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Risultati ''short-term'' della chirurgia per neoplasie del colon destro:confronto tra emicolectomia laparoscopica ed emicolectomia ''open''.

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento  di  Medicina  Clinica  e  Sperimentale   Direttore  Prof.  Mario  Petrini  

 

Dipartimento  di  Patologia  Chirurgica,  Medica,  Molecolare  e  dell'Area   Critica  

Direttore Prof. Paolo Miccoli

Dipartimento  di  Ricerca  Traslazionale  e  delle  Nuove  Tecnologie  in   Medicina  e  Chirurgia  

Direttore Prof. Giulio Guido

_____________________________________________________________________________

CORSO  DI  LAUREA  SPECIALISTICA  IN  MEDICINA  E  

CHIRURGIA  

 

 

“  RISULTATI  “SHORT-­‐TERM”  DELLA  CHIRURGIA  

PER  NEOPLASIE  DEL  COLON  DESTRO  :  

CONFRONTO  TRA  EMICOLECTOMIA  

LAPAROSCOPICA  ED  EMICOLECTOMIA  “OPEN”  ”  

 

 

 

 

                                                                                                                           

RELATORE  

CHIAR.MO  PROF.  MASSIMO  

CHIARUGI  

 

 

               

CANDIDATA  

   RAFFAELLA  MONALI  

 

                               

                                             

ANNO  ACCADEMICO        2013/2014  

(2)

Indice

Parte I : Introduzione...3

1.1 Richiami anatomici e fisiologici...4

1.2 I tumori del colon...8

1.2.1

Epidemiologia...8

1.2.2

Fattori di rischio , fattori favorenti e fattori

preventivi...12

1.2.3

Screening...14

1.2.4

Presentazione clinica e diagnosi...16

1.2.5

Stadiazione...18

1.3 Trattamento chirurgico del cancro del colon

destro...21

1.3.1

Tecnica chirurgica...21

1.3.2

La laparoscopia nelle emicolectomie

destre...31

1.3.3

Emicolectomia destra “open” ed

emicolectomia destra laparoscopica: due

tecniche a confronto...34

1.3.4

Linfoadenectomia...41

Parte II : Risultati ‘’short-term’’ della chirurgia per neoplasie del

colon destro...50

2.1 Materiali e metodi...51

2.1.1 Obiettivi dello studio...51

2.1.2 I pazienti...52

2.2 Risultati...56

2.3 Discussione...61

2.4 Conclusioni...66

Bibliografia...67

(3)

Parte I :

(4)

1.1) Richiami anatomici e fisiologici

L’emicolectomia destra comprende la resezione dell’ultimo tratto di ileo , del cieco , del colon ascendente e della flessura destra o epatica del colon . La sezione distale cade pertanto nel primo terzo del colon trasverso . Differente è invece l’emicolectomia destra estesa , la cui sezione distale va a cadere nel primo tratto del colon discendente , dopo la flessura sinistra o splenica del colon .

In chirurgia si parla di colon destro facendo riferimento a tutti i segmenti colici compresi nella resezione dell’emicolectomia destra .

Il cieco è situato in fossa iliaca destra , prosegue verso l’alto col colon ascendente fino all’ipocondrio destro dove , raggiunta al faccia inferiore del fegato , piega verso sinistra dando luogo alla flessura destra per poi continuarsi nel trasverso .

Il cieco è un tratto di intestino completamente intraperitoneale situato tipicamente in fossa iliaca destra , ma esistono casi di ectopia in cui può ritrovarsi a livello del fianco destro , della piccola pelvi o , più raramente , in regione ombelicale o in fossa iliaca sinistra . È la parte di intestino che presenta il diametro massimo ( dai 7 ai 9 cm ) e ha parete molto sottile . Dal cieco iniziano le tenie dell’intestino crasso : qui se ne individuano tre : una anteriore , una mediale e una posteriore , che si dipartono dal punto d’attacco dell’appendice vermiforme. La faccia anteriore del cieco è in rapporto variabilmente con le anse del tenue e la parete addominale anteriore , quelle posteriore e laterale con il peritoneo parietale della fossa iliaca e quella mediale, infine , con il muscolo psoas , i vasi iliaci esterni e le anse del tenue . Nella parte

(5)

superiore della faccia mediale si apre lo sbocco della valvola ileocecale , posteriormente e inferiormente a questo si trova invece l’orificio che immette nell’appendice vermiforme .

Il colon ascendente decorre pressoché verticalmente , portandosi dal basso verso l’alto e dall’avanti verso l’indietro . La sua lunghezza varia a seconda della posizione assunta dal cieco e dalla flessura destra e alla corporatura del soggetto , ma mediamente è di 12-15 cm . È un tratto di intestino retroperitoneale , essendo avvolto dalla sierosa peritoneale su tutte le sue facce , tranne quella posteriore . Presenta tre tenie in posizione anteriore , posterolaterale e posteromediale . La faccia anteriore contrae rapporto con le anse del tenue e con la parete addominale , quella posteriore coi muscoli iliaco , quadrato dei lombi , trasverso dell’addome e con la parte inferiore della faccia anteriore del rene destro . La faccia laterale si trova in rapporto con la parete addominale laterale formare la doccia parietocolica destra e con la faccia inferiore del lobo epatico destro . La faccia mediale , infine , prende rapporto col muscolo psoas , con le anse intestinali , con l’uretere destro e con i vasi genitali .

La flessura destra è ad angolo acuto o retto , aperto medialmente , in basso e in avanti . Anteriormente è in rapporto con la colecisti e col lobo epatico destro sul quale lascia l’impronta . Posteriormente contrae invece rapporto con la parte inferiore della faccia anteriore del rene destro e con la seconda porzione duodenale . Anche questo tratto è intraperitoneale , ma può risultare alquanto fisso per la presenza in alcuni soggetti di un ligamento epatocolico , uno colecistocolico e uno frenocolico destro .

Per quello che concerne la vascolarizzazione il colon destro è un organo vascolarizzato da arterie rami della mesenterica superiore : l’arteria ileocolica ,

(6)

l’arteria colica destra e l’arteria colica media . Queste arterie presentano diverse anastomosi tra di loro : l’ileocolica col suo ramo inferiore si unisce alla porzione terminale della mesenterica superiore e col suo ramo superiore alla colica destra. La colica destra col suo ramo discendente si anastomizza all’ileocolica e col ramo ascendente alla colica media formando delle arcate . La colica media infine presenta un ramo destro col quale si anastomizza alla colica destra e un ramo sinistro col quale si anastomizza alla colica sinistra , ramo della mesenterica inferiore . (1)

Tuttavia anomalie e varianti nel decorso di questi vasi sono piuttosto comuni . L’arteria colica destra può nascere da un tronco comune con l’arteria ileocolica o direttamente dalla mesenterica superiore ( nel 10% dei casi ) . Talvolta può essere presente un’arteria colica media anomala dall’arteria splenica , un’epatica destra accessoria dalla mesenterica superiore o una colica sinistra dalla mesenterica superiore . (2)

Alcuni studi hanno evidenziato come l’arteria colica destra sia presente solo in una ridotta percentuale di casi , a seconda della casistica , addirittura solo nel 10,7% . Nella maggior parte dei casi dall’arteria mesenterica superiore nascono solamente l’arteria ileocolica e l’arteria colica media che provvedono a vascolarizzare il colon destro . Si riscontra variabilità anche nel modo in cui

Figura  1  :  1)A.mesenterica  superiore  2)A.colica   media  3)A.colica  destra  4)A.ileocolica   5)A.mesenterica  inferiore  6)A.colica  sinistra  

7)A.sigmoidee  8)A.emorroidaria  superiore   A)arcata  di  Riolano  B)A.colica  media  accessoria  o  

