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Lo scavo di "Massaciuccoli Romana": riuso e analisi spaziali degli open data archeologici

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

CORSO DI LAUREA IN ARCHEOLOGIA

ANNO ACCADEMICO 2018 – 2019

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

LO SCAVO DI “MASSACIUCCOLI ROMANA”: RIUSO

E ANALISI SPAZIALI DEGLI OPEN DATA

ARCHEOLOGICI

Relatore

Prof. Gabriele Gattiglia

Correlatore

Prof.essa Maria Letizia Gualandi

Dott.essa Francesca Anichini

Candidato

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Indice

Introduzione

1. Il contesto archeologico di Massaciuccoli.

1.1. Il progetto “Massaciuccoli Romana”. 1.1.1. I risultati della ricerca.

2. Metodologie applicate e problematiche riscontrate.

2.1. I file di scavo open data.

2.2. La planimetria in CAD e le sue problematiche.

2.3. La ripulitura dei dati grezzi: procedure e problematiche. 2.4. Procedure di preparazione del software GIS.

3. Le analisi di distribuzione dei materiali.

3.1. Procedimento e sviluppo​.

4. I risultati delle analisi.

4.1. Periodo I. 4.2. Periodo II. 4.3. Periodo III.

4.3.1. Periodo III, fase 1. 4.3.2. Periodo III, fase 2. 4.3.3. Periodo III, fase 3. 4.3.4. Periodo III, fase 4. 4.3.5. Periodo III, fase 5. 4.4. Periodo IV.

4.4.1. Periodo IV, fase 1. 4.4.2. Periodo IV, fase 2. 4.4.3. Periodo IV, fase 3. 4.4.4. Periodo IV, fase 4.

5. Conclusioni. 6. Bibliografia. 7. Sitografia.

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Introduzione

Il seguente elaborato si occuperà del riutilizzo degli open data archeologici del sito romano di Massaciuccoli (LU) per la creazione di un GIS di scavo, impiegato per implementare analisi spaziali che consentano una migliore comprensione del record archeologico.

Il nuovo approccio utilizzato metterà in evidenza l’importanza della produzione dei dati aperti per la creazione di molteplici possibilità di riuso e analisi non sviluppate nel corso dell’originaria indagine. Saranno descritti i dati aperti utilizzati, mettendo in evidenza le metodologie applicate per il loro riuso cercando di creare una ​guideline ​di procedimenti ripetibili. Verranno sottolineate le difficoltà tecniche e teoriche con cui è stato necessario confrontarsi. Verranno inoltre illustrati i procedimenti di analisi compiuti con QGIS evidenziando l’importanza di questo strumento nella gestione dei dati archeologici.

Infine si proporrà una nuova lettura del record archeologico in base alle analisi spaziali effettuate.

Nel primo capitolo si proporrà un breve inquadramento del contesto storico-archeologico in cui il sito è inserito e una descrizione delle campagne di scavo svoltesi nel 2011 e nel 2012.

Nel secondo capitolo verranno descritti i dati aperti da cui questo elaborato è partito. Verranno enunciati i passaggi tecnici effettuati per la pulizia dei dati utili all'immissione di quest'ultimi nel software open source QGIS e delle problematiche riscontrate. Sarà inoltre illustrato il procedimento di georeferenziazione dell’intera planimetria.

Nel terzo capitolo si descriveranno i passi compiuti per la realizzazione delle analisi di concentrazione dei materiali rinvenuti nell'area di scavo e le varie problematiche che si è dovuto superare. Oltre alle analisi di densità verranno create delle mappe di fase riguardanti le strutture murarie per meglio comprendere i cambiamenti dei vari ambienti dell’edificio.

Nel quarto capitolo verranno discussi i risultati delle analisi spaziali confermando o smentendo le precedenti interpretazioni del sito.

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1. Il Contesto Archeologico di Massaciuccoli

L'area archeologica “Massaciuccoli romana” è situata in Toscana in provincia di Lucca nell'omonimo paese, frazione di Massarosa (LU), a pochi chilometri da Viareggio (LU; fig.1). Il paese è collocato alle pendici del monte Aquilata affacciato sul lago costiero di Massaciuccoli inserito nel Parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. Tale

Fig.1 Posizionamento del comune di Massaciuccoli

(https://www.google.com/maps/place/55054+Massaciuccoli+LU/@43.8077669,10.3341844,43155m/data=!3m1! 1e3!4m5!3m4!1s0x12d59be6333a0c3b:0x99e22b336d9ce087!8m2!3d43.8362144!4d10.3606548, visualizzato il 04/06/2019).

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luogo è conosciuto in ambito archeologico per la presenza di una ​villa d’otium di cui restano parte delle grandi terme situate presso la pieve e di un complesso rustico (area dell’edificio con mosaico e del Cantiere) posto alle sue pendici (fig.2). Le più antiche testimonianze della villa d’otium si riferiscono proprio alla presenza delle terme, citate in un documento dell’ 874 in cui è così dichiarato: ​uno caput cum uno lato in via publica, alio capo in muro que dicitur antiquus ​(Minto 1921: 406)​. ​I primi scavi vennero condotti fra il 1756 e il 1770, mentre il primo scavo sistematico avvenne nel 1920 grazie all'intervento dell'archeologo Antonio Minto (1921). Ulteriori indagini si svolsero negli anni Novanta del XX secolo (Ciampoltrini 1994: 119).

L’insieme di queste informazioni è stato interpretato come una ​villa d’otium ​edificata agli inizi del I secolo d.C. sviluppata su due terrazze; quella superiore, che ospita la pieve di San Lorenzo, in cui sono stati ritrovati i resti della zona residenziale (Ciampoltrini 1994: 121) e quella inferiore in cui sono visibili i ruderi delle terme. Secondo Ciampoltrini (1994: 122), il primo impianto di Massaciuccoli sarebbe un'applicazione dei temi prediletti dall'edilizia residenziale del periodo tardo-repubblicano e del periodo augusteo: l'articolazione su terrazzi artificiali, con funzioni specializzate; l'inserimento “scenografico” nel paesaggio (Ciampoltrini, 1994: 122). Il terrazzo superiore conteneva anche una struttura forse un castellum ​(figg. 3,4) o una cisterna (Minto 1921: 411) utilizzato per l'approvvigionamento idrico delle sottostanti terme. Queste si sviluppano sulla terrazza inferiore e furono erette in età neroniano-flavia, forse su un precedente giardino (Ciampoltrini 1994: 124).

Subito a sud del terrazzamento della pieve si imposta una grande ambiente (H) collegato a nord con una vasca (I), che presenta tracce di volte sul prospetto murario esterno, e a ovest con un’esedra (L) provvista di una grande finestra. Questo insieme di vani ripete il tema della “grande sala con prospettive aperte su due ali gemelle” impiegato per i triclini-ninfei dei complessi residenziali imperiali neroniani e flavi (Ciampoltrini 1994: 124). Grazie al confronto con “l’edificio a tre esedre” di Villa Adriana è possibile interpretare l’ambiente I come un ninfeo; mentre i vani H-L si riconoscono come un triclinio estivo (Ciampoltrini 1994: 124). Nella zona più a sud è presente un grande vano Z riscaldato da un forno sotto il pavimento conservato al momento dello scavo nel 1770. Questo ambiente viene interpretato da Ciampoltrini (1994:125) come una ​sudatio​. Accessibili a nord di questo vano, sono realizzati due ambienti (Y e X) ​caratterizzati da pareti laterali curvilinee proprie

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dell’architettura della villa di età flavia. Probabilmente i proprietari della villa sono da rintracciarsi nella famiglia senatoria dei Venulei, come testimonierebbe una fistula in piombo, rinvenuta nel 1770, avente impresso il nome di L. Venuleius Montanus e di L. Venuleius Apronianus (CIL XI, 1433a; fig.6), il primo, padre e proconsole di Ponto e Bitinia sotto Nerone, il secondo, figlio e console nel 92 d.C, membri di una ​gensla cui ricchezza era legata al possesso della terra e alla produzione di laterizi. L’aumento del prestigio della famiglia, in età Vespasiana-Domizianea, rispecchierebbe le trasformazioni avvenute nel complesso termale. Il triclinio-ninfeo viene inserito nel circuito termale, chiuso a monte eliminando le volte, e convertito in ​frigidarium ​costruendo a ovest un corridoio N e un piccolo vano M. A est viene creato un ambiente E interpretato come “vestibolo”.

