamenti di sponda durante i periodi di magra. Diffusi processi erosivi e fenomeni di trasporto in massa lungo la rete idrografi ca secondaria e deposito sulle conoidi. Gli allagamenti sono pro- gressivi durante le piene; gli sprofondamenti di sponda durante le magre sono improvvisi e rapidi.

(15)

CAPITOLO SECONDO

Il rischio di alluvione

lungo il reticolo idrografi co di pianura

Il reticolo idrografi co principale è ca- ratterizzato da circa 6.750 km di corsi d’acqua principali (di lunghezza supe- riore ai 20 km) direttamente affl uenti del Po (28 di II ordine) o che recapitano negli affl uenti diretti (16 di III e IV ordi- ne). Estesa la dimensione del reticolo secondario, di 32.300 km, e dei corsi d’acqua artifi ciali (canali irrigui e di bonifi ca) che nelle ramifi cazioni prin- cipali si estendono per 16.750 km.

Lungo il reticolo idrografi co principale del bacino del fi ume Po il rischio di al- luvione può essere distinto in relazio- ne ai seguenti processi principali:

• processi di inondazione per progres- sivo e naturale allagamento della pianura alluvionale;

• processi di mobilità plano altimetri- ca dell’alveo e di erosione, trasporto e deposito di sedimenti;

• processi di inondazione connessi a scenari di rottura arginale.

(16)

Che cosa è il rischio

I processi idromorfologici associati al de- fl usso delle piene generano condizioni di rischio solamente nel caso in cui inte- ressano territori caratterizzati da un uso del suolo non compatibile con i processi medesimi, come ad esempio nel caso di centri abitati e infrastrutture.

In linea generale è bene ricordare che i processi di inondazione delle aree golena- li o di mobilità planoaltimetrica dell’alveo appartengono alle dinamiche naturali dei corsi d’acqua e consentono il raggiun- gimento di importanti obiettivi idraulici, morfologici e ambientali, quali:

• la laminazione delle piene mediante l’allagamento delle aree golenali;

• il raggiungimento di condizioni mor- fologiche di equilibrio dinamico, me- diante i processi naturali di erosione, trasporto e deposito di sedimenti;

• la diversifi cazione degli habitat ac- quatici e ripariali e l’aumento del li- vello di biodiversità mediante l’evo- luzione dinamica delle diverse forme fl uviali e la contrazione/espansione dei corpi d’acqua presenti nella re- gione fl uviale per i diversi stati idro- metrici del fi ume (“fl ood pulsing”).

Ticino, esondazione in aree naturali.

Belbo, erosione spondale in area agricola.

Parma, erosione spondale in area naturale.

(17)

CAPITOLO SECONDO

Quando l’antropizzazione del territorio perifl uviale interferisce con i fenomeni naturali connessi alle piene fl uviali si possono generare condizioni di rischio.

Le immagini rappresentano situazioni di rischio connesse a processi di mobilità plano altimetrica dell’alveo (erosione spondale in prossimità di insediamenti produttivi), a processi di inondazione (allagamento di un centro abitato) e a processi di inondazione causati dalla rottura di rilevati arginali (nella fotogra- fi a in bianco e nero è visibile la Reggia di Colorno e l’allagamento della pianura parmense causato dalla rotta arginale

del 1951). Po, allagamento per rotta arginale (Colorno, Parma, 1951).

Po, allagamento dell’abitato di Arena Po (ottobre, 2000). Belbo, erosione spondale in corrispondenza di insediamenti produttivi. Dora Baltea, erosione spondale in contesto urbano.

(18)

Che cosa è il rischio

L’antropizzazione oltre ad interferire localmente generando le condizioni di rischio descritte in precedenza, ha contribuito ad aumentare la pericolo- sità dei fenomeni medesimi.

Ad esempio lungo il fi ume Po il dia- gramma riportato a lato evidenzia come nell’ultimo secolo all’aumentare della lunghezza delle arginature realiz- zate per difendere le nuove antropizza- zioni, sono aumentati i livelli idrici alla sezione terminale di Pontelagoscuro.

