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Ricostruzione paleoambientale del Lago dell'Accesa (Toscana Meridionale) nel tardo Olocene con un approccio geochimico-isotopico

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UNIVERSITÀ DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Geologiche

Titolo Tesi di laurea

Ricostruzione paleoambientale del Lago dell’Accesa (Toscana Meridionale)

nel tardo Olocene con un approccio geochimico – isotopico

Relatore

Dott. Giovanni Zanchetta

Correlatore

Dott.sa Ilaria Baneschi

Controrelatore

Dott. Riccardo Petrini

Candidato

Rocco Loiaconi

ANNO ACCADEMICO

2013 - 2014

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Riassunto analitico

Il lavoro svolto nella presente tesi ha come scopo lo studio geochimico ed isotopico di sei spezzoni diversi della carota AC05B (AC05B1.2, AC05B1.3, AC05B1.4, AC05B1.5, AC05BB1.4, AC05BB1.5 ) provenienti dal Lago dell’Accesa (Grosseto, Toscana Meridionale) al fine di ricostruire i cambiamenti paleoclimatici e paleoambientali avvenuti durante la storia recente del lago.

Questo studio s’inserisce nell’ambito di una collaborazione tra il Dipartimento di Scienze della Terra, l’Istituto di Geoscienze, Georisorse del CNR di Pisa ed il CNRS di Besanḉon (Francia). Gli spezzoni provengono da una carota effettuata nel 2005 dal gruppo di Michel Magny. Già studiate dal punto di vista cronologico, pollinologico e del contenuto dei carboni, sono state ricampionate dettagliatamente per lo studio geochimico nell’ambito di questa tesi e di alcune tesi precedenti.

La carota AC05B, e quindi i sei spezzoni di sedimento analizzati in questo studio (sezioni AC05B1.2, AC05B1.3, AC05B1.4, AC05B1.5, AC05BB1.4, AC05BB1.5), sono stati carotati da Vannière et al.(2008).

Le analisi geochimiche ed isotopiche, condotte sui sedimenti e sulla materia organica delle sei porzioni diverse della carota AC05B, sono state svolte presso l’istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del CNR di Pisa. In particolare sono state effettuate analisi del contenuto di carbonio (organico ed inorganico), della composizione isotopica del carbonio della materia organica e del contenuto totale in azoto.

I dati riguardanti il carbonio organico (TOC%), sono stati interpretati come variazioni nella produttività primaria e/o nel successivo grado di decomposizione della stessa; mentre i dati riguardanti il carbonio inorganico (TIC%) sono stati considerati come variazioni dovute alla precipitazione di carbonati autigeni, o come variazione del contenuto clastico carbonatico che affluisce al lago dal bacino idrografico.

La variazione della composizione isotopica del carbonio della materia organica (δ13Corg) è stata interpretata principalmente come il risultato dell’evoluzione

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3 dell’influenza relativa di vari fattori come l’equilibrazione con la CO2

atmosferica, la lisciviazione di CO2 prodotta dai suoli. Il rapporto C/N assieme

al δ13Corg hanno permesso di discriminare l’origine della materia organica

indicando che essa è prevalentemente originata all’interno del lago.

Dalle comparazioni effettuate principalmente sugli andamenti del contenuto totale in carbonio organico, sul contenuto totale in carbonio inorganico e sulla composizione isotopica del carbonio organico è stato possibile ricostruire l’andamento delle variazioni paleoambientali e paleoclimatiche avvenute negli ultimi ca. 7000 anni B.P. (Before Present), ovvero dall’Olocene medio all’Olocene superiore, all’interno del bacino idrografico del Lago dell’Accesa. In particolare si identificano tre intervalli temporali, caratterizzati da cambiamenti nell’andamento dei valori che hanno evidenziato un’alternanza di condizioni climatiche: tra 7000 – 4000 circa anni B.P. (profondità comprese tra 511 cm e 250 cm circa) caratterizzato da oscillazioni climatiche tra fasi umide e fasi secche; tra 4000 – 3000 circa anni B.P. (profondità comprese tra 250 cm e 210 cm circa), caratterizzato da clima caldo e secco, con condizioni di lago basso; infine tra 3000 – 1400 circa anni B.P. (profondità comprese tra 250 cm e 97 cm circa), caratterizzato da condizioni climatiche umide.

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Abstract

The aim of this work is focused on geochemical and isotopic composition of six different sections of the core AC05B (AC05B1.2, AC05B1.3, AC05B1.4, AC05B1.5, AC05BB1.4, AC05BB1.5) from Lago dell’Accesa (Grosseto, southern Tuscany) in order to reconstruct the paleoclimatic and paleoenvironmental changes occurred in recent history of Lago dell’Accesa. This study has been realized within the frame of a collaboration between Dipartimento di Scienze della Terra Università di Pisa, Istituto di Geoscienze, Georisorse del CNR di Pisa and CNRS di Besanḉon (Francia). The segments come from a core carried out in 2005 by the group of Michel Magny. These cores, already studied in term of chronology, pollen and charcoal content, were resampled for a detailed geochemical study.

The core AC05B, and then the six segments of sediment analyzed in this study (sections AC05B1.2, AC05B1.3, AC05B1.4, AC05B1.5, AC05BB1.4, AC05BB1.5), were cored from Vannière et al. (2008).

The geochemical and isotopic analysis carried on sediments and organic matter of the six different portions of core AC05B were carried out at the Institute of Geosciences and Earth Resources (IGG) of CNR in Pisa. Particularly analyzes were carried out of the carbon content (organic and inorganic), the carbon isotopic composition of organic matter and total nitrogen content.

The data on the organic carbon (TOC%), were interpreted as changes in the primary productivity and/or in the subsequent degree of decomposition of the same; while the data on the inorganic carbon (TIC%) were considered as to change due to precipitation of authigenic carbonates, or as a variation of clastic carbonate content that flows into the lake from the catchment area.

The change in the carbon isotopic composition of organic matter (δ13Corg) has

been interpreted principally as the result of the evolution of the isotopic composition of DIC (Dissolved Inorganic Carbon) and relative influence of various factors such as equilibration with atmospheric CO2, leaching of CO2

produced from soils. The C/N ratio together with the δ13Corg allowed to

discriminate the source of the organic matter indicating that it is mainly originated within the lake.

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5 From the comparisons made principally on the trends of total organic carbon content, the total inorganic carbon content and isotopic composition of organic carbon has been possible to reconstruct the evolution of paleoclimate and paleoenvironmental changes that occurred over the past ca. 7000 years B.P. (Before Present), that is Middle Holocene – Upper Holocene within the catchment area of Lago dell’Accesa. Particularly, we identify three time intervals, characterized by changes in the pattern of the geochemical proxies that showed alternating climatic conditions: between 7000 - 4000 or so years B.P. (depths between 511 cm, and 250 cm approximately) characterized by fluctuations in climate between phases wet and dry phases; between 4000 - 3000 or so years B.P. (depths between 250 cm and 210 cm approximately), characterized by hot and dry climate, with low lake conditions; finally between 3000 - 1400 or so years B.P. (depths between 250 cm and 97 cm approximately), characterized by humid climatic conditions.

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INDICE

1 Introduzione e scopo della tesi

1.1 Introduzione 1.2 Scopo della tesi

2 Inquadramento generale dell'area di studio

2.1 Inquadramento geografico 2.2 Cenni storici

2.3 Inquadramento geologico e geomorfologico 2.4 Inquadramento climatico dell'area

2.4.1Composizione isotopica delle precipitazioni

3 Caratteristiche generali sulla geochimica dei depositi lacustri

3.1 La paleolimnologia e l’ambiente lacustre 3.2 Origine di un bacino lacustre

3.3 Evoluzione di un lago e formazione dei depositi lacustri 3.4 Geochimica dei depositi lacustri

3.4.1 Gli isotopi e i loro campi di applicazione 3.4.2 I cicli biogeochimici

3.4.3 Geochimica isotopica del carbonio 3.4.4 Isotopi del carbonio in ambiente lacustre

3.4.5 Cambiamenti nel δ13C del carbonio della materia organica 3.4.6 Geochimica dell’azoto

3.4.7 I carbonati nei depositi lacustri

3.4.8 Fotosintesi/respirazione delle piante acquatiche lacustri 3.4.9 Materia organica nei depositi lacustri

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4 Materiali e metodi

4.1 Prelievo e selezione dei campioni di sedimento 4.2 Preparazione dei campioni

4.3 Analisi calcimetrica 4.4 Analisi CHN

4.4.1 Analizzatore elementare

4.4.2 Colonne di ossidazione e di riduzione 4.4.3 Prova di tenuta del vuoto

4.4.4 Sistema di rivelazione a conducibilità termica (TCD) 4.4.5 Procedura analitica

4.4.6 Retta di calibrazione 4.5 Analisi isotopiche

4.5.1 Cenni sulla spettrometria di massa

4.5.2 Spettrometro di massa accoppiato a analizzatore tramite conflow 4.5.3 Analisi sulla materia organica, δ13C

5 Risultati

5.1 Contenuto di carbonio totale (TC)

5.2 Contenuto di carbonio organico totale (TOC) 5.3 Carbonio inorganico totale (TIC)

5.4 Contenuto di azoto totale (TN%) 5.5 Rapporti isotopici del carbonio δ13Corg

5.6 Confronto fra gli andamenti di δ13Corg, TOC e TIC

5.7 Il rapporto C/N

6 Discussione

6.1 I sedimenti della carota AC05 B1.2 – B1.3 – B1.4 – B1.5 – BB1.4 – BB1.5 6.2 Sedimenti della carota AC05B: materia organica e carbonio inorganico 6.3 Rapporto C/N

