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Nota trimestrale nazionale sull’andamento climatico e implicazioni in agricoltura. Ottobre–dicembre 2010

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Academic year: 2021

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Servizio tecnico Ambiente ed uso delle risorse naturali in agricoltura Resp. Guido Bonati

Ambito di ricerca Gestione delle risorse idriche in agricoltura Resp. Raffaella Zucaro

Progetto Attività di supporto e assistenza tecnica alla programmazione dei fondi previsti per le calamità naturali

Responsabile di progetto Antonella Pontrandolfi (pontrandolfi@inea.it)

Nota trimestrale nazionale sull’andamento climatico e implicazioni in agricoltura. Ottobre – Dicembre 2010

Il documento è disponibile sul sito www.inea.it

La nota è a cura del responsabile di progetto.

Supporto al coordinamento e revisione: Teresa Lettieri e Dario Macaluso

Hanno collaborato:

Domenico Casella, Anna Maria Lapesa, Teresa Lettieri, Dario Macaluso, Fabrizio Mirra, Giuliana Nizza, Roberto Nuti, Manuela Paladino, Stefano Palumbo, Antonio Papaleo, Gianluca Serra, Fiorella Scaturro e Rossana Spatuzzi.

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2 L’attività di monitoraggio non sarebbe stata possibile senza la collaborazione delle seguenti Istituzioni:

MIPAAF, Direzione generale per la Qualità dei Prodotti Agroalimentari - Fondo di solidarietà nazionale; Dipartimento della Protezione Civile, Centro Funzionale Centrale; Regione Valle d’Aosta; Regione Piemonte; Regione Liguria; Regione Veneto; Regione Lombardia; Regione Friuli Venezia Giulia; Provincia Autonoma di Trento; Provincia Autonoma di Bolzano; Regione Emilia-Romagna; Regione Toscana; Regione Lazio; Regione Umbria; Regione Molise; Regione Campania; Regione Basilicata; Regione Puglia; Regione Siciliana; Regione Sardegna; Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente - Servizio idro-meteo della Regione Emilia-Romagna; Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Lombardia; Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Piemonte; Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Friuli Venezia Giulia; Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Veneto; Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo- forestale della Toscana; Agenzia servizi settore agroalimentare delle Marche; Autorità di bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico; Autorità di bacino fiume Arno; Autorità di bacino fiume Po; Agenzia interregionale per il fiume Po; Autorità di bacino fiume Tevere; Centro di agrometeorologia applicata regionale della Regione Liguria; Consorzio di bonifica di II grado per il Cer; Consorzio di bonifica Parmigiana Moglia Secchia; Consorzio di bonifica II grado generale di Ferrara; Consorzio di bonifica e irrigazione Canale Lunense; Consorzio di bonifica Naviglio Vacchelli; Consorzio di bonifica Cellina Meduna; Associazione irrigazione Est Sesia; Associazione irrigazione Ovest Sesia; Enti regolatori dei grandi laghi (Consorzi di gestione dei bacini dell’Adda, Chiese, Mincio, Oglio e Ticino); Ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste della Regione Lombardia; Ente regionale di sviluppo agricolo della Regione Friuli Venezia Giulia; Institut agricole régional della Regione Valle d’Aosta; Istituto sperimentale agrario di San Michele all’Adige; Unione regionale bonifiche Emilia-Romagna; Unione regionale bonifiche irrigazioni e miglioramenti fondiari della Lombardia; Agenzia regionale per l’innovazione e lo sviluppo dell’agricoltura nel Molise; Molise acque; Protezione civile Centro funzionale della Regione Molise; Consorzio di bonifica Destra Sele; Consorzio di Bonifica Ufita; Consorzio di Bonifica Velia; Agenzia lucana di sviluppo e di innovazione in agricoltura; Autorità di bacino interregionale della Basilicata; Consorzio di bonifica Vulture Alto Bradano; Consorzio di bonifica Alta Val d'Agri; Consorzio di bonifica Bradano-Metaponto; Consorzio di bonifica della Capitanata; Associazione siciliana dei Consorzi ed Enti di bonifica e di miglioramento fondiario; Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna; Ente acque della Sardegna.

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3 Indice

Pag.

Introduzione 4

Sommario - Andamento del IV trimestre 2010 in Italia 6

1. Bacino del Po 12 Allegato 1 19 2. Alpi orientali 22 3. Appennino settentrionale 27 4. Appennino centrale 32 5. Appennino meridionale 37 5.1 Campania 38 5.2 Molise 43 5.3 Puglia 46 5.4 Basilicata 50 5.5 Calabria 54 6. Sicilia 57 7. Sardegna 63

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4 Introduzione

L’attività di monitoraggio della stagione irrigua, che l’INEA svolge da circa un decennio, come noto si è sviluppata in relazione alle esigenze di supporto informativo del MiPAAF e delle Regioni sulle aree soggette a crisi idriche ed eventi siccitosi. L’attività si è avviata nelle regioni meridionali nel corso del biennio siccitoso 2000-2001. Un’ulteriore richiesta è giunta sulle regioni del Centro Nord con la siccità del 2003 e l’attività si è svolta dal 2005 nell’ambito del progetto INEA “Monitoraggio dei sistemi irrigui delle regioni centro settentrionali”. A partire dal 2009, l’attività di monitoraggio si è ampliata, reincludendo anche le regioni meridionali e insulari, quindi ha assunto carattere nazionale.

I contenuti e i risultati dell’attività hanno suscitato anche l’interesse dell’ufficio del MiPAAF che gestisce il Fondo di solidarietà nazionale, che ha chiesto un supporto sui danni richiesti e da riconoscere alle Regioni attraverso attività di analisi ed elaborazioni sull’andamento agrometeorologico e le implicazioni per il settore agricolo. Nel 2009 è stato quindi finanziato il progetto INEA “Attività di supporto e assistenza tecnica alla programmazione dei fondi previsti per le calamità naturali”, tra le cui attività principali è incluso il monitoraggio della stagione irrigua.

Per tali motivazioni, nel 2010 l’INEA ha ritenuto opportuno riorganizzare le attività tra i progetti, rendendole più funzionali ai filoni di indagine in corso, accorpando il monitoraggio della stagione irrigua al progetto “Attività di supporto e assistenza tecnica alla programmazione dei fondi previsti per le calamità naturali”.

Considerate le finalità del progetto, si è evidenziata la necessità di verificare l’impostazione del lavoro rispetto agli obiettivi prefissati e al supporto informativo da fornire a livello nazionale.

Un primo elemento emerso riguarda il nuovo assetto istituzionale sulla pianificazione e la gestione delle risorse idriche a livello nazionale con l’applicazione della Direttiva quadro 2000/60/CE, che istituisce i distretti idrografici quali unità territoriali di riferimento. Come noto, in Italia nel corso del 2009 si sono concluse le procedure di stesura dei Piani di gestione dei distretti idrografici, per cui è sembrato opportuno riorganizzare le informazioni rilevate e analizzate nella nota trimestrale in funzione del nuovo assetto. A tal fine, la nota è organizzata per distretti idrografici, con analisi ed elaborazioni per bacini idrografici principali, ad eccezione del distretto meridionale, che, data la numerosità dei bacini e l’estensione territoriale, si è preferito mantenere suddiviso per singole regioni. All’inizio di ogni capitolo è riportata la specifica delle regioni e province di appartenenza per singolo distretto idrografico, cui fanno riferimento le elaborazioni dei dati agrometeorologici del CRA-CMA (medie mensili e decadali provinciali). Nel caso in cui le province siano a cavallo tra più distretti idrografici, si è operata una scelta in funzione della % di territorio ricadente nei due distretti.

Per ogni distretto idrografico e per i relativi bacini principali, la nota riporta l’analisi di 3 sezioni di dati, relative all’andamento dei parametri agrometeorologici a livello provinciale, all’andamento delle disponibilità idriche dei bacini e alle implicazioni per il settore agricolo.

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5 Per quanto riguarda i dati agrometeorologici (temperature, precipitazioni e calcolo dell’indice di bilancio idroclimatico) si è ritenuto importante operare una sintesi funzionale dei dati CRA-CMA, introducendo le medie climatiche 1971-2000 e utilizzando i dati per provincia, in modo da raffrontare direttamente l’andamento di temperature, precipitazioni e bilancio idroclimatico a livello territoriale. I dati di maggior dettaglio per singola stazione, rilevati anche attraverso reti agrometeo regionali, sono comunque analizzati e commentati, in particolare nei casi di fuori norma, eventi particolari e in generale sulle stazioni che ricadono in bacini e aree di particolare interesse agricolo. Per quanto riguarda la sezione relativa alle disponibilità idriche potenziali, i dati disponibili per i diversi corpi idrici a livello nazionale sono molto eterogenei, quindi si è operata un’analisi per bacino idrografico laddove la tipologia di dati disponibili consente elaborazioni più omogenee. Inoltre, sarebbe importante poter confrontare i volumi d’invaso e/o di portata dei corsi d’acqua con le medie storiche, in modo da avere più spunti di riflessione sull’andamento della stagione, nonché l’andamento climatico più a lungo termine. Sotto questi aspetti, vi sono diversi problemi di disponibilità dei dati, per cui l’analisi è effettuata laddove possibile.

