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Analisi di impatto dell’operatività del d.lgs. n. 254/2016 in merito alla rendicontazione non finanziaria: il caso Alia S.p.A.

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Autore

Dott.ssa Federica Peluso

Tutor Scientifico

Dott.ssa Natalia Gusmerotti Dott.ssa Alessandra Borghini

Tutor Aziendale – Alia S.p.A.

Arch. Paola Sighinolfi

Anno Accademico

2016/17

Master Universitario di II livello Master in Gestione e Controllo dell’Ambiente: Economia Circolare e Management efficiente delle risorse XXXXX

Analisi di impatto dell’operatività del D.lgs. n. 254/2016 in

merito alla rendicontazione non finanziaria: il caso Alia

S.p.A

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Indice

Introduzione………...pag.3

Capitolo 1. Il framework normativo

1.1. Framework UE……….pag.6

1.2. Framework nazionale……….pag.15

Capitolo 2. Analisi dell’impatto dell’applicazione del D.lgs. n. 254/2016 in

alcune aziende italiane

2.1. Premessa………. pag.24

2.2. Analisi delle evidenze emerse……… pag.25

Capitolo 3. L’applicazione del D.lgs. n. 254/2016 in Alia S.p.A.

3.1.

Premessa………...pag.38

3.2. Analisi delle evidenze emerse………...pag.39

Conclusioni……….pag.51

Allegato………..pag.54

Fonti………pag.56

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3

Introduzione

Il project work che ho sviluppato durante lo stage effettuato presso la società Alia servizi ambientali S.p.A. ha riguardato la responsabilità sociale d’impresa e in particolar modo la rendicontazione delle informazioni non finanziarie. Il decreto legislativo 254/2016 ha recepito la direttiva 2014/95/UE, che impone l’obbligo di rendicontazione non finanziaria in capo agli enti di interesse pubblico, e ha interessato anche la società ospitante, della quale di seguito si descrivono la nascita e l’interessante evoluzione di cui è stata protagonista.

Alia servizi ambientali S.p.A. nasce il 13 marzo del 2017 a seguito della fusione per incorporazione in Quadrifoglio S.p.A. di ASM S.p.A., Publiambiente S.p.A., CIS S.r.l. Le quattro società menzionate hanno costituito un RTI (raggruppamento temporaneo di imprese) e hanno partecipato alla gara per l’aggiudicazione della concessione ventennale dell’ATO Toscana Centro per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti nei territori delle province di Firenze, Prato, Empoli e Pistoia. La costituzione di Alia, quale società rinveniente dalla fusione dei soggetti costituenti il RTI, ha costituito un passaggio necessario, previsto dagli atti di gara, preliminare alla sottoscrizione del contratto di servizio con l’ente d’ambito di riferimento e a tutte le operazioni volte ad assicurare la piena operatività del gestore unico e della gestione della concessione.

Il primo passo verso l’aggiudicazione è avvenuto il 7 gennaio 2016 quando l’ATO Toscana Centro ha attribuito al RTI l’aggiudicazione provvisoria. Successivamente è stata riscontrata un’irregolarità fiscale in capo ad una delle società mandanti. Il requisito di regolarità fiscale è stato ripristinato e l’8 luglio l’autorità d’ambito ha comunicato l’aggiudicazione definitiva. Anche questa è stata oggetto di una vicenda giudiziaria che si è conclusa con la sentenza del TAR del 16 giugno 2017 che ha dichiarato legittima l’aggiudicazione definitiva.

Un’altra importante tappa nella costruzione del gestore unico è rappresentata dall’emissione, il 9 marzo 2017, di un prestito obbligazionario quotato sul mercato regolamentato della Borsa di Dublino (ISE - Irish Stock Exchange) del valore di 50 milioni di euro.

Il 31 agosto 2017 è stato sottoscritto con l’ATO Toscana Centro il contratto di servizio per la concessione ventennale e hanno avuto inizio le attività previste dal periodo transitorio (180 giorni) per l’avvio dell’esercizio della concessione.

Alia si è presentata al pubblico il 20 marzo con un evento che si è tenuto a Firenze presso l’Istituto degli Innocenti in piazza Santissima Annunziata. Alia si è presentata e si presenta come un punto di riferimento, una società con un carattere ben definito ed entusiasta di

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affrontare nuove sfide. “Siamo costruttori di futuro, abbiamo cura degli spazi e dell’ambiente, operiamo con semplicità”. Questo dice di se stessa. I valori su cui si basa la sua attività sono la trasparenza, l’eco sostenibilità, la qualità, l’affidabilità, l’innovazione e il dialogo volto ad ottenere il benessere delle persone. Alia nasce da società che operano in Toscana da cinquanta anni, conoscono e amano il loro territorio e hanno cura delle persone che vi abitano, degli spazi e dell’ambiente. La missione della società è fornire un servizio di qualità che sia efficace ed efficiente.

La conoscenza degli avvenimenti riportati e delle situazioni descritte è necessaria per la comprensione della delicata fase societaria che Alia vive. La dimensione che la società ha assunto costituisce d’altro canto l’opportunità di essersi assicurati il mercato e di poter proseguire negli interventi di investimento ed efficientamento della gestione, finalizzati al miglioramento della situazione ambientale del territorio attraverso l’integrazione dei precedenti gestori.

Per comprende a fondo la fase di riorganizzazione e assestamento che Alia e i suoi vertici oggi stanno vivendo, è risultato opportuno un incontro con l’amministratore delegato, il dottor Livio Giannotti. L’incontro ha avuto ad oggetto la nascita e la costituzione della nuova società e lo sviluppo del tema della responsabilità sociale in rapporto alla situazione corrente. La citata direttiva infatti impone l’obbligo di rendicontare sulle policy che le aziende hanno adottato su temi e ambiti che rientrano nel macroconcetto di responsabilità sociale d’impresa. L’amministratore delegato ha subito precisato che la società Quadrifoglio S.p.A. ha alle spalle un percorso fatto di undici anni consecutivi di pubblicazione del bilancio di sostenibilità e che, nonostante le altre tre società costituenti Alia non abbiano maturato negli anni addietro la stessa esperienza e nonostante Alia rappresenti una realtà differente dalla precedente, l’alta direzione non vuole abbandonare l’esperienza fiorentina ma rilanciarla.

Il contatto con il territorio e la gestione dei rapporti con le istituzioni locali sono da sempre un perno fondamentale delle società confluite. Alia, nonostante la diversa e ampia estensione territoriale, continua a mantenere il forte legame con il territorio attraverso la sua organizzazione in quattro direzioni territoriali, Firenze, Empoli, Prato e Pistoia. In merito al tema del rapporto con il territorio e le comunità locali, l’amministratore delegato ha chiarito che si è partiti dal concetto secondo il quale “la società realizza sostanzialmente una concentrazione industriale ma il servizio è sul territorio, sulle strade, di prossimità alle abitazioni e ai nuclei urbani. Il primo interlocutore del servizio è l’amministratore locale, il sindaco o l’assessore preposto mentre nelle grandi città vanno considerati i vari livelli, le varie articolazioni istituzionali dell’amministrazione comunale.”

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Il modello organizzativo di Alia è stato pensato e realizzato in modo da consentire agli amministratori locali di avere un interlocutore diretto e costante nella società, senza che questi debbano rivolgersi alla struttura centrale. D’altronde ogni direzione territoriale costituisce il punto di riferimento non solo degli amministratori locali ma anche dei cittadini con le varie opportunità di contatto che vanno dal call center, agli sportelli informativi, agli eco-centri e gli eco-furgoni presenti sul territorio.