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7 Conclusioni

7.1 Materia organica e carbonio inorganico

Appendici

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1 Introduzione e scopo della tesi

1.1 Introduzione

Nell’ultimo ventennio, la ricerca ambientale è stata caratterizzata da un crescente sviluppo degli studi a carattere paleoclimatologico e paleoecologico. Gran parte di questo sviluppo, testimoniato dall’incremento esponenziale sia nel numero di articoli pubblicati che in quello dei ricercatori coinvolti in progetti multidisciplinari, è dovuto al notevole contributo che le ricerche in questo campo offrono per la comprensione delle modificazioni recenti del clima e l’individuazione dei meccanismi attraverso i quali esse si attuano ed al progressivo impatto delle attività umane sull’ambiente.

Tali modificazioni sono oggetto di studio da parte di equipe di studiosi in tutto il mondo, ma anche oggetto di preoccupazioni, che talvolta alimentano facili allarmismi da parte di vasti settori della società, frutto, a volte della sostanziale disinformazione che accompagna il trasferimento delle conoscenze dal mondo scientifico e accademico al mondo della società civile. D’altra parte, molto spesso, è vero anche il contrario: spesso gli allarmi lanciati dalla ricerca scientifica sono sottovalutati dalla società civile e dal mondo politico. Gli obiettivi principali delle ricerche sul paleoclima sono due: il primo è l’analisi di dettaglio della variabilità climatica naturale a medio e lungo termine, mentre il secondo, strettamente connesso al primo, è la stima dei fattori e dei meccanismi fisici che regolano tali variazioni climatiche. Per poter fare ciò, si utilizzano i cosiddetti dati per procura o vicarianti (“proxy-data” ), si utilizzano cioè indicatori contenuti in vari archivi

naturali che sono in grado di fornire informazioni indirette, sulle variazioni climatiche passate (Guilizzoni et al., 2007).

Le informazioni ottenute attraverso gli studi paleoclimatici costituiscono la base conoscitiva sulla quale fondare i modelli previsionali, in modo tale da consentire una loro migliore calibrazione.

In questo contesto, i sedimenti lacustri rappresentano, tra i depositi continentali, uno dei più completi e dettagliati archivi naturali, che sono stati oggetto di un approfondito e sempre più crescente interesse nell’ambito della ricerca scientifica. Tale interesse è dovuto principalmente alla possibilità di effettuare ricostruzioni paleoambientali e paleoclimatiche (della regione nella quale il lago si colloca), sulla base dei dati ricavabili dallo studio delle

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10 caratteristiche sedimentologiche, geochimiche, geofisiche e biologiche dei depositi; tanto che l’insieme di queste indagini ha dato origine ad una vera e propria disciplina indipendente indicata con il termine di paleolimnologia.

Ecco perché, nell'ultimo decennio sono stati sviluppati diversi progetti nazionali ed internazionali, dedicati allo studio di laghi collocati in aree geografiche molto diverse tra loro: laghi vulcanici, laghi d’alta quota delle Alpi, Europa in genere e del Nepal Himalayano; laghi in aree artiche, Lapponia e Svalbard, e in Patagonia. Anche in Italia, numerosi sono gli studi effettuati sui laghi, ad esempio il Lago di Ledro, Lago Maggiore, Lago di Pergusa ed il Lago dell’Accesa, nella Toscana Meridionale, i cui dati sono trattati in questo lavoro (Guilizzoni et al., 2008).

Spesso sono stati selezionati ambienti remoti, almeno in linea teorica poco o per nulla influenzati dall’impatto antropico; negli anni più recenti, l’attività di ricostruzione paleoclimatica a partire dall’analisi dei sedimenti lacustri si è rivolta anche ad ambienti nei quali l’esistenza di lunghe serie temporali di dati limnologici e meteorologici attuali garantiva la possibilità di verificare e calibrare il dato proxy con quello relativo al corpo d’acqua e alle condizioni climatiche attuali, in modo poi da applicare la relazione trovata al passato.

Comprendere il passato e la variabilità climatica naturale potrà aiutarci a capire come si evolverà l’ambiente nell’immediato futuro, quando esso sarà ancor più fortemente condizionato dalla presenza dell’uomo. Le informazioni raccolte saranno inoltre utilizzate direttamente dai modellisti che si occupano di formulare previsioni sul clima del futuro, e ciò al fine di calibrare con maggior precisione i modelli attuali, confrontando quindi le ricostruzioni paleoclimatiche con i risultati prodotti dai modelli per i tempi passati (Guilizzoni e Gerli, 2008).

Nel corso dell’ultimo secolo predominano nettamente gli effetti sugli ecosistemi acquatici delle attività umane (dovuto principalmente ad attività industriali e agricole) che hanno determinato spesso una forte eutrofizzazione e la comparsa del fenomeno dell’acidificazione delle acque lacustri e, in alcuni casi, una vera e propria contaminazione da elementi e composti tossici (es. DDT). Gli effetti di queste alterazioni antropiche sono stati valutati attraverso indagini paleolimnologiche a partire dalle modificazioni ambientali osservate (Guilizzoni e Calderoni, 2007).

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1.2 Scopo della tesi

Il presente lavoro di tesi è rivolto allo studio di depositi lacustri provenienti da carotaggi effettuati nel Lago dell’Accesa (Grosseto, Toscana Meridionale).

Questo studio si inserisce all’interno di una collaborazione tra il Dipartimento di Scienze della Terra e l’istituto di Geoscienze, Georisorse del CNR di Pisa ed il CNRS (Conseil National des Recherches Scientifiques) di Besanḉon (Alta Savoia, Francia), che si prefigge di ricostruire i cambiamenti ambientali avvenuti durante l’Olocene nel Lago dell’Accesa per comprendere le interazioni tra cambiamenti climatici ed impatto antropico.

L’arco cronologico di cui si occupa questo studio è determinato dall’età dei campioni acquisiti da alcuni spezzoni di carote di sedimenti lacustri (corti 1 m), provenienti da sei diverse carote: AC05 B 1.2, B 1.3, B 1.4, B 1.5, BB 1.4, BB 1.5 (cronologicamente inquadrabili nel Tardo Olocene), prelevate dal fondo del lago, per una lunghezza totale di circa 8 m, che corrisponde agli ultimi 11,6 mila anni cal.B.P., cioè all’intero Olocene. Nello specifico l’obiettivo di questo studio è quello di ricavare, tramite analisi geochimiche ed isotopiche dei sedimenti, ed in particolar modo nella materia organica in essi contenuta, i dati necessari all’interpretazione ed alla ricostruzione di un andamento paleoclimatico e paleoambientale per il lago in esame.

I dati sono stati ottenuti attraverso analisi di laboratorio, effettuate presso i laboratori dell’ IGG-CNR (Istituto Geoscienze - Georisorse) di Pisa; analisi condotte sui sedimenti delle sei carote, grazie alle quali è stato ricavato il contenuto di carbonio totale (TC), il contenuto di carbonio organico (TOC), il contenuto di carbonio inorganico (TIC), il contenuto di azoto totale (TN), i valori isotopici della materia organica (δ13Corg).