Dato l’inquadramento agrometeorologico e delle disponibilità, vi è l’analisi delle implicazioni per il settore agricolo, finalità principale dell’attività. In particolare, si evidenzia se e dove eventi meteorologici fuori norma abbiano determinato anomalie che generano ripercussioni sulle aziende agricole in termini di pratiche agricole, produzioni e danni alle strutture. Inoltre, le note trimestrali hanno evidenziato a volte problemi legati ad attacchi parassitari fuori norma o alla presenza di nuovi patogeni. Considerata l’importanza della tematica nel contesto generale di cambiamento climatico e impatto in agricoltura e data la collaborazione in corso con il MiPAAF su tali aspetti, sempre nell’ambito del progetto, nella nota trimestrale, nuova e particolare attenzione è data alla tematica.

Infine, in collaborazione con l’ufficio del MiPAAF che gestisce i fondi per le calamità naturali, si è inteso completare il quadro dell’andamento e degli eventi che stanno caratterizzando l’anno attraverso una breve disamina degli atti di riconoscimento dei danni su cui le Regioni hanno fatto richiesta nei mesi precedenti.

Il lavoro descritto ha risvolti di analisi nel breve periodo sulle problematiche della singola stagione, ma ha una sua importanza anche nelle analisi di medio e lungo periodo. L’attività risulta centrale e in prospettiva di grande interesse, in quanto, analizzando tutti i dati raccolti negli anni, sarà possibile contribuire alle analisi sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle pratiche agricole e sull’andamento del settore, e sarà possibile trarre spunti di riflessione sulle politiche di adattamento del settore agricolo.

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Sommario

Andamento del IV trimestre 2010 in Italia

Settore agricolo e problematiche emerse

Le condizioni di diffuso maltempo che hanno colpito tutta l’Italia durante il periodo autunnale, manifestatesi con intensità variabile a seconda delle aree ma generalmente piuttosto marcate, hanno segnato in maniera significativa il territorio e le attività più strettamente connesse all’agricoltura (fig. a). Infatti, oltre ai problemi infrastrutturali sollevati dall’andamento climatico di carattere alluvionale, che ripropongono nuovamente il problema della tutela e difesa del territorio italiano e sollecitano il maggiore ricorso alla pianificazione integrata, diffusi e molto gravi sono apparsi i danni specifici subiti dal settore agricolo. Infatti, sia sul fronte delle strutture sia su quello più propriamente delle produzioni, per qualità e quantità, la stima delle perdite subite dai vari comparti autunno-vernini ha reso necessaria la dichiarazione di stato di calamità naturale da parte del Governo per alcune regioni.

Figura a – Aree agricole con danni dovuti all’andamento climatico - IV trimestre 2010

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7 I primi segnali di un autunno particolarmente piovoso sono stati avvertiti già agli inizi di ottobre quando le prime situazioni di crisi si sono presentate nel Nord Italia. In Lombardia, alcuni canali e fiumi, come il Chiese, hanno esondato causando una serie di allagamenti e inondazioni nelle aree di pianura (comune di Asola e in provincia di Piacenza area del Sarmatese). Alla stregua di tali zone, anche il Veneto orientale è stato interessato da una serie di smottamenti, come quelli degli argini del fiume Livenza e del Canale Brian e da allagamenti. Situazioni simili si sono verificate su fiumi e in aree della Toscana e della Liguria.

Ma è stato nel mese di novembre che l’intensità dell’andamento precipitativo e soprattutto la concentrazione delle piogge in pochi giorni hanno aggravato una situazione già precaria, riducendo gran parte del territorio italiano in uno stato di vera emergenza.

In Lombardia ed Emilia le difficoltà più gravi si sono presentate per le semine del grano, spesso completamente impedite dagli allagamenti, per ortaggi e verdure in campo aperto, per la floricoltura (che ha patito anche il repentino abbassamento delle temperature). In Veneto, i territori delle province di Vicenza, Verona e Padova in particolare, sono stati completamente inondati, compromettendo coltivazioni orticole, campi appena seminati, vitigni, oliveti e frutteti, oltre ai danni dovuti a frane e smottamenti e al forte vento che ha divelto stalle, serre e strutture aziendali, peraltro già allagate. Le esondazioni del fiume Frassine in provincia di Padova e quella del Bacchiglione in provincia di Vicenza hanno determinato il crollo della difesa arginale e l’allagamento dei terreni sottesi. Ulteriori tracimazioni hanno riguardato il torrente Timonchio nel Vicentino e i fiumi Alpone e Trampigna nel Veronese. In Veneto la stima dei danni ha contato circa 500 aziende con raccolti di cereali, tabacco e ortaggi completamente compromessi, circa 200.000 capi di bestiame diverso persi nell’alluvione e il decremento di diverse produzioni come quello del latte negli allevamenti specializzati.

Nell’entroterra ligure, oltre ai disagi dovuti all’isolamento di diversi centri abitati, i maggiori problemi hanno riguardato gli appezzamenti agricoli allagati e invasi da numerosi detriti portati dall’acque esondate. Inoltre, frane e smottamenti hanno danneggiato diversi impianti irrigui e strutture produttive come serre, magazzini e stalle.

In Toscana la preoccupazione maggiore è stata generata al superamento del livello di guardia del lago Massacciucoli, monitorato costantemente dal Consorzio di bonifica competente e dalla Protezione civile. Preoccupazioni hanno generato lo straripamento di diversi canali in provincia di Massa Carrara e Viareggio e il cedimento di una parte di muro di contenimento del Rio Bozzano in provincia di Lucca. Sempre in Toscana il maltempo ha fatto sentire i suoi effetti anche nel mese di dicembre con le forti gelate e le nevicate che hanno provocato una serie di danni a serre e a coltivazioni ortive soprattutto nella zona di Bagno a Ripoli, Lastra a Signa, Ugnano, Mantignano, Sant’Ilario, Casine del Riccio e Pieve a Settimo. Analogamente, in Val di Magra (La Spezia), piogge torrenziali, frane e allagamenti hanno danneggiato produzioni di ortaggi e degli oliveti.

Nel Lazio, precisamente nella zona del Viterbese, il Tevere ha tracimato allagando i campi circostanti, provocando anche l’isolamento di capi di bestiame, mentre l’Aniene ha rotto gli argini in prossimità del comune di Trevi.

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8 Nelle Marche neve e gelo hanno danneggiato ortaggi invernali.

Nella notte tra il 29 e 30 dicembre una falla nel muro della diga di Montedoglio ha provocato la fuoriuscita di ingenti quantità di acqua riversatasi sia in territorio umbro e toscano (provincia di Arezzo). La completa sommersione dei campi anche qui ha compromesso diverse colture e ha danneggiato macchinari e attrezzature ricoverati nei magazzini e nelle rimesse.

In Abruzzo, lo straripamento dell’Aterno e dei suoi affluenti, oltre agli allagamenti dei campi coltivati, ha determinato anche la perdita di numerosi capi allevati a causa dell’inondazione delle stalle. Oltre 500 ettari di colture nella Piana del Fucino sono rimasti sott’acqua, mentre nella zona dei Piani Patentini lo straripamento del Rafia e Imele ha compromesso la semina dei cereali. Le abbondanti precipitazioni hanno inciso anche sul prolungamento della fase vegetativa delle viti a scapito della qualità dell’uva e sull’aspetto fitosanitario; infatti, diverse patologie sono state riscontrate a carico di ortaggi come carciofi,cavoli, cipolla e insalata (peronospora) e sui vigneti per infezioni botritiche, tignoletta e oidio.

Per quanto riguarda il Sud Italia, il Molise ha risentito delle rigide temperature di dicembre e della neve caduta nella prima parte del mese che hanno compromesso le verdure e gli ortaggi in campo oltre ad impedire la semina nei campi.

