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Televisione e valori. Un approccio sociologico

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Q uaderni della Fondazione A driano Olivetti

1984

1. Bartezzaghi, Della Rocca, Impresa, gruppi professionali e sindacato nella progettazione delle tecnologie informati­ che.

2. D’Alimonte, Reischauer, Thompson, Ysander, Finanza pubblica e processo di bilancio nelle democrazie occiden­

tali.

3. Ciborra, Organizzazione del lavoro e progettazione dei si­ stemi informativi.

1985

4. Giumella, Zucconi, Fabbrica, Comunità, Democrazia. Te­ stimonianze su Adriano Olivetti e il Movimento Comunità.

5. Della Rocca, L’innovazione tecnologica e le relazioni in­ dustriali in Italia.

6. aborra, Gli accordi sulle nuove tecnologie. Casi e problemi di applicazione in Norvegia.

7. Pisauro, Programmazione e controllo della spesa pubblica nel Regno Unito.

8. Perulli, Modello high tech in USA.

1986

9- Centro Studi della Fondazione A. Olivetti (a cura del), Le relazioni industriali nella società dell’informazione.

10. Martini, Osbat, Per una memoria storica delle comunità lo­ cali.

11. Schneider, La partecipazione al cambiamento tecnologico.

1987

12. Bechelloni, Guida ragionata alle riviste di informatica.

13. Artoni, Bettinelli, Povertà e Stato.

14. Santamaita, Educazione, Comunità, Sviluppo. L’impegno educativo di Adriano Olivetti.

1988

15. Fabbri, Greco, La comunità concreta: progetto e immagine.

16. Fabbri, Pastore, Architetture per il Terzo Millennio. Una se­ conda rivoluzione urbana?

1989

17. Schneider, Schneider, Les fondations culturelles en Europe.

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Televisione e valori

Un approccio sociologico

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© 1993 Fondazione Adriano Olivetti Il testo può essere liberamente riprodotto purché si citi la presente edizione.

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INDICE

L’ETERNO PRESENTE DELLO SCHERMO: LA TRAGEDIA E LA COMMEDIA DELLA VITA Nota introduttiva

di Giovanni Bechelloni 9

1. Un -work in progress» 9

2. Pensare la televisione com e dibattito 10

3- Impostazione della ricerca 13

4. La stagione 1990-91 16

Riferimenti bibliografici 18

Parte Prima

RICOGNIZIONI SOCIOLOGICHE SUI PROGRAMMI DELLA STAGIONE 1990-91

Capitolo Primo

Il palinsesto del prime-time 23

di A n n a Lucia Natale

1. Il palinsesto come sistema di valori 23

2 . 1 generi del prime-time 25

3. Il profilo delle reti 28

4 . 1 rapporti tra reti ed em ittenti 37

Capitolo Secondo

Valori, dar-valore e criteri di valore nella fiction televisiva 44 di Milly B uonanno

Premessa 44

1. Casa com une di significati 45

2. Le attribuzioni di valore del film p er la TV 51

3 . 1 fiction-values 55

4. Il testo televisivo 63

5 . 1 valori del privato: l’infanzia e i rapporti genitori-figli 67 5.1. Il bambino protagonista (67); 5.2. La declinazione del sentimento

dell’infanzia (70).

6 . 1 valori del pubblico: l’ethos civile 76

6.1. Una breve storia de -La piovra» (76); 6.2. Le cifre del successo (78); 6.3. Le trame dei poteri (80); 6.4. Gli eroi de -La piovra» (83).

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Capitolo Terzo

I valori in un genere televisivo in trasformazione:

l’informazione d ’attualità 90

di A n n a Lucia Natale

1. Il genere com e valore? Una premessa logica e metodologica 90

2 . 1 diversi volti dell’attualità 92

3. La >TV notizia» 94

4. La «TV dibattito» 96

5. La «TV intervento» 100

Riferimenti bibliografici 108

Capitolo Quarto

Talk show: il genere del discorso televisivo 110

di A n nam aria Morelli

1. Q uando la conversazione fa spettacolo 110

2. Il talk show: declinazioni del genere 111

3. Il pubblico e il privato nella conversazione televisiva 112 4. Il «Maurizio Costanzo show»: personaggi in cerca di autore 115

Capitolo quinto

Pubblicità e cam biam ento sociale.

Valori e stili di vita nella pubblicità televisiva italiana 119 di Massimo Peltretti

Premessa 119

1. L’immagine sociale della pubblicità 119

2. Pubblicità e cam biam ento sociale 120

3. Valori, stili di vita, consum i 121

4. Un’analisi della pubblicità televisiva 122

4.1. L’analisi di 10 spots televisivi (125): 1. Mulino Bianco Barilla; 2. Vigorsol; 3- Lancia Thema; 4. Ina; 5. Birra Buckler; 6. L’Oreal; 7. De Longhi; 8. Aiax; 9. Dash ultra; 10. Volvo.

5. Conclusioni 132

Riferimenti bibliografici 137

Parte Seconda

LE SCHEDE DEI PROGRAMMI E LE RICOGNIZIONI BIBLIOGRAFICHE

Capitolo sesto

Le schede dei programmi 141

di Erica Pellegrini

Agenzia matrimoniale (141); Blob (142); Ceravamo tanto amati (142); Cartolina illu­ strata (144); Chi l’ha visto? (144); Domenica in (146); Fantastico (147); Fantastico bis

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(149); Felipe ha gli occhi azzurri (149); Harem (150); Il ricatto 2. Bambini nell’ombra (151); La macchina meravigliosa. Piero Angela alla scoperta del corpo umano (152); Maurizio Costanzo show (153); Mi manda Lubrano (154); Mixer (155); Nonsolonero (156); Paperissima. Errori in TV (157); Piacere Raiuno. In diretta con l’Italia (158); La piovra 5 (159); Più sani, più belli (161); Samarcanda (162); Striscia la notizia. La voce dell’incoscienza (163); Telefono giallo (164); Ti amo, parliamone (165); Una prova d ’innocenza (166); Uno mattina. L’Italia in diretta (166); Week end con Raffaella. Rico­ mincio da due (168).

Capitolo settimo

Le ricerche psicografiche. Ricognizione bibliografica 170 di Massimo Peltretti

Premessa 170

1. Le ricerche psicografiche 171

2. Alcuni temi chiave 172

2.1. Sociologia e market research (172); 2.2. Identità e mutamento (174); 2.3. Valori, stili di vita, consumi (175); 2.4. Valori e attribuzioni di valore (176).

3. Le schede delle principali ricerche psicografiche 177

3.1. Sinottica/Eurisko (177); 3.2. Monitor 3SC/GPF & Associati (178); 3.3. Consumi Italia/Censis (179); 3.4. I valori guida degli

italiani/Censis (179).

Riferimenti bibliografici 182

Capitolo ottavo

L’approccio ai media nella tradizione britannica dei cultural studies.

Una panoramica 183

di A n nam aria Morelli

1. I m edia studies del CCCS: la rottura con la tradizione 183

2.1 diversi approcci 185

3. Dal pubblico ai pubblici 186

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L’ETERNO PRESENTE DELLO SCHERMO: LA TRAGEDIA E LA COMMEDIA DELLA VITA Nota introduttiva

di Giovanni Bechelloni

1. Un «work in progress»

Continua, con questa analisi dei più significativi testi della stagio­ ne televisiva italiana 1990-91, quel lavoro di ricerca e di riflessione sulla televisione che i curatori di questo volume hanno avviato da una decina di anni (Buonanno, 1983; Bechelloni, 1984). Lavoro che ha come scopo quello di “pensare» la televisione; «la televisione, scri­ ve Dominique Wolton (Wolton, 1990, p. 12), resta largamente un og­ getto non pensato». Pensare la televisione come «oggetto» sociale e culturale, analizzando sociologicamente i testi che produce. Tre so­ no i tipi di testo che possono essere individuati, sia analiticamente, sia, con maggiori difficoltà, empiricamente: à) i testi televisivi in sen­ so proprio, nelle loro empiriche declinazioni di generi e di formati; è) i testi prodotti dalle audience, nel loro lavoro di lettura e di affa- bulazione; c) i testi prodotti dagli altri media e dalla gente, da intel­ lettuali e politici al riguardo della televisione e che, più spesso di quanto non si pensi, possono prescindere, in tutto o in parte, dalle concrete configurazioni dei primi due tipi di testi. Sempre più spes­ so questi tre tipi di testi tendono a miscelarsi tra loro producendo un quarto tipo di testo - una specie di super-testo o meta-testo che enfatizza, nel bene e, più spesso, nel male, il ruolo e la funzione della televisione; quest’ultimo tipo di testo può essere assimilato a ciò che è stato denominato «super-media» (Reai, 1989).