Fig. 3 Particolare del ​castellum e del panorama dalla pieve

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Fig.4 Planimetria generale della villa (Ciampoltrini 1994: 119)

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Fig.6 La fistula in piombo con iscrizione (Anichini 2009: 44)

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Il complesso rustico, sorge alle pendici della pieve, più precisamente lungo la via di Pietra a Padule che collega Massaciuccoli a Quiesa e Massarosa, ed è stato riportato alla luce durante la costruzione della Casa del Fascio nel 1932 (Levi 1935), (“edificio con mosaico”, fig.7) e durante i lavori di scavo effettuati dai primi anni 2000 (il “cantiere”) (vedi 1.1.1), che rappresentano l’oggetto di questo lavoro. Durante i lavori degli anni ‘30 del XX secolo, furono individuati sedici ambienti divisi da una lunga parete con orientamento SE-NO. Tra questi, gli otto vani adiacenti alla via di Pietra a Padule furono identificati, grazie al ritrovamento di una pavimentazione in ​opus tasselatum​, come pertinenti ad un balneum​. Questo risulta composto da un vano d’ingresso utilizzato probabilmente come spogliatoio da cui si accede, verso nord, ad una corridoio che sfocia nel ​frigidarium​(vano I) dove è presente una grande vasca marmorea. A ovest di questo vano si trova il calidarium con annesso, nella parte meridionale, il ​praefurnium​(Ghizzani, Giannotti 2012: 52-53). Un mosaico fu riportato alla luce all'interno del vano I (fig.8). E’ composto da tessere bianche e nere, di forma rettangolare e racchiuso in una duplice fascia nera, più stretta quella interna e più larga quella esterna; con un ampio bordo nero che arrivava fino alla base della parete rivestita in marmo bianco-grigiastro ricostruibile dagli zoccoli ancora presenti ​in situ​. Al centro della rappresentazione è raffigurata una scena marina con motivi di delfini, cavallucci marini e due mostri fantastici, presenti sui lati lunghi, i quali

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contrappongono i propri dorsi torti a spirale e terminanti a coda di pesce; fra le loro teste, sui lati corti, sono presenti due grandi rosoni, con calice, inseriti in una ghirlanda ad ampio arco di foglie (Levi 1935: 212-213). Infine, al centro è presente una piccola lastra in marmo con quattro fori per il deflusso dell'acqua. Grazie ai confronti iconografici effettuati da Ciampoltrini (1998: 110-114) con i mosaici di Ostia presso le Terme di Via dei Vigili, è stato possibile datare la pavimentazione fra la tarda età claudia e gli anni di Vespasiano. A sud del ​balneum sono individuati una serie di ambienti (IX-XVI) di servizio caratterizzati da una pavimentazione a mattonelle esagonali in terracotta rossiccia.

L’interpretazione di questo edificio è stata piuttosto complessa. Levi propose di identificare il complesso come una villa sulla base della contrapposizione tra il settore rustico e il settore residenziale del ​balneum​. Ciampoltrini (1998: 114) non condivide l’interpretazione di Levi in quanto afferma che i laterizi esagonali della pavimentazione del settore rustico non concordano con la definizione di un impianto agricolo. Egli propone di identificare il complesso con una ​mansio sulla base della presenza di cortili e aree porticate, del ruolo rilevante del ​balneum e della struttura dei vani. È stato supposto che tale edificio fosse da considerare la ​mansio ​identificata con la cosiddetta ​Fossae Papirianae/Papiriana individuata nella ​Tabula Peutingeriana ​e negli ​Itinerari Antonini. Ma le distanze tra Pisa e l’edificio non corrispondo. Infatti nei due itinerari il percorso tra le due destinazioni è di XI miglia (16,3 km circa) mentre in realtà la distanza effettiva è di solamente IX miglia (poco più di 13 km; Fabiani 2006: 55-61; fig.10). La questione è ancora dibattuta, ma gli scavi effettuati tra il 2011 e il 2012 a est della Via di Pietra a Padule, che verranno approfonditamente descritti in seguito (vedi 1.1.1), rivelano una chiave di lettura diversa. Paribeni (2012: 14), basandosi sul ritrovamento, in questa nuova area di scavo, di un ambiente con funzione di ​sacellum​, avente la stessa cronologia del piccolo ambiente termale, prudentemente definisce l’edificio nel suo complesso come villa/​mansio​. La presenza di una serie di ambienti di servizio e produttivi, però, potrebbe far propendere per l’identificazione come complesso rustico forse collegato alla soprastante Villa dei Venulei (Anichini 2012b: 15).

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1.1.

Il progetto “Massaciuccoli Romana”

Fig. 11 L'area di scavo del progetto “Massaciuccoli romana” (Anichini 2012b: 19).

È in questa cornice che si inserisce il progetto “Massaciuccoli romana” diretto dall'archeologa Francesca Anichini sotto la direzione della Sovrintendenza dei Beni Archeologici della Regione Toscana (fig.11). L'area investigata si colloca a est della via di Pietra a Padule, dinanzi al cosiddetto “edificio con mosaico” descritto in precedenza, dove già a metà del XX secolo, durante la costruzione del muro di contenimento del terrapieno posto in opera per la costruzione della scuola, furono rinvenuti due porzioni di pavimentazioni fittili (Anichini, 2012a: 16). La prima campagna di scavo, finalizzata alla comprensione della consistenza del deposito e delle potenzialità informative, fu effettuata nel 2006 portando all'apertura di metà dell'area (250 m² circa) effettuata dalla ditta ARAN e indagata negli anni successivi. Il lavoro di ricerca sul campo comprese varie missioni fino al 2012 vedendo impegnati non solo archeologi professionisti, ma anche studenti universitari italiani e stranieri. Lo scavo ha interessato un'area di circa 500 m² suddivisa in dieci settori denominati con una numerazione dal numero 1000 al numero 10.000.

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1.1.1. I risultati della ricerca

Fig. 12 Planimetria con evidenziate le strutture murarie del periodo I (Anichini, 2012: 21).

L’indagine ha evidenziato una sequenza stratigrafica suddivisa in quattro periodi ripartiti a loro volta in varie fasi (Anichini 2012b), che in questa sede riproponiamo attraverso una lettura diacronica complessiva che riunisce le periodizzazioni proposte originariamente per i singoli settori di scavo.

La difficoltà di interpretazione delle fasi più antiche colloca l'inizio della frequentazione del sito fra l'VIII e il IV secolo a.C. (Periodo I; fig.12). Tale complessità è causata dall'opera di spoliazione effettuata nelle fasi successive al fine di ampliare e modificare i vari ambienti. Le uniche testimonianze in nostro possesso di tale periodo si riconducono a sporadici elementi ceramici, come ad esempio frammenti di vaso con impasto a inclusi micro-clastici, e a due setti murari, il primo con andamento nord-est/sud-ovest e il secondo con andamento est-ovest, ritrovati rispettivamente nel settore 1000 e a cavallo tra il settore 6000 e 6500. L'ipotesi interpretativa afferma che le tracce lasciate dalle spoliazioni siano da attribuire a strutture di capanne provviste di muri con bassi zoccoli in terra e pietre, e alzati in materiale deperibile. Tale ipotesi è confermata dal ritrovamento di pochi frammenti di intonaco in ceramica cotta con impronte di incannicciato ritrovati durante la campagna di scavo (Ghizzani 2012: 23). In seguito alla rasatura di tali strutture (Periodo II;

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fig. 13) viene steso uno strato di terra che livella tutta la zona nord-orientale dell'area (settore 1000). Su questo piano si ritrova una struttura con andamento curvilineo costituita da tre filari di pietre sbozzate irregolarmente con presumibile orientamento sud-ovest. Sfortunatamente i

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Fig.14 Planimetria con evidenziate le strutture murarie del periodo III, fase 1 (Anichini 2012: 28) .

pesanti rifacimenti avvenuti nei periodi successivi non permettono di formulare un'ipotesi sulla funzione di tale struttura o sulla planimetria originaria. Soltanto i pochi frammenti ceramici in bucchero arcaico permettono una datazione approssimativa che oscilla fra il VI e il IV secolo a.C. (Ghizzani 2012: 27).

