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Pancreatite acuta non severa: il ruolo della colecistectomia laparoscopica.

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Academic year: 2021

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SOMMARIO

PREMESSE ... 3

1.1 ...PANCREAS 3

1.1.1 ... ANATOMIA 3

1.2 ... PANCREATITE ACUTA LIEVE 9

1.2.1 ... DEFINIZIONE 9 1.2.2 ... CLASSIFICAZIONE 9 1.2.3 ... STORIA 9 1.2.4 ... EPIDEMIOLOGIA 10 1.2.5 ... FISIOPATOLOGIA 11 1.2.6 ... DIAGNOSI CLINICA 14 1.2.7 ... DIAGNOSI STRUMENTALE 16 1.2.8 ... ESAMI DI LABORATORIO 18 1.2.9 ... EZIOLOGIA 21 1.2.10 ... ANATOMIA PATOLOGICA 28

1.2.11 ... VALUTAZIONE DELLA GRAVITÁ DELLA PA 29

1.2.12 ... COMPLICANZE 33

1.2.13 ... DIAGNOSI DIFFERENZIALE 35

1.2.14 ... TERAPIA DELLA PA LIEVE 36

LO STUDIO ... 44

1.3 ... INTRODUZIONE 44

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1.5 ... RISULTATI 49

1.6 ... DISCUSSIONE 53

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PREMESSE

1.1 PANCREAS E VIE BILIARI EXTRAEPATICHE

1.1.1

ANATOMIA

PANCREAS

Il pancreas è una ghiandola mista esocrino-endocrina, la componente esocrina è l’84% della ghiandola, la componente endocrina rappresenta l’1-25 della ghiandola,la scarsità del tessuto connettivo e la sua ridotta consistenza è all’origine del suo nome, dal greco pan “tutto” e creas “polpa”. L’unità funzionale è rappresentata dall’acino,che è costituito da 40-60 cellule acinose che contengono granuli di zimogeno e secernono gli enzimi e costituiscono i canalicoli intercalari, mentre i dotti intercalari e intralobulari sono costituiti dalle cellule duttulari che secernono acqua ed elettroliti.

Il succo pancreatico è alcalino e contiene una elevata quantità di bicarbonati. Sono secreti al giorno 1500 ml di succo pancreatico. Il succo pancreatico neutralizza l’acidità gastrica nel duodeno;è costituito per il 98% da acqua ed elettroliti poi da enzimi digestivi. La secrezione idroelettrolitica è regolata dalla secretina che stimola le cellule duttulari e centro acinose,mentre gli enzimi pancreatici sono regolati dalla colecistochinina che stimola le cellule acinari.

Si tratta di enzimi che svolgono un ruolo fondamentale nei processi digestivi e vengono classificati in enzimi amilolitici, lipolitici e proteolitici. Le amilasi idrolizzano il glucosio,legami interni o esterni. Le esopeptidasi ed endopeptidasi idrolizzano le proteine. Il tripsinogeno viene convertito a tripsina attiva quando il succo pancreatico entra nel duodeno,dalla enterochinasi e determina la degradazione dei peptidi,inoltre innesca il processo di attivazione di altri proenzimi come

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la chimotripsina anch’essa una peptidasi. Un altro enzima attivato dalla tripsina è la fosfolipasi A che scinde i fosfolipidi.

La componente endocrina del pancreas è costituita dalle isole di Langherans che producono insulina, glucagone e somatostatina.

Il pancreas è retro peritoneale a cavaliere della linea mediana a livello delle prime vertebre lombari ,posteriore allo stomaco al davanti della vena cava e dell’aorta.

Si suddivide in:

-testa,rappresenta l’estremità destra,compresa nella C duodenale ,in basso e a sinistra si diparte il processo uncinato che incurvandosi risale posteriormente al corpo.

-istmo,la parte più ristretta

-corpo, che si continua a sinistra in una estremità ristretta:

-coda

Ha rapporti con moltissimi vasi: arteria mesenterica superiore,vena mesenterica superiore,arteria splenica,vena splenica,tripode celiaco,vena porta,aorta,vena cava.

Il pancreas riceve molte piccole arterie,le arterie pancreatiche da diverse sorgenti.

Alla testa del pancreas provvedono principalmente due arcate arteriose pancreatico duodenali dorsale e ventrale che si costituiscono per l’unione a pieno canale fra i rami di divisione dell’arteria pancreatico duodenale superiore(dalla gastroduodenale) e i rami di divisione dell’arteria pancreatico duodenale inferiore(dalla mesenterica superiore). Il corpo del pancreas riceve sangue dai rami dell’arteria splenica e anche dall’arteria pancreatica superiore,che può originare dall’arteria mesenterica superiore o direttamente dal tronco celiaco.1

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5 VIE BILIARI EXTRAEPATICHE

Le vie biliari extraepatiche sono le più accessibili dal punto di vista chirurgico e sono rappresentate dalla via biliare principale, costituita dal tratto epatico comune e dal coledoco, e dalla via biliare accessoria comprendente la colecisti e il dotto cistico, oltre alla papilla di Vater.

Colecisti: è situata sulla faccia inferiore del fegato, in una doccia, dalla quale è separata da tessuto cellulare più o meno lasso,attraversato da minuscoli vasi. Misura in genere 8-10 cm di lunghezza e 3-4 di larghezza. Si distinguono classicamente tre porzioni colecistiche: fondo, corpo e infundibulo. Il fondo della colecisti, sul margine inferiore del fegato corrisponde alla scissura mediana che divide l’emifegato di sinistra da quello di destra. Il corpo della colecisti è orientato dall’avanti all’indietro e latero-medialmente, al suo livello la glissoniana si ispessisce a formare la placca colecistica. La faccia inferiore del corpo è in rapporto,attraverso il peritoneo viscerale, con l’angolo superiore del duodeno e con la sua porzione discendente. L’infundibolo rappresenta la parte dell’organo di minor calibro e presenta alla sua base un rigonfiamento detto tasca di Hartmann, la sua liberazione consente in genere la visualizzazione e la dissezione del dotto cistico e degli elementi vascolari del peduncolo colecistico.

Dotto cistico: costituisce il prolungamento dell’infundibolo della colecisti e, dirigendosi verso il basso per raggiungere il dotto epatico comune, presenta una lunghezza compresa tra 20 e 50 mm. Il suo diametro medio è di circa 4 mm e la mucosa, disposta a spirale, forma la valvola di Heister, mentre la sua muscolatura assume un aspetto di tipo sfinteriale (sfintere di Lütkens).

Via biliare principale: al suo livello sono riconoscibili due segmenti: il dotto epatico comune, risultante dalla convergenza dei dotti epatici destro e sinistro, che termina a livello della confluenza epatocistica, in corrispondenza del margine superiore del duodeno, il coledoco, risultante dalla confluenza del dotto cistico nell’epatico comune, che termina nella porzione

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discendente del duodeno in corrispondenza della papilla. Il decorso della via biliare principale è obliquo verso il basso, a destra e posteriormente, formando una curva a concavità anteriore destra. La sua lunghezza è compresa fra 80 e 100 mm e il suo diametro è di circa 5 mm e aumenta progressivamente con l’età. La via biliare principale, nella sua porzione più facilmente aggredibile chirurgicamente, decorre nel ligamento epatoduodenale e il dotto epatico comune e la parte iniziale del coledoco sono visibili, in funzione del contenuto adiposo, al di sotto del foglietto ventrale del ligamento epatoduodenale, che contiene gli elementi del peduncolo epatico. All’interno del ligamento epatoduodenale la via biliare principale scende lungo la parete anteriore destra del tronco portale, posteriormente al duodeno la vena porta forma con il coledoco il triangolo interportocoledocico. A questo livello si trova l’arteria pancreaticoduodenale postero-superiore che passa davanti alla via biliare, scende sul versante destro e infine decorre dietro il coledoco. L’arteria epatica comune è posta medialmente alla via biliare e la biforcazione arteriosa nei rami epatici destro e sinistro avviene al di sotto della convergenza biliare, di solito l’arteria passa posteriormente alla via biliare, ma nel 13% dei casi avviene posteriormente. Anche l’infundibulo della colecisti e il dotto cistico risultano compresi all’interno dei foglietti peritoneali della porzione anteriore destra del ligamento epatoduodenale. Tra questi due elementi e il dotto epatico comune si situa il peduncolo vascolo-nervoso della colecisti. Tale regione nota con il nome di Triangolo di Calot è delimitata inferiormente dal dotto cistico e dalla colecisti, medialmente dal dotto epatico comune e superiormente dal bordo inferiore del fegato. Tra l’infundibulo della colecisti e il dotto cistico è generalmente reperibile il linfonodo cistico di Mascagni. Il coledoco decorre per una lunghezza 10-24 mm, in prossimità della faccia posteriore del duodeno, e in questo percorso incrocia l’arteria gastroduodenale. Nel suo tratto terminale il coledoco entra in contatto con la faccia posteriore della testa del pancreas. All’ interno del pancreas e davanti al coledoco passa trasversalmente il dotto pancreatico accessorio (dotto di Santorini). La mobilizzazione del blocco