(7)

l’arteria ileocolica e la colica destra , se presente , incrociano la vena mesenterica superiore : questo avviene ventralmente nella maggior parte dei casi , più raramente dorsalmente . In una più piccola percentuale di casi , infine , le due arterie si pongono in posizioni opposte rispetto alla vena : una ventrale e l’altra dorsale . È molto importante tenere presenti queste possibili varianti anatomiche durante l’atto chirurgico per evitare il rischio di complicanze vascolari e per eseguire una corretta linfoadenectomia . ( 3 ; 4 ; 5 )

La rete capillare superficiale del colon destro è pluristratificata e le venule di raccolta sono più grandi rispetto al colon sinistro , elemento che gioca un ruolo importante nella formazione di angiodisplasie . Queste differenze vascolari rendono conto della maggior capacità assorbente del colon destro in confronto al sinistro . (2)

Per quanto riguarda le funzioni fisiologiche , le sezioni destre del colon ricevono un volume di materiale piuttosto cospicuo ( circa 1500-2000 ml di chimo al giorno ) che vi permane per poche ore , senza condurre ad un aumento della pressione all’interno del viscere per la presenza di meccanismi di rilasciamento adattativi analoghi a quelli gastrici . Il materiale fecale che giunge a questo livello è ancora molto liquido e non formato e progredisce grazie a movimenti peristaltici ortogradi . Sono però presenti anche contrazioni peristaltiche retrograde , con il significato di aumentare il tempo di transito e favorire l’assorbimento di acqua ed elettroliti , benché il tratto principalmente deputato a questa funzione sia il trasverso . Complessivamente i meccanismi di riassorbimento prevalgono nel colon prossimale che pertanto viene anche definito ‘’colon assorbente’’ . ( 6 ; 7 )

(8)

1.2) I tumori del colon

1.2.1) Epidemiologia

Il cancro del colon rappresenta negli USA la terza neoplasia per frequenza sia nell’uomo che nella donna , preceduto da prostata e polmone nel primo caso e da mammella e polmone nel secondo. Ci sono 96830 nuovi casi stimati per il 2014 e 50310 morti stimate sempre per lo stesso anno .

La sua incidenza è andata progressivamente diminuendo a partire dalla metà degli anni ’80 e ha subito un più accentuato decremento nell’ultimo decennio. In particolare un rapido declino dell’incidenza si è avuto nel sesso maschile (3,3% all’anno) . (8) Il calo maggiore è stato notato per la popolazione di età superiore ai 65 anni (9) Questo andamento è riferibile a lesioni prossimali del colon piuttosto che alle distali . (10)  

 

(9)

Ciò è stato attribuito a un diverso impatto dei fattori di rischio , all’introduzione di metodiche di screening e all’uso della colonscopia per asportare lesioni precancerose . (8) Si possono notare differenze nell’incidenza del tumore tra i due sessi , tra persone appartenenti a diversi gruppi etnici e tra individui in differenti condizioni socio-economiche . (10)

Il cancro del colon-retto è la terza causa di morte tra la popolazione generale e diventa la seconda per il sesso maschile tra i 40 e i 79 anni . (8)

Diversi studi documentano un aumento dell’incidenza delle neoplasie a carico del colon destro rispetto al sinistro. Sono state avanzate varie ipotesi per giustificare questo trend , tra cui fattori genetici e ambientali . I tumori a localizzazione destra ammontano al 57.1% del totale di tutti i tumori colon-rettali. Tuttavia la prognosi appare peggiore per i tumori a localizzazione prossimale . (11) Se questo trend verrà confermato , bisognerà tenerne conto nell’adeguare le metodiche di screening. (12)

 

(10)

In Italia , secondo i dati del 2006 , il tumore del colon è risultato al 5° posto in termini di frequenza tra le neoplasie diagnosticate negli uomini (7,7% di tutti i tumori ) e il 3° tra le donne (8,2% del totale). Per entrambi i sessi è la quarta causa di morte tumorale . Il rischio di avere una diagnosi di tumore del colon aumenta con l’età ed è del 34,3 per mille fra i maschi e di circa il 22,2 per mille fra le femmine .

Esiste una certa variabilità geografica nella distribuzione del tumore che risulta avere tassi di incidenza più bassi nell’Italia meridionale e insulare. (13)

La sopravvivenza osservata a 5 anni è del 47% considerando tutte le fasce d’età, maggiore nelle donne (48%) rispetto agli uomini (46%). Considerando invece le diverse fasce d’età la sopravvivenza è massima (66%) tra i 15 e i 44 anni , per poi scendere progressivamente fino a raggiungere il minimo (32%) per la fascia d’età al di sopra dei 75 anni . (14)

Dati più recenti , del 2013 , pongono il tumore del colon-retto al terzo posto per frequenza negli uomini e al secondo nelle donne . Lo pongono inoltre al secondo posto come causa di mortalità per tumore per entrambi i sessi . La prevalenza di questo tumore ( sul totale di tutti i tumori esclusi quelli cutanei non melanomatosi ) è del 13,2% ; sulla popolazione generale è dello 0,6% al Centro-Nord e dello 0,3% al Sud . L’andamento temporale tra il 2006 e il 2010 ha visto l’incidenza aumentare e la mortalità rimanere sostanzialmente invariata. (15)

Le percentuali di distribuzione nelle diverse sedi coliche sono così suddivise : 11% al cieco ;

5% al colon ascendente ; 4% alla flessura epatica ; 6% al colon trasverso ;

(11)

4% alla flessura splenica ; 6% al colon discendente ; 25% al sigma ;

39% al retto .

Tuttavia questi dati saranno soggetti a mutamento , in ragione del progressivo aumento di incidenza delle forme prossimali . (16)

11%   5%  4%   6%   4%   6%   25%   39%  

Distribuzione  per  sede  delle  neoplasie  

colon-­‐rettali  

cieco   colon  ascendente   Nlessura  epatica   colon  trasverso   Nlessura  splenica   colon  discendente   sigma   retto  

(12)

1.2.2) Fattori di rischio , fattori favorenti e fattori

preventivi.

Rappresentano fattori di rischio per il cancro del colon : una storia personale di cancro o di adenoma , la familiarità , le malattie infiammatorie croniche intestinali , le neoplasie dell’endometrio ( se diagnosticate prima dei 60 anni ) , l’acromegalia , un pregresso intervento di ureterosigmoidostomia o di colecistectomia .

Le forme ereditarie comprendono la poliposi colica familiare (FAP , FAP attenuate , poliposi associata al gene MUTYH/MAP , sindrome di Gardner e di Turcot ) , l’HNPCC ( cancro colonrettale ereditario non poliposico ) o sindrome di Lynch e le poliposi amartomatose (Peutz-Jeghers , poliposi giovanili ) . (17) Tra queste l’HNPCC si associa con maggior frequenza a sviluppo di tumori di tipo mucinoso nel colon destro . È stata individuata per questa condizione una mutazione in uno dei quattro geni del DNA mismatch repair trasmessa in modo autosomico dominante , che ha una frequenza di circa 1 su 500 persone nella popolazione generale . Per i pazienti con HNPCC l’età media di diagnosi di tumore colorettale è di 45 anni e un terzo di loro sviluppa un altro tumore correlato all’HNPCC nell’arco dieci anni . C’è infatti un sostanziale incremento del rischio anche per altri tipi di tipi di tumori , in particolare il carcinoma endometriale nelle donne con HNPCC ricorre con una frequenza simile al cancro del colon . (18)

Per quanto riguarda fattori dietetici favorenti o protettivi nei confronti dello sviluppo del tumore , si trovano dati discordanti in letteratura , soprattutto per la mancanza di trials randomizzati e per la presenza di diversi fattori

(13)

confondenti ( fumo , inattività fisica , obesità e diabete ) . Gli alimenti attorno ai quali c’è maggior consenso nel considerarli favorenti lo sviluppo del tumore sono rappresentati da :

carne rossa a causa delle amine eterocicliche e gli N-nitroso composti che si sviluppano con la cottura ad alte temperature ; lipidi , soprattutto di origine animale , che , tra gli altri meccanismi , riducono l’espressione di TNF𝛼 nei colonociti ; alcool , per il quale sono stati proposti diversi meccanismi d’azione , tra cui ritardo nell’attivazione della riparazione del DNA.

