• Non ci sono risultati.

Variazioni della funzione cardiaca e del profilo di rischio cardiovascolare indotte dal trapianto di pancreas isolato in pazienti con Diabete Mellito di tipo 1

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Variazioni della funzione cardiaca e del profilo di rischio cardiovascolare indotte dal trapianto di pancreas isolato in pazienti con Diabete Mellito di tipo 1"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

Definizione1

:

Il DM comprende un gruppo di disordini metabolici comuni a diversa eziologia, che influenza il metabolismo glucidico,lipidico e proteico ed è caratterizzato dal fenotipo dell'iperglicemia per un difetto della secrezione di insulina o dell'azione dell'insulina, presenti in differente grado (OMS). Il DM induce a lungo termine lo sviluppo progressivo di complicanze a carico dell'apparato cardiovascolare e del sistema nervoso, che sono causa di disabilità e di più elevata morbilità e moprtalità.

Cenni storici2

:

Il termine diabete deriva dal greco “diabaino” vale a dire “passare attraverso” con riferimento al passaggio dello zucchero nelle urine.

Da almeno quattromila anni, la condizione patologica del diabete è conosciuta in campo medico, e la prima evidenza storica è riportata nel papiro egizio di Ebers, scritto intorno al 1550 A.C, nel quale si identifica la poliuria come sintomo e si consigliano alcuni rimedi per combattere

l’eccessivo bisogno di urinare, non risulta tuttavia ancora presente la differenziazione tra diabete mellito e diabete insipido.

Successivamente, testi indiani risalenti al 800-600 A.C. riportavano nell'Ayur Veda che gli insetti e le mosche erano attratti dall'urina di alcune persone, la quale aveva un gusto dolce, e che questo era associabile a certi disturbi.

Il gusto dolce delle urine rimase per secoli un elemento fondamentale della semeiotica medica. Si sarebbe dovuto attendere il II secolo d.C. quando Areteo di Cappadocia, nel suo famoso trattato "Sul Diabete" operò una sintesi di conoscenze fino allora note, differenziando chiaramente le condizioni di diabete mellito e diabete insipido.

Si ritiene che Areteo sia stato il primo a coniare il termine "diabete", con riferimento al passaggio delle sostanze dolci nelle urine dei malati. Egli, infatti, descrive il diabete come “ lo scioglimento delle membra e della carne nell’urina”.

Questo lavoro rimase un classico testo per l'insegnamento e la pratica medica del diabete sino al milleottocento. Infatti, l'illustre medico italiano Giovan Battista Morgagni (1682-1771) scrisse nel 1761 vari capitoli dedicati alla descrizione, diagnosi, terapia e persino le cause (patogenesi) della malattia diabetica nelle sue varie manifestazioni. La maggior parte delle informazioni riportate dal Morgagni risalgono chiaramente ad Areteo e l'unico sostanziale innovamento riguardava cenni alla restrizione dietetica dei pazienti, che non era descritta nei testi classici.

(2)

una”.

Questa frase accuratamente descrive lo stato attuale delle conoscenze sulla patogenesi del diabete, che è considerato avere molteplici origini.

1859. Claude Bernard dimostro l’aumentato contenuto in glucosio del sangue diabetico, e riconobbe nell’iperglicemia la manifestazione fenotipica principale del diabete.

1869. Langherans, ancora studente di medicina, descrisse le formazioni insulari all’interno del parenchima pancreatico che ora portano il suo nome.

1889. Von Mehring e Minkowski dimostrarono che i cani potevano essere resi diabetici tramite la pancreasectomia.

1921. Dopo la morte di numerosi cani da esperimento, Banting e Best riuscirono finalmente a tenere in vita un animale i cui dotti pancreatici erano stati legati e la cui porzione esocrina del pancreas era degenerata.

L’estratto ricavato dalla restante porzione di pancreas fu in grado di abbassare rapidamente la concentrazione di glucosio nel sangue e nelle urine di un cane diabetico pancreasectomizzato, un secondo cane diabetico era prossimo al coma e dopo la somministrazione dell’estratto riprese a camminare.