Le prime attestazioni di epoca romana corrispondono ad alcuni resti di murature in conci di arenaria rinvenute nell'area nord-orientale e databili alla fine del I secolo a.C. (Periodo III, fase 1; fig.14). Tali strutture, conservate soltanto in fondazione a causa della loro rasatura, individuano un solo ampio vano utilizzato forse come piccolo edificio rustico. Questo edificio rimane in uso fino agli inizi del I secolo d.C., quando viene smantellato in favore della riorganizzazione dell'intera area e dell'impianto di un esteso complesso rustico connesso allo sfruttamento agricolo delle campagne circostanti e probabilmente dipendente dalla villa d'​otium accostata alla famiglia pisana dei ​Venuleii (Ghizzani, Parodi 2012: 30) (Periodo III, fase 2; fig.15). Il complesso è articolato in vari ambienti funzionali, con destinazioni d'uso diversificate, raccolti intorno ad un cortile centrale porticato (settore 4000) con colonne in laterizio allineate lungo un sistema di canalizzazione di scolo per la raccolta delle acque meteoriche. La canaletta, collocata nella parte orientale, è provvista di spallette e originariamente coperta in tegole; è probabile che

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Fig.15 Planimetria con evidenziate le strutture murarie del periodo III, fase 2 (Anichini 2012: 30).

tale canalizzazione avesse la funzione di drenare l'umidità dei vani. Nella zona sud-orientale dello scavo sono presenti tre vani con ipotetica destinazione residenziale o di servizio (settori 2000, 3000 scavato nel 2009 e l'ambiente AB non scavato), privi di collegamenti interni tra loro, ma comunicanti direttamente con il cortile. Il settore 2000, o ambiente P, presenta una pavimentazione a scaglie litiche ed è suddiviso in due vani (P e P1) tramite un tramezzo con orientamento est-ovest. L'unica traccia di frequentazione è rappresentata dalla presenza di un sedimento termotrasformato nel vano occidentale interpretato come focolare. Tale ambiente, inoltre, sembra provvisto di una piccola vasca addossata al perimetrale nord indicata dalla presenza di un condotto fittile costituito da un singolo coppo rovesciato funzionale al deflusso dei liquidi verso l'esterno. Il settore 3000, o ambiente G, presenta invece uno spazio esclusivamente unitario. La pavimentazione è in cocciopesto rendendo così possibile l'interpretazione di tale vano come ambiente residenziale (Ghizzani, Parodi 2012: 33). Nella zona settentrionale dell'area, separata dal cortile porticato tramite un muro perimetrale, si trovano vari ambienti con probabili funzioni produttive. Collegati alle ali del portico si colloca una serie di vani affiancati

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(settori 6000 e 6500) con andamento est-ovest ripartiti da tramezzi e collegati tra loro mediante un corridoio. Tutti questi ambienti sono accomunati dalla medesima pavimentazione in battuto fittile o in terra pressata. Uno di tali vani (ambiente E) presenta una marcata risega nella parete di fondo funzionale all'ancoraggio di una ipotetica scala che permetteva l'accesso ad un soppalco presumibilmente utilizzato per lo stoccaggio di granaglie. A questa funzione sono attribuibili anche i due piccoli vani (ambienti F e F1) adiacenti ad esso. L'attività di tali ambienti è inoltre giustificata dal ritrovamento di numerosi frammenti di anfore Dressel 2-4 e di ceramica comune per la conservazione dei cibi. A nord dei vani è collocato un ampio locale (ambienti M-N) di 45 m² circa diviso in due ambienti da un tramezzo con orientamento est-ovest (settore 10.000). L'ambiente N più a nord è caratterizzato da una pavimentazione in ​opus spicatum​; al contrario, l'ambiente M a sud presenta una pavimentazione in cocciopesto leggermente rialzata. Per questi vani è stata avanzata l'ipotesi di una produzione vinaria o olearia; ciò renderebbe il pavimento in spicatum una parte di un esteso piano in cui il torchio era installato e la piattaforma in cocciopesto una superficie funzionale all'attività di prima spremitura (Ghizzani, Parodi 2012: 36).

Parallelamente alla costruzione dell’edificio rustico, nel settore oltre la Via di Pietra a Padule (edificio con mosaico), sono eretti due ampi vani affiancati in direzione nord-sud separati tra loro da un ​ambitus​. L’ambiente settentrionale è caratterizzato da una pavimentazione in argilla e da un grande focolare nella zona centrale. Quest’ultimo è una struttura di forma quadrangolare con il perimetro costituito da ciottoli; il piano di fuoco è composto da laterizi rinvenuti parzialmente combusti. Il locale è collegato, tramite un varco nel perimetrale orientale, ad un’area esterna, verosimilmente il cortile centrale (X) dell’edificio a monte. Il vano meridionale è contraddistinto da una pavimentazione in mattonelle esagonali in terracotta poste su una preparazione in cocciopesto che presenta anche dei frammenti di coppi alla base dei muri. Questi accorgimenti tecnici per l’isolamento dell’ambiente dall’umidità fanno ipotizzare che possa trattarsi di un magazzino per lo stoccaggio delle derrate alimentari (Ghizzani, Parodi 2012: 34).

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Fig.16 Planimetria con evidenziate le strutture murarie del periodo III, fase 3 (Anichini, 2012: 48).

Intorno alla metà del I secolo d.C. (Periodo III, fase 3; fig.16) l'interno complesso è soggetto ad una profonda ristrutturazione che interessa soprattutto la divisione degli ambienti più piccoli a nord del cortile porticato. I tramezzi di questi vani, infatti, vengono abbattuti per ampliare lo spazio al loro interno. L'ambiente probabilmente dedicato alla produzione vinaria o olearia (settore 10.000, ambienti M e N) vieni ripartito in due vani più piccoli (V e U). Le pavimentazioni vengono obliterate con rialzamenti di quota in terra, su cui si impostano ottantasei piccole buche di palo, che hanno portato ad ipotizzare la presenza di un tavolato rialzato, utilizzato per il ricovero di animali da allevamento di piccole dimensioni come caprini o ovini. In questa fase, il porticato e il cortile non subiscono trasformazioni rimanendo come cerniera tra gli ambienti settentrionali e orientali del complesso. Il tramezzo del settore 2000 (ambiente P) viene rimosso per creare un ambiente unitario; nella trincea lasciata libera vengono allineati una serie di coppi, posti di piatto con la parte concava rivolta verso il basso, a costruire tre sequenze continue che si sviluppano in aderenza con i perimetrali e che passando sotto la soglia sfociano in un braccio della canalizzazione del porticato. In assenza di condutture per acqua è stata ipotizzata che servissero per drenare l'umidità del terreno. Sul battuto su cui poggia questo

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sistema, nell'angolo nord-occidentale, viene realizzato un grande piano di fuoco costituito da una base quadrangolare in laterizi e tegole frammentate legate con argilla. Queste evidenze portano a ipotizzare con una certa assolutezza la funzione di cucina e di conservazione di derrate alimentari di questo ambiente. Nel settore 3000 (scavato durante la campagna svoltasi nel 2009), il cocciopesto della pavimentazione viene restaurato; nell'angolo nord-occidentale e sud-occidentale si notano una serie di piccole impronte circolari le quali indicano probabilmente la presenza di elementi di arredo. Proprio nell'angolo sud-occidentale sono state rinvenute otto coppe di sigillata tardo-italica, alcune integre ed impilate le une nelle altre, con tracce di pigmenti di colorazioni diverse (Ghizzani, Parodi 2012: 51). Nel complesso ad ovest della Via di Pietra a Padule (edificio con mosaico), nella parte settentrionale, viene realizzata la zona termale descritta precedentemente (vedi 1). La zona meridionale è organizzata intorno a un corridoio centrale da cui si accede a una serie di grandi vani di lettura incerta. A est del corridoio si trovano una sequenza di grandi ambienti, affacciati probabilmente su uno spazio aperto, interpretati come ambienti di servizio dalla pavimentazione in battuti a scaglie di laterizi e in tegole rovesciate (Ghizzani, Giannotti 2012: 52-53).

