• Non ci sono risultati.

1. La zona orientale della città 1.1 Archaia agora

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. La zona orientale della città 1.1 Archaia agora"

Copied!
78
0
0

Testo completo

(1)

1. La zona orientale della città

1.1 Archaia agora

Dalle fonti scritte e da una serie di dati archeologici emerge chiaramente che la celebre agorà di Atene, ubicata nell’area del Ceramico, sia diventata il cuore politico della città soltanto con la fine del VI sec. e l’inizio del governo democratico. In epoca precedente, la piazza più importante della comunità era sicuramente ubicata altrove.

Stando alle testimonianze scritte, una delle attestazioni più rappresentative per provare l’esistenza di un’antica agorà, ma molto discussa per il luogo in cui verrebbe ubicata, è quella di Apollodoro, grammatico di II sec. a. C., autore di tutto rispetto, antiquario e profondo conoscitore di Atene. Nel perduto Peri theōn, contenuto nel lemma “Pándēmos Aphrodite” del Lexicon di Arpocrazione1, il

grammatico sosteneva che l’Afrodite detta Pàndēmos ad Atene era quella ubicata presso l’ “archaia agora” e che l’epiclesi di Pàndēmos era dovuta al fatto che Teseo aveva riunito presso il suo santuario il popolo nelle agorai, al suo tempo chiamate

ekklesiai, dal momento che la parola “agora” aveva assunto il significato

prevalente di mercato e si era dovuto far ricorso ad un altro termine per esprimere quel concetto. È chiaro che se questo autore di II sec. a. C. sente il bisogno di distinguere l’agorà in funzione al suo tempo con una più antica, di agorai dovevano esisterne più di una.

(2)

In tempi moderni, il santuario della Pàndēmos è stato trovato e portato alla luce esattamente nel punto in cui lo ubica Pausania2, cioè ai piedi del Pyrgos di Atena Nike3, a sud-ovest dell’Acropoli, testimonianza che contrasta però con

l’opinione, oggi comunemente accettata, che colloca l’agorà arcaica a sud-est dell’Acropoli, come del resto era possibile dedurre dal racconto di Tucidide4.

Sulla base della testimonianza di Apollodoro, infatti, molti studiosi, alcuni decenni fa, tendevano a localizzare l’archaia agora nella zona ad ovest dell’Acropoli e sulle pendenze vicine5. Ipotesi del tutto superata quando nel 1980

un decreto che encomia una sacerdotessa di Aglauro, e destinato ad essere affisso nel suo santuario (ubicato da Pausania vicino al Pritaneo6), fu scoperto in situ da Dontas7. Dunque, il santuario era situato proprio sotto la rupe dell’Acropoli, ad est, nel punto in cui la roccia è più alta e ripida, e ad esso apparteneva anche la grotta soprastante. Di conseguenza, l’antico centro cittadino a cui l’Aglaurion era prospiciente, veniva a collocarsi ad est/sud-est dell’Acropoli (fig. 1).

2 Paus. I, 22, 3.

3 GRECO 2011, pp. 24-25. 4 Thuc. II, 15.

5 Non tutti gli studiosi, comunque, hanno abbandonato la precedente interpretazione. T. Hölscher,

ad esempio, sulla base di una serie di considerazioni relative al percorso murario pre-temistocleo e alla processione dei rituali prepanatenaici legati alla zona sacra dell’Akademia, ritiene che la prima agorà di Atene si debba cercare del settore nord-ovest della città arcaica, tra l’Acropoli e la rocca dell’Areopago (HÖLSCHER 2005, pp. 217-222).

6 Paus. I, 18, 3.

(3)

Fig. 1. Atene, l’Acropoli e l’antica agorà secondo la ricostruzione di Robertson (ROBERTSON 1992, pl. 3).

Dal punto di vista geomorfologico, tutto il settore ad est dell’Acropoli, fino all’Olympieion e all’Ilisso, si estende su un declivio che diventa via via più scosceso in direzione delle pendici orientali della rocca; lungo i principali salti di quota di questo versante corrono alcune strade (fig. 2): al di sotto del Peripato, si snodava il fondamentale asse viario dei Tripodi che, con il suo percorso, metteva in collegamento il settore a sud-est dell’Acropoli con l’area a nord e a nord-est sino all’Agorà Romana e, quindi, all’Agorà del Ceramico. A monte e a valle di questo asse viario il declivio fu artificialmente sistemato in terrazzi sui quali vennero realizzati gran parte dei monumenti noti quasi esclusivamente dalle fonti letterarie8.

(4)

Fig. 2. L’area ad est dell’Acropoli (GRECO 2011, p. 512, fig. 281).

A confermare l’ubicazione dell’antico centro politico in questa zona è anche un celebre monumento ancora in situ, l’Arco di Adriano, che, situato a sud-est dell’Acropoli, a circa 20 m dall’angolo nord-ovest del peribolo dell’Olympieion, e aperto su un antico percorso che va dritto verso la rocca e la grotta di Aglauro (l’attuale Via di Lisicrate), reca sul lato che guarda a nord-ovest, dunque verso il nucleo politico più antico della città, la famosa iscrizione9: αἵδ’ εἴσ’ Ἀθῆναι Θησέως

ἡ πρὶν πόλις, “questa è Atene, l’antica città di Teseo”10 (figg. 3-4).

9 IG II2 5185.

(5)

Figg. 3-4. Atene, facciata nord-orientale e sud-occidentale dell’Arco di Adriano.

Alla luce della scoperta del santuario di Aglauro, c’è chi ha rigettato la testimonianza di Apollodoro come un errore suo o dei suoi epitomatori, o come frutto di confusione con un altro santuario di Afrodite11.

E. Greco, approcciandosi in maniera diversa al problema, ritiene che Apollodoro faccia riferimento ad un periodo ancora precedente all’età arcaica, in cui Atene era abitata kata komas, cioè secondo una serie di nuclei abitativi sparsi alle pendici della collina dell’Acropoli, ognuno dotato di una propria necropoli ed, evidentemente, di un proprio luogo di culto e di un proprio spazio di riunione; quindi, quello menzionato dalla fonte, potrebbe essere semplicemente uno dei tanti spazi di riunione di età antica, pertinente ad uno di questi villaggi. Lo studioso sostiene, dunque, che l’archaia agora di Apollodoro non sia mai esistita in quanto

11 Dontas sposa l’idea che Apollodoro abbia confuso il santuario di Afrodite Pándēmos, situato a

sud-ovest dell’Acropoli, con il santuario di Afrodite dei Giardini, che era situato all’angolo nord-est delle pendici dell’Acropoli, nelle immediate vicinanze del santuario di Aglauro. In realtà, il santuario principale della dea era ubicato nella valle dell’Ilisso, in cui, anche se esso non è stato trovato, un intero quartiere prendeva il nome dall’epiteto orientale di questa divinità, mentre sulle pendici nord-est dell’Acropoli sembra che ci fosse una sua succursale, in cui erano venerati Afrodite dei Giardini ed Eros, anche se in questa zona scoscesa e in ombra sembra poco plausibile l’esistenza di giardini.

(6)

tale, “ma che il santuario della Pándēmos doveva essere il punto di riferimento di un gruppo, un’eteria, che vantava, grazie all’ambiguità garantita dall’epiclesi della dea, uno stretto rapporto con una mitica, teseica, agorà come strumento da far valere per affermare una preminenza politica”12.

Robertson ci informa che l’unico resto sopravvissuto, senza dubbio proveniente dall’agorà arcaica, un altare votivo eretto accanto all’Altare della Pietà (da lui considerato parte dell’antico centro cittadino), è stato ritrovato nell’Odeion di Erode Attico. Inoltre, un altro decreto per una sacerdotessa di Aglauro, molto simile a quello scoperto nel 1980 in situ, e anch’esso proveniente dallo stesso santuario, è stato trovato tra l’Odeion ed il teatro di Dioniso. È evidente che la zona più probabile da cui questi resti provengono sia senza dubbio il lato orientale dell’acropoli13.

Per quanto riguarda i resti materiali, sin dall’inizio degli scavi nel 1931 fu chiaro che l’agorà situata a nord-ovest dell’Acropoli, in un’area prima adibita a necropoli, emerse in un periodo relativamente tardo della storia della città, dal momento che i più antichi resti di edifici, allineati lungo il lato occidentale della piazza, attraversata diagonalmente dalla Via Panatenaica, non erano anteriori al VI sec. a. C. L’interpretazione che a lungo è prevalsa poneva l’utilizzo iniziale di questo complesso pubblico all’età di Solone e i suoi sostanziali miglioramenti all’età di Pisistrato, anche se, con il tempo, non sono mancate voci autorevoli che

12 GRECO 2011, p. 25. Sulla questione si veda anche Robertson, secondo cui Apollodoro è

tendenzioso e ipotetico: egli si limita a dire che il culto di Afrodite Pándēmos fu per la prima volta stabilito non da Solone, come si crede, né sul sito dove la si vedeva al suo tempo, ma da Teseo e presso l’antica agorà; e la menzione di Apollodoro avrebbe valore solo in quanto ulteriore indicazione che l’area dell’agorà arcaica era ancora conosciuta nell’Atene ellenistica

(ROBERTSON 1992, pp. 49-51). 13 ROBERTSON 1998, p. 287.