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duodeno pancreatico (manovra di Kocher), preceduta dalla mobilizzazione del colon trasverso, permette di esaminare il coledoco e di mobilizzarlo. Il coledoco scende obliquamente per 10-15 mm circa, attraverso le tuniche della parete duodenale, formando con il dotto pancreatico principale (dotto di Wirsung) un canale comune nell’85% dei casi, questo sbocca nella papilla duodenale che è sormontata da una plica mucosa. L’ampolla epatopancreatica o ampolla di Vater, dilatazione distale del dotto epatopancreatico, è incostante. A volte i due dotti sboccano in maniera separata sia a livello della papilla sia indipendentemente.

Ampolla di Vater: la sua complessa struttura anatomo-funzionale è costituita dalle porzioni intramurali terminali dei dotti biliare e pancreatico, da due o tre segmenti sfinterici e dal tessuto lasso che li circonda. Lo sfintere di Oddi avvolge ambedue i dotti o il loro tratto comune ed è costituito da fibrocellule muscolari lisce diverse dalla muscolatura intestinale, si distingue quindi uno sfintere del coledoco uno pancreatico e uno ampollare. Gli sfinteri possiedono un tono basale di 10 mmHg. Queste strutture rispondono a ormoni quali i peptidi gastrointestinali, anticolinergici e diversi farmaci. La funzione sfinterica provoca la liberazione degli enzimi pancreatici e di bile durante il passaggio del cibo, mentre durante il digiuno viene facilitato il riempimento della colecisti.

Vascolarizzazione arteriosa

La vascolarizzazione della via biliare principale è fondamentalmente affidata a una rete superficiale, costituita dal plesso epicoledocico, e una rete profonda, che fa capo ai plessi intramurale e sottomucoso, che creano con l’arteria cistica un circolo collaterale importante. La rete collaterale superficiale, che riceve rami dall’arteria gastroduodenale si anastomizza con l’arteria epatica destra e con le altre arterie pancreaticoduodenali inferiori. La colecisti deve la sua vascolarizzazione all’arteria cistica che a livello dell’infundibulo si divide in due rami destro e sinistro. L’arteria cistica nasce nel 75% dei casi dal ramo destro dell’arteria epatica, nell’area del triangolo del Calot, ciò crea una condizione che richiede la

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sua legatura a ridosso della parete colecistica al fine di evitare lesioni del del ramo destro dell’epatica.

Vascolarizzazione venosa

Il drenaggio venoso della colecisti segue due direttrici: una a partenza dalla parete colecistica sottoepatica, che attraversando il letto della colecisti raggiunge direttamente i rami portali accessori, l’altra, più estesa, è rappresentata da due vene colecistiche che raggiungono il rramo destro della vena porta.

Le vene della via biliare principale sono tributarie della vena porta, a partire da un’arcata parabiliare.

Innervazione

L’innervazione simpatica a pari di quella parasimpatica dipende dal plesso celiaco e dal tronco anteriore del nervo vago. La sensibilità dolorosa viene trasmessa dal nervo grande splancnico di destra e dal nervo frenico di destra: questo spiega la proiezione scapolo cervicale destra nelle sindromi dolorose epatobiliari.

Drenaggio linfatico

Il drenaggio linfatico della colecisti parte da una ricca rete mucosa i cui dotti linfatici raggiungono direttamente la rete sottosierosa. Alcuni collettori si dirigono direttamente ai segmenti IV e V del fegato attraverso il letto della colecisti. La maggior parte dei collettori si dirige comunque sia verso il linfonodo dell’infundibulo, sia verso il linfonodo del forame di Wislow, situato al di sotto del margine libero del ligamento epatoduodenale. I linfatici della via biliare principale comprendono elementi linfonodali di volume variabile ritrovabili a tutti i livelli delle vie biliari extraepatiche.1

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1.2 PANCREATITE ACUTA LIEVE

1.2.1

DEFINIZIONE

Per pancreatite acuta si intende una malattia infiammatoria acuta dovuta alla fuoriuscita dal sistema duttale di enzimi pancreatici attivati,caratterizzata da elevazione degli enzimi pancreatici nel siero e nelle urine che evolve con una distruzione più o meno diffusa della ghiandola.2

1.2.2

CLASSIFICAZIONE

La pancreatite acuta può essere classificata secondo la gravità delle lesioni istopatologiche in:

-PANCREATITE ACUTA LIEVE: (75% dei casi) è associata a minima alterazione d’organo, e all’assenza delle complicanze e dei segni clinici tipici della forma severa, il decorso clinico è favorevole in 48-72 ore per autolimitazione con guarigione rapida e restituito ad integrum e mortalità minore dell’1% dei casi.

-PANCREATITE ACUTA SEVERA: (25% dei casi) è caratterizzata da decorso clinico sfavorevole per l’insorgenza di complicanze sistemiche(insufficienza d’organo) e/o locali(necrosi,sovra infezione),con mortalità maggiore di 25-30% casi.2

1.2.3

STORIA

La morte di Alessandro Magno (356-323 AC) all’età di 33 anni è stata attribuita ad una pancreatite acuta necrotizzante dovuta all’ alto consumo di alcool e cibi grassi.

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Nel 1856 il fisiologo francese Claude Bernard(1813-1878) dimostrò la capacità delle secrezioni pancreatiche di digerire le proteine, i carboidrati e i grassi.

Però il primo articolo sulla pancreatite acuta fu pubblicata da Reginald Huber Fitz (1843-1913) nel 1889. Nel suo studio su 53 pazienti con i sintomi di PA ritenne che la malattia fosse una complicanza di una gastroduodenite che determinava infiammazione del dotto biliare.

Solo nel XIX secolo Chiari propose che l’autodigestione pancreatica fosse il meccanismo fisiopatologico principale alla base della malattia.

Nel 1901 Eugen Opie propose l’ipotesi del “canale comune” che si basava sul concetto che un calcolo biliare posto nell’ampolla può occludere sia il dotto biliare comune sia il dotto pancreatico. L’ostruzione determina un reflusso di bile nel dotto pancreatico con attivazione degli enzimi pancreatici e pancreatite.

La fisiopatologia e il trattamento della AP sono stati studiati intensamente nel XX secolo,ed oggi nel XI secolo sono stati ideati nuovi approcci terapeutici.3

1.2.4

EPIDEMIOLOGIA

AP è un problema crescente in Europa con importanti implicazioni mediche,chirurgiche e finanziarie.

Il picco di età del primo attacco è nella sesta decade, e il motivo è dato dal fatto che c’è un’aumentata incidenza di pancreatite biliare nelle donne bianche sopra i 60 anni.

Le cause più comuni sono: calcoli biliari (11-56%), idiopatica (8-44%), e alcool (3-66%).Ma le micro litiasi occulte sono probabilmente responsabili della maggior parte delle forme idiopatiche.

La pancreatite acuta biliare è maggiormente frequente nelle femmine mentre la pancreatite alcolica è più frequente nei maschi e la pancreatite idiopatica ha una incidenza simile in entrambi i sessi.

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L’incidenza della pancreatite acuta è notevolmente aumentata,la spiegazione di questo aumento potrebbe essere spiegata con la ricerca routinaria degli enzimi pancreatici nei pazienti con dolore addominale presenti nei reparti di emergenza. Un’altra spiegazione è data dall’aumento dell’incidenza della malattia litiasica e dell’obesità nella popolazione.