Il complesso viene nuovamente ristrutturato durante il II secolo d.C. (Periodo III, fasi 4 e

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5; fig. 17,18), dando una nuova ripartizione agli ambienti a nord del cortile porticato. Viene abbattuto il muro divisorio tra il settore 7000 (ambiente J) e il settore 8000 (cortile Z) creando così nel settore 6500 (ambiente R), un corridoio cieco utilizzato probabilmente con fini di stoccaggio (ambiente W). Il ritrovamento di resti di piani di cottura e chiazze di calce, utilizzata probabilmente per la chiusura dei barattoli delle conserve alimentari, nel settore 6000 (ambienti Q), ha portato a formulare l'ipotesi che la funzione di tale ambiente fosse per il processo di fumigazione alimentare. Nel cortile porticato viene realizzato un muretto per la suddivisione del canale, collocato tra il porticato X e l’ambiente aperto AA, in due vasche. Il settore 6000 (denominato ora ambiente Y) viene ulteriormente suddiviso

Fig. 18 Planimetria con evidenziate le strutture murarie del periodo III, fase 5 (Anichini 2012: 71).

tramite un tramezzo con orientamento nord-sud creando così un nuovo ambiente (settore 5000) ad est utilizzato come ​sacellum. ​La stanza è interamente rivestita e pavimentata in cocciopesto, una piccola ara costruita in tegole è posta al centro. Addossata alla parete di fondo è stata rinvenuta una lastra marmorea la quale, probabilmente collocata precedentemente sopra l’ara, doveva sorreggere la statua di culto. All’esterno dell’edificio, nella zona più orientale, viene costruita una cisterna il cui pavimento si trova a una quota più alta rispetto ai piani di calpestio. Alla fine del II secolo d.C. tutto l'edificio subisce pesanti danneggiamenti per cause ignote (Bertelli, Ghezzani 2012: 60-73).

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Fig.19 Planimetria con evidenziate le strutture murarie del periodo IV (Anichini, 2012: 86).

Il periodo compreso fra la metà del II e la metà /fine del III secolo d.C. determina l'ultimo momento di frequentazione del complesso (Periodo IV; fig. 19). Le vasche del cortile porticato vengono colmate, le colonne fittili vengono rifasciate forse per il sostegno di un pergolato. L'ambiente del​sacellum ​viene defunzionalizzato a favore di una struttura lignea a sostegno di una copertura provvisoria, probabilmente una tenda, testimoniato da alcune buche circolari rinvenute intorno all'ara. Una serie di buche di palo, ritrovate nell’ambiente Y (Ghizzani, Menchini 2012: 90) e collocate nelle vicinanze delle strutture murarie, erano probabilmente utilizzate come base per la realizzazione di una tettoia in materiale deperibile. L'abbandono dell'edificio è indicato inoltre dai numerosi crolli presenti su tutta l'area che segnano così la fine dell'antica frequentazione del sito.

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2. Metodologie applicate e problematiche riscontrate.

Si definisce “open data” un dato che sia: completo, ovvero esportabile e riutilizzabile online ​e ​offline​; primario (grezzo), cioè che permetta di essere integrabile e aggregabile con altre risorse digitali; tempestivo e accessibile, ovvero accessibile in maniera rapida e libera sul web;​machine-readable​, processabile in automatico da un computer; ricercabile e interamente riutilizzabile riconoscendo la paternità intellettuale (Anichini, Gattiglia 2015: 303). Questa linea di pensiero trova ancora oggi nell’universo dell’archeologia italiana molte resistenze al contrario dei paesi del nord Europa come l’Inghilterra (l’Università di York, ad esempio, ha creato il repository ADS .). L’unico esempio italiano di un 1 ​repository open data è da ricercarsi nel MOD (Mappa Open Data) creato dal progetto “MAPPA” (Metodologie Applicate alla Predittività del Potenziale Archeologico) presso l’Università di Pisa (Anichini, Gattiglia 2012). Senza tale filosofia il seguente elaborato non avrebbe mai visto la luce. Gli open data sono stati la base per effettuare alcune analisi spaziali basate sulla distribuzione dei materiali ceramici nelle varie fasi di vita dell’edificio.

2.1. I file di scavo open data.

L’eccezionalità del progetto “Massaciuccoli romana” consiste nell’avere definito fin dall’inizio un approccio digitale complessivo al dato stratigrafico, dalla raccolta alla disseminazione come open data (Anichini 2012: 13-15). Se da un lato l’utilizzo di database (Gattiglia 2018) e di strumenti di vettorializzazione (CAD - Computer-Aided Drafting) e vettorializzazione e analisi (GIS - Geographical Information System), non rappresenta una novità nell’archeologia italiana (Francovich 1990: 15-26; Francovich, Valenti 2001, 14-20; Iorfida 2011: 319-336), l’aver aderito alla filosofia open data può essere vista come una reale innovazione di processo sia nella raccolta, sia nella pubblicazione del dato stratigrafico. Dal sito web del progetto è possibile infatti scaricare, gratuitamente e senza2 alcuna registrazione, i ​datasets ​riguardanti le schede delle unità stratigrafiche (US), le quantificazioni dei materiali (due distinti database) e tutte le planimetrie del sito (piante generali e piante di Unità Stratigrafica).

Il database relazionale (RDBMS) riguardante le schede US (MVMdefinitivo.mdb; fig.21) è

1https://archaeologydataservice.ac.uk/ (visualizzato il 15/06/2019)

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rilasciato in formato Microsoft Access® ed costituito dalla tabella Scheda di US (Anichini et alii 2012: 9-11), contenente i record delle singole unità stratigrafiche, e dalle tabelle dei thesauri collegati. I campi della tabella seguono quasi fedelmente le schede ministeriali delle unità stratigrafiche aggiungendo solamente due campi inediti: “Sottotipo” e “Interpretazione sintetica” utili per formalizzare e sintetizzare alcuni valori (Descrizione e Interpretazione) ed effettuare rapide ricerche all’interno del database (Fabiani, Gattiglia 2002: 42-45).

Fig. 21 la tabella schede US (MVMdefinitivo.mdb) in formato Microsoft Access (​http://www.massaciuccoliromana.org/wordpress/documentazione​; visualizzato il 17/06/2019).

Di seguito verranno descritti schematicamente tutti i campi contenuti nella tabella. Dove è citato “menù a tendina” si fa riferimento a un thesaurus (o lista valori) chiusa, dove è citato un thesaurus si fa riferimento ad una lista valori esterna, aperta, dove non viene citata alcuna delle precedenti opzioni si fa riferimento a un campo ad inserimento libero.

● US: ​campo testuale, numero di US.

● Unità: ​campo testuale​, ​menù a tendina composto dalle voci US, USM. ● Tipo: ​campo testuale, menù a tendina composto dalle voci positiva, negativa. ● Località: ​campo testuale.

● Sigla: ​campo testuale, menù a tendina composta dalla sigla dello scavo MVM. ● Anno: ​campo numerico, menù a tendina composto dagli anni a cui la scheda fa

riferimento.

● Area: ​campo numerico. ● Saggio: ​campo numerico.

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● Settore: ​campo numerico, indica il numero del settore in cui l’US è stata ritrovata. ● Ambiente: ​campo numerico.

● Quadrato: ​campo testuale.

● Quota min: ​campo numerico, quota minima dell’US. ● Quota max: ​campo numerico, quota massima dell’US.

● Piante: ​campo testuale, indica il numero della pianta corrispondente all’US.

● Sezioni:​campo testuale, indica il numero della pianta della sezione corrispondente all’US.

● Prospetti:​campo testuale, indica il numero della pianta di prospetto corrispondente all’US.

● Foto: ​collegamento ipertestuale, link alla documentazione grafica. ● RA: [?]

● N: [?]

● Definizione e posizione: ​campo testuale, descrizione e posizionamento dell’US nel settore corrispondente.