(7)

attribuiscono la nascita della piazza all’età di Pisistrato e dei suoi figli14. Come spesso accade, negli ultimi anni la cronologia iniziale della piazza è stata progressivamente abbassata, fissando la data del primo edificio pubblico non oltre il 500 a. C. ca., all’epoca di Clistene e della nascente democrazia. In seguito, la ricostruzione che seguì le Guerre Persiane procedette con poco riguardo per ciò che c’era stato prima, tanto che anche la Via Panatenaica, del cui originale tracciato parleremo in seguto, fu spostata in questa zona15.

Da queste considerazioni si deduce che l’agorà arcaica fu probabilmente utilizzata fino al 500 a. C. ca., o anche più tardi, se si ammette che il trasferimento delle funzioni pubbliche dal vecchio al nuovo complesso dovette essere graduale e che un luogo così strettamente legato alla vita politica e religiosa cittadina all’epoca della formazione della polis ateniese, non potette essere sostituito e dimenticato all’improvviso, come attestato da testimonianze e non di età romana.

Nell’ambito di questo discorso, un posto di primo piano è occupato dalla testimonianza di Pausania, che, ponendo nella zona a sud-est dell’acropoli il punto di partenza di una delle sue numerose passeggiate all’interno di Atene, elenca a partire dall’“agorà”, tutta una serie di edifici incontrati durante il tragitto che lo avrebbe condotto sulla sommità della rocca16.

Ora, nella sua descrizione di Atene, il periegeta usa la parola “agorà” solo in due casi, entrambi concernenti il percorso che inizia con l’Altare della Pietà: (I, 17, 1: “Nell’agorà di Atene, fra le cose non distinguibili per tutti c’è anche un altare

di Eleos, divinità che più di ogni altra è utile alla vita umana e alle sue alterne

14 GRECO 2011, p. 25. 15 ROBERTSON 1998, p. 283. 16 Paus. I, 17, 1- I, 18, 3.

(8)

vicende e che gli Ateniesi sono gli unici fra tutti i Greci a venerare…”; I, 17, 2: “Nel ginnasio, che non è molto distante dall’agorà e che dal suo fondatore si chiama ginnasio di Tolemeo ,…”17).

E. Greco18 ed E. Lippolis19 identificano il luogo di partenza di Pausania con l’Agorà Romana, cioè l’Agorà di Cesare e Augusto attiva ai tempi del periegeta (fig. 5); al contrario, Robertson20 lo individua nell’archaia agora, ritenendo che il termine “agorà” abbia nell’autore una particolare accezione antiquaria, che lo ha portato ad adottare un nome più riduttivo, cioè “Kerameikos”, per designare la nuova agorà21. Tuttavia, se così fosse, dell’antica agorà Pausania menzionerebbe un unico monumento, il celebre Altare della Pietà, che, secondo lo studioso, sarebbe stato un nome descrittivo per designare l’indispensabile altare di Zeus, protettore dei supplici22.

17 Trad. BESCHI, MUSTI 1982. 18 GRECO 2011, p. 23.

19 LIPPOLIS 1995, p. 51. 20 ROBERTSON 1998, p. 286.

21 Paus. I, 2, 4; III, 1; XIV, 6; XX, 6; VIII, 9, 8. 22 ROBERTSON 1998, cit.

(9)

Fig. 5. Atene, zona nord-orientale nel II sec. d. C.

In ogni caso, quello che si può constatare è che, contrariamente all’ipotesi che la vede scomparire in età classica per l’affermarsi del nuovo centro cittadino, Pausania, ma anche Plutarco, dimostrano che l’archaia agora fu sempre conosciuta e preservata dagli ateniesi in quanto tale, come dimostra anche la terminologia usata da diversi autori tardi23.

Dopo l’Altare della Pietà24, il periegeta incontra uno degli edifici pubblici

più strettamente associato con le attività del centro cittadino arcaico, il Prytaneion, prima del quale erano collocati tre importanti santuari: il Theseion, l’Anakeion, dedicato ai Dioscuri, e il santuario di Aglauro25. A questi si aggiungerebbe un altro edificio, dal momento che Plutarco26 menziona un Horkomosion, letteralmente

23 Nel V sec. a. C. il poeta Melanthius, riportato da Plutarco (Cim. 4, 7), mediante l’espressione

“agorà di Cecrope” molto probabilmente si riferisce all’antica agorà, forse evocando con il nome del leggendario re la vicinanza topografica all’Acropoli (ROBERTSON 1992, pp. 47-48).

24 Monumento molto discusso, che da qualcuno viene identificato con l’Altare dei Dodici Dei (522

a. C.) dedicato da Pisistrato il Giovane nell’agorà classica, cosa tuttavia improbabile dal momento che ormai Pausania si trova altrove.

25 Paus. I, 17, 2- I, 18, 3. 26 Pluth., Thes. 27, 7.

(10)

“luogo di giuramento”, situato accanto al santuario di Teseo e prossimo al

Prytaneion, che doveva avere una qualche funzione ufficiale, anch’esso legato

all’eroe nazionale ateniese, dal momento che la tradizione lo considerava il luogo di stipula di un trattato di fedeltà reciproca tra Teseo e Piritoo. In considerazione di queste sue caratteristiche, l’Horkomosion è stato legato all’Aglaurion, il santuario nel quale prestavano giuramento gli efebi, e inteso come una sorta di suo prolungamento27. Inoltre, esso è stato altresì messo in relazione con il lithos della Stoa Basileios28 nell’agorà del Kerameikos, dove probabilmente fu trasportata dalla

sua collocazione più antica, ipotizzata per l’appunto nell’Horkomosion dell’archaia

agora29.

Il Prytaneion e i tre santuari sono menzionati anche da altri autori antichi come importanti punti di riferimento cittadini. Plutarco ubica il sito del Prytaneion “dove ora è il centro della città”30, espressione da lui utilizzata anche per localizzare

il santuario di Teseo31. Nella Costituzione degli ateniesi, Aristotele32 non riferisce dell’esistenza di una vera e propria piazza, ma elenca una serie di edifici pubblici che costituivano il luogo più importante della città, tra i quali il principale era il

Prytaneion, uno dei quattro edifici che un tempo appartenevano agli arconti, in

particolare all’arconte eponimo, forse sorto proprio in concomitanza della nascita di questa carica.

Pausania, a proposito di esso, ci dice che: “Vicino (al recinto di Aglauro)

c’è il Pritaneo, dove sono scritte le leggi di Solone, e, come statue di divinità, si

27 LUCE 1998.

28 La grande pietra sulla quale, a partire dall’età soloniana, giuravano i magistrati (Arist., Ath. 7, 1). 29 SHEAR JR. 1994, pp. 225-248.

30 Pluth., Thes. 24, 3; 27, 7. 31 Pluth., Thes. 36, 4. 32 Arist., Ath. 3,5.

(11)

vedono quelle di Eirene e di Estia; quanto alle statue di uomini, fra le altre c’è quella del pancraziaste Autolico; infatti i ritratti di Milziade e di Temistocle sono stati ridedicati a un romano e a un trace”33.

Per tutta l’età arcaica il Pritaneo fu il baricentro della vita politica ateniese e il luogo di esposizione dei nomoi soloniani, oltre che, probabilmente, l’archivio delle leggi della polis34.

Secondo la leggenda, questo edificio traeva origine dal sinecismo attuato da Teseo35, quando i vari centri dell’Attica furono riuniti sotto il comando di Atene e

fu creato un unico Prytaneion e un unico Bouleuterion36, che insieme costituivano il nucleo distintivo di qualsiasi governo civico. Tuttavia, nonostante entrambi abbiano un “successore” negli edifici della nuova agorà, non c’è traccia del

Bouleuterion nella zona ad est dell’Acropoli, probabilmente perché, una volta che

il Consiglio iniziò a riunirsi nella nuova agorà, qualsiasi precedente impianto fu abbandonato e scomparve, tranne il Pritaneo che rimase visibile. Infatti, se le funzioni politiche di questo edificio furono traslate nella nuova agorà, quelle cultuali rimasero inamovibilmente nella vecchia37, come dimostra il fatto che esso,

dopo il trasferimento degli arconti nell’agorà di epoca classica, continuò ad essere usato, specialmente per banchetti cerimoniali, come quelli in onore di cittadini o stranieri illustri. Inoltre, al suo interno si conservava il fuoco sacro e si venerava Estia, corrispondente alla Vesta romana, dea del focolare, protettrice della casa e dello stato38, e, a riprova del suo valore sacrale e della sua centralità nelle cerimonie

33 Paus. I, 18, 3 (Trad. BESCHI, MUSTI 1982). 34 GRECO 2011, pp. 535-537.

35 WALKER 1995, pp. 1-20; MOGGI 1976, pp. 44-81. 36 Thuc. II, 15, 2.

37 ROBERTSON 1992, p. 43; ROBERTSON 1998, p. 298. 38 RIZZO 2012, p. 403.

(12)

pubbliche, sappiamo anche che l’edificio era il punto di partenza di varie processioni, sia quelle antiche verso i santuari di Apollo e Artemide nella zona sud-est di Atene, sia quella più tarda verso il santuario di Artemis Bendis al Pireo39.

