LA COLPA E D’ESOPO
Favole di Giovanni Capesso, scelie e abbigliate in versi
da
F E R N A N D A M A N D IN A L A N Z A L O N E
JIVERSITÀ DEGLI STUDI S A L E R N O
SAVERIO J A N N O N E S a l e r n o 1941 XIX BIBLIOTECA
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LA COLPA E
Favole di Giovanni Capasso, scelte e abbigliate in versi da
FERNANDA MANDINA LA N ZA LO N E
SAVERIO J A N N O N E S a l e r n o 1941 XIX
dalle raccoltine:
Giovanni Capasso - Spanti Esopiani, S ale rn o , 1931
» » Nuovi Spunti » 1936
Favola nuova
A la sch iera fiorente di vispi n ip o tin i racc o n ta l’avola la bella favola. Occhi sgranati in t e n t i .... in to rn o al fuoco im m o te agili forme... e il gatto dorm e. « Svegliati, p e la n d ro n e » lo scuote u n frugolino : « ascolta, su! ci se’ an ch e tu : ed è nuova di zecca! » « Aùff! » sbadiglia il gatto; poi, le m m e le m m e :< M atusalem m e! »
« Non è n u o v a ? Ma q u a n d o l’ascoltavi, e da chi ?
E tu, briccon dov’ eri ? » « Ad essere sinceri.... allora?... sem p re al fuoco; m a avvoltolato (oh te m p i! ) de l’ava di tua n o n n a d e n tro la g onna ».
La bagnante e il mare
« Come t’adoro, o senza fine azzu rro ! » confessa in u n s u su rro
la leggiadra b ag n an te al vasto m a re : « p u re n on m ’ hai m ostrato
predilezione alcuna, am ico in g rato ». Il m are, de la bella a la querela, dolce la culla tra le m olli b ra c c ia : « 0 piccola, e ti la g n i? T ro p p i cela abissi il cuore. Godi la bon accia ».
Il c a llo
Trav ersav a un b u o n u om o ogni m attin a, p er recarsi al lavoro,
u n a verde foresta spessa e viva, che d ’ uccelletti arm o n io so coro ren d ea giuliva.
Quel dì, nè canto, nè dolcezza estiva, nè lo n ta n o t i n n i r d ’argenteo sistro,
gli era co n fo rto : ahi! ah i! fra dito e dito un callo in v ip erito
zoppicare lo fa del piè sinistro.
Ad ogni passo, u n a b estem m ia, un gemilo, e l’im p r e c a r e a lte r n o :
« tu tti i calli a l’ in fe rn o ! » Sente, e fa capolino
u n a scim ia da un alb ero v icino:
« Io p u re ho un callo, al posto che tu sai; e grosso; e non lo m aledico m a i:
p erch è b estem m i il tuo così p iccin o ? » « Perchè?... perchè?... Perchè, se tu vai lieta d ’ u n pacioccone che ti serve e tace,
quel piccino è profeta, quel piccino è loquace.
quel piccino d o r m i r n o n lascia in pace ».
-L’orcio incrinato
La d o n n a che ne l’orcio avea riposto olio di som m o costo,
in sicuro lo vede,
ta n ta ne l’orcio antico è la sua fede. T r a n q u i lla s’a l lo n ta n a ; ed ecco, ratto, a pitoccare il gatto:
il lungo miagolio de l’affamato d in an zi a l’orcio, sim u lan d o , intona; e infin, disteso, a lato
pietosissim am ente s’ab b an d o n a . De l’antico n o n regge
a tanto il cuore, e sovvenirlo elegge. Così, la fame a ltr u i co m m iseran d o , di q u a n d o in quan d o ,
fa che in la g rim a b ionda
gocci pel m esch in el la li m p id ’ onda. Ma ecco la m assaia, con la faccia scura, e il bastone levato a m inaccia. 11 felino, che ha ricca esperienza,
modello vero di riconoscenza, p ensando al poi: « S ta b en e: bastone a tal delitto si conviene. Se l’altro n o n ris p a rm i, picchia sodo p rim a su m e : ne g o d o » .
La scusa di Prometeo
Q u an d o da certa gente
che sol zizzania ha in m en te fu riferito a Giove,
che P ro m eteo i suoi cocci a n im a e muove, n o n fu m ai nel su p ern o
giro subbuglio sim ile ab aeterno.