Molte altre sostanze sono invece considerate protettive :

acidi grassi poliinsaturi omega-3 , frutta e verdura , acido folico , calcio e vitamina D , polifenoli , flavonoidi , carotenoidi , isotiocianati , selenio e zinco . Nell’Iowa Women’s Health Study è stata valutata l’associazione tra l’assunzione di zinco con la dieta e la riduzione dell’incidenza di tumore del colon destro e del colon sinistro , i risultati hanno evidenziato la riduzione per entrambe le localizzazioni coliche . (19)

Anche l’uso di alcuni farmaci è stato associato ad una minor incidenza di cancro del colon . Questo effetto chemiopreventivo è ascrivibile alla categoria dei FANS attraverso meccanismi legati all’inibizione della COX e non , ma che portano entrambi a riduzione della proliferazione cellulare e induzione dell’apoptosi (20) ; delle statine attraverso azioni anti infiammatoria e anti ossidante (21) e alla terapia estrogenica/progestinica sostitutiva (22) .

(14)

1.2.3) Screening

Le metodiche di screening per il tumore del colon-retto si basano sull’esame delle feci per individuare la presenza di emoglobina umana ( con la tecnica dell’acido guaiaico o con tecnica immunoistochimica ) o la presenza di DNA alterato nei colociti esfoliati dalla mucosa .

La ricerca di sangue occulto nelle feci è il metodo non invasivo più comune per lo screening del cancro del colon-retto . Il test immunochimico , basato sulla metodica ELISA sembra essere meno sensibile nell’individuare neoplasie del colon destro , rispetto al colon sinistro . Ci sono almeno due ipotesi a favore di questo dato : innanzitutto la degradazione dell’emoglobina proveniente da sanguinamenti più prossimali che si realizza nel procedere lungo il lume colico, ed in secondo luogo , il fatto che , a causa della diversa consistenza fecale , il sangue proveniente dal colon destro risulta più omogeneamente mescolato alle feci e quindi più difficilmente individuabile . Haug e colleghi propongono pertanto di integrare la metodica con ulteriori indagini : colonscopia , colonscopia virtuale o video capsula . (23)

L’efficacia della ricerca del sangue occulto nelle feci per lo screening delle neoplasie del colon tuttavia è limitata per la presenza di molte altre possibili cause di sanguinamento .

Per questo da qualche anno l’attenzione è stata rivolta ad individuare specifiche alterazioni indotte dal tumore nel DNA fecale . Questo DNA è ricavabile da cellule esfoliate dalla mucosa del colon . L’analisi della metilazione aberrante che riflette direttamente le alterazioni presenti nella neoplasia , è uno dei metodi proposti per studiare questo DNA , e potrebbe costituire un metodo di screening non invasivo per identificare sia neoplasie coliche che gastriche . (24)

(15)

La sensibilità del test sul DNA fecale è del 92,3% per il carcinoma del colon retto , circa il 20% in più rispetto alla ricerca del sangue occulto . Tuttavia la specificità appare inferiore . La combinazione di entrambi i tests potrebbe portare a livelli di sensibilità e specificità molto elevati . (25)

Tuttavia attualmente il test immunoistochimico per la ricerca del sangue occulto nelle feci resta il test di scelta e più diffuso e nuove tipologie di tests devono essere confrontate con questo in termini di efficacia , sensibilità e specificità . (26)

(16)

1.2.4) Presentazione clinica e diagnosi.

Le manifestazioni cliniche del tumore del colon variano a seconda della sede di insorgenza . I tumori del colon destro tendono tipicamente a dare sintomi più tardivi in quanto si localizzano in un tratto di intestino il cui diametro è maggiore e la consistenza delle feci è più liquida . È caratteristico di queste neoplasie produrre un sanguinamento cronico , spesso microscopico , che conduce il paziente a sviluppare un’anemia sideropenica . Inoltre , accomuna tutti i tumori del colon , un cambiamento più o meno brusco delle abitudini alvine , che nel caso della localizzazione destra possono assumere carattere diarroico . (2) La sintomatologia può essere vaga e aspecifica : il paziente può lamentare astenia ( legata all’anemia ) , dolori di tipo colico , discontinui o gravativi , ai quadranti inferiori destri dell’addome e talora irradiati all’epigastrio . Nelle fasi più avanzate di malattia possono comparire anoressia e dimagrimento . La perdita di peso , apparentemente senza motivo , è un segno prognostico molto negativo . All’esame obiettivo , in questa fase , può essere presente una massa palpabile in addome . (16)

L’esame endoscopico ( pancolonscopia ) rappresenta l’esame di scelta per la diagnostica . In questo modo , oltre ad avere un’informazione morfologica e di sede , si possono ottenere delle biopsie che sono necessarie per la diagnosi definitiva . Qualora non fosse possibile eseguire l’esame endoscopico si può ricorrere al clisma opaco . Questa metodica radiologica consente di visualizzare con sensibilità che va dal 55 al 95 % lesioni vegetanti , sotto forma di minus . Risulta utile anche in presenza di stenosi non valicabili alla colonscopia . (2) Altra metodica diagnostica è rappresentata dalla colonscopia virtuale ottenuta

(17)

unendo procedure proprie del clisma con la TC . Tale tecnica innovativa prevede prima la distensione gassosa del colon e poi l’esecuzione di due scansioni TC : una a paziente prono , l’altra a paziente supino . Il risultato è l’ottenimento di un’immagine tridimensionale , con la possibilità di ricostruire l’aspetto del lume colico . Questa metodologia , molto utile in caso di impossibilità all’utilizzo dell’endoscopia , è molto ben tollerata dal paziente , tanto da essere stata proposta da alcuni autori come metodica di screening . Il suo svantaggio principale , tuttavia , è rappresentato dall’esposizione a radiazioni ionizzanti . (16)

Per la diagnostica preoperatoria è fondamentale l’esecuzione di una TC dell’addome e del torace con mezzo di contrasto che dimostra i rapporti tra il colon e gli altri visceri e la presenza di segni legati ad una malattia avanzata : metastasi ( in particolare epatiche ) , carcinosi e versamento peritoneale .

Anche la risonanza magnetica può essere impiegata a questo scopo , infatti permette di identificare localizzazioni di malattia a linfonodi e organi diversi dalla sede del tumore primitivo . È stata introdotta anche una tecnica di colonscopia virtuale che utilizza la risonanza magnetica ( MR colonography ) , la quale necessita di preparazione e di distensione del lume colico . Anche tale metodica , oltre che a scopo diagnostico, potrebbe essere impiegata come screening . (27)

Per quanto riguarda gli esami ematochimici è utile avere il dato dei markers neoplastici , CEA e Ca19.9 , nel pre-intervento per valutare se vi sarà un calo dopo la resezione tumorale . (2)

(18)

1.2.5) Stadiazione

Il sistema di stadiazione più utilizzato è il TNM proposto dall’ American Joint Committee on Cancer a partire dal 1950 . Questo prevede una classificazione clinica pre-trattamento ( cTNM ) basata su tecniche di imaging , esami endoscopici , bioptici e di laboratorio ; una patologica ( pTNM ) basata sull’esame istologico del pezzo operatorio e una post-trattamento ( yTNM ) che valuta la malattia dopo un trattamento chemioterapico .