Pensare la televisione è un’impresa intellettuale più complessa di quanto non si creda. Proprio perché, per poterlo fare, si deve, in­ nanzitutto rompere con una tradizione che ritiene la televisione un oggetto non degno di essere pensato. Tanto che per poterlo pensare spesso si avverte la necessità di ridurlo ad altro (la tecnologia), di assimilarlo ad altri oggetti (la cultura popolare) o di prenderlo in considerazione per una parte delle sue molteplici e controverse fun­ zioni (l’informazione o la pubblicità).

Il nostro lavoro di ricerca e di analisi della televisione è tutt’altro che concluso. Ciò che abbiamo finora realizzato, in termini di ricer­ che prevalentemente orientate all’analisi dei testi televisivi veri e

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propri, e in particolare dei testi di fiction, può, tutt’al più, essere ri­ conosciuto come un primo avvio, come un’esercitazione finalizzata ad affinare lo sguardo, a mettere alla prova strumenti di analisi, a realizzare forme di convergenza con altri studiosi e ricercatori. Non si sottrae, quindi, allo statuto di work in progress, nemmeno questo Quaderno che, ricollegandosi ad altri nostri tentativi (Bechelloni, 1991; Buonanno, 1991), offre un punto di vista fortemente segnato da un orientamento sociologico. Lo offre a un lettore interessato ad approfondire le possibili implicazioni e valenze, culturali e sociologi­ che, di un discorso sulla televisione attento a cogliere più variegate sfaccettature di quanto accade in genere di osservare nel super-testo televisivo dominante; quello, per intenderci, che ironizza e prende le distanze da -Beautiful» o dalle -Telenovele» e tesse l’elogio della CNN.

A chi ritiene che la televisione sia il deposito del -peggio» e che la televisione sia blankness, «assenza di valori», noi cerchiamo di mo­ strare uno spessore e un’articolazione dei testi televisivi che potran­ no, forse, accendere u n ’attenzione meno superficiale e aprire la mente nella direzione di quell’operazione intellettuale che riteniamo auspicabile: -pensare» la televisione, il più democratico degli oggetti sociali del nostro tempo.

2. Pensare la televisione come dibattito

Per iniziare il lavoro di riflessione necessario a -pensare» la televi­ sione e prima di entrare, per grandi linee, nello specifico di questo Quaderno e della stagione televisiva alla quale esso si riferisce, rite­ niamo necessario fornire qualche chiarimento sul titolo che abbiamo scelto per questa nota introduttiva.

Vorremmo avvicinarci a capire lo specifico televisivo prendendo le distanze da due o tre luoghi comuni che hanno a lungo circolato e che tuttora fanno premio, a livello di discorso politico-ideologico. Secondo questi luoghi comuni la televisione è soprattutto: -immagi­ ni» e «diretta». Da questi due luoghi comuni derivano i tanti elogi che si sono sprecati - e si sprecano - sul -bello della diretta» (dalla CNN a -Samarcanda») e su trasmissioni come -Blob», «Schegge», «Paperissi- ma» che esaltano immagini selezionate in modo malizioso allo scopo di mettere in luce l’assenza di significati che pervade i testi televisivi, in una specie di iconoclastia che fa del frammento, tipicamente po­ st-moderno (Jameson, 199D, la cifra interpretativa dominante.

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Un altro discorso sulla televisione che sempre più si viene facen­ do, sulla scorta di dati relativi al calo di audience dei programmi na­ zionali delle tre reti televisive statunitensi, riguarda l’inevitabile de­ clino della televisione circolare e generalista a favore della televisio­ ne tematica. Si tratta di un discorso che assomiglia molto a quello che, con scarso intuito, venne fatto negli anni Sessanta quando si vaticinò l’inevitabile decadenza dei quotidiani e della radio di fronte al crescente successo della televisione (Wolton, 1990).

Abbiamo accennato a questi tre diversi tipi di discorsi relativi alla televisione perché ci pare che tutti e tre, pur avendo ciascuno di es­ si un fondamento realistico, siano il prodotto di una concezione par­ ziale della televisione, di una difficoltà a pensare la televisione in tutta l’articolata gamma delle sue funzioni. Ci pare, soprattutto, che tali discorsi mostrino bene quale sia la difficoltà principale che si in­ contra nel tentativo di definire la televisione: quella di ignorarne la dimensione comunicativa, rituale e culturale (Carey, 1988). La televi­ sione è, innanzitutto, un «luogo sociale» che produce legami sociali, che tende a produrre «noìtà». Perché rappresenta, racconta e mostra, interazioni sociali che si dipanano come conversazioni e narrazioni che fluiscono sullo schermo e da questo rifluiscono tra gli individui che davanti allo schermo agiscono e parlano, ascoltano e osservano in un incessante e continuo rinvio (Ellul, 1990; Morley, 1990).

La televisione non è solo «immagini» ma è soprattutto parola par­ lata, immaginario messo in forma di parole, di suoni e di altri lin­ guaggi che fluiscono in un eterno presente, anche quando la diretta non è in funzione (Bechelloni, 1984).

Il giornale quotidiano è scritto e, dunque, si riferisce inevitabil­ mente a qualcosa che, dal punto di vista del lettore, è già stato; è ir­ rimediabilmente passato. La televisione, invece, è parlata; mostra e fa ascoltare «teste che parlano»; si riferisce, dunque, a un presente; offre all’ascoltatore che guarda l’illusione di un farsi davanti a lui del discorso.

Lo schermo televisivo chiede all’ascoltatore un di più di parteci­ pazione e di coinvolgimento rispetto alla pagina scritta del giornale quotidiano. Il testo televisivo si offre alla fruizione come un testo aperto a esiti imprevedibili, che danno l’illusione dell’imprevedibilità con i contorni di piacere o di ansia che vi sono inevitabilmente con­ nessi (Rowland e Watkins, 1984).

Il palinsesto televisivo di una televisione generalista, con la sua sapiente miscela di generi e di formati, con l’alternarsi di tragedie e

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di commedie, di riso e di pianto, è il più straordinario strumento di valorizzazione del mondo sociale che sia mai stato inventato (New- comb, 1987). Il flusso dei programmi, che è flusso di conversazioni e di discorsi, assomiglia al flusso della vita e offre l’illusione di un fluire fuori del tempo, crea il senso di una temporalità sospesa, co­ me se nello spazio immaginario creato dalla televisione si determi­ nasse un fluire del tempo apparentemente senza tempo, fuori del tempo. Un po’ come accade per gli orologi al quarzo senza qua­ drante. E’ per questo motivo che la televisione valorizza il presente, è un potente strumento di annullamento simbolico della catena tem­ porale che lega un presente a un passato che lo precede e ad un fu­ turo che lo segue.

Ecco, allora, che pensare la televisione significa - così ci pare, in una prima e ancora incerta definizione dei caratteri, per così dire, «antropologici» della televisione - aprirsi a una dimensione valoriale che prescinde quasi del tutto dai singoli contenuti di questo o quel programma. La televisione generalista per il semplice fatto di esiste­ re, con un palinsesto costruito a ridosso delle scansioni sociali detta­ te dalle culture prevalenti all’interno di un dato contesto societario nazionale, è una grande fonte di valori. Perché valorizza la vita e il mondo sociale proponendosi come il grande narratore delle res ge- stae della gente nel loro fluire quotidiano (Carey, 1988).