Attraverso questa organizzazione e questi strumenti la direzione garantisce che il contatto con il territorio prosegua. D’altronde il rapporto con il territorio e le comunità locali è fondamentale per l’azienda. Gli impianti e i centri di raccolta sono distribuiti su tutto il territorio. Di conseguenza c’è un impatto sociale, economico, ambientale sui territori dove insistono le infrastrutture di servizio. “L’elettricità arriva in tutte le case ma attraverso un cavo, l’acqua attraverso un tubo. Noi facciamo rumore spesso quando raccogliamo rifiuti o spazziamo le strade”, sostiene l’amministratore delegato, sottolineando quindi quanto sia importante che i cittadini comprendano quello che l’azienda fa e che venga coltivato il rapporto con le comunità locali.

Alia è un emittente che ha emesso un prestito obbligazionario in un mercato regolamentato e supera le soglie dimensionali indicate dal decreto legislativo 254/2016 e quindi è un ente di interesse pubblico rilevante, obbligato alla rendicontazione non finanziaria. Questa condizione ha costituito l’origine e il presupposto del presente lavoro. Nelle pagine successive si riporta l’analisi effettuata della normativa a livello europeo e nazionale e si supporta il percorso intrapreso da Alia con un’analisi delle evidenze risultate dalle interviste somministrate a dirigenti e responsabili, interni ed esterni, delle funzioni aziendali interessate dalla rendicontazione non finanziaria. Il lavoro termina con le indicazioni strategiche che si forniscono alla società, in quanto deduzioni effettuate sulla base del metodo qualitativo di analisi applicato.

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Capitolo 1. Il framework normativo

1.1. Framework UE

La direttiva 2014/95/UE è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 15 novembre e modifica la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione delle

informazioni di carattere non finanziario e delle informazioni sulla diversità da parte di

imprese e gruppi di grandi dimensioni. La modifica consiste nell’introduzione di due nuovi articoli: l’articolo 19 bis “Dichiarazione di carattere non finanziario”, preceduto dall’articolo 19 dedicato alla relazione sulla gestione e l’articolo 29 bis “Dichiarazione consolidata di carattere non finanziario”, che segue l’articolo 29 dedicato alla relazione sulla gestione consolidata.

La direttiva rappresenta il momento conclusivo di un percorso che ha visto crescere l’interesse delle istituzioni europee verso le tematiche ambientali e sociali e, allo stesso tempo, l’esigenza di rendere più trasparenti e di migliore qualità le informazioni di carattere non finanziario. L’Europa originariamente concepiva gli impegni e le iniziative derivanti dalle

politiche di responsabilità sociale d’impresa nella logica della volontarietà. Con il passare

del tempo e con l’aumento della sensibilità riguardo questi temi è cresciuta la necessità di emanare una legislazione sulla rendicontazione non finanziaria.

Analizziamo i passi che le istituzioni europee hanno mosso prima di giungere all’emanazione della direttiva.

La necessità di fornire informazioni sui temi ambientali è stata palesata già nel Libro Verde del 2001. In questa comunicazione la Commissione europea incoraggiava le imprese a presentare relazioni sui risultati raggiunti nel settore sociale e in quello ambientale, riportando le iniziative di alcuni legislatori nazionali.

Il secondo passo è rappresentato dalla direttiva 2003/51/EC “Accounts Modernisation Directive”, che mirava ad armonizzare le norme contabili applicabili alle società e introduceva l’obbligo di inserire nella relazione sulla gestione delle imprese anche le informazioni di carattere sociale e ambientale. Quest’azione non ha avuto i risultati sperati. Il motivo è stato individuato dalla Commissione europea nel corso dei lavori preparatori della direttiva 2013/34/UE, che abroga le direttive 78/660/CEE del 1978 e 83/349/CEE del 1983, relative ai bilanci annuali e consolidati, e identificato nell’immaturità delle imprese rispetto al tema della rendicontazione non finanziaria.

Nel corso degli anni si sono susseguiti altri due importanti momenti di questo percorso. Uno risale all’ottobre 2011, quando l’Unione Europea ha adottato una strategia per promuovere la

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responsabilità di impresa. La strategia riconosceva l’importanza delle modalità di comunicazione delle informazioni che riguardano l’impresa, modalità che devono permettere l’identificazione dei rischi di sostenibilità e accrescere la fiducia di investitori e consumatori. L’altro momento è rappresentato dall’emanazione nel febbraio 2013 delle risoluzioni sulla “Responsabilità sociale delle imprese, comportamento commerciale trasparente e responsabile e crescita sostenibile” e sulla “Responsabilità sociale d’impresa: promuovere gli interessi della società e cammino verso una ripresa sostenibile e inclusiva”, con le quali l’Unione ha riconosciuto che è importante che le imprese comunichino informazioni sulla sostenibilità, riguardanti temi ambientali e sociali.

Il percorso, nato e proseguito come descritto, si è concretizzato quando il Parlamento Europeo ha rivolto alla Commissione europea l’invito a presentare una proposta di legge avente ad oggetto la comunicazione delle informazioni di carattere non finanziario da parte delle imprese. Il Parlamento ha fornito diverse indicazioni, tra cui che la proposta tenesse

conto della natura multidimensionale della responsabilità sociale delle imprese e delle differenti politiche applicate dalle imprese sul tema. La linea indicata e da seguire nella

formulazione della proposta è quella di un approccio flessibile alla rendicontazione non finanziaria capace di garantire la comparabilità delle informazioni e quindi assicurare a tutti gli stakeholder un facile accesso alle stesse. Lo strumento della rendicontazione non finanziaria è considerato fondamentale nella fase di transizione verso un’economia globale, perché contribuisce affinché questa assuma la caratteristica della sostenibilità. Un’economia è sostenibile quando riesce a coniugare la redditività a lungo termine, la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale e la rendicontazione non finanziaria permette di misurare e controllare i risultati delle imprese su questi temi.

La Commissione ha accolto l’invito ed è stata emanata la direttiva.

La direttiva, recepita dagli Stati membri entro il 6 dicembre 2016, viene applicata a decorrere dall’esercizio dell’anno 2017. Essa rappresenta il primo intervento di natura normativa a

livello europeo per la diffusione della rendicontazione non finanziaria. Prima di questo

momento l’Unione si era limitata ad attività e iniziative aventi ad oggetto la divulgazione di documenti non finanziari di carattere volontario.

Con la direttiva l’assunzione di un impegno nei confronti dell’ambiente e della società diventa obbligatorio. Quest’obbligo ricade sulle imprese di grandi dimensioni, quotate sui mercati regolamentati, sulle banche e sulle imprese assicurative. La previsione dell’applicazione della direttiva alle imprese di grandi dimensioni trova la sua ragione nel fatto che queste possono avere degli impatti più significativi sui territori dove sono collocate le unità produttive e più

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in generale sui territori nei quali operano. Le piccole e medie imprese, pur non essendo esenti dalla produzione di impatti sui territori nei quali operano, ne producono di meno significativi e per questo la direttiva concede loro discrezionalità rispetto alla rendicontazione non finanziaria. Queste imprese possono valutare il vantaggio che trarrebbero dalla rendicontazione non finanziaria e quindi scegliere eventualmente di adeguarsi alle prescrizioni della norma. D’altronde bisogna considerare che solo le grandi imprese sono in grado di accogliere le indicazioni della normativa e adempiere agli obblighi imposti da questa. Se la direttiva avesse esteso il suddetto obbligo a tutte le imprese senza alcuna distinzione, la conseguenza sarebbe stata sicuramente una situazione di mera compliance normativa, una rendicontazione dovuta per legge e priva invece del suo ruolo di strumento che crea a lungo termine un vantaggio competitivo per l’azienda che la pone in essere.

