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STORIA ea AMBIENTE FONTI DI ENERGIA TRADIZIONALI E ALTERNATIVE E COSTI AMBIENTALI , GIUS. LATERZA & FIGLI, BARI-ROMA LA QUESTIONE AMBIENTALE

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LA QUESTIONE AMBIENTALE

A partire dagli anni ’70 del XX secolo, la cosiddetta “que- stione ambientale” ha rivestito un ruolo sempre più im- portante negli interessi dell’opinione pubblica mondiale: in quel periodo, infatti, mentre i rischi derivanti dalla produ- zione di energia nucleare destavano crescenti preoccupa- zioni, le riserve di carbone e petrolio iniziarono a mostrare il loro progressivo esaurimento e il loro uso intensivo co- minciò a essere identifi cato come la causa del crescente inquinamento che degradava il pianeta. Due erano stati gli eventi che avevano fatto emergere questa nuova sen- sibilità ambientalista: la pubblicazione nel 1972, a fi rma del Massachusetts Institute of Technology, del Rapporto sui limiti dello sviluppo, che aveva illustrato come la con- tinua crescita della popolazione, dell’industrializzazione e dell’inquinamento avrebbe potuto mettere in pericolo la sopravvivenza stessa della specie umana; e la crisi petroli- fera del ’73 , che aveva evidenziato la dipendenza dei paesi industrializzati dai giacimenti petroliferi.

Nei decenni successivi si aff ermò quindi il pensiero am- bientalista, secondo il quale il genere umano deve con- vivere con la natura senza distruggerla: per milioni di persone la salvaguardia dell’ambiente si fece sempre più importante.

Per far fronte a questa nuova sensibilità dell’opinione pub- blica, anche la politica cominciò a occuparsi dei problemi ambientali: da un lato, furono organizzati i primi verti- ci internazionali in cui confrontarsi sull’inquinamento e sulle misure da adottare per limitarlo, dall’altro nacquero movimenti e partiti ecologisti, che furono defi niti “ver- di”. Questi partiti basarono la loro azione politica su quat- tro pilastri ideali: ecologia, giustizia sociale, democrazia partecipativa e pacifi smo/non violenza. Il primo partito verde fu il neozelandese Values Party, nato nel 1972, ma

negli anni ’80 organizzazioni di questo tipo si aff ermarono in tutto il mondo, compresi i paesi in via di sviluppo come l’India.

Tra i partiti europei, il partito verde che ebbe un maggiore successo fu quello nato nel 1980 nella Germania federale, che si opponeva innanzitutto all’uso dell’energia nucleare che, dopo la fi rma del trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari nell’atmosfera (1963) e del trattato di non proliferazione nucleare (1968), era invece sempre più impiegata a scopi civili. Eletti in Parlamento già nel 1983, tra il 1998 e il 2005, dopo la riunifi cazione tedesca, i Verdi entrarono nella coalizione di governo insieme al Partito socialdemocratico. In Italia, le Liste verdi già nate a livel- lo locale si federarono nel 1986, per poi trasformarsi nella Federazione dei Verdi nel 1990.

Nonostante l’attività del movimento ambientalista e dei partiti verdi, però, molti problemi ambientali rimangono a oggi irrisolti: essi, infatti, sono strettamente legati alla pro- duzione dell’energia necessaria alle attività umane, ancora in gran parte derivante dallo sfruttamento dei combustibili fossili.

IL PETROLIO E I SUOI COSTI AMBIENTALI Tutte le società umane hanno bisogno di energia, tanto per l’esistenza quotidiana (cucinare, riscaldarsi, illuminarsi, ecc.), quanto per le attività agricole, industriali, edili e per i trasporti. Ogni società è stata caratterizzata da un proprio

“regime energetico”, cioè da una diversa modalità di procu- rarsi energia, di immagazzinarla, di utilizzarla.