Il mondo sociale è degno di essere raccontato, nei suoi eccessi e nei suoi minimalismi, nei suoi momenti alti e bassi, nelle sue trage­ die e nelle sue commedie. La televisione generalista dilata i confini del pettegolezzo collettivo di tipo comunitario, assume le forme tra­ dizionali della narrativa e del pettegolezzo popolari e si apre conti­ nuamente al nuovo che accade aderendo alla contemporaneità nel suo farsi.

Una celebre ricerca italiana della fine degli anni Sessanta (Albero- ni, 1969) aveva individuato nella televisione dell’epoca un insieme di valori che andavano a costituire la costellazione del moderno in contrapposizione alla costellazione valoriale della tradizione. Ci pare oggi di poter dire che il discorso da fare al riguardo dei significati valoriali della televisione possa essere più articolato. La televisione racconta il tradizionale (e cioè, i sentimenti e i valori «di sempre») nei termini del «nuovo», del moderno ieri e del post-moderno oggi. La televisione è sempre «contemporanea», è sempre «diretta». Ma, nello stesso tempo, è «senso comune»; anche se non è, sempre, «buonsenso». La televisione, attraverso i dibattiti che mostra e quelli

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che induce e produce, è una grande attributrice di senso, un poten­ te semplificatore della complessità sociale.

Nella stagione 1990-91 della televisione italiana questa idea della televisione come luogo del dibattito è emersa con grande evidenza; un dibattito che lascia emergere nel presente tutti i nodi irrisolti di un’imperfetta modernizzazione, di una storia incompiuta, ambigua­ mente sospesa tra la nostalgia per un passato «più puro» (Jensen, 1990), il rifiuto di un presente problematico e l’assenza di immagina­ zione al riguardo di un futuro radioso.

3. Impostazione della ricerca

Scegliere l’area dei valori come tema di ingresso dentro la «que­ stione televisiva» significa affrontare i nodi più controversi della que­ relle che ha diviso l’opinione pubblica e gli studiosi da quando la televisione è diventata la più rilevante fonte di informazione per la maggior parte delle persone: prima nelle società industrializzate e poi, a poco a poco, in quasi tutti gli altri tipi di società.

La controversia riguarda tutti gli aspetti del problema, a tre livelli analitico-sostantivi : a) i valori; b) i testi; c) le audience.

Non c’è accordo su nessuno di questi tre livelli. A una visione in­ genuo-positivista che riteneva possibile individuare, senza troppi problemi di definizione, sia i valori, sia i testi sia le audience si è so­ stituita una visione che tende a sfumare e problematizzare le defini­ zioni tanto da rendere estremamente complessa l’operazione dell’in­ dividuazione empirica di quelle che vengono oggi definite costella­ zioni aperte - di valori, di testi, di audience; aperte alle cangianti de­ finizioni soggettive di attori sociali che mutano nelle loro attribuzio­ ni di senso, non solo secondo le culture di origine o di appartenen­ za bensì anche secondo le situazioni e le loro percezioni e secondo i climi di opinione. Situazioni, percezioni e climi di opinione che so­ no, a loro volta, influenzati dai media e dalla stessa televisione.

Cercheremo, adesso, di mettere un po’ di ordine nel magmatico mare di attribuzioni di senso individuando un percorso di analisi che ci pare offrire la possibilità di un ingresso empirico nel nostro tema di ricerca. Lo faremo a partire da alcuni punti fermi.

L’universo dei media - del quale la televisione è stata magna pars nell’ultimo trentennio (questa centralità tenderà a ridimensionarsi

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nei prossimi vent’anni, almeno nelle fasce medio-alte della popola­ zione dei paesi maggiormente sviluppati) - è profondamente impre­ gnato di valori, in quanto, per definizione, i media mostrano e rac­ contano non la -realtà” bensì -il desiderabile» e «l’indesiderabile».

Più in particolare i media sono stati - lo saranno ancora nel loro insieme - una potente fonte di creazione e di ristrutturazione di un immaginario collettivo comune; negli ultimi anni lo sport e la musi­ ca - attraverso i media - sono stati percepiti sempre più come tessuti coesivi di una civiltà planetaria. Ciò fa ritenere che attraverso i me­ dia si stia formando una cultura sincrética di tipo planetario.

I valori possono essere definiti - al di là e prima di una loro con­ creta ed empirica individuazione - «definizioni di realtà» (Berger e Berger), categorie particolari di significato; più in particolare i valori sono «visioni del mondo», «orientamenti per l’azione», «concezioni del desiderabile», «criteri e standard utilizzati dagli individui e dagli attori sociali per valutare in termini di bene/male, giusto/ingiusto», «cre­ denze in base alle quali modi di condotta e di esistenza sono prefe­ ribili rispetto a modi diversi».

I valori, così definiti, sono strettamente associati o associabili alle «culture». Di qui l’idea di «pluralismo»; così come le culture sono ■plurali» o «plurime» anche i valori lo sono. Come accettare la plura­ lità (delle culture e dei valori) senza scadere in un relativismo che rischia la Torre di Babele, il disordine?

Da quanto finora detto deriva che i media - e la televisione, in­ nanzitutto - sono portatori di due grandi classi di valori:

- una classe di carattere sincrético, che è relativa a quella parte dei contenuti e degli stili comunicativi che maggiormente circola a livello internazionale e che dovrebbe avere a che vedere con valori transculturali o valori ultimi (ammesso che sia possibile individuarli come comuni a tutte le culture umane e, meglio, co­ me proponibili a tutte le culture umane con l’obiettivo che ven­ gano condivisi);

- una classe di valori, anch’essa tendenzialmente sincrética, attri­ buibile a singole specifiche culture nazionali; questi valori pos­ sono circolare attraverso vari media e varie televisioni nazionali; in ogni televisione nazionale sono maggiormente riconoscibili, e distinguibili dalle altre classi di valori, i valori propri della cultu­ ra nazionale o delle culture regionali e locali di quelle nazioni o di quelle società-Stato.

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Come individuare empiricamente tali valori? Quali sono gli indica­ tori empirici che ci possono orientare a prendere in considerazione presenza/assenza, valorizzazione/negazione?

Per rispondere a tali domande abbiamo proceduto alla costruzio­ ne di liste di valori - ricavate da precedenti ricerche empiriche - se­ lezionando quelli che ci paiono maggiormente rilevanti ai fini di un approccio olistico alla programmazione televisiva, sia pure segmen­ tata per i principali generi.

Per quanto riguarda i testi televisivi e l’audience si è oscillato a lungo tra paradigmi diversi.

Nel presupposto originario che la televisione esercitasse una grande influenza si è proceduto a u n ’analisi dei contenuti manifesti; successivamente si è passati a un’analisi delle forme, come quella più adatta ad aprire piste valide per raggiungere i significati all’in­ crocio tra forme e contenuti. Si è giunti così alla nozione di testo aperto a una pluralità di significati.

Anche nello studio dell’audience si è passati da alcune certezze iniziali relative a un’audience passiva fortemente condizionata dalle appartenenze (di genere, di generazione, di cultura) e aperta alle manipolazioni (dell’emittente), a concezioni più sfumate. L’idea di u n ’audience attiva, capace di decodifiche aberranti e di letture parziali, ha indotto a ridimensionare la portata degli effetti della tele­ visione.

Nel panorama internazionale degli studi sulla televisione ci trovia­ mo di fronte a molti esempi, proposti da validi e raffinati studiosi, che ipotizzano situazioni di vero e proprio -collasso- sia dei testi (in­ dicibili nei loro significati) sia delle audience (imprevedibili nelle lo­ ro letture sempre più idiosincratiche).

Nel nostro approccio - sia ai testi sia alle audience - pur consape­ voli dell’ampia gamma di significati possibili, abbiamo optato per una scelta «realistica» che ipotizza sia l’esistenza di testi aperti a una gamma relativamente contenuta di significati (quelli rilevabili da un analista competente) sia 1’esistenza di una audience orientata a lettu­ re e decodifiche omologhe alle culture di appartenenza (nell’ipotesi di lunga durata delle culture pur in presenza di ritmi accelerati di mutamento superficiale; cosiddetta ipotesi delle due velocità).