La direttiva trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di coordinare ed armonizzare le legislazioni degli Stati membri1, considerato anche che molte delle imprese di grandi dimensioni alle quali la norma si rivolge estendono la loro attività oltre i confini nazionali. La direttiva si presenta come uno strumento utile per le imprese per rendere costante l’attività di analisi e conseguente ristrutturazione delle politiche aziendali. L’impresa attraverso la redazione della documentazione non finanziaria ottiene una reale conoscenza degli impatti della sua attività, ne identifica i parametri di riferimento e svolge un’ampia valutazione dei rischi e delle opportunità che le permette di migliorare il processo decisionale.

L’articolo 2 della direttiva stabilisce che, entro il termine previsto per il recepimento da parte degli Stati membri, la Commissione europea emana “Orientamenti in materia di

comunicazione”, delle linee guida non vincolanti aventi ad oggetto la “metodologia di comunicazione delle informazioni di carattere non finanziario, compresi gli indicatori

fondamentali di prestazione generali e settoriali, al fine di agevolare la divulgazione pertinente, utile e comparabile di informazioni di carattere non finanziario da parte delle imprese. […].”

Nella stesura di questi orientamenti “è opportuno che la Commissione tenga conto delle migliori prassi esistenti, degli sviluppi internazionali e dei risultati delle pertinenti iniziative dell’Unione”2

.

Nelle linee guida che ha emanato, la Commissione spinge le imprese a considerare la flessibilità offerta dalla direttiva per la comunicazione, rimarcando la non obbligatorietà degli

1 COM(2011) 206 final 2

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orientamenti volta a non “soffocare l’innovazione nelle pratiche di comunicazione”. Le imprese sono infatti libere di scegliere uno standard di redazione della documentazione non finanziaria tra quelli internazionali, unionali e nazionali o di utilizzare uno standard proprio. Il 15 gennaio del 2016 la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica usando come mezzo anche il web al fine di raccogliere le istanze e i pareri di tutti gli stakeholder. In questa fase si è tenuta anche una consultazione con un gruppo di esperti di alto livello sul finanziamento sostenibile, istituito nel 2015 dal Consiglio per la stabilità finanziaria (FBS), su richiesta dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali del G20. Questa task force ha emanato delle raccomandazioni per la comunicazione volontaria dei rischi finanziari relativi al clima, che riguardano ambiti già individuati dalla direttiva, quali governance, strategia e gestione dei rischi

Lo scopo delle linee guida è aiutare le imprese ad essere compliant con la direttiva (fornendo le informazioni richieste in conformità con gli obblighi sanciti ed evitando così oneri amministrativi) ed evitare una comunicazione standardizzata e allo stesso tempo favorire la comparabilità tra imprese e settori.

Le linee guida indirizzano l’attività di rendicontazione riguardo i principali fondamentali (le caratteristiche che devono avere le informazioni), il contenuto (modello aziendale, politiche e dovuta diligenza, risultato, rischi principali e loro gestione, indicatori fondamentali di prestazione, aspetti tematici), gli standard di comunicazione e la divulgazione.

Analizziamo le caratteristiche che le informazioni devono avere.

L’articolo 1 della direttiva stabilisce che le informazioni devono essere rilevanti e prevede che le imprese devono includere nella dichiarazione non finanziaria informazioni nella misura necessaria per comprendere l’andamento dell’impresa, la sua attività e gli impatti della sua attività.

Il concetto di rilevanza, ampiamente analizzato negli standard di rendicontazione e comunemente utilizzato da coloro che redigono report non financial, era già stato definito dall’articolo 2 della direttiva 2013/34/UE in materia di contabilità. Questa norma definisce le informazioni rilevanti come “lo stato dell'informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell'impresa. La rilevanza delle singole voci è giudicata nel contesto di altre voci analoghe".

La direttiva 2014/95/UE aggiunge a questa definizione il carattere della comprensibilità. Le informazioni fornite devono rendere comprensibile “l’andamento dell'impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell'impatto della sua attività”. Inoltre il considerando 8 fa

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riferimento a informazioni che siano adeguate a rendicontare sugli aspetti riguardo i quali potrebbero verificarsi con maggiore probabilità i rischi principali e con gravi ripercussioni. Queste ripercussioni possono essere sia positive che negative ed è necessario che entrambe vengano riportate in maniera chiara ed equilibrata.

Sia nella direttiva 2014/95/UE che nella direttiva 2013/34/UE si fa poi riferimento al contesto. È necessario che le informazioni fornite siano contestualizzate perché esse possono risultare rilevanti in un contesto e meno in un altro. Le situazioni che determinano il contesto sono specifiche delle circostanze aziendali e settoriali.

Secondo le linee guida le informazioni devono riportare gli aspetti favorevoli e quelli sfavorevoli, presentandoli in maniera imparziale, distinguendo i fatti dalle interpretazioni e i punti di vista. Per farlo la Commissione suggerisce diversi “accorgimenti” da applicare nella rendicontazione non finanziaria, quali il conferimento ad alcuni membri del consiglio di competenze in materia di sostenibilità e di trasparenza, dei sistemi affidabili di controllo e rendicontazione, il coinvolgimento effettivo delle parti interessate e l’assurance di una parte terza indipendente.

Le informazioni rese devono essere correte, equilibrate e comprensibili. Per far sì che questo principio venga rispettato, bisogna utilizzare un linguaggio semplice e coerente, fornire la definizione dei termini tecnici, spiegare gli aspetti interni come i metodi di misurazione e le fonti utilizzate, presentare dati quantitativi e qualitativi.

Le informazioni fornite devono essere concise e avere un livello di approfondimento relativo alla loro rilevanza, evitando informazioni generiche o approssimative.

Le informazioni dovrebbero essere strategiche e lungimiranti, con approfondimenti sul modello aziendale, sulla strategia e sulle implicazioni a breve, medio e lungo termine delle informazioni comunicate. La trasparenza dell’azienda si ottiene anche attraverso le informazioni previsionali e prospettiche. Queste consentono il monitoraggio esterno delle parti interessate e permettono loro di valutare la posizione e l’andamento dell’impresa.

Le linee guida indicano di considerare le parti interessate come un gruppo collettivo a cui rivolgere le informazioni, che dovrebbero riguardare anche le interazioni con le stesse.

La Commissione spinge a creare dei collegamenti tra le informazioni non financial e financial di modo che queste risultino coerenti tra esse. La coerenza dovrebbe sussistere anche per la sola dichiarazione non finanziaria in relazione al tempo, di modo che si possano comprendere e confrontare i cambiamenti avvenuti negli anni in relazione agli indicatori fondamentali di prestazione scelti e alla metodologia di rendicontazione adottata, tenuto conto dei dovuti e necessari aggiornamenti.

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Nella determinazione del contenuto l’analisi e la presentazione del modello aziendale sono molto importanti. Il modello aziendale di un’impresa infatti fornisce una panoramica del suo funzionamento, definendo come questa genera il suo valore. La spiegazione del modello deve essere chiara e bisogna comunicare e spiegare eventuali cambiamenti del modello nel corso dell’anno di riferimento della rendicontazione.

La rendicontazione deve riguardare anche i processi di dovuta diligenza che hanno ad oggetto le politiche, la gestione dei rischi e i risultati e che le imprese applicano per garantire di essere in grado di raggiungere un obiettivo concreto. I processi di dovuta diligenza aiutano a individuare e prevenire eventuali ripercussioni negative e rappresentano uno strumento di gestione dei rischi. I rischi principali sono quelli connessi alle attività dell’impresa e ai rapporti commerciali che possono avere ripercussioni negative negli ambiti indicati dalla norma. Risulta utile anche fornire informazioni sulla definizione degli obiettivi e sulla misurazione dei progressi.