Se nel XX secolo, e ancora oggi, quasi tutte le società hanno come fornitori di energia regimi energetici complessi (in cui petrolio, centrali idroelettriche, fi ssione nucleare affi an- cano il carbone e le altre fonti di energia tradizionale come

FONTI DI ENERGIA TRADIZIONALI

E ALTERNATIVE E COSTI AMBIENTALI

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ca trecento volte, passando da meno di 10 milioni a più di 3 miliardi di tonnellate. Se da un lato l’utilizzo dei combusti- bili fossili ha garantito enormi prospettive di crescita eco- nomica, dall’altro ha comportato anche degli elevati costi ambientali, sia per quanto riguarda l’inquinamento dell’a- ria e dell’acqua, sia per la trasformazione del paesaggio de- terminata da miniere, dighe, piloni e cavi dell’alta tensione e dalla presenza di stabilimenti per la conservazione, la raf- fi nazione o la distribuzione del petrolio.

Tanto l’estrazione del carbone prima quanto quella del pe- trolio poi sono state estremamente inquinanti. Ad esempio, l’estrazione del petrolio, in pochi anni, fece diventare delle grandi riserve di acqua come il grande Lago di Maracaibo (Venezuela), i laghi della zona di Baku (Azerbaijan) o il ba- cino del Niger (Nigeria) degli acquitrini oleosi tra i più in- quinati del mondo.

A ciò si devono aggiungere i danni provocati dal cosiddet- to sversamento (o spillamento, dall’inglese oil spills) del petrolio in mare che, trasportato dalle correnti, danneggia

Manifestazione contro il nucleare Il 12 e 13 giugno 2011 si è tenuto in Italia il referendum per abrogare le norme che consentivano la produzione di energia elettrica dalle centrali nucleari sul territorio nazionale. Il 95%

degli italiani ha votato “Sì” per fermare il nucleare.

vento e acqua, forza umana e animale), sono i combustibili fossili – prima il carbone, poi il petrolio e il gas naturale (so- prattutto il metano) – a rivestire la principale importanza.

A partire dagli anni ’20-30 del XX secolo, infatti, il petrolio sostituì il carbone come principale fonte di energia, prima nei trasporti e poi, verso la fi ne degli anni ’50, anche nell’in- dustria. Da allora, la disponibilità di petrolio a basso costo come fonte di energia ha sostenuto la continua crescita eco- nomica nel ’900.

I primi a utilizzare, fi n dal secondo decennio del ’900, il petrolio per la produzione di energia furono gli Stati Uniti, dove il primo pozzo petrolifero fu scavato già nel 1859 in Pennsylvania. Fino al 1930 gli Usa produssero più di due terzi del petrolio mondiale, anche se ai pozzi statuniten- si si erano aggiunti, all’inizio del secolo, quelli del Mar Caspio, del Messico e, soprattutto, del Venezuela. Dopo il 1935, invece, quasi tutti i nuovi giacimenti furono scoperti in Medio Oriente.

Tra il 1890 e il 1990 l’estrazione di petrolio è cresciuta di cir-

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un miglio sotto la superfi cie del mare. Ciò provocò la rot- tura del montante della trivellazione che la collegava alla sorgente della trivellazione e il conseguente sversamento in mare di una quantità di petrolio compresa tra le 400 mi- la e il milione e 200 mila tonnellate: i danni ambientali fu- rono incalcolabili.

in modo persistente l’ecosistema marino. Infatti il greggio, pesando meno dell’acqua, prima crea sulla superfi cie del mare una pellicola impermeabile all’ossigeno, poi precipita sul fondale: ciò danneggia non solo la fauna e la fl ora che vi- vono sott’acqua, ma anche gli uccelli marini, avvelenandoli e penetrando nel loro piumaggio, che diventa così inadatto al volo, al nuoto e al mantenimento della temperatura cor- porea.

La dispersione del petrolio in mare avviene principalmente in due modi: in seguito agli incidenti occorsi alle piattafor- me petrolifere o alle navi petroliere, oppure a causa del la- vaggio di queste ultime in acqua.