Gli effetti di tale incremento dei livelli ha avuto forti ripercussioni sul sistema arginale dei tratti di valle del Po che a partire dalla piena del 1951 è stato

b

a

anni argini

lunghezza altezze

idrometriche 4.25

3.50

2.50 4.00

3.25

2.25 3.75

2.75 3.00

2500 2250 2000 1750 1500 1250 1000 2.00

1800 1820 1840 1860 1880 1900 1920 1940 1960 1980 2000

a) sviluppo delle arginature lungo il fi ume Po ed i suoi tributari (in km nell’ordinata)

b) incremento delle altezze idrometriche registrate alla stazione di Pon- telagoscuro nel 1801-1951 (in m su zero idrometrico nell’ordinata)

progressivamente rialzato e ringros- sato fi no a raggiungere altezze limite oramai non più aumentabili, del tutto analoghe a un sistema di dighe in ter- ra pensili sul piano campagna.

Motteggiana, Mantova, argine maestro.

(19)

C A P I T O L O T E R Z O

Le fasi conoscitive

per la valutazione

del rischio di alluvione

(20)

Le fasi conoscitive per la valutazione del rischio di alluvione

Le conoscenze disponibili nel bacino del fi ume Po per la valutazione del rischio di alluvione sono state svilup- pate dall’Autorità di bacino a partire dai primi anni Novanta, in seguito alla costituzione dell’Autorità di bacino (legge 183/89) e all’avvio della fase di pianifi cazione che ha portato nel 2001 all’approvazione del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI).

In particolare gli studi, estesi all’intero reticolo idrografi co principale del ba- cino, hanno riguardato in prima fase le aree allagate durante gli eventi di piena passati e lo spazio storicamente occupato dal fi ume. Gli approfondi- menti hanno poi riguardato le cono- scenze in materia di idrologia (con defi nizione delle portate, dei volumi e degli idrogrammi di piena con diverso tempo di ritorno), idraulica di piena (con defi nizione delle aree allagabili), assetto morfologico dell’alveo e valu- tazione del rischio di inondazione.

Le risultanze principali di tali studi sono confl uite nel PAI, nell’ambito del quale, in particolare, sono state deli-

mitate le fasce fl uviali (A, B, C), è stata condotta una prima valutazione del rischio idrogeologico a scala comuna- le e sono state perimetrate, anche in seguito a quanto disposto dalla legge 267 del 1998, le aree a rischio idrogeo- logico molto elevato (aree RME).

Più recentemente, nell’ambito delle attività propedeutiche all’attuazio- ne del PAI, sono state aggiornate ed approfondite sulle aste dei principali affl uenti del Po le conoscenze relative all’assetto idrologico, idraulico e mor- fologico (Studi di fattibilità degli inter- venti di sistemazione idraulica) mentre sull’asta del fi ume Po sono stati appro- fonditi temi di rilevante interesse sia in relazione alla gestione del rischio resi- duale lungo l’asta medio inferiore del fi ume Po, che risulta completamente arginata, che in relazione alla neces- sità di avviare processi di recupero morfologico degli alvei dei corsi d’ac- qua indispensabili al raggiungimento congiunto degli obiettivi di difesa dai fi umi (Direttiva 2007/60) e di difesa dei fi umi (Direttiva 2000/60).

L’informazione storica

La conoscenza delle aree storicamen- te allagate e delle forme storiche degli alvei fl uviali costituisce un elemento di fondamentale importanza per la valutazione del rischio di alluvione in quanto quasi sempre, anche se a di- stanza di decine o centinaia di anni, le dinamiche di piena si ripropongono sul territorio fl uviale con forti similitu- dini, riattivando alvei relitti e allagan- do aree un tempo di pertinenza fl u- viale, anche a fronte delle signifi cative trasformazioni antropiche intervenute nel tempo sia sul corso d’acqua che sul territorio ad esso circostante.

La conoscenza e la conservazione della memoria storica di ciò che è avvenuto in passato risulta strategica anche in considerazione del fatto che gli even- ti di piena più intensi spesso hanno probabilità di accadimento (tempi di ritorno) elevati, decisamente superiori alla vita dell’uomo.