L’esatta definizione dei parametri TNM è di fondamentale importanza per la pianificazione chirurgica . (28)

T (tumore

primitivo )

Tx Tumore primitivo non definibile

T0 Nessuna evidenza di tumore primitivo

Tis Carcinoma in situ : intraepiteliale o invasione della lamina propria

T1 Tumore che invade la sottomucosa

T2 Tumore che invade la muscolare propria

T3 Tumore che oltrepassa la muscolare con invasione dei tessuti pericolici

T4 Tumore che invade direttamente altri organi o strutture e/o perfora il peritoneo viscerale

T4a : perfora il peritoneo viscerale

T4b : invade direttamente altri organi o strutture Tabella 1 . TNM : parametro T

(19)

Tabella 2 . TNM : parametro N

Tabella 3 . TNM : parametro M

N ( linfonodi

regionali )

Nx Linfonodi regionali non valutabili

N0 Assenza di metastasi nei linfonodi regionali

N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali N1a : un solo linfonodo metastatico N1b : 2-3 linfonodi metastatici

N1c : tumori satelliti nella sottosierosa senza metastasi nei linfonodi regionali

N2 Metastasi a 4 o più linfonodi regionali N2a : da 4 a 6 linfonodi metastatici N2b :7 o più linfonodi metastatici

M ( metastasi a distanza )

M0 Assenza di metastasi a distanza

M1 Presenza di metastasi a distanza

M1a : metastasi confinate a un unico organo o sito ( es. fegato,polmone,ovaio,linfonodi non regionali ) M1b : metastasi in più organi o peritoneali

(20)

La combinazione dei vari parametri T , N ed M permette di definire i diversi stadi di malattia .

Tabella 4 . Stadio TNM

( classificazione dell’AJCC cancer staging manual 2010 , pp. 143-164 , VII edizione, Springer, New York )

STADIO T N M 0 I II A II B II C III A III B III C IV A IV B Tis T1 T2 T3 T4a T4b T1-T2 T1 T3-T4a T2-T3 T1-T2 T4a T3-T4a T4b Ogni T Ogni T N0 N0 N0 N0 N0 N0 N1/N1c N2a N1/N1c N2a N2b N2a N2b N1-N2 Ogni N Ogni N M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M1a M1b

(21)

1.3) Trattamento chirurgico del cancro del colon

destro

1.3.1) Tecnica chirurgica

Gli scopi della chirurgia nei tumori del colon destro sono :

- ottenere una resezione del tumore con adeguati margini ( 5-6 cm) sia prossimalmente che distalmente alla lesione ;

- eseguire una linfoadenectomia regionale ( rispettando il cut-off di 12 linfonodi ) ;

- ripristinare la continuità del tratto gastro-intestinale mediante il confezionamento di un’anastomosi .

Per i tumori resecabili lo scopo della chirurgia è curativo e l’obiettivo è di ottenere una resezione R0 , senza residuo macroscopico o microscopico di malattia .

A seconda della sede del tumore può essere effettuata un’emicolectomia destra o un’emicolectomia destra estesa . Entrambe hanno la sezione distale a livello degli ultimi centimetri dell’ultima ansa ileale , la prima ha la sezione prossimale che cade immediatamente dopo la flessura epatica , nel primo terzo del colon trasverso , mentre nella seconda la sezione cade nel primo tratto del colon discendente .

L’intervento è stato sviluppato inizialmente in chirurgia open e successivamente è stata introdotta la tecnica laparoscopica nella quale si ripercorrono le stesse fasi dell’intervento open . Entrambi gli interventi vengono eseguiti in anestesia generale col paziente in posizione supina .

(22)

Nell’intervento open l’accesso alla cavità peritoneale può avvenire attraverso una laparotomia mediana o attraverso un’incisione sottocostale trasversa destra. La laparotomia mediana è facilmente estendibile ( fino a diventare

xifo-pubica ) e permette di esporre tutto il colon , l’incisione sottocostale , invece , è accompagnata da un minor dolore postoperatorio e da un minor impatto sulla funzionalità polmonare . Inizialmente si esegue un’ispezione della cavità peritoneale per escludere la presenza di carcinosi , ascite o ripetizioni epatiche . Si procede mobilizzando l’ultima ansa ileale e il colon ascendente , lungo il piano avascolare di Toldt , separandoli dal peritoneo laterale . La mobilizzazione di colon destro e relativo mesocolon avviene in senso latero-mediale , durante questa manovra

viene identificato l’uretere destro . Vengono poi mobilizzate anche la flessura epatica e la parte prossimale del trasverso. Così tutto il tratto interessato viene separato dal retroperitoneo . È importante identificare i vasi ileocolici , colici

destri e colici medi per sezionarli all’origine dalla mesenterica superiore .

                                                                                                                                                                                                                            Figura  5    Isolamento  di  arteria  e  vena  ileocoliche Figura  4  Preparazione  del  colon  trasverso

(23)

L’intervento prosegue con la sezione del colon e dell’ultima ansa con suturatrice meccanica lineare ( TLC 75) . Si asporta il colon destro in blocco con i linfonodi principali . I monconi di sezione vengono affondati e , come ultimo tempo dell’intervento , si confeziona l’anastomosi ileocolica latero-laterale meccanica o manuale in doppio strato . In caso di utilizzo della suturatrice meccanica segue chiusura delle brecce di accesso della stessa .

Il meso sezionato precedentemente , se non suturato espone al rischio di formazione di ernie interne . Pertanto la maggior parte dei chirurghi preferisce risuturarlo o utilizzare collanti come la colla di fibrina per fissarlo posteriormente . Al termine dell’intervento si procede alla revisione dell’emostasi e si posiziona un drenaggio perianastomotico tipo Jackson-Pratt . Si termina con la sutura per piani anatomici della parete addominale e della cute .

La procedura più utilizzata è l’approccio lateral-to-medial in cui prima si mobilizza il tratto di colon sede della neoplasia e poi si procede alla legatura e sezione vascolare . È stato però proposto anche un altro tipo di approccio chirurgico : il medial-to-lateral o ‘’no touch isolation technique’’ . Questa soluzione prevede di isolare e sezionare i vasi di pertinenza del tratto interessato prima di procedere con la mobilizzazione e sezione del segmento colico . Tale tecnica fu inizialmente proposta da Turnbull negli anni ’60 con l’intento di ridurre la possibilità di diffusione di cellule neoplastiche a distanza

                                                                                                                                                                                                                  Figura  6  Ileo-­‐trasverso  anastomosi  con  suturatrice   meccanica  

(24)

manipolando il viscere prima di aver chiuso le afferenze e le efferenze vascolari. Tuttavia il reale valore di questa tecnica è controverso e non ci sono sufficienti evidenze a favore del suo impiego nella routine clinica . Inizialmente Turnbull et al. riportarono come risultato dei loro studi un aumento di sopravvivenza a cinque anni e suggerirono che la tecnica con manipolazione della sede tumorale prima della legatura vascolare avrebbe dovuto essere abbandonata . Successivi studi , tra cui l’unico studio randomizzato svolto sull’argomento , invece , dimostrarono che non c’era una differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza a 5 anni tra i due diversi tipi di approccio chirurgico . (29)

Per quanto riguarda l’intervento eseguito per via laparoscopica questo presenta i vantaggi tipici di tale tecnica : ferite chirurgiche di minori dimensioni , ridotto ileo postoperatorio , ridotto dolore postoperatorio con minor utilizzo di farmaci analgesici , più rapido recupero della canalizzazione , più rapida reintroduzione di una dieta standard e riduzione della durata del ricovero . Gli svantaggi sono invece rappresentati da una maggior durata dell’intervento , rischio di conversione che comporta morbidità più elevata e maggiori costi . L’intervento laparoscopico inizia con l’induzione di pneumoperitoneo insufflando CO2 tramite un ago di Veress introdotto attraverso la cicatrice

ombelicale , fino a raggiungere una pressione di 14 mmHg .

Viene inserito un trocar laparoscopico da 12 mm in regione paramediana sinistra lungo la linea ombelicale trasversa . Si introduce poi l’ottica a 30° e si procede con l’ispezione della cavità peritoneale . Vengono quindi posizionati i restanti trocars sotto visione : uno da 12 mm in regione epigastrica , uno da 5 mm sottombelicale sulla linea mediana e un altro da 5 mm al fianco destro . A questo punto devono essere individuati il peduncolo vascolare del colon destro per permettere la sezione dei vasi , e il duodeno .

