• Non ci sono risultati.

Caratteristiche dell'imprenditorialità femminile: il caso della Provincia di Livorno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Caratteristiche dell'imprenditorialità femminile: il caso della Provincia di Livorno"

Copied!
138
0
0

Testo completo

(1)

Università di Pisa

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Strategia Management e Controllo

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Caratteristiche dell’imprenditorialità femminile:

il caso della Provincia di Livorno

Candidata: Relatrice:

Chiara Gasparri Prof.ssa Mariacristina Bonti

(2)

Vorrei ringraziare tutta la mia famiglia, il mio fidanzato e la sua famiglia, che mi hanno sempre supportato anche nei momenti di difficoltà. Tutti i miei compagni di viaggio con i quali ho trascorso 5 anni bellissimi. I componenti del Centro Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Livorno dai quali ho ottenuto consigli preziosi. In particolare vorrei ringraziare mia nonna che da lassù mi ha guidato in questi ultimi due anni: “Spero di aver realizzato il tuo sogno, che è diventato anche il mio”.

(3)

i

Indice

Indice delle tabelle ... iv

Introduzione ... 1

Capitolo 1: La donna nel mondo del lavoro e nell’impresa ... 6

1.1 La partecipazione della donna nel mondo del lavoro ... 6

1.2 Studi sull’imprenditoria femminile ... 9

1.3 Motivazioni che spingono le donne alla creazione dell’impresa ... 15

1.4 Caratteristiche delle imprese femminili ... 17

1.5 Differenze comportamentali fra uomo e donna ... 22

1.6 Il fenomeno della doppia presenza ... 25

1.7 Imprese femminili e giovani ... 28

1.8 Imprenditoria femminile straniera ... 30

Capitolo 2: Il contesto legislativo. I principali interventi europei, italiani e regionali in tema di pari opportunità e imprenditoria femminile ... 32

2.1 I principali interventi dell’UE in tema di pari opportunità ... 32

2.1.1 Trattato di Amsterdam ... 33

2.1.2 Carta dei diritti fondamentali ... 34

2.1.3 Trattato di Lisbona ... 34

2.1.4 Strategia di Lisbona e Tabella di marcia per la parità tra uomini e donne per il periodo 2006/2010 ... 35

2.1.5 Istituto europeo per l’uguaglianza di genere ... 36

2.1.6 La carta delle donne ... 37

2.1.7 Strategia Europa 2020 e le pari opportunità ... 38

2.1.8 Indice sull’uguaglianza di genere ... 39

2.2 Le principali norme UE per l’imprenditoria femminile ... 41

2.3 Istituzioni europee e organizzazioni per la parità di genere e l’imprenditoria femminile ... 43

2.4 I principali interventi dello Stato italiano sul tema delle pari opportunità e sull’imprenditoria femminile ... 46

2.4.1 Le tappe principali della normativa per le pari opportunità ... 46

2.4.2 Legislazione per l’imprenditoria femminile ... 47

2.4.3 La situazione attuale in Italia in tema di pari opportunità ... 52

2.5 I principali interventi della Regione Toscana per l’imprenditoria femminile e per le pari opportunità... 55

(4)

ii

2.5.1 Istituzioni della Regione Toscana e delle Provincie ... 58

Capitolo 3: Dati sull’imprenditoria femminile ... 60

3.1 Introduzione ... 60

3.2 Analisi Nazionale ... 60

3.2.1 Tasso di femminilizzazione ... 60

3.2.2 Presenza femminile nelle imprese ... 62

3.2.3 Imprese femminili per area geografica ... 63

3.2.4 Forma giuridica: imprese maschili e femminili a confronto ... 63

3.2.5 Settore di attività: differenze tra imprese maschili e femminili ... 64

3.2.6 Imprenditoria femminile e giovanile ... 66

3.2.7 Imprenditoria femminile straniera ... 68

3.3 Analisi regionale ... 71

3.3.1 Tasso di femminilizzazione ... 71

3.3.2 Presenza femminile ... 72

3.3.3 Imprese femminili per area geografica ... 72

3.3.4 Forma giuridica: imprese femminili e maschili a confronto ... 73

3.3.5 Settore di attività: differenze tra imprese maschili e femminili ... 74

3.3.6 Imprenditoria femminile giovanile ... 75

3.3.7 Imprenditoria femminile straniera ... 77

3.3.8 Considerazioni di sintesi ... 78

3.4 Analisi del territorio locale: Provincia livornese ... 79

3.4.1 Tasso di femminilizzazione ... 79

3.4.2 Presenza femminile ... 81

3.4.3 Presenza femminile per area geografica ... 81

3.4.4 Forma giuridica: imprese e femminili e maschili a confronto... 82

3.4.5 Settore di attività: differenze tra imprese maschili e femminili ... 83

3.4.6 Imprenditoria femminile giovanile ... 85

3.4.7 Imprenditoria femminile straniera ... 86

3.4.8 Considerazioni di sintesi ... 87

3.5 Analisi del tasso di Nati-Mortalità delle imprese femminili ... 88

3.6 Analisi dei trend delle imprese femminili registrate al Registro delle Imprese... 90

Capitolo 4: Una ricerca sul campo nel Comune di Livorno ... 93

(5)

iii

4.2 Metodologia di ricerca ... 93

4.3 Modalità campionaria ... 93

4.4 Analisi dei dati e scelta del campione ... 95

4.5 Il questionario ... 101

4.5.1 Questionario proposto alle imprenditrici ... 102

4.5.2 Nota metodologica ... 103

4.6 Analisi dei dati ... 104

4.6.1 Età media, dipendenti e soci ... 104

4.6.2 Formazione scolastica ... 104

4.6.3 Attività svolta precedentemente ... 105

4.6.4 Motivazioni della scelta del settore ... 106

4.6.5 Forma giuridica e motivazioni di tale scelta ... 106

4.6.6 Motivi che hanno spinto le donne a diventare imprenditrici ... 107

4.6.7 Doppia presenza ... 108

4.6.8 Punti di forza e di debolezza delle imprese femminili... 109

4.6.9 Punti di debolezza del nostro Paese ... 111

4.6.10 Rapporto con i dipendenti ... 112

4.6.11 Rapporto con clienti e fornitori ... 113

4.6.12 Tipo di organizzazione delle imprese ... 113

4.6.13 Reti d’impresa e modalità di finanziamento... 113

4.6.14 Motivi dell’elevata presenza di imprese femminili nel Comune... 114

4.7 Conclusioni ... 115

Allegato A: questionario ... 117

Conclusioni ... 121

(6)

iv

Indice delle tabelle

Tab.1-Composizione dell’occupazione femminile per settore di attività (valori % sul totale Femmine) ... 7

Tab.2-Composizione % degli occupati (15-64 anni) per settore economico e sesso-anno 2010 ... 8

Tab.3-Composizione % delle donne occupate (15-64 anni) per settore economico e ripartizione-anno 2010 ... 8

Tab.4-Differenti motivazioni uomo-donna ... 17

Tab.5-Imprese femminili nei contratti di rete 1 marzo 2015 (val.assoluti) ... 21

Tab.6-GEM 2015/2016 Europa ... 23

Tab.7-Beneficiari di congedo parentale distinti per genere ... 26

Tab.8-Uso del tempo delle persone in coppia con donna di 25-44 anni per condizione della donna e sesso anno 2008-2009 (durata media generica in ore e minuti) ... 26

Tab.9-Bambini con meno di 3 anni che hanno usufruito dei servizi per l’infanzia pubblici o privati per 30 ore o più alla settimana nei paesi UE- anno 2009 (percentuale sul totale dei bambini con la stessa età) ... 27

Tab.10-Tasso di occupazione femminile (25-54 anni) per numero di figli in Italia e nella media EU-27- anno 2008 (valori percentuali) ... 28

Tab.11-Imprese femminili e maschili straniere per regione e macro ripartizione geografica, 2014 (valori assoluti e %) . 31 Tab.12-Gender Pay Gap ... 33