I decessi associati a PA sono però diminuiti dal 15-20% al 5%.

L’aumento dell’età è associato ad un’aumentata mortalità. C’è anche una correlazione con la durata della malattia, 65% delle morti avviene nei primi 14 giorni e l’80% entro 30 giorni.

La pancreatite acuta severa si ha nel 10-20% dei pazienti e nonostante i miglioramenti nel trattamento tra il 10 e il 25% dei pazienti con pancreatite acuta lieve muore.3

1.2.5

FISIOPATOLOGIA

La patogenesi dell’AP è causata da una inappropriata attivazione del tripsinogeno a tripsina. La tripsina gioca il suo ruolo fondamentale attivando i proenzimi inattivi in lipasi, proteasi, fosfolipasi ed elastasi.

Una volta attivati questi enzimi sono responsabili dell’autodigestione del tessuto pancreatico e determinano quindi la necrosi degli acini e delle isole pancreatiche con necrosi vascolare e del tessuto adiposo interstiziale.

La fosfolipasi A in presenza di piccole quote di sali biliari e di liso lecitina produce le lesioni necrotizzanti tipiche della pancreatite. L’elastasi è in grado di digerire la parete dei vasi sanguigni si presume perciò che essa giochi un ruolo primario nella patogenesi delle lesioni emorragiche. Oltre all’attivazione dei proenzimi nei suddetti enzimi un’altra via coopera alla genesi del danno cellulare,l’attivazione del complemento da parte della tripsina con l’intervento del sistema delle chinine e delle prostaglandine.

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I cambiamenti infatti nella ghiandola pancreatica causano il rilascio degli enzimi nel circolo sanguigno e stimolano la produzione di citochine pro infiammatorie come l’interleuchina 1, interleuchina 6 e interleuchina 8 prodotte dai neutrofili macrofagi e linfociti. Il rilascio delle interleuchine e del tumor necrosi factor α dai macrofagi attivano una cascata infiammatoria che conduce alla sindrome di risposta infiammatoria sistemica (SIRS).

La SIRS può poi evolvere a sindrome da distress respiratorio acuto o ad insufficienza muti organo.

Normalmente si contrappongono sistemi di inattivazione enzimatica rappresentati dalle antiproteasi: α1antitripsina e α2 macroglobulina in particolare. Quando l’equilibrio fra questi due sistemi si rompe si innesca il processo che porta alla distruzione cellulare massiva. 3

L’autodigestione è la via finale comune che conduce alla pancreatite,esistono però diverse teorie patogenetiche che cercano di spiegarne il meccanismo:

1. Teoria del dotto comune: presupposto di tale teoria è che un calcolo biliare migri nel coledoco, bloccandosi poi al di sotto dello sbocco del Wirsung, immediatamente al di sopra della papilla di Vater. Si forma il tal modo un canale comune tra le parti distali dei due condotti. (coledoco e dotto di Wirsung) che renderebbe possibile il reflusso di bile dal coledoco nel Wirsung. Le obiezioni comunemente mosse a questa teoria si riferiscono sia alla situazione anatomica, che non sempre è tale da portare alla formazione del canale comune, sia alla differenza di pressione esistente nei due sistemi di drenaggio, normalmente infatti la pressione presente nel Wirsung è maggiore di quella esistente nel coledoco che non di bile nel Wirsung. Inoltre la bile sembrerebbe essere innocua per le cellule duttali pancratiche; si suppone pertanto che il ristagno di bile e di succo pancreatico nel dotto comune ne favorisca la sovra infezione batterica con successiva propagazione retrograda nel Wirsung.

2. Teoria della secrezione-ostruzione: Tale teoria si fonda sul concetto che una secrezione eccessiva di succhi pancreatici associata ad eventuali ostacoli intraduttali (micro calcoli o aggregati proteici) porterebbe alla

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rottura meccanica dei dotti pancreatici periferici, più piccoli e con parete sottile, son conseguente spandimento degli enzimi attivati nel parenchima.

3. Teoria del reflusso duodenale: Presuppone una incontinenza dello sfintere di Oddi che permetterebbe il reflusso di succo duodenale contenente enterochinasi , nel Wirsung. In condizioni normali gli enzimi pancreatici si trovano nei dotti in forma inattiva; l’enterochinasi duodenale favorirebbe la loro attivazione con conseguente lesione della parete duttale.

L’azione enzimatica e tossica locale secondaria al processo autolitico può diffondersi e indurre effetti sistemici talora irreversibili e a volte drammatici. In caso di pancreatite acuta si verifica con frequenza la formazione di una notevole quantità di trasudato e talora di essudato nel retro peritoneo peripancreatico. Inoltre spesso si osserva una diffusione di liquido all’esterno nel letto capillare nello spazio extravascolare in regioni distanti dal pancreas (tessuto sottocutaneo, interstizio polmonare, cavità polmonare). La causa di questa fuga di liquidi dallo spazio intra a quello extra vascolare con conseguente ipovolemia non è nota con certezza. Le ipotesi sono le seguenti:

- Diminuzione della pressione colloido osmotica intravascolare da ipoalbuminemia

- Liberazione di sostanze vasoattive quale fenomeno secondario all’infiammazione pancreatica

Durante episodi gravi di pancreatite acuta spesso vi è ipotensione poiché si instaura una situazione cardiovascolare di tipo ipodinamico, simile a quella che frequentemente si osserva nei pazienti cirrotici o gravemente settici, si tratterebbe di una inadeguata risposta cardiaca alle diminuite resistenze periferiche

In corso di pancreatite si può osservare ipocalcemia, talora di gravità tale da essere causa di tetania. Nella maggior parte dei casi la diminuzione della concentrazione sierica del calcio riflette la situazione di

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ipoalbuminemia spesso presente, in questi casi, i livelli di calcio ionizzato sono nell’ambito della normalità. In talune circostanze tuttavia compare una riduzione sensibile dei livelli di calcio ionico e la riduzione del calcio sierico totale può essere superiore a quella attribuibile all’ipoalbuminemia.

Le ipotesi proposte per la spiegazione di tale riduzione del calcio ionizzato sono le seguenti:

- Perdita di calcio per precipitazione di Sali di calcio nelle aree di liponecrosi

- Incapacità del tessuto osseo di rispondere alla liberazione di paratormone

Gli episodi più gravi di pancreatite acuta si associano frequentemente al insufficienza respiratoria e/o insufficienza renale. È probabile che le lesioni riscontrabili a livello polmonare e renale siano almeno in parte da porsi in relazione alla sepsi e/o all’ipotensione. Infatti il quadro clinico di insufficienza polmonare è molto simile a quello che si riscontra in corso di ARDS (acute respiratory distress sindrome) e il quadro uremico è di tipo prerenale. Alcuni invece ritengono che queste lesioni siano più specifiche e tipiche della pancreatite e a livello polmonare sarebbero il risultato di modificazioni del surfattante indotte dalle fosfolipasi circolanti, mentre a livello renale sarebbero dovute a lesioni della membrana basale causate da complessi circolanti tipo enzima/enzima-inibitore, da immunocomplessi o da enzimi proteolitici attivati e circolanti.2

1.2.6

DIAGNOSI CLINICA

Il dolore addominale e l’aumento dei livelli di enzimi pancreatici nel plasma sono i segni più importanti per la diagnosi.3

Il quadro clinico della PA è caratteristico e spesso simile ad altre emergenze chirurgiche addominali,talora può anche coesistere con alcune di queste situazioni per esempio con la colecistite acuta.

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Segni e sintomi sono in relazione alla gravità della malattia una PA lieve è caratterizzata da dolore addominale lieve e modesto che può risolversi spontaneamente dopo 2-3 giorni mentre una pancreatite severa comporta una sintomatologia dolorosa imponente e grave compromissione delle condizioni generali(dramma pancreatico di Dieulafoy). Quando la forma è lieve i sintomi possono essere simili ad una gastrite o ad un ulcera gastroduodenale. Nei casi più gravi può simulare un addome acuto chirurgico come un infarto mesenterico o una perforazione di un’ulcera ed è importante quindi distinguere la PA da altre cause di dolore addominale acuto.