Il primo disastro avvenne nel 1910, con l’esplosione ac- cidentale di una torre di perforazione presso Lakeview Gusher, in California, che in nove mesi sversò oltre 1 mi- lione e 200 mila tonnellate di petrolio in mare. Gravissimi anche gli incidenti occorsi a una pompa petrolifera nel Golfo del Messico (1979-80), che sparse in mare 500 mi- la tonnellate di petrolio, e alla petroliera Exxon Valdez (1989), incagliatasi per un errore umano su una scogliera in Alaska, che disperse quasi 40 mila tonnellate di petro- lio, inquinando oltre 700 chilometri di costa. Uno dei più gravi incidenti di sempre si verifi cò di nuovo nel Golfo del Messico nell’aprile 2010, con l’esplosione della piattafor- ma Deepwater Horizon, che si inabissò, fermandosi circa

Fiume Shela, Bangladesh Il 9 dicembre 2014 la collisione tra una petroliera e una nave da carico ha causato lo sversamento del petrolio nel fi ume Shela nella località di Sundarbans in Bangladesh.

Deepwater Horizon

La piattaforma petrolifera semisommergibile Deppwater Horizon al largo del Golfo del Messico prima dell’esplosione del 2010.

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Anche l’Italia è stata teatro di un importante incidente pe- trolifero: nel 1991 la superpetroliera Haven, ormeggiata nei pressi di Genova, si incendiò e aff ondò, disperdendo in ma- re quasi 150 mila tonnellate di greggio. I danni ambientali furono gravissimi, nonostante l’intelligente scelta di lasciar bruciare la maggior quantità possibile di petrolio.

La combustione del petrolio per produrre energia – come già quella del carbone – provoca, inoltre, l’emissione nell’a- ria di anidride carbonica e di altre sostanze che causano il cosiddetto eff etto serra. Esso è, in realtà, il fenomeno na- turale che consente la vita sulla terra, che altrimenti sareb- be un pianeta freddissimo: come i vetri di una serra, infatti, l’atmosfera lascia entrare la luce del sole ma ne trattiene il calore grazie alla presenza dei cosiddetti “gas serra”. Più aumenta la loro concentrazione nell’atmosfera, più la tem- peratura si innalza, e viceversa. Le deforestazioni su larga scala e l’utilizzo intensivo di combustibili fossili – e in par- ticolare del petrolio, da quando è utilizzato come fonte di energia non solo nell’industria, ma anche per i trasporti pri- vati (automobili, aerei, ecc.) – hanno aumentato la concen- trazione dei gas serra, provocando un innalzamento della temperatura terrestre.

Si prevede che questo riscaldamento globale (global war- ming) produrrà grandi “disastri naturali”, tra cui la desertifi - cazione, la siccità, l’estinzione di alcune specie animali e ve- getali, lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari con un conseguente innalzamento del livello dei mari, la diff u- sione di malattie tropicali. Anche se tra il 1890 e il 1990 le tem- perature medie sono aumentate “solo” di 0,3-0,6 gradi, alcu- ni cambiamenti sono già evidenti, ad esempio nell’aumento della cadenza e dell’intensità dei cosiddetti “eccessi meteo- rologici e climatici” (periodi di siccità alternati ad alluvioni, estati troppo fredde o troppo calde, cicloni frequenti).

A partire dall’inizio degli anni ’90, anche su impulso dei movimenti ecologisti, i governi e l’Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite) hanno cominciato a organizzare vertici internazionali che prospettassero delle soluzioni ai problemi ambientali. Nel 1992, la Conferenza sull’Am- biente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite produsse i co- siddetti Accordi di Rio, che si proponevano di limitare l’emissione di gas serra. Dal 1994, i paesi contraenti si in- contrano annualmente nella Conferenza delle Parti (Cop) per analizzare i progressi raggiunti. Questi incontri, nel 1997, condussero alla fi rma del Protocollo di Kyoto, con il quale oltre 83 paesi (poi saliti a 191) e l’Unione europea si impegnarono ad adottare politiche di “sviluppo soste- nibile” (miglioramento dell’effi cienza energetica, promo- zione di forme di agricoltura sostenibili, sviluppo di fonti