(25)

Si preparano l’arteria ileocolica all’origine con esposizione dell’arteria mesenterica superiore e la vena ileocolica con visualizzazione della vena mesenterica superiore . Analogamente si sezionano i vasi colici di destra , il tronco venoso di Henle e i rami destri dell’arteria colica media . I vasi vengono isolati e sezionati tra clips in titanio . Si separano poi il colon destro e il trasverso prossimale dal retroperitoneo (previa apertura della retrocavità degli epiploon ) , si libera la flessura epatica , si sezionano le riflessioni peritoneali parietocecale e parietocolica destra . Una volta mobilizzato tutto il tratto , lo si esteriorizza attraverso l’incisione laparotomica di servizio (sottocostale destra o periombelicale , estesa per 5-6 cm) , protetta da un apposito dispositivo in plastica , per eseguire la sezione e l’anastomosi ileocolica . Durante l’intervento è importante individuare l’uretere destro per evitare di danneggiarlo . A seconda della preferenza del chirurgo , la sezione del viscere e l’anastomosi possono essere eseguite anche a livello intracorporeo utilizzando apposite suturatrici laparoscopiche . (30) L’anastomosi confezionata a livello extracorporeo è di tipo latero-laterale anisoperistaltica , e può essere eseguita manualmente in doppio strato o tramite suturatrici meccaniche .

Si procede poi riposizionandola in cavità addominale , effettuando la riperitoneizzazione dei mesi ed eseguendo la sutura della minilaparotomia . Segue il secondo tempo laparoscopico con re-insufflazione per la verifica del

                                                                                                                                                                                                            Figura  7  Resezione  ileale  con  suturatrice  meccanica

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corretto orientamento dell’anastomosi e della matassa intestinale , si prosegue con lavaggi e controllo dell’emostasi.

Viene posizionato un drenaggio a caduta in sede parietocolica destra e , rimossi i trocars , si desuffla l’addome . L’intervento termina con la disinfezione e sutura delle porte per strati anatomici.

(27)

 

Figura  8    Punti  di  repere  anatomici  e  sedi  e  dimensioni  dei  trocars  tracciate  con  matita  dermografica  in   preparazione  all'intervento  chirurgico  

        Figura  9    Trocars   posizionati  dopo   l’induzione  di   pneumoperitoneo.  Il   trocar  in  sede  

paraombelicale  sinistra  è   utilizzato  per  

l’introduzione  dell’ottica  ,   gli  altri  per  lo  

(28)

 

 

 

Figura  10  Isolamento  dei  vasi  ileocolici  all’origine  

           

(29)

 

 

Figura  12    Vasi  ileocolici  clippati  e  sezionati  

                                           

Figura  13  Colon  esteriorizzato   attraverso  l'incisione  di  servizio  

(30)

 

 

Figura  14    Il  pezzo  operatorio  è  stato  resecato  ,  l’anastomosi  ileocolica  confezionata  e  le  anse  vengono   riposizionate  in  cavità  addominale  

                                   

(31)

1.3.2) La laparoscopia nelle emicolectomie destre

L’intervento di emicolectomia destra venne sviluppato inizialmente in chirurgia laparotomica , successivamente si cominciò ad utilizzare anche l’approccio laparoscopico , che si svolge ripercorrendo le fasi dell’intervento tradizionale . Dopo la sua introduzione nel 1987 , infatti , la tecnica laparoscopica è stata utilizzata per diverse tipologie di interventi chirurgici.

La prima emicolectomia destra fu eseguita a Miami nel febbraio del 1990 , come riporta l’articolo di Jacobs e colleghi . Questi iniziarono un programma pilota di chirurgia laparoscopica applicata al colon . Dei venti pazienti totali , nove andarono incontro a emicolectomia destra. I risultati furono incoraggianti , soprattutto sul versante del recupero post-operatorio. Per questo gli autori conclusero asserendo che la laparoscopia era una tecnica in evoluzione , che avrebbe potuto raggiungere per la chirurgia del colon la stessa popolarità che aveva per le colecistectomie . (31)

L’applicazione della laparoscopia alla chirurgia del colon non fu rapida sia per gli iniziali dubbi sulla sicurezza oncologica , sia per la curva d’apprendimento da parte dei chirurghi . I maggiori trials che si occuparono di questo argomento furono lo studio COST ( USA ) , CLASSIC ( Regno Unito ) , COLOR ( studio Europeo multicentrico ) e il Barcelona Trial . L’obiettivo principale di questi studi fu di valutare il risultato oncologico , ma anche l’outcome nel breve termine , la qualità di vita e la sicurezza di questo tipo di chirurgia .

Attualmente diversi studi hanno confermato anche per questo tipo di intervento i tipici benefici dell’approccio laparoscopico : punteggi inferiori nelle scale che valutano il dolore postoperatorio e di conseguenza minor uso di

(32)

analgesici , minor entità del sanguinamento intraoperatorio , più rapido ritorno delle funzioni intestinali e minor durata dell’ospedalizzazione . Alcuni studi hanno evidenziato anche minori complicanze nel postoperatorio quali infezioni del sito chirurgico e febbre .

Dal punto di vista oncologico , già gli studi COST , CLASSICC e COLOR , avevano dimostrato che non c’era differenza significativa tra i due tipi di approccio chirurgico per quanto riguarda il numero di linfonodi asportati e i margini di resezione . Nonostante questi primi dati , la diffusione di questa tecnica non è stata molto rapida , e in alcuni centri ha avuto maggior diffusione la tecnica laparoscopica “hand-assisted”. Al contrario , altri tipi di chirurgia mininvasiva , come SILS o NOTES , hanno avuto scarsa diffusione in questo ambito . (32) Le conclusioni sovraesposte tuttavia , fanno riferimento a studi che prendono in considerazione la chirurgia del colon nella sua totalità e non sono mirati al solo colon destro .

Uno studio di Heili e colleghi spiega la lenta diffusione della procedure anche con le difficoltà tecniche evidenziabili soprattutto nella mobilizzazione del colon e nella preparazione degli assi vascolari . Gli interventi oggetto dello studio sono stati eseguiti con tecnica “laparoscopic-assisted”: è stata praticata una mini-laparotomia per l’estrazione del pezzo operatorio ( proteggendo i bordi dell’incisione con un dispositivo in plastica ) e l’anastomosi per ripristinare la continuità digestiva è stata confezionata manualmente a livello extracorporeo . Lo studio in questione sottolinea come i passaggi tecnicamente più difficili siano stati resi più agevoli dall’introduzione del bisturi ad ultrasuoni. Questo permette di avere un minor rischio di sanguinamenti e minor rischio di danni a strutture vicine per il minor calore che sviluppa durante il suo funzionamento . (33)

(33)

Attualmente le linee guida dell’ NCCN affermano che la colectomia laparoscopica possa essere presa in considerazione basandosi sui seguenti criteri :

- l’esperienza del chirurgo nell’eseguire interventi di chirurgia colon-rettale per via laparoscopica ;

- l’assenza di malattia localmente avanzata ;

- l’assenza di occlusione o perforazione viscerale dovute al tumore ;

Inoltre è richiesta una meticolosa esplorazione dell’addome e bisogna prendere in considerazione il tatuaggio preoperatorio di lesioni molto piccole . (34)

(34)

1.3.3) Emicolectomia destra ‘’open’’ ed emicolectomia

destra laparoscopica : due tecniche a confronto .

