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Il periodo si colloca cronologicamente nella prima metà del III secolo d.C.

Fig. 69 Distribuzione della concentrazione dei materiali analizzati nel periodo IV, fase 2.

In questa fase si assiste al susseguirsi di numerosi crolli in tutta l’area di scavo con i materiali sono distribuiti su tutta la superficie del complesso, prevalentemente nel portico X e nel giardino AA, a eccezione del settore 1000 (fig. 69). Le più alte concentrazioni sono individuate all’interno del vano P negli strati di crollo US 2001 e di butto 2009. Nella prima unità stratigrafiche sono stati ritrovati: 113 frammenti di anfore, 76 di ceramica comune da fuoco, 177 di ceramica comune da mensa, 16 di ceramica a pareti sottili a impasto grigio e 34 a impasto rosato, 154 di terra sigillata tardo-italica. Mentre nel secondo 103 frammenti di anfore, 45 di ceramica comune da fuoco, 101 di ceramica comune da mensa, 16 di ceramica a pareti sottili grigia e 29 a impasto rosato, 111 di terra sigillata tardo-italica. Quest’ultimo dato conferma la presenza di attività antropiche nell’area forse legate alle attività agricole avvenute nel giardino AA e documentate da una serie di buche ricavate per l’innesto delle piante. Nei vari ambienti del complesso le classi ceramiche sono rinvenute nei crolli dei perimetrali non permettendo quindi di ipotizzare se in quei vani siano stati soggetti a frequentazione antropica.

Periodo IV, fase 3.

Il periodo si colloca cronologicamente alla fine del III secolo d.C.

I materiali riferibili a questa fase sono rinvenuti prevalentemente nel giardino AA, nel portico

X e nel vano P (fig. 70). La maggior parte delle evidenze ceramiche si concentrano all’interno

dell’US 4029 individuata a sud della vasca centrale, interpretata come un rialzamento di quote

e un livellamento dell’area in vista della creazione di un giardino. I frammenti ritrovati non

permettono di formulare nessuna nuova ipotesi rispetto a quella già data. È interessante notare

come nel vano P siano presenti frammenti di terra sigillata tardo-italica (113) e ceramica

comune da mensa (102) in elevata quantità all’interno dello strato US 506 interpretato come

un’interfaccia di utilizzata presumibilmente come un piano di calpestio. L’ipotesi può essere

confermata grazie al ritrovamento di queste classi e permette di affermare che questo

ambiente sia ancora utilizzato. Nel portico X i materiali sono rinvenuti all’interno dei crolli

delle strutture adiacenti. In conclusione si può affermare che l’intero complesso, a seguito dei crolli, inizi ad essere

progressivamente abbandonato, a eccezione del vano P, e che il cortile AA venga utilizzato come giardino per la coltura di piante per il sostentamento alimentare.

Periodo IV, fase 4.

Nell’ultima fase di vita dell’edificio, collocata cronologicamente dopo il III secolo d.C., i

materiali si concentrano all’interno del vano K (fig. 71). L’ambiente è caratterizzato da una

serie di crolli US 9009, 9008, 9011, 9013 su cui si imposta il piano di calpestio US 9014

esteso su tutto il settore. Nello strato di frequentazione sono presenti 48 frammenti in totale

ripartiti nelle varie classi di ceramica comune da fuoco e da cucina, ceramica a pareti sottili a

impasto grigio e rosato e terra sigillata tardo-italica. Questi elementi attestano come il vano

sia l’ultimo ambiente utilizzato prima del completo abbandono del sito. È interessante notare

come nel portico X siano rinvenuti 1 frammento di ceramica comune da mensa e 1 frammento

di terra sigillata italica all’interno dello strato US 4400 identificato come una sistemazione per un piano di calpestio individuato in corrispondenza di una zona termotrasformata circolare. È

possibile supporre che, negli ultimi momenti di vita del complesso, anche questa zona sia

stata utilizzata come ricovero.