La leggenda del “sinecismo” associa senza dubbio Teseo all’agorà40.

Plutarco41 ci dà utili ragguagli al riguardo, raccontando che l’eroe andò nei vari villaggi dell’Attica a persuadere tutti gli abitanti, che furono convocati a radunarsi in armi, dopo aver creato un singolo Bouleuterion e un singolo Prytaneion e dopo aver istituito due feste, le Panatenee e le Metoikia. Sembra evidente che il luogo di riunione non poteva che essere l’agorà antica, l’unico posto adeguato per una assemblea generale42.

Inoltre, come intuiamo da un altro passo di Plutarco che si riferisce alla chiamata in armi dei cittadini da parte di Solone43, il sinecismo, in quanto evento fondante risalente ad epoca remota, veniva commemorato con un rituale specifico e in una nota festività per la prima volta attestata in un’iscrizione di V sec. a. C.44, quella delle Synoikia45, una riunione di tutte le fratrie dell’Attica che avveniva nel mese di Ecatombeone46, all’inizio dell’anno, poi sospesa da Pisistrato per ragioni

di ordine pubblico47. Il luogo in cui si svolgevano le cerimonie non è specificato dalle fonti, ma sembra molto plausibile che fosse l’agorà arcaica, in quanto l’antico

39 ROBERTSON 1998, p. 299. Plutarco (Cim. 4,7), citando Melenzio, riferisce anche che Polignoto,

che nel contesto viene lodato per le pitture della Poikile, realizzò, per volere di Cimone, anche le pitture del Pritaneo; tuttavia, la notizia viene considerata errata (ROBERTSON 1998, p. 297), ed è probabile che le pitture parietali siano state realizzate da Polignoto, insieme a Mikon, nell’Anakeion (Paus. I, 18, 1; GRECO 2000, pp. 225-226) o nel Theseion (Harp. s. v. Πολύγνωτος).

40 LUCE 1998, pp. 3-31. 41 Pluth., Thes. 24, 2-4. 42 ROBERTSON 1996, pp. 300-301. 43 Pluth. Sol. 8, 1-2. 44 IG I2, 188, 60. 45 ROBERTSON 1992, pp. 32-89; LUCE 1998, p. 4. 46 Thuc. II, 14, 2. 47 ROBERTSON 1992, p. 118.

(13)

corpo cittadino, ripartito in phylai e tritties, solo lì poteva sentirsi effettivamente rappresentato. Non a caso, le divinità onorate in queste feste erano Zeus phratrios e Athena phratria48, il cui culto sembra essere stato installato nell’agorà classica

intorno alla metà del IV sec. a. C. (se il piccolo tempio accanto a quello di Apollo

patroos è stato correttamente identificato49), ma che, data la sua valenza simbolica, secondo Robertson, è probabile che in un’epoca precedente fosse praticato nell’agorà arcaica50.

Questo insigne edificio religioso e rappresentativo della polis, sede del focolare collettivo, non è ancora noto per via archeologica, ma soltanto attraverso testimonianze letterarie ed epigrafiche. Comunque,sembrerebbe logico ubicarlo in un punto adiacente all’agorà, com’è dimostrato dagli scavi di numerosissimi altri antichi centri cittadini e dalla folta documentazione epigrafica proveniente da varie città del mondo antico. Pausania, del resto, lo ubica all’estremità settentrionale della Via dei Tripodi, (“Dal Pritaneo parte una strada detta dei Tripodi”51), di cui si

avrà modo di parlare, vicino al temenos di Aglauro52, ed esso rappresenta l’ultimo edificio da lui menzionato prima di visitare la valle dell’Ilisso (“Scendendo dal

Pritaneo verso la parte bassa della città”53) e il primo edificio del nuovo tragitto, ricordato subito prima del Teatro di Dioniso54.

48 ROBERTSON 1998, p. 300.

49 Il piccolo santuario di Zeus e Atena Phratrios fu trovato nel 1937, nella parte centro-settentrionale

della città antica, a poca distanza dalla Stoà di Attalo (KYPARISSES-THOMPSON 1938, pp. 612-625).

50 ROBERTSON 1998, p. 301. 51 Paus. I, 20, 1.

52 Paus. I, 18, 3. 53 Paus. I, 18, 4.

54 Secondo Robertson, il fatto che nella passeggiata di Pausania quella da lui definita “agorà” (che

lo studioso, probabilmente a torto, identifica con quella antica) e il Pritaneo siano menzionati all’inizio e alla fine, e il ginnasio di Tolemeo, il Theseion, l’Anakeion e l’Aglaurion vengano descritti nel mezzo, sembrerebbe un ulteriore prova che alcuni di questi, come il Theseion e l’Anakeion, fossero anticamente parte dell’agorà. Il Ginnasio di Tolemeo, invece, doveva essere nelle loro vicinanze ma all’esterno dell’agorà (ROBERTSON 1998, p. 299).

(14)

Secondo un’interpretazione dei Mirabilia urbis Athenarum, un’opera anonima destinata ai viaggiatori, assegnata all’XI-XII sec. d. C.55, il Pritaneo potrebbe essere identificato con l’oikema di Tucidide e Solone, menzionato nel testo come non lontano dalla Lanterna di Demostene (cioè il monumento di Lisicrate) e in connessione con una deutera e megale agora, da intendere quale riferimento alla piazza di età arcaica, distinta da quella del Ceramico che l’anonimo autore definisce, secondo un mero ordine topografica, come “prima piazza”56.

Inoltre, stando alle fonti, al Pritaneo era prossimo il Boukoleion57, sede

arcaica del basileus e, secondo Zenobio58, dietro l’edificio si doveva trovare il cosiddetto “campo della carestia” (limou pedion), probabilmente legato ad un culto opposto rispetto a quello di Hestia e alla sfera del banchetto ad esso connessa59.

Riguardo alla forma architettonica dell’edificio, in mancanza di conferme archeologiche, è possibile solo ipotizzare, in base ai confronti possibili, archeologici o letterari, che fosse un edificio piuttosto grande, comprendente, oltre all’ambiente per il focolare del demos e per i culti annessi, almeno una sala da banchetti, probabilmente una corte e alcune stanze di servizio60.

Per quanto riguarda il Theseion e l’Anakeion, vicini tra loro, sappiamo che Pausania li visitò durante il tragitto che lo portò verso la zona dell’Ilisso.

55 CORSO 2010/11, pp. 69-80.

56 Nella stessa area si troverebbe anche la casa di Alcmeone, antenato della famiglia degli

Alcmeonidi, informazione che potrebbe aiutare a comprendere meglio il ruolo giocato da alcune famiglie aristocratiche e personaggi di rilievo nella formazione degli spazi pubblici (GRECO 2011, p. 517).

57 Arist. Ath. 3, 5; Suid. s.v. archon. 58 Zen. 4, 93.

59 GRECO 2011, p. 517. 60 GRECO 2011, p. 537.

(15)

Il santuario di Teseo, dei quattro ateniesi dedicati all’eroe e ricordati nel IV sec. a. C. dall’attidografo Filocoro61, era sicuramente il più importante, fulcro del

culto cittadino dell’eroe fondatore. La sua esistenza sembrerebbe risalire ad età arcaica, anche in base alla testimonianza dell’Athenaion Politeia62, secondo cui Pisistrato vi avrebbe disarmato gli Ateniesi, dopo averli convocati in assemblea, episodio che, tuttavia, da Polieno63, autore di II sec. a. C., viene ubicato nel vicino

Anakeion.

Lo studio topografico della leggenda di Teseo compiuto da Luce64, ha

dimostrato il radicamento della presenza dell’eroe, e di un suo luogo di culto, nella vita civile degli Ateniesi e nelle principali sedi politiche e religiose incentrate intorno all’archaia agora, sin dagli albori dell’età arcaica. Anche la posizione del santuario nella struttura urbana dimostra la sua antichità: l’heroon del fondatore delle istituzioni ateniesi trovava la più appropriata delle collocazioni nell’agorà cittadina, e la sua assenza da quella del Ceramico è di per se’ indizio di un culto antecedente la formazione o fondazione di tale spazio pubblico avvenuta intorno alla metà del VI sec. a. C.

Pausania, invece, attribuisce la fondazione del sekos a Cimone.Dopo aver descritto i dipinti di Mikon, il periegeta, infatti, precisa che: “il recinto di Teseo ad

Atene fu costruito dopo lo sbarco dei Medi a Maratona, quando Cimone, figlio di Milziade, scacciò gli abitanti di Sciro per punirli dell’uccisione di Teseo, e ne portò ad Atene le ossa”65. 61 FGrHist 328 F18. 62 Arist., Ath. 15, 4. 63 Pol. I, 21, 1. 64 LUCE 1998.