La gravità della malattia e la mortalità sono più elevate nel corso del primo e secondo episodio rispetto a episodi di riacutizzazione successiva.

La PA è caratterizzata da dolore addominale ad insorgenza acuta,insorge spesso dopo un ricco pasto o assunzione di latte freddo o bevande alcoliche,è un dolore terebrante continuo,non risponde agli analgesici,in particolare i derivati della morfina aumentando il tono dello sfintere di Oddi lo aggravano ulteriormente,recede invece con i salicilati.

Il dolore può avere varie sedi di insorgenza ma la più tipica è in sede epigastrica con irradiazione agli ipocondri e poi posteriormente in regione paravertebrale(dolore a cintura).

Il paziente per ridurre il dolore tende ad assumere una posizione antalgica che consiste nella flessione delle cosce sull’addome in decubito laterale o con il busto piegato in avanti.

Il 60-70% dei pazienti presenta poi contrattura dell’addome per reazione di difesa.

Le caratteristiche del dolore sono:

Modalità di insorgenza: il dolore è grave e improvviso,in pochi minuti raggiunge la sua massima intensità.

Intensità: spesso l’intensità in una scala di dolore da 1(lieve) a 10(insopportabile) è 10.

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Persistenza: persiste per molte ore talora anche per diversi giorni.2 Nel 90% dei pazienti si ha nausea e vomito e possono essere severi. Ci sono dei segni che indicano pancreatite severa e sono il segno di Cullen:ecchimosi nella regione ombelicale e il segno di Gray-Turner:ecchimosi sui fianchi ,si hanno in meno del 3% dei pazienti e sono associati ad una mortalità del 37%, sono un segno dello stravaso ematico proveniente dal retro peritoneo.

La febbre nella PA non complicata può essere assente.

Frequente è l’ittero per compressione esercitata dalla testa del pancreas sul coledoco,aumentata di volume per l’edema e l’infarcimento emorragico.

La peristalsi può essere assente con comparsa di ileo paralitico.

A seconda della gravità della malattia si possono associare altri sintomi come tachicardia, disidratazione, ipotensione, oliguria, fino allo shock.

Tra i segni e i sintomi extrapancreatici ci sono: presenza di versamento pleurico basilare soprattutto a sinistra e insorgenza a livello cutaneo di macule steatonecrotiche derivate dalla saponificazione dei grassi prodotti dall’azione della lipasi sulle cellule adipose.

Il decorso clinico della PA è molto variabile perché può verificarsi una restituito ad integrum in 24-48 ore ma ci può essere anche una rapida trasformazione in malattia sistemica per l’insorgenza di varie complicanze.

1.2.7

DIAGNOSI STRUMENTALE

L’esecuzione di una radiografia diretta dell’addome è compatibile con una diagnosi di PA e può rivelare solo segni indiretti come la presenza di dilatazione intestinale e di livelli idroaerei presenti nelle anse intestinali vicino al pancreas. Si parla di ansa sentinella quando il livello idroaereo espressione di ileo paralitico reattivo a un focolaio flogistico si trova in corrispondenza della prima ansa digiunale, vi è invece il segno del colon escluso di Price quando vi è una distensione gassosa segmentaria che si

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estende dalla flessura destra e all’ascendente, mentre il discendente appare vuoto di gas. In altri casi il colon trasverso e la bolla gastrica appaiono distanziati tra loro per la diffusione della necrosi emorragica al cavo peritoneale.

È sempre utile eseguire anche una radiografia del torace, poiché nella fase acuta di malattia si può osservare versamento pleurico, soprattutto a sinistra, aree di atelettasia alle basi, infiltrati interstiziali da edema polmonare.

L’ecografia addominale è di valido aiuto sia per la diagnosi sia per il monitoraggio successivo della malattia. L’ecografia è spesso l’esame di primo impiego in grado di confermare attraverso il rilievo della dilatazione dell’albero biliare, la presenza di una ostruzione.

Con gli ultrasuoni poi si può evidenziare si al’ingrandimento del pancreas causato dall’edema oppure la formazione di pseudocisti.2

Notevole impulso al miglioramento diagnostico non invasivo si è avuto con l’introduzione nella pratica clinica della colangioRMN che può esprimere elementi di giudizio circa l’opportunità di procedere ad atti terapeutici endoscopici o chirurgici. La colangioRMN è una procedura a basso rischio con alta sensibilità e specificità ed è utilizzata come esame di prima linea per la diagnosi di pancreatite biliare. Ma risultati negativi devono essere interpretati con cautela.

La TC è l’indagine che fornisce il maggior numero di informazioni poiché permette di rilevare le variazioni di dimensione della ghiandola e soprattutto la disomogeneità della sua struttura per la presenza di emorragie e necrosi. La TC la cui accuratezza può essere notevolmente aumentata con la somministrazione di mdc consente di valutare la gravità della PA, esaminando l’estensione del processo alle strutture vicine. Viene utilizzata soprattutto nelle PA severe,laddove sono più frequenti le complicanze locali.4

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La moderna diagnostica per immagini ha relegato in secondo piano l’aspetto puramente diagnostico della ERCP che presenta una ridotta ma definita incidenza di complicanze e insuccessi.

1.2.8

ESAMI DI LABORATORIO

Gli enzimi pancreatici sono rilasciati in circolo durante l’attacco acuto. Il picco è precoce e iniziano a diminuire dopo 3-4 giorni. Come conseguenza la diagnosi non si deve basare solo su quanto sono aumentati gli enzimi pancreatici ma questi devono essere interpretati sulla base del’inizio del dolore addominale. Gli enzimi rilasciati durante l’attacco acuto di PA sono le amilasi e le lipasi,il dosaggio della lipasi plasmatica ha una sensibilità e specificità superiore alla amilasi,e una accuratezza globale maggiore quindi.

Ci sono test anche più specifici come il peptide attivatore del tripsinogeno urinario(TPA), il tripsinogeno urinario e sierico ma quesiti sono meno disponibili.

Altri test di laboratorio che possono venir fatti se si sospetta una causa metabolica sono l’ipercalcemia e le dislipidemie.

- Amilasemia : il tipico esame richiesto nel sospetto diagnostico di pancreatite acuta è il dosaggio delle amilasi nel siero; la concentrazione sierica dell’’enzima descrive una curva rapidamente ascendente nei primi 2 o 3 giorni dall’esordio della sintomatologia ma trascorso questo breve periodo può altrettanto rapidamente tornare nell’ambito dei valori normali . Per moltissimi anni l’elevazione della concentrazione sierica dell’attività amilasica è stata considerata il dato di laboratorio più rappresentativo di PA malgrado la bassa specificità del test e la messa a punto di altre indagini essa rimane un punto di riferimento nella diagnostica di laboratorio. L’elevazione nel siero della’attività amilasica totale sino a livelli da 3 a 5 volte superiori ai valori normali di riferimento si verifica nella fase iniziale della malattia in terza o quarta giornata

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dall’esordio tendono ad abbassarsi. L’entità e la durata della iperamilasemia devono essere interpretate scrupolosamente in relazione alla sua causa e all’estensione del danno pancreatico. Iperamilasemie di simile entità possono infatti verificarsi durante episodi di riacutizzazione di pancreatite cronica ma anche in diverse altre situazioni cliniche extrapancreatiche, quali ad esempio perforazione di ulcera gastroduodenale, colecistite acuta, occlusione intestinale, trombosi mesenterica, rottura di gravidanza ectopica, insufficienza renale ecc. In queste situazioni extrapancreatiche i valori di amilasemia raggiungono quei valori elevati così caratteristici della PA. La normalizzazione in tempi brevi della amilasemia può essere indicativa di due processi opposti: la rapida regressione della malattia o la necrosi completa della ghiandola. Pertanto una prima conclusione pratica è la seguente:

1- L’entità della elevazione dei valori di amilasi non può essere considerata un indice della gravità della malattia

2- Il tempo impiegato per il ritorno alla normalità dei valori non è affatto indicativo di una risoluzione del processo patologico.