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2 Inquadramento generale dell'area di studio

2.1 Inquadramento geografico

Il Lago dell’Accesa (42°59’17” N, 10° 53’44” E) è un piccolo lago di origine carsica (Millet et al., 2007), situato nella parte meridionale del territorio comunale di Massa Marittima, ad un’altitudine di 157 m s.l.m., a circa 5 km dalla città di Massa Marittima, 50 km a SE di Siena e a 10 km dalla Costa orientale del Mar Tirreno (fig. 2.1); Il lago in questione rientra nel SIR 105 “Lago dell’Accesa” (1.169,29 ettari) e nel pSic omonimo (IT51A0005) e rappresenta l’unico bacino naturale di acqua dolce nel

settore nord della provincia di Grosseto, nel sud della Toscana (Nord-Centro Italia), sul

Figura 2.1 Ubicazione geografica del Lago dell’Accesa (Peyron et al., 2011)

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13 confine meridionale delle Colline Metallifere, poste fra i bacini del fiume Pecora e Bruna, nella Maremma Grossetana, con altitudini oltre 1000 m s.l.m. (Poggio Moniteri 1051 m s.l.m., Le Cornate 1060 m s.l.m.).

Fra i rilievi del territorio collinare vi sono aree chiaramente configurabili come depressioni di origine carsica, la più evidente è proprio quella del Lago dell'Accesa, ecosistema lacustre, dove il fenomeno carsico ha assunto uno degli aspetti più caratteristici con la formazione di una dolina (Giunta Provinciale di Grosseto, 2008).

Esso giace in una depressione carsica subcircolare chiusa fra colline boscose a bassa elevazione, con altitudini che variano fra circa 150 e 300 m s.l.m. (fig. 2.3).

Lo specchio d’acqua oggi ha una superficie di circa 14 ha, ma prima di alcuni lavori di bonifica dei primi del ’900 mediante canalizzazioni, che ne hanno ridotto le dimensioni, superava i 20 ha. (Marcelli et al., 2012).

Il profilo del lago mostra una forma a “catino” con rive piuttosto ripide che si connettono ad un ampio pianoro centrale ove si raggiunge la profondità massima, che è di circa 38 metri (Negri, 1998). Come conseguenza di questa morfologia le sponde hanno una marcata inclinazione e la zona littorale è piuttosto ridotta, venendo così impedito lo sviluppo di vere e proprie fasce di vegetazione elofitica e la presenza di popolazioni di idrofite radicanti, situazione questa aggravata dalle opere idrauliche dei primi anni del XX secolo che hanno causato l’emersione di parte della piattaforma littorale (Drescher-Schneider et al., 2007).

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14 Le rive del tutto soggette ad interramento, sono dominate da una flora palustre di canne, che a volte si estendono per oltre 50 m dalla costa. Il fondale immediatamente prossimo alle sponde è generalmente fangoso ed in parte occupato da piante acquatiche sommerse (Minniti, 2005).

La vegetazione intorno al Lago dell'Accesa è caratterizzato da foreste sempreverdi, misti di latifoglie (caducifoglie, decidue) ad esempio Quercus ilex, Q. pubescens (Vannière et al., 2008); mentre le uniche comunità di macrofite (piante superiori, acquatiche galleggianti) presenti sono canneti di Phragmites australis, che bordano buona parte del perimetro lacustre.

Per quanto riguarda invece la fauna è stata rilevata la presenza di un piccolo pesce appartenente alla famiglia Gobiidae (gruppo dei sand gobies) (Huyse et al., 2004); il piccolo Gobide è risultato appartenere alla specie Knipowitschia panizzae (Verga, 1841), noto in italiano con il nome comune di ghiozzetto di laguna, specie sub endemica italiana tipica delle acque salmastre lagunari ed estuariali del nord Adriatico, frequente nella laguna Veneta, alle foci del Po ed anche in Grecia.

Il lago dell'Accesa è un'oasi naturalistica con l'habitat tipico delle zone umide. Sulle sue sponde sorge un Parco Archeologico.

Figura 2.4 Curve batimetriche del Lago dell’Accesa e variazioni della linea di costa dal 1872 al 1919 da Merciai (1933)

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15 I primi studi di carattere geologico si hanno nel 1886 (De Ferrari & Lotti, 1886) in cui gli Autori ricollegano l’origine del lago a fenomeni carsici e parlano anche di altre sorgenti che si allineano in direzione N-S secondo una medesima direttrice con il Lago dell’Accesa; le sorgenti delle Venelle e dell’Aronna che distano in linea d’aria 2,2 km da quelle dell’Accesa e vengono a giorno alla stessa quota da p.c. Il lago presenta un canale di scarico, che fu ripristinato ed approfondito nel 1912 dall’Azienda Agraria Società Montecatini con abbassamento artificiale del livello del Lago di 50 cm, bonificando tutta la zona circostante, ciò per estendere le terre coltivabili, e questo ha diminuito notevolmente la piattaforma litoranea sommersa.

Le dimensioni del lago sono state rilevate per primo da Merciai (1933); il lago presenta forma ellittica con asse maggiore di 580 m e asse minore di 390 m, la profondità massima è stata stimata dallo stesso Autore essere di 40 m.

Il lago ha subito variazioni di forma e dimensioni nel tempo, le variazioni nella planimetrie dal 1832 al 1919 sono state riportate da Merciai (1933) (fig. 2.4), le ultime misure batimetriche sono state effettuate da Negri nel 1995 (fig. 2.5).

Il bacino è alimentato da alcune sorgenti poste sotto la superficie del lago e da un immissario che trasporta le acque delle vicine sorgenti dell’Accesa, collegate a quelle dell’Aronna e delle Venelle, mentre l’emissario è costituito dal fiume Bruna. Le acque sono oligotrofi che, presentano reazione alcalina e sono caratterizzate da temperature piuttosto fredde, che in profondità si mantengono costanti su 7°C circa (Negri, 1998). La temperatura risente della temperatura esterna ed oscilla dagli 8° ai 25° circa. La sorgente a fondo lago ha portata di 68 l/sec secondo Perrone (1912), risultava invece a De Ferrari e Lotti (1886) di 160 l/sec; mentre la portata del piccolo canale emissario è di 10 l/sec (Caramanna et al., 2004).

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16 Le caratteristiche del lago sono riportate in tabella 2.1

Altitudine 157 m s.l.m.

Lunghezza massima (asse E-W) 580 m

Lunghezza massima 390 m

Superficie 14 Ha

Profondità massima 40 m

Perimetro 1850 m

Superficie del bacino idrografico 68 km2

Origine Carsica

Substrato Calcareo

Tabella 2.1 Caratteristiche del lago dell’Accesa

Figura 2.5 Schema del lago dell’Accesa e profili batimetrici eseguiti nel 1995 e 2006 (Negri, 2008)

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2.2 Cenni storici

Si hanno poche notizie riguardo l’origine del Lago dell’Accesa (ant.te Lacus Lacchise) (Massa Marittima), la cui origine risalirebbe secondo una leggenda al 26 luglio 1218. La leggenda narra che: “Il 26 luglio festa di S. Anna, giornata dedicata ai festeggiamenti per la santa e non al lavoro, il proprietario dei terreni, in cui attualmente sorge il lago, di origine turca, non era ben avvezzo ai festeggiamenti religiosi e volle, nonostante il malcontento degli agricoltori, dedicare quella giornata alla trebbiatura e non al riposo. Così secondo il racconto: verso mezzogiorno il cielo improvvisamente si rabbuiò. Nuvole minacciose si addensarono sopra l’Accesa mentre tremori sconquassavano le terra. I trebbiatori colti alla sprovvista, cercarono di mettersi al riparo, cercando scampo sotto gli alberi, chi nei capannoni chi nella casa del Turco. Ma non ci fu nulla da fare una fenditura si aprì nel terreno lungo tutta l’aia e rapidamente divenne un’enorme voragine. La terra precipitò dentro, le messi furono inghiottite, i capanni e la casa sprofondarono con tutti i malcapitati che avevano creduto di trovarvi riparo, mentre lingue di fuoco si levavano dal sottosuolo. Nello stesso tempo si aprirono cateratte dal cielo e un diluvio si precipitò sull’Accesa. Dopo mezz’ora di questa musica, la terra finalmente si raffreddò, il cratere con altri brontolii lamentosi poco a poco si richiuse e il sole ricomparve di nuovo ma, dove fino a poco tempo prima c’era un’aia, trebbiatori e bionde spighe a perdita d’occhio, ora c’era solamente un piccolo lago verde azzurro con qualche bagliore rossastro”

Anche il nome del lago Accesa dovrebbe derivare da una luce misteriosa che sembrava provenire dalla profondità e che emanava bagliori rossastri.