Tab.13-Indice sull'uguaglianza di genere UE-28 ... 40

Tab.14-Elenco delle garanzie ammesse ... 51

Tab.15-Indice sull'uguaglianza di genere in Italia ... 52

Tab.16-Global Gender Gap Italia 2015 ... 53

Tab.17-Evoluzione del Global Gender Gap italiano ... 54

Tab.18-Global Gender Gap Italia 2016 ... 54

Tab.19-Dati generali italiani quarto trimestre 2014 ... 61

Tab.20-Dati generali italiani quarto trimestre 2015 ... 61

Tab.21-Grado di imprenditorialità femminile ... 62

Tab.22-Dati presenza femminile italiana 2014 ... 62

Tab.23-Dati presenza femminile italiana 2015 ... 62

Tab.24-Imprese femminili attive nel 2015 in Italia ... 63

Tab.25-Forma giuridica imprese femminili e maschili nel 2015 in Italia ... 64

Tab.26-Settore di attività imprese femminili italiane ... 65

Tab.27-Settore di attività imprese maschili italiane ... 66

Tab.28-Imprese femminili giovanili in Italia ... 67

Tab.29-Settore di attività imprese femminili giovanili italiane ... 67

Tab.30-% imprese femminili straniere rispetto alle imprese femminili italiane ... 68

Tab.31-Settore di attività imprese femminili straniere ... 69

Tab.32-Distribuzione geografica imprese femminili straniere ... 69

Tab.33-Imprese femminili straniere per Regione ... 70

Tab.34-Dati generali Regione Toscana quarto trimestre 2014 ... 71

Tab.35-Dati generali Regione Toscana quarto trimestre 2015 ... 71

Tab.36-Presenza femminile Regione Toscana 2014 ... 72

Tab.37-Presenza femminile Regione Toscana 2015 ... 72

Tab.38-Presenza imprese femminili Regioni del centro Italia ... 72

Tab.39-Presenza imprese femminili nelle Provincie della Regione Toscana... 73

Tab.40-Forma giuridica imprese femminili e maschili Regione Toscana... 73

Tab.41-Settore di attività imprese femminili Regione Toscana ... 74

Tab.42-Settore di attività imprese maschili Regione Toscana ... 75

Tab.43-Imprese femminili giovanili centro Italia ... 76

Tab.44-Imprese femminili giovanili per Provincia ... 76

Tab.45-% imprese femminili straniere rispetto alle imprese femminili in Toscana ... 77

(7)

v

Tab.47-Distribuzione geografica imprese femminili straniere Regione Toscana ... 78

Tab.48-Dati generali Provincia livornese quarto trimestre 2014 ... 80

Tab.49-Dati generali Provincia livornese quarto trimestre 2015 ... 80

Tab.50- Occupazione femminile Provincia di Livorno ... 80

Tab.51-Dati sulla presenza femminile Provincia livornese 2014 ... 81

Tab.52-Dati sulla presenza femminile Provincia livornese 2015 ... 81

Tab.53-Presenza femminile nei Comuni della Provincia livornese ... 82

Tab.54-Forma giuridica imprese femminili Provincia livornese ... 82

Tab.55-Forma giuridica imprese maschili Provincia livornese... 82

Tab.56-Settore di attività imprese femminili Provincia livornese ... 83

Tab.57-Settore di attività imprese maschili Provincia livornese ... 84

Tab.58-Imprenditoria femminile giovanile nel Comuni della Provincia di Livorno ... 85

Tab.59-% di imprese femminili straniere rispetto alle imprese femminili Provincia livornese ... 86

Tab.60-Settore di attività imprese femminili straniere ... 86

Tab.61-Distribuzione geografica imprese femminili nella Provincia di Livorno ... 87

Tab.62- Flusso di iscrizioni alle liste di disoccupazione per CPI e sesso I trimestre 2015 ... 88

Tab.63-Dati su iscrizioni e cessazioni 2015 in Italia ... 89

Tab.64-Tasso di iscrizione cessazione e crescita italiano ... 89

Tab.65-Dati su iscrizioni e cessazioni Regione Toscana 2015 ... 89

Tab.66-Tasso di iscrizione cessazione e crescita Regione Toscana ... 89

Tab.67-Dati su iscrizioni e cessazioni Provincia livornese 2015 ... 89

Tab.68-Tasso di iscrizione cessazione e crescita Provincia livornese ... 90

Tab.69-Indicizzazione dati delle registrazioni italiane, toscane e livornesi dal 2005 al 2015 ... 91

Tab.70-Confronto registrazioni imprese femminili italiane, toscane e livornesi ... 92

Tab.71-Tasso di femminilizzazione Comune di Livorno quarto trimestre 2015 ... 95

Tab.72-Comparazione settori di attività imprese femminili ... 95

Tab.73-Imprese femminili giovanili ... 96

Tab.74-Dati su iscrizioni e cessazioni a Livorno 2015 ... 97

Tab.75-Tasso di iscrizione cessazione e crescita Comune di Livorno ... 97

Tab.76-Indicizzazione dati delle registrazioni del Comune di Livorno 2005/2015 ... 97

Tab.77-Andamento temporale delle registrazioni delle imprese femminili nel Comune di Livorno ... 98

Tab.78-Confronto registrazioni imprese femminili italiane, Regione Toscana, Provincia di Livorno e Comune di Livorno ... 98

Tab.79-Numero di imprese attive per settore di attività oggetto di intervista ... 99

Tab.80-Campionamento... 99

Tab.81-Imprese non intervistate e motivazioni ... 104

Tab.82-Formazione scolastica delle imprenditrici ... 105

Tab.83-Attività svolta precedentemente dalle imprenditrici ... 105

Tab.84-Motivazioni della scelta del settore ... 106

Tab.85-Motivazioni della scelta della forma giuridica ... 107

Tab.86-Motivi della scelta diventare imprenditrici ... 108

Tab.87-Problemi di conciliazione tra lavoro e famiglia ... 109

Tab.88-Punti di forza delle aziende ... 110

Tab.89-Punti di debolezza delle aziende ... 111

Tab.90-Punti deboli del nostro Paese ... 112

Tab.91-Rapporto con i dipendenti ... 112

Tab.92-Fonti di finanziamento ... 114

(8)

1

Introduzione

L’imprenditoria femminile è un fenomeno sempre più rilevante nel contesto economico italiano. Le imprese attive hanno raggiunto nel nostro Paese delle buone percentuali: nel 2015 sono più di un milione e presentano un tasso di femminilizzazione1 pari al 22.42%.

La donna nel mondo del lavoro ha attraversato momenti difficili soprattutto per le differenze di genere: infatti si è sempre ritenuto che essa dovesse occuparsi della casa e l’uomo del lavoro fuori casa. Solo tra Ottocento e Novecento la donna si è riscattata ottenendo una serie di diritti prima riconosciuti solo agli uomini. Quando è entrata nel mondo del lavoro però, in molti casi, si è dovuta nuovamente scontrare con la discriminazione di genere basata anche sull’idea che siano le donne a doversi occupare di certi ambiti e di certe attività. Questo problema è tutt’oggi presente e viene definito doppia presenza: fenomeno per cui sono le donne a doversi occupare non solo del proprio lavoro ma anche degli impegni familiari più degli uomini. Tutto questo nonostante i numerosi interventi delle istituzioni che si sono susseguiti negli anni per ridurre il problema delle differenze di genere in ogni ambito della vita.

Le donne, visti i numerosi problemi incontrati come lavoratrici dipendenti, hanno creato proprie aziende diventando così imprenditrici. Proprio l’imprenditoria femminile sarà analizzata nell’elaborato di tesi. Saranno esaminati gli studi realizzati sul tema, le motivazioni che spingono le donne a scegliere di diventare imprenditrici, le caratteristiche delle imprese guidate da donne e il fenomeno della doppia presenza. Sarà anche esaminato l’apparato normativo relativo al tema dell’imprenditoria femminile a livello europeo, nazionale e della Regione Toscana. Gli obiettivi principali delle normative sul tema sono relativi all’eliminazione delle discriminazioni di genere, all’ottenimento di un trattamento egualitario nel mondo del lavoro e ad incentivare la nascita di imprese femminili. Oltre a questo, saranno confrontati alcuni dati sull’imprenditoria femminile a livello nazionale, della Regione Toscana, della Provincia di Livorno e del Comune di Livorno. I dati serviranno per capire in quali luoghi il fenomeno è maggiormente sviluppato e se ci sono delle caratteristiche particolari in alcuni territori. L’analisi sarà poi focalizzata sul Comune di Livorno nel quale sono state realizzate delle interviste dirette alle imprenditrici per analizzare delle peculiarità non riscontrabili dai dati. Gli elementi oggetto di intervista sono quelli relativi alle motivazioni che hanno spinto le donne ad intraprendere tale attività, ma non solo. Si cercherà di capire quali sono le differenze tra i due generi nella gestione dell’impresa, quali sono i rapporti che le imprenditrici instaurano con gli stakeholders, quali sono le motivazioni che le hanno spinte a scegliere un certo settore in cui operare, i loro punti di forza e di debolezza e le principali problematiche del nostro Paese viste dagli occhi delle imprenditrici.