La persistenza di iperamilasemia nel tempo per 10 o più giorni può essere indicativa del protrarsi del processo infiammatorio acuto oppure può essere il segno della comparsa di complicanze locali quali la formazione di pseudocisti, ascesso o ascite pancreatica, con o senza pleurite reattiva.

- Amilasuria: la valutazione dell’enzima nelle urine raccolte almeno in 2 ore meglio se nell’arco delle 24 ore può risultare elevata, anche se l’amilasemia è normale. Si tenga infatti presente che la clearance renale rimane elevata (2/3 volte la norma) per una o 2 settimane nei pazienti con PA e conservata funzionalità renale. Pertanto l’amilasuria può persistere per diversi giorni dopo la normalizzazione dei livelli di amilasi sierica.

Elevati possono essere che i valori degli enzimi endocellulari, transaminasi e LDH, tanto più quanto è estesa la necrosi cellulare. Aumenta anche la concentrazione delle lipasi e solitamente questo valore permane più a lungo rispetto a quello della amilasemia.

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L’iperlipasemia è considerata un indicatore più elevato di PA. Qualora sia presente colestasi si potrà quindi avere elevazione di bilirubina, gamma GT e fosfatasi alcalina.

Quali tipici indici di flogosi si riscontrano in genere leucocitosi neutrofila e aumento della VES, inoltre l’EGA rivela soprattutto nei casi a decorso più tumultuoso l’evoluzione verso l’acidosi respiratoria con riduzione della PO2 e aumento della PCO2. Di frequente riscontro è poi l’alterazione dei seguenti parametri. La calcemia che tende a ridursi per il consumo di calcio nel processo di saponificazione degli acidi grassi liberati dalle lipasi, l’ematocrito che può aumentare in conseguenza della trasudazione in cavità peritoneale e quindi per un fenomeno di emoconcentrazione, frequente è poi un lieve aumento della glicemia.

Per la diagnosi di PA di tipo emorragico può essere utile il dosaggio della meta albumina sierica, mentre come indice di necrosi cellulare si dosa la ribonucleasi sierica, questi esami però non vengono richiesti nella routine clinica. Si ricorda inoltre che anche una riduzione dei livelli di C3 e C4 sono validi indici di necrosi come una riduzione della α2 macroglobulina che testimonia un suo eccessivo consumo.

Si è osservato poi che durante una pancreatite acuta la clearance renale dell’amilasi è superiore a quella della creatinina e quindi è stato suggerito di valutare il rapporto esistente tra la clearance dell’amilasi e quella della creatinina in questo modo:

amilasuria/amilasemia

creatininemia /creatininuria X 100

se il valore numerico ottenuto è < 3 molto probabilmente non si tratta di patologia pancratica, se tale valore è compreso tra 3 e 5 l’interessamento pancreatico è possibile, quando è > 5 è compatibile con una diagnosi di pancreatite acuta.2

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1.2.9

EZIOLOGIA

Nel mondo occidentale la maggior parte delle pancreatiti acute sono causate da calcolosi biliare(38%) e alcolismo/36%), ma in più del 10% dei casi le cause della pancreatite acuta rimangono sconosciute(pancreatite acuta idiopatica).

1.2.9.1 Calcolosi biliare

In pazienti senza storia di alcolismo cronico,e livelli aumentati più di tre volte di alanina aminotrasferasi nel siero sono indicativi di pancreatite acuta biliare.

Nella maggior parte dei casi la pancreatite acuta biliare è causata da calcoli che dalla colecisti(60% casi di PA) migrano e occludono la papilla di Vater determinando l’ostruzione dello sbocco del Wirsung. La calcolosi della via biliare principale infatti riconosce la propria genesi nella possibile formazione primitiva dei calcoli ma molto più frequentemente è il risultato della migrazione di calcoli formatisi nella colecisti. La calcolosi della via biliare principale frequentemente è asintomatica quando i calcoli sono liberi nel lume duttale. I sintomi compaiono quando un calcolo ostruisce il lume della via biliare principale, e ciò si verifica più frequentemente nell’ampolla di Vater, che rappresenta il segmento duttale più ristretto. L’ostruzione a questo livello determina un aumento di pressione nel sistema biliare con distensione delle pareti duttali che causa dolore. Il dolore può essere accompagnato da nausea e vomito ,è spesso di tipo intermittente,transitorio e ricorrente. Se l’ostruzione è stabile si può avere ittero col estatico. A volte l’ostruzione è intermittente e i segni di colestasi possono essere fluttuanti. Il carattere intermittente dell’ostruzione litiasica e la flora batterica intestinale possono favorire la comparsa di infezioni batteriche ascendenti e quindi colecistite e colangite. Un’altra complicanza è rappresentata dall’ostruzione dello sfintere di Oddi da parte di un calcolo che va ad

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incunearsi nella papilla e blocca contemporaneamente il deflusso delle secrezioni biliari e pancreatiche.

L’ostruzione della papilla ad opera del calcolo biliare induce quindi un reflusso di bile dal coledoco nel dotto pancreatico.

L’ostruzione determinerebbe un aumento della pressione nel dotto con conseguente danno delle cellule acinari e attivazione degli enzimi pancreatici.

Nelle fasi iniziali infatti la secrezione pancreatica continua pur in presenza della ostruzione questo determinerebbe aumento della pressione endoduttale che comporta lacerazioni e rotture dei duttili pancreatici quindi spandimento dei succhi pancreatici nel contesto del parenchima,attivazione degli enzimi digestivi e infine lesioni istopatologiche tipiche della PA.

Secondo alcuni l’ipertensione endoduttale non consentirebbe la secrezione da parte delle cellule acinose degli enzimi digestivi pertanto le attivazioni enzimatiche possono avvenire a livello endocellulare,con conseguente pancreatite.

Si ipotizza che solo i calcoli di diametro fino a 5 millimetri possano migrare distalmente nel dotto biliare mentre calcoli maggiori o uguali a 8 millimetri rimangono nella colecisti.

L’eziologia biliare non deve essere esclusa quando i test di funzionalità epatica sono normali, in quanto il 15-20% dei pazienti con pancreatite acuta biliare presenta normali livelli di enzimi epatici.

1.2.9.2 Alcolismo

Responsabile di circa il 30% circa degli episodi di PA soprattutto causate da vino e superalcolici. L’abuso continuato di alcool è implicato anche nella genesi della pancreatite cronica(PC), sembra che l’astensione dal bere riesca a prevenire gli attacchi acuti di pancreatite ma non l’inesorabile progressione del danno parenchimale che caratterizza la PC.

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L’azione lesiva dell’etanolo sul pancreas può essere riferita a tre meccanismi principali:

-stimolazione vagale

-aumentata liberazione di gastrina

-maggiore sensibilità dei recettori pancreatici alla secretina e alla colecistochinina-pancreozimina.

Questi meccanismi sono sinergici. La stimolazione vagale comporta la contrattura spastica dello sfintere di Oddi ed è responsabile di un ostacolato deflusso del secreto pancreatico. I due meccanismi ormonali inducono un’aumentata concentrazione nel secreto pancreatico di proteine, le quali precipitano formando aggregati simili a piccoli calcoli (plug), responsabili dell’ostruzione delle vie escretrici. La deposizione di calcio nel contesto degli aggregati proteici conduce alla formazione delle calcificazioni presenti nelle pancreatiti croniche degli etilisti.

Le cellule acinari sono considerate il principale target del danno da etanolo, non sappiamo perché alcuni pazienti sono maggiormente predisposti a sviluppare AP rispetto ad altri che consumano le stesse quantità di alcool. La patogenesi della PA alcolica può essere spiegata da una combinazione di fattori genetici e ambientali. Studi genetici hanno evidenziato che, nella PA ereditaria, mutazioni del gene del tripsinogeno cationico e l’inibitore della serina peptidasi (SPINK1) possono promuovere la PA in presenza di alcool.

1.2.9.3 Ipercalcemia

L’ipercalcemia da iperparatiroidismo, sarcoidosi, ipervitaminosi D, mieloma multiplo possono portare a PA. L’eccessiva concentrazione di calcio nel succo pancreatico può portare da un lato a favorire la sua precipitazione sottoforma di calcoli intraduttali con evoluzione in pancreatite cronica,dall’altro sembrerebbe che i calcio ioni possano attivare precocemente e quindi in maniera inopportuna i proenzimi pancreatici.