di energia pulita) e a ridurre del 5% le emissioni di gas ser- ra rispetto ai valori del 1990 entro il 2012. L’applicazione del Protocollo, però, incontrò molte diffi coltà (tra cui la mancata ratifi ca degli Stati Uniti) e non raggiunse i ri- sultati previsti: la nuova scadenza per la riduzione delle emissioni fu quindi fi ssata al 2020. Tuttavia le sue prospet- tive si sono molto ridimensionate a causa dell’esenzione dai vincoli alle emissioni per i grandi paesi emettitori in rapido sviluppo (Cina, India, Brasile) e delle rinunce di Giappone, Canada, Nuova Zelanda e Russia, che si som- mavano a quella statunitense. I paesi che ancora aderi- scono al Protocollo producono solo il 15% delle emissio- ni mondiali: il loro rispetto dell’accordo, quindi, non sarà suffi ciente a limitare il riscaldamento globale.

UNA ALTERNATIVA POSSIBILE? L’ENERGIA NUCLEARE

Il petrolio e, in generale, i combustibili fossili si sono formati in seguito alle trasformazioni subite dai residui animali o ve- getali nel corso delle ere geologiche a partire dal Paleozoico.

Poiché la loro formazione necessita di milioni di anni, le lo- ro riserve non possono essere velocemente ricostituite e, ai ritmi attuali di utilizzo, si esauriranno probabilmente entro qualche decennio. Rispetto a quelle di carbone e petrolio, leggermente più abbondanti sembrano essere le riserve di gas naturale: la sua combustione, tra l’altro, non produce sostanze inquinanti ma, in quanto gassoso, ha maggiori dif- fi coltà di trasporto e un contenuto energetico inferiore al petrolio. Per questi motivi, fi nora, la concorrenza del petro- lio ha ridotto gli investimenti nel gas naturale.

Oltre che dal progressivo esaurimento delle scorte, ulte- riori preoccupazioni derivano dalla distribuzione geo- grafi ca dei giacimenti petroliferi: dodici dei quindici più grandi campi petroliferi del mondo e due terzi delle riser- ve petrolifere totali, infatti, sono situati nei paesi che si aff acciano sul Golfo Persico (Oman, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Bahrain, Kuwait, Iraq e Iran). Per questa ragione, i paesi industrializzati – i maggiori consu- matori di petrolio – sono molto interessati ad assicurarsi la presenza di governi collaborativi in quest’area, attraverso pressioni diplomatiche, politiche ed economiche o veri e propri interventi militari.

Spinti da queste preoccupazioni e dalle nuove regolamen- tazioni internazionali che cercavano di limitare l’uso e l’inquinamento prodotto dai combustibili fossili, nella se- conda metà del ’900 i paesi industrializzati hanno cercato

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di superare la dipendenza da essi. Una speranza sembrò rappresentata dall’uso per fi ni civili dell’energia nuclea- re, prodotta dalla fi ssione degli atomi di uranio: la pri- ma centrale nucleare con questo fi ne nacque nel 1954 a Obninsk, nell’Unione Sovietica, e fu poi seguita da mol- te altre, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Proprio negli Usa, nel 1955, la cittadina di Arco (Idaho) divenne la prima al mondo a utilizzare solo energia atomi- ca, grazie alla prima centrale nucleare sperimentale statu- nitense, la Borax III.

La speranza di produrre energia a costi più bassi e sen- za emettere sostanze inquinanti determinò il successo dell’energia nucleare: nell’agosto 2016, gli Stati nuclea- rizzati erano 30, con 448 reattori nucleari attivi, di cui 100 negli Stati Uniti, 58 in Francia, 43 in Giappone, 36 in Russia, 35 in Cina.