Il fi ume è un sistema complesso e l’ap- proccio olistico basato sull’osservare i processi nella loro evoluzione tempo-

rale, per cercare di comprenderne le dinamiche e prevederne le possibili tendenze future, risulta ancor oggi di estrema e fondamentale importanza anche al fi ne di consentire la neces- saria interpretazione delle risultanze degli ormai dettagliati e avanzati stru- menti di analisi dei processi idromor- fodinamici del corso d’acqua.

Gualtieri, Reggio Emilia, alluvione del 1951.

(21)

CAPITOLO TERZO

Le alluvioni: la conoscenza delle aree storicamente allagate

Nel bacino del Po ed in particolare sul reticolo idrografi co principale, per gli eventi di piena più recenti (1993, 1994, 2000, 2002) sono disponibi- li numerose informazioni, a livello di intera asta fl uviale, relative ai campi di allagamento e alle principali dina- miche di piena (riattivazione di rami laterali con transito di correnti veloci, budri conseguenti alla rottura argina- le, fontanazzi e fi ltrazioni a tergo dei rilevati arginali, ventagli di esondazio- ne, depositi di esondazione, erosioni di sponda).

La disponibilità di tali informazioni discende dalla realizzazione, nell’im- mediato post piena, di riprese aerofo- togrammetriche e di specifi che cam- pagne di sopralluogo a terra. Ulteriori informazioni sono disponibili anche in relazione alla descrizione dell’evolu- zione temporale dell’evento di piena e dei danni verifi catisi sul territorio.

LEGENDA

Direzione di propagazione dei defl ussi dedotta da:

DANNI

Principali forme deposizionali prevalentemente sabbiose.

Area inondata dalle acque del corso d’acqua principale.

Depositi distribuiti arealmente, prevalentemente:

G Ghiaioso/ciottolosi; S Sabbiosi; L Limosi.

Forme fl uviali relitte: tratto non inciso.

Forme fl uviali relitte: tratto inciso.

Principali erosioni di sponda.

Aree prossime al corso d’acqua soggette a prevalente attività attrattiva che ha determinato la modifi cazione dell’originaria morfologia.

Area inondata dalle acque del corso d’acqua princi- pale, della rete idrografi ca minore e di canali irrigui.

solchi di erosione

disposizione dei sedimenti, verso di abbattimento della vegetazione

Altezza raggiunta dalle acque di inondazione sul piano campagna precedente l’evento, misurata in base alle tracce su edifi ci, strutture o alberi a fusto.

0,8

Rotte arginali.

Difese spondali danneggiate o distrutte.

•••

Rilevato stradale o ferroviario gravemente danneggiato o asportato.

Argine.

Sponda preesistente talora parzialmente rimodellata dal passaggio della piena.

Canale occupato dalle acque al momento delle riprese aeree del 12/11/1994.

Principali canali di erosione.

Carta delle dinamiche alluvionali sul fi ume Tanaro (Regione Piemonte) dell’evento di piena del 4-6 novembre 1994.

(22)

Le fasi conoscitive per la valutazione del rischio di alluvione

Per gli eventi di piena più antichi man- cano rilievi aerofotogrammetrici, tut- tavia in numerosi casi le informazioni puntuali risultano di estremo dettaglio.

Tali informazioni generalmente sono reperibili presso archivi storici e, in alcuni casi raccolte e organizzate a li- vello di asta fl uviale, come per le rotte del fi ume Po descritte nelle schede il- lustrative del 1801 e del 1951.

SxRO560,06_1951 Data della rotta: 14 novembre 1951, fra le ore 20 e le ore 20,30 (Chiodarelli & Avventi, 1953; Rossetti, 1957; Govi & Turitto, 2000).

Località: Malcantone.

Comune: Occhiobello.

Provincia: Rovigo.

Ubicazione della rotta: è da ritenersi certa in quanto si dispone di documentazione aero- fotografi ca (volo 1953) da cui risulta evidente il luogo di apertura del varco, riportato sulla Tavoletta IGM 76 IV SE aggiornata nel 1937;

sulla documentazione aerofotografica del 1953 è inoltre evidente il nuovo argine costru- ito “in ritiro”, cioè arretrato verso campagna.