Con tempestoso ciglio
fissò, l’ Egioco, di Giapeto il figlio; cosi che, sbigottito, q u e ll’ audace
fo rm a to re de l’uom, visto il m a l punto, an n asp a, a n n a s p a , pavido e c o m p u n to : « Vita gli )io dato, sì; m a (con tu a pace) n on 1’ ho fatto im m o r ta le ».
« O b adiale
degnissim o babbeo >
scoppiò Giove, te rrib ile, sul reo : « e che m a i cale,
Il naso del nafuralisfa
La palla al cam po balza in am p i voli; e dei n a tu ra lis ta
di cortissim a vista il lungo naso, non bene persuaso,
tien dietro in c u rio sito a q uella d a n z a ; « Oh, oh, la s tr a n a usanza
che ha » b arb u g lia « quella bestia alata ubriaca, o m a la ta ? »
E volto al passerotto lì vicino, che si godea la scena
al hlando solicello;
« E ’ forse un nuovo u c c e llo ? » « No, no » gli spiega l’altro, com piacente : « tu t t’altro !
E ’ u n a stu p id a cosa to n d a e vuota, e senza n erb o nè v irtù di volo, che, se ne l’a ria si s u b lim a e ru o ta per un istan te solo,
lo deve al buo n m estiere
Cose che accadono
D’ a rd e n ti spire, il fuoco, sol per m aligno giuoco, avvolge la castagna,
che al truogolo m a n d a to ha la m ontagna. E lei sopporta in pace
le scottature, e tace. Ma q u a n d o calda calda, tu tta fragranza, balda
trio n fa su la m ensa in p o m p a m a g n a: « Oh, grazie » dice al suo to rm en tato re;
* oh, grazie assai del p ro cu rato o n o re >.
-Un segreto
Un noni, che in so n n e m edita facili ascese,
a la radice de la q u ercia l’a n im o a p r ì: «D i grazia, amica,
consolidarsi è agevole fatica? D im m i, tu che lo sai,
che bisogna fa r m a i? E ’ m ia nascosta croce
ig n o ra rn e il segreto, e assai mi cuoce Gli accenna di c h in arsi la radice : ed egli, pronto, l’orecchio protende, circospetto, ansioso. Quella dice, bisbigliando la co n ica : «Si scende ».
Il bosco invidioso
Il bosco, con an tica d iu t u r n a fatica,
scalato a stento avea del m o n te i fianchi; m e n tre la neve opim a
di suoi bagliori bian ch i a d o r n a tu tta la rid e n te cima. Meraviglia non è che de 1’ invidia l’a m a ris sim o tosco
scenda nel cuore al bosco:
4 Oh, che bel capitom bolo
farebbe di lassù,
se lo volessi tu » , s u s u r r a al vento, con diabolico accento.
« F ig ù ra ti ! è u n piacere il servirti a d o v e r e » ,
ris p o n d e l’altro, a m b ig u o ; e aizza, e scioglie la valanga da l’alito di belva,
che avventasi precipite a la selva,
e sc h ia n ta e sp ia n a ed ogni ben ne coglie. G u ard a! P assa ro n lunghi e lenti gli anni, nè ris to r a r o n de la selva i d an n i.
Ma con nuovo rigoglio, dopo u n a sola breve stagione, in ta tta neve
fiorì, ed im p e ra su l’alp estre soglio.
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-commento della mosca
Nel b la n d o raggio del sol di maggio per la stanzetta la mosca vola, salta, sgambetta, vivente spola. Poi del poeta su l’au ree pagine, che il bacio vivido del sole allieta, spinge 1’ indagine.
Nei lu m e d ’oro com pie u n frenetico s tra n o lavoro : a tondo a tondo da cim a a fondo lu s tra ogni segno, e l’alto ingegno sprem e e d istilla : an n u sa, tasta, e u n p u n to im pasta. Infine stanca posa, lisciandosi
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a destra e a m a n ca l ’ala; e con boria e degnazione da su p e rd a m a , co n v in ta esclam a : « Modestia a parte, ora, sì, c h iam ala opera d ’arte ! »
11 sol beato rid e di cu o re; ma poi, velato quel suo splendore, sospira : « D ubito (e n on è fola)
che u n dì a rip eterlo n on sarai sola ! »
-li porco e la ghiandaia
Presso la stessa a n n o sa quercia, appaia l’ora de! p ran zo il porco e la ghian d aia. Gongola, e pare u n orco
nel suo g ru g n ire in canzonella il porco: « Oh, oh, t’ ho colta! ghiande,
le m ie e le tue vivande; ed a la p ia n ta istessa, sdegnosa principessa.
