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Resezioni dell'Arteria Mesenterica Superiore in corso di Pancreasectomia: analisi retrospettiva della casistica operatoria

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Academic year: 2021

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A mia mamma

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Sommario

Capitolo I: Introduzione ... 6

1.1 Cenni Anatomici: arteria mesenterica superiore ... 8

1.2 Anatomia della ghiandola Pancreatica ... 10

1.3 Stadiazione AJCC-UICC 7° ed ... 14

1.4 Linee guida NCCN ... 15

1.5 Un concetto in evoluzione ... 17

1.6 Terapia neoadiuvante ... 18

1.7 Definizione radiologica delle neoplasie borderline resecabili ... 21

1.8 Criteri non radiologici per la definizione dei tumori borderline resecabili ... 23

1.9 La resezione vascolare ... 23

1.10 La resezione arteriosa ... 24

Capitolo II: Materiali e Metodi ... 27

2.1. Tecnica Chirurgica ... 28

2.2 Staging patologico ... 35

2.3 Complicanze post-operatorie specifiche ... 36

2.4 Selezione dei Pazienti ... 38

2.5 Casistica ... 39

2.6 Analisi dei risultati ... 39

Capitolo III: Risultati ... 40

3.1 Dati generali del gruppo in analisi ... 41

3.2 Accertamenti e interventi preoperatori ... 42

3.3 Risultati della Chirurgia ... 44

3.4 Decorso post-operatorio ... 48

3.5 Risultati Istologici ... 50

3.5 Analisi della Sopravvivenza ... 52

Capitolo IV: Discussione e Conclusioni ... 57

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3 Abstract

INTRODUZIONE: La chirurgia pancreatica rappresenta ancora oggi una sfida in termini di complessità in ambito della chirurgia addominale; questo è vero soprattutto per la chirurgia pancreatica associata alla resezione vascolare. Questa metodica consentirebbe l’intervento chirurgico curativo anche ai pazienti considerati classicamente non resecabili, benché esenti da lesioni metastatiche.

SCOPO: Lo scopo dello studio è descrivere una serie di 43 pancreasectomie consecutive, con associata resezione dell’arteria mesenterica superiore, eseguite presso l’U.O. Chirurgia Generale e Trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) dal mese di Gennaio del 1994 al mese di Giugno, analizzando i risultati a breve e a lungo termine.

MATERIALI E METODI: Tra il mese di Gennaio 1994 e il mese di Giugno 2016, 43 pazienti sono stati selezionati per essere sottoposti ad intervento di pancreasectomia con resezione en bloc dell’arteria mesenterica superiore. I dati sono stati estratti da un database prospettico ed analizzati retrospettivamente. Le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il test T di Student per campioni indipendenti per confrontare le variabili

quantitative con distribuzione normale, mentre per le variabili quantitative con distribuzione non gaussiana è stato usato il test non parametrico di Mann-Whitney, utilizzando un livello di significatività p<0,05 per entrambi. Per le variabili qualitative sono stati usati l’Odds ratio e il test chi-quadrato di Fisher, sempre adottando un livello di significatività p<0,05. Per quanto riguarda l’analisi della sopravvivenza e la costruzione delle curve di Kaplan Meier è stato utilizzato il software JMP. Sono stati studiati 43 pazienti, 23 di sesso femminile, con un’età media 60±8,7 anni, 41 erano sintomatici al momento della diagnosi, nei restanti pazienti la diagnosi era stata posta per riscontro durante esami effettuati per il follow-up di altre patologie.