In Puglia, già dal mese di ottobre le condizioni climatiche eccessivamente piovose hanno determinato una serie di allagamenti rendendo difficile le varie operazioni colturali tra le quali la semina. Anche il freddo di dicembre ha sollevato una serie di complicazioni a carico delle colture orticole e frutticole, colpendo soprattutto la provincia dei Brindisi e di Foggia che ha visto le carciofaie e le colture orticole danneggiate da una forte gelata.

In Campania, l’esondazione del Sele e del Tanagro nella prima settimana di novembre seguente ai violenti nubifragi ha provocato esondazioni e successivi allagamenti in zone agricole e urbane danneggiando campi, infrastrutture e abitazioni. Il livello idrometrico registrato in provincia di Salerno ha raggiunto all’incirca i 2 metri mettendo a rischio l’incolumità degli abitanti ma anche dei numerosi capi di bestiame. Tra le zone particolarmente danneggiate vi sono l’Agronocerino-Sarnese, attraversato dal Sarno e dai suoi affluenti, dove hanno ceduto gli argini dello stesso in località Loreto Ortolonga mentre alcuni fiumi immissari hanno esondato compromettendo colture ortive, floricole e serre. Nel bacino del Sele in vaste aree le colture, sia protette sia in campo, sono state seriamente danneggiate insieme a circa 15 aziende zootecniche bufaline, alle rispettive scorte, e a un tratto di circa 3 km di acquedotto. Nel bacino del Tanagro, l’esondazione del fiume ha provocato danni a colture e opere di bonifica montana, strutture ed infrastrutture agricole.

In Basilicata, l’ondata di maltempo dei primi giorni di novembre, per la quale è stato richiesto al governo lo stato di calamità naturale, ha investito le aree della Media Valle dell’Agri, della Piana del Sinni, numerose zone della provincia di Matera e alcune del Potentino. Il carattere alluvionale delle precipitazioni ha innescato l’esondazione dell’Agri, del Sinni e del Bradano, le cui acque hanno allagato i terreni circostanti danneggiando distese di frutteti, agrumeti, vigneti, pescheti, coltivazioni di orticole, fragole.

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9 Anche in Calabria il maltempo dei primi giorni di novembre ha determinato numerose problematiche legate all’esondazione, in prossimità di Gioia Tauro, del torrente Budello, dove i volontari della Protezione civile, i Vigili del fuoco, operai idraulici e forestali e i cittadini hanno lavorato per ore al fine di liberare le diverse abitazioni dal fango. I danni all’agricoltura nella zona della Piana hanno riguardato campi completamente allagati, agrumeti e oliveti e capi di bestiame travolti dalle acque. Numerose le frane che hanno interessato i comuni di Rizziconi, Giffone e Varapodio in provincia di Reggio Calabria che hanno messo a rischio l’incolumità del centro abitato limitrofo.

Per quanto riguarda la Sicilia, il decorso dei parametri meteo-climatici durante l’ultimo trimestre del 2011, piuttosto anomalo rispetto all’andamento medio, ha generato alcune criticità per il settore agricolo. In particolare, le precipitazioni, che in termini generali sono risultate inferiori alla media durante il trimestre, si sono concentrate tra la fine di ottobre e il mese di novembre determinando, in alcune aree, un ritardo delle semine e della raccolta delle olive oltre che un incremento di attacchi da parte dei patogeni che si avvantaggiano dell’elevato tasso di umidità (marciumi radicali, marcescenza delle olive, ecc). Nel Trapanese una grandinata ha pregiudicato l’economia olivicola della Valle del Belice. Numerosi i comuni che si sono rivolti alla struttura regionale, in particolare quelli dislocati nella zona tirrenica dei Nebrodi, per l’ottenimento dello stato di calamità naturale.

Infine, in Sardegna il problema più significativo è stato riconosciuto nelle gelate del mese di dicembre nell’area meridionale dell’isola, che hanno compromesso, ad esempio, la produzione di carciofo, a vantaggio, tuttavia, della zona Nord, che è riuscita a spuntare prezzi di vendita più remunerativi. Ulteriori gelate sono state segnalate nel Campidano a carico delle colture arboree, nello specifico per la varietà Washington Navel, anche se i successivi rialzi di temperatura sopraggiunti immediatamente dopo hanno aggravato la situazione generale delle colture. Infatti, anche in Sardegna l’andamento climatico dei mesi precedenti ha generato una serie di problematiche sulle produzioni, legate all’eccesso idrico associato alle alte temperature, avvertite attraverso le diverse infezioni comparse su alcune colture: dal finocchio colpito da Cercosporidium punctum e Sclerotinia spp. al pomodoro sul quale sono stati riscontrati attacchi di Tuta absoluta e al carciofo infestato da oidio.

In termini generali, per quanto concerne le produzioni più a rischio nel periodo, sia in termini qualitativi che quantitativi, è interessante considerare quelle che sono le stime relative a due dei comparti cerealicolo e olivicolo-oleario, di cui sono disponibili stime per il Nord e Centro Italia.

La Società italiana Sementi ha stimato una flessione di produzione intorno al 30-40% nelle aree della Bassa Lombardia e dell’Alta Emilia, di circa il 10-15% nelle zone del Bolognese e della Romagna.

Per il settore dell’olio, invece, al di là delle riduzioni fisiologiche legate all’alternanza delle produzioni, le stime (Uprol, Cno, Unaprol) riferirebbero una ripresa a livello nazionale del 6%, sebbene la tendenza rispetto alle ultime quattro campagne rimane alla riduzione dei livelli produttivi. Nello specifico, in Lombardia il calo atteso si aggirerebbe sul 10-15% e, oltre alle

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10 condizioni climatiche recenti, sarebbe da addebitare anche agli eventi grandigeni della scorsa estate. Allo stesso modo, in Piemonte le riduzioni si attesterebbero su valori pari al 25-30%, da associare in parte anche alle gelate invernali che hanno colpito sia l’Astigiano che l’Alessandrino. Ancora più marcata la flessione in Emilia Romagna, dove la fase di fioritura aveva sofferto particolarmente delle gelate occorse. Per Veneto e Friuli Venezia Giulia, a fronte di un buon livello qualitativo, le diminuzioni si dovrebbero attestare, rispettivamente sul 10-15% e sul 30%, per problemi durante la fioritura e nella fase di allegagione. In Liguria, invece, il calo appare più leggero (-5%). Una inversione di tendenza è prevista per la Toscana e le Marche, dove si stima un incremento di produzione intorno al 15% rispetto alla passata campagna, per l’Umbria, che con il +35% farebbe risalire, dopo i pessimi trascorsi del 2009, la produzione regionale sui livelli medi. Infine, nel Lazio si stima un ottimo risultato (+35-40%), nonostante in alcune aree meridionali della regione si sia verificato qualche problema durante l’allegagione a causa delle temperature al di sotto della media, il forte vento e le abbondanti precipitazioni.

Andamento meteorologico in Italia

Le problematiche particolarmente serie che si sono verificate in tutto il Paese nel periodo autunnale trovano riferimenti e correlazioni con l’andamento anomalo di alcuni parametri meteorologici nelle diverse aree.

In un contesto generale le temperature nel corso del periodo ottobre-dicembre hanno mostrato scarti più o meno significativi dalla media climatica (graff. a e b), con alcune situazioni da segnalare come anomalie climatiche. Nello specifico, il Nord del Paese ha fatto registrare temperature massime e minime inferiori alla media climatica fino a -4°C.

In generale, ottobre e dicembre sono stati più freddi della media, mentre novembre è stato caratterizzato anche da scarti positivi dalla media climatica, soprattutto per le temperature minime.

Grafico a – Temperature medie massime in Italia nel IV trimestre 2010 – scarto dalla media climatica

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11 Grafico b – Temperature medie minime in Italia nel IV trimestre 2010 – scarto dalla media climatica

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Le precipitazioni hanno costituito il fattore più destabilizzante, in particolare a novembre e in tutto il Paese (graf. c), con valori nettamente superiori alla media climatica sino al +130%, con l’unica eccezione della Sicilia. Inoltre, si evidenzia che lo scarto dalla media è ovunque superiore al +70%, un dato decisamente significativo, che, se associato al dato temporale, cioè dei pochi giorni del mese in cui sono caduti i cumulati più consistenti di pioggia, spiega le difficoltà nello gestire situazioni critiche e di emergenza così intense e così diffuse sul territorio sia per le popolazioni sia per l’agricoltura.

