UNIVERSITÀ DI PISA
Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DiSAAA-a)
Corso di laurea magistrale
Progettazione e gestione del verde urbano e del paesaggio
Valutazione della stabilità degli alberi:
alcuni casi di studio
Candidato:
Relatore:
Matteo ZANINI Prof. Giacomo LORENZINI
Correlatore:
Dott. Damiano REMORINI
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Riassunto
Scopo dell’elaborato è quello di presentare le moderne metodiche di valutazione
della stabilità degli alberi, riportando i risultati di una campagna di monitoraggio relativa a
numerosi esemplari adulti di un parco acrobatico sospeso dell’Italia Centrale; infine, sono
descritti alcuni insoliti casi relativi alla presenza di corpi estranei nel tronco.
La principale tecnica, attualmente riconosciuta, è quella ideata da Claus Mattheck,
che si basa sull’osservazione sistematica dei sintomi presenti sulle piante e prende il nome
di Visual Tree Assessment (in seguito denominata VTA).
È stato effettuato lo studio, secondo le classi di propensione al cedimento, definite
dal protocollo della Società Italiana di Arboricoltura ( in seguito denominate CPC), di 75
esemplari, per lo più appartenenti ai generi Quercus, Cedrus, Robinia. Di questi, il 24%
risulta essere in classe B, il 62% in classe C, e il restante 14% in classe C/D. Nella
valutazione si è considerata la consistenza del substrato che a causa della forte erosione
idrogeologica, può compromettere l’ancoraggio radicale. È stata, quindi, segnalata la
necessita di un continuo ed accurato controllo degli alberi dal punto di vista fitostatico e di
provvedere, possibilmente con opere di ingegneria naturalistica, al contenimento
dell’erosione del sito al fine di ristabilire la sicurezza degli esemplari. Importanti
non-conformità sono state riscontrate anche in relazione a carenze nella manutenzione dei
manufatti di servizio (piattaforme, funi), che spesso hanno causato traumi al tronco.
Infine, sono riportati alcuni studi con tomografia sonica di esemplari arborei aventi
al loro interno corpi estranei (lastre di metallo e mattoni), comparati con i risultati ottenuti
in alcune indagini su oggetti sani o cariati. Negli alberi con corpi inclusi, il tomografo
sonico evidenzia due risultati differenti: nel caso della presenza di struttura metallica
all’interno del tronco, lo strumento visualizza la lamiera come fosse legno sano, ove l’onda
sonora si diffonde a una velocità elevata (oltre 2000 m/s); nel caso del tronco di tiglio
contenente riempimento con mattoni e calce, a causa della presenza di spazi “vuoti” tra la
struttura legnosa e quella in struttura artificiale, che non permettono alle onde sonore di
propagarsi, la velocità è decisamente bassa (inferiore a 100 m/s) e l’immagine restituita
sembra riconducibile a un albero completamente cavo.
La comparazione tra le immagini dello studio tomografico dei diversi esemplari
(sani, cariati, con metallo e con mattoni al loro interno) ha evidenziato anomalie dei
risultati nelle piante con corpi inclusi. I valori e i grafici tomografici rivelano l’esistenza di
dati non consoni, ma non palesano inequivocabilmente la presenza di oggetti diversi dal
legno all’interno delle piante; pertanto per l’esecuzione di una corretta tomografia è sempre
necessaria l’interpretazione di un professionista esperto.
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Sommario
1.0 Introduzione ...3
1.1 La stabilità dell’albero ...3
1.2 Il Visual Tree Assessment ...9
1.3 Metodologie soniche ... 15
1.4 Scopo del lavoro ... 21
Caso di studio 1: VTA del patrimonio arboreo di un parco acrobatico ... 22
2.0 I Parchi Avventura ... 23
3.0 Materiali e Metodi ... 26
3.1 Descrizione del sito... 26
3.2 Modalità di esecuzione del lavoro ... 29
4.0 Risultati ... 32
5.0 Discussione e considerazioni conclusive ... 33
Caso di studio 2: Studio della reazione del tomografo sonico nell’analisi di esemplari con
all’interno corpi estranei... 41
6.0 Materiali e Metodi ... 42
6.1 Descrizione del sito... 42
6.2 Modalità di esecuzione del lavoro ... 49
7.0 Risultati ... 54
8.0 Discussione e considerazioni conclusive ... 62
9.0 Bibliografia ... 64
3
1.0 Introduzione
1.1 La stabilità dell’albero
L’albero rappresenta un elemento fondamentale per la città moderna ed è causa di
un sostanziale miglioramento della qualità della vita nell’area urbana. Una pianta in buona
salute fornisce numerosi e importanti vantaggi in ambito cittadino: mitiga gli estremi
atmosferici, contribuisce ad arredare l’ambiente urbano, aumenta la funzione ricreativa
degli spazi, diminuisce l’inquinamento, valorizza il paesaggio.