S m o n ta ta ho ben la tua superbia, c a r a ? De l ’alata sfavilla
l’acciaiata pupilla per ira e per disprezzo:
« Qualcosa ancora, o stolto, ci separa. Cerchiam o noi, è ver, le stesse g hiande - che son le mie, che son le tue vivande ma tu a la te rra prono,
La cicala e il fringuello
In riva al fragoroso to rren tello , là sul pioppo storm ente,
la cicala d im o ra. Un dì il fringuello, in visita, le osserva d o lc em en te: « B e lla stanza davvero, am ica m ia! peccato che ci sia
quel m alvicino, etern o scocciatore, che si crede un tenore,
a ltr im e n ti sarebbe un parad iso >. Gli lìcca la cicala gli occhi in viso: « Ed è d e’ p a rad isi il paradiso. T h a n n o in fo rm a to male. In queste verdi sale, io, fattam i la croce, a f r in i r com inciai;
in sta n cab ile, poi, sem p re cantai, ed altro n on u dii che la m ia voce ».
-Il volante ambizioso
« E giro e giro e p iù di te fatico, ed ard o e sudo e gelo:
tu b ellam e n te tutti i giorni a spasso, ed i® (per satanasso!)
n on avanzo d ’un pelo. Come va questa s to ria ? » Cosi ne la sua boria
1’ am bizioso pesante volante de l’officina
a la ru o ta del carro sua vicina. E colei, infastidita:
« Se mi muovo più lib era e spedita, con le pietre, col fango de la via ed a ltra p o rch eria
non evitai la guerra. Degnati toccar terra
La radio
De la rad io l’etern o parlottìo, oggi più esasperante del ronzio di catarroso asm atico moscone, re n d e Marco feroce;
e a red im ersi alfm da q u ella croce, dà di piglio al bastone.
La c h ia c c h ie rin a : « B a d a a quel che fai, Marco! Se n on lo sai,
t’avverto che del m o n d o io son la voce, e se’ davvero tondo,
se vuoi col tuo rande] schiacciare il m o n d o ». Urla Marco: «A ccipicchia!
taci tu, tace il m o n d o ». E picchia, e picchia.
-Ritorsione
Una tronfia p o ltro n a di velluto, sb ircian d o con disprezzo
il tappeto sbiadito
che molte molte p ian te avea servito: « Non so come si faccia »
disse e avea mosse schifiltose e altere -« a sofferire i piedi su la faccia.
Sai che non c’ è m estiere
ontoso più di questo, o bel m e s s e r e ? » « Bembè » si volse a cu c u lia rla l’altro con so rrisetto scaltro :
« i piedi... sì... h ai ragione...;
m a d i’ , che cosa ab b ra c c ia n le p o ltr o n e ? »
Sincerità garenfita
Al b ra n c o di s p a ru ti
len ti tacch in i in cerca di p astu ra u n angolo rem o to del querceto propoli la volpe con m a te r n a cura :
« Che ghiande, am ici, in quel cantuccio cheto! » « Senti, grati ti siam de la p r e m u r a »
risp o n d o n , co n su ltan d o si degli occhi, le bestiole: « m a tu sei la volpe, e a noi n o n ce l’accocchi.
Passino l’altre colpe ; ma in giro p a r si dica che m ai ci fosti am ica ».
« E come, d in d i cari, al m o n d o accade ta n ta nequizia ? e così negra, oh Dio ! » p ro n ta li persu ad e
la f u r b a : «O h, tr is ti! oh, pover’o n o r m io ! Qui c’è c a lu n n ia , o sbaglio m anifesto : la terra e il eie! ne a tte s to ! »
In n a n z i ai b ab b ii in te n e r iti e m uti con la zam pa si p rem e il petto anelo : « ne attesto te rra e cielo:
n on c’ è nel m ondo, no, n o n c’ è nessuno, che più di me vi vuol grassi e pasciuti » . La te rra e il cielo, grav em en te : « E ’ vero : n u lla di p iù sincero » .
-La gara delle esche
S trillan l’esche p er trap p o le a l’unisono, come,
rabbuffate le chiome, d o n n ette del m e rc a to :
co n ten d ean (n ie n te m e n o !) del prim ato . Non potendo accordarsi,
rim etto n la sentenza dei topi al p a tria rc a ,
d ’equità, ch iaro lum e, e sapienza : « P r o n u n z ia tu, b ah b in o :
quale di noi è l’o ttim a ? e di più nobil m a r c a ? » Montato l’occhialino, le sbircia il vecchio Rosica con occhio grave, acuto ; q u in d i il m ento can u to muove, solen n e e ta r d o : « L ’ottim a, dite?... l’o ttim a?... Vediam... vediam... sfilate!