Pur consapevoli del carattere esplorativo di questa nostra ricerca, che apre per noi una linea di lavoro che necessiterà di molti ap­ profondimenti, siamo pervenuti a una provvisoria conclusione che si può declinare nel modo seguente.

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Senza aderire a nessuna delle tre «teorie» prevalenti - quella della grande potenza (gli apocalittici), quella degli effetti limitati (gli inte­ grati), quella del collasso dei significati (versione «debole» della teo­ ria apocalittica) - riteniamo che la televisione svolga un ruolo «rile­ vante» nella definizione dell’immaginario collettivo di una società e tendenzialmente di tutte le società. Definire l’immaginario collettivo significa - sulla base del teorema di Thomas - contribuire in modo decisivo a definire gli orizzonti di realtà, a definire le culture e il mondo sociale che caratterizzano le interazioni sociali umane in un luogo e in un tempo socialmente definiti («la nostra contempora­ neità»), Analizzare i testi televisivi, cercare di capire cosa ci dicono e cosa ci mostrano (temi, protagonisti, situazioni), serve a capire me­ glio come è arredata la nostra «casa simbolica», a ridurre gli elementi di incertezza tipicamente connessi all’esperienza moderna dei signi­ ficati e dei valori.

La nostra analisi dei testi televisivi, perciò, non sarà, propriamente, un’analisi dei contenuti bensì un’analisi dei significati rilevabili con un approccio olistico orientato a cogliere alcune specifiche costella­ zioni di valori, che hanno a che vedere sia con la sfera dei valori ulti­ mi sia con la sfera dei valori tipici della cultura nazionale italiana.

L’analisi è orientata a cogliere tali significati in un vasto corpus empirico - rappresentativo della stagione televisiva ‘90-’91 - scompo­ nendo il trasmesso televisivo per flussi e per formati (generi, strisce, palinsesti) piuttosto che per singole trasmissioni.

4. La stagione 1990-91

La stagione televisiva italiana 1990-91 si presenta, per molti moti­ vi, come una stagione di svolta o di passaggio. Da un lato vi sono motivi storici, legati all’ingresso nell’ultimo decennio del millennio (Schlesinger, 1991) e al dipanarsi di vicende internazionali e italiane di grande rilievo. Dall’altro vi sono motivi più contingenti legati all’attuazione della Legge Mammì, alla concorrenza tra reti pubbliche e private, al mercato della pubblicità e al rallentamento della do­ manda interna.

La «guerra nel Golfo» e il collasso del comuniSmo, la guerra in Ju­ goslavia e la dissoluzione dell’Unione Sovietica hanno dominato l’informazione dei notiziari televisivi creando climi di opinione e at­ mosfere intellettuali che hanno sicuramente ispirato vicende interne

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italiane di grande spessore simbolico: dalla morte del PCI alla cresci­ ta delle Leghe, dalla crisi istituzionale alla vicenda Cossiga, dall’inci­ piente crisi economica alla rinnovata lotta contro la mafia.

Mai come nel corso del 1991 si è avuta l’impressione di un dop­ pio condizionam ento tematico: da un lato la planetarizzazione dall’altro il localismo. Entrambi hanno aperto lo spazio a un rinno­ vamento del protagonismo che ha portato a un intreccio sempre maggiore tra sfera pubblica e sfera privata, al dipanarsi di una cam­ pagna elettorale interminabile, alla presenza sugli schermi televisivi di gente comune accanto a nuovi e vecchi protagonisti.

Si è urlato di più, si è andati spesso sopra le righe. I toni forti hanno prevalso su quelli leggeri. Si è parlato più di prima di «televi­ sione-spazzatura”. Sesso e sangue, Stato e malavita sono emersi alla ribalta.

Sullo sfondo di un anno quasi dominato dall’ossessione del «ne­ mico» - il collasso imprevisto e improvviso del comuniSmo ha lascia­ to quasi tutti orfani, privi delle identificazioni ideologiche tradiziona­ li - la televisione è sembrata muoversi nella direzione della tragedia, di rappresentare e duplicare il senso della vicenda umana più nella direzione della tragedia che non in quella della commedia. Il sorri­ so, l’ironia, 1 ’understatement ne hanno fatto le spese. Lo schermo italiano 1990-91 è stato, dunque, uno schermo tragico e peggiorista. Il successo e i soldi, la felicità privata e il rampantismo dei «dorati- anni Ottanta sono apparsi sugli schermi più nelle evocazioni terribi- listiche e di denuncia dei peggioristi che non nelle ideologie pacifi­ canti degli integrati.

Nei programmi della stagione noi abbiamo ritagliato alcuni testi da sottoporre ad analisi, quelli più strettamente legati all’Italia da un lato e ai generi televisivi emergenti, senza pretesa di completezza: dal palinsesto alla fiction, dall’informazione d ’attualità ai talk-show. Non poteva mancare un’analisi della pubblicità. Nella seconda parte del Quaderno abbiamo riportato brevi analisi descrittive dei conte­ nuti e dei marchingegni scenici attivati dalle principali trasmissioni e due saggi bibliografici che avviano l’analisi della ormai vasta lettera­ tura che si viene accumulando intorno ai media, alla televisione, al mutamento culturale.

Dalle nostre analisi emerge un’idea dell’Italia in questo periodo. Un’Italia molto problematica che nello «specchio sporco» della televi­ sione riversa le sue angosce, le sue ansie, le sue paure.

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Riferimenti bibliografici

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David Altheide, Robert Sn o w, M edia World in the Postjournalism Era, Aldine de Gruyter, New York 1991.

Francesco Alberoni, Risultati d i u n a indagine sperimentale sui contenuti dei p rinci­ p a li m ezzi d i com unicazione d i massa negli a n n i 1969-1970, Rai Quaderni del servi­ zio n°23, ERI, Torino 1973.

MargaretS. Archer, Culture a n d Agency. The Place o f Culture in Social Theory, Cam­ bridge University Press, Cambridge 1988.

Giovanni Bechelloni, Identità italiana e m odernizzazione, il Campo, Roma 1991. Giovanni Bechelloni, L’im m aginario quotidiano. Televisione e cultura di massa in Ita­ lia, ERI, Torino 1984.

Jay Blumler(ed.), Television a n d the Public Interest. Vulnerable Values in Western Eu­ ropean Broadcasting, Sage, London 1991.

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PARTE PRIMA RICOGNIZIONI SOCIOLOGICHE SUI PROGRAMMI DELLA STAGIONE 1990-91

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Capitolo Primo

IL PALINSESTO DEL PRIME-TIME di Anna Lucia Natale

1. Il palinsesto come sistema di valori

Nell’attuale panorama comunicativo, ormai dominato dalla con­ correnza tra emittenti radio-televisive pubbliche e private, il termine «palinsesto« ricorre sempre più di frequente nel discorso pubblico sulle funzioni sociali dei media. Prescindendo qui dalle origini e dal­ le molteplici implicazioni del termine1, ci preme sottolineare come il palinsesto, in quanto «modo di strutturazione spazio-temporale dei programmi radiofonici e televisivi» nel corso di una settimana o di una giornata di programmazione, viene oggi ad assumere un ruolo cruciale nelle generali strategie di immagine, di logica editoriale, di coinvolgimento del pubblico perseguite dalle diverse emittenze o dalle singole reti.

Attraverso la dislocazione di un certo genere di programma, in un certo giorno della settimana, in una certa fascia oraria; e ancora, di­ sponendo la sequenza dei diversi generi di programma in modo da imprimere un determinato ritmo al flusso comunicativo; infine, rego­ lando opportunamente le diverse parti o i particolari momenti di cui si compone un programma..., ogni rete fornisce gli elementi della propria riconoscibilità, si distingue da tutte le altre reti, afferma in sostanza la propria identità2.