Il primo a parlare del lago dal punto di vista scientifico fu Santi (1809) nel suo lavoro “Viaggio terzo in Toscana” in cui l’autore riporta: “la profondità in mezzo al Chiaro è

grandissima. Parvemi che egli tragga le sue acque da polle del suo proprio fondo e le acque dell’emissario, regolate da cataratta, manda le sue acque ai forni dell’accesa ove si fonde e si ripurga il minerale dell’Elba”.

Nei primi anni del 1800 le acque del lago erano utilizzate per gli impianti di lavaggio delle vicine miniere dell’Accesa, proprio in virtù dello stato perenne del lago alimentato dalle sorgenti al fondo (Caramanna et al., 2004).

La credenza popolare vuole che ancora oggi, recandosi sulle sponde del lago il 26 luglio, si possano sentire le grida dei contadini, il muggire dei buoi, gli zoccoli di cavalli in fuga dall'apocalisse scatenata in quel lontano giorno, e perfino il suono delle campane del

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18 villaggio.

Sono stati effettuati numerosi ritrovamenti di epoca etrusca, di reperti e resti archeologici ritrovati nelle vicinanze del lago, i più importanti sono situati sulla collina del versante orientale, dove sono state scavate una necropoli e un insediamento di epoca etrusca. È probabile che l'insediamento fosse collegato allo sfruttamento dei depositi metallici vicini; presumibilmente questo villaggio minerario è durato circa un secolo, da circa 2600-2500 cal. yr BP, che lavorava i metalli principalmente l'argento, il piombo e i materiali ferrosi, estratti nelle vicine miniere.

Gli archeologi hanno fatto riemergere gli insediamenti dai vicini boschi, rinvenendo una grande quantità di reperti. Poco distante c'è anche il piccolo borgo disabitato di “Forni dell'Accesa”, dove si possono visitare i resti dei forni settecenteschi impiantati per la lavorazione del metallo.

Diversi altri manufatti, come cocci, indicano che l'area è stata continuamente occupata dall'uomo fin dal Neolitico. In tempi storici l'acqua del lago è stata utilizzata per lavare i minerali dell'isola d'Elba o delle miniere locali e regionali (Rizzotto, 1981).

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2.3 Inquadramento geologico e geomorfologico

La sua origine è incerta, ma recenti studi lo classificano come un "sinkhole", ovvero una voragine creata dallo sprofondamento del terreno per la presenza di una sorgente sotterranea; il bacino (ca 580x390 m), dalla particolare forma a ferro di cavallo, è di origine carsica ed è alimentato da una sorgente termale, una sub-aerea ed una sub-acquea; Il lago ha un piccolo emissario che, scendendo verso valle, va a formare il fiume Bruna. La melma e i sedimenti hanno reso difficile la misura della profondità del lago; la carta batimetrica rivela una profondità massima di 37,5 m, anche se le credenze popolari lo definiscono senza fondo. I profili lacustri indicano una zona litorale sub orizzontale di ca 5-20 m di larghezza; sotto c’è un ripido pendio e infine un dolce pendio che raggiunge la parte più profonda sub-orizzontale del bacino del lago.

L’area circostante il Lago dell’Accesa, nei dintorni di Massa Marittima, è caratterizzata da depressioni subcircolari attribuite a processi carsici; la prima è il bacino della Ghirlanda ad est di Massa Marittima, il secondo è quello delle Venelle ad ovest, dal quale si originano le sorgenti omonime, quello di Schiantapetto e procedendo verso Sud quello dell’Aronna ed infine quello dell’Accesa.

Dal punto di vista morfologico il bacino dell’Accesa presenta forma allungata in direzione NS, una piccola insenatura lo divide da un’altra depressione all’interno della quale si rinvengono le sorgenti dell’Aronna.

Le sorgenti delle Venelle, dell’Aronna e dell’Accesa si allineano secondo una direttrice circa NS. La sorgente delle Venelle, a quota 164 m, è posta all’interno di una dolina originata sul Calcare cavernoso; l’area sorgentifera in realtà è costituita da una serie di emergenze la cui portata totale è di 300 l/sec.

La sorgente dell’Aronna è costituita da due gruppi di polle, alcune formanti laghetti, impostatesi sugli argilloscisti e sedimenti fluvio-lacustri ai bordi di una dorsale costituita da Calcare Cavernoso. La portata totale è di 850 l/sec (De Ferrari & Lotti, 1886).

Il Lago dell'Accesa è il risultato finale di una forma di carsismo ipogeo, che sotto forma di cavità carsica ha proseguito la sua evoluzione verso l'alto fino a determinare il crollo della volta della grotta e causare la formazione di una dolina di crollo. I detriti accumulatisi sul fondo della dolina, e il trasporto verso la depressione di materiali fini derivanti dal disfacimento delle limitrofe formazioni flyscioidi ad opera delle acque di dilavamento superficiale hanno contribuito alla rapida impermeabilizzazione del fondale.

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20 La vicina sorgente che ha determinato la genesi della dolina attualmente assicura il continuo riempimento della dolina che si presenta come un lago il cui emissario da origine ad un importante corso fluviale: il Fiume Bruna (Ceccarelli et al., 2004).

Dal punto di vista morfologico il territorio del comune di Massa Marittima, caratterizzato da un paesaggio molto articolato, può essere diviso in tre principali settori:

- 1) Area collinare; - 2) Area di Pianura;

- 3) Depressioni intercollinari;

Proprio in quest’ultimo settore ricade l’area in studio, settore sud sud-orientale che presenta rilievi modesti con pendenze che generalmente non superano il 20 %, tali rilievi circondano completamente una depressione di origine carsica che come già detto è occupata dal lago dell'Accesa.

La natura calcarea delle rocce che costituiscono il substrato di questa area è rappresentata dalla formazione del calcare cavernoso caratterizzata da un sistema di fratture che hanno costituto il luogo ideale per l'azione di dissoluzione ad opera delle acque sotterranee. L'azione di dissoluzione è resa efficace anche per il particolare chimismo delle acque dell'acquifero sottostante, che emergono in superficie in corrispondenza della sorgente del Lago dell'Accesa, le quali si presentano acidule e pertanto particolarmente aggressive nei confronti dei carbonati che per reazione chimica si trasformano in bicarbonati solubili. A N-N.E. dal centro abitato di Massa Marittima a ridosso del rilievo travertinoso su cui sorge l'abitato stesso, s’individuano due interessanti depressioni: Il Piano di Ghirlanda e il Piano dei Mucini di origine carsica.

Altra depressione legata all'azione di dissoluzione dei calcari è individuabile nel settore N.E. del territorio di Massa Marittima, alle pendici del centro abitato di Prata, tale depressione corrisponde al Piano di Boccheggiano, presso località Gabellino.

Tali forme carsiche chiuse o semi chiuse, di dimensioni di alcuni chilometri sono denominati in letteratura Polje o Piani carsici; i Polje del territorio massetano presentano un fondo piano o subpianeggiante circondato da rilievi con pendenze intorno al 30%, l'angolo di raccordo fra le superfici è brusco. Sicuramente in epoche passate i Polje erano attivi, cioè il fondo veniva periodicamente allagato in quanto gli inghiottitoi non riuscivano a smaltire tutta l'acqua che affluiva nel bacino di raccolta.

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21 Ai bordi del piano carsico generalmente non si rinvengono coperture detritiche, in quanto l'origine dei Polje legata a fasi di inondazione ha sicuramente creato la situazione di rimozione dei materiali sciolti, le passate inondazioni hanno innescato un processo di corrosione marginale che ha permesso gradatamente l'allargamento del piano carsico mantenendo netto l'angolo di raccordo tra il fondo e i rilievi.

Tra i Polje esaminati alcuni sono di contatto litologico, situati in depressioni di origine tettonica e al contatto fra rocce solubili (calcare cavernoso) e rocce insolubili (formazione dei Galestri e Palombini In Ghirlanda, scisti policromi al Gabellino). La situazione di contatto ha favorito la formazione del Polje, in quanto parte del bacino idrografico imposto su rocce insolubili, ed ha convogliato acqua ricca di materiali solidi verso la zona dei calcari; il detrito insolubile si è originariamente accumulato nelle aree più depresse proteggendole dalla corrosione mentre venivano attaccate le parti rocciose emergenti. In questo modo il fondo del Polje si è allargato con una forma piana orizzontale modellata nelle rocce solubili. La formazione di questi piani di corrosione carsica ha perciò luogo per un fenomeno di spianamento da dissoluzione (Ceccarelli et al., 2004).