Per misurare le azioni svolte dall’impresa vengono utilizzati gli indicatori fondamentali di prestazione. La Commissione sostiene che bisognerebbe divulgare indicatori generali e settoriali, considerando le circostanze specifiche e le esigenze degli investitori. Gli indicatori devono essere utilizzati anche per collegare le informazioni quantitative con quelle qualitative. È importante utilizzarli in maniera coerente da un periodo all’altro di modo da garantire la comparabilità delle informazioni fornite.

Gli aspetti tematici da trattare sono indicati dalla direttiva. Questi sono ambiente, società, personale, diritti umani, lotta alla corruzione attiva e passiva. Le informazioni su sviluppi imminenti, se divulgate, potrebbero compromettere la posizione dell’azienda, soprattutto in fase di negoziazione. In questi casi si consiglia di fornire informazioni riepilogative ma non dettagliate, che permettano di perseguire il principio della trasparenza e allo stesso tempo di tutelare la posizione dell’azienda.

Nel considerando 9 della direttiva è inserito un elenco non tassativo di standard di comunicazione che l’impresa potrebbe adottare nella rendicontazione. La Commissione sostiene che l’utilizzo di uno standard ampiamente riconosciuto e sviluppato attraverso un debito processo possa essere di supporto per le imprese per divulgare correttamente le informazioni sugli aspetti chiave e possa limitare l’onere amministrativo per le stesse. Tuttavia si fa rimando alla flessibilità adottata dal legislatore europeo e si invita all’innovazione.

Nella relazione sul governo societario le imprese devono rendicontare sulla politica adottata per garantire la diversità di genere nel consiglio di amministrazione. Bisogna descrivere i

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criteri di diversità adottati e i motivi per i quali sono stati scelti quei criteri. Questi in via generale devono riguardare l’età, il sesso, i contesti educativi e professionali. Le imprese dovrebbero definire degli obiettivi e descrivere come questi vengono raggiunti.

Come già anticipato, il legislatore europeo ha posto come termine per il recepimento della direttiva il 6 dicembre 2016. Per il recepimento bisogna operare tenendo conto dei limiti posti dalla normativa interna in ambito di divieto di gold plating. Il gold plating è

definito dalla Commissione Europea come “quella tecnica…che va al di là di quanto richiesto dalla normativa europea pur mantenendosi entro la legalità. Gli stati membri hanno ampia discrezionalità in sede di attuazione delle direttive comunitarie. Essi possono aumentare gli obblighi di comunicazione, aggiungere i requisiti procedurali, o applicare regimi sanzionatori più rigorosi. Se non è illegale, il gold plating è di solito presentata come una cattiva pratica , perché impone costi che avrebbero potuto essere evitati”.3 Tuttavia se in fase di recepimento vengono introdotte disposizioni più dettagliate di quelle previste nella direttiva, ad esempio indicando le procedure da seguire per ottemperare agli obblighi, viene esclusa la fattispecie del gold plating quando le suddette procedure e le modalità indicate non comportano oneri più gravosi di quanto è necessario per l’adempimento.

L’Italia ha sancito il divieto di gold plating con la legge di stabilità 20124

. Questa ha

modificato la legge 246/2005, introducendo:

 l’articolo 24 bis “Gli atti di recepimento di direttive comunitarie non possono prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, salvo quanto previsto al comma 24-quater”,

 l’articolo 24-ter “Costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie: a) l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive; b) l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari; c) l’introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l’attuazione delle direttive”,

3 Commissione Europea, Smart regulation in the European Union, COM(2010) 543 final,

Bruxelles, 8 ottobre 2010

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 l’articolo 24-quater “L’amministrazione dà conto delle circostanze eccezionali, valutate nell’analisi d’impatto della regolamentazione (AIR), in relazione alle quali si rende necessario il superamento del livello minimo di regolazione comunitaria”. In particolare il Presidente del Consiglio dei Ministri ha emanato una direttiva5 in cui disciplina le modalità che le amministrazioni statali devono indicare per assicurare il rispetto dei “livelli minimi di regolazione previsti dalle direttive europee”. La direttiva del Presidente ha stabilito che l’analisi di impatto della regolazione (AIR) debba dar conto del rispetto dei livelli minimi e motivare l’eventuale superamento dei suddetti livelli con la sussistenza di circostanze eccezionali. In particolare la direttiva del Presidente del Consiglio prevede che l’amministrazione che presenta la relazione AIR deve considerare varie opzioni di recepimento e includere tra queste anche l’opzione relativa al livello minimo previsto dalla direttiva europea. Per ciascuna opzione diversa da quella che costituisce il livello minimo devono essere indicati i maggiori adempimenti. Nel caso in cui l’amministrazione reputi necessario adottare livelli di regolazione superiori, bisognerà integrare la valutazione dell’opzione preferita con la valutazione dei maggiori oneri derivanti dal superamento dei livelli minimi, la valutazione dell’estensione dell’ambito soggettivo rispetto a quanto previsto dalla direttiva in via di recepimento e la valutazione dei benefici derivanti dal superamento dei livelli minimi di regolazione e che ne giustificano la necessità. Nel caso in cui non sia prevista l’analisi di impatto della regolazione, le valutazioni per giustificare il superamento del livello minimo di regolazione sono effettuate nella relazione illustrativa.

Nel lavoro di recepimento bisognerà quindi trovare per ciascuno degli aspetti amministrativi previsti dalla direttiva l’equilibrio tra la qualità e l’ampiezza dell’informazione da un lato e i costi che le imprese devono sopportare per adempiere all’obbligo di rendicontazione non finanziaria dall’altro.

Ad oggi il recepimento della direttiva è avvenuto in 27 Stati, solo la Spagna non ha ancora recepito.

In alcuni stati l’obbligo di rendicontazione non finanziaria esisteva anche prima del recepimento della direttiva. Si riportano i casi della Danimarca, della Francia e del Regno

Unito.

La Danimarca, primo Stato a recepire la direttiva in esame, aveva una legislazione sul reporting non finanziario già prima della sua emanazione. Nel 2008 infatti era stata emanato il Danish Financial Statement Act, che imponeva alle grandi imprese esplicitamente la

5 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, 16 gennaio 2013, pubblicata in G.U. 12

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rendicontazione delle politiche di responsabilità sociale e dei relativi risultati. Nel 2012 era stato imposto alle stesse un obbligo di rendicontazione sui temi dei diritti umani e degli impatti sul cambiamento climatico, indipendentemente dalla loro inclusione nelle politiche di responsabilità sociale. L’ultima revisione della norma è avvenuta nel maggio 2015 con la graduale estensione del campo di applicazione dell’obbligo di rendicontazione non finanziaria, introducendolo dal 2016 per le grandi imprese quotate e quelle pubbliche e prevedendo l’estensione dal 2018 a tutte le grandi imprese, stimate in poco più di 1.000. Anche in Francia, prima dell’emanazione della direttiva, esisteva per le imprese quotate un obbligo di rendicontare e divulgare nella relazione sulla gestione le informazioni non finanziarie. La legge 420 del 15 marzo del 2001, la cd. Nouvelles Régulations Economiques, richiedeva infatti di rendicontare le misure adottate in merito all’impatto ambientale e sociale delle loro attività. Nel 2009 fu poi emanata la legge 967 del 3 agosto, la c.d. Grenelle I, succeduta poco dopo dalla legge 788 del 12 luglio 2010, la Grenelle II. Quest’ultima norma ha introdotto nuove regole per il reporting, ha ampliato l’ambito di applicazione dell’obbligo, ha ampliato le tematiche da rendicontare, ha imposto di indicare i principali riferimenti degli standard di rendicontazione scelti e gli indicatori in merito alle tematiche oggetto della dichiarazione, ha introdotto il principio “comply or explain”, ha sancito l’obbligo di sottoporre ad asseverazione da parte di un soggetto terzo indipendente le informazioni non finanziarie divulgate. Considerato che era già presente una normativa così avanzata, la Francia ha recepito solo parzialmente la direttiva. Dal decreto di recepimento si evince che sono obbligati a redigere una dichiarazione di carattere non finanziario oltre agli enti di interesse pubblico rilevante anche le società non quotate che presentano un ammontare del totale attivo superiore a 100 milioni di euro o un volume d’affari superiore a 100 milioni ed un numero medio di dipendenti impiegato durante l'anno di 500. La norma obbliga ad inserire la dichiarazione nella relazione sulla gestione, non prevedendo la possibilità di redigere una relazione distinta e obbliga a pubblicarla sul sito internet della società. L’asseverazione deve riguardare sia la predisposizione che l’attendibilità delle informazioni divulgate e viene effettuata da un organismo terzo indipendente accreditato presso il COFRAC, il comitato francese di accreditamento.