Gli studi teorici relativi all’imprenditoria femminile nascono negli anni ’70 negli Stati Uniti ed evidenziano solo i limiti che la donna può avere nell’esercizio dell’attività imprenditoriale. Solo negli anni ’80 gli studi delle sociologhe Maria Pia May e Lorenza

(9)

2

Zanuso2 si concentrano su un’ottica di genere evidenziando le peculiarità delle imprese

femminili. Fra queste si trova la dimensione ridotta dell’azienda e uno stile di direzione (cioè modalità con cui vengono prese le principali decisioni aziendali) orientato alla comunicazione. Negli anni ’90 le stesse sociologhe3 evidenziano ulteriori caratteristiche di

tali imprese: un maggiore orientamento alla qualità e una minore possibilità di accesso al credito dovuta alla cultura prevalente che vede le donne come meno esperte nell’attività di impresa e per questo poco affidabili.

Altri studi si sono invece focalizzati sulla leadership ed hanno cercato di evidenziare le caratteristiche delle imprese femminili. Dagli studi di Rosener4, Bass, Avolio e Atwater5

emerge come le donne abbiano uno stile di tipo trasformazionale e interattivo: questi stili di leadership sono orientati alla condivisione delle attività con i collaboratori dell’impresa e orientati ad incrementare negli stessi l’auto-percezione del loro valore e suscitare il loro entusiasmo.

Oltre a questo sono importanti degli studi realizzati da Gobbi 6che evidenzia le motivazioni

che spingono le donne a diventare imprenditrici. Fra le più distintive vi sono quelle relative alla necessità di avere orari più flessibili per la gestione della famiglia e la difficoltà di rientrare nel mondo del lavoro dopo un periodo di assenza spesso dovuta ad impegni familiari o alla maternità. Importante risulta essere anche uno studio di Adriana Przybyszewska7 che introduce la presenza di altre motivazioni come ad esempio il rischio

di disoccupazione, precedenti esperienze di lavoro negative e l’indipendenza.

Sono state studiate anche le caratteristiche distintive delle imprese femminili. Secondo Gobbi8 e Marchegiani9, le caratteristiche che sembrano caratterizzare le donne sono: ottime

capacità relazionali nei confronti di clienti, fornitori e dipendenti, voglia di aiutarsi a vicenda facendo rete ed elevata informalità. Le studioseCala’s, Smircich e Bourne10 nel 2009

hanno realizzato una ricerca empirica per evidenziare la presenza di peculiarità e di differenze femminili e maschili nella gestione dell’impresa. I dati ottenuti dimostrano una minore propensione delle donne verso l’avvio di una attività imprenditoriale, un minore utilizzo dell’indebitamento nella gestione dell’impresa e delle performance aziendali

2 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

3 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

4 Rosener, Judy B (1990), Ways women lead. Harvard business review, nov-dec ‘90

5 Bass B.M., Avolio B.J., Atwater L. (1996), The transformational and transactional leadership of men and

women, in Applied Psychology: an International Review, 45, pp. 5-34.

6 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

7 Przybyszewska A. (2013), Entrepreneur determinants vs. Motive underlying women’s entrepreneurship

Finance and Accountancy for Sustainable Development Sustainable Finance nr.302 pp 137-145

8 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

9 Marchegiani R. (2009), Organizzazione formale e informale,

http://www.manageronline.it/articoli/vedi/472/organizzazione-formale-e-informale/

10 Cala´s, M.B., Smircich, L., & Bourne, K.A. (2009), Extending the boundaries: reframing ‘entrepreneurship as

(10)

3

ridotte: quest’ultimo può essere spiegato, secondo le autrici, dal fatto che le donne prediligono investimenti con un più basso livello di rischio e per questo meno profittevoli. Viene poi analizzato il fenomeno della doppia presenza teorizzato da Balbo11 per cui la

donna viene sottoposta ad una duplice responsabilità sia lavorativa che familiare più degli uomini, che difficilmente si occupano delle attività familiari. Questo è stato dimostrato da una serie di dati: gli uomini utilizzano molto meno i congedi parentali e si occupano meno tempo degli impegni familiari. Tutto questo incide molto sulla disoccupazione femminile che assume valori elevati quando il numero di figli aumenta.

L’elaborato di tesi è stato suddiviso in quattro capitoli: il primo capitolo tratta le questioni più importanti relative alla situazione femminile nel mondo del lavoro e alla nascita dell’imprenditoria femminile. Inoltre vengono riportati studi che cercano di individuare le peculiarità femminili sia per quanto riguarda gli stili di leadership che per quanto riguarda le modalità con cui la donna svolge l’attività imprenditoriale. Vengono riportate le analisi relative alle motivazioni che spingono le donne a diventare imprenditrici, le loro caratteristiche, le differenze con i colleghi uomini e il fenomeno della doppia presenza. In ultimo, sono state approfondite le tematiche relative alle imprese femminili giovanili e straniere che nel nostro Paese stanno diventando importanti.

Nel secondo capitolo è stato analizzato l’impianto legislativo relativo all’imprenditoria femminile. Sono stati studiati gli interventi europei a favore delle pari opportunità e poi sono state riportate le principali normative in tema di imprenditoria femminile. Inoltre, sono stati elencati i principali enti europei che si dedicano alle attività relative alla realizzazione della parità tra uomo e donna. La stessa analisi è stata successivamente svolta a livello nazionale: sono state infatti indicate le tappe e i principali interventi in tema di parità, la legislazione per l’imprenditoria femminile in Italia e gli organismi di parità nazionali. Sia per l’Europa che per l’Italia sono indicati i risultati raggiunti in tema di parità di genere tramite degli studi realizzati da EIGE e dal Word Economic Forum; questi sono infatti fondamentali per i Paesi perché consentono di capire in che settori intervenire per raggiungere la parità. È stata realizzata successivamente un’analisi similare a quella nazionale ed europea a livello regionale: sono stati evidenziati i principali interventi della Regione Toscana sul tema dell’imprenditoria femminile e le istituzioni regionali e provinciali che si occupano della parità di genere.

Nel terzo capitolo sono stati presi in esame i dati ottenuti dalla banca dati StockView della Camera di commercio di Livorno. Questa attività è stata svolta durante un periodo di stage presso il Centro studi e Ricerche della Camera di commercio di Livorno. Nell’attività sono stata seguita dal Responsabile del Centro, il Dott. Federico Doretti al quale vanno i miei ringraziamenti. Anche in questo caso l’indagine si è basata sulla comparazione tra quello che succede a livello nazionale, regionale e locale. Si è cercato in questa fase di evidenziare la presenza di particolarità e differenze tra i dati nelle tre casistiche. Sono stati analizzati una serie di elementi:

(11)

4

- tasso di femminilizzazione12: esso serve a capire quante imprese sono femminili

rispetto al totale delle imprese attive sul territorio; questo riesce a mostrare quanto il fenomeno sia rilevante nell’economia;

- presenza femminile nelle aziende: questa può essere di tipo esclusivo, maggioritario e forte. Essa fa capire quante donne sono al comando delle imprese in base a certe percentuali predefinite;

- imprese femminili per area geografica: si è cercato di capire dove il fenomeno fosse più presente e rilevante a livello italiano (distinguendo tra Nord, Centro, Sud e Isole), a livello regionale (evidenziando la presenza nelle varie Provincie della Regione Toscana) e a livello provinciale (analizzando quali sono i Comuni della Provincia di Livorno che hanno la maggiore quantità di imprese femminili);

- forma giuridica: questa serve ad analizzare come queste imprese sono strutturate da un punto di vista giuridico. Sarà interessante capire le motivazioni che hanno portato tali imprese a scegliere certe forme giuridiche. La scelta è stata confrontata con quella effettuata dai colleghi uomini per evidenziarne le peculiarità;

- settore di attività: si è cercato di capire quali fossero i settori prediletti dalle imprese femminili e, soprattutto, se vi fossero delle differenze nei tre territori di analisi. Oltre a ciò, anche in questo caso, è stato realizzato un confronto con l’universo maschile per verificare le differenti scelte;

- imprenditoria femminile straniera: è stato analizzato tale fenomeno perché esso è in costante crescita nel nostro Paese anche a causa dei continui flussi migratori. Le imprese di questo tipo sono molte in tutti i territori di analisi: 9,86% in Italia, 14,70% In Toscana, 9.53% nella Provincia di Livorno.