Macché farina!... che cotenna!... o lard o macché... m acché caciotta !...
e granaglia !... e ricotta !... P ren d o da voi congedo, mie riverite d am e :
l’o ttim a io qui n on vedo : eh ! l’o ttim a è la fam e » .
Tramonfana
T r a m o n ta n a , p erchè nessun sopporta il suo contegno tu rb o le n to e fiero, di rivolgersi a Dio fatto il pensiero, batte batte a la porta
di vecchio m o n a stero :
« B uona sorella, aprite, io cerco pace ». La p o r tin a ia sagace
scliiudea guardinga... Ma q u ella b u o n a la n a
di T r a m o n ta n a , a cui parea m ill’ anni, senza che più s’ infìnga,
ir r o m p e e l’ u rta e le sconvolge i p an n i. La conversa p er questo n on s’abbatte, m a con solido pugno
10 ricaccia, e gli sbatte 11 p o rto n e sul gru g n o : « A ppena su la soglia,
così? Un po’ più dentro, e ah im è che doglia
-La boscaglia
L’assiduo ta ro c c a r de la foresta e gli atti suoi protervi
al Sole d an sui nervi. « Ma » d o m a n d a « perchè q u ell’etern o sto rm ire,
e le braccia in m in accia alte, e q u e ll’ ir e ? Chi t’ offese? Che c’ è? » - « E me lo ch ie d i? E ’ sem pre il vento che col suo contegno m ’ u m ilia e a sè mi prostra,
è sem pre lui che suscita il mio sdegno. Ma io, frem en te (vedi ?)
gli conto il fatto suo fu o r de la chiostra dei denti, e in pien o viso,
ah, gliene lancio moccoli ! »
- « E lu i? - « E lui si m ette in allegria; passando ride un suo beffardo riso, fischietta, e... vola via ».
La testuggine e la talpa
O sia che la testuggine parli a ig n o ran ti o dotti, la cara sua casetta vagabonda n on si sazia a lo d a r p er i salotti con lieta in g en u a convinzion profonda. A co tan ta insistenza,
persa la talpa u n dì la pazienza, sbottò: «Ma è da rid ere
che si pro clam i casa ad alta voce un guscetto di noce !
E se vedessi il mio a p p a r t a m e n t o ? Quello sì eh ’ è u n a casa
dal piede a laci m a s a ! »
« Dove si trova ta n ta m e ra v ig lia? »
« Sotterra. » « 0 dolce figlia,
godila p u re per c e n t’a n n i e cento ; m a il guscettino mio lo bacia il vento, lo p ro fu m ali l’erbette e le viole,
e me lo scalda e me 1’ in d o ra il sole » .
-Furor di gloria
Su la specchiera n itid a ferm a la fosca
irre q u ie ta mosca il volubile volo,
e sognando ric a m i la picchietta, m e n tre sgam betta come capriolo. Tergendo, affranta, il gran sudore, poi “ O posteri, p er voi! ,,
Il casfo Giuseppe
Crepuscolo tardo d ’ un giorno velato. Il casto Giuseppe, fìggendo lo sguardo,
s’accorge che m a n c a di gonna un c a n d id o rocchio d ’ an tica colonna, e sùbito il m astro di q u a n ti h a n pud o re d ’ un suo terra iu o lo covri 1’ alabastro. Ma quello rid e n d o da sotto i! m an tello : « Giuseppe, Giuseppe, ripiglia il fardello. Lo scan d alo è lieve se m ostro 1’ in fo rm e mio torso di neve. Va pure, va a spasso. Ma b a d a : q u e ll’occhio d e n u d a an ch e il sasso! >
-La volpe il lupo e la campana
Deci a m a 1 a ca m p a n a : « Tristissim i quei tem pi in cui trio n fa n gli em pi! »
« 0 com pare, o com pare, senti, senti » s u su rra a! lupo la m a lig n a volpe: « se ben ti strazia co’ m otti taglienti! A svesciar le tue colpe
ai q u a ttro venti, trista, si s c a lm a n a : per te don d o la e vola;
solo per te si sgola ». Subito rin g h ia cupo:
« P er m e ? » e s ’avventa a la so n an te il lupo. Ma gli giunge percossa
così solenne da la s an ta squilla,
che più d ’ un dente in bocca gli vacilla, e n ’ ba in tr o n a te Tossa.