Anche nel Regno Unito esisteva un obbligo di rendicontazione non finanziaria prima che venisse emanata la direttiva 2014/95/UE. In particolare l’obbligo è stato introdotto nel Companies Act del 2006. Questa norma ha sancito l’obbligo di inserire una dichiarazione di carattere non finanziario nello “strategic report”, ovvero la relazione che il consiglio di amministrazione deve redigere per ciascun esercizio e che fa parte della documentazione

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annuale di bilancio. Non è previsto un obbligo di asseverazione esterna, tuttavia la norma dispone che i revisori, svolgendo l’attività di revisione del bilancio d’esercizio, debbano effettuare delle considerazioni sulla base delle informazioni acquisite in questa attività. I revisori devono verificare che l’informazione fornita nella suddetta relazione sia coerente con il bilancio, che lo stategic report sia conforme alle norme applicabili e nel corso dell’audit, svolto per conoscere l’impresa e il suo ambiente, verificare che non ci siano stati errori significativi e, se ne riscontrano la presenza, indicarne la natura. Dall’ambito di applicazione sono escluse le piccole e medie imprese.

1.2. Framework nazionale

Il decreto legislativo 30 dicembre 2016 n.254, in attuazione della legge di delega

comunitaria, ha introdotto l’obbligo di divulgare una dichiarazione di carattere non

finanziario, in linea con la direttiva 2014/95/UE e ha provveduto ad attuare le specifiche

opzioni normative rimesse agli Stati membri.

Prima del 2016 in Italia erano diffuse una forma di rendicontazione non finanziaria di tipo volontario e una primitiva forma di rendicontazione non finanziaria di natura vincolante. Il decreto legislativo n. 32 del 2007 recepiva nel nostro Paese la direttiva 2003/51/CE, nota come direttiva di modernizzazione contabile, modificando l’articolo 2428 del codice civile “Relazione sulla gestione” e stabiliva in capo alle società di capitali l’obbligo di fornire alcune informazioni non finanziarie. L’obbligo imposto incideva sulla predisposizione del bilancio consolidato, della relazione di gestione e della relazione di revisione. Tuttavia l’articolo in esame stabiliva che le informazioni non finanziarie dovessero essere fornite solo nel caso in cui fossero presenti le condizioni indicate dalla norma stessa. In particolare questa disponeva che l’informativa contenuta nella relazione fosse “[…] coerente con l’entità e la complessità degli affari della società” e che la società interessata dovesse riportare gli indicatori finanziari e, solo “se del caso”, quelli non finanziari. Questi dovevano essere riportati quando né il bilancio né gli indicatori finanziari esprimevano in modo chiaro e significativo la situazione della società.

Si richiama a tal riguardo la Raccomandazione 2001/453/CE “Informazioni ambientali nei conti annuali e nella relazione sulla gestione delle società” che al paragrafo 4.2 stabiliva che: “Le informazioni sugli aspetti ambientali vanno rese pubbliche nella misura in cui sono rilevanti per i risultati finanziari o la situazione finanziaria dell'impresa. Le informazioni da divulgare devono essere incluse, a seconda della loro natura, nella relazione annuale e consolidata sulla gestione o nell'allegato ai conti annuali e consolidati”. Di conseguenza

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l’informativa ambientale e quella sul personale dovevano essere intese come possibili analisi necessarie per la comprensione dell’andamento della società.

Dal 2001 ad oggi il tema della responsabilità sociale d’impresa ha acquisito maggiore rilevanza a livello europeo e a livello nazionale e questo ha portato a considerare diversamente le informazioni di carattere non finanziario che hanno quindi acquisito autonomia rispetto a quelle di carattere finanziario. L’obbligo di rendicontare le informazioni non finanziare non è più sottoposto a condizioni, ma vige e sussiste per le società interessate dal nuovo decreto in ogni caso.

Il legislatore italiano in fase di recepimento ha dovuto contemperare i diversi interessi in gioco e valutare da un lato il rischio che una normativa troppo stringente fosse mal vista, non accettata e percepita come un peso e dall’altro il rischio che una normativa troppo concessiva perdesse il suo significato e non raggiungesse il suo obiettivo primario.

Il decreto legislativo 254/2016 si applica agli enti di interesse pubblico. Questi sono

definiti dal d.lgs. n. 39/2010, che all’art.16 prevede che: “Sono enti di interesse pubblico: a) le società italiane emittenti valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell'Unione europea;

b) le banche;

c) le imprese di assicurazione di cui all' articolo 1, comma 1, lettera u), del codice delle assicurazioni private;

d) le imprese di riassicurazione di cui all' articolo 1, comma 1, lettera cc), del codice delle assicurazioni private, con sede legale in Italia, e le sedi secondarie in Italia delle imprese di riassicurazione extracomunitarie di cui all'articolo 1, comma 1, lettera cc-ter), del codice delle assicurazioni private”.

Gli enti di interesse pubblico, così definiti, sono obbligati a rendicontare le informazioni non financial quando superino le soglie indicate dall’art.2 del decreto. Le società devono aver avuto in media durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 e aver superato alla data di chiusura del bilancio, almeno uno dei seguenti limiti dimensionali:

 un totale attivo dello stato patrimoniale di almeno 20 milioni di euro;

 un totale dei ricavi netti delle vendite o delle prestazioni di almeno 40 milioni di euro. L’articolo 3 e l’articolo 4 dettano la disciplina rispettivamente della dichiarazione individuale e della dichiarazione consolidata.

L’articolo 6 stabilisce due casi in cui le società sono esonerate dall’obbligo di rendicontazione. Il primo caso prevede che all’interno di un gruppo le società figlie

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(controllate) siano esonerate dalla dichiarazione individuale quando la società madre (controllante) redige una dichiarazione consolidata. La dichiarazione consolidata assorbe la dichiarazione individuale. Il secondo caso si verifica quando la dichiarazione della società e delle sue eventuali controllate viene assorbita dalla dichiarazione di un’altra società madre soggetta allo stesso obbligo o di un’altra società europea, soggetta al diritto di un altro Stato membro e alla quale di conseguenza si applica la disciplina comunitaria. L’esonero non può operare nel caso in cui la società madre rediga una dichiarazione non finanziaria di natura volontaria. Inoltre riguardo la dichiarazione consolidata si può ritenere che le controllate debbano fornire informazioni funzionali anche se non sussiste un’espressa disposizione normativa. La società madre può incidere sull’assetto organizzativo e amministrativo delle controllate al fine di renderle coerenti con le politiche di gruppo in materia socio/ambientale. Individuato l’ambito di applicazione, analizziamo il contenuto della dichiarazione.