Le trasformazioni che soprattutto nell’ultimo decennio hanno ca­ ratterizzato il sistema radio-televisivo hanno prodotto conseguenti mutamenti anche nei modi di organizzazione del palinsesto. In regi­ me di monopolio, la Rai prediligeva un palinsesto basato sulla diffe­ renziazione dei generi tra le diverse reti, per cui se Raiuno trasmet­ teva un film in prima serata, le altre due reti proponevano scelte al­ ternative tra il programma di attualità o di cultura. L’obiettivo princi­ pale era, infatti, quello di rispettare le regole del servizio pubblico radio-televisivo grazie ad una offerta sempre diversificata nell’ambito delle tre grandi aree della comunicazione televisiva: appunto, l’eva­ sione, l’informazione, la cultura3.

Nell’attuale sistema misto delle comunicazioni, invece, i doveri del servizio pubblico si intrecciano con le esigenze di massimizza­ zione dell’ascolto, alle quali peraltro l’emittenza privata è quasi del

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tutto subordinata. E’ dunque il regime di concorrenza che oggi inci­ de in maniera determinante sulle formulazioni del palinsesto, men­ tre il processo che ne è alla base diventa sempre più complesso e sempre più legato ad una molteplicità di variabili. Un aspetto signifi­ cativo dei nuovi modi di costruire il palinsesto, ad esempio, riguarda la collocazione dei generi, che si orienta non più o non solo nel senso della diversificazione, ma anche verso soluzioni alternative che prevedano particolari combinazioni di genere in una serata, e perfino un mix di generi diversi all’interno di uno stesso program­ ma.

La parola d ’ordine per ogni apparato di comunicazione televisiva è così diventata «costruire l’immagine”, un’immagine di rete che ten­ ga conto ad un tempo della propria tradizione, dell’adesione ad una definita linea editoriale, delle esigenze del servizio pubblico radio- televisivo e/o del mercato (pubblicità e consumo). Sono queste di­ verse istanze, nei modi e in base ai particolari intrecci con i quali si traducono nelle singole emittenti, che il palinsesto accoglie ed espri­ me nelle sue particolari formulazioni.

In tale prospettiva, si potrebbe pensare al palinsesto come ad una sorta di contenitore nel quale confluiscono non semplicemente un elenco di programmi, di generi, di fasce orarie etc., bensì l’intera «ideologia» che orienta le strategie di programmazione e di conquista dell’audience da parte di una determinata emittente: quali sono gli scopi che si propone e le funzioni che si attribuisce; in quali modi tali intenti si concretizzano nel flusso comunicativo; quali sono le immagini prevalenti del pubblico, a quali fasce di ascolto intende ri­ volgersi e secondo quali modalità. In definitiva, è il palinsesto il pri­ mo possibile ingresso per un’analisi sui valori in televisione.

Se la struttura del palinsesto, nella sua formulazione quotidiana o settimanale, rende palese il generale sistema di valori cui esso si ispira e suggerisce gli elementi di identificabilità delle reti, il palinse­ sto del prime-time rappresenta da questo punto di vista un necessa­ rio terreno di verifica e di approfondimento. E’ nella fascia oraria compresa tra le 20.30 e le 22.30, infatti, che si consuma il confronto più vivace sia tra l’emittenza pubblica e privata sia tra le reti, che si schierano in campo gli strumenti più sofisticati per attrarre e conser­ vare l’audience, che si rivelano con piena evidenza gli orientamenti di valore, e dunque ideologici e culturali, di ogni singola rete: *(...) dall’analisi della programmazione serale escono confermati e anzi meglio individuati i caratteri e le vocazioni delle singole emittenti,

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(...) i punti di forza e quelli deboli dei palinsesti e dei flussi, (...) le individualità delle singole reti C...)»4.

Sulla base di tali considerazioni, si è ritenuto utile contestualizza­ re in qualche modo l’indagine sulla presenza dei valori in televisio­ ne con un’analisi sui palinsesti del prime-time. Ciò consente non so­ lo di fornire un quadro di riferimento circa i generi di programma­ zione che sono stati compresi nell’indagine (presenza quantitativa, tipo di collocazione, ruolo che ricoprono nella strategia di palinse­ sto), ma anche di osservare più da vicino come si traducano le di­ verse istanze che ruotano intorno al processo di pianificazione dei programmi, e infine di individuare meglio l’immagine delle emitten­ ti, il sistema di valori che orienta le scelte, attribuisce riconoscibilità e crea una specifica fisionomia.

L’analisi dei palinsesti, che si propone nelle pagine che seguono, ha interessato un campione di tre settimane di programmazione del­ la stagione televisiva 1990-91: 21-27 aprile, 28 aprile-4 maggio (cui è stata riservata una particolare attenzione), 5-11 maggio. Si è cercato soprattutto di individuare quali siano i generi maggiormente presenti nel palinsesto serale, quindi il profilo delle reti, e infine i rapporti tra reti e emittenti.

2. 1 generi del prime-time

Uno sguardo di insieme al palinsesto del prime-time lascia subito emergere quali siano i generi sui quali maggiormente si concentra l’attenzione delle diverse emittenti, e dunque che meglio esprimono il sistema di valori che regola l’organizzazione del palinsesto. Si tratta dei vari generi della fiction (film, serie, miniserie, telenovela, etc.), dell’informazione (attualità e informazione sportiva) e del varietà.

Nonostante la stagione 1990-91 indichi una flessione della pro­ grammazione di fiction prodotta per il piccolo schermo, rispetto ai fasti del precedente biennio5, la fiction televisiva e cinematografica è sempre la regina assoluta del prime-time: su un totale di 57 pro­ grammi trasmessi in questa fascia oraria, e nel corso di una settima­ na, ben 35 sono programmi di fiction, contro i 12 di informazione (che tuttavia non comprendono i notiziari di mezza serata), i 7 del varietà, e via via gli altri generi a presenza sporadica (cfr. Tabellal).

La fiction è presente soprattutto nei palinsesti della Fininvest, che schiera la gamma pressoché completa dei testi narrativi, dal film,

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al-Tabella 1: Frequenza dei generi nel prime-tlme*

Raiuno Raidue Raitre Rai Canale 5 Italia 1 Rete 4 Fin. Tot.

Film 3 3 3 9 2 5 3 10 19 Serie - 4 1 5 - 1 3 4 9 Telenovela - - - 3 3 3 Soap opera - 1 - 1 - - - - 1 Seria! - - - - 1 - - 1 1 Miniserie - - - - 1 - - 1 1 Sit com - - - 1 - 1 1 Tot. fiction 3 8 4 15 4 7 9 20 35 Attualità 2 3 5 10 _ _ _ _ 10 Inf. sport. - 1 - 1 - 1 - 1 2 Tot. inforni. 2 4 5 11 - 1 - 1 12 Varietà 2 1 - 3 3 - 1 4 7 Mus. seria 1 - - 1 - - - - 1 Sport 1 - 1 2 - - - - 2 Totale 9 13 10 32 7 8 10 25 57

• I dati della tab. 1 e gli schemi di palinsesto delle tabb. 2,3,4,5,6,7, sono relativi alla settimana 28 aprile - 4 maggio 1991. Per consentire una visione più ampia dell’offerta serale, si riportano in queste ultime anche i programmi di seconda serata che iniziano entro le 23.00. Nella tabella 1 sono esclusi i Notiziari.

la telenovela, alla sit corri-, ma i generi predominanti in entrambi le emittenze sono senz’altro il film e la serie televisiva, che possono contare su audience più ampie e diversificate, e ai quali si preferisce assegnare anche la collocazione «sicura» della prima serata.

Sul fronte dell’informazione è invece l’attualità della Rai a far da padrona; mentre la Fininvest, alle prese con la sperimentazione dei Telegiornali, sembra prediligere per questo genere l’inserimento in tarda serata. Ciò, lungi dal denotare una caduta di concorrenzialità tra le due emittenze su tale versante, si spiega sia con lo spostarsi dell’interesse sul fronte dell’informazione quotidiana, sia con l’estre­

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ma diversificazione dei generi dell’attualità rilevabile nella program­ mazione Rai. Infatti, se nella Fininvest sempre più spesso troviamo l’attualità nella forma del dibattito su temi proposti dalla fiction - co­ sì ereditando uno schema già adottato dalla concorrenza -, in Rai va invece emergendo la tendenza verso un tipo di attualità che potrem­ mo definire «leggera» e/o di servizio, e dunque maggiormente adatta anche per il pubblico di prima serata. Accanto a generi tradizionali rappresentati, ad esem pio, da program m i come «TG1 Sette» o «Mixer», non è raro imbattersi nei dibattiti sui problemi del privato (magari in coda alla soap opera, come nel caso di «Scrupoli»), oppu­ re in programmi di pubblica utilità, del tipo «Chi l’ha visto?», «Mi manda Lubrano» etc.