Tuttavia, nel lungo periodo, la produzione di energia nu- cleare si rivelò poco conveniente economicamente, so- prattutto in rapporto agli alti costi di costruzione delle centrali nucleari. Il nucleare, quindi, non sostituì l’ener- gia prodotta dai combustibili fossili, ma si affi ancò a essa, senza mai superare il 5-6% della produzione mondiale di energia.

La produzione di energia nucleare ebbe, inoltre, dramma- tiche ripercussioni sull’ambiente. Chiudere le centrali nu- cleari pericolose o obsolete si rivelò, infatti, molto costoso, mentre gli incidenti e i guasti – per quanto poco frequenti – ebbero eff etti disastrosi:

Nel 1957 il nocciolo di uno dei reattori della centrale di Windscale, nell’Inghilterra nord-occidentale, si fuse e ci fu una notevole fuga di radioattività in buona parte della Gran Bretagna. Il numero di persone che morirono o contrasse- ro il cancro di conseguenza non è noto [...]. Nello stesso anno ci fu un’esplosione di una discarica di scorie radioat- tive a Kyshytym, in Unione Sovietica [...]. Trenta comunità e 270 000 persone dovettero essere evacuate e circa 10 000

Centrale nucleare di Chooz

Centrale nucleare francese situata nella città di Chooz nella regione di Champagne-Ardenne.

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nergia nucleare dopo l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima (Giappone) nel marzo 2011. Un fortissimo terremoto di magnitudo 8,9, con epicentro nel Pacifi co, provocò infatti uno tsunami, le cui onde – alte più di dieci metri – danneggiarono quattro dei sei reattori della cen- trale di Fukushima, provocando diverse esplosioni. La contaminazione radioattiva fu vastissima, anche se è dif- fi cile valutarne l’impatto sulla salute umana. In seguito a questo disastro, la Germania e la Svizzera cancellarono il loro programma nucleare. In Italia, dove nel frattempo era stata approvata una legge per la costruzione di nuovi im- pianti nucleari, si tenne un nuovo referendum nel giugno 2011: il 94% dei votanti si espresse per l’abrogazione della recente normativa.

La produzione di energia nucleare comporta inoltre il pro- blema delle scorie nucleari, che restano radioattive e peri- colosissime decine di migliaia di anni: al momento vengo- no seppellite nelle profondità della terra, nella speranza che nel futuro si capisca come smaltirle.

Un’alternativa alla fi ssione nucleare potrebbe essere quel- la dei reattori nucleari per fusione. Con questo procedi- mento, invece di dividere i nuclei di atomi pesanti come quelli dell’uranio, si uniscono nuclei di atomi leggeri, co- me l’idrogeno, producendo energia. L’energia nucleare prodotta per fusione sarebbe priva dei rischi della fi ssione nucleare, ma la costruzione di impianti nucleari per fusio- ne non si completerà prima di alcuni decenni.

persone probabilmente morirono in seguito all’incidente.

A Th ree Mile Island in Pennsylvania, nel 1979, uno dei reat- tori subì una parziale fusione del nocciolo e, benché sia stato evitato un disastro di immani proporzioni senza so- stanziale fuga di materiale radioattivo, il lavoro necessario per mantenere la radioattività all’interno della centrale, che si stima sia costato oltre un miliardo di dollari, non era stato completato un decennio dopo e il reattore dovrà es- sere lasciato costantemente sepolto nel calcestruzzo.

[C. Ponting, Storia verde del mondo, Sei, Torino 1992, pp. 413-14]

Il più disastroso di tutti gli incidenti fu però quel- lo che si verifi cò a Cˇernobyl’, in Ucraina, nel 1986, che comportò la distruzione completa di uno dei reat- tori. I morti, nell’immediato, furono poche decine, ma le conseguenze sulla salute (soprattutto in termini di aumento dei tumori) furono terribili e ancora oggi incerte: secondo i dati uffi ciali, infatti, fu emessa una quantità di radiazioni su- periore centinaia di volte a quella delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, che raggiunse tutto l’emisfero settentrionale.