● Sottotipo: ​campo testuale, collegato al seguente Thesaurus:

○ altro ○ buca ○ fondazione ○ interfaccia ○ muro ○ riempimento ○ spoliazione ○ strato di ceneri/carboni ○ strato di malta ○ strato di pietre/laterizi ○ strato di terra ○ struttura in muratura ○ struttura produttiva ○ taglio ○ taglio di fondazione ○ tomba/sepoltura

● Criteri di distinzione: ​campo testuale, menù a tendina composto da:

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○ colore componenti consistenza ○ componenti

○ consistenza ○ morfologia

○ quantità dei componenti ○ USM andamento

○ USM lavorazione/rifinitura ○ USM materiale

○ USM posa in opera

● Modo di formazione: ​campo testuale, menù a tendina suddiviso in:

○ artificiale ○ artificiale progressivo ○ artificiale sincronico ○ naturale ○ naturale progressivo ○ naturale sincronico

● Inorganici: ​campo testuale, vengono inseriti i componenti inorganici ritrovati. ● Organici: ​campo testuale, vengono inseriti i componenti organici ritrovati. ● Consistenza: ​campo testuale, menù a tendina composto da:

○ cementato ○ compatto ○ friabile ○ plastico ○ sciolto

● Colore: ​campo testuale, indica il colore delle US

● Misure: ​campo testuale, indica l’estensione massima dell’US

● Stato di conservazione: ​campo testuale, menù a tendina suddiviso in:

○ alterazione biologica ○ alterazione meccanica

● Descrizione: ​campo testuale, esposizione esaustiva dello strato ● Uguale a: ​campo testuale, indica la sequenza fisica.

● Si lega a: ​campo testuale, indica la sequenza fisica.

● Gli si appoggia: ​campo testuale, indica la sequenza fisica. ● Si appoggia a: ​campo testuale, indica la sequenza fisica.

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● Coperto da: ​campo testuale, indica la sequenza fisica. ● Copre: ​campo testuale, indica la sequenza fisica. ● Tagliato da: ​campo testuale, indica la sequenza fisica. ● Taglia: ​campo testuale, indica la sequenza fisica. ● Riempito da: ​campo testuale, indica la sequenza fisica. ● Riempie: ​campo testuale, indica la sequenza fisica.

● Posteriore: ​campo testuale, indica la sequenza stratigrafica. ● Anteriore: ​campo testuale, indica la sequenza stratigrafica. ● Note: ​campo testuale, inserisce note rilevanti allo strato

● Interpretazione: ​campo testuale, esplicazione della funzione dell’US ● Interpretazione sintetica: ​campo testuale, collegato al seguente Thesaurus:

○ crollo ○ deposito alluvionale ○ dilavamento/colluvio ○ erosione ○ fondazione muraria ○ fornace ○ fornace di fusione ○ fossa di fusione ○ frequentazione/uso ○ livellamento ○ pavimentazione ○ piano di cantiere ○ preparazione pavimentale ○ rasatura ○ rialzamento ○ riempimento/obliterazione

● Elementi datanti osservati in fase di scavo: ​campo testuale, indica la presenza di frammenti ceramici riconosciuti durante lo scavo.

● Attività: ​campo testuale, indica l’attività in cui l’US è registrata nel matrix di attività.

● Fase: ​campo testuale, indica la fase in cui l’US inserita.

● Periodo: ​campo testuale, indica il periodo in cui è inserita l’US.

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strato.

● Flottazione: ​campo testuale, indica se la terra dello strato è stata flottata. ● Setacciatura: ​campo testuale, indica se la terra dello strato è stata setacciata. ● Affidabilità stratigrafica: ​campo testuale, menù a tendina composta da:

○ scarsa ○ media ○ buona ○ ottima

● Direttore: ​campo testuale, indica il direttore dello scavo.

● Responsabile: ​campo testuale, indica il responsabile della scheda US.

Il RDBMS delle quantificazioni dei materiali (MVM_reperti2.mdb; fig 22), anch’esso rilasciato in formato MS Access® , contiene la tabella con il numero dei frammenti ritrovati in ciascuna unità stratigrafica suddivisi in base alla classe, (ed eventualmente) alla produzione, alla forma e al decoro, e le tabelle dei thesauri collegati.

Fig. 22 la tabella delle quantificazioni dei materiali (MVM_reperti2.mdb ) in formato Microsoft Access (​http://www.massaciuccoliromana.org/wordpress/documentazione​; visualizzato il 17/06/2019)​.

La scheda contiene i seguenti campi:

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● Sigla: ​campo testuale, indica la sigla dello scavo.

● N° US: ​campo testuale, indica l’US in cui sono stati ritrovati i frammenti.

● Classe: ​campo testuale, indica la classe ceramica a cui appartengono i frammenti; composto da un thesaurus suddiviso in:

○ Anfore ○ Balsamari ○ Bronzo

○ Ceramica a pareti sottili (pasta grigia) ○ Ceramica a pareti sottili (pasta rosata) ○ Ceramica a vernice nera

○ Ceramica a vetrina piombifera ○ Ceramica acroma grezza ○ Ceramica ad impasto grezzo ○ Ceramica africana da cucina ○ Ceramica comune da fuoco

○ Ceramica comune da mensa africana ○ Ceramica comune da mensa/dispensa ○ Ceramica comune decorata a cerchielli ○ Ceramica comune ad ingobbio bianco ○ Ceramica comune ad ingobbio bruno

○ Ceramica comune pasta violacea ad ingobbio bruno ○ Ceramica depurata con rotellature

○ Ceramica grigia ○ Ceramica vacuolare ○ Campioni carboni ○ Campioni legante ○ Campioni sedimento ○ Campioni termotrasformato ○ Concotto ○ Ferro ○ Frittili ○ Grandi Contenitori ○ Impasto a scisti ○ Incannucciata

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○ Laterizi ○ Laterizi coppi ○ Laterizi mattoni ○ Laterizi moderni ○ Laterizi opus spicatum ○ Laterizi tegole ○ Laterizi tubuli ○ Lucerne ○ Mortai ○ Non Determinabile ○ Piombo ○ Reperti Faunistici ○ Reperti litici ○ Scoria di argilla

○ Terra Sigillata Africana A ○ Terra Sigillata Italica ○ Terra Sigillata Tardo-Italica ○ Terra Sigillata Sud-Gallica ○ Terrecotte Architettoniche ○ Vetro

○ Vetro di finestra

● Produzione: ​campo testuale, indica l’area geografica di produzione dei frammenti. ● Forma: ​campo testuale, indica il tipo a cui i frammenti appartengono.

● Decoro: ​campo testuale, indica la presenza di un decoro sulla superficie del/dei frammento/i.

● Orli: ​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Fondi:​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Anse:​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Colli:​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

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corpo ceramico

● Becchi: ​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Vasche: ​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Dischi: ​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Prese:​campo numerico, indica il numero dei frammenti relativi alle varie parti del corpo ceramico

● Tot. fr.: ​campo numerico, indica il numero totale dei f​rammenti pertinenti ad una determinata classe ceramica distinta eventualmente anche in base alla forma, provenienza (produzione) e decoro.

● Datazione iniziale: ​campo numerico, inserisce cronologicamente l’inizio della

produzione di una determinata forma.

● Datazione finale: ​campo numerico, inserisce cronologicamente la fine della produzione di una determinata forma.

● Foto: ​campo testuale, indica il numero della fotografia effettuata al frammento. ● Cassetta: ​campo numerico, indica il numero della cassetta in cui è contenuto il

frammento.

La planimetria generale del sito (planimetria_generale_US.dwg) invece è rilasciata in un formato denominato .dwg prodotta con il software Autocad® di Autodesk. Come vedremo, più chiaramente in seguito, i software CAD permettono la vettorializzazione (cioè il disegno), la visualizzazione e la stampa delle unità stratigrafiche, ma non consentono analisi spaziali. Tali analisi sono invece il punto di forza e la peculiarità dei software GIS.

2.2

La planimetria in Autocad e le sue problematiche.