1922. Un ragazzo diabetico di 14 anni ricevette l’estratto pancreatico purificato e migliorò immediatamente.

1923. Banting ottenne insieme a John Macleod il Premio Nobel per la fisiologia e la medicina per la scoperta dell’Insulina3.

Classificazione1:

Esistono diversi tipi di DM causati da una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e di stili di vita. A seconda dell'eziologia del DM, i fattori che contribuiscono all'iperglicemia possono comprendere una ridotta secrezione di insulina, una riduzione dell'utilizzo del glucosio e un incremento della produzione di glucosio.

L'attuale classificazione dell'OMS e dell'American Diabetes Association (ADA) si basa sul meccanismo patogenetico attraverso il quale insorge l'iperglicemia piuttosto che sui precedenti criteri quali l'età di esordio o il tipo di terapia.

1)DM di tipo 1:

distruzione della beta-cellula che solitamente determina insufficienza insulinica assoluta 1. tipo 1A autoimmune

(3)

può variare da una forma con predominante insulinoresistenza e carenza insulinica relativa a una forma con predominante difetto secretorio e insulinoresistenza

3)Altri tipi di DM

A. Difetti genetici della funzione delle beta-cellule 1. MODY

2. Alterazioni genetiche del DNA mitocondriale

B. Difetti genetici dell'azione insulinica 1. Insulinoresistenza di tipo A

2. Leprecaunismo

3. Sindrome di Rabson-Mendenhall 4. Diabete lipoatrofico

C. Disordini del pancreas esocrino 1. Pancreatiti 2. Pancreasectomia 3. Neoplasie 4. Fibrosi cistica 5. Emocromatosi 6. Pancreopatia fibrocalcolotica D. Endocrinopatie 1. Acromegalia 2. Sindrome di Cushing 3. Glucagonoma 4. Feocomocitoma 5. Ipertiroidismo 6. Somatostatinoma 7. Aldosteronoma E. Indotto da farmaci 1.Glicocorticoidi 2. Ormoni tiroidei

(4)

3. Tiazidici 4. Fenitoina 5. Interferone-alfa F. Infezioni 1. Rosolia congenita 2. CMV

G. Rare forme di diabete immunomediato 1. Sindrome dell'uomo rigido

2. Anticorpi anti-recettore dell'insulina

H. Altre sindromi genetiche talvolta associate a diabete 1. S. di Down 2. S. di Klinefelter 3. S. di Turner 4. Atassia di Friedrerich 5. Corea di Huntington 6. Distofia miotonica 7. Porfiria 8. S. di Prader-Willi 4)DM gestazionale:

definito come qualsiasi grado di intolleranza glucidica a insorgenza o primo riconoscimento durante la gravidanza, più frequentemente durante il terzo trimestre. La resistenza insulinica correlata alle alterazioni metaboliche dell'ultimo periodo di gestazione aumenta le richieste di insulina e può condurre all' alterarta tolleranza glucidica o franca iperglicemia.

Epidemiologia1,4

:

La quasi totalità dei pazienti affetti da DM è riconducibile al tipo 1 o al tipo 2; circa il 90% dei pazienti diabetici è affetto da DM tipo 2, circa il 10% da DM tipo 1.

La prevalenza del DM in tutto il mondo è aumentata drammaticamente negli ultimi due decenni. Sebbene la prevalenza del DM sia di tipo 1 che di tipo 2 stia aumentando in tutto il mondo, si ritiene che la prevalenza del DM di tipo 2 aumenterà più rapidamente in futuro a causa dell'incremento dell'obesità e dei ridotti livelli dell'attività fisica.

(5)

elevata negli uomini che superano i 60 anni.