(16)

Dunque, la testimonianza di Pausania, che lega l’edificio a Cimone, e quella di Aristotele, che vi ambienta il noto stratagemma di Pisistrato, presentano un’incoerenza sulla cronologia dell’edificio: infatti, se si pensa che fu Cimone a farlo costruire, esso andrà datato verso il 470 a. C., quando il figlio di Milziade si rese protagonista, come sappiamo anche da altre fonti66, della memorabile impresa propagandistica di riportare ad Atene le ossa di Teseo, che, secondo il mito, era stato ucciso a Sciro dal locale re Licomede. Però, dal momento che l’edifico viene ricordato da una fonte autorevole come Aristotele all’epoca di Pisistrato, è molto probabile che già al tempo del tiranno esistesse un recinto con un heroon di Teseo in un punto di questa agorà67. Del resto, è legittimo pensare che le magistrature che costituivano il cuore della vita politica cittadina, così come gli edifici che le ospitavano, si trovassero nel luogo in cui veniva praticato il culto di un eroe fondatore: in questo caso, Teseo, autore del sinecismo dell’Attica e fondatore della

polis. Probabilmente, dunque, le parole di Pausania sono da interpretarsi come un

riferimento alla monumentalizzazione dell’heroon di Teseo, già esistente all’interno del cuore politico cittadino quando Cimone ne portò ad Atene le spoglie, evento che forse comportò la costruzione di un più ampio recinto e di un sacello decorato dalle pitture di Mikon68.

Sebbene il santuario non sia noto per via archeologica, la sua posizione nel tessuto urbano antico è ipotizzabile in base ad una serie di indizi. Da Pausaniaesso viene definito “vicino” al ginnasio di Tolomeo e descritto prima del santuario dei

66 Pluth. Thes. 36; Cim. 8. 67 GRECO 2011, pp. 23-24.

68 Non è da escludere che, se non ci fosse stata l’agorà antica con il Theseion arcaico, che non

permetteva soluzioni alternative per l’ubicazione delle spoglie dell’ecista, forse Cimone avrebbe portato le ossa di Teseo nell’agorà del Kerameikos da lui grandemente valorizzata per celebrare le proprie gesta e quelle del padre (GRECO 2011, p. 24).

(17)

Dioscuri e dell’Aglaurion69. Dal momento che il periegeta si sta dirigendo verso

sud-est, in direzione dell’Aglaurion, secondo E. Lippolis l’edificio andrebbe identificato più in alto e più a sud del probabile Ptolemaion70.

Inoltre, una serie di iscrizioni recuperate dallo smontaggio del muro cd. “post-erulo” presso Hag. Dimitrios Katiphoris, contenenti cataloghi di vincitori ai

Theseia, non sembrano essere state trasportate molto lontano dalla sede di origine,

data la particolare condizione del luogo di ritrovamento, dove è presente una concentrazione di documenti epigrafici da riferire all’efebia, istituto legato ai ginnasi associati al culto di Teseo (Ptolemaion, Diogheneion)71. Su queste iscrizioni, risalenti al II sec. a. C., è anche presente la clausola di esposizione “nel

temenos di Teseo”72.

In ogni caso, l’area di riferimento individuata, posta a nord-est o a est dell’Acropoli, a seconda del giudizio dei diversi studiosi, si accorda con l’indicazione di Plutarco che afferma che il Theseion si trovava “in mezzo alla città,

presso l’attuale ginnasio”73 (di Tolemeo).

Per quanto riguarda la sua configurazione monumentale, le fonti ci lasciano intuire che il santuario era costituito da un grande temenos che poteva ospitare affollate adunanze, anche in armi74.

Al di là dell’aspetto religioso-sacrale, il Theseion ebbe nel corso della sua lunga storia una molteplicità di funzioni. Sappiamo che nel tardo V sec. a. C.,

69 Paus. I, 17, 2.

70 Alcune epigrafi connesse al santuario e allo svolgimento delle relative feste, in parte con certezza

originariamente collocate all’interno dello stesso temenos dell’eroe, sono state rinvenute nello smontaggio del tratto di muro di Ag. Dimítrions Katiphoris e lasciano supporre una prossima ubicazione del monumento (LIPPOLIS 1995, p. 55).

71 GRECO 2011, p. 552

72 IG II2 956, 16; 957, 11; 958, 14. 73 Pluth., Thes. 36, 4.

(18)

quando il centro cittadino si era ormai spostato altrove, l’edificio continuò ad essere usato, insieme all’Anakeion, come luogo di adunanze75 e, nel IV sec. a. C., nel

santuario venivano ancora compiute alcune operazioni preliminari del servizio efebico, come lo scrutinio dei voti e la redazione della lista dei supervisori76. Il santuario, infatti, continuò a svolgere nel tempo un ruolo di primo piano nell’istituto dell’efebia, di cui Teseo era l’ideale campione e fondatore.

Nell’Anakeion77 erano venerati i Dioscuri (“wanakes”), personaggi legati all’Attica e a Teseo dalla leggenda del rapimento di Elena da parte dell’eroe e dalla guerra che condussero contro Afidna78, dove, secondo la leggenda, Teseo aveva confinato la fanciulla79.

La sostituzione del Theseion con l’Anakeion nel testo di Polieno80, a cui si è già accennato, fa pensare ad una probabile vicinanza dei due santuari e ad una loro medesima vocazione marziale. Il rapporto fisico con il Theseion e l’Aglaurion è assicurato anche da Pausania, nella cui descrizione il santuario dei Dioscuri segue immediatamente quello di Teseo, ed è esplicitamente situato al disotto dell’Aglaurion81. Altre fonti concordano nel posizionamento dell’Anakeion a

ridosso delle scoscese pendici dell’Acropoli82.

Così come per il Theseion, anche in questo caso non è attestato un tempio canonico, un ναóϛ, e le poche informazioni che abbiamo le traiamo sempre da Pausania: “Il santuario dei Dioscuri è antico; gli dei sono rappresentati in piedi, i

75 ROBERTSON 1998, p. 296. 76 ROBERTSON 1992, pp. 117-118.

77 Andoc. I, 45; Tucid. VIII, 93; Paus. I, 18, 1-6; IG II/III2 4796. 78 Pluth., Thes. 33, 1-2.

79 Walker, sulla base di questa antica leggenda, ritiene che Teseo fosse in realtà originario di Afidna

(WALKER 1995, p. 28).

80 Polyaen. I, 21, 2. 81 Paus. I, 18, 1-2.

(19)

loro figli montati a cavallo” 83. Il periegeta, inoltre, ci informa che anche al suo interno si trovavano delle pitture di Polignoto e Mikon e che esso occupava l’area più vasta sotto l’Aglaurion84.

Il santuario doveva essere strutturato in modo tale da poter permettere lo svolgimento di consistenti adunanze della cavalleria (come quella del 415 a. C., dopo la mutilazione delle erme85) e degli opliti (nel 411 a. C.86), evidentemente mediante opere di terrazzamento87. Comunque, l’Anakeion rappresentò soprattutto il santuario di riferimento della cavalleria ateniese nel cuore del centro urbano di età arcaica, caratterizzandosi, quindi, per un certo legame con il ceto aristocratico. Infatti, come Teseo per altri aspetti, i Dioscuri rappresentavano figure paradigmatiche per una parte importante del corpo civico ateniese, gli hippeis, e, più largamente, il corpo degli efebi, che giuravano nell’adiacente Aglaurion.

Inoltre, l’offerta di pasti ai Dioscuri nel Pritaneo88, probabilmente in

occasione degli Anakeia, la festività annuale in loro onore, costituisce un ulteriore prova del legame esistente tra gli archeia e i santuari gravitanti intorno all’archaia

agora89.

A tutti questi edifici, dovevano essere contigui il Thesmotheteion90, luogo in cui gli arconti prendevano i pasti in comune; il Boukoleion91, luogo in cui

83 Paus. I, 18, 1 (Trad. BESCHI, MUSTI 1982.

84 Paus. I, 18, 2. All’epoca del rifacimento cimoniano dell’Anakeion è da attribuire un horos del 450

a. C., trovato in reimpiego e pertinente al santuario (FICUCIELLO 2008, p. 216); mentre un rifacimento dell’Anakeion alla metà del II sec. a. C. è attestato in un’altra iscrizione ateniese (IG II2

421). 85 And. I, 45. 86 Thuc. 8, 93, 1. 87 GRECO 2011, p. 550. 88 Ath. 4, 137e. 89 GRECO 2011, p. 551.

90 Arist., Ath. 3, 5; anche Plutarco parla insieme del Thesmothesion e del Prytaneion (Pluth. Quaest. Conv. 7,9).

(20)

avveniva l’unione della moglie dell’arconte con Dioniso, una ierogamia che riproduceva l’unione mitica tra Arianna, abbandonata da Teseo a Naxos, e il dio del vino92; il Basileion93 e, forse, anche l’Epilykeion, sede del polemarco94.