Oltre a questo è stato evidenziato il tasso di natimortalità delle imprese femminili. Tramite i dati delle iscrizioni 2015, delle cessazioni 2015 e delle registrazioni 2014 si è riusciti ad evidenziare:

- tasso di iscrizione; - tasso di cessazione; - tasso di crescita;

Questo è stato fatto per tutti i territori di analisi ed è servito a capire se sono state create nuove imprese femminili o se invece sono state dismesse.

Inoltre è stato studiato il trend delle imprese femminili registrate nel Registro delle imprese dal 2005 al 2015. Questa analisi è stata fatta per capire come il fenomeno dell’imprenditoria femminile si è evoluto nel tempo in tutti i territori di analisi.

Nel quarto capitolo è stata realizzata la stessa analisi effettuata per gli altri territori nel Comune di Livorno evidenziandone le peculiarità e le differenze. Visti i risultati che ne sono emersi, si è deciso di realizzare delle interviste alle imprese femminili del Comune di Livorno con determinate caratteristiche:

- facenti parte di alcuni settori: o artigianato;

o commercio al dettaglio e all’ingrosso;

(12)

5

o servizi (di alloggio e ristorazione e altri servizi); o spedizioni e trasporti;

o noleggio, agenzie di viaggio; o attività immobiliari;

o cooperazione e assistenza; o costruzioni;

- con forma giuridica di società di persone o imprese individuali.

È stato quindi selezionato un campione rappresentativo da un punto di vista statistico utilizzano una percentuale pari al 3%. Alle 77 aziende selezionate è stato chiesto di rispondere ad un questionario a risposte multiple. Le interviste sono state svolte personalmente alle imprenditrici selezionate. Le domande hanno riguardato molti aspetti:

- età media, numero di dipendenti e di soci; - la formazione scolastica delle imprenditrici; - l’attività svolta prima di diventare imprenditrice;

- motivazioni che hanno determinato la scelta del settore; - la motivazione della scelta della forma giuridica;

- motivazioni che hanno determinato la scelta di diventare imprenditrice; - se subiscono il fenomeno della doppia presenza;

- punti di forza e di debolezza dell’impresa; - punti di debolezza del nostro Paese;

- il tipo di rapporto che le imprenditrici hanno con i dipendenti, i fornitori e i clienti; - il tipo di organizzazione;

- l’utilizzo delle reti e le modalità di finanziamento;

- motivazioni dell’elevata presenza di imprese femminili nel Comune di Livorno. Una parte delle imprenditrici intervistate appartengono al Comitato dell’Imprenditoria Femminile di Livorno; le altre sono invece donne che hanno una propria attività nel Comune. Al termine sono stati analizzati i dati ed esposti i risultati ottenuti dall’indagine. Dalla maggior parte dei dati si è ottenuto conferma di quanto affermato a livello teorico. Le imprese femminili livornesi sono per lo più di piccola dimensione; utilizzano prevalentemente il capitale proprio come fonte di finanziamento; adottano uno stile di leadership che ha come caratteristica quella di dare la massima fiducia ai propri collaboratori; tra le motivazioni che spingono le donne a diventare imprenditrici si trovano quelle indicate da Gobbi e Przybyszewska e viene confermata l’esistenza del fenomeno della doppia presenza. Il risultato più discostante è quello relativo alle reti di impresa: le imprenditrici livornesi partecipano a contratti di rete solo nel 16% dei casi.

(13)

6

Capitolo 1: La donna nel mondo del lavoro e nell’impresa

1.1 La partecipazione della donna nel mondo del lavoro

L’uomo e la donna hanno sempre avuto ruoli separati sia nella vita lavorativa sia nella famiglia. La donna era colei che doveva occuparsi solo della vita domestica, mentre l’uomo del lavoro.

Essa in realtà ricopriva un ruolo importante ma spesso non riconosciuto. A metà Ottocento è comparsa la remunerazione monetaria del lavoro13 ed è quindi nata la differenziazione tra

il lavoro pagato e considerato e quello casalingo non pagato perché non produceva scambio di denaro.

Il lavoro maschile e femminile si differenziano sotto molteplici aspetti: la divisione sessuale dei ruoli, il minore riconoscimento sociale della donna e, soprattutto, il diverso coinvolgimento dei due sessi nelle attività familiari. Si fa spesso riferimento ai lavori delle donne proprio perché esse svolgono più attività anche contemporaneamente. Questo evidenzia una grande capacità di adattamento e di flessibilità ma crea un sovraccarico di lavoro non solo materiale ma anche psicologico14.

Con la rivoluzione industriale la donna nella società ha subito maggiori discriminazioni con una divisione ancora più netta dei ruoli fra i due sessi: l’uomo che lavora nelle fabbriche e la donna che si occupa della casa e della famiglia15.

Tra Ottocento e Novecento la donna si è in parte riscattata grazie anche allo sviluppo tecnologico che l’ha alleggerita dai lavori domestici, ma anche grazie all’istruzione e alla conquista di alcuni diritti civili fondamentali. In passato, infatti, si riteneva che la donna avesse questi diritti per mezzo degli uomini, mentre invece adesso è lei stessa ad esercitarli16.

Vi sono stati dei cambiamenti importanti nell’economia che hanno consentito alla donna di avere opportunità maggiori per inserirsi nel mondo del lavoro; uno su tutti la terziarizzazione dell’economia. Questo ha fatto nascere una serie di nuovi settori, in particolare quello dei servizi, dove le donne hanno trovato un loro ruolo lavorativo, come evidenziato in uno studio del CNEL del 200417 (tabella 1). Tradizionalmente, il sistema

produttivo viene disaggregato in tre settori (o 'rami') principali: il settore primario, che comprende l'agricoltura, le attività minerarie, le foreste e la pesca; il settore secondario, che comprende l'industria manifatturiera e le costruzioni; il settore terziario, che raggruppa tutte le altre attività, definite in maniera residuale e corrispondenti ai settori dei servizi. Nel settore terziario si trovano due grandi classi di attività: i 'servizi destinabili alla vendita', come le comunicazioni, il credito, le assicurazioni, i servizi immobiliari e quelli alle imprese,

13 De Benedettis A. (2001), I lavori delle donne nella storia del ‘900 italiano http://www.ecn.org/reds/donne/cultura/formadonnelavoro900.html 14 De Benedettis A. (2001), I lavori delle donne nella storia del ‘900 italiano http://www.ecn.org/reds/donne/cultura/formadonnelavoro900.html

15 Lomazzi V. (2011), La leadership nell’imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale

bresciano, Università Bocconi, Milano

16 Lomazzi V. (2011), La leadership nell’imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale

bresciano, Università Bocconi, Milano

(14)

7

la ricerca, la sanità privata, i servizi personali e alle comunità; i 'servizi non destinabili alla vendita', che ricomprendono attività come l'istruzione, la giustizia, la difesa, la sanità pubblica, i servizi generali della pubblica amministrazione. Anche il settore no profit, che assorbe quote di occupazione crescenti nei Paesi più sviluppati, rientra pressoché interamente nel settore terziario18.