L’incidente di Cˇernobyl’ scosse profondamente l’opinione pubblica mondiale, rendendo l’energia nucleare molto im- popolare. In Italia, nel novembre 1987 si tenne un referen- dum in cui la popolazione si espresse a larghissima mag- gioranza (80,5%) contro il nucleare e negli anni seguenti furono chiuse le quattro centrali di Latina, del Garigliano, di Trino Vercellese e di Caorso.

Una nuova ondata di impopolarità investì l’utilizzo dell’e-

Interno della centrale nucleare di Cˇernobyl’

Nella nuova struttura di sicurezza della centrale nucleare di Cˇernobyl’, il cosiddetto “sarcofago”

in costruzione dal 2010, vengono portate avanti ancora oggi le faticose opere di smantellamento del reattore colpito.

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LE ENERGIE ALTERNATIVE

L’alternativa è stata identifi cata nelle fonti di energia rin- novabile, che forniscono energia pulita e sono inesau- ribili. Esse sono principalmente cinque: l’energia eolica, cioè generata dalla forza del vento che fa ruotare le pale dei mulini; l’energia idroelettrica, prodotta dalle turbine azionate da getti d’acqua trattenuta in un bacino artifi ciale da una diga; l’energia solare, catturata dai pannelli solari, che trattengono l’energia termica, oppure dalle celle foto- voltaiche, che sfruttano le proprietà del silicio di produrre energia quando viene colpito da raggi; l’energia geotermi- ca, che sfrutta il calore prodotto naturalmente dalla Terra;

e, infi ne, l’energia prodotta dai rifi uti vegetali e animali, le cosiddette biomasse, che vengono bruciate negli ince- neritori.

Tra di esse, l’energia solare suscita molte aspettative: il Sole, infatti, manda sulla Terra energia pari a migliaia di volte quella che viene consumata da tutte le attività umane e, se si potesse sfruttare anche parzialmente, il problema ener- getico sarebbe risolto, Tuttavia, è l’idrogeno a essere consi- derato la risorsa energetica del futuro: esso è praticamente inesauribile e il suo utilizzo non produce residui inquinanti, ma allo stato attuale la sua produzione è molto diffi cile e richiede a sua volta energia.

Ad oggi, comunque, queste fonti alternative produco- no ancora poca energia. L’installazione e la gestione degli impianti, inoltre, hanno costi molto alti e un forte impatto sull’ambiente: le celle fotovoltaiche sono molto costose e ancora poco effi cienti; le pale dei mulini a vento, ad esem- pio, producono molto rumore, mentre la costruzione di di- ghe obbliga a evacuare villaggi e a sommergere campi.

Nel secondo decennio del XXI secolo, comunque, il loro utilizzo per la produzione di energia si è notevolmente am- pliato, soprattutto grazie all’impegno di Cina e Germania.

Anche l’Italia ha compiuto importanti passi in questa di- rezione: a Priolo Gargallo (Siracusa), nel 2010 è stata inau- gurata la Centrale solare termodinamica Archimede, progettata dal premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia.

L’energia prodotta dall’impianto soddisfa il fabbisogno di circa 20 mila persone, permettendo ogni anno di rispar- miare oltre duemila tonnellate di petrolio e di emettere oltre tremila tonnellate di anidride carbonica in meno.

Nel 2015, tuttavia, l’incidenza del petrolio sui consumi energetici mondiali era ancora del 32,9%, quella del carbo- ne del 29,2%, quella del gas naturale del 23,8%, quella del nucleare era scesa al 4,4%, mentre quella delle energie rin- novabili toccava, ormai, il 9,6%.

Parco eolico di Collarmele, in provincia dell’Aquila

inceneritore Impianto atto allo smaltimento (attraverso la riduzione in cenere) dei rifi uti solidi urbani.