Infine, il varietà non sarà ancora morto, ma sicuramente ha perso molto dell’interesse che fino a pochi anni fa ne faceva un terreno privilegiato di concorrenza tra l’emittenza pubblica e privata: sono soltanto 7, distribuiti più o meno equamente e tutti in prima serata, i programmi di intrattenimento leggero compresi nei palinsesti setti­ manali. Il varietà, che nella Rai oscilla tra il modello tradizionale e la tendenza alla satira politica (pensiamo a programmi come «Crème Caramel»), è ancora e soprattutto «quiz» nella programmazione delle reti private. Una forma di spettacolo, cioè, particolarmente gradita ad un pubblico «familiare», e che non a caso risulta prevalente nel palinsesto di Canale 5.

Già da questo primo quadro sulla presenza dei generi nel palin­ sesto del prime-time si possono rilevare i principali orientamenti di valore della programmazione televisiva. Le scelte che qui si opera­ no, infatti, riconducono a quelli che sono i principali obiettivi degli apparati di comunicazione: creare un proprio pubblico, produrre un profitto. Ebbene, il pubblico si raggiunge e «si crea» coniugando le strategie di politica editoriale dell’ emittente con le scelte di pro­ grammazione che si presumono più gradite al destinatario; di conse­ guenza, il profitto si realizza grazie alla massimizzazione dell’ascolto e alla costruzione di una immagine di rete che offra garanzie da questo punto di vista e che risulti credibile, affidabile per gli inser­ zionisti pubblicitari.

In tale contesto, la Rai è per ovvie ragioni più interessata ad affer­ mare le tradizionali prerogative del servizio pubblico radiotelevisivo, soddisfando le richieste di informazione e di cultura di fasce di ascolto ristrette ma selezionate, pur senza rinunciare alle esigenze di evasione del grande pubblico di prima serata. Di qui la ricerca

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at-tenta di una programmazione diversificata che renda, ad un tempo, in termini di prestigio dell’offerta e di consumo del prodotto. L’emit­ tenza privata, che fonda invece la sua ragion d ’essere sul mercato pubblicitario, è costretta a privilegiare per la fascia oraria più -appe­ tibile» quei generi che maggiormente rendono in termini economici, e cioè l’intrattenimento leggero a base di fiction e di varietà.

Orientamento allo Stato e al pubblico, all’informazione, la cultura e l’evasione, da un lato, orientamento al mercato, al privato, al con­ sumo e all’evasione, dall’altro lato, sono dunque i princìpi ispiratori, gli ambiti valoriali di pertinenza, del palinsesto Rai e Fininvest nel prime-time.

3- Il profilo delle reti

E’ noto che il prime-time, a differenza della caratterizzazione a striscia orizzontale delle restanti fasce orarie, prevede un palinsesto a scansione settimanale basato sull’inserimento stabile di un deter­ minato programma in certe serate della settimana. Se la programma­ zione del day-time si svolge all’insegna della ripetitività e delle abi­ tudini quotidiane, con gli stessi generi che si riprongono giorno per giorno e nelle stesse fasce orarie, il prime-time si apre alla diversifi­ cazione dell’offerta, pur richiamandosi sempre all’idea di un appun­ tamento fisso settimanale.

E’ questa una strategia che risponde ad un tempo alle esigenze di riconoscibilità delle reti, tramite l’identificazione tra programma/fa- scia oraria/giorno della settimana, e di diversificazione dell’offerta, data dall’elemento di novità del palinsesto serale rispetto agli schemi sempre uguali del day-time.

Tali orientamenti del palinsesto sono ormai comuni all’emittenza pubblica e privata, che tuttavia nella scelta dei generi da privilegia­ re, dei singoli programmi da collocare in prima o in seconda serata, dell’impronta da dare a questo o a quel giorno della settimana, ri­ cercano e attuano la propria identità.

La Rai propone in prime-time un palinsesto settimanale che, ad eccezione di qualche programma di sport (telecronache o informa­ zione), si distribuisce in maniera abbastanza equilibrata tra la fiction, l’attualità e il varietà. Le reti Fininvest, invece, assegnano quasi esclusivamente alla fiction e, in misura molto minore, al varietà la collocazione privilegiata del prime-time.

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In questo ambito, le differenze tra le reti, più che il genere in quanto tale, riguardano soprattutto le differenziazioni interne ad uno stesso genere. Se Raiuno predilige l’attualità giornalistica di tipo tra­ dizionale («TG 1 Sette», «Speciale TG 1», etc.), Raidue si apre spesso all’attualità leggera («Scrupoli») e Raitre si è specializzata nell’attualità di servizio; sul fronte Fininvest, si può dire che le tre reti abbiano acquisito l’esclusiva rispettivamente della miniserie (Canale 5), della sit corri (Italia 1), della telenovela (Rete 4). Si fa ricorso, in questi ca­ si, ad una «strategia integrata di diversificazione dei target e dell’identità di rete», che può perfino configurare come proposte al­ ternative le particolari tipologie di fiction cinematografica collocate in una stessa serata: ad esempio, il film di grande richiamo su Raiu­ no o Canale 5, il film d ’autore su Raitre o Italia 1, il film d’annata su Raidue o Rete 46.

Un’altra caratteristica tipica dei palinsesti del prime-time è la ten­ denza verso il «piatto unico» della serata, ad occupare cioè l’intera fascia oraria o con il singolo programma (il film), o con l’abbina­ mento di più programmi dello stesso genere e/o della stessa area espressiva (due serie poliziesche, una serie seguita dal film), oppure ancora con il convogliare generi diversi intorno ad un tema (il film unito al dibattito). Sono queste solo alcune - quelle rinvenibili nei palinsesti settimanali analizzati - delle possibili «impaginazioni» del palinsesto orientate dalle dinamiche del traino verticale, che tendo­ no a favorire la continuità dell’ascolto7.

Tali scelte rispondono nel loro insieme a precise strategie concor­ renziali, che trovano pratica attuazione secondo le politiche editoria­ li delle singole reti (cfr. Tabelle da 2 a 7). Vediamo innanzitutto che Raiuno, la rete leader nell’attuale panorama televisivo, continua a proporre un palinsesto serale che si richiama alla sua immagine tra­ dizionale: la miniserie o il film della domenica, il film di grande ri­ chiamo del lunedì, l’attualità nella prima serata del martedì e del ve­ nerdì, lo sport il mercoledì, il varietà nel prime-time del giovedì e del sabato. La scelta del programma di seconda serata è in chiave complementare rispetto ai generi collocati in apertura (l’informazio­ ne sportiva dopo la fiction domenicale, il film dopo le rubriche gior­ nalistiche del martedì e del venerdì, e così via), riproponendo anche in senso verticale la tendenza alla diversificazione che caratterizza la griglia dei programmi nel corso della settimana.