Stenta la volpe a co n te n e r la gioia: « Dissi, che a te d a r noia
in ten d ea la lin g u a c c ia ?
Se in dub b io avesti mai la mia parola, più non d irai eli’ è fola:
te T ba cantato p ro p rio su la l'accia ».
L’ innamorate del Sole
F re m e n te in breve palpito di vita, farfalla v ario p in ta,
dal desiderio vinta d ’esser sposa del Sole,
p u d ic a m e n te accesa di rossore, gli b alb etta il suo am ore.
« P erch é n o ? » la b la n d ì l’astro fulgente « ti sposerò d o m a n i, c e rta m e n te ».
« D o m an i !... » e il capo china ai fiam m eggianti d ard i,
« m a non sarà d o m a n i troppo tard i ? »
-Ricerca di paternità
Il gam bero (stavolta in d u b b io forte) più non m a n g ia e n on d o r m e : non h a n l’usate form e
l’uova de la consorte.
A r is to r a r la pace che gli m a n ca e b a n d i r del pen siero la molestia, la travagliata bestia
a l’oracolo a r r a n c a :
« 0 bu o n Apollo, deh, mi rassicu ra: è m ia la figliolanza n a s c itu r a ? »
A lui dal ta b ern aco lo l’im passibile oracolo: « Se l’o nore t’ è caro,
Il monlanaro e il ghiacciaio
Una m o n ta g n a d ’ im p o n e n te mole s c ala r voleva il m o n ta n a r o adusto; e il superbo ghiacciaio,
b e a tam e n te al sole,
gli delude e in c a te n a il piè robusto. Usando la dolcezza,
u m ile : « C a ro ! c a r o ! »
lo supplica del passo il m o n ta n a ro , e, le ginocchia p rone, l’accarezza. Ma q u e ll’ inaccessibile
gelido sdrucciolevol b a lu a rd o
lo degna ap p e n a d ’un altero sguardo. Allor vergogna ed ira
ard o n de Tuoni la fronte; e d ’ im p eto sorgendo:
« Ah, so ben io la via di gire al m onte ! D o m an i q u i con la piccozza, e poi, o su p eru o m o , a n o i! »
-Il giardino fiorito
Nel bel g iard in o di v ario p in ti fiori tesoro, en tra n o , il frate - la b b ra beate, capo reclino, le m a n i al petto - e l’ape d ’ oro - sguardi sospinti già al b u o n lavoro p red a e diletto. -Il frate in to rn o pensoso gira 1’occhio, e so sp ira: « B eltà d ’un giorno! parvenze vane! a p p a s s ira n n o presto, e a d im a n e più n o n s a r a n n o ».
Ma lo berteggia l’ ape : « Se tanto fresco m istero così nereggia nel tuo pensiero, è certo segno che tu sei degno, n e m m e n d o m a n i m a p osdom ani goderne, o santo
cocomero
Un florido cocomero, come davver n o n so, con un e n o rm e tonfo ne l’acqua ruzzolò. Ma da l’erbosa sponda
u n bove, udito il gorgogliar de l’onda, si sporge, e in com passione
del povero m ellone discende ne lo stagno. Oh l’ in u tile bagno!
più s’affanna egli a sospingerlo a riva con la zam p a possente,
e più quel ta rd o globo gli sfuggiva. Infin, cro llan d o il capo,
m e la n c o n ic a m e n te :
« Q u an to mi duole » dice, rivolto a l ’ in felice :
« q u a n to mi duole a b b a n d o n a r ti al fondo Ma tu, figliolo mio, se’ tro p p o tondo ».
La Bandiera
Del vento a la carezza u n poco forte si divincola e strilla la b a n d ie ra , come se alcu n o la ferisse a m o rte : «C orrete, b u o n a gente, mi strapazza!
Oli, che s tratto n i b ru sch i ! Oh, che m a n ie r a ! Oh Dio, che fu ria p azza!»
Ride nei baffi il tempestoso am an te, e con fare g alan te:
«Ah, n on questo volevi? E bhen, sii buona; e r r a m m o e n t r a m b i: io li p erd o n , p erd o n a ».