Grafico c – Precipitazioni medie in Italia nel IV trimestre 2010 – scarto dalla media climatica

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1. Bacino del Po

Il distretto idrografico Padano territorialmente coincide con il bacino idrografico del fiume Po (fig. 1.1). Al fine di rendere più funzionale e leggibile l’analisi, il bacino è suddiviso in tre settori: Alto bacino, nel quale ricadono la Valle d’Aosta e tutte le province piemontesi; Medio bacino, in cui ricadono le province lombarde, esclusa quella di Mantova, e le province di Piacenza e Parma; Basso bacino, comprendente i territori delle province di Mantova e quelle emiliano romagnole di Reggio Emilia, Modena e Ferrara1

.

Figura 1.1 – Inquadramento delle province e delle stazioni di rilevamento idrometriche

Fonte: elaborazioni SIGRIAN-INEA

Il trimestre appena trascorso per l’agricoltura del Centro Nord sarà senza dubbio ricordato come tra i più difficili e negativi degli ultimi decenni, a causa del maltempo e degli ingenti danni che ha provocato.

Sin da ottobre le precipitazioni, pur non eccezionali, hanno creato situazioni di crisi in alcune regioni, come in Lombardia, dove le acque tracimate del Chiese e di alcuni canali hanno inondato intere aree del comune di Asola.

1 Nel territorio del bacino ricadono parzialmente anche le province liguri, Bologna, Ravenna, Lucca, Massa Carrara, la

provincia di Trento e le province venete di Rovigo e Verona. Sulla base della prevalenza territoriale, però, sono trattate in altri distretti idrografici.

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13 In Emilia Romagna, in particolare in provincia di Piacenza (area del Sarmatese), molte aree di pianura sono state allagate in seguito alle condizioni di oltre portata dei canali di bonifica.

L’andamento meteorologico del mese di novembre ha continuato a creare difficoltà per le continue piogge e per l’arrivo della neve anche in pianura, del freddo e del gelo, condizioni che hanno creato nuovi stati di allerta tra i produttori agricoli. Le difficoltà più gravi sono state avvertite nelle semine di grano a causa dei terreni allagati, sugli ortaggi e sulle verdure in campo aperto (cavoli, broccoli verze, insalate, carciofi, cicorie, radicchio), in generale sullo svolgimento delle operazioni colturali e sulla concimazione dei campi per l’impossibilità o difficoltà di accesso ai poderi. In Lombardia anche lo spandimento dei reflui sui terreni ha subito forti rallentamenti, in alcuni casi con completo impedimento nell’esecuzione delle operazioni.

Anche la floricoltura ha subito forti disagi in seguito all’abbassamento repentino delle temperature. Inoltre, l’ondata di freddo, come evidenziato anche l’inverso scorso, ha richiesto un maggiore fabbisogno di carburante agricolo, specialmente per il riscaldamento delle serre, incidendo maggiormente rispetto alla media sui costi di produzione (si rammenta l’abolizione del “bonus gasolio”).

Secondo stime della Società italiana Sementi, il maltempo dell’autunno appena trascorso ha avuto effetto negativi sulla semina di frumento, con una significativa flessione della produzione nelle aree della bassa Lombardia e dell’alta Emilia Romagna (stima intorno al -30/40%).

Per quanto riguarda altri settori produttivi, gli effetti dell’andamento meteorologico si sono fatti sentire, ad esempio, sul comparto dell’olio. Secondo le prime stime di Ismea, CNO e Unaprol,

la campagna olearia 2010/2011 dovrebbe segnare, rispetto a quella 2009/2010, una ripresa produttiva a livello nazionale del 6% circa. Nonostante questa leggere ripresa, il dato sembrerebbe comunque confermare la tendenza verso la riduzione delle produzioni, che continuano ad assestarsi su livelli inferiori a quelli medi delle ultime quattro campagne. Le cause di tale tendenza includono, oltre all’andamento climatico dello scorso inverno (2009-2010) caratterizzato da freddo intenso e da gelate, la modifica della PAC (introduzione del pagamento unico) e i problemi di natura strutturale

legati alla limitata redditività dell’olio di oliva. Nel dettaglio, per la produzione lombarda il calo dovrebbe attestarsi sul 10-15%, in parte da attribuire anche agli eventi grandigeni verificatisi nel corso dell’estate. La riduzione della produzione piemontese (25-30%) andrebbe legata ai fattori generali prima descritti, in particolare alle forti gelate invernali che hanno danneggiato gli impianti delle aree più vocate dell’Astigiano e dell’Alessandrino. Decisamente più marcata (-40%) è invece la flessione produttiva attesa per l’Emilia Romagna, dove l’andamento meteorologico ha condizionato fortemente le diverse fasi fenologiche, in particolare la fioritura, compromessa dalle gelate. Da valutare più nel dettaglio, invece, sarà il livello qualitativo dell’olio, in quanto il clima tardo primaverile e di inizio estate ha condizionato lo sviluppo vegetativo in modo molto differente tra le diverse realtà agricole.

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14 Passando ad esaminare l’andamento dei principali agrometeorologici nel bacino del Po, le precipitazioni2 registrate nel corso del mese di novembre, soprattutto se confrontate con la media climatica 1971-2000 (graff. 1.1, 1.2 e 1.3), sono risultate eccezionali. I cumulati hanno evidenziato un consistente surplus precipitativo in tutte e tre le sezioni del bacino del Po: nell’Alto e Medio bacino, rispetto al clima, lo scarto percentuale è stato di circa +150% mentre nel Basso bacino +117%.

Grafico 1.1–Precipitazioni nell’Alto bacino del Po, medie mensili novembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Grafico 1.2 – Precipitazioni nel Medio bacino del Po, medie mensili novembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

2

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15 Grafico 1.3 - Precipitazioni nel Basso bacino del Po, medie mensili novembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Per quanto concerne le temperature massime, mediamente sono stati rilevati valori inferiori alla media climatica nei primi due mesi del trimestre oggetto di analisi e in tutte e tre le sezioni del bacino (graff. 1.4, 1.5 e 1.6 in allegato 1), con uno scarto dal clima maggiore in corrispondenza di ottobre (circa -2°C).

Al pari delle massime, le temperature minime di ottobre, in tutte e tre le sezioni del bacino, sono state mediamente inferiori ai valori climatici (-1 °C circa) (graff. 1.7, 1.8 e 1.9 in allegato 1) mentre a novembre si sono mantenute leggermente al di sopra dei valori climatici. Il mese di dicembre, infine, è stato caratterizzato da temperature, sia massime sia minime, ovunque al di sotto della media climatica e l’area dell’Alto bacino ha presentato il valore di maggiore scarto dal clima (circa -4 °C).

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Infine, analizzando congiuntamente i dati di precipitazione, temperatura e l’andamento idrologico nei principali bacini del distretto padano, emerge una situazione potenzialmente ovunque critica rispetto alle capacità di gestione delle acque nel reticolo idrografico naturale e artificiale.

Il monitoraggio dell’andamento idrologico nell’Alto bacino del Po è realizzato attraverso l’analisi dello stato dei principali corsi d’acqua superficiali utilizzati a fini irrigui: Dora Baltea (a Tavagnasco), Tanaro (ad Alba), Scrivia (a Serravalle) e Toce (a Candoglia) (fig. 1.1). Nel Medio bacino, è stata valutata l’idrologia del sistema dei grandi laghi lombardi, le cui acque, attraverso i rispettivi fiumi emissari (il Ticino, l’Adda, l’Oglio e il Mincio) confluiscono nel Po. Lo stato idrologico del Po è trattato in un’unica sezione, prendendo in considerazione i dati delle stazioni idrometriche di Isola S. Antonio (confine tra l’Alto e il Medio Bacino), Piacenza, Cremona, (Medio bacino) Boretto, Borgoforte e Pontelagoscuro (nel Basso bacino).

Le portate medie giornaliere dei quattro affluenti del fiume Po (Dora Baltea, Scrivia, Toce e Tanaro) monitorati nella sezione dell’Alto bacino hanno evidenziato un andamento abbastanza costante, interrotto, in diversi momenti, da importanti picchi dovuti alle abbondanti precipitazioni (dati disponibili fino a giorno 15 dicembre). Precisamente, si sono susseguiti 3 picchi: il primo nella prima settimana di ottobre; il secondo e il più importante in termini di portata di punta agli inizi di novembre; l’ultimo picco a fine novembre. Per il Tanaro, ad esempio, il 2 novembre alla stazione di

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16 Alba è transitata una portata media di oltre 800 m3/s (da considerarsi eccezionale visto che la portata media di tutto il mese di novembre degli ultimi anni è stata intorno ai 50 m3/s).

Mettendo a confronto le portate giornaliere medie del periodo ottobre-dicembre 2010 con la media dello stesso periodo per gli anni 2003-2009, si osservano valori di portate defluite superiori per il Tanaro, il Toce e lo Scrivia e leggermente inferiori per la Dora Baltea (graf. 1.10).