2030

2025

2020

2015

2010

2005

2000

1995

1990

1985

1980

1975

1970

1965

20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0

Miliardi di tonnellate equivalenti petrolio

FER (Fonti energetiche rinnovabili) 2013: 13,9 mld.tep

2030:

17,1 mld.tep

Biomasse Idroelettrico Nucleare Carbone Gas Petrolio

CONSUMI MONDIALI DI ENERGIA

[fonte: http://www.assoelettrica.it]

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1 Rileggi attentamente il Dossier Ambiente e redigi un testo divulgativo (max 15 righe di documento Word) dal titolo La questione ambientale tra fonti di energia tradizionali e fonti di energia alternative, adoperando la scaletta che ti proponiamo. Puoi corredare il testo di immagini, selezionandole dal tuo manuale o lanciando una ricerca in Rete.

Una breve introduzione in cui presenti il problema della questione ambientale

Il mondo della politica e la questione ambientale

Il primato del petrolio, tra crescita economica e costi ambientali

I gas serra e i rischi del riscaldamento globale

Rischi e benefi ci dell’energia nucleare

“Pro” e “contro” dell’impiego delle energie alternative

Conclusioni

LABORATORIO DI SCRITTURA STORICA

2 Alle ore 1:23 del mattino del 26 aprile 1986, durante un test di sicurezza, esplode il reattore numero 4 della centrale nucleare di Cˇernobyl’, a 120 km da Kiev, in Ucraina (ex Urss). Lancia una ricerca in Rete sull’argomento, documentati e realizza un PowerPoint in cui illustrare con l’ausilio delle immagini:

La dinamica dell’incidente

Informazioni parziali e contraddittorie sull’entità della catastrofe

I danni inferti alla salute delle persone e all’ambiente nell’ex Urss

Il “sarcofago” a copertura del reattore n. 4

Breve storia di Pripyat, da città modello a città fantasma

Il turismo nella “zona di alienazione” di Cˇernobyl’

Il disastro nucleare e la serie di videogames S.T.A.L.K.E.R

CˇERNOBYL’, 26 APRILE 1986: IL PIÙ GRANDE DISASTRO NUCLEARE DELLA STORIA

3 L’8 novembre 1987 si celebrò in Italia il cosiddetto referendum sul nucleare: l’80% degli italiani che si recarono alle urne (65% degli aventi diritto) votò per il «sì», abrogando una serie di norme e orientando le successive scelte dell’Italia in ambito energetico a sfavore del nucleare.

I tre quesiti riguardavano norme relative alla localizzazione degli impianti, l’abrogazione del compenso ai comuni che ospitavano centrali nucleari o a carbone, e il divieto per l’Enel, allora azienda di Stato, di partecipare ai progetti nucleari anche all’estero. Il referendum abrogativo del 1987 ha di fatto sancito l’abbandono da parte dell’Italia del ricorso all’energia nucleare.

E tu, cosa ne pensi del nucleare? Sei favorevole o contrario all’utilizzo di questa fonte energetica per scopi civili? A tuo giudizio, quale potrebbe essere una buona alternativa al nucleare? Discutine in classe con i compagni e l’insegnante e al termine del confronto redigi un breve resoconto della discussione, evidenziando i differenti orientamenti emersi.

“NUCLEARE SÌ, NUCLEARE NO”

4 La quasi totalità della comunità scientifi ca concorda nel ritenere che il riscaldamento globale (global warming) rappresenti un problema allarmante per il nostro pianeta e all’unanimità gli scienziati attribuiscono l’aumento delle temperature alle attività umane.

Talvolta però capita di leggere su vecchi e nuovi media dichiarazioni di scienziati che si dicono scettici sui cambiamenti climatici. Si tratta di notizie che in gergo giornalistico si chiamano “bufale mediatiche”.

Lancia una ricerca su Internet e scopri quali sono le argomentazioni fasulle cui si appellano i cosiddetti “scettici del riscaldamento globale”, facendo leva sulla disinformazione scientifi ca da cui è affetta la maggior parte dell’opinione pubblica, e confutale con i dati reperiti in Rete. Ricordati di consultare siti affi dabili.

BUFALE MEDIATICHE E DISINFORMAZIONE SCIENTIFICA

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