Un esemplare arboreo è un essere vivente: in natura è un elemento completamente
autonomo, sia nella sua singolarità, sia nella collettività degli ecosistemi. In ambito urbano,
tuttavia, a causa dell’ambiente “difficile” e profondamente differente dal suo habitat,
necessiterebbe di costanti ed attente cure, al fine di assicurare l’adeguata permanenza in un
determinato sito; tuttavia nonostante sia spesso corretto l’inserimento di piante arboree nel
paesaggio urbano queste ultime risultano molto spesso essere danneggiate a causa di errati
interventi antropici.
Una pianta arborea è sottoposta ad alcuni eventi che ne possono alterare la normale
strategia di crescita. Lo sviluppo stesso dell’esemplare è origine di sollecitazioni per le
fibre legnose che possono causare tensioni e compressioni destabilizzanti (fig.1.1). Inoltre,
molti sono gli eventi esterni che, causando una variazione negli equilibri, provocano una
modifica delle pressioni esercitate sulle differenti parti, obbligando il vegetale a trovare un
nuovo bilanciamento.
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Secondo la teoria della tensione costante, formulata presso il Centro di Ricerca
Nucleare di Karlsruhe (Mattheck, 2003), valida tanto per gli alberi quanto per numerosi
altri componenti biologici (ossa, artigli, denti, etc.) e non, qualsiasi costruzione meccanica
è leggera quanto possibile e salda quanto necessario quando subisce un carico equilibrato,
cioè quando tutti i punti della sua superficie si trovano a sostenere la stessa tensione e non
vi sono zone sovraccariche (potenziali punti di rottura) né zone a carico ridotto (spreco di
materiale). Una costruzione ottimale ha una tensione costante su tutta la superficie (fig.
1.2).
Fig. 1.2 La teoria della tensione costante
Questa teoria vale per qualsiasi entità strutturale, ma l’albero non ha la capacità di
demolire il materiale inutile: è solamente in grado di crescere nelle zone maggiormente
sollecitate, trascurando le aree che lo sono meno, ripristinando così un equilibrio. Una
pianta ha spesso la necessità di adattare il suo sviluppo durante la crescita e, per quanto
detto, ne risulterà una crescita asimmetrica del fusto (fig. 1.3).
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Tali adattamenti avvengono in modo opposto per quanto riguarda conifere e
latifoglie: le prime sviluppano il cosiddetto “legno di compressione” sul lato pendente e
questo sospinge l’albero verso l’alto; le seconde, invece, producono “legno di tensione”,
accumulando il materiale dalla parte opposta la pendenza, così che la pianta viene “tirata”
verso l’alto.
Un esemplare è in grado di riparare, entro alcuni limiti fisiologici, le ferite che gli
vengono inferte. A differenza degli animali, i vegetali sono incapaci di sostituire nella
stessa posizione le cellule morte. Essi cercano di contenere il danno attivando barriere in
grado di isolare il legno danneggiato ed evitare altre possibili lesioni al materiale sano.
Tale fenomeno è chiamato compartimentazione, come descritto nella teoria del CODIT,
Compartimentalization of decay in trees (Shigo, 1979).
Le modalità di reazione di una pianta sana, in seguito ad un trauma, dipendono
sostanzialmente dalla profondità della ferita stessa, ovvero dal tipo di tessuto interessato
dalla lesione. Nel caso di ferite superficiali (scortecciamento), quelle ove il cambio o parte
di esso rimane integro, la pianta reagisce formando un tessuto “calloso” che, oltre alla zona
marginale, si estende, ove possibile, anche sull’intera superficie interessata dalla lesione.
L’albero, con questa reazione, riesce a ridurre la dimensione originaria della ferita. Nel
caso di alterazioni più profonde, causate da danni meccanici o da organismi parassiti, la
pianta, incapace di ricreare la parte lesionata e di eliminare l’agente patogeno, si serve
della compartimentazione. Essa cerca di contenere il deterioramento attivando barriere
capaci di isolare il legno danneggiato ed evitare altri possibili attacchi alle parti sane.