5. Conclusioni.

I risultati delle analisi descritte nel capitolo precedente, portano a confermare i risultati delle

ricerche pubblicate nel 2012 (vedi 1.1.1) lasciando però spazio a nuove considerazioni e

ipotesi sul complesso. Durante la fase 2 del periodo III fino alla fase dei primi crolli avvenuti

nella fase 5 infatti, è possibile supporre la presenza di una seconda cucina adiacente al cortile

Z la quale permetterebbe di giustificare la grande quantità di materiali legati alla cottura dei

cibi. Tale ambiente potrebbe situarsi nella zona non scavata a nord-est del complesso in

quanto i vani indagati che si affacciano a ovest sul piccolo cortile Z, non presentano materiali

da cucina e da mensa. In questa fase inoltre si conferma la nascita della cucina identificata

come l’ambiente P. Un’ulteriore dato inedito proviene dal ritrovamento nel settore 1000,

durante la fase 4 del periodo III, di una cospicua quantità di frammenti di anfore all’interno

dell’approfondimento orientale in corrispondenza di una cisterna. Questa informazione permette di ipotizzare la presenza di un ambiente di stoccaggio nelle vicinanze. Anche il vano

Y potrebbe essere finalizzato a questo uso di immagazzinamento di classi ceramiche legate

però alla cucina. Dopo i crolli avvenuti agli inizi del periodo 5 del periodo III (fine del II d.C.)

è possibile notare la completa defunzionalizzazione dell’ambiente O da vano produttivo a

discarica di materiali confermato dalle grandi quantità di evidenze ritrovate. Tale funzione

rimarrà per tutto il periodo IV. Durante questo periodo si conferma la costante defunzionalizzazione di tutti i vani tranne per il porticato X, il giardino AA e l’ambiente K. In

questi ambienti si conferma la continua frequentazione antropica per quasi tutto il III secolo

d.C. Durante la stesura di tale elaborato è stato necessario superare numerose difficoltà legate sia

all’utilizzo degli strumenti digitali sia per quanto riguarda la scelta di una corretta metodologia con la quale compiere le analisi. I maggiori problemi tecnici sono stati riscontrati

con la planimetria visualizzata attraverso il software AutoCad ® . Tale pianta, non essendo

stata creata per realizzare nessun tipo di analisi, ha comportato un notevole numero di ore di

lavoro per essere resa accettabile al fine della sua importazione in ambiente GIS. Utilizzando

questo programma di visualizzazione digitale inoltre, è stato particolarmente arduo riuscire a

georeferenziare l’intero complesso; problema che si sarebbe potuto risolvere facilmente se

l’intera planimetria fosse stata creata in ambiente GIS. Metodologicamente invece, è stata

problematica la scelta del dato che meglio fosse utile alle analisi. La mancanza di dati completi sulle produzioni e sulle forme ha condizionato la nostra selezione.

Le analisi compiute fino a questo punto comprendono solo un utilizzo parziale del software QGIS. In questo contesto infatti, potevano essere applicate diversi metodi di indagine sull’edificio. Un esempio di ciò è ascrivibile all’interno delle analisi di visibilità. Tali studi permettono di calcolare l’orizzonte visibile dal punto di vista umano sulla base delle caratteristiche morfologiche dell’ambiente (Forte 2002: 51). Nel nostro caso questo tipo di analisi permetterebbe di capire quali accessi agli ambiente potevano essere visualizzati dai cortili rendendo così più chiara la distribuzione degli ambienti in una determinata fase. Come si è dimostrato l’utilizzo dei metodi digitali applicati a scavi archeologici permettono di creare nuove ipotesi (in questo caso sulle funzioni degli ambienti e il loro sviluppo diacronico), confermare o smentire le supposizioni sviluppate in precedenza, creare un database ragionato dell’intera area permettendo così a chiunque di effettuare nuove analisi. Infine è da ricordare la grande importanza degli open data da cui questo progetto è partito. Senza questa filosofia il lavoro svolto fino a questo punto non avrebbe mai visto la luce.

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