Tab.1-Composizione dell’occupazione femminile per settore di attività (valori % sul totale Femmine)

ANNO AGRICOLUTRA INDUSTRIA SERVIZI TOTALE

1995 6.6 22.7 70.7 100 1996 5.9 22.2 71.8 100 1997 5.7 22.2 72.0 100 1998 5.3 22.1 72.6 100 1999 4.7 21.4 73.9 100 2000 4.5 21.0 74.4 100 2001 4.5 20.4 75.1 100

Fonte: rielaborazione ARCO 2003 di dati ISTAT

Come si può vedere le donne occupate nel settore dei servizi sono in continua crescita dal 1995 fino al 2001, trend confermato anche dal rapporto del 201019. Nella tabella 2 si evidenzia

come le donne più degli uomini siano occupate nel settore dei servizi: le donne occupate in tale ambito superano l’80% mentre gli uomini non raggiungono il 60%. Nella tabella 3 viene mostrato come questo settore sia scelto dalle donne di tutta Italia senza differenze regionali o territoriali.

18 Siniscalco D. (1998), Il settore terziario, Enciclopedia delle scienze sociali Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/settore-terziario_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)

19 Staff statistica, studi e ricerche sul mercato del lavoro (2011), Donne in Italia una grande risorsa non ancora

(15)

8

Tab.2-Composizione % degli occupati (15-64 anni) per settore economico e sesso-anno 2010

Tab.3-Composizione % delle donne occupate (15-64 anni) per settore economico e ripartizione-anno 2010

Il mondo dell’imprenditoria è stato uno degli ultimi a vedere l’ingresso delle donne ma oggi sono molte quelle che, per differenti motivi, decidono di mettersi in proprio.

(16)

9

Attila Bruni, Silvia Gherardi e Barbara Poggio20 nella loro ricerca “Entrepreneur-mentality,

genderand the study of women entrepreneurs”21 affermano che le donne operano sempre

più spesso nel settore dei servizi per due motivi:

- è il settore in cui hanno le maggiori competenze;

- la difficoltà incontrata dalle donne nel reperimento di risorse finanziarie induce loro a scegliere le attività a bassa intensità di capitale, come quelle presenti nel settore dei servizi.

Altro argomento interessante è quello che riguarda le attività legate ai settori della green economy. In questo caso, il Terzo Rapporto Nazionale sull’imprenditoria femminile evidenzia come in questo settore le donne abbiano maggiori possibilità di occupazione. Infatti, non solo le imprese green stanno facendo nuovi investimenti che prevedono nuovi posti di lavoro, ma questo è anche un settore in cui vi è un elevato orientamento verso la parità di genere22. Inoltre, le donne risultano essere fondamentali per questo settore sia per

quanto riguarda gli acquisti che per quanto riguarda le scelte di vita: secondo il rapporto 2012 del Censis sulla situazione sociale italiana, le donne sono responsabili del 66,5% del totale delle scelte di acquisto della famiglia, contro il 33,5% degli uomini23. Ci sono sondaggi

che mostrano come le donne siano più attente e sensibili degli uomini ai temi della sostenibilità. Da uno studio realizzato dal Parlamento europeo relativo alle abitudini dei cittadini, emerge che le donne hanno una maggiore attitudine a diversificare i mezzi di trasporto, a scegliere percorrenze più brevi, a scegliere mezzi pubblici, bicicletta o l'andare a piedi; la macchina viene utilizzata dalle donne nel 46% dei casi, contro il 57% degli uomini. Probabilmente anche per questo le società green preferiscono il genere femminile24.

1.2 Studi sull’imprenditoria femminile

Il concetto di imprenditorialità è molto variegato e può essere letto e studiato sotto molti punti di vista: economico, sociale, culturale, legislativo ecc. Per questo difficilmente si arriva ad un’unica definizione25. Il termine imprenditorialità, dal punto di vista etimologico, deriva

dal verbo latino “prahendere” che vuol dire “prendere sopra di se”, scegliere, e farsi carico26.

Per analizzare il fenomeno possono essere utilizzati due approcci: storico e funzionale. Questa distinzione è stata definita da Corno nel 198927. L’approccio storico distingue diverse

categorie di imprenditori in base ad alcuni caratteri che sono per

20 Ricercatori del Dipartimento di sociologia dell’Università di Trento

21 Bruni A, Gherardi S, Poggio B. (2004), “Entrepreneur-mentality, gender and the study of women

entrepreneurs”, Journal of Organizational Change Management Vol. 17 No. 3 pp. 256-268

22 Unioncamere (2016), 3° Rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile, Unioncamere, Roma 23 Censis (2012), 46° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, Censis, Roma

24 Pacilli A. (2014), Se la green economy perde le donne, Il sole 24 ore, Milano

25 Lomazzi V. (2011), La leadership nell'imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale

bresciano, Università Bocconi, Milano

26 The european house Ambrosetti (2015), Crescere facendo impresa, Ambrosetti, Milano

27 Petretto L. (2008), Imprenditore ed università nello start un di impresa, Università degli studi di Firenze,

(17)

10

lo più legati ai periodi ed alle fasi del processo di industrializzazione. Esso si concentra su soggetti concreti e sugli specifici fattori di sviluppo in determinati contesti socio-economici con l’obiettivo di individuare le motivazioni che danno vita ad un fenomeno economico. L’individuazione di specifiche determinanti (di volta in volta individuate con criteri ideologici, sociologici, psico-sociali), che favoriscono il sorgere e/o il manifestarsi dell’imprenditorialità, fanno nascere specifiche categorie imprenditoriali28. Per esempio, se

si utilizzano dei criteri ideologici le configurazioni imprenditoriali che nascono sono legate all’agire, alle capacità cognitive e agli aspetti motivazionali dell’imprenditore. In conclusione si può affermare che l’approccio storico è volto a privilegiare lo studio delle variabili psico-sociologiche che caratterizzano l’attività imprenditoriale attraverso le quali possono essere costruite diverse categorie imprenditoriali29. L’approccio funzionale è quello

che identifica il fenomeno imprenditoriale nello svolgimento di certe funzioni o nel possesso di certi requisiti. Utilizzare il parametro della funzione consente di definire degli schemi di analisi e degli studi realizzati sul tema della funzione imprenditoriale. Per questo si distinguono diversi tipi di imprenditori30:

- imprenditore risk bearer: la funzione caratteristica dell’imprenditore è quella del sostenimento del rischio economico-patrimoniale derivante dall’esercizio dell’attività di impresa. Le sue funzioni sono quelle di controllo e di responsabilità (l’imprenditore deve prendere delle decisioni in condizioni di rischio e di incertezza); - imprenditore coordinatore: l’imprenditore è un combinatore di fattori produttivi e della gestione aziendale. Con la combinazione dei fattori si innesca il processo di trasformazione che fa si che le materie prime diventino prodotti finiti: l’imprenditore è l’agente principale della funzione tecnico economica;

- imprenditore innovatore: il massimo esponente di questa tipologia di imprenditore è Schumpeter che vede l’imprenditore come colui che svolge la funzione di innovatore. Egli introduce nuove combinazioni produttive (di beni, di produzione e mercati) creando delle innovazioni che possono essere importanti per l’azienda. - imprenditore decision maker: l’imprenditore assume delle decisioni di un certo tipo

e con certe caratteristiche. Per esempio Evans, studioso, identifica due categorie di decisioni: quelle tipiche, che fanno riferimento all’oggetto caratteristico dell’attività aziendale, e quelle più rilevanti riguardanti i beni e servizi offerti. Proprio queste ultime rappresentano l’essenza della funzione imprenditoriale.

Da questa descrizione si può affermare che l’approccio a cui facciamo riferimento in questa tesi è quello storico: saranno infatti analizzate le caratteristiche psico-sociologiche delle imprenditrici e le motivazioni che spingono le stesse a diventare imprenditrici.

28 Petretto L. (2008), Imprenditore ed università nello start un di impresa, Università degli studi di Firenze,

Firenze

29 Petretto L. (2008), Imprenditore ed università nello start un di impresa, Università degli studi di Firenze,

Firenze

30 Petretto L. (2008), Imprenditore ed università nello start un di impresa, Università degli studi di Firenze,

(18)

11

Una delle prime definizioni di imprenditorialità viene data dall’economista e filosofo Jean-Baptiste Say (1767–1832), che nel 1816 la definiva come la capacità di orientare risorse da un’attività economica a basso profitto ad attività economiche ad alto profitto31. In questo

senso, il concetto di imprenditorialità era strettamente legato a due caratteristiche: l’essere proprietari di un capitale, e l’essere capaci di investirlo in modo produttivo32.