La capacità di compartimentazione varia da specie a specie e anche
soggettivamente, in base al patrimonio genetico di ogni singolo albero. Anche lo stato di
salute generale di una pianta incide sulla velocità e sulla capacità di reazione.
Le barriere citate nella teoria CODIT sono quattro (fig. 1.4) e prendono il nome di:
a.
barriera 1: si oppone all’avanzamento lungo i vasi conduttori;
b.
barriera 2: ostacola l’avanzamento in profondità verso il centro della pianta;
c.
barriera 3: impedisce l’avanzamento laterale, parallelo agli anelli di
accrescimento annuali originati dal cambio;
d.
barriera 4: protegge i nuovi tessuti dall’aggressore consentendo la formazione
di legno integro.
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Fig. 1.4 Effetti della compartimentazione su Liquidambar
Le strutture sopra descritte prendono il nome di “legno di reazione”, che consiste in una
crescita di fibre legnose che non seguono la linearità di sviluppo dell’albero sano al fine di
riparare situazioni destabilizzanti per la pianta.
Le porzioni di discontinuità per un esemplare rappresentano zone dove il legno ha
maggiori possibilità di cedere. Numerose sono le possibilità di caduta di un albero o di
parti di esso (Mattheck, 1998).
a.
Cedimento della zolla radicale: un soggetto che, a causa di azioni esterne, è
sottoposto ad una violenta pressione monolaterale, come ad esempio per una
tempesta, può risultare talmente forzato da “perdere l’equilibrio”. La leva
sviluppata dal volume della chioma e dall’altezza del fusto, vince la
resistenza della zolla radicale e causa il cedimento, parziale o totale, della
stessa.
b.
Schianto del fusto dell’albero: può accadere che una pianta inclinata non
riesca a sopperire in maniera corretta alla diseguaglianza di tensioni tra i due
lati, perché lo sviluppo cambiale non è in grado di contrastare la pendenza e
riportare il soggetto ad uno stato di tensione costante. In questo caso il fusto
cede.
c.
Fusti codominanti e corteccia inclusa: due fusti codominanti, con direzione
divergente possono, con l’avanzare dello sviluppo radiale, “unirsi”
mantenendo però i tessuti corticali interposti tra i due elementi anche nella
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zona di contatto (corteccia inclusa). A causa delle continua spinta, dovuta alla
crescita delle due sezioni, i due elementi possono rompersi in questo punto
fragile.
d.
Rottura di un tronco cavo: i funghi cariogeni del legno degradano i tessuti
della pianta provocando vere e proprie cavità all’interno del fusto. A causa di
forze esterne oppure della spinta dovuta al peso stesso dell’albero, il tronco
potrebbe cadere “accartocciandosi”, come una lattina vuota, oppure spezzarsi.
La possibilità di individuare gli elementi strutturali che presentano problematiche
risulta utile per l’identificazione preventiva del possibile danno e la propensione al
cedimento. I sintomi possono essere a carico di differenti porzioni dell’esemplare (fig.
1.5):
a.
substrato;
b.
strutture legnose in genere;
c.
corteccia;
d.
apparato radicale;
e.
colletto;
f.
fusto;
g.
castello;
h.
branche;
i.
rami;
j.
chioma e foglie.
Substrato
L’area di terreno circostante il colletto molto può dire della pianta in esame. Le
situazioni alle quali bisogna prestare maggiore attenzione sono due:
a. sollevamento: il terreno sollevato nella porzione opposta alla pendenza
dell’albero e, in generale, l’innalzamento rilevante del terreno può
significare una instabilità della zolla radicale;
b. fessurazione: fessure a disposizione radiale che si presentano nel terreno,
anche se di ridotta entità, possono indicare una perdita di coesione della
zolla.
Strutture legnose in genere
Un difetto indica uno scostamento dalla norma nella crescita di un albero e può
essere indice di pericolo. Particolare attenzione è da porsi nei casi dove si presentano:
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a. legno di reazione: un tronco che si sviluppa inclinato è sottoposto ad un carico
direzionale e, per compensare lo sbilanciamento, sviluppa legno di reazione;
quest’ultimo, per l’andamento disordinato delle fibre, rappresenta una porzione
debole del fusto;
b. legno da ferita: quando il legno di un albero viene danneggiato, sul margine della
parte lesa si forma uno speciale tessuto cicatriziale, chiamato “callo”. Si tratta di un
elemento indifferenziato e meristematico, con proprietà differenti dal tessuto
legnoso normale, ha maggiore resistenza e minore elasticità;
c. carie o marciume: sono aree di degradazione legnosa causate da alcuni funghi che
determinano la distruzione delle molecole di lignina e cellulosa e sono all’origine
della perdita di capacità strutturale del materiale. La modificazione del tessuto
cambiale al variare dei momenti di flessione del fusto cariato si concretizza nella
costituzione di anelli più spessi, che a loro volta si manifestano con rigonfiamenti e
protuberanze.