-DM tipo 1:

esiste una notevole variabilità geografica nell'incidenza del DM tipo 1. Per esempio la Scandinavia ha la più alta incidenza di DM tipo 1 (in Finlandia l'incidenza è 36/100000 per anno). I Paesi che si affacciano sul Pacifico hanno un'incidenza minore di DM tipo 1 (in Giappone e in Cina l'incidenza è di 1-3/100000 per anno). L' Europa e gli Stati Uniti condividono un'incidenza intermedia (8-17/100000 per anno).

In Italia l'incidenza del Dm tipo 1 è di 6-11/100000 per anno, mentre la prevalenza è di 1/1000. In Lombardia si rileva un'incidenza di 8/100000 per anno, mentre la regione Sardegna costituisce un'area particolare con un'incidenza di 36/100000 per anno.

In altri termini in Italia si registrano 50000 casi di DM tipo 1 con 1000 nuovi casi/anno.

Si ritiene che l'aumento del rischio di DM tipo 1 rifletta la frequenza degli alleli HLA ad alto rischio tra i gruppi etnici nelle diverse aree geografiche.

-DM tipo 2:

la prevalenza nel mondo del DM tipo 2 negli adulti con età > 20 anni è stata stimata del 4,5% nel 1995 in aumento fino al 5,4% nel 2025, con un numero di pazienti pari a 135 milioni nel 1995 che raggiungerà la cifra dei 300 milioni nel 2025. La prevalenza aumenterà del 42% nei Paesi in via di sviluppo (da 51 a 72 milioni di pazienti, età media 45-64 anni) e del 170 % nei Paesi sviluppati (da 84 a 228 milioni di pazienti, età media > 65 anni). L'incidenza del DM tipo 2 aumenta con l'età della popolazione, variando dall' 1,5% degli individui tra i 20 e i 39 anni, al 20 % degli individui > 75 anni.

Eziopatogenesi DM tipo 1A1

:

Il DM tipo 1 è il risultato di effetti sinergici di fattori genetici, ambientali e immunologici che alla fine distruggono le cellule beta-pancreatiche.

Il DM tipo 1A rappresenta la tipica forma autoimmune di diabete. Frequentemente questa malattia è associata ad altre malattie autoimmuni, quali M. di Addison, M. di Graves, tiroidite autoimmune, celiachia e gastrite autoimmune.

L'insorgenza è tipica dell'età infanto-giovanile, ma può essere possibile a ogni età e, in particolare nel 5-10% degli adulti che sviluppano diabete dopo i 40 anni viene riconosciuta una eziologia autoimmune.

(6)

Nella storia naturale del DM tipo 1A si riconoscono le seguenti fasi:

-fase 1: suscettibilità genetica.

Il gene principale che determina la suscettibilità al DM tipo 1A è localizzato nella regione HLA del cromosoma 6. I polimorfismi all'interno del complesso HLA sembrano rendere conto del 40-50% del rischio genetico di sviluppare DM tipo 1A. Questa regione contiene geni che codificano per le molecole MHC di classe II, le quali presentano l'antigene alle cellule T helper e quindi sono coinvolte nell'innesco della risposta autoimmune. La maggior parte degli individui affetti da DM tipo 1A presentano un aplotipo HLA DR3 e/o DR4. Il rischio assoluto (percentuale di soggetti portatori dell'antigene associato alla malattia che si ammaleranno) per i soggetti DR3 o DR4 è circa 6-7%, mentre gli eterozigoti sia per DR3 che per DR4 hanno un rischio relativo (probabilità che un soggetto portatore di un antigene associato a malattia ha di ammalarsi è rispetto a chi non possiede l'antigene) di 20.

Gli antigeni DR3 e DR4 sono accoppiati a specifici antigeni DQ. In particolare è stata osservata una significativa correlazione tra il residuo aminoacidico in posizione 57 della catena DQ beta e la suscettibilità o resistenza al DM., in quanto la maggio parte degli aplotipi neutri e quelli associati negativamente al DM tipo 1 presentano una molecola di acido aspartico, mentre gli aplotipi associati positivamente presentano aminoacidi neutri (alanina, valina o serina).Infine è stato

dimostrato che tutti gli alleli DQA, codificanti por la catena alfa della molecola DQ, con un'arginina in posizione 52 associano positivamente on il DM tipo 1.