RISULTATI: Le procedure, eseguite a cielo aperto, sono state: 35(81%)

splenopancreasectomie, 5 DCP(12%), 3 (7%) pancreasectomie con preservazione della milza. In 17 pazienti è stata eseguita una pancreasectomia regionale. In totale sono stati resecati 104 vasi; 43 AMS, 38 VMS, 8 HA, 4 VR, 4 TC, 3 CMP, 3 VC, 1 V Splenica. Tati vasi sono stati ricostruiti in 57 casi mediante un’anastomosi diretta, 39 casi utilizzando dei graft autologhi o eterologhi, in 5 casi mediante la rotazione dei vasi splenici e in 3 casi mediante l’apposizione di patch. La durata media dell’intervento chirurgico è stata di 627,35±128,6 minuti, con una perdita ematica media di 2291,5 ml. Sono stati trasfusi 31 (72,1%) pazienti durante la chirurgia, con una media di 3,1±4,2 sacche di GRC per paziente.

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Il gruppo dei pazienti è stato diviso in 2 periodi, ed è stata osservata una riduzione statisticamente significativa della durata dell’intervento, 681 vs 595, p<0,025, e del numero medio di sacche di GRC trasfuse, 4,4 vs 2,4. Sono stati asportati in mediamente 76,5 linfonodi (range 26-148), con un incremento non statisticamente significativo del numero medio dei linfonodi asportati nei 2 periodi analizzati 70,1 (range 26-148) vs 81,2 (range 48-135). Tempo di degenza post-intervento è risultato essere di 26,6±17 giorni (9-89), la degenza in UTI di 7,2±15 giorni (1-89). La morbilità del ricovero è risultata del 65,1%, la morbilità chirurgica del 55,8%, la morbilità medica del 72,1%. Le complicanze chirurgiche più frequenti sono state le raccolte addominali e il ritardato svuotamento gastrico. Le complicanze sono state trattate in 4 pazienti mediante il posizionamento di un drenaggio per via TC o eco-guidata, in 2 casi mediante un intervento endoscopico, in 8 casi mediante un intervento chirurgico, le altre complicanze sono state trattate con terapia medica

conservativa. Durante il ricovero 12 pazienti (27,9%) hanno sviluppato delle complicanze C-D ≥3B. La mortalità perioperatoria riscontrata entro i 30 giorni dall’intervento chirurgico è stata del 9,3% (4 pazienti). Quella a 90 giorni si è verificata in 9 pazienti (20,9%). Nel tempo, tra il 1° e il 2° periodo, si è verificata una riduzione, anche se non significativa della morbilità del ricovero, 66,7% vs 64% e della mortalità del decorso 22,2% vs 20%.

Ai risultati dell’esame istologico sono risultati 30 ACD (69,8%), 8 IPMC (18,6%), 1 adenocarcinoma coledocico, 1 adenocarcinoma digiunale (2,3%), 1 citoadenoma mucinoso (2,3%), 1 neoplasia neuroendocrina (2,3%) e 1 sarcoma di Ewing (2,3%). Sono stati asportati mediamente 76,5 linfonodi. In 36 casi sono stati evidenziati dei linfonodi metastatici, con una ratio linfonodale media di 0.06 (range 0,008-0,2), e con un numero medio di linfonodi metastatici pari a 4,45 (range 0-24). All’esame istologico l’invasione della parete vascolare è stata dimostrata solo in 42 casi: 22 della vena mesenterica superiore, 9 dell’arteria

mesenterica superiore, 3 della vena porta, 3 dell’arteria epatica, 2 della vena cava, 1 della confluenza mesenterico-portale, 1 della vena renale. La radicalità oncologica è stata raggiunta in 40 pazienti (93%). Per quanto riguarda l’infiltrazione degli spazi perineurali, questa è stata evidenziata nell’82% dei pazienti.

La sopravvivenza mediana dei pazienti con ACD è risultata pari a 17,4 mesi (media 22,9 mesi). Durante il follow-up 36 pazienti sono deceduti, il decesso dei pazienti con ACD è avvenuto nel 60% dei casi per recidiva neoplastica che si è manifestata nell’83,3% a livello epatico, nel 38,9% a livello polmonare, nel 38,9% come carcinosi peritoneale, nel 5% a livello locale. E’ stato visto un miglioramento nella sopravvivenza mediana nei pazienti che avevano eseguito la terapia neoadiuvante, adiuvante, che avevano avuto un decorso regolare, che avevano un numero di linfonodi metastatici escissi < 8, e una ratio < 0,05.