E’ un palinsesto volto a coniugare le istanze di natura commercia­ le e quelle pertinenti il ruolo di servizio pubblico della Rai; le

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diver-Tabella 2: Il palinsesto del prime-time Raiuno

Domenica 20.40

22.40

Film (drammatico)

Inf. sport. (La domenica sportiva) Lunedì 20.40 Film (poliziesco)

Martedì 20.40

21.40

Attualità (Tgl Sette)

Musica Seria (Concerto di L. Pavarotti) Mercoledì 20.10

22.00 22.30

Calcio Tgl

Attualità (Piazza della Repubblica) Giovedì 20.40 Varietà (Varietà)

Venerdì 20.40

21.40

Attualità (I dieci comandamenti all’italiana) Film (drammatico)

Sabato 20.40 Varietà (XXXVI Gran Premio Eurovisione della Canzone)

se esigenze tipiche del servizio radiotelevisivo, riconducibili alla vec­ chia formula «informare, educare, divertire»; la fedeltà aH’immagine «familiare» di Raiuno, in cui trovino accoglienza le molteplici richie­ ste di una audience socialmente stratificata. Infatti, se il prevalente ricorso ai generi di maggiore attrazione per l’intera fascia del prime- time risponde ad evidenti obiettivi di massimizzazione dell’ascolto, e la diversificazione dei generi in senso verticale rispecchia le caratte­ ristiche di un target composito, la scelta di riservare due prime sera­ te ad un genere televisivo preferibilmente seguito da un pubblico selezionato (l’attualità giornalistica) rende certamente in termini di identità e prestigio della rete. D’altra parte, l’informazione costituisce uno dei principali obiettivi del servizio pubblico, ed è a tutt’oggi il principale fattore di riconoscibilità delle reti Rai.

Raidue non gode di una immagine altrettanto chiara e prestigiosa, essendo stata fin dal suo avvento destinata ad una programmazione in qualche modo complementare alla prima rete, e prevalentemente attestata sul versante dell’evasione. Per molti anni è mancata a Rai­ due una precisa linea editoriale, che non fosse perlomeno limitata ad una stagione televisiva o legata a particolari fasi nei rapporti con

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Tabella 3: Il palinsesto del prime-tlme Raidue

Domenica 20.00

21.05 22.15

Inf. sport. (Domenica sprint) Soap opera (Beautiful) Attualità (Scrupoli)

Lunedì 20.30

21.35

Serie (L’ispettore Derrick) Attualità (Mixer)

Martedì 20.30

22.15

Serie (Perry Mason) Serie (L’ispettore Sarti) Mercoledì 20.30 22.20 Film (commedia) Attualità (Mixercultura) Giovedì 20.30 21.35

Serie (I ragazzi del muretto) Film (drammatico)

Venerdì 20.30

22.35

Varietà (Serata d’onore)

Varietà (Antennati 2 - La vendetta) Sabato 20.30 Film ciclo (drammatico)

la concorrenza interna ed esterna. Più di recente, l’avvio della Dire­ zione Sodano ha impresso alla rete una svolta basata sulla ricerca di un connubio tra fiction e attualità, che appare chiara sia, e soprattut­ to, nella forte presenza di fiction seriale sia nella proposta di un’at­ tualità diversificata nei contenuti e nelle collocazioni. Di qui, la scel­ ta di inserire nella prima serata della domenica una soap opera di successo come «Beautiful», a cui far seguire un’attualità centrata sui temi del privato e delle relazioni interpersonali tipici della soap, an­ cora una fiction associata ad un programma di attualità è nella serata del lunedì (la serie poliziesca «Ispettore Derrick», che ben si sposa con la cronaca giornalistica di «Mixer») e in quella del mercoledì (il film e «Mixer Cultura»); si svolge invece all’insegna della fiction l’in­ tero prime-time del martedì (le serie giallo/poliziesche che ruotano intorno ai personaggi di «Perry Mason» e dell’*Ispettore Sarti»), del giovedì (la serie nostrana «I ragazzi del muretto» e il film) e del saba­ to (il film, inserito spesso in un ciclo su tematiche di attualità); infi­ ne, è dedicata al varietà la sola serata del venerdì. Anche qui, come

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Tabella 4: Il palinsesto del prime-time Raitre

Domenica 20.30 Attualità (Chi l’ha visto?) Lunedì 20.30 Film (drammatico)

Martedì 20.30 Attualità (Mi manda Lubrano) 22.35 Tg3

22.40 Attualità (Babele) Mercoledì 20.30 Film (commedia)

22.05 Tg3 22.10 Serie (Lassie) Giovedì 20.25 Calcio

21.15 Attualità (Cartolina) 22.20 Tg3

Venerdì 20.30 Attualità (Un giorno in pretura) 22.35 Tg3

22.40 Attualità (Harem) Sabato 20.30 Film (drammatico)

22.10 Tg3

22.15 Attualità (Passo falso)

per Raiuno, si tende al m ix di generi diversi tra la prima e la secon­ da serata, sia pure privilegiando l’intrattenimento in apertura e i rit­ mi del traino verticale.

Per quanto riguarda Raitre, sono ben note le vicissitudini di que­ sta rete che, dalla originaria vocazione regionale/culturale, si è an­ data progressivamente ridefinendo fino a proporsi come l’unico ca­ nale realmente «innovativo» nell’attuale panorama televisivo. Pur conservando le sue connotazioni educative e di servizio, ma proprio in quanto tale svincolata da una logica troppo subalterna ai dati di ascolto, Raitre ha potuto sperimentare formule alternative e lanciare programmi di tipo nuovo, che non a caso sono ancora alla ricerca di una precisa definizione di genere. Alcuni di questi programmi han­ no avuto vita breve («Io confesso», «La macchina della verità» etc.); altri hanno rappresentato il punto di partenza per la messa a punto di programmi di successo (pensiamo a «Posto pubblico nel verde»,

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Tabella 5: Il palinsesto del prime-time Canale 5

Domenica 20.35

22.40

Film (fantastico) Sit com (Casa Vianello) Lunedì 20.40 Film dossier (drammatico)

Martedì 20.40

22.40

Miniserie (Il ricatto 2) Attualità (L’età negata) Mercoledì 20.40

22.40

Serial (I segreti di Twin Peaks) Varietà (Scene da un matrimonio) Giovedì 20.40 Varietà quiz (Telemike)

Venerdì 20.40

22.45

Varietà (Il gioco dei giochi) Varietà (Rivediamoli) Sabato 20.40 Varietà (La corrida)

dalle cui ceneri nascerà “Chi l’ha visto?»); altri ancora hanno dominato per intere stagioni la programmazione della rete, diventando spesso dei «casi» all’attenzione del pubblico e della stampa (oltre al già citato «Chi l’ha visto?», basti ricordare «Samarcanda» e «Telefono giallo»). Si tratta di programmi che si pongono a metà tra l’inchiesta giornalistica e il talk-show, tra l’approfondimento e il servizio di pubblica utilità, tra l’attualità del pubblico e quella del privato.

Sono questi gli stessi programmi che dominano il prime-time del­ la stagione televisiva 1990-91 di Raitre: da «Chi l’ha visto?» (domenica e, successivamente, anche venerdì) a «Mi manda Lubrano» (martedì, ma poi spostato al mercoledì), da «Un tem o al lotto» (che va ad oc­ cupare la postazione del martedì lasciata libera da «Lubrano») a «Sa­ marcanda» (giovedì) e a «Un giorno in pretura» (venerdì). Le serate lasciate libere da questa sorta di programmi-simbolo della rete sono occupate stabilmente dal film del sabato, quasi sempre «impegnato» e legato a temi di forte attualità, e da «Il processo del lunedì». Il ca­ rattere maggiormente sperimentale, rispetto alle consorelle Raiuno e Raidue, che ancora caratterizza la rete, spiega la parziale instabilità della collocazione nel caso di programmi di nuovo avvio, per i quali è consentito un certo margine di variabilità sulla base delle mosse

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Tabella 6: Il palinsesto del prime-time Italia 1

Domenica 20.30 Sit com (I vicini di casa) 21.00 Inf. sport. (Pressing) Lunedì 20.30 Film (commedia)

22.20 Studio aperto 22.30 Attualità (L’istruttoria) Martedì 20.30 Film (fantastico)

22.30 Inf. sport. (L’appello del martedì) Mercoledì 20.30 Film (fantastico)

22.45 Studio aperto Giovedì 20.30 Film (avventura)

22.25 Studio aperto 22.35 Serie (Troppo forte) Venerdì 20.30 Serie (College)

22.20 Studio aperto

22.30 Inf. sport. (Calciomania) Sabato 20.30 Film (commedia)

22.20 Studio aperto 22.30 Film (commedia)

dell’avversario Fininvest. Infine, resta da segnalare che Raitre tende a privilegiare la serata «monogenere», basata cioè o sul programma unico che si prolunga ben oltre il prime-time o sulla combinazione tra programmi dello stesso genere.