Pertanto è stato suggerito che la contemporanea presenza di alleli DQB non Asp e DQA Arg 52 possa essere un marker di suscettibilità specifico di DM tipo 1.

Tuttavia la regione HLA contribuisce a non più del 40% di tale suscettibilità; oltre all'associazione con il sistema MHC di classe II, almeno 17 diversi loci possono contribuire alla suscettibilità per il DM di tipo 1A. Per esempio, i polimorfismi della regione promoter del gene dell'insulina sul cromosoma 11, sembrano essere responsabili di circa il 10% della predisposizione al DM tipo 1A.

(7)

Tuttavia, la maggior parte degli individui geneticamente predisposti non sviluppa la malattia. La concordanza del DM tipo 1 nei gemelli monozigoti varia tra il 30 e il 70%,indicando che i fattori modulatori aggiuntivi devono essere coinvolti nel determinare lo sviluppo del diabete.

-fase 2: evento precipitante.

Solo una minoranza dei pazienti con suscettibiltà genetica sviluppa il DM tipo 1, per cui si ipotizza che un evento precipitante di natura ambientale o mutazionale sia necessario per iniziare il processo autoimmunitario. L'identificazione di un evento scatenante ambientale risulta difficile in quanto l'evento può precedere l'insorgenza del DM di diversi anni. Tra i possibili fattori ambientali vi sono virus (in particolare coxsackie e virus della rosolia), le proteine del latte vaccino e i composti della nitrosourea.

Uno studio su un'ampia coorte in Finlandia5

, invece, ha dimostrato che non ci sarebbe associazione tra la durata dell'allattamento al seno o l'introduzione del latte vaccino e il rischio di sviluppare la malattia. Al contrario,una forte associazione positiva ci sarebbe con l'introduzione di alcuni tipi di vegetali nella dieta come patate e carote. Il consumo di patate pro-capite, per esempio, sarebbe positivamente associato con l'incidenza di DM tipo 1 nei diversi Paesi6

. La spiegazione di tale associazione sarebbe da ricercare non tanto in antigeni del cibo stesso, quanto in contaminanti tossici presenti in tali alimenti (tossine prodotte da Streptomyces che comunemente contaminano questi tipi di verdure7,8).

-fase3: presenza di autoanticorpi e di linfociti T autoreattivi.

Una volta persa la tolleranza verso i componenti delle cellule beta, il sistema immune produce autoanticorpi e linfociti autoreattivi diretti contro gli antigeni insulari.

Tali autoanticorpi sono presenti in circolo e possono essere dimostrati con metodi immunochimici, permettendo l'identificazione di quei soggetti che pur non avendo ancora il DM, hanno però un processo autoimmune in atto.

Le molecole delle isole pancreatiche, bersaglio del processo autoimmune, comprendono l'insulina, la decarbossilasi dell'acido gluttammico (GAD, enzima per la biosintesi del neurotrasmettitore GABA), ICA512/IA (omologo alle fosfatasi tirosiniche) e una proteina dei granuli secretori dell'insulina (phegrin).

Gli autoanticorpi diretti contro le cellule insulari (islet cell autoantibodies, ICA) sono un gruppo di diversi anticorpi diretti contro le molecole delle isole pancreatiche come il GAD, l'insulina, l'IA-2/ICA512 e un ganglioside insulare.

(8)

recente insorgenza, ma anche nel 5-10% di individui con recente diagnosi di DM tipo 2 e nel 3-4% dei parenti di primo grado degli individui affetti da DM tipo 1.Insieme al rilievo di un'alterata secrezione insulinica, la presenza dei soli ICA indica un rischio dei sviluppare la malattia entro 5 anni inferiore al 25%.

Quando si ammalano, le isole pancreatiche vengono infiltrate da linfociti (insulite). Dopo che tutte le cellule sono state distrutte, il processo infiammatorio si arresta, le isole diventano atrofiche e scompaiono i marker immunologici.