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CONCLUSIONI: In centri ad alto volume la chirurgia pancreatica con associata resezione vascolare dell’arteria mesenterica superiore può essere eseguita in maniera sicura, infatti la morbilità e la mortalità di questi interventi non risultano significativamente superiori rispetto a quelle riportate in letteratura per le pancreasectomie associate a resezione venosa,

universalmente accettate. L’aumento della mortalità e della morbilità viene ad essere compensato da un guadagno nella sopravvivenza mediana, che può essere paragonata a quella delle pancreasectomie con resezione vascolare venosa. Con l’aumento del numero delle procedure e il raggruppamento delle casistiche in studi multicentrici, sarà possibile comprendere i reali vantaggi nell’outcome e nella qualità di vita, in modo da definire più precisamente le indicazioni e le linee guida per questo tipo di chirurgia.

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La neoplasia pancreatica rappresenta la 4° causa di morte per neoplasia ed è associata ad una prognosi estremamente sfavorevole, con una sopravvivenza media di 5-8 mesi e una sopravvivenza a 5 anni del 5%. [1]. Sfortunatamente anche tra coloro che

vengono sottoposti a resezione, la sopravvivenza mediana è di 15-23 mesi, con una prognosi a 5 anni del 20%.[2-4].

Mentre la resezione chirurgica radicale rimane l’unica opzione curativa, più

dell’80% dei pazienti presenta alla diagnosi una patologia non resecabile, di questi il 50-60% si presenta con malattia già metastatica alla diagnosi, in cui la chemioterapia palliativa rimane l’unica opzione.[5, 6] In circa il 30-40% dei pazienti la malattia è considerata localmente avanzata al momento della diagnosi. Negli ultimi anni sta emergendo l’idea che questo sottogruppo di pazienti, precedentemente considerati non candidabili alla resezione chirurgica a causa del rapporto stretto tra la neoplasia pancreatica primitiva e i vasi circostanti, potrebbe beneficiare della chirurgia, soprattutto se preceduta da una terapia neoadiuvante.

Questo stadio della malattia prende il nome di ‘borderline resecabile’ ed ha suscitato un interesse crescente, ed è oggi il fulcro di vari trial clinici multicentrici.

La resezione chirurgica è indispensabile per la cura e il raggiungimento di una sopravvivenza a lungo termine, perché la chirurgia è al momento l’unica terapia definitiva in grado di aumentare la mediana di sopravvivenza dai 5-10 mesi della chemio-radioterapia a 23 mesi, se viene fatta una resezione con margini negativi. [7]

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1.1 Cenni Anatomici: arteria mesenterica superiore

L’arteria mesenterica superiore nasce dall’aorta addominale, circa 1 cm sotto il tronco celiaco, a livello di L1-L2 e vascolarizza l’intero intestino tenue (ad eccezione della parte superiore del duodeno), il cieco, il colon ascendente e la metà destra del colon trasverso.

Si dirige anteriormente e inferiormente, passando al di dietro del pancreas, fra testa e processo uncinato, ed è incrociata dalla vena splenica. Inoltre incrocia la porzione orizzontale del duodeno e penetra nella radice del mesentere e seguendone l’inserzione parietale, si porta in basso, incrociando la vena cava inferiore, l’uretere destro e il muscolo grande psoas e descrivendo una curva sinistro-convessa, fino a giungere in

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fossa iliaca destra, dove si anastomizza con l’arteria ileocolica, uno dei suoi rami collaterali.

Lungo il suo decorso è accompagnata dalla vena mesenterica superiore, situata a destra, ed è circondata dal plesso nervoso mesenterico.