Come già accennato in precedenza (vedi 2.1), lo scopo del file di partenza (planimetria_generale_US.dwg), creato attraverso il software Autocad®, è stato individuato nella creazione di piante digitali vettorializzate utilizzate per la visualizzazione e la stampa delle unità stratigrafiche. L’intera planimetria è stata prodotta attraverso l’utilizzo di una serie di grafi lineari (che il software denomina “polilinee”) e puntuali. Per grafo si intende una struttura relazionale formata da un insieme finito di oggetti detti nodi o

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vertici, e da un insieme di relazioni tra coppie di oggetti dette archi o spigoli . In questo 3 caso i nodi sono i punti della polilinea (a cui corrispondono una coppia di coordinate) e gli

Fig. 20 Planimetria di partenza in Autocad

(​http://www.massaciuccoliromana.org/wordpress/documentazione​; visualizzato 17/06/2019).

archi rappresentano i segmenti che li collegano. L’utilizzo di tale macro-entità permette di avere molteplici segmenti collegati in un unico oggetto. Nel file in esame, ogni oggetto (feature) prodotto è raffigurato su layers diversi:

● grafo lineare rappresentante i limiti di una singola US;

● grafo lineare raffigurante le caratterizzazioni delle singole US;

● grafo puntuale che descrive le quote rappresentato come un triangolo con relativo numero soprastante.

Sono, inoltre, presenti US incomplete (parzialmente disegnate) in quanto indagate in maniera parziale o per attività. Proprio per quest’ultimo motivo sono anche presenti alcune US composte da più elementi (ad esempio una serie di buche riferite ad un’unica attività) che sono state trattate separatamente, su più layers, e non come un unico oggetto. L’unione di questi elementi in un unica feature, necessaria per ricostituire la coerenza con la

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documentazione compilativa si è deciso di compierla in ambiente GIS (vedi 2.4). Mancano tutte quelle US le quali, nella loro rappresentazione grafica, possono essere sostituite dal raddoppiamento del layer, come ad esempio i tagli e i riempimenti. Manca inoltre la rappresentazione grafica dei limiti delle US formate dalla contiguità con altre US e rappresentate solamente tramite le caratterizzazioni. Infine, l’intera planimetria non è stata impostata su coordinate assolute, ma relative.

Per ottenere un file da poter utilizzare per il nostro lavoro sono state svolte delle procedure di controllo atte a ricercare eventuali mancanze. Per prima cosa, è stato effettuato il confronto tra la pianta e il database delle schede US. La verifica è stata effettuata comparando i 1659 layer contenuti ​nel file planimetria_generale_US.dwg con i matrix di tutti i settori di scavo e con il database delle schede US. Il controllo è avvenuto esaminando manualmente le US contenute nei matrix dei settori, ricercando successivamente l’unità stratigrafica all’interno della planimetria. Qualora non si fosse riscontrata la presenza dello strato, esso è stato ricercato nel database delle schede US per capire di che unità stratigrafica si trattasse. Il controllo incrociato di tali dati ha riportato alla luce la mancanza di 348 US comprendenti tagli e/o riempimenti, rasature e le USM leggibili solo dal paramento murario. L’assenza di queste ultime è legato alla visione zenitale della planimetria che non permette la visualizzazione dei paramenti murari. Per quanto riguarda i tagli e/o i riempimenti è stato necessario ricostruirli sulla base dei dati contenuti nelle schede. Ogni volta che era presente un taglio, ma non un riempimento o viceversa, è stato necessario duplicare uno di essi rinominandolo in seguito con il numero di US corrispondente.

La seconda fase ha riguardato la trasformazione in superfici (poligonizzazione) delle polilinee. Per una coerente rappresentazione della realtà, nei software GIS è fondamentale che ogni strato sia rappresento con un grafo poligonale avente una propria superficie e non con un grafo lineare. Seguendo le scelte già compiute all’interno del progetto MAPPA, si è deciso di rappresentare anche le unità stratigrafiche negative attraverso un grafo poligonale. Tale decisione è coerente sia con il fatto che US positive e negative hanno comunque una superficie reale, differenziandosi solo per la presenza o assenza di un volume, sia con le rappresentazioni grafiche prodotte dagli archeologi. La divisione delle unità stratigrafiche positive e negative è stata quindi gestita a livello di attributi (Fabiani, Gattiglia 2002: 59). È stato quindi necessario riconoscere quali fossero le polilinee aperte chiudendole di conseguenza. I software GIS, infatti, riconoscono come poligoni solo polilinee chiuse. Il riconoscimento è stato effettuato controllando i layer ad uno ad uno.

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Il terzo step ha riguardato la georeferenziazione della planimetria .dwg. Come si potrà vedere, questa operazione è risultata particolarmente laboriosa: pensata inizialmente come operazione da effettuarsi in ambiente GIS, è stata poi definitivamente risolta, dopo alcuni tentativi, attraverso alcuni strumenti in ambiente CAD. Prima di tutto è stato necessario definire il sistema di riferimento (SR) delle coordinate. Si è scelto di utilizzare come SR Monte Mario/Italy Zone 1 (fuso O) – Datum: Roma 40 – Proiezione: Gauss-Boaga – Fuso: Ovest – EPSG: 3003. Tale sistema è quello nativo della Cartografia Tecnica Regionale (CTR) della Regione Toscana ed è quello utilizzato per la cartografia dal progetto MAPPA. Il punto da cui le coordinate sono state reperite è stato individuato nell’angolo sud-ovest del limite di scavo riportato sulla ​planimetria_generale_US.dwg e coincidente un punto certo (Ground Control Point - GCP) nella CTR scala 1:2000 riconosciuto nei pressi di via di Pietra a Padule. Le coordinate del GCP (1609391.833 N; 4854612.308 E) sono state estratte in ambiente GIS. La regione Toscana offre un servizio ​Web Maps Service4

(WMS), grazie al quale è possibile ottenere delle immagini di mappe da uno o più server in rete . Dopo aver scaricato un file in formato .xml (settaggi_wms.xml) contenente l’URL, è5 stato necessario effettuare una “chiamata” al sito della regione per ottenere la cartografia desiderata. Il procedimento utilizzato è il seguente: comando “layer” → aggiungi layer wms → inserire il link scaricato dalla regione e selezionare connetti → scegliere la carta desiderata → cliccare “aggiungi”. Ultimati questi passaggi si è provato a georeferenziare la planimetria nel software GIS (vedi 2.2) attraverso l’utilizzo dei ​plugin ​VectorBender, Openlayer e Affine Transformation . Tali operazioni non sono andate a buon fine poiché 6 questi ultimi due plugin non sono supportati nella versione di Qgis utilizzata (3.4); mentre VectorBender richiedeva al programma l’elaborazione di una grande mole di dati che conduceva il software a chiudersi forzatamente. Si è quindi provato ad utilizzare Autocad Map3D® di Autodesk il quale, però, permette di georeferenziare mappe utilizzando solamente il servizio di Google Maps. Purtroppo utilizzando questo software il problema rimaneva invariato ed inoltre la planimetria era esportata in formato shapefile (.shp) leggibile da QGIS, ma non operabile. Infine, attraverso l’uso di Autocad®, è stata copiata l’intera pianta, prendendo come riferimento il punto da cui sono state reperite le coordinate assolute (GCP), e incollata immettendo le coordinate nel campo dei comandi presente nella parte inferiore della schermata del programma. Tale procedimento non ha comportato la

4 specifica tecnica che produce dinamicamente mappe di dati spazialmente riferiti a partire da informazioni geografiche​.

5 proposto dalla organizzazione no-profit ​Open Geospatial Consortium​. 6https://plugins.qgis.org/plugins/ (visualizzato il 17/06/2019)

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necessità di ulteriori rotazioni o modifiche, non producendo inoltre errori di scarto tra il dato geografico e la planimetria. A questo punto tutto il progetto è stato esportato in formato .dxf e importato in QGIS aggiungendo semplicemente un layer vettoriale. Il procedimento utilizzato è il seguente: comando “layer” → aggiungi layer → aggiungi vettore.

A questo punto la planimetria era pronta per la sua successiva elaborazione in ambiente GIS (vedi 2.4).

Per la realizzazione di questa planimetria (CAD_def.dwg) sono stati necessari circa quattro mesi di lavoro.