-La pentola
Un com pagno di Esopo, u n perdigiorno, sco n tran d o lo per via,
gli biascica un buon giorno!
d ’ossequio esagerato, da schernevole riso
e da in c h in o prolisso accom pagnato. Ma fervido im provviso
ecco p io m b a r come fru stata al viso il sonoro ceffone
che per poco lo m a n d a ruzzolone. « Ahi! ahi! » geme il colpito,
p rem e n d o con la m a n la gu an cia in fuoco. — « Questo così per giuoco.
R iprovati, e vedrai! »
— « Calma! » in te rv e n n e a m m o n ito r e Xanto: « per motivo sì futile
n on è da saggio l’ a d ira rsi tanto. La tolleranza!.... » — « Sai », im p azien te il F rig io :
« sai tu perchè la pentola
m o stra a tu t t’ora quel sedere bigio? »
— « P erch è? » — « M’ ascolta. Q u an d o la p r im a volta
il fumo l’ insozzò col negro fiato, in cam bio di m a n d a r lo a quel paese, e di r : muori ammazzato!
di to lleran za si m ostrò cortese ».
-Àllumacafurè
Del tem pio de la F a m a
si siringava la chiocciola a varcare il lim itare.
Ma il vigile custode la notò :
corse a tempesta, e il passo le sb a rrò : « Chi sei ? che ti fa degna
di r ip a r a r e qui, a la n o stra insegna ? Hai ti to li ? li snocciola ».
Ode, e frigge, la chiocciola : « Oh, la stolta d o m a n d a ! Zelante sei, n on saggio ; chè n o n io mi n asco n d o . M anda a vedere, m a n d a : o rm e del m io passaggio
Fortuna amica
M irano i b im b i col nasetto in su, s p alan c ata la bocca,
le r o n d in i sfrecciar nel cielo b lu ; e dagl’ in g en u i a rd e n ti volti sì l’aguzza b ram o sia c h ia ra trabocca, che F o r tu n a in viaggio im pietosì. Rapido sguardo in alto:
la caccia de le r o n d in i in tra v e d e ; e in b u o n issim a fede
-volta la m a n o a cerchio, e fatta ricca p red a di m oscerini, li rificca
tra quei d e n tin di smalto.
-La colpa è d’ Esopo
« D im m i perché, m a m m in a ,
siam c o n d a n n a ti al freddo e a la tem pesta sem pre ne la foresta ?
e l’ uom che a la m o n tag n a ne ricaccia, perchè in tiepide stalle accoglie poi l’altre bestie, cru d el solo con n o i ? » d o m a n d a a m a m m a lu p a il lupicino.
In risposta, al piccino,
(l’ ira negli occhi a m a m m a lu p a avvampa):
I N D I C E
1 . F av o la n u o v a . Pag 2. L a b a g n a n te e il m a re . » 3 . Il ca llo . . . . ■ » 4. L ’o rc io in c rin a to » 5. L a s c u s a d i P ro m e te o . » 6 . Il n aso del n a tu r a lis ta . yy 7. Cose c h e ac c a d o n o . » 8 . Un se g re to yy .9. Il b o sc o in v id io so . yy 1 0 . Il c o m m e n to d e lla m o sc a yy 1 1 . 11 p o rc o e la g h ia n d a ia . yy 1 2 . L a c ic a la e il frin g u e llo . yy 1 3 . Il v o la n te a m b izio so yy 14. L a r a d io . . . . yy 1 5 . R ito rs io n e . . . . yy 1 6 . S in c e rità g a r e n tita . yy 1 1 . L a g a ra d e lle e s c h e yy 1 8 . T ra m o n ta n a yy 1 9 . La b o sc ag lia yy 2 0 . La te stu g g in e e la ta lp a yy 2 1 . F u r o r di g lo ria yy 2 2 . Il ca sto G iu se p p e . yy 2 3 . L a v o lp e il lu p o e la c a m p a n a yy 24. L ’in n a m o r a ta d el Sole . . yy 7 9 10 11 12 13 14 15 16 17 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32U N IV E R S IT À ’ 25. R ic e rc a d i p a te r n ità . . . . P a g - 33 2 6 . Il m o n ta n a ro e il g h ia c c ia io » 34 27. Il g ia rd in o f i o r i t o ... » 35 2 8 . Il c o c o m e r o ... » 37 2 9 . L a B a n d i e r a ... yj 38 3 0 . L a p e n t o l a ... yy 39 3 1 . A l l u m a c a t u r e ... yy 41 32. F o r tu n a a m i c a ... yy 42 3 3 . L a c o lp a è d ’E so p o ... yy 43
F i n i t o d i s t a m p a r e i l 9 g i u g n o 1941 XIX