Meccanismo di rottura: tracimazione, iniziata fi n dalle prime ore del giorno 14 no- vembre.

Dimensione del varco: l’ampiezza raggiunta complessivamente dalle due rotte di Bosco e

Inondazione del novembre 1801 nel Manto- vano e nel Polesine di Rovigo

1) rotte nell’arginatura maestra di Po avvenu- te il 12 novembre per sormonto (1-Sustinente, 2-Correggio Micheli, 3-Bastia) e tra i giorni 14 e 17 novembre per erosione al piede (4-Camillina, 5-Morari, 6-Scorzarolo); 2) rotte nelle arginature di tributari di Po e di colatori (A-Colatore Arella, S-Canale Scortico, P-Fossa Polesella).

Sequenze di sviluppo dell’inondazione: 3) settori sommersi nei giorni 12-14 novembre, 4) idem nei giorni 14-17 novembre, 5) idem nei giorni 18-19 novembre, 6) idem nei giorni 19-20 novembre, 7) idem nei giorni 20-22 novembre.

1 2 3 4 5 6 7

di Malcantone risulta di m 520 (Govi & Turitto, 2000).

Dati idrometrici: all’idrometro di Pontela- goscuro la piena ha toccato il colmo tra le ore 18 e le ore 20 del giorno 14 novembre, con m 4.28 sullo zero collocato a m 8.51 s.l.m. (An- nali Idrologici - 1951 - parte seconda, 1957, p. 20).

Informazioni sul territorio inondato: in provincia di Rovigo sono stati allagati circa 100.000 ettari di terreno a causa delle tre rotte di Bosco, Malcantone e Vallice.

Le modalità e i tempi di espansione dell’inon- dazione prodotta da questa rotta e da quelle di Vallice di Paviole e Bosco sono descritte nel Rapporto consegnato all’Autorità di Bacino del fi ume Po, contratto n. 194 in data 08.02.2001 (Turitto & Maraga, 2002).

Po, alluvione del 1951.

(23)

CAPITOLO TERZO

Lo spazio del fi ume: la conoscenza dell’evoluzione planoaltimetrica storica dell’alveo

La conoscenza storica degli spazi fl u- viali occupati, non solo saltuariamente dalle acque di piena, ma permanente- mente dall’alveo inciso e dalle diverse forme del corso d’acqua, costituisce un’altra informazione di indubbia im- portanza nell’ambito della valutazio- ne del rischio di inondazione e della comprensione dei processi evolutivi

dell’alveo del corso d’acqua.

Il primo impianto dell’IGM di fine Ottocento ed il volo aereofotogram- metrico del 1955 costituiscono i ri- ferimenti di maggior interesse sia in quanto disponibili in modo pressoché omogeneo sull’intero reticolo idrogra- fi co principale del bacino padano sia in quanto costituiscono un riferimen- to temporale suffi cientemente lonta- no per le valutazioni di interesse sul rischio di alluvione.

Adda, Primo impianto IGM (1885). Po, Volo GAI (1955).

(24)

Le fasi conoscitive per la valutazione del rischio di alluvione Alveo del fi ume Po

in diversi periodi storici

2003-2004 1994-1996 1988-1990 1979

1931 1882-1889 1960-1966 1953-1954

da cartografi a IGM 1889 Alvei a rive piene

da volo IGM 1985 da volo 2002 da volo GAI 1954-55 da volo Rossi 1980

Per gran parte del reticolo idrografi - co principale del bacino del Po sono disponibili, con un buon grado di omogeneità e aggiornamento nel tempo, ricostruzioni dell’evoluzione morfologica dell’alveo e della regio- ne fl uviale, realizzata tramite compa- razione dei rilievi aerei e cartografi e fotorestituite.

Le fi gure di questa pagina esemplifi - cano l’evoluzione storica di alcuni fra i principali corsi d’acqua del bacino (Po, Dora Baltea, Oglio).

Dora Baltea.

Oglio.

Po.