Il Thesmotheteion o Thesmothesion fu in origine l’archeion dei soli tesmoteti, ma dal tempo di Solone divenne sede di adunanza dell’intero collegio degli arconti95; esso era anche il luogo in cui avvenivano i simposi rituali in onore di Oreste che si svolgevano nella festa dei Choes96. Secondo l’opinione generalmente condivisa, il Thesmotheteion era limitrofo al Pritaneo e agli altri edifici politici arcaici inseriti nell’archaia agora, ma non si ha alcun indizio per la sua localizzazione97.

Riguardo al Boukoleion/Basileion, l’Athenaion Politeia fornisce informazioni di grande rilevanza, dichiarando che i nove arconti non erano tutti insieme, ma il basileus aveva la sua sede nel Boukoleion, vicino al Pritaneo, come dimostrava il fatto che, ancora ai tempi dell’autore, lì avveniva l’unione (symmeixis) e il matrimonio (gamos) della basilinna con Dioniso98.

Da Polluce99 si ricava l’importante notizia che i quattro basileis delle

originarie tribù attiche (i philobasileis eupatridi), preposti soprattutto alle cose sacre, si riunivano collegialmente nel Basileion presso il Boukoleion. Gli stessi componevano, insieme al basileus, il tribunale del Pritaneo (nei processi per omicidi compiuti da persone sconosciute, animali e oggetti inanimati). Pertanto,

92 CALAME 1996, p. 249.

93 Arist., Ath. 3, 5; Poll. VIII, 111, IX, 44. 94 Arist., Ath. 3, 5.

95 Arist. Ath. 3, 5; Suid. s.v. archon. 96 Pluth., Mor. 613 B.

97 GRECO 2011, p. 540. 98 Arist., Ath. 3, 5. 99 Poll. VIII, 111.

(21)

quest’ultimo edificio, il Boukoleion e il Basileion costituivano un trittico di archeia legati alle più alte cariche della polis ed erano concatenati anche topograficamente, come documentato nelle fonti letterarie. Probabilmente, il Boukoleion, a cui spettarono forti valenze sacrali e simboliche, in quanto sede dell’annuale ierogamia tra la moglie dell’arconte re e Dioniso (forse rappresentato dallo stesso basileus), faceva parte del Basileion100.

Infine, l’Epilykeion, secondo la tradizione raccolta dall’Athenaion Politeia aristotelica101, era l’antico ufficio del polemarco prima dell’età di Solone;

originariamente designato Polemarcheion, ricevette la nuova denominazione dopo che un Epilykos, avendo rivestito la polemarchia ed essendovisi pertanto stabilito, lo fece ricostruire. Aristotele, tuttavia, non dà spiegazioni di ordine topografico per questo archeion, ma si suppone che esso si dislocasse insieme alle altre primitive sedi di magistrati della polis alto-arcaica da lui citate in sequenza, raggruppate intorno al Pritaneo, nella vecchia agorà ad est dell’Acropoli102.

È quanto mai evidente il solido e costante legame che molti di questi edifici, e quindi, il luogo in cui essi si trovavano, l’archaia agora, abbia con Teseo, eroe dell’Attica e fondatore mitico della democrazia ateniese attraverso il sinecismo.

Nessuno di essi, tuttavia, a parte il santuario di Aglauro, è stato fino ad oggi identificato con certezza e numerose sono le ipotesi degli studiosi sull’ubicazione di questi monumenti. A parte la suggestiva ipotesi di Kalligas, che ha proposto di identificare il Pritaneo con l’Odeion di Pericle103, gran parte degli studiosi ritiene

che gli edifici pubblici si trovassero un po’ più a nord, cioè nell’area che gravita

100 GRECO 2011, pp. 537-538. 101 Arit., Ath. 3, 5.

102 GRECO 2011, p. 540-541. 103 KALLIGAS 1994, p. 30.

(22)

intorno all’attuale plateia Lysikratous. Secondo E. Lippolis, ad esempio, proprio le strutture rinvenute in hodos Thespidos rappresenterebbero il limite sud-orientale dell’edificio che lui identifica come Pritaneo104, mentre il Theseion viene da lui

collocato tra la chiesa di Ag. Anárgiroi e il santuario di Aglauro, individuato con certezza alle pendici est dell’acropoli105 (figg. 6-7).

Fig. 6. Atene, schema urbanistico del centro monumentale; 1. Agorà del Ceramico; 2. Biblioteca di Adriano; 3. Agorà romana; 4. Ptolemaion; 5. Area del Diogeneion; 6. Area sacra terrazzata (Theseion?); 7. Probabile sito dell’Anakeion; 8. Aglaurion; 9. Archaia agora; 10. Edificio di odòs

Thespidos (Pritaneo?); 11. Monumenti coregici; 12. Edificio di piazza Agias Aikaterini

(Serapeo?); 13. Porta di Adriano; 14. Olympieion; 15. Odeion di Pericle; 16. Santuario e teatro di Dioniso; 17. Heroon (?);18. Heroon (?); 19. Area di rinvenimento dell’epigrafe IG II2 5202; 20.

Area dei rinvenimenti effettuati sotto la Nuova Metropoli (LIPPOLIS 2008, p. 56, fig. 10).

Fig. 7. Atene, area della archaia agora: 1. Probabile sito dell’Anakeion; 2. Aglaurion; 3. Edificio di odòs Thespidos (Pritaneo?); 4. Complesso di piazza Agias Aikaterinis (Serapeo?); 5. Edificio di

età classica; 6. Heroon (?); 7. Stoà; 8. Monumenti coregici; 9. Odeion di Pericle; 10. Santuario e teatro di Dioniso (LIPPOLIS 2008, fig. 8, p. 52).

104 LIPPOLIS 1995, pp. 57-59.

105 Secondo lo studioso, un certo interesse potrebbe mostrare l’area intorno alla chiesa di Ag. Nikόlaos Rangaví, che riutilizza imponenti blocchi di calcare da un edificio antico, ma manca ogni

(23)

Schmalz106, invece, sulla scorta di Pausania, ritiene che il Theseion andrebbe ubicato a nord-est dell’acropoli (dove Lippolis colloca, invece, l’Anakeion)107; l’Anakeion, poco distante, sotto l’Aglaurion, che era anche in stretta associazione con il Prytaneion, il quale, secondo lo studioso, va ipotizzato nell’attuale Plaka, in una posizione intermedia tra il monumento di Lisicrate e l’Arco di Adriano (fig. 7), riconoscendone i resti nel colonnato conservato sotto l’attuale piazza di Agia

Aikaterini, vicino l’antica Via dei Tripodi e il monumento di Lisicrate, di cui è

emersa una fase arcaica nel corso di recenti scavi di salvataggio108 (figg. 8-10).

Fig. 8. Proposta di ricostruzione della parte meridionale di Atene (SCHMALZ 2006, p. 35, fig. 1).

106 SCHMALZ 2006, pp. 33-81. 107 SCHMALZ 2006, p. 36. 108 SCHMALZ 2006, pp. 45, 51-61.

(24)

Fig. 9. Atene, Plaka, resti di colonnato visibili nella piazza di Agia Aikaterini.

Figg. 10-11. Ubicazione del Prytaneion nella ricostruzione di Schmalz (1. Muro orientale del peribolo del Pritaneo 2. Resti di edifici sopra depositi di VI sec. a. C.; 3. Muro nord di edificio di

II sec. d. C.; 4. Resti di edifici classici) (SCHMALZ 2006 p. 57, fig. 22).

A sostegno della sua tesi, Schmalz apporta una serie di rinvenimenti proveniente dal sito da lui proposto come sede del Pritaneo, tra cui: un’iscrizione dedicatoria a Hestia, che ricorda la dedica di una grande statua votiva in bronzo eretta da una famiglia della tarda età Giulio-Claudia109, e la famosa dedica di un

epimeletes del Pritaneo, carica che consisteva nella custodia permanente del

(25)

monumento, Theophilo di Halai110, membro di una delle più importanti famiglie dell’Atene augustea, al quale si deve probabilmente l’avvio di un rifacimento o restauro dell’edificio. La dedica venne realizzata su un blocco di stilobate riutilizzato, che costituiva uno degli elementi architettonici più antichi del complesso111 (fig. 12).

Fig. 12. Iscrizione dedicatoria di Teophilo di Halai (SCHMALZ 2006, p. 74, fig. 31).

In effetti, l’assetto della viabilità rilevato in questa zona della città sembra provare l’esistenza di un importante crocevia situato proprio in corrispondenza dell’attuale plateia Lysikratous in cui, anche anticamente, confluivano una serie di strade presso uno slargo o uno spiazzo che poteva essere pertinente all’antica agorà. Si tratta di percorsi antichi, alcuni dei quali corrispondevano ad importanti vie processionali112. La processione delle Dionisie, ad esempio, doveva snodarsi,

almeno nell’ultimo tratto, lungo il percorso di un’importante strada che attraversava

110 IG II2 2877.

111 SCHMALZ 2006, pp.71-75. 112 FICUCIELLO 2008, pp. 214-216.

(26)

la zona, la Via dei Tripodi; inoltre, qui confluivano probabilmente l’Hestia hodos e la strada che collegava lo slargo con la valle dell’Ilisso, lungo la quale è probabile che si snodasse la theoria della Pitaide e la processione delle Thargelia correlata ai santuari di Apollo Pizio e di Artemide Agrotera, e con le arterie dirette al Falero e al Sounion113.

