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CAPITOLO 2 RICHIO DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO DEL RACHIDE

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CAPITOLO 2

RICHIO DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO DEL

RACHIDE

La Movimentazione Manuale dei Carichi e il conseguente sovraccarico biomeccanico del rachide, sono divenuti d’interesse della comunità scientifica e della letteratura a partire dagli ultimi dieci anni, infatti effettuando una ricerca su PubMed con la stringa [(manual material handling) or (low back pain)] relativamente agli anni dal 2004 ad oggi, i lavori recuperati sono oltre un migliaio.

Eppure il Gruppo milanese EPM (Ergonomics of Posture and Moviment), nel quale spiccano nomi come E. Occhipinti e D. Colombini, ha iniziato ad affrontare la questione già negli anni Ottanta, esaminando da allora il problema all’interno di diverse collettività lavorative: conducenti di mezzi pesanti (1986), operatori telefonici addetti al videoterminale (1987), portalettere di Venezia (1988), necrofori (1988), cavatori di porfido (1988), addette al cucito del settore abbigliamento (1990), personale sanitario (1993) e da allora si è sempre occupato di sovraccarico biomeccanico in conseguenza dell’attività lavorativa, mettendo a punto anche degli orientamenti per la formulazione di giudizi di idoneità (1993,1996) e analizzando dei metodi per la prevenzione del rischio da movimentazione manuale dei pazienti (2011).

I disturbi muscolo-scheletrici fanno parte dei “work- related muscolo-skeletal disorders (WMSD) ” per i quali il lavoro non è l’unica causa, ma può svolgere un ruolo concausale di diverso rilievo o esacerbare una pregressa patologia. I WMSD possono manifestarsi con forme cliniche ad interessamento prevalente articolare e peri-articolare, muscolo- tendineo, neurologico periferico, con frequente associazione o sovrapposizione di queste forme tra loro.

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Una non corretta movimentazione manuale può provocare distorsioni, lombalgie, lombalgie acute, ernie del disco, strappi muscolari, fino alle lesioni dorso- lombari gravi. A questi rischi, strettamente legati all’attività, si collegano altri possibili rischi dovuti al trasporto di un carico:

- Può cadere, provocando contusioni o fratture;

- Può essere caldo o tagliente, con possibilità di ustioni o lesioni;

- Può ostacolare la visione di scalini o oggetti che si trovano per terra, facendo inciampare.

Negli ultimi trenta anni, numerosi studi hanno cercato di definire il ruolo dei fattori lavorativi sui disturbi muscolo-scheletrici. I fattori lavorativi analizzati da questi studi abbracciano un ampio spettro: dal lavoro in posizione seduta al sollevamento di carichi pesanti. Tali studi hanno affrontato il problema da diverse prospettive, incluse le capacità psicofisiche, di resistenza e di carico biomeccanico.

Diverse revisioni della letteratura hanno segnalato un aumento delle segnalazioni di disturbi muscolo-scheletrici in lavoratori esposti a sollevamenti, posture scorrette, lavoro fisico pesante, movimenti ripetitivi e vibrazioni di tutto il corpo. Tuttavia, queste recensioni sono di utilità limitata nella comprensione della soglia massima del carico e nel definire quando l’esposizione diventi troppa.

Sembra esserci una funzione a forma di J associata al rischio da sovraccarico biomeccanico del rachide e all’esposizione lavorativa. Infatti, alcuni studi hanno indicato che livelli moderati di carico sui tessuti svolgono un ruolo di protezione da lombalgie; di contro livelli estremamente bassi o elevati di carico aumentano notevolmente il rischio di lombalgie. Questi risultati sono molto probabilmente legati alla variazione dei livelli di tolleranza o all’adattamento al carico delle strutture della colonna vertebrale. Probabilmente, moderati livelli di carico, aumentano la capacità e la soglia di tolleranza individuale. Alti livelli

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di carico semplicemente non farebbero altro che abbattere rapidamente la tolleranza dell’individuo e quindi aumentare il rischio. Invece, bassi livelli di esposizione al carico molto probabilmente diminuiscono capacità e soglia di tolleranza accelerando la degenerazione dei tessuti. Quindi, queste osservazioni indicano che probabilmente ci sono livelli ideali di esposizione fisica che, se considerati insieme alla condizione lavorativa, possono ottimizzare la salute del rachide (William S. Marras, 2008).

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