Legenda

OPERE IN ALVEO Opere di difesa longitudinali Opere trasversali Argini FORME FLUVIALI RELITTE Orli di terrazzo

Orlo di terrazzo principale Orlo di terrazzo secondario

Paleoalvei e lanche connessi all’ambiente fl uviale Riattivabili per eventi in piena con Tr <50 anni Riattivabili per eventi in piena con Tr 50-200 anni Riattivabili per eventi in piena con Tr >200 anni Paleoalvei non connessi all’ambiente fl uviale

Non riattivabili (esterni alla fascia di esondazione con Tr 500 anni)

EVOLUZIONE PLANIMETRICA IN ATTO E PREGRESSA DEL CORSO D’ACQUA

Sponde in erosione Moderata Intensa Evoluzione storica dell’alveo

Alveo di magra anno 2001 Alveo di magra anno 1995 Alveo di magra anno 1990 Alveo di magra anno 1882

EVOLUZIONE DEL PROFILO DI FONDO Soglie naturali

Soglie naturali localizzate Soglie naturali continue

Evidenze da confronto di sezioni multitemporali Fondo alveo in abbassamento Fondo alveo stabile Fondo alveo in innalzamento

Evidenze sulle opere in alveo: fondazioni delle opere longitudinali

Erosione localizzata Erosione generalizzata Sovralluvionamento

Evidenze sulle opere in alveo: pile di fondazione di ponti e attraversamenti

Ponti con pile in alveo scalzate

(25)

CAPITOLO TERZO

Le analisi numeriche per la valutazione della pericolosità e per una prima analisi del rischio

Gli Studi propedeutici al PAI Gli Studi propedeutici al PAI condotti fra il 1995 e il 1997 sull’intero retico- lo idrografi co principale (denominati SP1.1) hanno defi nito i principali pa- rametri relativi all’idrologia, all’idrau- lica di piena e alla geomorfologia, utilizzando le informazioni storiche disponibili sia in relazione alle aree sto- ricamente allagate che all’evoluzione planoaltimetrica dell’alveo. Sono state inoltre individuate le emergenze di tipo naturalistico e monumentale - paesag- gistico esistenti, è stata altresì condot- ta una prima caratterizzazione socio- economica del territorio interessato sulla base della quale è stata effettuata una valutazione del rischio connesso a fenomeni di piena. Negli studi sono inoltre contenute attività di defi nizione dei criteri e delle opzioni di intervento per la mitigazione del rischio.

In particolare, con riferimento alla pe- ricolosità e al rischio di inondazione, nell’esempio cartografi co sono ripor- tate le aree esondabili per gli eventi di piena con tempo di ritorno 20, 100, 200 e il valore del rischio stimato su tratti omogenei di corso d’acqua sulla base delle caratteristiche socioecono- miche (in fi gura sono riportati anche i parametri utilizzati) del territorio ri- cadente all’interno di una griglia qua- drata di 2 km.

Colonna Riga Superfi cie agricola utilizzata (ha)

Superfi cie agricola irrigata (ha) Area urbanizzata

(ha)

Fabbricati danneggiabili (x103 m)

Area

con insediamenti produttivi (ha) Lunghezza

autostrade (km) Lunghezza strade statali (km)

Lunghezza strade principali non statali (km) Lunghezza

linee ferroviarie (km)

Residenti Presenze

turistiche

Addetti all’industria

Addetti delle industrie a rischio ambientale

Capi bovini equivalenti

Infrastrutture tecnologiche e loro numerosità

Strutture di servizio e loro numerosità Maglia 2x2 km del reticolo di discretizzazione

LEGENDA

Zona d’alveo o golenale Divisione di area o tratto di esondazione

Delimitazione delle aree esondabili per eventi di piena con tempo di ritorno 20 anni Delimitazione delle aree esondabili per eventi di piena con tempo di ritorno 100 anni Delimitazione delle aree esondabili per eventi di piena con tempo di ritorno 200 anni Delimitazione delle aree esondabili per crollo del rilevato arginale Tratto o area di esondazione