Herbert e Link (nel 1989) identificano tre tradizioni distinte nella letteratura sull’imprenditorialità33:

- la tradizione tedesca (Shumpeter); - la scuola di Chicago (Knight); - la tradizione austriaca (Kirzner).

Secondo Shumpeter l’imprenditore è innovatore: egli crea nuove combinazioni di fattori produttivi e non tende alla stabilità ma al continuo cambiamento34. Per Schumpeter l’abilità

dell’imprenditore sta nel creare innovazione e sviluppo economico trasformando processi di produzione e prodotti, e creando nuovi usi e mercati per prodotti già esistenti35. Per

l’autore la funzione dell’imprenditore consiste nell’individuare e realizzare nuove attività36.

Tra queste le più rilevanti sono:

- creazione e realizzazione di nuovi prodotti o nuove qualità di prodotti; - introduzione di nuovi metodi di produzione;

- creazione di nuove organizzazioni dell’industria: ad esempio un monopolio o la distruzione dello stesso;

- apertura di nuovi mercati di sbocco;

- apertura di nuove fonti di approvvigionamento.

Knight fa riferimento al rischio: l’imprenditore è quella persona che riesce a sopportare l’incertezza del rischio non misurabile. L’autore distingue il rischio dall’incertezza: il rischio è misurabile ed è valutabile ex ante dall’operatore economico; l’incertezza invece non è né misurabile né valutabile a priori37. Per questo, nel caso in cui vi sia incertezza, è

fondamentale il ruolo dell’imprenditore: infatti se vi fosse una perfetta conoscenza della situazione nessuno avrebbe bisogno di essere guidato e nessuno avrebbe interesse a cambiare la situazione38. Visto che però la realtà presenta un grande livello di incertezza è

necessaria la presenza di un soggetto che sia in grado di gestirla: questo soggetto è l’imprenditore che, secondo Knight, è quella persona in grado di prendere le decisioni anche in situazioni molto incerte39.

31 Say J. (1816), A treatise on political economy, Neeley and Jones, Londra

32 The european house Ambrosetti (2015), Crescere facendo impresa, Ambrosetti, Milano

33 Brioschi M.S. (2007), Imprenditorialità e istruzione, XV Scuola AiIG in Ingegneria Gestionale, Bressanone

(BZ)

34 Brioschi M.S. (2007), Imprenditorialità e istruzione, XV Scuola AiIG in Ingegneria Gestionale, Bressanone

(BZ)

35 Schumpeter J. (1934), Teoria dello sviluppo economico, Harvard University Press.

36 Lucarelli S. (2008), L’impresa e l’imprenditore nella prospettiva di Joseph Alois Shumpeter, Università

degli studi di Pavia

37 Toninelli P.A. (2002), Una nota sulla storia del concetto di imprenditore, Università Bocconi, Milano 38 Toninelli P.A. (2002), Una nota sulla storia del concetto di imprenditore, Università Bocconi, Milano 39 Toninelli P.A. (2002), Una nota sulla storia del concetto di imprenditore, Università Bocconi, Milano

(19)

12

Secondo Kirzner l’imprenditore è un soggetto che sa cogliere le opportunità a partire dagli errori: egli ha la capacità di riconoscere le opportunità che nascono dagli sbagli degli agenti economici (cioè gli operatori del mercato). Egli fa riferimento all’ignoranza inconsapevole: l’imprenditore per caso, senza averle deliberatamente cercate, scopre imperfezioni e dunque opportunità di cui non immaginava nemmeno l'esistenza. La ricerca sistematica della scoperta non sarebbe dunque considerata da Kirzner attività imprenditoriale in senso proprio. L’autore afferma quindi che chiunque può diventare imprenditore purché sia in grado di vedere quello che altri non riescono a scorgere. Quindi tutto dipende dalle caratteristiche soggettive dell’imprenditore40.

Nonostante queste affermazioni non si è ancora giunti ad una definizione univoca di imprenditorialità41.

Per quanto riguarda l’imprenditoria femminile, i primi studi nascono negli anni ‘70 negli USA42; essi sono caratterizzati dal fatto di essere realizzati secondo una visone maschile che

mette in evidenza i limiti della donna nel fare impresa. Ad essa veniva attribuita poca abilità nel settore imprenditoriale perché da sempre confinata ai lavori domestici e alla cura della famiglia. Quindi la visone maschile di questi studi era limitata a mettere in evidenza solo gli aspetti negativi della donna imprenditrice43. Questo viene confermato anche da Lucia

Ruggerone4445. Successivamente, negli anni ‘80, gli studi sul lavoro femminile si basano su

un’ottica di genere ed evidenziano la presenza di una discriminazione tra i due sessi46. In

Italia, i pochi studiosi, tra i quali Maria Pia May e Lorenza Zanuso, sociologhe, che si occupano dell’imprenditoria femminile, cominciano a sottolineare la presenza di alcune peculiarità di questo fenomeno47:

- dimensione piccola dell’azienda;

- la presenza di una esperienza imprenditoriale familiare alle spalle; - una famiglia con figli;

- stile di direzione (può essere definito come l’insieme dei valori, dei principi delle modalità con cui vengono prese le principali decisioni che l’organizzazione intende attuare48) con un orientamento alla comunicazione.

40 Colombatto E. (2001), Dall’impresa dei neoclassici all’imprenditore di Kirzner, Università di Torino 41 Brioschi M.S. (2007), Imprenditorialità e istruzione, XV Scuola AiIG in Ingegneria Gestionale, Bressanone

(BZ)

42 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

43 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

44 Professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università della Val

d'Aosta, dove insegna Sociologia delle culture

45 David P. (2006), Il valore della differenza, Carocci, Roma

46 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

47 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

(20)

13

Negli anni novanta le ricerche empiriche di matrice sociologica sono molto orientate all’analisi delle differenze di gestione dell’azienda presenti tra uomo e donna: si evidenzia come le imprenditrici abbiano una scarsa propensione al rischio e al profitto. May e Zanuso mostrano come le donne siano più orientate alla qualità del prodotto e trovino più difficoltà all’accesso al credito bancario, questo perché ritenute meno esperte nell’attività d’impresa rispetto all’uomo. Proprio in questi anni le imprese femminili diventano una realtà economica molto importante e presente nei vari Paesi europei49.

Oltre a ciò diventano importanti anche gli studi sulla leadership.

La leadership è stata studiata da diverse discipline: psicologia, sociologia e management50.

Per leadership si intende quel processo che influenza altre persone per far comprendere e accettare loro decisioni o azioni per raggiungere un obiettivo comune. Il concetto di leadership si basa principalmente sull’influenza: questo viene confermato da molti autori fra cui: Brown51, Novara e Sarchielli, psicologi del lavoro, e Hollander52. La leadership,

secondo Hollander, si realizza attraverso la relazione tra leader e seguaci: nessuno dei due può esistere senza l’altro53. Nel 1939 Lewin, Lippit e White, studiosi, realizzarono un’analisi

che portò alla definizione di tre stili di leadership54. Questo studio partì dall’ipotesi fatta

dagli autori secondo cui il leader doveva creare un certo “clima sociale” nel gruppo che influenzava gli stessi membri e garantiva l’efficienza delle attività da svolgere. Per verificare questa ipotesi utilizzarono degli studenti che furono istruiti nella conduzione di gruppi di bambini con tre modalità differenti: da qui nacquero tre stili di leadership55.

- Stile autocratico: il leader prende le decisioni in maniera autonoma senza consultare il gruppo.

- Stile democratico: il leader è amichevole e disponibile e cerca di integrarsi nel gruppo; discute con i membri ogni decisione e attività e fa sì che tra i componenti del gruppo si instaurino delle relazioni.

- Stile permissivo: il leader lascia il gruppo libero di agire intervenendo pochissimo. I risultati del test evidenziarono la presenza di differenze nella produttività e nel grado di soddisfazione dei membri dei tre gruppi. Nel gruppo in cui era stato utilizzato lo stile autocratico la produttività era buona ma vi era una certa aggressività tra i membri del gruppo. Nel caso dello stile democratico vi era una minore produttività rispetto al precedente ma era presente un clima più sereno tra i membri del gruppo. Nel caso dello stile permissivo si registrò invece una scarsa produttività con un clima caotico. Gli studiosi giunsero a definire come miglior stile quello democratico56.