Il modello di una televisione completa o «generalista», volta cioè a soddisfare le esigenze diversificate di un pubblico di massa e che caratterizza l’emittenza Rai nel suo complesso, si rende più esplicito nella struttura dei palinsesti serali delle singole reti. Raiuno, Raidue e Raitre, infatti, attuano una politica della programmazione che valo­ rizza rispettivamente, e in modo particolare, le istanze informative, quelle di intrattenimento e quelle culturali o di servizio.

La prima rete tende senz’altro ad accogliere, e più di quanto acca­ da per le altre, i diversi gusti, le abitudini, le attese rilevabili all’interno sia del grande pubblico sia del nucleo familiare, così proponendosi

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ti-Tabella 7: Il palinsesto del prime-time Rete 4

Domenica 20.35 Film (avventura)

Lunedì 20.40 Telenovela (La donna del mistero) 21.30 Telenovela (Manuela)

Martedì 20.35 Varietà quiz (Il ficcanaso)

22.05 Serie (Le inchieste di Padre Dowling) Mercoledì 20.35 Film (drammatico)

22.35 Culturale (National Geographic) Giovedì 20.35 Film (commedia)

22.50 Attualità (Pronto intervento) Venerdì 20.35 Telenovela (La donna del mistero)

22.35 Attualità (Cronaca)

Sabato 20.35 Serie (Colombo)

22.25 Serie (Kojak)

picamente come una emittente dal profilo «generali,sta-. Ma è pur vero che è questo l’unico luogo in cui l’importanza dell’informazione d’at­ tualità - perlomeno quella di tipo tradizionale - riceve una sua legitti­ mazione grazie all’inserimento negli spazi più prestigiosi del palinse­ sto. Al contrario, sembra che Raidue e Raitre costituiscano l’uno il ca­ nale privilegiato dell’offerta di evasione e di immaginario”, soprattutto per la forte presenza di fiction seriale, e l’altro l’artefice principale del­ le funzioni di servizio, che si rispecchiano nei tanti programmi di •pubblica utilità» inseriti nel palinsesto. Dunque, informazione ed in­ trattenimento per un’audience familiare e stratificata, bisogno di svago e di fantasia, educazione civica e culturale sono i tratti caratterizzanti dell’offerta di televisione delle emittenti pubbliche.

Sul fronte dell’attualità, la stagione 90-91 delle reti di Berlusconi non crea problemi di concorrenza diretta con la Rai. Non una rubri­ ca giornalistica compare nei palinsesti settimanali in osservazione, mentre appare già stabilizzato in coda al programma di prima serata l’appuntamento con l’informazione quotidiana, almeno per quanto riguarda Italia 1. Come si è già visto, infatti, il prime-time dei

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network privati è dominio della fiction e del varietà, secondo le di­ verse declinazioni di genere che meglio rispondono alla immagine e alla linea editoriale perseguita dalle singole reti.

Canale 5, sin dalla sua prima affermazione come network, si è po­ sta come alter ego di Raiuno sul fronte privato, rivolgendosi ad un pubblico familiare e composito. Un’aspirazione che, per i ben noti limiti imposti dalla mancanza della diretta (almeno fino a tempi re­ centi), si è tradotta, più che in una diversificazione dei generi, in un’accorta calibratura di contenuti e di «registro» sui target di riferi­ mento delle singole trasmissioni. Ecco, dunque, che la differenzia­ zione del pubblico elettivo si rispecchia nei diversi sottogeneri della fiction (il film la domenica e il lunedì, la miniserie il martedì, il serial il mercoledì) e del varietà (il quiz nella collocazione collaudata del giovedì, il game show al venerdì, lo spettacolo tradizionale al saba­ to) e/o nei diversi registri dei programmi (il film di fantasia che riu­ nisce genitori e figli; il film dossier legato al dibattito in tarda serata, che supplisce al programma di attualità; l’intrattenimento basato sul gioco o sul quiz che coinvolge il nucleo familiare, e così via).

A Italia 1 è assegnato il compito di conquistare le fasce di ascolto giovanili, dai bambini, agli adolescenti, ai neo-adulti; di qui, un pa­ linsesto serale tutto all’insegna dell’evasione e delPinformazione, un po’ sul modello di Raidue. Nella rete della Fininvest, tuttavia, l’infor­ mazione coincide quasi sempre con il Notiziario di mezza sera (lo «Studio Aperto» di Emilio Fede), collocato entro la fascia del prime- time grazie alla durata contenuta del programma di prima serata. Inoltre, è sempre la fiction - una fiction leggera, in sintonia con il proprio target di riferimento - ad aprire la programmazione serale di Italia 1: dalla sit com della domenica, al film nelle serate del lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e sabato (diversificate in base ai registri del genere, e con prevalenza della «commedia», del «fantasy» e dell’«awentura»), alla serie giovanile del venerdì.

Infine, Rete 4 ha seguito un percorso che per molti versi la acco­ muna a Raitre, fungendo spesso da luogo di smaltimento del magaz­ zino programmi e, almeno per un certo periodo, da canale di infor­ mazione e cultura. Attualmente, tende soprattutto a rivolgersi al pubblico femminile, come testimonia la presenza diffusa della tele­ novela (le serate del lunedì e del venerdì, oltre alle fasce pomeridia­ ne) e del film (anche qui prevalgono i generi commedia e avventu­ ra) nel prime-time della domenica, del mercoledì e del giovedì. Tro­ viamo, inoltre, serie di formato diverso nella seconda serata del

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mar-tedi - in coda all’unico programma di varietà (quiz) della settimana - e nell’intero prime-time del sabato.

Se la differenziazione dell’offerta nell’emittenza pubblica si basa prevalentemente sulle diverse esigenze - di informazione, evasione e cultura - di un’audience stratificata, nella Fininvest le scelte di pa­ linsesto sono in funzione di distinte tipologie di pubblico: la fami­ glia per Canale 5, i giovani per Italia 1, le donne per Rete 4. Esse, infatti, rappresentano i diversi target di riferimento, portatori di al­ trettanti modelli di consumo, in grado di orientare la massimizzazio­ ne dell’ascolto e garantire un’adeguata resa pubblicitaria.

Il palinsesto di Canale 5 è dunque strutturato per convogliare le diverse fasce di pubblico che si espongono all’ascolto nei vari mo­ menti della giornata, mentre Italia 1 e Rete 4 costruiscono la propria im m agine sulla base di un sistem a di attese specificam ente attribuibile a determinati «profili» sociali. Di qui la scelta di una gri­ glia di programmi tutta attestata sul versante dell’evasione, di una evasione che di volta in volta si traduce nei programmi di cartoni animati per i bambini, in quelli musicali o di sport per i giovani ma­ schi, nelle telenovelas per le casalinghe, e così via. In sostanza, è la valorizzazione del privato e delle individualità, che si fanno interagi­ re con gli orientamenti del pubblico massa, che qui si afferma.

4. I rapporti tra reti ed emittenti

Osservando la presenza dei generi, e dunque le caratteristiche dell’offerta, nei diversi giorni della settimana, emerge con una certa evidenza la mancanza di una strategia definita una volta per tutte, di una precisa politica della complementarietà o della concorrenza tra reti/emittenti, di una scelta sempre valida tra la rigida contrapposi­ zione tra generi o la diversificazione dei generi.

Ciò non denota certo una confusione nelle strategie editoriali e di immagine della emittenza pubblica/privata, è anzi significativo di come il palinsesto sia: a) un complesso sistema di norme e di regole nel quale intervengono e trovano mediazione le diverse esigenze commerciali e/o di servizio pubblico, le strategie di coinvolgimento del pubblico, le politiche di immagine dell’azienda radiotelevisiva; b) un processo di organizzazione dei programmi che non ha mai fi­ ne, soggetto qual è a revisioni e a riaggiustamenti - nel caso di eventi non previsti o per contrastare particolari scelte della

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