L’applicazione della laparoscopia alla chirurgia del colon destro è andata affermandosi sempre più dopo i dubbi iniziali sulla efficacia della correttezza oncologica . Tuttavia questo resta un argomento ancora dibattuto . ( 35 ) Il primo studio che ha dimostrato la non inferiorità della colectomia laparoscopica rispetto a quella open per il trattamento curativo del cancro del colon è stato il COST del 2004 . A questo ne sono succeduti molti altri , la maggior parte dei quali prendenti in esame il numero di linfonodi asportati come parametro principale su cui paragonare le due procedure chirurgiche sotto l’aspetto oncologico . Tale numero rappresenta un marker di efficacia , anche se sono molteplici i fattori che intervengono nel determinare l’efficacia terapeutica : fattori intraoperatori , completa resezione del tumore con margini negativi per infiltrazione , decorso clinico e complicanze . (36) L’altro aspetto importante su cui vengono confrontati i due tipi di approcci chirurgici è l’outcome clinico dei pazienti . Può essere preso in esame l’outcome nel breve termine o nel lungo termine . Nel breve termine si fa solitamente riferimento al decorso postoperatorio , valutando l’eventuale insorgenza di complicanze e la rapidità di ripresa delle normali funzioni nei giorni di ricovero successivi all’intervento . Nel lungo termine , invece , si valutano principalmente i risultati sul piano oncologico considerando la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale , tipicamente , con un endpoint a 5 anni .

Tra i vari lavori sull’argomento vi è uno studio di Sticca e colleghi del 2013 , nel quale sono stati reclutati solo pazienti con tumori allo stadio III , perché gli stadi

(35)

I e II risultano più facilmente aggredibili laparoscopicamente . Gli obiettivi dello studio erano valutare l’uso e l’efficacia della laparoscopia nell’era successiva allo studio COST e determinare i fattori associati al tipo di procedura scelta per il paziente . La localizzazione tumorale più frequente per i pazienti arruolati nello studio era il colon destro (41,2%) , seguita dal sigma (39,3%) . Complessivamente gli autori hanno potuto notare un aumento statisticamente significativo dell’impiego delle procedure laparoscopiche durante il periodo dello studio fino a diventare la tecnica predominante , con il progressivo eclissamento delle procedure open . Questo trend si è accompagnato ad un numero maggiore di linfonodi asportati in laparoscopia , dato che ha permesso di confermare l’equivalenza nell’efficacia delle due procedure chirurgiche e ha suggerito che quello laparoscopico potrebbe essere l’approccio predominante nell’affrontare questo tipo di chirurgia . (36)

Una categoria di pazienti per i quali l’approccio laparoscopico è messo in discussione è rappresentata dai pazienti anziani . Spesso tali pazienti hanno un tasso più elevato di comorbidità , una funzionalità respiratoria inferiore e di conseguenza un punteggio ASA maggiore , rispetto a pazienti giovani . Alcuni studi hanno analizzato rischi e benefici della tecnica laparoscopica applicata a questi pazienti per il trattamento delle neoplasie del colon destro . Uno studio di Fujii e colleghi del 2013 ha reclutato a questo scopo pazienti di età minima di 75 anni in condizioni cliniche tali da poter tollerare un intervento in anestesia generale. Il primo obiettivo di questo studio era di valutare la sopravvivenza libera da malattia a 3 anni , secondariamente invece si volevano valutare anche la sopravvivenza globale , la durata del ricovero postoperatorio e il punteggio allo score HRQOL ( health related quality of life ) . Al termine dello studio gli autori hanno potuto affermare che la ridotta invasività della tecnica

(36)

laparoscopica apporta benefici in pazienti ad alto rischio come sono i pazienti anziani . In particolar modo è stata notata una ridotta incidenza di infezioni del sito chirurgico , di complicanze respiratorie e cardiache . La maggior durata dell’intervento ( circa 30 minuti in più rispetto alla tecnica open ) e la presenza dello pneumoperitoneo non hanno condotto a eventi avversi in questa popolazione . L’adeguatezza complessiva della procedura è stata confermata anche dal rispetto dei criteri oncologici . I risultati di questo studio , che appare essere l’unico studio randomizzato sull’argomento , portano a concludere che l’età , in assenza di specifiche patologie , in particolar modo cardiocircolatorie , che controindicherebbero l’utilizzo della laparoscopia , non sia un fattore sufficiente a indirizzare verso una tecnica open . (37)

Non perviene alle stesse conclusioni un altro studio sull’argomento di Quyn e colleghi , sempre del 2013 . In questo lavoro i pazienti arruolati hanno un’età minima di 70 anni e gli endpoints principali sono la morbidità e la mortalità . Gli autori partono dalla constatazione che all’aumento della vita media si è parallelamente accompagnato un incremento di pazienti anziani che presentano un carcinoma a carico del colon-retto da riferire ad un trattamento chirurgico . La laparoscopia ha avuto molta diffusione per questo tipo di chirurgia grazie ai suoi numerosi benefici , ma nell’anziano bisogna tenere conto di alcuni aspetti particolari tra cui lo stress fisiologico associato allo pneumoperitoneo e la necessità di mantenere la posizione di Trendelemburg per almeno parte dell’intervento . L’ipercapnia , il ridotto ritorno venoso , la ridotta compliance polmonare , possono potenzialmente aumentare il rischio di complicanze cardiopolmonari . I risultati dello studio sottolineano che nella popolazione anziana , a differenza di una popolazione standard , la chirurgia laparoscopica sia associata ad una maggior durata dell’intervento e non si accompagni ad una

(37)

ridotta morbidità postoperatoria o ad una significativa riduzione della durata del ricovero postoperatorio . (38)

La maggior parte degli studi conviene nel considerare la laparoscopia adeguata ed efficace nel trattamento del cancro del colon . Alcuni lavori hanno dimostrato che una resezione laparoscopica sia possibile in circa il 90% dei casi di chirurgia elettiva del colon-retto . Un numero minore di studi focalizza l’attenzione solo sul colon destro . Tra questi uno studio inglese e uno danese dimostrano entrambi la fattibilità e i vantaggi della laparoscopia . In particolare si fa riferimento a parametri quali : durata del ricovero postoperatorio , perdite ematiche durante l’intervento , necessità di farmaci analgesici nel postintervento che risultano tutti ridotti nell’approccio laparoscopico rispetto alla chirurgia tradizionale . Inoltre si conferma una più rapida ripresa della peristalsi intestinale e della canalizzazione , una minor incidenza di ernie postincisionali e un miglior risultato estetico . Non da ultimo si dimostra anche l’adeguatezza oncologica della laparoscopia . ( 39 ; 40 )

Il miglior outcome nel breve termine dopo chirurgia laparoscopica può essere una conseguenza del ridotto trauma chirurgico . La laparoscopia infatti evita la trazione manuale , la manipolazione dei tessuti intra-addominali e previene grosse perdite ematiche , tutti fattori che diminuiscono l’attivazione immunitaria e la risposta catabolica come reazione alla sollecitazione chirurgica. L’intervento laparotomico induce un maggiore stress operatorio che si traduce in una più intensa risposta infiammatoria . Come marker della risposta infiammatoria possono essere utilizzati i valori di interleuchina 6 , che infatti risultano inferiori nei pazienti sottoposti ad emicolectomia destra laparoscopica. Inoltre è stata documentata una soppressione della risposta

(38)

immunitaria cellulo-mediata nei pazienti che hanno ricevuto l’intervento open . ( 41 )

Studi sperimentali hanno anche dimostrato che il plasma ( contenente bassi livelli di insulin-like growth factor-binding protein 3 ) prelevato nel postoperatorio a pazienti sottoposti a chirurgia open stimola in vitro la crescita di linee cellulari umane . Tuttavia questo non è ancora stato correlato a qualche particolare aspetto clinico e prognostico per i pazienti . ( 42 )

Dall’esame della letteratura più recente , si può evincere che una parte degli studi confermano il dato dei vantaggi della laparoscopia da un lato e la non inferiorità dal punto di vista oncologico dall’altro , un’altra parte invece non giunge a stabilire una superiorità di una tecnica rispetto all’altra per quel che riguarda gli eventi del postoperatorio . I due tipi di intervento possono essere confrontati per diversi fattori , tipicamente si considerano :

- eventi intra-operatori : durata dell’intervento ed entità delle perdite ematiche ;

- eventi del ricovero postoperatorio : momento della sospensione di farmaci analgesici , reintroduzione di una dieta normale , momento della ripresa della peristalsi e durata della degenza ;