49 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

50Gubitta P. (2012), Leadership, Dizionario di economia e finanza Treccani

http://www.treccani.it/enciclopedia/leadership_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)

51 Professore di psicologia sociale dell’Università di Sussex 52 Professore di psicologia presso il Baruch college

53 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani 54 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani 55 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani 56 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani

(21)

14

Nel 1958 Hollander elabora la teoria transazionale. In questo caso si ritiene fondamentale il ruolo attivo dei collaboratori nella costruzione della leadership. Sono questi infatti che accordano il potere al leader, oppongono resistenze, offrono e ritirano la propria stima57. Il

processo di costruzione della leadership prevede delle fasi attraverso le quali il leader conquista la credibilità, la fiducia e la stima dei collaboratori. Tale processo si basa su quattro variabili58:

- il conformismo iniziale: il leader deve prima adeguarsi alle regole presenti nell’organizzazione e solo successivamente cambiarle;

- la competenza: il leader deve dimostrare la propria competenza anche tramite delle decisioni non conformi alle norme ma efficaci;

- la legittimità: essa può essere esterna o concessa dai membri del gruppo. Nel primo caso è possibile avere una scarsa capacità di influenza sui collaboratori in quanto può risultare debole la fonte da cui proviene il potere. Nel secondo caso il leader si conquista sul campo la legittimità del potere e sarà eletto dai collaboratori e non designato come nel primo caso;

- identificazione con il gruppo: il leader deve dimostrare di identificarsi con gli obiettivi e la natura del gruppo. Il leader deve dimostrare di avere come priorità il bene del gruppo, solo così sarà ben accetto.

In questo stile risulta essere importante lo scambio che si viene a creare tra il leader e i collaboratori: il leader, per ottenere la fiducia dei collaboratori deve fornire loro una ricompensa di tipo economico o psicologico. I membri del gruppo sono motivati tramite tali ricompense e riconoscono così il leader59.

In opposizione a questo stile vi è quello trasformazionale identificato da Burns, storico americano, nel 1978. Questo stile ha la peculiarità di attivare una maggiore consapevolezza e un maggiore interesse rispetto al precedente, all’interno dell’organizzazione, per una visione condivisa60. I leader trasformazionali, inoltre, favoriscono nei loro collaboratori un

aumento di fiducia in sé stessi, facendoli passare progressivamente dalle preoccupazioni per le esigenze personali all’impegno per performance superiori e per la crescita dell’organizzazione, trascendendo in questo modo i propri interessi particolari. Lo stile trasformazionale, comunque, sarebbe maggiormente adatto in situazioni che richiedono profonde innovazioni nel modo di funzionare di un’organizzazione, situazioni sempre più frequenti nell’attuale economia caratterizzata da rapidi mutamenti61.

Negli studi di leadership alla fine dagli anni Novanta, visti i repentini cambiamenti del mercato, si comincia a parlare di leadership al femminile. Il mercato di riferimento infatti non è più stabile visti i numerosi cambiamenti tecnologici che hanno caratterizzato il Novecento. Esso deve essere gestito dai leader delle aziende e anche l’organizzazione deve

57 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani 58 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani 59 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani 60 Malaguti D. (2001), Leadership. Modelli a confronto, ACP - Rivista di Studi Rogersiani

61 Cancedda A. (2002), Leadership femminile e azione sociale: implicazioni per la ricerca e per lo sviluppo

(22)

15

adattarsi a questo62. Ovviamente anche le donne leader devono adeguarsi: è per questo che

si comincia a parlare di leadership al femminile. Gli studi sull’argomento si consolidano nel Novecento: Rosener63 (1990)64, ha realizzato delle interviste a uomini e donne leader di

aziende nelle quali si evidenzia che le donne risultavano assumere in misura maggiore comportamenti trasformazionali e interattivi. Nel 1996 questo fu confermato dagli studi di Bass, Avolio e Atwater65. Anche altri studi (Alimo-Metcalfe, 199866; Eagly,

Johannesen-Schmidt e Van Egen, 200367) si muovono in questa direzione68.

Lo stile di leadership interattiva, definito da Rosener (1990), è molto simile a quello trasformazionale e si basa sul tentativo di incrementare negli altri l’auto-percezione del loro valore e suscitare il loro entusiasmo. I leader, in questo senso, si sforzano di incoraggiare la partecipazione, condividere il potere e le informazioni, migliorare l’autostima degli altri, e in generale trasmettere energia69.

Per quanto riguarda lo stile di leadership, Rosener evidenzia come quello maggiormente esercitato dagli imprenditori uomini sia quello transazionale70.

Le differenze tra i due stili sono principalmente dovute al fatto che in quello trasformazionale sono fondamentali elementi come il comportamento simbolico, la comunicazione non verbale, i valori, la fiducia e la guida; in quello transazionale questi valori non sono applicati ma si esercita una semplice transazione71.

1.3 Motivazioni che spingono le donne alla creazione dell’impresa

La motivazione esprime le ragioni che inducono un individuo a compiere determinate azioni. Da un punto di vista psicologico, può essere definita come l’insieme dei fattori dinamici avente una data origine che spingono il comportamento di un soggetto verso una meta72. In base ai suddetti studi, si è messo in evidenza come la differenza di genere sia una

delle motivazioni e delle variabili che condizionano la propensione all’avvio dell’attività imprenditoriale.

62 Lomazzi V. (2011), La leadership nell'imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale

bresciano, Università Bocconi, Milano

63 Rosener, Judy B (1990), Ways women lead. Harvard business review, nov-dec ‘90 64 Studiosa dell’Università della California

65 Bass B.M., Avolio B.J., Atwater L. (1996), The transformational and transactional leadership of men and

women, in Applied Psychology: an International Review, 45, pp. 5-34.

66 Alimo-Metcalfe B. (1998), Effective Leadership, Improvement& Development Agency, London.

67 Eagly A., Johannesen-Schmidt M.C., Van Engen M. (2003), Transformational, transactional and laissez faire

leadership styles: a meta-analysis comparing women and man, in Psychological Bulletin, 129, 4, pp. 569-591

68 Lomazzi V. (2011), La leadership nell'imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale

bresciano, Università Bocconi, Milano

69 Cancedda A. (2002), Leadership femminile e azione sociale: implicazioni per la ricerca e per lo sviluppo

delle carriere femminili, Commissione europea, Bruxelles

70 Cancedda A. (2002), Leadership femminile e azione sociale: implicazioni per la ricerca e per lo sviluppo

delle carriere femminili, Commissione europea, Bruxelles

71 Cancedda A. (2002), Leadership femminile e azione sociale: implicazioni per la ricerca e per lo sviluppo

delle carriere femminili, Commissione europea, Bruxelles

(23)

16

Gobbi73 ha evidenziato che esistono due tipi di fattori che spingono le donne a diventare

imprenditrici: push (strutturali) e pull (motivazionali). Il primo fattore (push) fa riferimento ad elementi che vengono dall’esterno e possono essere legati alla disoccupazione, alla tradizione familiare, agli incentivi; in sostanza questi spingono al percorso imprenditoriale per necessità. Il secondo fattore (pull) si riferisce a ragioni specifiche e intrinseche che ogni soggetto ha dentro di sé e che lo portano a intraprendere tale tipologia di attività. In questo caso l’attività imprenditoriale viene vista come un’opportunità74.

L’autrice evidenzia come il fattore pull (o motivazionale) sembra essere più vicino al genere femminile.

Le principali motivazioni che quindi spingono le donne, a differenza degli uomini, a creare un’impresa sono:

- flessibilità nella gestione del tempo: questo è molto importante soprattutto per le donne che hanno una famiglia. Con questa tipologia di lavoro riescono ad avere orari più flessibili e gestire meglio tutti gli impegni dovuti anche al fenomeno della doppia presenza;

- riorientarsi nel mercato del lavoro dopo un periodo di assenza: spesso le donne dopo la nascita dei figli scelgono di stare un po’ di tempo lontane dal mondo del lavoro e rientrarci non è semplice; per questo spesso scelgono l’autoimpiego75.