Il decreto prevede che le società interessate dovranno redigere e pubblicare, per ogni esercizio finanziario, una dichiarazione “di carattere non finanziario” che copra, “nella misura

necessaria ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta, … i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa…”6

.

Gli ambiti su cui si deve rendicontare sono quindi ambiente, comunità di riferimento, personale, rispetto dei diritti umani e lotta alla corruzione attiva e passiva.

Gli elementi minimi che la dichiarazione dovrà contenere sono raggruppati in due campi. Il primo è costituito dalle strategie aziendali e comprende:

 il modello aziendale di gestione e organizzazione dell’impresa, inclusi i modelli aziendali di prevenzione dei reati adottati ai sensi del d.lgs. 231/2001, che siano rilevanti nella gestione dei temi socio-ambientali indicati dal decreto;

 le politiche praticate, i risultati raggiunti e i relativi indicatori fondamentali di prestazione;

 i principali rischi, generati o subiti, connessi ai temi socio-ambientali e che derivano dalle attività di impresa o dai prodotti e servizi forniti dalla stessa, comprese le catene di fornitura e subappalto.

Il secondo invece riguarda gli impatti dell’attività della società negli ambiti non finanziari.

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La dichiarazione quindi deve comprendere anche i modelli adottati per la prevenzione dei reati in base alla disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ex d.lgs. n. 231/2001. “Il decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”.7

L’ambito di applicazione del decreto comprende gli enti forniti di personalità giuridica e le società e le associazioni prive di personalità giuridica. Le imprese adottano il modello 231 per essere dispensate dai reati imputati ai singoli dipendenti. Mediante la sua compilazione, la società che lo sottoscrive può chiedere legittimamente l'esclusione o la limitazione della propria responsabilità derivante da uno dei reati menzionati nella norma, tra cui lesioni commesse violando le norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, l’impiego di cittadini di paesi terzi, i reati ambientali. Il modello organizzativo 231 si intreccia quindi con i temi sociali e ambientali, anche se in un ambito penalmente rilevante.

L’articolo 3 comma 2 prevede che le informazioni devono riguardare “a) l'utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l'impiego di risorse idriche; b) le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera; c) l'impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull'ambiente nonché sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio di cui al comma 1, lettera c), o ad altri rilevanti fattori di rischio ambientale e sanitario; d) aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le parti sociali; e) rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonché le azioni poste in essere per impedire atteggiamenti ed azioni comunque discriminatori; f) lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati.”

L’art.3 co.8 del decreto prevede un’esenzione dalla rendicontazione sulle informazioni

sensibili, stabilendo che nella dichiarazione possono essere omesse le informazioni

concernenti sviluppi imminenti e operazioni in corso di negoziazione. La ratio di questa esenzione è stata già riportata nell’analisi della direttiva effettuata nel paragrafo precedente. Il contenuto della dichiarazione deve rispettare il criterio di rilevanza o materialità, in base al quale scegliere quei temi che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa. Nella dichiarazione consolidata il perimetro di consolidamento dovrebbe rispecchiare il perimetro di consolidamento del bilancio consolidato. Tuttavia le singole

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società possono essere escluse nel caso in cui non risultano necessarie al fine di comprendere l’attività del gruppo, il suo andamento, i suoi risultati e l’impatto prodotto dall’attività stessa. Quindi è possibile che, sulla base della valutazione di significatività sulle singole società, si verifichi un disallineamento tra l’area di società considerata nel consolidato contabile e quella considerata nella dichiarazione.

Il decreto prevede due modalità di redazione della dichiarazione non finanziaria.

L’azienda può scegliere di seguire nella rendicontazione i principi degli standard di rendicontazione “emanati da autorevoli organismi sovranazionali, internazionali o nazionali, di natura pubblica o privata, funzionali, in tutto o in parte, ad adempiere agli obblighi di informativa non finanziaria” previsti dal decreto.8 In alternativa può adottare una metodologia di rendicontazione autonoma, che deve essere descritta chiaramente e motivata e consiste nella possibilità di combinare “uno o più standard di rendicontazione”. Attualmente gli standard maggiormente usati sono GRI e IIRC.

L’adozione di uno standard piuttosto che l’altro o di una metodologia autonoma di rendicontazione incidono in maniera forte sull’applicazione del criterio di materialità. La nozione di materialità infatti dipende dal contesto normativo in cui si opera. La sua determinazione deve essere declinata in base ai principi previsti dallo standard utilizzato. Nel

GRI la soglia di rilevanza dell’informazione si determina in considerazione degli impatti

economici, ambientali e sociali dell’organizzazione che influenzano le decisioni degli stakeholder e i temi rilevanti sono individuati secondo un’analisi basata su una serie di fattori quali il profilo di business, le strategie, le aspettative degli stakeholder, il contesto in cui opera, ecc. I destinatari delle informazioni sono tutti gli stakeholder. Nell’IIRC la prospettiva è quella della creazione di valore, con la conseguenza che sono materiali quelle informazioni che influenzano in modo significativo la capacità di creare valore. I destinatari delle informazioni sono quindi i fornitori di capitale.

Le informazioni non finanziarie “sono fornite con un raffronto in relazione a quelle fornite negli esercizi precedenti, secondo le metodologie ed i principi previsti dallo standard di rendicontazione utilizzato”. Considerato che la documentazione non finanziaria riferita all’esercizio 2017 costituisce la prima applicazione del decreto, in questa sede il confronto con gli esercizi precedenti dovrà essere necessariamente sommario e qualitativo.

8 Sistema di eco gestione e Audit (EMAS), Il patto mondiale (Global compact), principi guida su imprese e diritti

umani delle Nazioni Unite (Guiding Principles on Business and Human Rights), gli orientamenti dell'OCSE per le imprese multinazionali, norma ISO 26000, Global Reporting Initiative, standard redatti dall’International Integrated Reporting Council (IIRC), altri standard internazionali riconosciuti ecc.

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Il decreto prevede due tipi di verifica, una sull’adempimento e l’altra sulla conformità delle informazioni alle prescrizioni della norma.

La verifica sull’adempimento è effettuata dal revisore legale del bilancio d’esercizio, il quale deve verificare l’avvenuta predisposizione da parte dell’organo di gestione della dichiarazione non finanziaria. Gli amministratori garantiscono la redazione e pubblicazione della dichiarazione in conformità con il decreto.

La verifica di conformità delle informazioni avviene attraverso un controllo sia interno che sterno. Il controllo interno è effettuato dal collegio sindacale che vigila “sull’osservanza delle disposizioni stabilite nel decreto e ne riferisce nella relazione annuale all’assemblea”. Il controllo esterno viene effettuato dal revisore legale del bilancio (che ha già effettuato la verifica sull’adempimento) o altro soggetto, abilitato e appositamente designato, che attesta la conformità delle informazioni fornite rispetto alle norme del decreto e ai principi dello standard utilizzato con apposita relazione (assurance report) distinta da quella relativa alla revisione legale.

Lo standard di riferimento applicato dalle società di revisione per lo svolgimento degli incarichi di attestazione è il principio ISAE 3000.

Sono previste due forme di attestazione:

 limited assurance, che non è un giudizio e si basa su un esame limitato;

 reasonable assurance, che consiste invece in un giudizio.

La verifica è prevista nella forma della limited assurance pur consentendo, ove le società lo decidano, anche conclusioni espresse nella forma della reasonable assurance.