I rami collaterali che nascono dall’arteria mesenterica superiore sono:

- Arteria pancreaticoduodenale inferiore che nasce a livello del mar gine superiore della porzione orizzontale del duodeno, oppure dal suo primo ramo digiunale. Si divide in un ramo anteriore che si anastomizza con il ramo anteriore dell’arteria pancreaticoduodenale superiore, e un ramo posteriore, che si anastomizza con il ramo posteriore dell’arteria pancreaticoduodenale superiore. Ambedue i rami si distribuiscono alla testa del pancreas e al duodeno.

- 12-20 Rami digiunali e ileali (arterie intestinali) nascono dal lato sinistro dell’arteria mesenterica superiore e vascolarizzano il digiuno e l’ileo, tranne nella sua ultima porzione. Presentano un decorso parallelo tra di loro tra i foglietti del mesentere e ciascun vaso si divide in 2 rami, uno superiore e uno inferiore, che si uniscono al corrispondente ramo di divisione dell’arteria adiacente, formando una prima serie di arcate. Dalla convessità di queste arcate nascono altri rami che si uniscono formando un’altra serie di arcate, più piccole; questo comportamento si può ripetere per 3-4 volte. Dall’ultima arcata si

staccano le arterie rette.

- Arteria ileocolica che nasce dal lato destro dell’arteria mesenterica superiore e si dirige in basso e a destra, posteriormente al peritoneo parietale posteriore, verso la fossa iliaca destra. Qui si divide in un ramo superiore che si

anastomizza all’arteria colica destra e un ramo inferiore che si unisce alla parte terminale dell’arteria mesenterica superiore. Lungo il suo decorso incrocia l’uretere destro, i vasi testicolari o ovarici e il muscolo grande psoas. Il ramo inferiore decorre verso l’angolo ileocecale dando origine a rami colici e cecali, all’arteria appendicolare e a un ramo ileale.

- Arteria colica destra che nasce dal lato destro dell’arteria mesenterica superiore o da un tronco comune con l’ileocolica. Decorre obliquamente verso destra, posteriormente al peritoneo parietale. In prossimità della parte destra del colon si divide in un ramo discendente che si unisce all’arteria ileocolica e un ramo ascendente che si unisce all’arteria colica media, formando delle arcate. Dalla convessità delle arcate nascono piccoli vasi che si suddividono ancora fino ad andare ad irrorare i 2/3 superiori del colon di destra e la flessura colica di destra.

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- Arteria colica media che origina inferiormente al pancreas, e decorrendo tra i 2 foglietti del mesocolon trasverso, si divide in un ramo destro e uno sinistro che si uniscono con i rami dell’arteria colica destra e sinistra, ramo dell’arteria mesenterica inferiore. Le arcate si trovano a 3-4cm dal colon trasverso, vascolarizzato dai rami collaterali di tali arcate.[8]

1.2 Anatomia della ghiandola Pancreatica

La testa del pancreas giace nella C duodenale davanti alla Vena Cava Inferiore e alla Vena Renale di Sinistra. Il processo uncinato è un’estensione verso sinistra della metà inferiore della testa; ha dimensioni variabili ed è situato tra i Vasi mesenterici Superiori (la Vena a destra e l’Arteria a sinistra), davanti all’Aorta.

La porzione terminale della Via Biliare Comune scorre dietro o a volte attraverso la porzione superiore della testa del pancreas prima dell’unione con il Dotto Pancreatico Principale di Wirsung per formare l’ampolla.

Il collo del pancreas è situato davanti alla Vena Mesenterica Superiore, Vena Splenica e la Confluenza Portale. Il corpo e la coda del pancreas scorrono obliquamente verso sinistra davanti all’Aorta e al rene sinistro. Il collo perciò è una giunzione arbitraria tra la testa e il corpo del pancreas. La Vena Porta scorre dietro il collo del pancreas. La punta della coda raggiunge l’ilo splenico nel ligamento splenorenale.

La testa pancreatica costituisce circa il 50% del parenchima pancreatico, e il corpo e la coda costituiscono il restante 50%.

Il mesocolon trasverso con i vasi colici medi all’interno è adeso alla superficie anteriore della porzione inferiore del corpo e della coda, la maggior parte della ghiandola è situata del compartimento sovracolico. Il corpo e la coda del pancreas sono situati all’interno della borsa omentale, dietro lo stomaco.