Ci sono invece motivazioni che risultano essere comuni a uomini e donne:

- desiderio di autonomia: intesa come indipendenza economica e decisionale: questa sembra essere la più comune ragione che porta ambo i sessi a diventare imprenditori; - miglioramento della qualità della vita;

- valorizzazione delle proprie capacità;

- autorealizzazione: la volontà di realizzare i propri obiettivi e interessi; - volontà di affermazione e di carriera76.

Alcuni autori hanno realizzato studi empirici per capire quali fossero le motivazioni che spingono le donne a diventare imprenditrici.

Watkins nel 1982, riportando uno studio di Schwartz del 197677, afferma che le motivazioni

principali che guidano le donne nella decisione di diventare imprenditrici sono quelle della realizzazione personale, autonomia, soddisfazioni lavorative e desiderio di ottenere denaro.

73 Nel suo studio “Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici”

74 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

75 Lomazzi V. (2011), La leadership nell'imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale

bresciano, Università Bocconi, Milano

76 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

77 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

(24)

17

Goffee and Scase78, nel 1985, hanno affermato che le donne creano le imprese per uscire dalla

vita domestica e dalla subordinazione del mercato del lavoro79.

Oltre a ciò può essere riportato il risultato di uno studio realizzato da Adriana Przybyszewska80 che nel 201381 (vedi tabella 4) ha evidenziato quali siano le differenti

motivazioni che spingono gli uomini e le donne ad iniziare un’attività d’impresa.

Come conclude l’autrice stessa il fenomeno può essere considerato sotto diversi aspetti e studiato da diversi settori come: economia, management, psicologia e sociologia82.

Tab.4-Differenti motivazioni uomo-donna

UOMINI DONNE

Aspirazione all’indipendenza Reddito equo

Competenze imprenditoriali innate Propensione al rischio

Il desiderio di dimostrare la propria autostima a un partner

L'assenza di altre possibilità di guadagnarsi da vivere

Condizioni di mercato favorevoli Disoccupazione

Prestigio e posizioni gerarchiche elevate

Esempio dei genitori

Rischio di disoccupazione Indipendenza

Responsabilità per le loro decisioni Possibilità di impostare i target singolarmente

Sicurezza finanziaria

Opportunità di sviluppo finanziario Realizzazione delle idee individuali e personali

Possibilità di avere un lavoro interessante e risultati soddisfacenti Esperienze negative di lavoro Maggiore sicurezza del lavoro Adattabilità, flessibilità e orari variabili

Possibilità di offrire lavoro ad altri Maternità

Fonte: Rielaborazione studio Adriana Przybyszewska

1.4 Caratteristiche delle imprese femminili

Come è già stato evidenziato in precedenza, le donne e gli uomini hanno caratteristiche differenti.

Dagli studi di Gobbi si capisce come le donne nell’esercizio della loro attività di impresa abbiano alcune caratteristiche particolari. Queste sono evidenti anche nei modelli gestionali:

78 Professori alla London Business School

79 Dr Stanley C. (1987), Motivations of aspiring male and female entrepreneurs, Journal of occupational

behaviour, Vol. 8, 251-261

80 Insegnante presso la Wrocław University of Economics

81 Przybyszewska A. (2013), Entrepreneur determinants vs. Motive underlying women’s entrepreneurship

Finance and Accountancy for Sustainable Development Sustainable Finance nr.302 pp 137-145

82 Przybyszewska A. (2013), Entrepreneur determinants vs. Motives underlying women’s entrepreneurship

(25)

18

gli uomini adottano un approccio strategico con obiettivi di breve periodo mentre le donne prediligono un approccio evolutivo (orientato alla crescita graduale dell’azienda) che conferisce maggiore importanza al fattore umano83. Oltre a questo, le donne tendono ad

attribuire più valore agli aspetti intangibili per valorizzare la soggettività di ogni individuo che lavora in azienda84.

Inoltre, l’autrice mette in luce altre caratteristiche che meritano di essere analizzate più nel dettaglio e che sembrano essere rilevanti per questo tipo di imprese:

- importanza delle relazioni interpersonali e la ridotta dimensione; - l’approccio a rete sia da un punto di vista relazionale che competitivo.

Da uno studio realizzato dalla Formaper85 86 è stata evidenziata la presenza di una vera e

propria “cultura femminile d’impresa”. Ciò che viene maggiormente evidenziato da questo studio è il fatto che sussista un orientamento alla relazione molto forte da parte di tali imprese.

Le relazioni vengono instaurate sia nei confronti dei dipendenti sia nei confronti degli stakeholders. Si parla spesso di un atteggiamento customer oriented caratterizzato da una elevata qualità del servizio che deve essere offerto, dall’assistenza al cliente e dalla personalizzazione dei prodotti87. Occorre realizzare una valutazione in termini di efficienza

e di efficacia delle relazioni: l’efficienza fa riferimento al rapporto esistente tra risorse utilizzate e risultati ottenuti, mentre l’efficacia fa riferimento alla capacità di raggiungere l’obiettivo prefissato. Nel caso delle relazioni è molto complicato definire l’efficienza, dal momento che sono del tutto assenti parametri di natura quantitativa in grado di esprimerla. La stessa affermazione risulta valida per quanto riguarda l’efficacia. Nel caso delle relazioni interpersonali, questi elementi possono essere valutati in base al grado di soddisfazione dei fabbisogni relazionali degli stakeholders. Oltre a ciò, possono essere misurati tramite la capacità di ricevere dai destinatari della relazione consensi, sostegno e collaborazione88.

Tutto questo risulta essere fondamentale nel mercato odierno, sempre sottoposto a cambiamenti molto rapidi: le relazioni sono importanti per capire in anticipo quali sono le richieste e le necessità dei clienti.

Altra caratteristica è la ridotta dimensione. L’essere “piccoli” consente di avere pochi dipendenti e quindi avere maggiori possibilità di conoscerli singolarmente, capire quali sono le loro necessità e sfruttare al meglio le loro competenze89. Un’importante caratteristica

di queste imprese è infatti l’informalità: essa fa riferimento alle interazioni personali che si vengono a creare all’interno di una organizzazione. Rosanna Marchigiani90 evidenzia come

83 David P. (2006), Il valore della differenza, Carocci, Roma 84 David P. (2006), Il valore della differenza, Carocci, Roma

85 FORMAPER (2007), Donne creano impresa,Sperling & Kupfler Editori,Milano, 2007 Ed. aggiornata, pag

26-29

86 Società speciale della Camera di commercio di Milano

87 Battista M. (2008), Influenze di genere e stili complessivi di management: il caso della “donna

imprenditrice”, Università degli studi di Cassino, Cassino

88 Paoloni P. (2011), La dimensione relazione delle imprese femminili, Franco Angeli, Milano

89 Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di

donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma

Riferimenti

Documenti correlati

Serena Bonfanti racconta i suoi bottoni, quasi un nuovo modo per esprimere le proprie idee, Maddalena Calderoni la conversione delle cave in siti ad alto valore culturale tra opera

 Essere in grado di realizzare schemi logici per organizzare le conoscenze, per evidenziare correlazioni tra cause ed effetti di un fenomeno, e anche per evidenziare

1. Scostamento tra previsione iniziale, definitiva e consuntivo ... Servizi per conto terzi ... Proventi contravvenzionali ... Andamento della riscossione su residui delle Entrate

Il volume, promosso dal Consiglio Scientifico dell’Associazione Italiana per gli Studi di popola- zione (www.sis-aisp.it) della Società Italiana di Statistica, è curato da

che le assunzioni previste dovranno, comunque, essere effettuate nei limiti e nel rispetto delle disponibilità e degli equilibri di Bilancio per i rispettivi anni di

Etica Sgr S.p.A., società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica, ha destinato una quota dei propri utili al fondo oneri futuri, per erogare contributi a fondo perduto

L’occasione è la scoperta di un esemplare dell’unica -così pare- edizione genovese del libretto a stampa del dramma musicale secentesco Artemisia; la stampa di questo testo

Nel campione sezionale, inoltre, le procedure di recruit- ment del management esterno esercitano un ruolo negativo sulla probabilità di diventare manager per le