- complicanze precoci nel postoperatorio : deiscenze anastomotiche , infezioni urinarie , infezioni del sito chirurgico , infezioni polmonari , ileo postoperatorio prolungato , morbidità totale , mortalità totale , sanguinamento intra-addominale , trombosi venosa profonda e necessità di un reintervento ;

- rispetto intraoperatorio dei criteri oncologici : numero di linfonodi asportati , lunghezza del tratto resecato , margini liberi da infiltrazione

(39)

- risultati oncologici nel lungo termine : ricorrenza locale , ricorrenza a livello delle porte o incisioni chirurgiche e ricorrenza a distanza . ( 43 ) Per quanto riguarda le perdite ematiche intraoperatorie alcuni studi e meta-analisi riportano che queste risultino inferiori in laparoscopia ( 43 ; 44 ) , mentre altri giungono a stabilire una equivalenza (45 ; 46 ) , in particolare una metanalisi rileva che non vi sia una differenza statisticamente significativa , escludendo dalla raccolta dei dati gli studi di qualità inferiore . (43) Alcuni studi hanno anche dimostrato come le perdite ematiche siano , in media , inferiori in interventi eseguiti sul colon destro rispetto al sinistro .

La durata media dell’intervento risulta essere maggiore in laparoscopia , tendendo peraltro a diminuire con il progressivo training del chirurgo . ( 43;44;45;46;47 ) .

La maggior parte degli studi appaiono concordi nel confermare che vi sia un ridotto dolore postoperatorio e quindi una minor richiesta di farmaci analgesici per i pazienti sottoposti a laparoscopia . La ridotta componente dolorifica si traduce anche in una miglior ventilazione polmonare , con buona escursione diaframmatica e ridotto rischio di atelettasie ed infezioni respiratorie . Alcuni studi indicano però che lo pneumoperitoneo renda più difficoltosa la meccanica respiratoria durante l’intervento , fattore che potrebbe facilitare successive infezioni , ma a cui si può ovviare abbassando il valore pressorio di insufflazione da 15 a 12 mmHg . ( 45 )

L’ileo postoperatorio è ridotto nelle procedure laparoscopiche per la ridotta manipolazione dei visceri ( 45 ; 47 ; 48 ) e di conseguenza risulta più rapida la reintroduzione di una normale alimentazione . ( 46 )

Molti studi convengono nell’affermare che la durata della degenza postoperatoria sia inferiore ( in media di 5 giorni secondo alcuni autori ) a

(40)

seguito dell’intervento laparoscopico , altri invece riportano una sostanziale uguaglianza tra le medie dei valori della durata della degenza e comunque questo è un parametro molto variabile a seconda dei centri .

La metanalisi di Rondelli et al. , mentre evidenzia una maggior morbidità nel postoperatorio per il gruppo ‘’open’’ , non rileva , invece , una differenza statisticamente significativa tra gli altri end points dell’outcome a breve termine analizzati : entità del dolore , momento della reintroduzione di una dieta standard , ripresa della peristalsi e durata della degenza postoperatoria . (43) Considerando il numero globale di complicanze e attingendo i dati solo dagli studi svolti in modo più accurato si può affermare che non vi sia una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (43) . L’avvento della laparoscopia, infatti , ha generato alcune complicanze normalmente assenti nella chirurgia tradizionale : ernie incisionali di anse del piccolo intestino dalla sede dei trocars, maggior rischio di lesioni enteriche , ai vasi mesenterici e all’arteria epigastrica inferiore . (45)

Grazie al ridotto traumatismo e , conseguentemente , alla ridotta risposta infiammatoria nei pazienti sottoposti ad emicolectomia laparoscopica si ritrovano livelli ematici inferiori di IL1 , IL2 , IL6 , INF 𝛾 e TNF . Tuttavia i livelli di cortisolo , prolattina e PCR appaiono invariati rispetto a quelli dei pazienti sottoposti ad intervento open . La risposta immunitaria invece appare meglio conservata a seguito dell’intervento laparoscopico , e questo potrebbe avere implicazioni sulla prognosi oncologica nel lungo termine . Tuttavia non è molto ampia la letteratura al riguardo e uno studio su 60 pazienti ha anche dimostrato una non differenza tra i due gruppi in termini di numero di linfociti, cellule NK e valori di PCR . (45)

(41)

1.3.4) Linfoadenectomia

Tra gli obiettivi della chirurgia del cancro del colon oltre alla rimozione del tumore primario con adeguati margini e il ripristino della continuità gastrointestinale , vi è anche la linfoadenectomia regionale .

L’estensione della resezione dipende dalla localizzazione del tumore, dalla vascolarizzazione del tratto e dal drenaggio linfatico .

Il numero minimo di 12 linfonodi da asportare per avere una corretta valutazione oncologica è stato proposto una prima volta dal Working Party Report nel 1991 al Congresso Mondiale di Gastroenterologia , Endoscopia digestiva e Coloproctologia di Sidney , ridefinito nel 2000 dal College of American Pathologists e poi confermato da altre associazioni : American College of Surgeons , American Association of Clinical Oncology e National Comprehensive Cancer Network . Questo valore soglia di 12 permette di prevenire un inadeguato campione di linfonodi e , di conseguenza , una sottostadiazione della malattia con le conseguenti ricadute sulla prognosi . Un altro parametro di valutazione per la correttezza oncologica è il lymph node ratio ( LNR ) ossia il rapporto tra il numero di linfonodi metastatici e il numero totale di linfonodi asportati . (50)

Le linee guida NCCN raccomandano di :

- identificare e inviare per l’esame istologico i linfonodi fino all’origine dei vasi ;

- biopsiare o asportare , se possibile , i linfonodi al di fuori dal territorio di resezione , ma che sono considerati sospetti ;

(42)

- esaminare un minimo di 12 linfonodi per ottenere una valutazione del parametro N.

Linfonodi metastatici non asportati sono indicativi di una resezione incompleta ( R2 ) . La resezione , infatti , deve essere completa ( R0 ) per essere considerata curativa : a questo scopo deve essere rimosso il tumore primitivo e la zona di possibile diffusione senza lasciare residui di malattia in sede , né macroscopici , né microscopici . (34)

Diversi fattori hanno dimostrato di influenzare il numero di linfonodi asportati: l’età , il BMI , la sede del tumore , lo stadio e il grado di differenziazione del tumore , l’esperienza del chirurgo e il tipo di resezione chirurgica .

Vari studi hanno confrontato l’intervento laparoscopico con quello tradizionale allo scopo di individuare eventuali differenze nella correttezza della linfoadenectomia : sia nel numero di linfonodi totali asportati , sia nel numero di linfonodi positivi , ossia interessati da metastasi , asportati . Galal e colleghi in uno studio del 2010 riportano di non avere individuato differenze significative tra i due diversi approcci chirurgici . Gli stessi risultati sono stati ottenuti dallo studio di Yacoub e colleghi del 2013 : in questo caso non è stato preso in considerazione solo il numero totale di linfonodi , ma anche quello dei linfonodi positivi .