Studi sul processo immunitario hanno identificato le seguenti alterazioni: 1)autoanticorpi contro le cellule insulari (ICA)

2)linfociti attivati nelle isole,nei linfonodi peripancreatici e nel circolo sistemico. 3)linfociti T che proliferano quando stimolati con proteine insulari.

4)rilascio di citochine durante il processo di insulite.

Gli autoanticorpi non partecipano direttamente alla distruzione delle beta cellule; la distruzione è un fenomeno mediato da linfociti T CD4. Le cellule beta sembrano essere particolarmente suscettibili all'effetto tossico di alcune citochine (TNF-alfa, IFN-gamma,IL-1)4

.

-fase 4: presenza di anomalie metaboliche iniziali.

Con il progredire della distruzione autoimmune e la conseguente riduzione del numero di cellule beta funzionanti, compaiono le prime anomalie metaboliche: mancanza della pulsatilità della secrezione insulinica e perdita del picco precoce di secrezione insulinica in seguito a carico endovenoso di glucosio.

-fase 5: esordio clinico della malattia.

Quando l'80-90% delle cellule beta è distrutto, si assiste all'esordio clinico del DM. A questo punto ci sono ancora cellule beta rimanenti funzionanti ma sono in numero insufficiente per mantenere la tolleranza glucidica. Gli eventi che innescano il passaggio dalla ridotta tolleranza glucidica al diabete franco sono spesso associati a un aumento delle richieste di insulina, come può verificarsi durante le infezioni o durante la pubertà.

La velocità di riduzione delle cellule beta varia ampiamente tra gli individui, poiché alcuni casi evolvono rapidamente verso il diabete clinico, mentre altri evolvono più lentamente.

Dopo l'iniziale presentazione clinica del DM tipo 1A, può instaurarsi una fase cosidetta di “luna di miele” durante la quale il controllo glicemico viene raggiunto con dose modeste di insulina o raramente, persino senza insulina.

Tuttavia questa fase fugace della produzione endogena di insulina dalle cellule beta residue si esaurisce quando le restanti cellule sono distrutte dal processo autoimmune e l'individuo diventa

(9)

Eziopatogenesi del DM tipo 1B o idiopatico1

:

Alcune forme di DM di tipo 1 non hanno un'eziologia nota. Alcuni pazienti hanno infatti una perdita di massa di cellule beta con conseguente insulinopenia permanente con tendenza a sviluppare chetoacidosi, senza evidenza di marker autoimmuni o di associazione con determinati antigeni HLA.

Riferimenti

Documenti correlati

Ingresso centro direzionale caserma e amministrazione Corpo del Vigili del Fuoco / Eingang Leistelle und Verwaltung Branddirektion. Piano primo /

Emanuele Greco, “The Origins of an Ambiguity: Considerations of the Exhibition Strategies of Metaphysical Painting in the Exhibitions of the Valori Plastici Group, 1921–22,” in

Methods for the development of the case definition and guidelines for data collection, analysis, and presentation for neonatal infections as an adverse event following

culturali derivano diverse sedi fisiche dedicate alla diagnosi e cura delle malattie: una, da parte del curandero, è la casa dell’ammalato, la sua famiglia e la foresta, l’altra,

Obiettivo di tale studio è stato quello di valutare l’incidenza di ipoglicemia severa e chetoacidosi in pazienti affetti da DMT1 in età evolutiva, di identificare i sottogruppi

In una casistica ambulatoriale di giovani pazienti con diabete mellito di tipo 1 la capacità vasodilatante del micro- circolo coronarico, espressa dalla RFC, è risultata

Scopo dello studio è dimostrare che un intervento educativo strutturato e articolato, non solo sulla capacità del paziente a prendersi cura di sé, unito a una corretta

Questo proliferare di pubblicazioni ha reso necessaria l’invenzione di sistemi di catalogazione dei titoli, i cosiddetti indici (Gilmont 2004, pp. 102-107), per permettere