Grafico 1.10 – Portate medie dei fiumi nell’Alto bacino del Po ottobre-dicembre 2010 e medie 2003-2009

Fonte: elaborazione INEA su dati ARPA Piemonte

Nel Medio bacino, come noto, l’andamento idrologico è fortemente condizionato dal sistema dei grandi laghi lombardi (Maggiore, Como, Iseo e Garda); le acque dei laghi e dei fiumi emissari sono destinate anche all’irrigazione delle aree della pianura padana e sono utilizzate direttamente o indirettamente (attraverso l’afflusso al Po) in sinistra e in destra idrografica del fiume.

Le altezze idrometriche del lago di Como, nel corso del trimestre ottobre-dicembre si sono mantenute, in media, sempre al di sopra dei valori storici del periodo 1946-2007, ma con oscillazioni temporali. Infatti, dopo un primo innalzamento osservato agli inizi di ottobre, le altezze hanno cominciato a diminuire a partire dalla prima decade fino a portarsi intorno alla metà del mese su valori inferiori a quelli storici. Tale tendenza è perdurata fino a fine ottobre, quando le piogge, cadute poi abbondantemente nei primi giorni di novembre, hanno determinato una risalita dei valori sino a superare quelli storici, che si è protratta sino a dicembre.

Anche le altezze del lago di Garda si sono mantenute sensibilmente al di sopra dei valori medi storici relativi al periodo 1950-2007, tendenza che si è mantenuta dall’inizio dell’anno.

Al pari degli altri laghi, le altezze dell’Iseo hanno registrato valori superiori a quelli storici (periodo 1933-2009) durante tutto il periodo e la tendenza all’aumento ha fatto sì che, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, il lago raggiungesse livelli molto prossimi a quelli massimi storici e il limite massimo di regolazione concesso.

Le precipitazioni hanno permesso anche al lago Maggiore di mantenere un livello sempre crescente delle sue altezze idrometriche, che, escludendo la prima e l’ultima parte del mese di ottobre, sono state sempre superiori ai valori medi storici (periodo 1942-2007) sino alla fine di

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17 dicembre, quando hanno fatto registrare solo qualche centimetro in diminuzione rispetto ai valori massimi storici.

Confrontando l’altezza media giornaliera del periodo ottobre-dicembre 2010 con le medie dello stesso periodo per l’arco di tempo 2003-20093

, è emersa una situazione positiva nello stato di dei grandi laghi, soprattutto a novembre (graf. 1.11).

Grafico 1.11 – Altezze medie dei laghi lombardi di ottobre-dicembre 2010 e medie 2003-2009

Fonte: elaborazione INEA su dati Consorzi dei laghi lombardi

Confrontando, infine, le portate erogate dai laghi ai rispettivi fiumi emissari con quelle degli ultimi anni (2007-2009), è emersa per il 2010 una maggiore erogazione di risorsa da tutti i laghi (graf. 1.12), a causa della maggiore necessità di svasare risorsa per la regolazione delle altezze rispetto agli scorsi anni.

Grafico 1.12 – Portate medie erogate dai laghi lombardi di ottobre-dicembre 2010 e medie 2007-2009

Fonte: elaborazione INEA su dati Consorzi dei Laghi Lombardi

Con riferimento alla situazione del fiume Po, i dati di portata media rilevati presso le diverse stazioni nel corso di ottobre e novembre sono risultati ovunque superiori alla media 2003-2009. Durante il mese di ottobre, le portate medie giornaliere hanno presentato due incrementi, intorno al 6 e al 26 ottobre, con valori di portata compresi tra 600 e 2.500 m3/s. Sul valore medio del periodo

3 Per i laghi Maggiore e Como la media è calcolata per gli anni 2007-2009 (unici dati disponibili); mentre per il Garda e

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18 hanno inciso fortemente i due fenomeni di piena verificatesi a novembre: il primo ad inizio mese, con portate massime medie giornaliere tra 4.500 e 6.000 m3/s; il secondo nella terza decade, di inferiore entità rispetto al primo, con valori massimi di portata media giornaliera tra 3.000 e 4.500 m3/s.

In media, quindi, ad esclusione della stazione di Isola S. Antonio posta a monte delle principali affluenze, la portata media è stata superiore di oltre il 100% alla media 2003-2009 (graf. 1.13).

Grafico 1.13 – Portate medie del fiume Po di ottobre-novembre 2010 e medie 2003-2009

Fonte: elaborazione INEA su dati Regione Piemonte e ARPA Emilia–Romagna

Parimenti, i valori delle altezze del fiume Po nel tratto emiliano hanno mostrato valori medi superiori a quelli stimati del 2003-2009 (graf. 1.14), tanto che in corrispondenza dei picchi maggiori si sono temute e in alcuni tratti verificate esondazioni e conseguenti allagamenti.

Grafico 1.14 – Altezze medie del fiume Po di ottobre-dicembre 2010 e medie 2003-2009

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Allegato 1

Grafico 1.4 – Temperature massime nell’Alto bacino del Po, medie mensili ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Grafico 1.5 – Temperature massime nel Medio bacino del Po, medie mensili ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

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20 Grafico 1.6 – Temperature massime nel Basso bacino del Po, medie mensili ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA,

Grafico 1.7 – Temperature minime nell’Alto bacino del Po, medie mensili ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

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21 Grafico 1.8 – Temperature minime nel Medio bacino del Po, medie mensili ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Grafico 1.9 – Temperature minime nel Basso bacino del Po, medie mensili ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

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2. Alpi orientali

Il distretto idrografico Alpi orientali comprende i bacini dell’Alto Adriatico, ricadenti nei territori delle regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia e delle Province autonome di Trento e Bolzano. In relazione ai dati disponibili sui bacini idrografici del distretto (fig. 2.1) sono stati analizzati più nel dettaglio quelli dell’Adige (a cui afferiscono i territori delle province autonome di Trento e Bolzano ed in parte quelli di Verona), del Brenta (in cui ricadono le province di Vicenza, Padova ed in parte Trento), del Piave (che abbraccia le aree dell’intera provincia di Belluno ed in parte i territori della provincia di Treviso), del Tagliamento (provincia di Udine ed in minima parte Pordenone) e dell’Isonzo (che comprende parte delle province di Gorizia e Udine).

Figura 2.1 – Inquadramento delle aree e delle stazioni di rilevamento idrometriche

Fonte: elaborazioni SIGRIAN-INEA

Lo stato di crisi che ha contraddistinto il settore agricolo dell’area alpina orientale durante quest’ultimo periodo dell’anno 2010 è stato profondamente influenzato dalle condizioni meteorologiche avverse, che nei tre mesi e con forme diverse hanno messo a dura prova sia il territorio che la popolazione. Il Veneto, più delle altre regioni, ha pagato le conseguenze dei nubifragi che, ininterrottamente e per diversi giorni, non hanno dato tregua, tanto da rendere necessaria sia in Veneto che in Friuli Venezia Giulia la dichiarazione di stato di emergenza da parte del Governo.

Una prima forte perturbazione (con punte di 200 mm pioggia caduti in poco più di due ore), all’inizio di ottobre si è abbattuta sul Veneto orientale, causando lo smottamento degli argini del

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23 fiume Livenza e del canale Brian e i conseguenti allagamenti: nel comune di Torre di Mosto e di Eraclea, ad esempio, grossi disagi si sono avuti nei centri abitati. A fine mese una nuova e più intensa ondata di maltempo, protrattasi anche nei primi giorni di novembre, ha generato ulteriori gravi problemi: i territori delle province di Vicenza, Verona e Padova in particolare sono stati interessati da inondazioni.

Coltivazioni orticole, campi appena seminati a frumento, vitigni, oliveti e frutteti sono stati inondati dalle acque straripate dai canali, oltre che dalle numerose frane e smottamenti che hanno ridotto il territorio ad una situazione di forte precarietà e sicurezza per gli stessi cittadini. Inoltre, all’azione del forte vento è stato addebitato il danneggiamento di serre, stalle e strutture aziendali già allagate. In provincia di Padova, la segnalazione dei danni ha coinvolto molti allevamenti avicoli così come aziende di tabacco, fungaie e diversi appezzamenti coltivati a grano. La piena del fiume Frassine ha causato il crollo della parete arginale (in località Prà di Botte) con successive inondazioni sia dei centri abitati (Prà di Botte, Saletto e Megliadiano San Fidenzo) che dei terreni agricoli. A Longare (Vicenza) il livello del fiume Bacchiglione è aumentato notevolmente tanto da superare gli argini (fortunatamente non infranti) allagando i territori circostanti. In altre aree del Vicentino, come alcune frazioni di Coldogno, gli allagamenti sono stati attribuiti piuttosto alla mancata tenuta delle difese del torrente Timonchio. Nel Veronese, a tracimare sono stati i fiumi Alpone e Trampigna.