Risulta chiaramente che anche gli sviluppi urbanistici delle epoche successive non poterono prescindere dal ruolo centrale che la vecchia piazza aveva assunto nel tessuto urbano: infatti, come si è già detto, la costituzione della nuova Agorà del Kerameikos non decretò la completa esautorazione dell’archaia agora, in cui esistevano edifici dalla forte valenza simbolica e politica, come proverebbe, secondo l’ipotesi di Robertson114, lo stesso Pausania che, nel II sec. d. C., continua

a chiamare questo spazio “agorà”.

La città di Teseo, dunque, si presenta come un quartiere che potrebbe raccogliersi intorno ad una piazza centrale, l’archaia agora, sulla quale prospetterebbero Anakeion, Aglaurion e Pritaneo.

Un momento fondamentale nell’assetto del centro politico è costituito da un intervento della metà del V sec. a. C., quando Cimone, che viene ricordato per aver fatto bella la Kekropia agora, operazione strettamente connessa al rimpatrio delle ossa di Teseo, di cui si è già parlato, sembra concentrare in questa zona il suo programma edilizio, con la risistemazione integrale del temenos dell’eroe fondatore, che viene a costituire quasi il luogo centrale della vita politica dello spazio dell’antica agorà115. Alla stessa fase si può attribuire anche il rifacimento o

113 FICUCIELLO 2008, passim. 114 ROBERTSON 1998. 115 Paus. I, 17, 2-6.

(27)

la ristrutturazione dell’Anakeion, che viene dotato di pitture parietali116, mostrando forse la volontà di un intervento sistematico in questo centro monumentale, sicuramente molto provato dai danni dell’invasione persiana. Il vecchio Pritaneo, invece, è probabile che sia stato ristrutturato dopo la fine del V sec. a. C. 117, in seguito ad una grave distruzione dovuta forse ad un terremoto118.

Sembra che dopo un periodo di interruzione dell’attività costruttiva, la ripresa si sia determinata soprattutto con l’intervento della dinastia tolemaica nel III sec. a. C, quando si data la costruzione del monumentale complesso del ginnasio di Tolemeo e la fondazione del Serapeo urbano, preceduto dal santuario del Pireo119.

La risistemazione generale del centro monumentale sembra essersi conclusa nel corso del II sec. a. C., quando inizia l’opera di restauro e di adeguamento dei monumenti, attestato in questo periodo per l’Anakeion120.

Quindi, l’area pubblica antica va considerata la vera e propria città di Teseo, in cui erano ubicati i santuari e le memorie dell’eroe, il centro dell’evento sinecistico che gli si attribuiva121. Feste pubbliche e cerimonie, ancora in piena età

imperiale contribuiscono a codificare a vario livello e con diverso significato gli spazi e i simboli di questa tradizione122.

116 Paus. I, 18, 1. 117 Arist., Ath. 3,1.

118 BRETON 1868, p. 261 sostiene una ricostruzione successiva ad un terremoto del 426 a. C. 119 LIPPOLIS 1995, pp. 64-67.

120 L’iscrizione IG II421 attesta un rifacimento dell’Anakeion da parte di Milziade di Zoilo (metà II

sec. a. C.) (LIPPOLIS 1995, p. 66).

121 CONNOR 1970, pp. 143-174.

(28)

1.2. Aglaurion

Come si è detto, la ricostruzione, prevalentemente letteraria, dell’antica agorà di Atene ha un suo forte punto di riferimento nell’Aglaurion, la cui sicura ubicazione, grazie alla scoperta di G. S. Dontas, ha permesso di rivedere la topografia di Atene, localizzando con maggiore certezza l’antico centro cittadino ad est dell’Acropoli. Infatti, nel testo di Pausania123 l’Aglaurion è il punto di

riferimento per ubicare l’Anakeion, immediatamente sottostante, il Prytaneion, vicino ad esso, il Theseion e numerosi altri edifici pubblici, e fissare con precisione l’itinerario del periegeta lungo le pendici orientali dell’Acropoli124.

Il santuario di Aglauro, la giovane figlia del leggendario primo re dell’Attica, Cecrope, gettatasi dalla rupe dell’Acropoli dopo aver trasgredito al divieto di aprire la cesta sacra lasciatale in custodia da Atena125, era il luogo in cui gli efebi ateniesi prestavano il solenne giuramento prima dell’inizio dell’anno efebico.

Stando a questo mito, risulta piuttosto insolito che ad una eroina oltraggiosa fosse dedicato un culto; tuttavia, secondo un’altra versione126, lo hieron si trovava

nel punto in cui sarebbe caduta Aglauro gettandosi dal muro, per consentire, nel rispetto dell’oracolo di Apollo, di dare la vittoria agli ateniesi nel conflitto contro Eleusi, città recalcitrante al sinecismo promosso da Teseo127. Dunque, in base a questa tradizione, Aglauro non è una giovinetta oltraggiosa, ma un’eroina

123 Paus. I, 18, 2- 3. 124 GRECO 2011, p. 23. 125 Paus. I, 18, 2.

126 Filocoro (FRrHist III B, 328 F 105). 127 CUCUZZA 1996, p. 91.

(29)

sacrificatasi per la patria in periodo di guerra, gesto che costituiva un nobile esempio per gli efebi ateniesi.

Le fonti che fanno riferimento all’Aglaurion, pur non essendo di per sé risolutive, sono importanti già da sole per individuare la precisa collocazione del santuario.

Si è già detto che Pausania riferisce che il santuario era “sopra i Dioscuri”, cioè accanto, ma più in alto, rispetto all’Anakeion128: “Al di sopra del santuario dei

Dioscuri c’è il recinto di Aglauro. Si racconta che Atena consegnò Erittonio ad Aglauro e alle sorelle Erse e Pandroso, dopo averlo deposto in una cassa ed aver proibito loro di curiosare nella cassa data in deposito; si dice che Pandroso ubbidì, mentre le altre due, aperta la cassa, alla vista di Erittonio, impazzirono e si gettarono giù dall’acropoli, dalla parte più scoscesa. Saliti proprio da questa parte, i Medi massacrarono quegli Ateniesi che ritenevano di saper interpretare l’oracolo meglio di Temistocle e che perciò avevano fortificato l’acropoli con pali e travi”129.

Erodoto130, nel descrivere la conquista dell’acropoli da parte dei Persiani

nell’estate del 480 a. C., racconta che i nemici riuscirono a salirvi dal lato del santuario di Aglauro, sfruttando il fatto che proprio questo punto era quello meno sorvegliato in quanto difficilmente accessibile131: “Infine, a trarli in difficoltà,

apparve ai barbari una via d’entrata: era necessario infatti, perché si compisse l’oracolo, che tutta l’Attica continentale finisse sotto i persiani. Dinanzi all’acropoli, dietro le porte e la salita che vi conduce, dove nessuno stava di

128 CUCUZZA 1996, p. 91; GRECO 2011, p. 23. 129 Paus. I, 18, 2 (Trad. BESCHI, MUSTI 1982). 130 Hdt. VIII, 53.

(30)

guardia e non ci si aspettava che un essere umano potesse salire, proprio per di qui ascesero alcuni, nei pressi del santuario di Aglauro figlia di Cecrope, benché il terreno fosse scosceso. Appena gli ateniesi li videro ormai saliti (sull’acropoli), alcuni si gettarono dall’alto del muro sfracellandosi, altri si rifugiarono nel megaron. I persiani che erano saliti si diressero prima alle porte e, apertele, uccisero i supplici; dopo che li ebbero tutti massacrati, depredarono il santuario e incendiarono tutta l’acropoli”132.

A ben vedere, dall’attenta analisi di questi due testi si può ricavare qualche dato prezioso sull’ubicazione del santuario, anche se di per sé insufficiente. Nel passo del periegeta sono chiari tre punti: che era situato in un punto alto, sul versante dell’acropoli, che era posto sopra il santuario dei Dioscuri e che il Pritaneo era nelle loro vicinanze133.

Se si considera la testimonianza di Erodoto, l’espressione “dinanzi

all’acropoli, dietro le porte e la salita che vi conduce” fa pensare che il suo punto

di vista fosse il Pritaneo, il cuore dell’antica città, guardando verso l’acropoli134.

Infatti, è logico pensare che il “davanti” di cui parla Erodoto non sia l’ingresso alla rocca, ma il lato orientale, dove, per ragioni di ripidità del terreno non poteva essere l’accesso all’acropoli; in altre parole, la testimonianza dello storico, ripresa sicuramente da Pausania, si comprende solo se si considera che la fronte dei templi sull’acropoli (come di tutti i templi greci, tranne rare eccezioni) era rivolta ad est, lato che quindi costituisce la parte anteriore della rocca, ma non l’ingresso ad essa, che invece era alle spalle.