Valore del RISCHIO sulle aree esondabili per:

un tempo di ritorno di 20 anni un tempo di ritorno di 100 anni un tempo di ritorno di 200 anni possibile crollo del rilevato arginale

Per passare dal valore del RISCHIO ad un parametro proporzionale di danno monetario:

D = RISCHIO / ƴ x H)

con: ƴ = grado di incertezza sulle conoscenze morfologiche (variabile tra 1 e 1.2) H = 1 - (1 -1/TR)n dove n è la durata economica degli interventi, assunta pari a 60 anni e TR

è il tempo di ritorno dell’evento

La costante di proporzionalità in miliardi di lire 1995 vale 33

Zona di uscita per possibile sormonto della sponda o dell’argine e primo tempo di ritorno per cui avviene (tra 20, 100, 200 anni)

Tratto di uscita per possibile crollo del rilevato arginale

14

5.28 4.25 2.44 3.25

(26)

Le fasi conoscitive per la valutazione del rischio di alluvione

Gli Studi di fattibilità degli affl uenti del Po

A partire dal 2002, sono stati avviati specifi ci studi di fattibilità sui seguen- ti ambiti idrografi ci: Oglio e affl uenti (Mella e Chiese), Adda e affluenti (Brembo e Serio), reticolo idrografi co fra Lambro e Olona (Nord Milano), Toce, Sesia e affl uenti (Elvo e Cervo), Dora Baltea, Dora Riparia, Trebbia, Sec- chia e più recentemente Po piemonte- se da Torino a confl uenza Tanaro.

La principale motivazione che ha reso necessario sviluppare gli Studi di fat- tibilità è da ricercarsi nella necessità di aggiornare e approfondire, ad una sca- la di maggior dettaglio, il quadro delle conoscenze sviluppate negli studi pro- pedeutici agli Stralci di Piano di bacino vigenti, anche in considerazione degli eventi alluvionali del 2000 e del 2002.

I contenuti dello studio di fattibilità sono distinti in una prima parte rivolta alla formazione di nuova conoscenza sul sistema idrografi co (rilievi topogra- fi ci e aerofotogrammetrici, indagini di campo e analisi conoscitive sulla geo-

morfologia, l’uso del suolo, le compo- nenti naturali, l’idrologia e l’idraulica di piena) e in una seconda parte riguar- dante la defi nizione del quadro delle criticità (valutazione del rischio idrauli- co e dell’assetto ecologico del sistema fl uviale) e dell’assetto di progetto del corso d’acqua (aggiornamento delle fasce fl uviali e progettazione a livello di fattibilità degli interventi).

Complessivamente gli studi di fattibili- tà costituiscono, negli ambiti indagati, una base conoscitiva e propositiva di rilevante e signifi cativa importanza sia nell’ambito dell’aggiornamento del PAI che più in generale nel recepimento delle direttive comunitarie in materia di difesa delle acque e difesa dalle acque.

In particolare per quanto riguarda la valutazione della pericolosità di alla- gamento sono state condotte simu- lazioni monodimensionali o quasi bi- dimensionali in moto vario a livello di intera asta fl uviale, utilizzando diversi codici di calcolo (MIKE 11, HEC RAS, SOBEK, WALLINGFORD) che hanno con- sentito di defi nire i profi li di piena ne-

cessari per la delimitazione delle aree allagabili per diverso tempo di ritorno e per la stima dei principali parametri idraulici (distribuzione delle velocità e della portata defl uente lungo la sezio- ne trasversale, laminazione dell’idro- gramma di piena, ecc.).

Nelle figure sono rappresentate le aree allagabili, per eventi con diverso tempo di ritorno, sul fi ume Oglio.

Og_aa_tr020.shp Og_aa_tr100.shp Og_aa_tr200.shp Og_aa_tr500.shp

(27)

CAPITOLO TERZO

caso dell’esempio relativo al fi ume Se- sia a Vercelli) o l’evoluzione morfologi- ca dell’alveo in ambiti particolarmente dinamici (modelli 2D a fondo mobile, come nel caso dell’esempio relativo alla confl uenza Dora Baltea -Po).