Testimonianze di carsismo epigeo sono diffuse un po’ in tutto il territorio di Massa Marittima, sotto forma di doline di modesta dimensione, impostatesi sia su substrato calcareo di tipo Calcare cavernoso ma in particolar modo su substrato travertinoso, come in località Pianizzoli.

Il bacino del lago è relativamente assai limitato e chiuso, ha una forma allungata in direzione NS, lo spartiacque superficiale segue una linea che dalla cima del Poggio delle Rigattaie (263 m) passa a NE attraverso una piccola valle che divide la depressione carsica dell’Accesa, da quella d’identica origine dell’Aronna, in mezzo alla quale sboccano sorgenti che sono in relazione con quelle dell’Accesa, quindi segue a N la cresta di una serie di piccole colline, fino a quota 320 m, da là verso NE attraversando la strada di Massa Marittima arriva a quota 352 m, scende bruscamente a 274, per arrivare alle Case della Pesta del Carpignone (a 500 m dal lago), poi risale a SW lungo le cime dei poggi che circondano il lago fino al Podere del Montino (198 m), ed infine girando a W si ricongiunge al Poggio delle Rigattaie; il bacino così delimitato ha una superficie di circa 5.055 km2.

Il bacino ha colline ondulate, ricoperte in gran parte di boscaglie di querce, lecci, sughere, ciò limita assai l’azione delle acque di dilavamento, per cui l’alimentazione del lago, per mezzo delle acque di scorrimento superficiale è ridottissima.

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22 L’area, inoltre, è interessata da due sistemi di faglie: un sistema NS o NNW-SSE e uno ortogonale ENE-WSW. I due sistemi s’intersecano proprio in corrispondenza del Lago dell’Accesa (fig. 2.6) (Caramanna et al., 2004; Campobasso et al., 1993).

Figura 2.6 Carta geologica in scala 1:100000, foglio 127, Piombino (II ed.) I.G.M. (http://www.neogeo.unisi.it)

Figura 2.7 Legenda della carta geologica in scala 1:100000, foglio 127, Piombino: forme carsiche, forme e strutture antropiche, elementi stratigrafici di tipo puntuale e lineare, elementi strutturali di tipi lineare,(http://www.neogeo.unisi.it).

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24 L’area del Foglio 306 – Massa M.ma cade al centro delle Colline Metallifere, vasto settore della Toscana Meridionale, ben conosciuto fin dall’antichità per i suoi giacimenti minerari, più recentemente, per lo sfruttamento dei fluidi endogeni (Regione Boracifera di Larderello).

Nelle Colline Metallifere è riconoscibile un tratto di catena, il Peloappennino, generatosi nell’intervallo Eocene sup. - Miocene inferiore per effetto della collisione fra il margine europeo e la Microplacca Adria, entrato in regime di collasso post-collisionale a partire dalla fine del Miocene inferiore. I movimenti verificatisi durante gli eventi pre e sin-collisionali hanno contribuito alla costruzione di un edificio a falde: esso prevede la presenza, al di sopra dell’Unità della Falda Toscana, di ben quattro unità alloctone, delle quale le tre superiori derivano dal Dominio Ligure mentre quella inferiore dal Dominio Subligure (fig. 2.9).

Le colline Metallifere, pertanto, si configurano nel Miocene inferiore, come un edificio a falde che sarà più tardi in gran parte smantellato dalla tettonica distensiva.

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25 Le unità litostratigrafiche presenti in quest’area sono riferibili ai depositi continentali recenti, al Neoautoctono Toscano, ai Domini Ligure, Subligure e Toscano ed al Basamento metamorfico (fig.2.9).

Il bacino è costituito nella parte settentrionale e orientale da filladi e micascisti con noduli quarzosi del Carbonifero-Trias superiore (Unità tettonica di Monticiano-Roccastrada- filladi e quarziti del Torrente Mersino FTM) che ne rappresentano il substrato ed anche la formazione più antica di questa zona;

Nelle linee generali la formazione delle Filladi e quarziti del T. Mersino poggia sul Gruppo filladico quarzitico; tuttavia non sono infrequenti ripetizioni tettoniche, lo spessore del complesso è variabile fino a valori massimi superiori ai 1000 m; questo gruppo affiora a sud di Massa M.ma, ed in un più limitato affioramento lungo il Torrente Mersino, ma è stato incontrato durante la perforazione di alcuni sondaggi effettuati nell’area di Larderello Travale per scopi geotermici.

Dal punto di vista litologico si compone di tre litofacies principali: filladi e quarziti grigie e nere (la più diffusa); quarziti e filladi verdi (lenti all’interno della litofacies); metaconglomerati (lenti per lo più nella parte alta della successione affiorante);

Figura 2.10 Legenda delle unità tettoniche 1:100000, Foglio 318, Follonica (www.regione.toscana.it)

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26 Questo gruppo corrisponde principalmente alla petrofacies descritta come: “Filladi, spesso quarzose, e metarenarie/metagrovacche cloritiche di colore da grigio-verdastro a verde”. I componenti sono quarzo, muscovite/sericite, clorite (di colore talora molto acceso, probabilmente ricca in Fe), calcite e come accessori, tormalina, pirite, zircone, epidoto ed anche grafite.

Sopra le filladi e micascisti, si ha la formazione dei calcari cavernosi del Norico (Unità tettonica della Falda Toscana – Formazione anidritica di Burano – calcare cavernoso CCA), molto permeabili ed erodibili, che dunque si prestano bene allo sviluppo dei fenomeni carsici; essi occupano la maggior parte del bacino nella porzione settentrionale e occidentale.

La Formazione anidritica di Burano è presente in limitati affioramenti. In queste località sono osservabili sia strati di anidrite biancastra sia di dolomia di colore nero e/o grigio scuro. I livelli solfatici, frequentemente laminati, sono quasi sempre idratati a gesso per alterazione superficiale mentre quelli di dolomia appaiono localmente intensamente brecciati con fratture riempite dal solfato. Sui fronti di cava talvolta si rinvengono lenti di dolomie rivestite da un involucro costituito da gesso e dolomite con strutture Ball and Pillow ed interpretate come dovute a deformazioni tardo-diagenetiche.

La facies più diffusa è quella del “Calcare Cavernoso”, essa è costituita da calcari grigi e da una breccia tettonica affatto stratificata, ad elementi calcarei o dolomitici da centimetrici a decimetrici ed a cemento calcareo; caratteristica è la presenza di piccole cavità di forma poligonale vuote (“calcari vacuolari o a cellette”), talvolta riempite da polvere grigia dolomitica (nota in letteratura come “cenerone”). Gli elementi calcarei in frattura fresca sono di colore grigio più o meno chiaro, mentre sulla superficie d’alterazione presentano una colorazione variabile tra il grigio scuro e il bianco sporco. Quelli dolomitici hanno invece un colore grigio scuro in frattura fresca e raramente possono presentarsi in strati sottili. Molto raramente affiora un‘alternanza di strati di dolomie grigio scure e di anidriti di colore bianco, quasi sempre idrate (gessi), che costituisce la roccia madre (Formazione anidritica di Burano) dalla quale deriva la facies del Calcare cavernoso (Costantini et al., 1983).

La formazione è delimitata a letto e a tetto da contatti tettonici: essa poggia su formazioni diverse dell’Unità di Monticiano-Roccastrada ed è sormontata dalle formazioni delle Unità liguri ed in particolare dalle Argille a Palombini; il suo spessore è, di conseguenza, molto variabile; quello massimo è valutabile in alcune centinaia di metri. I caratteri

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27 sedimentologici della Formazione anidritica di Burano suggeriscono un ambiente di sedimentazione di sabka “prospiciente un’area marina confinata ad alta salinità. Per quanto riguarda l’età, tale formazione viene attribuita al Norico (Triassico sup.) (Sorgenia Geothermal, 2010).