Corteccia
Anche lo stato della corteccia può dare indizi sulla qualità dell’albero in esame.
Forti tensioni possono essere la causa di modifiche nell’aspetto di questo strato che può
presentare placche, stirate o arricciate, crepe e fessure.
Colletto
Un esemplare che a causa della sua conformazione, oppure delle caratteristiche del
substrato (roccioso, sottile, poco coeso), risente di un deficit di stabilità, può presentare, a
livello del colletto, lo sviluppo di contrafforti radicali, una forma del colletto a zampa di
elefante o a collo di bottiglia.
Chioma sofferente
La chioma, quando presente, è un ottimo indicatore dello stato dell’albero; danni
presenti alle radici, al fusto, alle branche e problemi legati al posizionamento
dell’esemplare, possono determinare vari stadi di sofferenza o asimmetria del fogliame.
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Fig. 1.5 I sintomi identificabili sull’albero
1.2 Il Visual Tree Assessment
Il Visual Tree Assessment (in seguito VTA) è una metodologia di indagine,
riconosciuta legalmente in molti Paesi, eseguita per la valutazione delle condizioni
biomeccaniche di un albero, attraverso la meticolosa osservazione delle caratteristiche
dello stesso e di eventuali sintomi. Sviluppata negli anni ’90, dopo approfonditi studi
(Mattheck, 1994), tale tecnica permette, seguendo metodologie standardizzate e
consolidate, di effettuare un’analisi visiva, non invasiva, sulla pianta. Il metodo VTA si
svolge in tre fasi:
a.
controllo visivo dei difetti e della vitalità: l’indagine visiva viene effettuata
considerando l’albero nella sua interezza e valutando la sua morfologia, il suo
aspetto fisiologico e le sue caratteristiche biomeccaniche, se non si
riscontrano segnali preoccupanti, l’esame è terminato;
b.
identificazione del difetto: se riscontrato, viene esaminato per mezzo di
un’indagine approfondita, visuale e strumentale, per stimare la localizzazione
del punto debole e la sua espansione;
c.
conclusioni: in relazione ai dati raccolti, alle osservazioni effettuate dal
tecnico e all’esperienza di quest’ultimo vengono redatte conclusioni inerenti
lo stato dell’albero ed esso viene catalogato in una classe di propensione al
cedimento.
La valutazione di stabilità comporta un’accurata descrizione morfologica degli
esemplari e la stima dei comportamenti che essi assumono in risposta agli eventi che si
verificano. Se il tecnico ritiene necessario un più approfondito studio del soggetto in esame
è possibile usufruire di alcune tecniche strumentali. Il criterio da seguire è sempre quello
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del minimo danno per l’albero; il numero necessario dei rilevamenti rimane a discrezione
dell’operatore al fine di ottenere una diagnosi esauriente e documentata, senza arrecare
eccessivo disturbo alla pianta. La procedura del VTA può essere sintetizzata nei seguenti
punti:
1.
identificazione univoca dell’albero (genere, specie, cultivar);
2.
georeferenziazione dello stesso (GPS, coordinate, mappatura);
3.
parametri biologici (diametro, altezza, chioma);
4.
caratterizzazione del sito di impianto (luogo, tipologia, caratteristiche
principali, difetti, ostacoli allo sviluppo);
5.
compilazione scheda di rilevamento;
6.
fotografie;
7.
prelievo campioni;
8.
esame strumentale (eventuale);
9.
studio biomeccanico (eventuale);
10. aggiornamento scheda;
11. analisi dei campioni;
12. stesura di una accurata relazione tecnica.