Un fattore che influisce significativamente sull’asportazione dei linfonodi è la localizzazione del tumore . Nei tumori del colon destro il numero di linfonodi è solitamente maggiore rispetto a quelli del colon sinistro , anche se lo studio di Yacoub riporta un numero simile di linfonodi positivi per entrambe le sedi del tumore . In base a questi dati gli autori concludono che può essere condotta un’adeguata linfoadenectomia regionale sia attraverso la tecnica chirurgica tradizionale , sia attraverso l’intervento laparoscopico . (50)

(43)

Uno studio svedese di Bernhoff e colleghi del Karolinska Institutet , osserva il miglioramento nel tempo dei risultati della linfoadenectomia in interventi eseguiti sul colon destro dal 1996 al 2009 . Sono stati inclusi in questo studio 3536 pazienti con localizzazioni tumorali al cieco , al colon ascendente e alla flessura epatica . L’intervento è stato eseguito effettuando una CME ( complete mesocolic excision ) descritta come una separazione del peritoneo del mesocolon ( fascia viscerale ) dal piano retroperitoneale con preservazione della fascia , ottenendo una completa mobilizzazione dell’intero mesocolon con uno strato fasciale intatto . Questo comporta una legatura centrale dei vasi che si traduce in un maggior numero di linfonodi asportati . Quello della CME è un concetto derivato dalla TME ( total mesorectal excision ) impiegata nella chirurgia oncologica del retto . Questa tecnica ha dimostrato il vantaggio di avere minori tassi di ricorrenza di malattia e di produrre migliori campioni di tessuto da analizzare . La CME ha avuto un impatto significativo sul lymph node ratio e il numero totale di linfonodi esaminati è andato aumentando durante il periodo dello studio . Diversi studi hanno indagato la relazione tra il numero di linfonodi asportati e l’outcome oncologico dei pazienti , evidenziando una correlazione diretta tra numero di linfonodi esaminati e sopravvivenza nei pazienti sia in stadio II che in stadio III . Alcuni studi , tuttavia , hanno fatto notare come ad un aumento del numero di linfonodi esaminati faccia seguito un corrispondente aumento dello stadio in cui viene classificato il paziente . Questo fenomeno è definito ‘’stage migration’’ , ma non è uniformemente accettato . Lo studio in questione conclude affermando che il LNR sia un importante fattore prognostico e che un suo valore inferiore a 0.33 sia predittivo di una maggior sopravvivenza , rispetto a valori più elevati . Inoltre viene evidenziato come , pur mantenendo fisso il numero di linfonodi

(44)

metastatici asportati , la prognosi migliora con l’aumentare del numero di linfonodi non interessati da malattia asportati , anche se le ragioni di ciò non sono note . (51)

I linfonodi in cui drena il colon destro si possono suddividere in quattro gruppi: - epicolici ( linfonodi della parete colica ) ;

- paracolici ( linfonodi tra colon e arcata vascolare marginale ) ;

- intermedi ( comprendono i gruppi ileo-colici , colici di destra e colici medi situati lungo i rami dell’arteria mesenterica superiore ) ;

- principali o preaortici ( a ridosso dell’arteria mesenterica superiore ) . Da quest’ultimo livello linfonodale la linfa si porta ai linfonodi retroaortici o al tronco linfatico intestinale che a sua volta confluisce nel tronco lombare sinistro o direttamente nel dotto toracico .

Per la linfoadenectomia si considera un’estensione trasversale ( dei linfonodi lungo le arterie marginali ) e un’estensione longitudinale ( dei linfonodi lungo il peduncolo arterioso ) .

La classificazione giapponese fa riferimento a tre raggruppamenti linfonodali ( pericolici , intermedi e principali ) e suddivide i pazienti con linfonodi metastatici in tre gruppi :

- LND1 : metastasi nei linfonodi adiacenti al colon o lungo le arcate vascolari delle arterie marginali ;

- LND2 : metastasi nei linfonodi lungo i vasi maggiori ( arterie ileocolica , colica destra e colica media ) ;

- LND3 : metastasi nei linfonodi lungo l’arteria mesenterica superiore . Il significato prognostico della distribuzione topografica dei linfonodi metastatici era stato introdotto nella quarta edizione del TNM ed eliminato a partire dalla quinta e rimane tuttora controverso . (52)

(45)

 

Figura  16    Stazioni  linfatiche  del  colon  :  per  il  colon  destro  i  linfonodi  paraintestinali  (  n°201,211,221  )   sono  classificati  come  gruppo  1  ,  i  linfonodi  mesenterici  (  n°  202,212,222  )  appartengono  al  gruppo  2  e   i   linfonodi   lungo   i   vasi   mensenterici   superiori   (   n°   203,213,223   )   appartengono   al   gruppo   3   .   La   dissezione  D3  comprende  tutti  questi  gruppi  linfonodali  .    

 

La linfoadenectomia D3 , che include i linfonodi paracolici , intermedi e principali , è stata adottata come procedura standard dalla Japanese Society for Cancer of the Colon and Rectum , tuttavia si tratta di una procedura che viene

(46)

messa in dubbio a causa della variabilità nell’anatomia vascolare del colon destro e della morbidità chirurgica. (29)

Secondo alcune evidenze l’ LND ha un valore prognostico più elevato nei tumori del colon sinistro rispetto a quelli del colon destro . In uno studio di Chang e colleghi si vuole verificare se il parametro LND possa essere un buon predittore di prognosi per i pazienti con stadio III di malattia . Tutti i pazienti oggetto di questo studio hanno subito un intervento chirurgico di emicolectomia destra per adenocarcinoma del colon in elezione , per alcuni di essi è stato adottato l’approccio open , per altri quello laparoscopico . Al termine dei lavori gli autori hanno potuto notare che non c’era differenza statisticamente significativa tra i diversi gruppi LND per quello che riguardava la morbidità totale , la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale . Un risultato analogo era stato ottenuto da Suzuki et al. portando gli autori a dichiarare che fosse più importante ai fini prognostici definire il fattore N secondo l’attuale TNM , piuttosto che suddividere i linfonodi metastatici per localizzazione topografica . Tuttavia gli studi che si sono occupati di verificare l’impatto della LND sulla sopravvivenza dei pazienti spesso includono sia i tumori del colon destro che quelli del colon sinistro , evidenze basate solo sullo studio del colon destro sono molto limitate . Kobayashi et al. sostengono che la localizzazione topografica ( LND ) andrebbe inserita nella valutazione dello staging per le neoplasie del colon destro , piuttosto che considerare il semplice fattore N . L’LND ha comunque alcune limitazioni considerando la notevole variabilità interindividuale nella vascolarizzazione del colon destro , rispetto al colon sinistro in cui l’anatomia vascolare è relativamente costante . Inoltre occorre considerare il fatto che la diffusione metastatica del tumore può non seguire un andamento sequenziale , ma avere un pattern più complesso . Infine,

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ulteriori critiche mosse all’LND sono rappresentate dal fatto che la classificazione LND non prenda in considerazione la distanza nella diffusione orizzontale o trasversale delle metastasi linfonodali e che non ci sia ancora una standardizzazione della linfoadenectomia D3 per il colon destro . (52)

Nonostante questo esistono studi a favore dell’utilizzo della classificazione LND , tra questi lo studio di Kanemitsu e colleghi . Gli autori partono dal presupposto che la linfoadenectomia nel trattamento chirurgico del tumore del colon destro rimanga un argomento controverso e si pongono l’obiettivo di determinare quale sia l’estensione ottimale della linfoadenectomia per la prognosi del paziente , effettuando interventi con linfoadenectomia D3 e ‘’no-touch isolation technique’’. I pazienti arruolati nello studio presentavano un tumore del colon destro in stadio I , II o III e per ciascuno stadio è stata valutata la sopravvivenza libera da malattia e quella globale a 5 anni . Gli autori concludono affermando che la linfoadenectomia D3 con ‘’no-touch isolation technique’’ consente una resezione curativa e una sopravvivenza a lungo termine . (53) Questa tecnica può essere applicata sia a procedure open che laparoscopiche , ma esistono solo pochi studi che descrivono l’applicabilità dell’approccio medio-laterale alla chirurgia del colon destro . Applicando tale procedura Seong e colleghi , nel loro studio hanno proceduto prima con l’individuazione e l’isolamento dei vasi ileocolici , colici destri e , dove necessario , colici medi , poi con la legatura all’origine . Dopodiché , una volta mobilizzati il mesocolon e l’omento , hanno effettuato la sezione del colon e la successiva anastomosi ileocolica termino-terminale per ripristinare la continuità digestiva . Questo sia ‘’a cielo aperto’’ che per via laparoscopica inducendo uno pneumoperitoneo con CO2 a 12 mmHg e utilizzando cinque trocars e un’ottica a

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