Procedendo verso l’alto nella serie si trovano i calcari a Rhaetavicula contorta del Retico (Unità tettonica della Falda Toscana – Calcari e marne a Rhaetavicula contorta RET); formazione che affiora estesamente nell’area compresa tra Prata e Monte S. Croce, un buon affioramento è visibile anche lungo la strada che collega Prata a Niccioletta. Questa formazione è rappresentata principalmente da calcari e calcari marnosi stratificati (spessore degli strati dai 30 ai 70 cm), di colore grigio scuro o nero, che presentano granulometrie variabile da media a fine; ad essi si ritrovano associate marne di spessore massimo di 40 cm, di colore grigio in frattura fresca e giallo in quella alterata. Caratteristica è una fitta rete di vene di calcite spatica che conferisce alla roccia un aspetto brecciato. Al passaggio alla formazione sottostante il calcare a Rhaetavicula contorta si presenta più “cariato” e si alterna a strati di breccia ad elementi calcarei; al tetto la formazione tende a divenire più calcarea con giunti di stratificazione maggiormente spaziati, i calcari si presentano ben compatti e di colore grigio chiaro; lo spessore della formazione si aggira sui 100 metri. Le caratteristiche litologiche ed il contenuto microfaunistico suggeriscono per i Calcari e marne a Rhaetavicula contorta un ambiente di sedimentazione variabile da una laguna, con acque scarsamente ossigenate, ad una palude costiera; ed inoltre sulla base di quanto evidenziato dalle analisi micropaleontologiche risulta possibile riferire questa formazione al Triassico superiore; in altri affioramenti della Toscana è stata accertata la sua appartenenza al Retico (fig. 2.11).

Al di sopra di questi calcari vi sono gli “Argilloscisti a galestri e palombini” del Cretaceo inferiore (Dominio Ligure – Unità tettonica ofiolifera delle Argille a palombini – APA). Gli affioramenti più estesi si trovano nell’area a nord di Frosini e di Casole d’Elsa. Le Argille a palombini sormontano, con contatto tettonico, la Formazione di Monteverdi Marittimo e nelle aree a “serie ridotta”, la Formazione anidritica di Burano-Calcare cavernoso e sono sormontate, con contatto stratigrafico discordante, da formazioni della Successione neogenica del versante tirrenico dell’Appennino Settentrionale. Sono costituite prevalentemente da argilliti e siltiti argillose di colore grigio- marrone o verde, con intercalati calcari silicei a grana fine, di colore generalmente o grigio-scuro, in strati, spesso lentiformi, che raggiungono eccezionalmente lo spessore di 1,5 metri.

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28 Localmente si rinvengono anche marne calcaree di colore grigio chiaro in frattura fresca e marrone in superficie alterata con spessore variabile da qualche decimetro a circa un metro; del tutto subordinata è la presenza di arenarie quarzose, debolmente carbonatiche, a grana media, di colore grigio chiaro; all’interno delle Argille a palombini s’intercalano rare masse di ofioliti sempre di modesta entità. Per le caratteristiche sedimentologiche si ritiene comunemente che le Argille a palombini si siano deposte in un ambiente di piana abissale interessato da episodi torbiditici silicoclastici (Sorgenia Geothermal, 2010).

Queste quattro formazioni, rispettivamente del Carbonifero-Trias superiore, Norico, Retico e Cretaceo inferiore sono quelle più diffuse ed importanti all’interno del territorio di Massa Marittima, poiché in esse e sui loro contatti, si trovano i filoni e le masse quarzifere con solfuri metallici che hanno dato luogo fino al Medioevo alle note escavazioni minerarie. Il Quaternario è rappresentato da depositi alluvionali e palustri che poggiano al di sopra delle filladi e micascisti e del calcare cavernoso e formano una fascia a NE del lago.

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2.4 Inquadramento climatico dell’area

Il clima del lago dell’Accesa è fortemente condizionato dalla presenza dei rilievi circostanti, si hanno temperature basse durante l’inverno, con sporadiche precipitazioni anche nevose, e clima mite nel periodo estivo.

Per ciò che riguarda le precipitazioni, sono stati utilizzati i dati registrati dalle stazioni meteorologiche del Servizio Idrologico Regionale, della Regione Toscana (Centro Funzionale Regionale di Monitoraggio Meteo – Idrologico).

Le stazioni metereologiche, comprensive di pluviometro, prese in esame sono: Caldana 342 m s.l.m.; Casteani 59 m s.l.m.; Massa Marittima 231 m s.l.m.; S. Ferdinando 269 m s.l.m.; Scarlino 199 m s.l.m.(fig. 2.13).

Figura 2.13 Ubicazione geografica delle stazioni metereologiche di Caldana, Casteani, Massa Marittima, S.Ferdinando, Scarlino ( Google Earth, 2013)

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30 Dal grafico della figura 2.14 si può notare che le precipitazioni, nell’area comprensiva del lago, sono maggiori durante i mesi invernali ed autunnali, con un picco massimo principale nel mese di novembre con valori tra 106 e 139 mm ed un picco massimo secondario in settembre con valori tra 72 e 85 mm, viceversa, le precipitazioni sono ridotte nei mesi estivi, con un picco negativo nel mese di luglio e valori tra 9 e 19 mm; la precipitazione media annua raggiunge un valore di circa 852 mm.

Per quanto riguarda le temperature invece, i dati termometrici presi in esame sono quelli della stazione metereologica “Massa Marittima Azienza”, a quota 400 m s.l.m., stazione del S.I.R. della Regione Toscana. Le temperature medie annue registrate dalla vicina stazione variano da circa 7,1 °C del mese più freddo (gennaio) a circa 24,0 °C del mese più caldo (luglio); la temperatura media annuale è di 14,6 °C, mentre, l’escursione termica media annua è di circa 17 °C (fig. 2.15).

Figura 2.14 Precipitazioni medie mensili di pioggia (mm) 2002-2010, delle cinque stazioni metereologiche del territorio del lago dell’Accesa (www.sir.toscana.it)

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2.4.1 Composizione isotopica delle precipitazioni

Le acque meteoriche che s’infiltrano nel sottosuolo a differente quota o distanza dal mare, che si originano in stagioni differenti e che hanno seguito diverse modalità di circolazione sotterranea hanno generalmente una differente composizione isotopica. A differenza di molti traccianti chimici, la composizione isotopica dell’ossigeno e dell’idrogeno delle acque superficiali è “conservativa”, infatti, le interazioni a seguito di processi organici ed inorganici che l’acqua subisce durante l’infiltrazione e il movimento sotterraneo e/o superficiale hanno un effetto trascurabile sui rapporti isotopici delle acque. La composizione chimica ed isotopica delle acque circolanti in acquiferi sotterranei dipende da una serie di processi che vanno dalla formazione dei corpi nuvolosi da cui si originano le piogge che alimentano le falde, alle fasi successive che comprendono i fenomeni di interazione delle acque con le rocce ospitanti l’acquifero. Le acque, di conseguenza, sono caratterizzate, da “marker” chimici ed isotopici che dipendono dalla storia che hanno subìto, infatti, studi idrogeochimici ed isotopici di falde freatiche, in genere, sono in grado di ricostruire la storia di un’acqua e di connotare le caratteristiche di circolazione ed alimentazione dell’acquifero che l’ha ospitata (Favara et al., 2003).

Figura 2.15 Temperature medie mensili 1981-1990 rilevate dalla stazione di Massa Marittima (www.sir.toscana.it)

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32 La composizione isotopica delle precipitazioni è soggetta ad alcuni importanti effetti spaziali e temporali, che possono essere a scala globale o locale. I più comuni sono: l’effetto latitudine, l’effetto stagionalità, l’effetto continentalità, l’effetto quantità e l’effetto quota.

L’effetto “latitudine” si origina per la progressiva condensazione del vapore delle masse d’aria umide generate alle basse latitudini man mano che si spostano verso latitudini maggiori, ciò determina una negativizzazione dei rapporti isotopici dall’equatore verso i poli.

L’effetto “stagionalità” è legato alla differente temperatura di formazione delle precipitazioni, pertanto, in una stessa regione, le precipitazioni che avvengono nei mesi freddi sono caratterizzate da composizioni isotopiche negative, mentre le acque meteoriche durante i mesi caldi risultano arricchite in isotopi pesanti e quindi più positive.

L’effetto “continentalità” produce precipitazioni con valori di composizione isotopica progressivamente più negativi man mano ci si allontana dalla linea di costa.

L’effetto quantità è la dipendenza (empirica) che si vede nella composizione isotopica delle precipitazioni che mostrano una diminuzione della composizione isotopica all’aumentare delle precipitazioni.

Infine, l’effetto “quota” risulta dalla combinazione tra l’effetto temperatura e l’effetto continentalità, i valori di composizione isotopica delle precipitazioni diminuiscono con l’aumentare della quota. Mediamente si osserva una negativizzazione compresa tra 0.1 e 0.6 delta per mille ogni 100 metri di quota per l’ossigeno e tra 1 e 4 delta per mille ogni 100 m di quota per l’idrogeno. Appare evidente che questi effetti geografici e climatici non agiscono separatamente ma concorrono contemporaneamente e con differente peso, nel determinare la composizione isotopica delle precipitazioni in un’area (Dansgaard, 1964). Peculiari condizioni geografiche e particolari condizioni climatiche possono dare origine a precipitazioni meteoriche con composizioni isotopiche che però deviano dall’andamento generale delle precipitazioni nel mondo. Un esempio è rappresentato dal bacino del Mar Mediterraneo, dove è stato osservato che il valore di eccesso di deuterio aumenta fino a + 22‰ in seguito a movimenti convettivi delle masse d’aria umide che generano rievaporazione durante la precipitazione (Gat e Carmi, 1970).