Localmente nei casi maggiormente signifi cativi sono state condotte ana- lisi bidimensionali per simulare, ad esempio, i fenomeni di allagamento in corrispondenza di alcuni centri abitati (modelli 2D a fondo fi sso, come nel

Dora Baltea-Po, confl uenza.

(*) Il grafi cismo risulta coerente con la cartografi a di Piano dell’Autorità di bacino del fi ume Po, prodotta alla scala 1:25.000 su base CTR regionale. Eventuali incoerenze presenti sono riconducibili alla variazione di base cartografi ca e/o di scala. Le correzioni necessarie saranno approfondite alla conclusione dello Studio tenendo conto dei risultati dello stesso.

Legenda TIRANTI IDRICI

10-50 cm 50-100 cm 100-200 cm 200-300 cm 300-400 cm 400-500 cm 500-600 cm 600 -700 cm

> 700 cm

Elementi di base

Asse del corso d’acqua principale con indicazione della progressiva chilometrica Limite amministrativo comunale Limite amministrativo provinciale Limite amministrativo regionale Limite (*) tra la fascia A e la fascia B Limite (*) tra la fascia B e la fascia C Limite (*) di progetto tra la fascia B e la fascia C Limite (*) esterno della fascia B +-+-+-+

-•---•--

| | | | | | |

Sesia, Vercelli.

(28)

Le fasi conoscitive per la valutazione del rischio di alluvione

Per quanto riguarda la valutazione del ri- schio di inondazione è stato defi nito un metodo in analogia a quello dell’“Inon- dabilité” messo a punto dalla divisione di idrologia e idraulica del Cemagref, Institut de recherche fi nalisée de réfé- rence pour la gestion durable des eaux et des territoires (Francia).

L’intera regione fl uviale è stata suddi- visa in aree con domanda di sicurezza omogenea in funzione dell’uso del suolo; il confronto puntuale fra tale domanda di sicurezza (espressa in ter-

mini di tempo di ritorno della piena compatibile con l’uso del suolo in atto) e la mappatura delle aree allagabili per le piene con diverso tempo di ritorno ha consentito di perimetrare le aree in defi cit o in surplus di sicurezza.

Di seguito si riportano alcuni esempi delle cartografi e realizzate per il fi ume Sesia.

Legenda AREE ALLAGABILI

Area allagata - TR=20 anni Area allagata - TR=200 anni Area allagata - TR=500 anni Tratto di argine sormontabile e relativa altezza di sormonto (espressa in cm) per TR=20 anni Tratto di argine sormontabile e relativa altezza di sormonto (espressa in cm) per TR=200 anni Tratto di argine sormontabile e relativa altezza di sormonto (espressa in cm) per TR=500 anni Opere di contenimento dei livelli idrici

Muri arginali Argini

Legenda AREE INTERNE ALLA FASCIA B

Aree con richiesta di protezione molto elevata (TR > 200 anni) Aree con richiesta di protezione elevata (TR 100-200 anni) Aree con richiesta di protezione media (TR 20-50 anni) Aree con richiesta di protezione moderata (TR < 200 anni)

AREE ESTERNE ALLA FASCIA B

Aree con richiesta di protezione molto elevata (TR > 200 anni) Aree con richiesta di protezione elevata (TR 100-200 anni) Aree con richiesta di protezione media (TR 20-50 anni) Aree con richiesta di protezione moderata (TR < 200 anni)

Delimitazione zone in erosione laterale probabile a 20-50 anni

AREE ALLAGATE Area allagata - TR=20 anni Area allagata - TR=200 anni Area allagata - TR=500 anni

Legenda AREE IN DEFICIT DI SICUREZZA

con richiesta di protezione Elevata o Molto elevata con richiesta di protezione Media

AREE IN CREDITO DI SICUREZZA con richiesta di protezione Media

AREE ALLAGATE Area allagata - TR=20 anni Area allagata - TR=200 anni Area allagata - TR=500 anni

Sesia, aree allagabili per diversi tempi di ritorno. Sesia, aree in defi cit e in credito di sicurezza.

Sesia, aree con diverse richieste di protezione.

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