Nome Estensione Creatore Licenza

CAD_def .dwg Filippo Sala CC BY

Descrizione

-layer con numero US +_lm -layer con numero US + _carat -layer con numero US + _qt

-georeferenziazione sulle coordinate 1609391.833 N; 4854612.308 E -polilinee chiuse

-duplicazione tagli/riempimenti

-US create da contiguità con altre unità stratigrafiche rinominate con sigla _lm

2.3. La ripulitura dei dati grezzi: procedimento, problematiche e

soluzioni

Il secondo passo necessario alle analisi GIS è stato individuato nella ripulitura dei dati grezzi contenuti nei database. Per ripulitura si intende il processo di correzione di errori di ​data entry (normalizzazione) e di selezione delle informazioni . Gli errori di data entry comprendono 7 tutte le mancanze grammaticali effettuate in fase di creazione del database e i caratteri speciali inseriti con errate formattazioni. La selezione delle informazioni rappresenta una fase molto delicata da compiersi dopo un’attenta disamina dei dati, nel nostro caso è stata effettuata in base all’utilità del dato alle analisi spaziali che si è deciso di compiere in seguito in ambiente GIS (vedi cap.3). Tale scelta, per quanto riguarda la tabella delle schede US (Scheda US/USM) contenuta nel database (MVMdefinitivo.mdb), ha portato a una perdita di dati in

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favore, però, di una migliore operabilità. Infatti, come si vedrà in seguito, è stato preferito lasciare i campi di sintesi delle varie unità stratigrafiche affinché il contesto in cui esse erano inseriti fosse più evidente (tab. Scheda_US_Ripulita.csv). Anche per quanto concerne la tabella delle quantificazioni dei materiali (Quantificazioni), contenuta in MVMreperti.mdb, è stata effettuata una selezione dei dati. Si è voluto prediligere le classi ceramiche al posto delle forme o delle forme dei frammenti.

Nella banca dati riguardante le quantificazioni si è deciso di mantenere solamente i campi riguardanti le classi, i frammenti ritrovati nelle varie unità stratigrafiche per ciascuna di esse e ovviamente i numeri di US. Sono stati quindi eliminati i campi che riguardavano la produzione, le forme, i frammenti diagnostici, le datazioni e il numero inventariale di cassetta (tab. Quantificazione_Classe.csv). Tale eliminazione è giustificata dalla nostra scelta di utilizzare solamente le classi ceramiche per le analisi spaziali condotte in ambiente GIS.

Campi database MVMdefinito.mdb Scheda_US_Ripulita.csv US Unità Tipo Località Sigla Anno Area Saggio Settore Ambiente Quota min Quota max Piante Sezioni Prospetti Foto Reperti

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RA N Descrizione e posizione Sottotipo Criteri di distinzione Modo di formazione Inorganici Organici Consistenza Colore Misure Stato di conservazione Descrizione Uguale a Si lega a Gli si appoggia Si appoggia a Coperta da Copre Tagliato da Taglia Riempito da Riempie Trasformato in Trasforma Posteriore Anteriore

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Coeva Note

Interpretazione

Interpretazione sintetica Elementi datanti osservati in fase di scavo Attività Fase Periodo Campionatura Flottazione Setacciatura Affidabilità stratigrafica Direttore Responsabile

Nella banca dati delle schede US, ad esempio, alcuni campi come la descrizione dello strato, il nome del responsabile della scheda e del revisore, la consistenza dello strato, ecc. sono stati eliminati in quanto non conformi in termini di utilità. Come si può notare dalla tabella precedente, i campi lasciati nel ​dataset ripulito (Scheda_US_Ripulita.csv) corrispondono alle informazione essenziali per l’inquadramento sia topografico, sia stratigrafico dello strato. Sono stati quindi scelti quei record che sintetizzano l’interpretazione e la descrizione dell’unità stratigrafica. Questo processo di ripulitura è stato possibile grazie all'utilizzo di OpenRefine (in origine chiamato GoogleRefine), una standalone open source desktop8

application che funziona tramite un qualsiasi browser, il quale permette, tramite l'utilizzo di script in linguaggio GREL (General Refine Expression Language), di effettuare operazioni (come ad es. l’eliminazione e la modifica) su una grande mole di dati complessi e confusi (messy) consentendo inoltre l'esportazione in diversi formati , tra cui .csv ( ​comma-separated value ). In questo formato, ogni riga della tabella è rappresentata da una linea di testo, i cui9 campi (colonne) sono separati da un apposito carattere separatore (in genere una virgola). E’

8https://o-date.github.io/draft/book/cleaning-data.html(Par. 2.3.1; visualizzato il 09/06/2019) 9​https://en.wikipedia.org/wiki/Comma-separated_values​ (visualizzato il 10/06/2019)

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leggibile da qualsiasi programma tra cui QGIS. Tale software infatti non permette il diretto collegamento con il formato di MS Access® , mentre permette il ​join ​delle tabelle in fomato .csv (vedi 2.4).

Fig. 23 Il database delle schede US non ripulito (MVMdefinitivo.mdb).

Prima dell'importazione in OpenRefine è stato necessario esportare la tabella Microsoft Access in formato Microsoft Excel (.xls). Per compiere questa operazione è stato eseguito il seguente procedimento all’interno del software di database: comando “dati esterni” → “esporta dati in formato Excel”. Successivamente è stato possibile caricare su OpenRefine la banca dati da ripulire (fig. 23). Il primo passo è consistito nell'eliminazione delle colonne non utili alle analisi. Questo è stato possibile semplicemente rimuovendo manualmente ciò che era indesiderato grazie al menù a tendina sopra ogni colonna seguendo tale procedimento: “ ​edit column​” → “​remove column​”. In seguito è stato necessario sostituire i caratteri con formattazioni speciali con lettere e risolvere gli errori grammaticali del ​data entry​. Lo scopo di tale procedura consiste nell’ottenere un risultato standardizzato in ogni campo al fine di rendere i valori ricercabili. Ciò è stato reso possibile grazie all'utilizzo di una particolare stringa di codice.

L'immissione di tale codice:

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è stata effettuata tramite tale procedura: “​edit cell​” → “​transform​” contenuta nel menù a tendina sopra la colonna da modificare. ​w è il carattere o il termine da sostituire e ​x è il termine o il carattere con cui viene sostituito . 10

Il problema riscontrato a questo punto è stato individuato nella mancanza, in alcune unità stratigrafiche e in alcune murature, dei periodi e delle fasi corrispondenti. È stato perciò necessario effettuare un controllo incrociato con i matrix di attività di tutti i settori inserendo manualmente le informazioni nelle celle del ​dataset​. Dopo questa serie di operazioni è stato possibile avere un file (Scheda_US_ripulita.csv) consono alle analisi da effettuarsi in ambiente GIS (fig. 24).

Fig. 24 La tabella delle schede US ripulito (Scheda_US_Ripulita.csv).

Per quanto riguarda la banca dati delle quantificazioni dei materiali il lavoro di ripulitura svolto è risultato più complesso.

Campi database MVMreperti.mdb Quantificazione_classe_def. csv Settore Sigla Cod_US N°US 10 https://github.com/OpenRefine/OpenRefine/wiki/GREL-String-Functions (visualizzato il 18/06/2019)

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Classe Produzione Forma Decoro orli fondi anse colli pareti becchi vasche dischi prese tot frr datazione iniziale datazione finale foto cassetta note

I dati utili al lavoro di analisi si sono limitati al numero di US con codice annesso (da utilizzarsi come chiave primaria), la classe, la produzione, la forma, il numero totale dei frammenti e le datazioni.