La valutazione conclusiva di un VTA è corredata dall’ordinamento dell’esemplare
secondo la classificazione SIA (Società Italiana di Arboricoltura), al fine di una rilevazione
schematica della pericolosità di una pianta. L’approccio tecnico alla gestione del rischio si
fonda su una definizione di esso come “la probabilità che qualcosa di negativo possa
accadere”. Questa eventualità si riferisce alla potenzialità che un albero, o una parte di
esso, possa cedere e alla possibilità che, una volta accaduto, si verifichino danni a cose o
persone (individuazione del “bersaglio” presente sulla scena). Affinché vi sia un rischio
deve esserci un bersaglio, pertanto, la pianta deve essere in procinto di cadere in un luogo
ove possono essere presenti esseri umani o comunque beni materiali danneggiabili.
La valutazione di un eventuale pericolo si attua seguendo una procedura sequenziale
volta a mettere in evidenza (Sani, 2008):
a.
le probabilità del verificarsi di un cedimento (pericolosità);
b.
l’entità di ciò che è soggetto a cedimento (fattore di danno);
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Pericolosità
Il concetto di pericolosità risponde alle domande “se” e “come” l’albero cadrà.
Questi dati evidenziano il grado di pericolosità associabile alle condizioni di stabilità di
ogni pianta. Essa può essere classificata come estrema per soggetti che manifestano segni
allarmanti, per esemplari con pericolosità gradualmente inferiore si designa una
catalogazione elevata, moderata, bassa e trascurabile.
La SIA, nel suo protocollo, ha proposto una classificazione, oramai generalmente
utilizzata, per le Classi di Pericolosità, denominate, attualmente, Classi di Propensione al
Cedimento (Tab. 1.1):
Classe
Pericolosità
Definizione
A
Trascurabile
Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell'indagine, non manifestano segni,
sintomi o difetti significativi, riscontrabili con il controllo visivo, tali da far ritenere che il
fattore di sicurezza naturale dell'albero si sia ridotto. Per questi soggetti è opportuno un
controllo visivo periodico, con cadenza stabilita dal tecnico incaricato, comunque non
superiore a cinque anni.
B
Bassa
Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell'indagine, manifestano segni, sintomi
o difetti lievi, riscontrabili con il controllo visivo ed a giudizio del tecnico con indagini
strumentali, tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell'albero non si sia
sensibilmente ridotto. Per questi soggetti è opportuno un controllo visivo periodico, con
cadenza stabilita dal tecnico incaricato, comunque non superiore a tre anni. L'eventuale
approfondimento diagnostico di tipo strumentale e la sua periodicità sono a discrezione del
tecnico.
C
Moderata
Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell'indagine, manifestano segni, sintomi
o difetti significativi, riscontrabili con il controllo visivo e di norma con indagini
strumentali*. Le anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza
naturale dell'albero si sia sensibilmente ridotto. Per questi soggetti è opportuno un controllo
visivo periodico, con cadenza stabilita dal tecnico incaricato, comunque non superiore a due
anni. L'eventuale approfondimento diagnostico di tipo strumentale e la sua periodicità sono a
discrezione del tecnico. Questa avrà comunque una cadenza temporale non superiore a due
anni. Per questi soggetti il tecnico incaricato può progettare un insieme di interventi colturali
finalizzati alla riduzione del livello di pericolosità e, qualora realizzati, potrà modificare la
classe di pericolosità dell'albero.
* É ammessa una valutazione analitica documentata.
C/D
Elevata
Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell'indagine, manifestano segni, sintomi
o difetti gravi, riscontrabili con il controllo visivo e di norma con indagini strumentali*. Le
anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell'albero si
sia drasticamente ridotto. Per questi soggetti il tecnico incaricato deve assolutamente
indicare dettagliatamente un insieme di interventi colturali. Tali interventi devono essere
finalizzati alla riduzione del livello di pericolosità e devono essere compatibili con le buone
pratiche arboricolturali. Qualora realizzati, il tecnico valuterà la possibilità di modificare la
classe di pericolosità dell'albero. Nell'impossibilità di effettuare i suddetti interventi l'albero
è da collocare tra i soggetti di classe D.
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D
Estrema
Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell’indagine, manifestano segni, sintomi
o difetti gravi, riscontrabili con il controllo visivo e di norma con indagini strumentali. * Le
anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell’albero si
sia ormai, quindi, esaurito. Per questi soggetti, le cui prospettive future sono gravemente
compromesse, ogni intervento di riduzione del livello di pericolosità risulterebbe
insufficiente o realizzabile solo con tecniche contrarie alla buona pratica dell’arboricoltura.
Le piante appartenenti a questa classe devono, quindi, essere abbattute.
* È ammessa la valutazione analitica documentata.