Il principio ISAE 3000 non viene indicato dal regolamento Consob come principio da applicare nella revisione. Bisogna considerare che nonostante l’ISAE 3000 rappresenti attualmente il principio di riferimento per i revisori, non è dedicato esclusivamente all’asseverazione delle informazioni non finanziarie. Risulta quindi ragionevole non escludere che in futuro possano essere applicati principi diversi per effettuare la revisione.

Il decreto non impone l’obbligo di sottoporre la dichiarazione non finanziaria all’approvazione dell’assemblea.

Il legislatore ha indicato due modalità di pubblicazione. La dichiarazione può essere

inserita in una specifica sezione della relazione sulla gestione, della quale condivide termini e procedure, contrassegnata da una dicitura di dichiarazione di carattere non finanziario.

La specifica sezione può contenere tutte le informazioni richieste dal decreto o rimandare ad altre sezioni della relazione sulla gestione o ad altri documenti previsti a norma di legge,

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compresa la relazione distinta, dove reperire le informazioni richieste, indicando la sezione del sito internet della società dove le informazioni sono pubblicate.

Si tratta della c.d. tecnica dell’incorporation by reference che ha come obiettivi l’economicità e la fruibilità dell’informazione.

La dichiarazione può essere contenuta in una relazione distinta, che può essere denominata con altre formule (es. bilancio di sostenibilità) purché si aggiunga la dicitura di dichiarazione di carattere non finanziario. I termini per la presentazione della dichiarazione fornita in una relazione distinta sono quelli previsti per la presentazione del progetto di bilancio.

Sia che la dichiarazione venga inserita in una specifica sezione della relazione sulla gestione, sia che venga presentata in una relazione distinta, si considerano assolti gli obblighi in materia non finanziaria imposti dall’art. 2428 cc, per il bilancio d’esercizio, e dall’art. 40 del d.lgs. n. 127/1991, per il bilancio consolidato.

Il decreto prevede una sanzione nel caso in cui i soggetti interessati non adempiano agli obblighi derivanti dal decreto. Si tratta di una sanzione amministrativa pecuniaria

commisurata alla gravità della condotta oltre che alla natura obbligatoria o volontaria della dichiarazione.

Il mancato deposito, il deposito ritardato, l’omessa allegazione dell’attestazione del revisore, la dichiarazione non conforme, la dichiarazione falsa, il comportamento omissivo dei revisori costituiscono le figure di illecito che se commesso comporta l’applicazione della sanzione prevista.

Il decreto individua come ente di vigilanza esterno la Consob, che ha i seguenti poteri:  vigilanza istruttoria, che riguarda due profili: la corretta redazione e pubblicazione

della dichiarazione non finanziaria e il corretto svolgimento della verifica di conformità da parte dei revisori;

 potere di chiedere modifiche o integrazioni della dichiarazione non finanziaria, fissando il termine per l’adeguamento, nel caso in cui essa risulti incompleta o non conforme alle disposizioni di riferimento;

 potere di chiedere in via generale la comunicazione di notizie e documenti, fissandone le relative modalità ed eseguire ispezioni;

 potere di chiedere dati, notizie e documenti ai revisori ed eseguire ispezioni;

 potere di applicare le sanzioni amministrative.

Il decreto prevede che la Consob emani un regolamento che abbia ad oggetto:

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 le modalità e i termini per il controllo da svolgere sulle dichiarazioni;

 le eventuali ulteriori modalità di pubblicazione della dichiarazione e delle necessarie modifiche e integrazioni richieste;

 i principi di comportamento e le modalità di svolgimento dell’incarico di verifica della conformità delle informazioni da parte dei revisori.

La Consob ha posto in consultazione sei disposizioni regolamentari che recepiscono le indicazioni del decreto sul contenuto del regolamento in data 21 luglio 2017. La fase di consultazione è terminata il 22 settembre 2017. I commenti pervenuti sono stati pubblicati sul sito della Consob e “valutati ed elaborati ai fini della revisione regolamentare”.

Il testo regolamentare disciplina le informazioni da fornire alla Consob.

In particolare è previsto che gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante effettuano la pubblicazione ai sensi di quanto previsto dall’articolo 110 del medesimo regolamento. Questa norma stabilisce che contestualmente al deposito presso il registro delle imprese ex articolo 2435 c.c., gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante devono pubblicare nel proprio sito internet oppure avvalendosi di uni SDIR il bilancio di esercizio o il bilancio consolidato, approvato e le relazioni che contengono il giudizio della società di revisione. In questo caso quindi non risulta necessario un ulteriore invio separato alla Consob.

Le altre società dovranno trasmettere la dichiarazione non finanziaria direttamente alla Consob, secondo le modalità specifiche individuate sul sito, entro quindi giorni dal deposito presso il registro delle imprese e pubblicarla sul proprio sito internet. La pubblicazione sul sito internet costituisce uno strumento di facile accesso a tutti coloro che sono interessati alla società e al report, dagli investitori ai consumatori.

L’articolo 3 del testo regolamentare stabilisce in capo all’organo di controllo delle società che redigono la dichiarazione non finanziaria l’onere di trasmettere alla Consob gli accertamenti effettuati in merito ad eventuali violazioni delle disposizioni del decreto.

La Consob specifica che le forme di pubblicità previste dal decreto 254 sono state coordinate con quanto previsto dal Testo Unico della Finanza e dalle norme regolamentari di attuazione in materia di diffusione dell’informativa societaria da parte delle società quotate e delle società con strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, con particolare riguardo al caso in cui la dichiarazione non finanziaria viene inserita in una relazione distinta dalla relazione sulla gestione. In quest’altro caso infatti l’applicazione delle disposizioni richiamate è imposta dalle norme vigenti.

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Il regolamento sottoposto a consultazione detta anche i criteri per l’esame dell’informazione non finanziaria da parte della Consob e stabilisce che l’attività di vigilanza sulle dichiarazioni non finanziarie viene effettuata su base campionaria. La quota dei soggetti da sottoporre al controllo e i criteri di selezione dei report vengono determinati annualmente. I criteri sono integrabili in presenza di condizioni mutevoli e sulla base dell’esperienza acquisita, mentre una parte dei soggetti sottoposti ad attività di vigilanza viene indicata da un modello di selezione a rotazione o casuale.

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Capitolo 2. Analisi dell’impatto dell’applicazione del D.lgs. n. 254/2016 in

alcune aziende italiane

2.1 Premessa

Il secondo capitolo è dedicato all’analisi dell’impatto dell’applicazione del D.lgs. n. 254/2016 in alcune aziende italiane. La content analysis svolta ha la finalità di comprendere come aziende del settore delle utility hanno affrontato e stanno affrontando il tema della rendicontazione non finanziaria, in modo da poterne trarre degli item che possano fungere da punti di riferimento per Alia S.p.A. nel suo percorso di adempimento al decreto legislativo. A tale scopo è stata somministrata un’intervista ai dirigenti e responsabili del team CSR. Per condurre questa analisi è stata scelta la tipologia di intervista definibile semi-strutturata. L’intervista è composta da quattro domande a risposta aperta. I quesiti affrontano quattro macrotemi, quali l’applicazione del decreto, gli ostacoli, le opportunità e le best practices. Nonostante sia stato dato un ordine ai quesiti, la caratteristica della risposta aperta ha fatto sì che avvenisse un dialogo tra l’intervistatore e l’intervistato e che si creassero degli interessanti collegamenti tra le risposte alle quattro domande.

La somministrazione ha riguardato quattro soggetti. In tre casi la somministrazione è stata svolta attraverso un’intervista telefonica, un solo rispondente ha invece preferito fornire la risposta ai quesiti sottoposti in forma scritta.

Nella seguente tabella sono indicati i soggetti intervistati, l’azienda di appartenenza, la funzione svolta nell’azienda, la data e la durata dell’intervista.