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L’associazione della pancreatite acuta con l’iperparatiroidismo è sicuramente documentata. L’incidenza è del 6-7% ma può salire al 25% nei pazienti con episodi di iperparatiroidismo acuto.

1.2.9.4 Iperlipoproteinemie familiari

In particolare nelle ipertrigliceridemie c’è un’azione tossica sul parenchima pancreatico da parte degli acidi grassi liberi derivati dall’idrolisi dei trigliceridi in eccesso. Si ritiene che la lesione pancreatica sia di tipo ischemico per danno vascolare indotto sul microcircolo dagli acidi grassi prodotti dalla scissione dei trigliceridi da parte delle lipasi.

La PA solitamente si manifesta in questi pazienti quando i livelli di trigliceridi nel siero superano i 1000 mg/ml. Si ha soprattutto nelle iperlipidemie di tipo I, tipo II e tipo V.

1.2.9.5 Ipertrigliceridemia acquisita

Si può avere negli adulti con obesità,alcolismo e diabete mellito non controllato.

Per prevenire gli attacchi di PA i pazienti devono seguire una dieta povera di grassi,fare esercizio fisico regolare,controllare il diabete,usare farmaci come statine che riducono i lipidi nel sangue.

1.2.9.6 Post-ERCP

Il rischio di sviluppare PA dopo colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) è del 5%.I fattori di rischio più importanti per l’ERCP includono il sesso femminile, la presenza di diverticoli periampollari e fattori procedura -relati come il tempo di incannulamento maggiore di 10 minuti e sfinterotomia della papilla di Vater.

1.2.9.7 Traumi

Traumi addominali causano un aumento dei livelli di amilasi e lipasi nel 17% dei casi e PA clinica nel 5% dei casi. Danni al pancreas si hanno più

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spesso nelle ferite penetranti (per esempio coltellate, proiettili) piuttosto che nei traumi chiusi come calci di cavallo,trauma da manubrio di bicicletta). Traumi chiusi possono schiacciare il pancreas sulla colonna vertebrale portando a un danno duttale.

1.2.9.8 Farmaci

Si tratta di un evento raro e normalmente determina una pancreatite lieve e autolimitante.

Farmaci associati a PA sono: azatioprina, sulfonamidi, tetracicline, acido valproico, metildopa, estrogeni, furosemide, acido amino salicilico,corticosteroidi e octreotide.

1.2.9.9 Infezioni

Le infezioni rappresentano meno dell’1% dei casi delle PA e tendono ad essere lievi rispetto alle alcoliche o le biliari. Le più comuni cause di PA infettiva virale sono date da:virus di Epstein Barr, coxackie virus,echovirus,varicella zostere e morbillo soprattutto nei bambini. I batteri causa di PA includono: Mycoplasma Pneumoniae, Salmonella Typhosa, Leptospira, Campylobacter e Mycobacterium Tuberculosis.

Anche l’ascaridiosi può determinare PA per migrazione dei parassiti nella papilla duodenale.

1.2.9.10 Ereditarie

Le pancreatiti ereditarie sono malattie autosomi che dominanti, dovute a mutazioni del gene del tripsinogeno cationico(PRSS1) che ha l’80% di penetranza.

Mutazioni in questo gene causano conversione prematura del tripsinogeno in tripsina attiva che causa autodigestione pancreatica. Questa sindrome genetica è associata con un alto rischio di sviluppare una pancreatite cronica ad una giovane età e di sviluppare un cancro pancreatico.

Mutazioni del gene SPINK1 che bloccano il sito attivo della tripsina, rendendolo inattivo, sono associate a pancreatite acuta e cronica che si sviluppano durante l’infanzia.

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In pazienti con mutazioni lievi del gene CFTR c’è un aumentato rischio di sviluppare pancreatite acuta e cronica rispetto alla popolazione generale.

1.2.9.11 Anomalie dello sviluppo

Il pancreas si sviluppa da due abbozzi primitivi del tratto alimentare, uno ventrale e uno dorsale. Se non si ha durante l’embriogenesi la fusione dei due abbozzi rimane il cosiddetto pancreas divisum e questo avviene nel 5-7% della popolazione sana. La pancreatite avviene solo in un 5% dei casi di pancreas divisum ed è dovuto ad ipertensione duttale causata dalla stenosi del dotto all’origine della papilla.

La disfunzione dello sfintere di Oddi (SOD) è sospettata clinicamente da episodi ricorrenti di dolore epigastrico o del quadrante superiore destro che permangono per 30 minuti o più e che non regrediscono con antiacidi.

La SOD può portare a pancreatite acuta per un’aumentata pressione nel dotto pancreatico, ad ogni modo la SOD è una causa controversa di pancreatite acute, specialmente in pazienti senza un elevata pressione sfinterica alla manometria.

1.2.9.12 Tumori

L’ostruzione dei dotti pancreatici da parte di un tumore può aumentare la pressione intraduttale e causare una pancreatite acuta incirca il 14% dei pazienti con tumore pancreatico.

Le neoplasie che possono causare pancreatite acuta sono:

- carcinoma duttale pancreatico

- carcinoma ampollare

- sarcoma

- linfoma

- colangiocarcinoma

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1.2.9.13 Interventi chirurgici recenti

Interessanti sia il pancreas stesso sia le regioni circostanti per la possibile insorgenza di edema reattivo peripancreatico, ad azione compressiva e ischemizzante sulla ghiandola stessa.

Casi di PA sono descritti dopo interventi chirurgici eseguiti sul pancreas o su organi viciniori. Talora si tratta di conseguenze di lesioni iatrogene su parenchima ghiandolare, in altri casi si tratta di ostacoli meccanici al deflusso dei succhi pancreatici.

Gli interventi chirurgici dopo i quali più frequentemente si può sviluppare pancreatite sono :

- Esplorazione strumentale del coledoco

- Sfintero plastica

- Gastroresezione distale

- Splenectomia

La circolazione extracorporea e il trapianto cardiaco sono interventi che predispongono alla PA; in questi casi la patogenesi della lesione pancreatica sembrerebbe basarsi su di un meccanismo di ipoperfusione o di micro embolizzazione adiposa.

1.2.9.14 Malattie vascolari

Un interessamento aterosclerotico o vasculitico dei vasi arteriosi pancreatici può comportare un deficit di apporto e di conseguenza una pancreatite su base ischemica.

1.2.9.15 Autoimmuni

È una causa estremamente rara di PA e descritta recentemente. La diagnosi di pancreatite autoimmune deve essere confermata da specifici esami radiologici e istologici. Radiologicamente, alla TC, si presenta come una massa focale nella testa del pancreas , all’ERCP invece come una stenosi irregolare della parte prossimale del dotto pancreatico. I pazienti normalmente hanno elevate IgG4 nel siero e infiltrazioni nel pancreas di plasmacellule contenenti IgG4.

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Solitamente colpisce pazienti giovani che presentano malattie infiammatorie croniche intestinali, colangiti sclerosanti primitive, cirrosi biliare primitiva e sindrome di Sjrogren.

La terapia di scelta è basata sull’impiego di steroidi.

1.2.9.16 Pancreatiti idiopatiche

Si raccolgono sotto questa denominazione tutti i casi di PA a genesi sconosciuta.

1.2.10

ANATOMIA PATOLOGICA

LE lesioni anatomopatologiche che possono verificarsi nel corso di una PA sono edema, emorragie endoparenchimali e necrosi in associazione variabile.

- Edema: La presenza di edema comporta l’aumento di volume della ghiandola, che assume un colorito pallido; vi è infiltrazione di leucociti polimorfo nucleati e assenza di danno cellulare. Possono inoltre coesistere casi di steatonecrosi di estensione limitata a carico del pancreas e dei tessuti peripancreatici. Questo quadro istologico corrisponde alla pancreatite interstiziale sierosa che per definizione è un processo asettico ed è nella maggior parte dei casi completamente reversibile nel giro di pochi giorni.