Vascolarizzazione del pancreas

Il pancreas deriva la sua ricca rete vascolare sia dall’asse celiaco che dall’arteria mesenterica superiore; questo è il motivo per il quale quando viene fatta l’arteriografia per il sanguinamento come una complicanza della pancreatite acuta, cronica o

pancreatoduodenectomia devono essere esaminati sia l’asse celiaco che l’arteria mesenterica superiore.

L’asse celiaco trae la sua origine dalla parete anteriore dell’aorta a livello di T12-L1. Questo ha una lunghezza di circa 1cm e si divide in: Arteria Epatica Comune, Arteria Splenica e Arteria Gastrica Sinistra. L’arteria epatica comune decorre verso destra sul bordo

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superiore della porzione prossimale del corpo del pancreas, mentre l’arteria splenica decorre verso sinistra sul bordo superiore della porzione distale del corpo e della coda del pancreas.

L’arteria mesenterica superiore origina dalla parete anteriore dell’aorta dalla porzione subito sottostante l’origine del tronco celiaco, a livello di L1, dietro il collo del pancreas. Una volta originata scende verso il basso di fronte al processo uncinato e alla 3° porzione duodenale, per entrare all’interno del mesentere del piccolo intestino.

L’arteria gastroduodenale, un ramo dell’arteria epatica comune, decorre verso il basso dietro alla prima porzione del duodeno di fronte al collo del pancreas e si divide a formare l’arteria gastroepiploica destra e l’arteria pancreaticoduodenale superiore, che si biforca ulteriormente a formare le branche anteriori e posteriori.

L’arteria pancreaticoduodenale inferiore origina dall’arteria mesenterica superiore, e anche questa si biforca nelle branche anteriori e posteriori.

Le branche anteriori e posteriori dell’arteria pancreaticoduodenale superiore e quella inferiore si uniscono a formare le arcate pancreaticoduodenali anteriori e posteriori fornendo alcuni piccoli rami arteriosi alla testa del pancreas, al processo uncinato, così come anche alla 1°, 2° e 3° porzione del duodeno (vasa recta duodeni).

Numerosi rami pancreatici, compresa la grande arteria pancreatica o arteria magna pancreatica, originando dall’arteria splenica, irrorano il corpo e la coda del pancreas. Branche piccole multiple pancreatiche originanti dall’arteria pancreatica dorsale, di origine dall’arteria splenica, e dall’arteria pancreatica inferiore, originante dall’arteria mesenterica superiore irrorano il corpo e la coda del pancreas.

La vascolarizzazione arteriosa pancreatica forma un’importante arcata anastomotica tra l’asse celiaco e l’arteria mesenterica superiore.

Le vene accompagnano l’arteria pancreaticoduodenale superiore e quella inferiore. Le vene pancreaticoduodenali superiori drenano nella vena porta, mentre le vene

pancreaticoduodenali inferiori drenano nella vena mesenterica superiore. Le poche piccole fragili vene originanti dal processo uncinato drenano direttamente nella vena mesenterica superiore. Alcune vene della testa drenano nel tronco gastrocolico. Le numerose vene piccole e fragili del corpo e coda drenano direttamente nella vena splenica.

La vena mesenterica superiore decorre a destra rispetto all’arteria mesenterica superiore, di fronte al processo uncinato e alla 3° porzione del duodeno. La vena splenica nasce dall’ilo splenico dietro la coda del pancreas e decorre da sinistra a destra sulla superficie posteriore del corpo pancreatico. La vena porta si forma dalla confluenza tra la vena splenica e la vena mesenterica superiore dietro al collo pancreatico.

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La vena mesenterica inferiore confluisce nella vena splenica o nella giunzione tra la vena mesenterica superiore e la vena splenica oppure anche solo nella vena mesenterica superiore.