INTERVISTATO AZIENDA FUNZIONE DATA DURATA

Xerra Selina Iren Dirigente CSR 15/11/17 30 min. Manuela Baudana A2A Responsabile CSR 22/11/17 15 min. Gianluca Principato Hera Responsabile Bilancio di Sost. 20/11/17 Forma scritta Irene Mercadante Acea Responsabile Bilancio di Sost. 30/11/17 30 min.

L’analisi delle risultanze delle interviste condotte è stata svolta attraverso un metodo qualitativo ispirato alla Grounded Theory, che permette di produrre teorie e interpretazioni razionali basate su dati, raccolti tramite un lavoro sul campo. In particolare i dati ottenuti dalla somministrazione dell’intervista sono stati classificati in base ai temi indagati nei quesiti. Il materiale empirico è stato quindi concettualizzato e codificato in nodi. I nodi, ovvero i

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contenitori nei quali il materiale viene raccolto, permettono di giungere a ipotesi e favoriscono la formazione di conclusioni. Le due tipologie di nodi applicabili sono i c.d. free nodes, ovvero i nodi liberi privi di un’organizzazione e i c.d. trees, ovvero i nodi ad albero, organizzati gerarchicamente. Per l’analisi delle evidenze che segue è stato sviluppato un albero di nodi.

2.2. Analisi delle evidenze emerse

Le evidenze emerse dalle interviste somministrate vengono rappresentate nell’ albero di nodi. Il modello concettuale costruito è composto da quattro nodi e sette sottonodi, articolati intorno al tema centrale “Il D.lgs. n.254/2016 nelle utility”.

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NODO 1: ASPETTI OPERATIVI

Il primo nodo sintetizza gli aspetti operativi sui quali si è indagato per comprendere quale fosse il punto di partenza rispetto al tema della rendicontazione non finanziaria delle aziende intervistate. Gli aspetti operativi si diramano in quattro sottonodi.

Sottonodo 1: esperienza

Tutte le rispondenti hanno alle spalle una lunga esperienza in tema di rendicontazione non finanziaria di carattere volontario, tanto da poterla definire una prassi ormai storica. I documenti non financial di queste società si sono evoluti nel tempo e con il passare degli anni sono stati adattati alle nuove versioni degli standard adottati. Queste società hanno dato inizio all’adempimento alle disposizioni dettate dal decreto prima che questo venisse emanato, iniziando ad analizzare e studiare la direttiva 2014/95/UE e quindi adeguando i propri bilanci non finanziari a questa.

“L’adeguamento al decreto 254 è stato ovviamente, l’abbiamo avviato già da tempo nel senso che abbiamo iniziato a strutturare il nostro documento, il nostro processo di rendicontazione quando è uscita la direttiva europea che poi è stata recepita in Italia con il decreto 254.”

(Intervistato n. 1)

“Il gruppo si è costituito nel 2008 quindi fin dal primo anno ha deciso di affiancare alla comunicazione finanziaria anche una comunicazione di questo tipo.” (intervistato n.2)

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“In particolare, il gruppo […] pubblica un bilancio di sostenibilità fin dalla sua costituzione (nel 2002).” (Intervistato n.3)

“L’azienda è una quotata in borsa quindi rientra nel target di aziende obbligate dal decreto legislativo 254 e quindi ovviamente dovrà rispondere alle indicazione della nuova normativa. Tuttavia il prossimo ciclo di rendicontazione di sostenibilità per noi è il ventesimo. Sono vent'anni che viene pubblicata una rendicontazione di sostenibilità. Moltissimi anni fa, il primo anno di rendicontazione è stata la pubblicazione del ‘99 per l’esercizio ’98.”

(Intervistato n.4)

Sottonodo 2: modalità di adempimento

Questo sottonodo ha lo scopo di mettere in luce le scelte di tipo “tecnico” che le aziende destinatarie dell’intervista hanno posto in essere, anche riguardo la fase di reporting delle informazioni richieste dal decreto. Lo standard adottato con più frequenza è il framework della Global Reporting Iniziative, succeduto dal framework dell’IIRC. In relazione al processo di raccolta dei dati, fase che precede la redazione del report e che è fondamentale ai fini della redazione di un buon report, le aziende hanno adottato un sistema informatico che consente loro di raccogliere i dati, che sono in numero abbondante e diversi tra loro, e di individuare i referenti degli stessi.

“Noi avevamo strutturato già da prima un processo di rendicontazione attraverso anche un sistema informatico che ci consente di raccogliere da una platea molto ampia di referenti all’interno del nostro gruppo i dati e le informazioni in ambito ambientale e sociale che consente poi alla funzione CSR che io dirigo di lavorare su questi dati, analizzarli per poi arrivare alla redazione del bilancio.” (Intervistato n.1)

“Gli standard utilizzati sono due ad oggi. Sono il GRI che utilizziamo fin dal 2009 e da quest’anno utilizzeremo la versione standard, quindi l’aggiornamento che c’è stato lo scorso anno delle linee guida e utilizziamo dall’anno scorso anche il Framework dell’IR.”

(Intervistato n.2)

“Già dal 2000 si è cominciato a fare riferimento al GRI e da allora si è seguito sempre il

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stato fatto G4. Per il prossimo ciclo di rendicontazione con un anno di anticipo, vorremmo provarci ci proviamo a passare al GRI Standard.” (Intervistato n. 4)

Sottonodo 3: stakeholder engagement

Il terzo ramo del nodo “aspetti operativi” raccoglie le informazioni che riguardano il coinvolgimento degli stakeholder, quindi delle parti interessate. Per individuare i temi rilevanti nel corso dell’analisi di materialità, che costituisce uno degli elementi necessari ai fini della compliance con lo standard GRI, le aziende coinvolgono gli stakeholder a vari livelli e attraverso diversi strumenti di engagement. Allo stesso modo e nel corso della stessa analisi viene coinvolto il top management. Questo lavoro viene considerato impattante non solo sulla rendicontazione non finanziaria ma anche sulla pianificazione aziendale perché permette di confrontare le priorità di sviluppo strategico dell’azienda con le attese degli stakeholder. Tra gli stakeholder vengono inseriti anche organismi e associazioni che fungono da guida nell’interpretazione delle disposizioni del decreto. Un’altra evidenza interessante è il coordinamento tra l’analisi di materialità e l’attività di rilevazione dei temi rilevanti per gli stakeholder e il sistema di gestione integrato. La versione 2015 delle ISO 14001 e 9001 infatti impone che venga svolta un’analisi di contesto nella quale avvenga uno stakeholder engagement. Vista la similarità delle richieste degli standard di rendicontazione e delle norme ISO, è stata attuata una collaborazione tra il team CSR e il team che si occupa del sistema di gestione integrato.

“Da anni abbiamo strutturato l’analisi di materialità che produciamo a monte della predisposizione del documento per individuare i temi rilevanti che diventano poi il contenuto della dichiarazione non finanziaria. Facciamo un lavoro molto capillare con gli stakeholder.” (Intervistato n.1)

“Rispetto a questo tema, abbiamo consultato enti che sono in qualche modo coinvolti dalla normativa, quindi la Consob e Assirevi, organismi che hanno un ruolo e poi abbiamo fatto consultazioni con altre società italiane competitor con cui abbiamo analizzato come approcciare la risposta a questo decreto legislativo.” (Intervistato n.2)

“Noi coinvolgiamo gli stakeholder tramite dei focus group con conduzione esterna, dei tavoli che hanno momenti di lavoro disgiunto in più tavoli. Quest'anno per la prima volta abbiamo fatto tavoli tematici, quindi lato governance e economia sociale e ambientale sono stati gestiti

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