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33 Nella figura 2.16 è esposta la carta delle isolinee raffiguranti la composizione isotopica media delle precipitazioni per l’Italia centro-settentrionale e come si può vedere i valori si differenziano molto in tutta la penisola; soprattutto mutano molto spostandosi da oriente ad occidente, dove la dorsale appenninica funge da barriera Nord-Sud e diversifica le due aree.

La parte occidentale è interessata da venti che trasportano il vapor acqueo dal bacino delle Baleari al bacino Tirrenico, mentre la parte orientale, adriatica è interessata da venti di nord-est e di sud-est che trasportano il vapor acqueo nel Mediterraneo centrale ed orientale. Questa variazione che influenza fortemente la distribuzione dei valori isotopici lungo tutta la penisola italiana con un effetto di marcata elevazione, in particolare nella sezione centrale è in parte causata dall’effetto “ombra” degli Appennini, che porta ad una distribuzione caratteristica delle linee di contorno, nello specifico la linea di contorno -6.0 e -7.0 ‰; infatti se si confronta la composizione isotopica delle precipitazioni nei luoghi con la stessa altitudine, lungo la sezione centrale dell’Adriatico e lungo le zone costiere del Tirreno, si possono notare valori isotopici medi nettamente inferiori, fino a circa 2 ‰ rispetto a quelli della sezione del Tirreno (Longinelli e Selmo, 2003).

Figura 2.16 Isolinee raffiguranti la distribuzione della composizione isotopica media delle precipitazioni per l’Italia settentrionale (Longinelli e Selmo, 2003)

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3 Caratteristiche generali sulla geochimica dei

depositi lacustri

3.1 La paleolimnologia e l’ambiente lacustre

I sedimenti di un lago sono, tra i depositi continentali, uno dei più completi e dettagliati archivi nei quali è documentata l’evoluzione temporale delle caratteristiche trofiche della conca lacustre e del clima della regione nella quale il lago si colloca.

Alla pari di molti altri studi effettuati nell’ultimo decennio, quello sui sedimenti lacustri è tra i più preziosi, poichè consente di tracciare la storia paleoclimatica, paleoambientale e geomorfologica di regioni geografiche di grande interessead alta risoluzione temporale. Alcune aree geografiche sono infatti reputate di particolare interesse, in quanto zone di confluenza di regimi climatici differenti; tale è ad esempio l’area Mediterranea, sottoposta all’influenza della circolazione continentale Nord Atlantica da una parte, e di quella Nord Africana, subtropicale dall’altra. Sul Mediterraneo, e relativamente all’arco temporale dell’Olocene recente, lo sforzo di ricerca è concentrato sulla separazione tra effetto naturale (climatico) ed effetto antropico.

La paleolimnologia è quella branca della limnologia che si occupa dello studio delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche degli ambienti lacustri nel passato. E’ una disciplina al confine tra ecologia, geologia e paleontologia, la ricostruzione delle modificazioni nel tempo delle biocenosi acquatiche viene utilizzata per l’individuazione dei fattori ambientali che tali variazioni implicano. Il presupposto della paleoecologia è che le leggi ecologiche che regolano i processi siano rimaste immutate nel tempo. In altre parole, uno dei fondamenti di questa disciplina, così come della geologia, è l’idea che il presente possa costituire la chiave per interpretare il passato (e, viceversa, “il presente sia figlio del passato”) e che le caratteristiche geologiche della terra siano il risultato di processi tuttora in atto, teoria questa nota con il termine di attualismo (Guilizzoni e Gerli, 2008).

Obiettivo principale di questi studi paleolimnologici è analizzare in dettaglio l’evoluzione temporale delle condizioni fisiche, chimiche e biologiche dei laghi e la variabilità climatica a medio e a lungo termine attraverso lo studio dei sedimenti depositati nel corso del tempo nei bacini lacustri.

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35 Al fine di realizzare questo obiettivo si utilizzano degli indicatori indiretti, denominati “proxy-data” o “proxy-records” o più semplicemente “proxies”, nella letteratura specializzata, rappresentati da proprietà chimico-fisiche dei sedimenti e da resti di organismi viventi, la presenza dei quali sia relazionabile a precise condizioni ambientali. Come vedremo, essi vengono utilizzati come dei veri e propri traccianti, in grado di fornire indicazioni sulle condizioni passate di un lagoe del bacino in cui esso si colloca.

I sedimenti costituenti i depositi lacustri molto spesso garantiscono una maggiore completezza nel ricavare un’interpretazione ambientale rispetto ad altri record continentali, e competono per risoluzione con gli studi relativi agli anelli di accrescimento degli alberi, alle torbe o agli speleotemi. Ciò è possibile grazie all’ampia gamma di dati ricavabili dai

proxies, combinati con datazioni accurate e ad alta risoluzione.

Il dato paleolimnologico necessita sempre di essere calibrato e verificato e a questo proposito sono sempre più numerosi gli studi di raffronto delle serie storiche di dati meteorologici con i risultati delle ricostruzioni a partire dai dati sui sedimenti. Le serie storiche vengono inoltre studiate e verificate in quanto risultano molto utili anche ai fini della messa a punto di modelli previsionali. A sua volta, il dato paleolimnologico/paleoclimatico diventa indispensabile quando il dato strumentale risulti mancante, poiché esso va a compensare la mancanza di informazioni pregresse.

3.2 Origine di un bacino lacustre

L'esistenza di un lago è dovuta a un insieme di cause che determinano una interruzione nella continuità del pendio idrografico e la formazione di una contropendenza. I corsi d'acqua infatti, nel loro fluire, possono incontrare pendenze più a meno accentuate che accelerano lo spostamento delle masse liquide. Quando un ostacolo si interpone al fluire delle acque si presentano varie situazioni: dalla formazione di un lago più o meno profondo ad un semplice rallentamento del moto verso valle delle masse liquide. Nell'ambito della rete idrografica il lago rappresenta soltanto un fenomeno transitorio in quanto, così come si è venuto a formare il contropendio, questo stesso può essere distrutto per erosione o altre cause; d'altra parte, gli affluenti depositando nella conca i materiali da essi trasportati, determinano il suo interrimento al quale concorre anche la produzione organica del lago stesso. Ciò che è fondamentale è il non disgiungere il bacino lacustre dalla rete idrografica

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36 cui esso appartiene e che lo ha creato; questo rapporto tra lago e fiume è il solo che faccia intendere la genesi e soprattutto l'evoluzione di una massa d'acqua lacustre.

La classificazione dei laghi in base alla loro origine si presenta alquanto ardua, sia per i numerosi e diversi fattori che possono intervenire nella loro formazione, sia perché molti bacini non si prestano ad una semplice interpretazione a causa di più fenomeni intervenuti nella loro genesi. Strettamente associata a criteri genetici e morfologici è la classificazione che distingue i laghi in due grandi gruppi (Tonolli, 1964):

- quelli che sono estranei alla morfologia della regione in cui compaiono, che vi

costituiscono cioè una eccezione e riconoscono la loro origine in eventi accidentali, spesso catastrofici (laghi accidentali);

- quelli le cui conche dipendono dalle cause generali che hanno modellato la regione e ne

rappresentano un carattere essenziale (laghi regionali).

Alla prima categoria appartengono laghi che si originano più spesso in modo improvviso, mentre quelli della seconda si formano lentamente per le stesse cause che determinano la morfologia regionale.

Alla seconda tipologia appartengono, per esempio, i laghi carsici; le regioni modellate dal carsismo sono limnologicamente interessanti (ed altamente caratteristiche), sia perché le attività carsiche creano una speciale morfologia molto ricca di cavità che possono accogliere acque, sia per la peculiarità della idrografia, che si sviluppa in forme particolari. I fenomeni carsici non sono limitati alle regioni calcaree, benché in esse assumano il più tipico sviluppo, ma si manifestano in ogni territorio in cui le rocce, aventi determinate caratteristiche, si lasciano lisciviare dalle acque che vi circolano; così i gessi ed il salgemma ne presentano esempi limitati nell'estensione, ma imponenti per l’intensità e per la velocità con cui i fenomeni si svolgono.