132 Trad. MASARACCHIA 1977. 133 DONTAS 1983, p. 60. 134 DONTAS 1983, pp. 59-60.

(31)

Inoltre, la grande scoscesità ed inaccessibilità del passaggio scalato dai Persiani, di cui parla Erodoto, esclude che il santuario fosse sul lato settentrionale dell’acropoli, meno ripido rispetto ad altri (eccetto, naturalmente, quello occidentale), e conferma che fosse sul versante orientale, senza dubbio il più ripido, in quanto caratterizzato da due titaniche elevazioni rocciose, una a nord-est e una a sud-est, tra le quali c’era una depressione che ospitava una grotta135.

In realtà, la vecchia proposta di localizzazione dell’Aglaurion sul pendio nord-occidentale dell’acropoli non deriva da nessuna di queste fonti in particolare, ma è ricavata quasi esclusivamente, ed erroneamente, dalla lettura di uno degli stratagemmi di Polieno136, in cui viene coinvolto il santuario. Lo stratagemma in questione spiega come Pisistrato fosse riuscito a disarmare gli ateniesi e ad impossessarsi del potere nel 546 a. C.: si racconta che il tiranno riunì i concittadini in armi nell’Anakeion e si rivolse loro volutamente con un tono di voce così flebile e basso da costringerli, per sentirlo meglio, a seguirlo al προπὺλαιον. A questo punto, approfittando della situazione, i partigiani di Pisistrato riuscirono a portare le loro armi, nel frattempo abbandonate, “giù” all’interno dell’Aglaurion.

Lo stesso episodio viene ricordato anche da Aristotele137, il quale, però, ne fornisce una versione un po’ diversa e, collocando la riunione nel Theseion, senza citare esplicitamente l’Aglaurion come luogo ove furono nascoste le armi degli ateniesi, dice solo che esse furono portate in uno degli edifici vicini, definendo come προπὺλον τῆϛ ἀκροπόλεως il luogo dove l’assemblea si trasferì per avvicinarsi a Pisistrato. Inoltre, mentre negli Stratagemmata di Polieno è Pisistrato a salire al

135 DONTAS 1983, p. 59. 136 Polyaenus 1, 21, 2. 137 Arist., Ath. 15, 4.

(32)

Propylaion, nella testimonianza del filosofo è il tiranno ad ordinare ai concittadini

di salirvi. Dunque, la maggiore discrepanza tra le due versioni, che evidentemente derivano da due fonti diverse, non riguarda i luoghi in cui si svolse l’episodio, ma la dinamica stessa degli eventi. Comunque, data la funzione del santuario, è probabile che le armi venissero portate nell’Aglaurion138, dal momento che era qui che i giovani compivano il giuramento efebico la notte prima della processione delle Grandi Panatenee, quando le armi erano condotte solo da un piccolo numero di persone, tra cui, per l’appunto, gli efebi ateniesi139. È chiaro, comunque, che il

dubbio insinuato dalle due testimonianze viene risolto se si considera in maniera appropriata il citato προπὺλον, cui le due versioni fanno riferimento, evidentemente non identificabile con quello monumentale ad ovest dell’acropoli. Ma su questo si avrà modo di ritornare.

Anche un frammento dell’attidografo Filocoro (III sec. a. C), a cui si deve la versione del mito benevola nei confronti di Aglauro e il suo legame con l’iniziazione degli efebi, che nel santuario giuravano fedeltà alla patria prendendo esempio dalla mitica eroina, sembra contraddire le indicazioni topografiche ricavate da Erodoto e Pausania, dal momento che il santuario della figlia di Cecrope viene definito “περί τὰ προπὺλαια τῆϛ πόλεως”140. Sulla base di questa indicazione, il santuario di Aglauro venne identificato da M. Ervin con quello delle Ninfe scoperto a sud-ovest dell’acropoli, ipotesi che cade, tuttavia, se i Propylaia di Filocoro non vengono identificati con i ben conosciuti Propylaia dell’acropoli, cioè quelli

138 CUCUZZA 1996, pp. 91-92.

139 In epoca classica, prima della processione delle Panatenee, la sacerdotessa di Aglauro sacrificava

a varie divinità, oltre che ad Aglauro, ed era lei a garantire che i giovani e le fanciulle raggiungessero nel giusto tempo il Ceramico, dove la processione si componeva alle prime luci del giorno (ROBERTSON 1992, pp. 113-114).

(33)

occidentali141. Per Dontas ci potrebbero essere due possibilità per spiegare l’espressione dell’attidografo: che la fonte antica da cui egli attinge si riferisca ad una porta nel circuito murario arcaico della città, il quale, essendo molto più corto di quello di età classica, doveva passare nei pressi dell’Aglaurion; oppure che il termine “polis” usato da Filocoro, venga ripreso dalla fonte più antica, in cui, però, aveva il significato di “acropoli”142. In quest’ultimo caso i Propylaia, non essendo

quelli sul lato ovest perché troppo lontani, potrebbero solo essere identificati in strutture ubicabili presso uno degli ingressi micenei alla rocca, che sembrano essere stati usati fino all’invasione persiana143. Questa ipotesi, su cui si ritornerà più avanti, sembrerebbe confermata dall’indicazione topografica fornita da Polieno144.

Oggi la tradizionale ubicazione del santuario di Aglauro lungo le pendici settentrionali dell’Acropoli, ipotizzata nel 1837 da Wordsworth, che all’inizio sembrava suffragata da queste ultime testimonianze letterarie, è completamente superata145.

Già negli anni ’30 dello scorso secolo, saggi parziali, eseguiti all’interno di un’ampia grotta (22 x 14 m circa) sul versante orientale dell’Acropoli, avevano restituito pochi materiali di età classica dentro strati sconvolti e al suo interno un’area lavorata per l’alloggiamento di una stele. All’esterno, sopra l’angolo nord, una scalinata con i gradini ricavati nella roccia conduce ad un’area spianata, in cui si è supposto potesse essere un altare146.

141 L’unica perplessità è dovuta al plurale προπὺλαια, dal momento che ad Atene i Propylaia sono

per antonomasia quelli di Mnesicle.

142 Come in Thuc. II, 15.

143 Gli ingressi micenei sono identificabili con l’accesso ad ovest, con l’ingresso che portava quasi

davanti al lato est del futuro Eretteo e una serie di postierle (BUNDGAARD 1976; CUCUZZA 1996).

144 DONTAS 1983, p. 61. 145 GRECO 2011, p. 159. 146 GRECO 2011, p. 159.

(34)

Il ritrovamento risolutivo, che ha permesso di localizzare con certezza l’Aglaurion ad est dell’Acropoli, proprio a ridosso della collina, stravolgendo l’interpretazione delle fonti, avvenne il 16 aprile del 1980, durante i lavori di restauro del Peripatos: dentro una trincea aperta a poca distanza dalla grotta (figg. 13-16), venne alla luce, in situ, una stele iscritta, ancora coerente con la sua base147 (fig. 17). Essa, in una posizione inclinata, era posizionata in antico lungo un muro nord-sud rivolto ad est, che evidentemente faceva parte del peribolo del santuario di Aglauro (fig. 18).

Fig. 13. “Le Temple de Jupiter Olympien et l’Acropolis d’Athènes” di Louis Dupré 1819; sullo sfondo la grotta di Aglauro (PAPADOPOULOS 2003, p. 283, fig. 5.3).

(35)

Fig. 14. La città di Teseo, ca. 1865-1870; sullo sfondo la grotta di Aglauro (PAPADOPOULOS 2003, p. 283, fig. 5.4).

(36)

Fig. 16. Atene, grotta di Aglauro (GRECO 2011, p. 159).

Fig. 17. Atene, stele e base trovate in situ (DONTAS 1983, pl. 15 a).

(37)

La stele (fig. 19), alta 0,96 m e larga 0,40 m, in marmo imettio blu-grigio, reca, ben conservata, l’iscrizione di un decreto emesso sotto l’arcontato di

Polyeuktos, la cui datazione, già fissata agli anni 247/6 o 246/5 a. C., è stata

recentemente corretta al 250/249 a. C.148

Fig. 19. Atene, stele iscritta dall’Aglaurion (DONTAS 1983, Pl. 14).

Nell’iscrizione viene onorata Timokrite, sacerdotessa di Aglauro, e, alla linea 36, si dichiara che la stele doveva essere collocata presso il santuario della figlia di Cecrope149.