- Necrosi cellulare: Quando all’edema si sovrappone la necrosi cellulare si parla di pancreatite necrotizzante, le zone di necrosi interessano inizialmente il parenchima e successivamente il tessuto adiposo endoaddominale ( steatonecrosi) soprattutto a livello retro peritoneale e in corrispondenza delle radici dei mesi. Tale processo può evolvere sfavorevolmente fino alla distruzione completa della ghiandola e si accompagna ad una mortalità assai elevata (10%).

- Lesioni emorragiche: quando prevalgono le lesioni emorragiche si parla di pancreatite emorragica. Caratteristica è la comparsa all’interno del tessuto ghiandolare di raccolte ematiche che possono evelvere in vario modo: Se si sovrappone un processo infettivo si arriva alla formazione di ascessi, se invece la raccolta ematica rimane sterile i macrofagi riassorbono i globuli rossi presenti favorendo il riassorbimento

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del liquido completo o parziale ( in questo caso si forma una cisti a contenuto sub limpido).

- Sovra infezione batterica: Ogni focolaio necrotico rappresenta la sede ideale per la proliferazione di germi anaerobi che popolano la cavità addominale; ciò spiega la spiccata tendenza alla sovra infezione batterica , che da origine alla pancreatite suppurativa, con accumulo di pus nei dotti pancreatici dilatati, formazione di ascessi multipli e spiccata tendenza alla diffusione del processo flogistico alle strutture circostanti.

Nella pratica clinica, in realtà, prevalgono le forme embricate caratterizzate da una variabile associazione fra le lesioni istologie sovra descritte.

- Altre lesioni: Pseudocisti e ascesso sono riscontrabili occasionalmente e sono ulteriori possibili evoluzioni della patologia.3

1.2.11

VALUTAZIONE DELLA GRAVITÁ DELLA PA

Molteplici sono stai i tentativi di identificare fin dall’esordio di malattia gli episodi più gravi di pancreatite acuta utilizzando le correlazioni positive con alcune alterazioni di test di laboratorio. Pertanto alcune di queste indagini di laboratorio e alcuni segno clinici sono stati utilizzati per valutare la gravità della malattia e formulare indici prognostici.

I criteri proposti da Ranson si basano sulla valutazione precoce al momento del sospetto diagnostico di undici parametri clinici e di laboratorio. Criteri iniziali: 1- Età > di 55 anni 2- Leucociti > 16.000 su mm3 3- Glicemia > 200mg/dl 4- LDH > 350 UI/l

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30 5- SGOT > 150 UI/dl

Criteri che compaiono dopo 48 ore 1- Riduzione dell’HT >10%

2- Azotemia > 50 mg/dl

3- Calcemia < 8 mg/dl

4- PO2 < 60 mmHg

5- Deficit di basi > 4mEq/lt

6- Sequestro di liquidi > 600ml

Nei pazienti che presentano meno di 3degli undici parametri la mortalità è dello 0.9% quando ve ne sono 3-4 è del 18%; con 5-6 è del 40% e infine con più di 6 supera il 90%.

Altri metodi per la valutazione della gravità sono stati proposti con l’evidente intenzione di migliorare l’accuratezza prognostica.

Sistema prognostico di Osborne Imrie e Carter 1- Conta leucocitaria > 15.000 su mm3 2- Glicemia > 180 mg/dl 3- Azotemia > 96 mg/dl 4- LDH > 600 UI/l 5- GOT > 200UI/dl 6- Calcemia < 8mg/dl 7- Albumina sierica < 3.2 gr/l 8- PO2 arteriosa < 60 mmHg

I segni clinici che assumono il significato di prognosi infausta, ovvero che sono correlati ad una mortalità più elevata sono i seguenti: Ipontensione, tachicardia, presenza di massa addominale palpabile e temperatura elevata.

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In corso di pancreatite acuta grave spesso i pazienti presentano all’interno della cavità addominale un liquido addominale bruno color prugna che da sempre è stato considerato dai clinici un segno prognostico sfavorevole. Si può pertanto eseguire una paracentesi a scopo diagnostico per la definizione della tonalità di colore del liquido peritoneale. La pancreatite è giudicata grave in ciascuna delle seguenti circostanze: aspirazione iniziale di più di 20 ml di liquido libero, aspirazione di liquido libero di colorito scuro, recupero di liquido introdotto con colorito giallo pagnierino o più scuro. Se correttamente eseguito il lavaggio peritoneale consente di predire le forme più gravi di PA con accuratezza superiore al semplice giudizio clinico ma viene utilizzato attualmente assai raramente vista la disponibilità quasi ubiquitaria della TC con mdc. Secondo la valutazione di Balthazar esistono 5 gradi nella valutazione della PA: - Grado A; il pancreas appare normale

- Grado B: l’edema interessa unicamente la ghiandola pancreatica (localmente o in maniera diffusa)

- Grado C: l’infiltrato edematoso interessa anche il grasso peripancreatico

- Grado D: è presente una raccolta di liquido in una singola sede ( flemmone)

- Grado E: sono presenti 2 o più raccolte liquide mal definite o è presenta aria nel parenchima pancreatico o nel tessuto peripancreatico.

Criteri di Apache II

Sviluppato nel 1985 misura 12 variabili e aggiunge punti aggiuntivi in base all’età dei pazienti e in base alla presenza di patologie croniche severe. Misurando il punteggio Apache II giornalmente possiamo valutare la progressione di malattia.

1. PaO2

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32 3. Pressione arteriosa media

4. Ph arterioso 5. Frequenza cardiaca 6. Frequenza respiratoria 7. Sodiemia 8. Potassiemia 9. Creatinina 10. Ematocrito 11. Conta dei GB

12. Glasgow coma scale

Altro marcatore che è stato preso in considerazione è il BMI (body mass index), questo da quando l’obesità si è dimostrata causa dell’aumentato rischio di complicanze e mortalità. Questo ha posto attenzione sulle modifiche del punteggio di Apache II aumentandolo in presenza di obesità. Questo sistema modificato ha preso il nome di Apache-O, e Johnson e all. ne hanno dimostrato la sua superiorità. Altri colleghi non ne hanno confermato i risultati.

Questo sistema di classificazione si è reso utile nell’aiutare il medico nel primo approccio al paziente predicendo la gravità della malattia e la presenza di danno d’organo. Mofidi in uno studio retrospettivo su 259 pazienti ricoverati per PA ha dimostrato che il tasso di mortalità era significativamente superiore in quei pazienti che all’ammissione presentavano SIRS (nelle prime 48 h 25,4%) rispetto ai pazienti che sviluppavano in seguito una SIRS transitoria (8%) o ai pazienti non affetti (0,7%).

In caso di PA è importante analizzare la clinica del paziente e in particolare l’aspetto cardiovascolare, respiratorio, una eventuale compromissione cardiovascolare, il BMI, l’Rx toracico, devono quindi essere presi in considerazione nella classificazione.

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La presenza di una singola o multipla insufficienza d’organo diventa una variabile importante per predire l’aumento di mortalità,.

La classificazione di disfunzione d’organo maggiormente usata nei pazienti critici è la multiple Organ Disfunction Score (MODS) e la Sequential Organ Failure Assessment (SOFA). Da quando la classificazione SOFA ha messo in relazione la pressione arteriosa media e l’uso di vasopressori nella predizione della disfunzione cardiovascolare questa è stato considerata migliore rispetto al MODS.3

Attualmente si ritiene che il significato di questi metodi per la valutazione della gravità della PA sia quello di sollecitare l’adozione di quelle forme che vengono giudicate gravi di tutti i supporti terapeutici intensivi che la PA impone.

L’applicazione di questi sistemi ha anche consentito una più precisa stratificazione delle popolazioni di pazienti affetti da pancreatite e sottoposti a studi clinici di carattere retrospettivo o prospettivo.2, 4, 5

1.2.12

COMPLICANZE

La pancreatite acuta lieve può evolvere in determinati casi in complicanze gravi che possono portare a morte il paziente, è importante quindi sottolineare che anche per questo motivo noi utilizziamo come terapia della PA non severa una chirurgia precoce, proprio per impedirne l’evoluzione.