Secondo stime della Coldiretti Veneto, l’agricoltura dell’area avrebbe subito danni quantificabili in alcune decine di milioni di euro. È denunciato un numero di circa 500 aziende agricole con raccolti di cereali, tabacco e ortaggi compromessi e, inoltre, ammonterebbero a circa 200.000 i capi di bestiame (avicoli, suini e bovini) persi a causa dell’alluvione.

L’eccezionale ondata di maltempo avrebbe inoltre inciso negativamente sulla produzione delle vacche da latte per lo stress a cui sono state sottoposte per il repentino necessario abbandono delle stalle allagate.

Anche per il Veneto, come per l’area padana, la Società italiana Sementi ha stimato una riduzione delle semine (intorno al -30/40%) dovuta al maltempo dell’autunno appena trascorso.

Anche in quest’area del Paese, le prime stime produttive disponibili riguardo la campagna olearia (Ismea, CNO e Unaprol): a fronte di un buon livello qualitativo, è attesa una flessione nella produzione di olio rispetto allo scorso anno (stima del -10/15%), per una generale discreta fioritura che tuttavia sembra abbia risentito di qualche tardiva gelata nei mesi precedenti. Ciononostante, oltre alle condizioni climatiche, parte della riduzione è da attribuire alla normale alternanza degli uliveti. Più significativo sembrerebbe il calo produttivo in Friuli Venezia Giulia (-30%), da attribuire in parte all’annata di scarica e in parte all’andamento climatico, che ha inciso negativamente sulla fase di allegagione delle drupe. La qualità prevista si annuncia ottima, soprattutto nelle aree DOP, dove le maggiori attenzioni rivolte agli oliveti da parte degli agricoltori

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24 Quanto descritto trova riscontro nell’analisi dei dati meteorologici del trimestre. Nel corso di novembre, le precipitazioni4 sono state abbondanti, con uno scostamento medio dai valori climatici (1971-2000) pari a +103% (graf. 2.1).

Grafico 2.1 – Precipitazioni nel distretto idrografico Alpi Orientali, novembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Per quanto riguarda le temperature massime e minime, mediamente i valori si sono rivelati inferiori al clima nel corso dei mesi di ottobre e di dicembre (gli scarti più significativi si sono registrati a dicembre) (graff. 2.2 e 2.3), mentre novembre è stato contraddistinto da temperature minime e massime leggermente superiori al clima con uno scarto di circa +2°C per le minime e circa +1°C per le massime.

Grafico 2.2 – Temperature massime nel distretto idrografico Alpi Orientali, ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

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25 Grafico 2.3 – Temperature minime nel distretto idrografico Alpi Orientali, ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

In relazione alle disponibilità idriche, entrando nel dettaglio dei bacini veneti5, nel periodo ottobre e novembre gli apporti meteorici superiori alla media del periodo rispetto alla media 1994-2009 (+81%) hanno generato ovunque condizioni di surplus idrico variabile tra il +50% del Fissero-Tartaro-Canal Bianco e il +113 % dell’Adige.

Il trend del volume invasato nei principali serbatoi del Piave ha ricalcato le fluttuazioni delle piogge, con diminuzioni e incrementi e valori medi di fine anno in linea con la media storica del periodo.

Per quanto riguarda il serbatoio del Corlo (bacino del Brenta), a differenza di quelli del Piave, il bilancio idrico è stato sottoposto a sensibili riduzioni: al 31 ottobre il volume invasato indicava circa -30% rispetto alla media, ma va considerato che vi sono vincoli imposti per la laminazione delle piene. Significativi aumenti si sono registrati al 30 novembre (+40%) e si sono mantenuti per tutto dicembre.

Analogo comportamento altalenante si è avuto sulle portate naturali montane in territorio veneto, con incrementi medi complessivi rispetto alla media del periodo pari quasi al doppio per le sezioni montane del Piave e a circa quattro volte per l’alto Bacchiglione. Anche i corsi d’acqua di pianura sono stati interessati dall’evento di piena dei primi giorni di novembre, che come detto ha generato fenomeni alluvionali in quasi tutto il territorio veneto, e da deflussi sostenuti durante tutto il periodo, con conseguenti portate medie mensili nettamente superiori ai valori medi.

In territorio friulano6 gli unici dati disponibili si riferiscono alle altezze idrometriche dei tre corsi d’acqua Isonzo, Tagliamento e Torre per il mese di ottobre. I dati indicano che l’altezza media

5 Dati ARPA Veneto, Dipartimento Regionale per la Sicurezza del Territorio. Per i fiumi Adige e Brenta i dati non sono

pervenuti.

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Per il bacino del Tagliamento e dell’Isonzo sono state monitorate le altezze idrometriche del fiume Tagliamento, dell’Isonzo e del torrente Torre (affluente dell’Isonzo). Dal fiume Tagliamento e dal torrente Torre dipendono parte degli approvvigionamenti irrigui del Consorzio Ledra Tagliamento, mentre dal fiume Isonzo, alle prese di Gorizia e

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26 in tutte le stazioni è risultata superiore alla media calcolata per il periodo 2003-20097 (graf. 2.4) e ad influire maggiormente sono stati i due eventi di piena (il primo a inizio mese e il secondo a fine mese) che hanno fatto registrare altezze in tutte le sezioni con incrementi anche nell’ordine di 100 cm nelle 24 ore.

Grafico 2.4 – Confronto tra le altezze medie di ottobre 2010 e la media delle altezze 2003, 2007, 2008, e 2009 dei fiumi Tagliamento ed Insonzo e del torrente Torre

Fonte: elaborazione INEA su dati Unità Operativa Idrografica Udine–Friuli Venezia Giulia

Sagrado, dipendono i maggiori attingimenti irrigui del Consorzio della Pianura Isontina. Si ricorda che l’Isonzo è regolato in territorio sloveno da utenze di tipo idroelettrico e in passato durante la stagione irrigua sono emersi conflitti nell’uso delle acque.

7 Per gli anni 2004-2006 i dati non sono disponibili, quindi la media è calcolata utilizzando i dati del 2003 e quelli degli

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3. Appennino settentrionale

Il Distretto comprende alcuni bacini idrografici ricadenti nei territori delle province liguri, alcune marchigiane (Ancona e Pesaro) ed emiliano-romagnole (Forlì, Ravenna e Rimini) e tutte quelle toscane (fig. 3.1). Nel presente capitolo è incluso, per comodità di trattazione, anche il distretto idrografico del Serchio (in gran parte in provincia di Lucca). I bacini principali su cui è stata posta maggiore attenzione nell’analisi, anche in relazione ai dati attualmente disponibili, sono il bacino dell’Arno (che abbraccia i territori delle province di Firenze, Prato, Pistoia, Arezzo, Pisa ed in parte il Senese), dell’Ombrone (in cui ricade quasi tutta la provincia di Siena e parte del Grossetano), del Serchio, che comprende quasi tutta la provincia di Lucca, dell’Albegna (provincia di Grosseto), del Chiana (Val di Chiana nella porzione Aretina e Senese) e infine del Cecina (provincia di Pisa).

Figura 3.1 – Inquadramento delle province e delle stazioni di rilevamento idrometriche

Fonte: elaborazioni SIGRIAN-INEA

In questa parte del Paese il settore agricolo ha subito alcuni disagi e danni più localizzati a causa del maltempo.

All’inizio di ottobre la Liguria centrale è stata investita da un’intensa perturbazione con fenomeni precipitativi intensi (punte di 400 mm in meno di 24 ore), che hanno messo in difficoltà molte aziende agricole. Particolarmente grave è apparsa la situazione nell’entroterra Varazzino, dove alcuni centri abitati sono rimasti isolati per qualche giorno. In molte aziende agricole, alcuni

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28 campi sono stati invasi da detriti e alcuni allevatori si sono trovati in difficoltà nel raggiungere le aziende per alimentare gli animali. Nel Genovese di Ponente numerose sono state le frane e gli smottamenti che, in alcuni casi, hanno investito anche impianti irrigui e alcune strutture produttive. In generale, sono stati riscontrati danni a muretti a secco, serre, magazzini e stalle.

A causa del maltempo di ottobre e di inizio novembre, anche per Liguria e Toscana (al pari di Veneto, Friuli e Calabria) è stato decretato lo stato di emergenza.