148 GRECO 2011, p. 159.

149 GRECO 2011, p. 159; DONTAS 1983, pp. 53-55 (“Nell’arcontato di Polyeuktos, nella seconda pritania di Erechtheis, di cui Chairephon, figlio di Archestratos di Kephale, era segretario; l’undicesimo giorno di Metageitnion, l’undicesimo giorno della pritania; l’assemblea con i pieni poteri. Il presidente dei proedroi, Kleidemos figlio di Phrynon di Phyla, e i suoi colleghi misero la questione al voto. Deliberata dal Consiglio e dai Demi; Demostratos figlio di Aristophanes di

(38)

Seppure l’area in questione presenti solo la traccia di un muro, ad est del quale si sarebbe sviluppato il peribolo del santuario, sul terreno in pendenza, la disposizione iscritta sulla stele rinvenuta in situ ha consentito a G. S. Dontas di collocare il temenos del santuario presso la grotta sulle pendici orientali dell’Acropoli150. Sicuramente, dal momento che al suo interno erano ospitati gli

efebi che prestavano giuramento prima di iniziare il loro servizio, l’estensione del santuario doveva essere considerevole151.

1.3. Hodos Tripodon

Per localizzare l’antico centro cittadino, è necessario avvalersi anche di altri elementi, in particolare dei resti in situ del percorso dell’antica Via dei Tripodi, che correva a sud del Prytaneion verso l’area del Teatro di Dioniso. La strada fu chiamata così solo dopo l’erezione dei monumenti coregici costruiti per commemorare la vittoria negli agoni ditirambici con l’esposizione del tripode

Paiania presentò una mozione: riguardo a ciò che è riportato da Aristophanes, il figlio della sacerdotessa di Aglauro, in merito ai sacrifici offerti per le “eisiteteria” ad Aglauro e ad Ares e ad Helios e alle Horai e ad Apollo e agli altri dei ai quali è usanza ereditaria (offrire sacrifici), con buona fortuna è stato stabilito dal Consiglio che i proedroi che sono estratti a sorte per presiedere la prossima assemblea deliberano su queste questioni tra gli altri affari sacri e sottomettono la decisone del Consiglio ai Demi, che accettino i benefici che vengano dai sacrifici per la salute e la sicurezza del Consiglio e dei Demi degli ateniesi e per i loro bambini e mogli e del re Antigono e della regina Phila e dei loro discendenti. E, considerato che la sacerdotessa di Aglauro ha offerto le eisagogeia e gli adatti sacrifici e ha inoltre curato che ci sia stato buon ordine durante il pannychis e ha preparato la tavola (di offerte), per lodare la sacerdotessa di Aglauro, Timokrite figlia di Polynikos di Aphidna, e incoronarla con una corona di foglie per la pietà che ella ha mostrato verso gli dei, il segretario dei pritani scriverà questo decreto su una stele di marmo e la porrà dentro al santuario di Aglauro e il consiglio di amministrazione procederà alla ripartizione delle spese sostenute per l’iscrizione della stele. Il Consiglio. Il Demos. La sacerdotessa. Timokrite.”).

150 DONTAS 1983, pp. 48-50; 63. 151 DONTAS 1983, pp. 63.

(39)

ottenuto in premio e per custodire altre pregevoli opere d’arte, cioè non prima del IV sec. a. C.152, come spiega Pausania: “Dal Pritaneo parte una strada detta dei

Tripodi: il luogo si chiama così perché vi sorgono templi grandi quel tanto che basta perché vi possano star poggiati sopra dei tripodi di bronzo, i quali contengono pregevolissime opere d’arte. (…)”153.

Dunque, partendo dal Pritaneo, che a detta di Pausania ne segnava l’inizio, la Via dei Tripodi154 era contrassegnata dalla presenza di monumenti coregici, da cui prendeva il nome, sui quali, in epoca posteriore all’utilizzo della vecchia agorà, i responsabili dell’allestimento dei cori, partecipanti alle gare drammatiche che si svolgevano nel vicino Teatro di Dioniso, collocavano il tripode della vittoria ottenuta in queste gare (fig. 20). Il tracciato della via è indicato ancora oggi dai resti dei basamenti di qualche monumento coregico (figg. 21-22) e da quello, eccezionalmente integro, di Lisicrate, vincitore delle gare drammatiche del 335/4 a. C, la cui conservazione è stata garantita dal suo inserimento in un monastero cappuccino155 (fig. 23).

Fig. 20. Disegno ricostruttivo dei monumenti lungo la Via dei Tripodi presso pl. Lysikratous (GRECO 2011, p. 516, FIG. 287).

152 GRECO 2011, p. 29.

153 Paus. I, 20, 1 (Trad. BESCHI, MUSTI 1982). 154 FICUCIELLO 2008, pp. 66-74.

(40)

Fig. 21. La Via dei Tripodi con i monumenti messi in luce negli anni ’50 (GRECO 2011, p. 516, fig. 286).

Fig. 22. La Via dei Tripodi nel punto di incrocio con la strada 4, visibili le fondazioni di uno dei monumenti coregici (GRECO 2011, p. 513, fig. 282).

(41)

Fig. 23. Il monumento coregico di Lisicrate inglobato in un monastero cappuccino (STUART, REVETT 1762-1816, I, pl. I).

Si tratta di un monumento circolare in marmo, montato su una base quadrata in calcare, innalzato su una crepidine di tre gradini e sormontato da un plinto, con sei colonne corinzie alte 3,54 m, i cui intercolumni, tranne che sul lato orientale, sono stati chiusi da lastre. Sopra il colonnato c’è una trabeazione classica, costituita da un architrave a tre fasce e da un fregio figurato a rilievo; al centro del tetto si innalza un elemento decorativo floreale, alto 1, 24 m156 (figg. 24-25).

(42)

Figg. 24-25. Atene, monumento di Lisicrate nel suo aspetto attuale e nella ricostruzione di S. Alemdar (ALEMDAR 2000, tav. 1, fig. 2).

Le fondazioni degli altri monumenti di scala simile sono state trovate soprattutto nella zona compresa tra l’accesso al santuario di Dioniso e l’Odeion di Pericle, lungo un tratto di circa 150 m, soprattutto sul lato occidentale della strada, mentre una base trovata sul lato orientale rivela la larghezza della strada, circa 6,5 m; il monumento più settentrionale è a circa 130 m a nord-est della grotta di Aglauro e del punto in cui è stata ritrovata l’iscrizione in onore della sua sacerdotessa. Non ci sono dubbi che l’intero tratto appartenga alla Via dei Tripodi menzionata da Pausania e che tutto l’asse stradale, fino al propylon del temenos di Dioniso, fosse caratterizzato dai monumenti disposti lungo il lato occidentale della carreggiata157. Dalle indagini archeologiche è emerso che hodos Tripodon rappresentava una delle arterie più ampie che attraversavano l’area cittadina poiché, sebbene la carreggiata si aggirasse intorno ai 6-7 m, la strada occupava complessivamente una

(43)

superficie che, inclusa la fascia dei monumenti coregici, raggiungeva i 15 m ca. di larghezza158 (fig. 26).

Fig. 26. Sezione della via dei Tripodi nel tratto compreso tra il monumento di Lysikrates ad ovest e la stoa di IV sec. a. C. ad est (FICUCIELLO 2008, p. 68, fig. 7).

Il percorso della Via dei Tripodi terminava proprio davanti al propylon del santuario di Dioniso Eleutereo, alle pendici meridionali dell’Acropoli, il cui culto comunemente si dice fu istituito da Pisistrato. L’asse, pertanto, veniva ad essere anche una importante via cerimoniale perché la pompe delle Grandi Dionisie, almeno nell’ultimo tratto, doveva snodarsi proprio lungo il suo percorso159. Tale

via, a sua volta faceva parte di un percorso più lungo, probabilmente molto antico, che costeggiava l’Acropoli ad est e a nord, fino ad incontrare la Via Panatenaica nell’angolo nord-ovest dell’Eleusinion cittadino.

Tuttavia, è stato ipotizzato che la strada, originariamente, non si arrestasse al propylon del santuario di Dioniso, ma proseguisse lungo le pendici meridionali

158 FICUCIELLO 2008, p. 67. 159 WILSON 2000, p. 97.

Riferimenti

Documenti correlati

Sostituendo queste espressioni in una delle due equazioni si ottiene un’equazione differenziale lineare del secondo ordine nell’incognita I 2 ; la si risolve e si sostituisce

Il sistema di assiomi ZF per gli insiemi (con il solo simbolo di ∈) rientra nella logica predicativa del 1° ordine e porta a modelli non standard.. Il principio di

rappresenta una retta che forma con l’asse delle ascisse un angolo ottuso per ogni valore di a 4.. rappresenta una retta che ha come coefficiente

- miglioramenti nella realizzazione del rivestimento vetrato dell’edificio 3 ovvero eventuale esecuzione del rivestimento sulla totalità della facciata Nord, eventuale esecuzione

Il rilievo di questo modello è stato portato a termine dopo un accurato studio e giudizio di esperti di Idraulica e di Costruzioni Idrauliche, tenendo in considerazione diversi

“Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia.. Cadde la pioggia, strariparono i

Nello spazio il centro C, essendo equidistante dai 3 pti P, Q, S, sta su entrambi i piani assi e quindi sta sulla retta α∩β, ma C sta anche su π, quindi C= α∩β∩π..

Poiché la definizione di grafo è precisa ma molto astratta, abbiamo anche definito la rappresentazione piana di un grafo: essa si ottiene rappresentando