Le principali complicanze della PA sono rappresentate dalla formazione di ascessi e di pseudocisti pancreatiche, dalla raccolta acuta di liquidi caratterizzata dalla raccolta di liquidi di natura infiammatoria all’interno della ghiandola pancreatica o in regione peripancreatica, dalla necrosi pancreatica caratterizzata da aree localizzate o diffuse di necrosi parenchimale che può essere sterile o infetta. Per la necrosi sterile è raccomandato il trattamento conservativo, i focolai settici vanno invece

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rimossi chirurgicamente. La TC con mdc è fondamentale per identificare le aree necrotiche.

Con minor frequenza possono far seguito ad una PA le seguenti complicanze:

- Tetania: quadro clinico espressione dello stato ipocalcemico dovuto al sequestro di calcio ionizzato da parte del processo di saponificazione dei grassi e all’eventuale ipoalbuminemia.

- Diabete mellito: Non è evenienza rara l’istaurarsi di uno stato di ridotta tolleranza al glucosio fino al diabete conclamato per un’estesa distruzione della componente endocrina della ghiandola. Nella fase acuta iniziale si tratta prevalentemente di episodi transitori e capricciosi di intolleranza glucidica. Il coma diabetico in corso di pancreatite acuta può comparire in quei pazienti già diabetici prima dell’esordio della malattia.

- Emorragie gastrointestinali: la maggior parte delle emorragie digestive insorgenti in caso di pancreatite acuta è sa imputarsi a lesioni ischemiche della mucosa gastroenterica. Altra causa di emorragie endoaddomiali è l’erosione delle pareti vascolari operata dagli enzimi pancreatici, elestasi in particolare; ciò porta all’evidenza clinica rispettivamente di ematemesi e melena se il sangue si riversa all’esterno e di emoperitoneo quando si raccoglie nel cavo peritoneale. A notevole distanza di tempo dall’episodio acuto, un’ulteriore causa, peraltro rara di emorragia digestiva può essere la rottura di varici esofagee, conseguenza di uno stato di ipertensione portale settoriale instauratosi a seguito di una trombosi della vena splenica propagatasi alla vena porta.

- Insufficienza renale acuta: la lesione renale inizialmente sono funzionale può divenire organica per l’azione tossica esercitata dagli enzimi litici pancreatici a livello dei tubuli renali.

- Encefalopatia pancreatica: la sua patogenesi è solitamente duplice, legata sia alla insufficienza epatica concomitante su base tossico enzimatica, sia all’azione diretta degli enzimi lipolitici sulla mielina del SNC.

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- ARDS: a livello polmonare oltre al versamento plerico di cui già si è detto nella clinica l’azione litica degli enzimi in particolare della fosfolipasi induce alterazioni del surfactante cui può far riscontro l’ARDS.

- Tromboflebiti migranti

- Fistole e perforazioni intestinali: è questa una complicanza abbastanza eccezionale legata al frequente coinvolgimento del colon da parte dell’edema pancreatico. Si verifica quando l’edema peripancreatico invece di regredire completamente persiste, ed è di grado tale da provocare turbe vascolari di tipo ischemico alla parete colica.2

1.2.13

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

La diagnosi di PA può essere posta dopo aver preso in considerazione una serie di altre condizioni patologiche responsabili dell’insorgenza di dolore addominale acuto quali: la colica biliare, la colecistite acuta, l’ulcera peptica perforata, l’occlusione intestinale a livello del tenue ( da volvolo o da invaginazione), l’infarto mesenterico la rottura di aneurisma aortico. Nella maggior parte dei casi la diagnosi differenziale è possibile solo integrando criticamente il quadro clinico ai dai di laboratorio e imaging radiologico.

Non si può trascurare il fatto che alcune patologie con le quali la PA entra in diagnosi differenziale possono essere letali se non trattate precocemente con l’intervento chirurgico, per questo motivo quando non si riesce a definire con sicurezza la diagnosi può essere giustificato l’intervento laparotomico esplorativo.2

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1.2.14

TERAPIA DELLA PA LIEVE

1.2.14.1 TERAPIA MEDICA

Il molti casi la PA è lieve e la sua terapia iniziale è diretta verso il mantenimento di un’adeguata perfusione d’organo per ridurre le complicanze sistemiche causate dal danno pancreatico. Questa consiste nella somministrazione di liquidi, analgesia, ossigenoterapia, antiemetici ed il monitoraggio di parametri vitali del paziente con il fine di identificare precocemente le manifestazioni di disfunzione d’organo. Se la perdita di liquidi nella pancreatite lieve diventa significativa la somministrazione di liquidi diventa parte cruciale della terapia allo scopo di aumentare la microcircolazione del pancreas. Come segno di perdita del terzo spazio l’emoconcentrazione è associata con un’alta probabilità di sviluppare una necrosi pancreatica e insufficienza d’organo. Nei pazienti con scarso miglioramento dell’emoconcentrazione dopo 24 ore di trattamento una maggiore probabilità di sviluppare una pancreatite necrotizzante. Perciò tutti i pazienti con PA devono riceve uno stretto monitoraggio clinico, prestando particolare attenzione al ripristino del bilancio idroelettrico. La reidratazione deve essere monitorizzata con sistemi di monitoraggio invasivi come un catetere vescicale e una via venosa centrale per misurare l’output urinaria e la pressione venosa centrale. I pazienti con insufficienza respiratoria o disfunzione cardiaca richiedono un monitoraggio attraverso l’introduzione di un catetere di Swann-Ganz. I cristalloidi sono da preferire ai colloidi, però i disturbi elettrolitici ed il sovraccarico di liquidi possono essere complicazioni severe della fluido terapia, specialmente in pazienti con disfunzione cardiaca o ARDS. È essenziale tenere sotto controllo il dolore attraverso l’impiego di oppioidi (morfina o meperidina) per via parenterale; sebbene non ci siano studi che comparino direttamente gli effetti della morfina o la meperidina sul tono dello sfintere di Oddi, la morfina sembra avere

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maggior beneficio sia per la durata d’azione, che risulta maggiore, sia sulla comparsa degli effetti collaterali.

L’ossigenoterapia è richiesta in tutti i pazienti, la SpO2 deve essere mantenuta tra il 95% ed il 100% attraverso cannule nasali o maschera di Venturi per prevenire l’insorgenza di necrosi pancreatica . Il ruolo delle proteasi attivate in caso si PA nel determinare insufficienza d’organo non è chiara, comunque il trattamento a base di antiproteasi ha dato risultati positivi nelle pancreatiti sperimentali, questo non ha mostrato di determinare un aumento della sopravvivenza ma solo una riduzione dell’incidenza di complicanze nella malattia umana.

Dal momento che le citochine possono giocare un ruolo importante molti agenti sono stati utilizzati negli esperimenti animali per prevenire l’attivazione del sistema immunitario. Anticorpi anti TNFα hanno mostrato di ridurre la produzione di ulteriori citochine da parte delle cellule infiammatorie ed il picco di produzione di TNFα risulta essere compreso tra la prima e la seconda ora dall’inizio della malattia, questo compromette l’uso dei bloccanti del TNFα.

Il ruolo dei canali del calcio nel rilascio di citochine e nel danno d’organo sistemico nella PA è stato studiato attraverso esperimenti animali. In questo studio Huges ha dimostrato che i bloccanti dei canali del calcio sono associati con un importante riduzione del rilascio di TNFα, con un aumento della sopravvivenza totale dal 40 all’80% negli animali rispettivamente non trattati e trattati con diltiazem.

Un’antagonista del recettore dell’interleuchina 1 ha mostrato di essere associato con una riduzione della gravità della pancreatite in modelli animali, ad ogni modo questi risultati non sono ancora stati applicati nella pratica clinica. Dal momento che il danno polmonare acuto nella PA è dovuto ad un aumento di espressione della VCAM 1 (molecola di adesione vascolare 1) sulla superficie cellulare dell’endotelio dei vasi polmonari, gli studi sperimentali hanno mostrato che mostrare la VCAM1 diminuisce il danno polmonare nella pancreatite acuta. Si crede che l’impiego di un antagonista della VCAM1 possa offrire un opzione terapeutica per migliorare le manifestazioni sistemiche e la prognosi dell’AP. L’impiego degli anticorpi monoclonali diretti contro le molecole

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