In Toscana è stata riscontrata una situazione critica in tutto il Nord della regione e nell’area della Versilia, dove il lago di Massacciucoli è stato costantemente monitorato dal Consorzio di bonifica Versilia Massacciucoli e dalla Protezione civile a causa del superamento del livello di guardia. In provincia di Massa Carrara e nel comune di Viareggio in particolare, alcuni canali sono esondati allagando i campi circostanti e molte serre (soprattutto floricole) sono state danneggiate. Nel comune di Bozzano (Lucca) è ceduta una parte del muro di contenimento del Rio Bozzano, ostruendo l’alveo e i richiedendo i necessari interventi di messa in sicurezza dell’argine.

Sempre in Toscana, danni all’agricoltura sono stati imputati alle basse temperature e alla copertura nevosa del mese di dicembre. In provincia di Firenze, sono state danneggiate dalla neve serre e coltivazioni di bietole, cavoli, rapanelli, verze, spinaci e lattuga di campo, in particolare nella zona di Bagno a Ripoli, Lastra a Signa, Ugnano, Mantignano, Sant'Ilario, Casine del Riccio e Pieve a Settimo. Inoltre, bisognerà considerare l’eventuale futuro mancato reddito che gli agricoltori dovrebbero realizzare in vista della prossima campagna estiva del pomodoro per il quale l’utilizzo delle serre (se non prontamente ripristinate) risulta indispensabile per la prima coltivazione.

In Val di Magra (SP), nel corso del mese di dicembre piogge torrenziali, frane e allagamenti hanno gravemente compromesso la produzione di ortaggi, tra cui alcune colture tipiche della zona come finocchi, cavoli, porri e lattughe. Inoltre, le piogge intense hanno causato danni per perdita del raccolto di olive e per la conseguente produzione di olio. Le piogge hanno inoltre compromesso strutture e infrastrutture e importanti movimenti franosi hanno interessato versanti collinari coltivati a vigneto e oliveto. Ancora disagi, nelle aree più interne, per la consegna del latte e dei foraggi.

Al pari di altre regioni del Nord, anche in Liguria la produzione di olio dovrebbe subire per questa campagna una flessione (seppure contenuta al -5%) in maniera disomogenea tra le aree produttive regionali. Infatti, a differenza di altre regioni, a pregiudicare maggiormente la produzione più che il maltempo è stato il perdurare delle alte temperature estive che non ha permesso un regolare sviluppo del frutto. In Toscana, invece, come in altre regioni del Centro Italia, è prevista una ripresa produttiva (rispetto alla passata campagna) valutata intorno al +15% e motivata dal fatto che le condizioni climatiche avverse avrebbero prodotto non gravi danni, ma solo un rallentamento nello sviluppo e nella maturazione delle drupe lo scorso giugno, particolarmente piovoso e freddo.

In generale, secondo le stime della Società italiana Sementi, il maltempo dell’autunno appena trascorso ha contribuito ad una riduzione rispetto alla media delle semine di frumento quantificabile, soprattutto nelle aree più precoci, come il Bolognese e la Romagna, intorno al 10/15%.

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29 Le precipitazioni8 registrate nel corso del mese di novembre hanno evidenziato un cumulato totale superiore alla media climatica 1971-2000 (graf. 3.1): la pioggia che ha interessato il distretto ha segnato un surplus di quasi +100%, con punte anche del 120% (come ad esempio nelle provincie di Grosseto e Arezzo).

Grafico 3.1 – Precipitazioni nel distretto idrografico Appennino settentrionale, novembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Per quanto riguarda le temperature massime, in tutto il trimestre sono state mediamente inferiori alla media climatica (graf. 3.2) con uno scarto più consistente a dicembre (circa -2°C).

Grafico 3.2 – Temperature massime nel distretto idrografico Appennino settentrionale, ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

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30 Le temperature minime, al pari di quelle massime, a ottobre e a dicembre si sono mantenute sotto la media climatica (-0,5 °C ad ottobre e -1,5 °C a dicembre) mentre a novembre hanno prodotto uno scarto positivo dal clima (1,5 °C) (graf. 3.3).

Grafico 3.3 – Temperature minime nel distretto idrografico Appennino settentrionale, ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

I valori delle disponibilità idriche registrati nel trimestre ottobre-dicembre presso le stazioni di rilevamento (fig. 3.1) site sui corsi d’acqua hanno mostrato, mediamente, situazioni che rispecchiano l’andamento piuttosto piovoso del trimestre.

L’andamento delle altezze dell’Arno presso le stazioni di monitoraggio di Montevarchi (AR) e S. Giovanni Vena Valle (PI) nel corso periodo considerato è stato molto simile: trend sempre in aumento, segnato da diversi picchi dovuti alle ondate di piena a seguito delle importanti precipitazioni dei mesi di novembre e dicembre con altezze medie del trimestre, in tutte e due le stazioni, superiori a quella media calcolata nel periodo 2003-2009 (a Montevarchi lo scarto è stato di +23 cm mente a S. Giovanni Vena Valle di +46 cm) (graf. 3.4).

Grafico 3.4 – Altezze medie del fiume Arno di ottobre-dicembre 2010 e medie 2003-2009

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31 Anche altri corsi d’acqua dell’area, tra i quali il Serchio, l’Ombrone, l’Albegna, il Chiana e il Cecina hanno evidenziato un andamento idrologico nel complesso simile a quello dell’Arno. Ad esclusione del Chiana, tutti gli altri corsi d’acqua hanno fatto registrare un’altezza media superiore alla media degli ultimi 7 anni (periodo 2003-2009) (graf. 3.5).

Grafico 3.5 – Altezze medie di alcuni corsi d’acqua del distretto Appennino settentrionale di ottobre-dicembre 2010 e medie 2003-2009

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4. Appennino centrale

Il distretto comprende gran parte delle regioni centrali, estendendosi, da Est ad Ovest, dal Mare Adriatico al Tirreno, comprendendo i bacini che ricadono nelle province di Teramo, Pescara, Chieti e l’Aquila in Abruzzo, Ascoli Piceno e Macerata nelle Marche, Rieti, Viterbo, Roma e Latina nel Lazio e Terni e Perugia in Umbria (fig. 4.1). Particolare attenzione è posta all’analisi delle condizioni del bacino del Tevere, che si estende sulle province di Perugia, Terni, Rieti, Viterbo e Roma e anche su parte del Senese e dell’Aretino.

Figura 4.1 – Inquadramento delle province e delle stazioni di rilevamento idrometriche

Fonte: elaborazioni SIGRIAN-INEA

Il comparto agricolo dell’area appenninica centrale non ha risentito di particolari problematiche se non quelle generate dal maltempo che ha interessato, nella seconda parte del mese di novembre il Lazio. Nel Viterbese, tra Orte e Gallese Scalo, il fiume Tevere, ingrossato dall’onda di piena, ha invaso numerosi ettari di terreno allagandoli e isolando alcuni capi di bestiame al

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33 pascolo. Nell’Alta Ciociaria (Frosinone), a causa della pioggia abbondante l’Aniene ha rotto gli argini nel territorio del comune di Trevi allagando le campagne circostanti.

Il gelo di dicembre, nel nord della Ciociaria e nell’alta Valle Aniene, ha inciso profondamente sulle coltivazioni, soprattutto di ortaggi invernali che sono andate distrutte quasi completamente, mentre numerose sono state le aziende invase dall’acqua e le strade di campagna impraticabili per la neve.

Anche nelle Marche la neve e il gelo, soprattutto di dicembre, hanno leso gli ortaggi invernali come cavoli, verze, cicorie, radicchio, broccoli e carciofi.

Nella notte tra il 29 e 30 dicembre una frattura in un muro della diga di Montedoglio ha provocato la fuoriuscita di ingenti quantità di acqua invasata che ha generato diversi danni sia in territorio umbro che in quello toscano della provincia di Arezzo. In Umbria soprattutto, le aziende agricole coinvolte hanno assistito alla completa sommersione dei campi con conseguente perdita delle colture in atto (soprattutto grano e favino ). In alcuni edifici rurali, in magazzini e rimesse sono stati danneggiati macchinari, attrezzature e mezzi agricoli. A ciò si aggiungeranno i costi che le stesse dovranno affrontare per il ripristino delle sistemazioni idraulico-agrarie e, in particolare, dei canali di scolo negli appezzamenti di terreno erosi dall’acqua fuoriuscita dall’invaso e l’ulteriore danno che potrebbe derivare a tutte le imprese agricole dell’Alto Tevere se non si riuscisse a normalizzare la gestione della risorsa idrica per l’irrigazione la prossima primavera-estate.