La scelta del dato quantitativo da utilizzare è stata complessa. Avendo deciso di lavorare a livello di classe ceramica, sia per gli scopi del nostro lavoro, sia per la scarsità delle informazioni relative alle singole forme e allo sbilanciamento delle informazioni tra classe e classe, si è dovuto stabilire quale dato quantitativo meglio descrivesse le classi ceramiche. Orton e Hughes (2013: 207) analizzano le quattro misure utilizzate per la comparazione dei frammenti all’interno di una unità stratigrafica. Esse sono: il conteggio dei frammenti, il peso, il numero di individui e la ​estimated vessel equivalents ​(stima del numero equivalente di individui). La prima di queste, basata sulla frammentazione di un tipo ceramico, riflette la

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proporzione di un determinato tipo o classe rispetto agli altri tipi presenti in una US. Questa misura però è soggetta a errori dovuti all’indice di frammentazione il quale varia non solo da classe a classe e da tipo a tipo, ma anche tra strato e strato poiché è legato ai processi di formazione. Infatti, più alto è il numero di frammenti di una classe che rispecchiano solamente un individuo e più saranno rappresentativi rispetto a un minor numero di frammenti che però costituiscono un maggior numero di entità. Anche il peso è una unità di misura delle comparazioni parziale in quanto classi con pesi più alti saranno sovrarappresentate rispetto a quelle con pesi più bassi. Ma a differenza degli esempi precedenti, il peso relativo alle singole classi rimane lo stesso e non varia a seconda degli strati.

Il conteggio dei numero degli individui rappresenta la stima del numero di entità presenti in un’US (EVREP: Estimated Vessels REPresented; Orton, Hughes 2013: 172). La complessità di questa operazione consiste nel riconoscimento di ogni singolo frammento con uno specifico contenitore. Se grazie a orli o fondi l’individuazione è più semplice, con le pareti è decisamente più complicato il che altera la stima. Per ovviare al problema sono stati proposti tre approcci:

● il conteggio minimo degli individui basato sulla presunta appartenenza di un frammento a un individuo a meno che non si provi che appartenga a un altro.

● il conteggio massimo degli individui in cui ogni frammento conta come un individuo tranne se può essere collegato ad un altro.

● la media tra il conteggio massimo e minimo. (Kampel, Sarkisjan 2018: 1398)

Questo metodo è però legato alla soggettività di chi compie tale procedura. Infatti, il riconoscimento di un frammento facente parte di un individuo, è legato alle conoscenze e alle esperienze della persona che se ne occupa.

Per quanto riguarda l’​estimated vessel equivalent ​(EVE) è considerata la più imparziale delle misure (Orton, hughes 2013: 207) in quanto ogni frammento vale come elemento a sé stante. Questa stima suppone che ogni ritrovamento ceramico rappresenti una porzione dell’intero individuo. È possibile dare a questa porzione un valore percentuale che permetta di trovare il numero totale degli individui di una classe. Questo metodo è applicabile solamente con i frammenti diagnostici (orli, fondi) in quanto possono essere misurati in termini di proporzione alla singola entità. Tali frammenti consentono di stimare la circonferenza di un individuo dando un indice di completezza in un range percentuale compreso tra 0 e 100. Tramite un procedimento matematico (Orton, Tyers 1990: 90), è possibile trasformare EVE in un numero (denominato PIE, ​pottery information equivalent​) il quale possiede le stesse proprietà statistiche del conteggio di un oggetto. Questo numero quindi contiene tante informazioni

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quante un singolo individuo. I valori PIE permettono una stima imparziale della quantità relativa di ogni classe ceramica in un contesto.

La decisione di operare, in questo progetto, con il numero totale dei frammenti pone le sue basi sulla considerazione che questo numero sia una misura comparabile in quanto dipendente dalle densità delle classi ceramiche nelle singole fasi. Questa permette di presumere un indice di frammentazione simile poiché compariamo tra loro le stesse classi. Lavorando inoltre per fase, possiamo supporre che tali indici siano simili in quanto i processi formativi degli strati siano relativamente omogenei. Infine confrontiamo tra loro, a livello spaziale, le stime delle densità della stessa classe in US diverse attenuando così il rischio di indici di frammentazione diversi.

Un ulteriore operazione di ripulitura è consistita nel congiungere le colonne delle forme e della produzione per ovviare ad un errore di ​data entry​provocato dall’inserimento di valori collegati alle forme nelle colonna colonna “produzione”. Prima di eseguire il ​merge​(unione) delle colonne è stato necessario rinominare con il codice ​replace​, ​visto in precedenza, ogni cella vuota con il valore 0. Senza questa operazione preliminare il programma avrebbe consentito l'unione solo alle righe in cui comparivano dei valori in entrambe le celle. Come per il caso precedente è stata utilizzata una stringa di codice in linguaggio GREL:

cells["Column 1"].value + cells["Column 2"].value

inserita però tramite il seguente passaggio: “ ​edit column​” → “​add column based on this column​” presente sempre nel menù a tendina in cui “​column 1​” e “​column 2​” indicano le due 11 colonne da unire. Successivamente sono state unite anche le colonne che comprendevano la classe e la forma al fine di ottenere una sola colonna con le due informazioni rendendo così i valori del dataset più ricercabili (fig.25). Tra i valori di quest'ultima unione è stato lasciato un simbolo divisorio al fine di permettere la separazione delle colonne ( ​split​) utile per le operazioni di ripulitura successive.

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Fig. 25 Il database delle quantificazioni dei materiali ripulito (Quantificazione_classe_ripulita.csv).

Affinché nel software GIS, ogni unità stratigrafica sia collegata al numero di frammenti delle varie classi ceramiche presenti al suo interno, è necessario che il database delle quantificazioni dei materiali sia suddiviso per unità stratigrafica. La tabella da noi ripulita, però, non possedeva una tale formattazione, risultando inutile per le nostre analisi, poiché ogni US era ripetuta tante volte quante erano le classi e le forme ceramiche presenti al suo interno. Ciò comportava quindi l'impossibilità di collegare su QGIS i frammenti ceramici ad una singola unità stratigrafica. La soluzione a tale problematica è stata individuata attraverso l'utilizzo di Microsoft Excel. Il programma permette, tramite lo strumento “tabella pivot”, di trasformare le righe della tabella in colonne e viceversa. Grazie a ciò è stato possibile creare una tabella (Quantificazione_classe_pivot.csv) in cui in ogni riga è contenuta una sola US, in

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ogni colonna una sola classe ceramica e nelle celle il numero di frammenti di ogni classe ritrovati in ogni singola unità stratigrafica (fig.26).

L’ultimo step è consistito nel collegare i valori del campo “layer”, che rappresentano i nomi dei layer del file .dwg, al campo US delle schede (tab. Scheda_US_Ripulita.csv) con lo scopo di creare una chiave primaria che consenta il ​join tabellare in ambiente GIS. E’ stato quindi scaricato l'elenco dei layer dal file CAD_def.dwg in formato di testo (.txt). Il file di testo è stato successivamente caricato su Openrefine, creando così un nuovo file denominato “Layer_rip.csv”, eliminando le righe superflue come le quote, le caratterizzazioni e tutto ciò che non è stato considerato un limite di US. Il risultato dell'operazione ha portato alla creazione di una colonna (denominata “layer”) caratterizzata dal numero di unità stratigrafica con l’aggiunta della sigla “_lm” (es. 10020_lm). Per permettere l'aggancio del database a questa colonna si è optato per creare un ulteriore colonna in cui fossero presenti esclusivamente i numeri delle US equivalenti ai valori presenti nella colonna “layer” del file “Layer_rip.csv”. Il procedimento utilizzato è già stato illustrato precedentemente tramite il processo di “ ​add column based on this column​” + “​replace”​. Come ultimo passaggio è stato fondamentale collegare le due colonne con la colonna “Cod_US” presente nel file “Scheda_US_Ripulita.csv”. Openrefine permette di importare da un altro progetto, aperto nel browser con lo stesso software, una o più colonne. Il procedimento comporta, come nei precedenti casi, l'utilizzo di un codice di programmazione GREL. Il metodo è il seguente: dal menù a tendina sopra la colonna alla quale si vogliono collegare i dati del secondo progetto cliccare su ​edit column ​→ ​add column based on this column​. ​Il codice da immettere è il seguente:

cell.cross("Project 1","Column 1").cells["Column 2"].value[0]

dove con​Project 1 ​si intende il dataset da cui si estrae (Layer_rip.csv), ​column 1 ​è la colonna

uguale nei due dataset (US) ed infine ​Column 2 ​(Cod_US) ​indica il nome della colonna che si

vuole aggiungere.

Ultimate tutte queste operazioni, i nuovi datasets ottenuti sono completamente utilizzabili e

operabili nel programma QGIS. Per effettuare queste operazioni è stato necessario un mese di

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