Quindi mentre la morfologia di una regione carsica, la cui superficie è caratterizzata da un’elevatissima quantità di conche, può essere particolarmente favorevole all'insediamento di sistemi lacustri, l'idrografia, che si sviluppa tutta nel sottosuolo a scapito della rete superficiale, rappresenta una condizione negativa.

Le forme della conca lacustre sono importanti per l’interpretazione della sua genesi e della sua evoluzione, devono essere conosciute con esattezza e rappresentate cartograficamente, la planimetria e la batimetria, le quali costituiscono informazioni di fondamentale importanza per poter effettuare degli studi (Tonolli, 1964).

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3.3 Evoluzione di un lago e formazione dei depositi lacustri

Nella scala geologica dei tempi il lago rappresenta un fenomeno di durata piuttosto breve. Mediamente si può ritenere che un lago abbia una vita compresa tra poche migliaia ed alcune decine di migliaia di anni (De Marchi, 1984), esistono, tuttavia laghi, denominati “ancient lakes” che possono esistere per alcune centinaia di migliaia di anni se non per milioni di anni. Una delle principali cause di morte naturale di un lago è l'interrimento, infatti, ciottoli e sabbie trasportate dai fiumi immissari, o provenienti dall'azione erosiva che il moto ondoso del lago stesso determina sulle rive, tendono a riempire la depressione che accoglie le acque lacustri. A questa azione di riempimento contribuisce, in alcuni casi anche in maniera rilevante, la sedimentazione continua di materiale organico che dalle zone produttive superficiali va depositandosi, sotto forma di detrito, a livello di fondo e che non sempre, e comunque non completamente, viene restituito dall'attività batterica e dalla completa circolazione delle acque agli strati produttivi superficiali.

Schematicamente, il materiale che determina l'interrimento di un lago può essere distinto in:

• materiale ALLOCTONO che viene convogliato al lago dal bacino imbrifero attraverso i fiumi ed in generale con le acque di scorrimento superficiale; dal punto di vista qualitativo questo materiale è prevalentemente costituito da sostanze sedimentarie quali ciottoli, sabbie, argille ecc.;

• materiale AUTOCTONO che viene prodotto nella zona eufotica del lago ed è costituito, come è evidente, da materiale di origine organico. Poiché la quantità di materiale organico prodotto da un lago non è costante, ma soggetta, in primo luogo, ad un ciclo stagionale, avremo che il sedimento non sarà uniformemente ricco di materiale organico, ma si potrà osservare una successione di sottili strati di sedimento (denominati varve) con diversa componente organica quantitativamente e qualitativamente, in funzione del susseguirsi delle stagioni con quadri produttivi diversi; anche se non sempre è così, poiché tutto dipende da importanti caratteristiche, quali la tipologia di lago, l’efficacia del risultato di bioturbazione degli organismi viventi all’interno dei sedimenti e quindi la quantità di ossigeno sul fordo.

L'esame visivo di una carota di sedimenti di un lago consentirà di osservare un susseguirsi alternativamente di strati chiari di natura sabbiosa-limosa, dove si ha quindi prevalenza di materiale inorganico, a granulometria grossa e di maggiore spessore che corrispondono alla

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38 sedimentazione estiva, e piccoli strati più scuri, là dove si ha una maggior presenza di materiale organico, a granulometria più fine e minore spessore legati alla deposizione dei mesi invernali. È intuibile, quindi, che lo studio delle varve di una carota di sedimento di un lago è di grandissima utilità, non solamente ai fini della determinazione del tasso di sedimentazione, ma anche perché ci da la possibilità di ricostruire la storia fisica e biologica del lago e di tutto il suo bacino imbrifero.

I sedimenti clastici o detritici caratterizzano principalmente i laghi che si trovano in regioni dove prevalgono condizioni di clima freddo, come alle alte latitudini o nelle regioni alpine; in queste condizioni, la scarsa copertura vegetale, associata all’intensa alterazione del substrato, permettono il trasporto verso il lago di grosse quantità di materiale minerogenico. In tali situazioni i laghi sono generalmente oligotrofici, quindi impoveriti in nutrienti organici, e conseguentemente la produttività della materia organica è ridotta se non del tutto inibita.

I sedimenti organici caratterizzano invece i laghi delle regioni umide, temperate o calde; nel bacino di questi laghi, la presenza di copertura vegetale riduce notevolmente la capacità di trasporto di materiale clastico verso il lago. L’alterazione chimica del substrato è prevalente ed il rilascio di nutrienti è elevato, si hanno quindi condizioni mesotrofiche o eutrofiche, con conseguente aumento nella formazione di materia organica sedimentaria. Il lago dunque è un fenomeno temporaneo, un bacino che va colmandosi gradualmente di detrito organico e inorganico; il quale durante la sua esistenza, mostra quale suo principale fattore di trasformazione una costante e progressiva diminuzione di profondità; ciò, contribuisce a determinare sostanziali modifiche delle sue capacità produttive (trofia). Ad esempio un lago piccolo e profondo solamente poche decine di metri avrà come caratteristica una produttività elevata, un lago di questo tipo è chiamato EUTROFO o molto produttivo; viceversa un lago con caratteristiche esattamente opposte viene denominato OLIGOTROFO o poco produttivo, perché la concentrazione dei nutrienti algali (principalmente sali di azoto e fosforo) è generalmente bassa; ciò per varie ragioni: innanzi tutto per la diluizione che realizza una grande massa d'acqua, in secondo luogo per un rapporto sfavorevole tra volume d'acqua superficiale produttivo e volume d'acqua totale, ed infine perché la grande profondità rende più difficile, e quindi più rara nel tempo, l’ideale circolazione delle acque, che ha come conseguenze la parziale o totale mancata restituzione agli strati produttivi dei sali nutritivi. Le condizioni intermedie alle due presentate vengono classificate come situazioni di MESOTROFIA o di produttività

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39 intermedia, mentre un progressivo aumento della capacità produttiva di un lago che da oligotrofo passa a livelli di trofia sempre più alti fino a giungere all'eutrofia ed anche a superarla è detta IPERTROFIA; tale processo è da considerarsi un fenomeno del tutto naturale e comune, quale storia evolutiva, ad ogni bacino lacustre.

Il bacino idrografico che fa capo ad un lago comprende in generale un certo numero di corsi d'acqua immissari che convogliano acqua e soluti dilavati dal bacino imbrifero ed un emissario che sottrae acqua, soluti e materiale biologico prodotto nel lago. Come è facilmente intuibile, la concentrazione di sali nutritivi è quindi anche funzione di queste caratteristiche del bacino.

Per quanto riguarda l’inquinamento indotto dall’attività umana, è descritto dal fenomeno dell'eutrofizzazione, processo naturale, ma spesso inteso come un’effetto dovuto all’attività antropica, definito come un fenomeno di arricchimento supplementare in nutrienti (principalmente azoto e fosforo, ma non solamente) o in sostanza organica; le fonti più importanti di questi elementi derivanti dall'attività umana sono: gli scarichi urbani, gli scarichi industriali (soprattutto quelli di alcuni tipi di industrie, cioè quelle che producono concimi e fertilizzanti), le acque di drenaggio dei terreni agricoli (De Marchi, 1984).

Un lago, o anche più semplicemente una raccolta d'acqua, può essere suddiviso in senso verticale in una regione o, meglio, uno strato eufotico, che comprende tutto lo specchio d'acqua fino a quella profondità, molto diversa da ambiente a ambiente, alla quale perviene radiazione solare in quantità e con caratteristiche tali da sostenere processi fotosintetici. Lo strato eufotico comprende una zona litorale ed una zona pelagica.

La zona litorale si sviluppa lungo tutto il perimetro del bacino e delle isole eventualmente presenti, ed è limitata al largo dalla stessa profondità critica dello strato eufotico; è in questa zona che si hanno insediamenti di piante acquatiche (macrofite costiere) e di molti organismi animali specializzati.

Al largo della zona litorale, abbiamo la zona pelagica, che si estende su tutta la restante superficie con profondità maggiori, pur essendone limitato lo spessore sempre allo strato eufotico.

Al di sotto della zona pelagica, nelle raccolte d'acqua sufficientemente profonde, abbiamo la zona afotica o profonda, dalla quale è esclusa la vita vegetale autotrofa. La zona profonda, a immediato contatto con i sedimenti, si differenzia ancora in uno strato a caratteristiche ambientali del tutto particolari (zona bentica), per quanto riguarda la concentrazione dei vari soluti e per gli organismi che vi trovano dimora (fig. 3.1).

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