In merito alla campagna olearia, nelle Marche la produzione di olio quest’anno dovrebbe, secondo le prime stime, rilevare un incremento del 15% rispetto allo scorso anno. Alcuni problemi sono stati riscontrati nel Maceratese a causa delle alte temperature di maggio e delle forti precipitazioni di inizio giugno, con il conseguente sbalzo termico che ha influenzato l’allegagione. Anche per l’olivicoltura umbra è stato stimato un incremento produttivo, quantificabile in +35% che, dopo la importante flessione registrata nel 2009, contribuirebbe a riportare la produzione regionale sui livelli medi. Parte di questo recupero è da attribuire alla buona fioritura, registrata su tutto il territorio regionale, favorita dalle buone disponibilità di risorsa idrica accumulata nei suoli, insieme ad una buona allegagione e alla crescita ottimale dei frutti, consentite, soprattutto, dalle piogge regolari avvenute durante tali fasi fenologiche. Un ottimo risultato, infine, è atteso anche per la produzione laziale (+35/40%): infatti, solo in aree limitate della parte meridionale della regione si è verificato qualche problema in fase di allegagione a causa dell’andamento climatico caratterizzato da abbondanti precipitazioni, temperature al di sotto delle media e numerose manifestazioni ventose. Nella fase di accrescimento dei frutti tuttavia, l’andamento climatico stagionale ha avuto risvolti positivi in quanto il protrarsi delle piogge fino a luglio e le temperature non eccessivamente alte combinate al buon livello di riserva idrica accumulata nei suoli hanno favorito tale stadio.

Per quanto riguarda la situazione in Abruzzo, il clima dell’ultimo trimestre del 2010 ha inciso in vario modo sugli aspetti colturali sia qualitativi sia quantitativi.

Il comparto vitivinicolo, per quanto nelle fasi di invaiatura e maturazione non abbia goduto delle condizioni ideali per l’ottimale accumulo di tutte le sostanze nobili nelle bacche e quindi per la

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34 produzione di grandi vini, ha fornito indicazioni sostanzialmente buone sui suoi risultati. I valori climatici dell’annata hanno determinato una sommatoria termica dei “gradi giorno” generalmente inferiore alla media storica, soprattutto nel comprensorio teatino (come noto, la minore disponibilità di “calore attivo” limita l’accumulo degli zuccheri nelle bacche). Le abbondanti precipitazioni hanno arrecato benefici sull’andamento vegeto-produttivo della vite ma, di contro, hanno consentito, unitamente alle temperature limitate, un prolungamento della fase vegetativa dall’inizio dell’invaiatura, con una distribuzione anomala dei componenti nobili della bacca, favorendo la vegetazione ma non l’uva. Il mancato arresto dello sviluppo vegetativo ha causato un ulteriore accrescimento delle bacche che hanno aumentato il proprio volume diminuendo la resistenza agli agenti biotici e abiotici. Il monitoraggio della maturazione delle uve ha dapprima rilevato un ritardo di 7-10 giorni del proprio decorso mentre, nelle ultime due settimane di ottobre, si è riscontrato un parziale recupero dei valori attesi: in conclusione, una buona annata enologica in cui la produzione è tornata a crescere del 10% circa con buone aspettative di qualità.

Dal punto di vista fitosanitario sono state rilevate alcuni casi di infezione botritica (Botrytis cinerea), che spesso hanno costretto i viticoltori ad anticipare le operazioni di vendemmia. Il fungo ha causato qualche danno soprattutto sui vitigni a grappolo compatto in cui l’eccesso di turgore ha comportato lesioni negli acini, con conseguente insediamento del micete.

La tignoletta (Lobesia botrana) ha, invece, fortunatamente fatto registrare scarsa presenza, mostrando un’attività di ovideposizione molto contenuta, tanto da non creare problemi degni di nota. Da segnalare alcuni casi di infezioni di oidio (Uncinula necator) su grappolo che, in particolari situazioni di intensità di attacco, anche quest’anno hanno prolungato la fase di invaiatura prima e di maturazione poi.

In merito al comparto oleario, negli impianti litoranei e collinari le operazioni di raccolta delle olive sono nella loro fase finale. Le temperature nel complesso miti che hanno caratterizzato ottobre e il primo scorcio di novembre, unitamente all’elevata umidità del periodo, hanno creato le condizioni affinchè s’insediasse l’azione del cicloconio o occhio di pavone (Spilocea oleagina).

Per quanto concerne le colture orticole, le condizioni climatiche umido-piovose hanno reso particolarmente suscettibili alcune produzioni come quelle del:

 carciofo, per attacchi di peronospora (Bremia lactucae), di marciumi del colletto (Sclerotinia sclerotiorum, Sclerotium rolfsii, Rhizoctonia solani) e dei capolini (Botryotinia fuckeliana) oltre alle avversità da larve dei lepidotteri (nottue, depressaria, gortina);

 cavolo (cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo cappuccio, cavolo rapa) per infezioni da peronospora (Peronospora brassicae, P. parasitica) e tra gli insetti da larve di nottua (Mamestra brassicae, M. oleracea) e cavolaia (Pieris brassicae);

 cipolla per peronospora (Peronospora schleideni);

 insalata (lattuga, scarola, indivie) per attacchi di peronospora (Bremia lactucae) e, con decorso climatico umido, per marciume basale.

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35 Anche in quest’area centrale del Paese il livello delle precipitazioni9

registrate nel mese di novembre ha evidenziato dei significativi scarti positivi rispetto al clima (graf. 4.1) e nello specifico uno scarto medio a livello di distretto pari al +140% con punte anche di oltre +160% in alcune aree del versante Adriatico (Chieti e Pescara).

Grafico 4.1 – Precipitazioni nel distretto idrografico Appennino centrale, novembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

In merito alle temperature, i valori medi registrati per le massime e le minime si sono attestati leggermente sotto la media climatica a ottobre e a dicembre e al di sopra nel mese di novembre (graff. 4.2 e 4.3). Lo scarto maggiore per le massime è stato registrato a ottobre (circa -2 °C), mentre per le minime lo scarto dal clima è stato più evidente a dicembre (- 1,3 °C).

Grafico 4.2 – Temperature massime nel distretto idrografico Appennino centrale, ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

9

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36 Grafico 4.3 – Temperature minime nel distretto idrografico Appennino centrale, ottobre-dicembre 2010 e medie climatiche

Fonte: elaborazione INEA su dati CRA – CMA, 2010

Non è possibile anche per questo trimestre fare analisi sull’andamento delle disponibilità idriche nei vari bacini idrografici, in quanto non sono stati resi disponibili i dati idrometrici dei corsi d’acqua principali del bacino del Tevere in territorio umbro.

Gli unici dati disponibili si riferiscono alle portate del fiume Tevere rilevate presso la stazione di Roma – Ripetta per il bimestre ottobre-novembre (graf. 4.4). L’andamento delle portate defluite è stato tendenzialmente costante per tutto il mese di ottobre, mentre una tendenza all’aumento si è avuta solo a partire dai primi giorni di novembre per effetto delle precipitazioni dell’ultima settimana di ottobre. Successivamente le portate hanno ancora mostrato una tendenza all’aumento e sono stati osservati picchi di massima: il primo di 560 m3/s subito dopo la metà del mese; il secondo, più importante, di circa 800 m3/s a fine mese. La portata media a novembre 2010 è risultata quindi superiore del 60% di quella media 2003-2009.

Grafico 4.4 – Portate del Tevere presso la stazione di Ripetta, ottobre-novembre 2010 e medie 2003-2009

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5. Appennino meridionale

Nel distretto idrografico Appennino meridionale ricadono interamente10 i territori delle regioni Campania, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria e delle relative province (fig. 5.1).

Figura 5.1 – Inquadramento delle province e delle stazioni di rilevamento idrometriche

Fonte: elaborazioni SIGRIAN-INEA

10 Nel distretto ricadono parzialmente anche le province di L’Aquila e Chieti in Abruzzo e di Frosinone, Latina e Roma

nel Lazio, che sono state incluse nell’analisi nel distretto Appennino centrale, in relazione alla prevalenza di territorio. Unica eccezione è la provincia di Frosinone, che al momento non è stata considerata data la strutturazione della nota per regione nel caso del Sud.

Figura

Figura a – Aree agricole con danni dovuti all’andamento climatico - IV trimestre 2010
Figura 1.1 – Inquadramento delle province e delle stazioni di rilevamento idrometriche
Figura 2.1 – Inquadramento delle aree  e delle stazioni di rilevamento idrometriche
Figura 3.1 – Inquadramento delle province e delle stazioni di rilevamento idrometriche
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