La vena porta riceverà le vene pancreaticoduodenali superiori, la gastroepiploica destra, la gastrica sinistra e la gastrica destra; dopo decorrerà superiormente dietro la prima porzione del duodeno all’interno del ligamento epatoduodenale posteriormente al dotto biliare comune sulla destra e all’arteria epatica propria sulla sinistra.

Drenaggio linfatico

I linfonodi regionali sono quelli peripancreatici, che includono anche i linfatici lungo l’arteria epatica, l’asse celiaco e la regione pilorica e splenica. La testa del pancreas drena nei linfonodi pancreatico-duodenali e nei linfonodi del legamento epatoduodenale, come nei linfonodi prepilorici e postpilorici. Il corpo e la coda del pancreas drenano nei linfonodi mesocolici, siti intorno all’arteria colica media, e nei linfonodi lungo l’arteria epatica e splenica.

Il drenaggio finale avviene nei linfonodi celiaci, mesenterici superiori, paraortici e aorto-cavali. Vi è una ricca rete linfatica intorno al pancreas, e per avere un’accurata stadiazione della neoplasia è necessario che tutti i linfonodi rimossi vengano analizzati. Per avere un’ottima analisi istologica del materiale pervenuto in seguito alla

pancreatoduodenectomia, il campione deve contenere almeno 10 linfonodi.

Innervazione

Il pancreas è innervato dal sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico. Le fibre simpatiche pregangliari originano a livello di T5-T10, penetrano nei gangli della catena del simpatico e da qui discendono attraverso il nervo grande splancnico toracico nel plesso celiaco e nel plesso pancreaticoduodenale dove sinaptano nei gangli nervosi. Le fibre nervose postgangliari di questi 2 plessi seguono il decorso dei vasi arteriosi che irrorano il pancreas per innervarlo penetrando sin tra gli acini. Le fibre simpatiche hanno azione vasocostrittrice e in parte secretomotoria.

Le fibre parasimpatiche derivano dal nervo vago posteriore e dai nervi parasimpatici del plesso celiaco, e hanno azione vasodilatatrice e secretomotoria.

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1.3 Stadiazione AJCC-UICC 7° ed

La neoplasia pancreatica può essere classificata in base al sistema stadiativo dell’American Joint Commitee on Cancer:

- Le neoplasie nello stadio I e II sono confinate nella testa del pancreas, anche se potrebbero dare coinvolgimento della vena mesenterica superiore o della vena porta. Spesso inoltre danno un coinvolgimento dei linfonodi peripancreatici che sono inclusi nel settore resecato.

- Lo stadio III include neoplasie T4, che coinvolgono l’arteria mesenterica superiore o l’asse celiaco.

- Lo stadio IV racchiude le neoplasie che hanno metastatizzato a distanza, tipicamente a livello epatico, oppure hanno determinato metastasi peritoneali.

Questo ha dei risvolti pratici nella gestione clinica del paziente, infatti i pazienti con neoplasia nello stadio I, IIa e IIb vengono sottoposti a chirurgia curativa radicale di prima linea. Le neoplasie invece con il coinvolgimento degli assi venosi principali, e quelli al III stadio hanno una gestione più complicata. Solitamente questi tumori non vengono rimossi al momento della diagnosi ma i pazienti vengono sottoposti ad alcuni cicli chemioterapia neoadiuvante. Se la neoplasia risponde alla terapia neoadiuvante e si ha la riduzione del contato con le strutture arteriose, il paziente potrebbe essere candidabile ad una resezione chirurgica, ma solo se dal planning preoperatorio risulta che la se la radicalità possa essere ottenuta. Infatti, qualora questa non venisse raggiunta, ci sarà una recidiva rapida della neoplasia a livello locale.

La neoplasia al IV stadio non è resecabile, perciò il paziente non potrà essere sottoposto ad una chirurgia curativa.[9-12]

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1.4 Linee guida NCCN

Negli ultimi 5 anni è stato sviluppato un nuovo sistema stadiativo basato sulle linee guida dell’NCCN, che viene usato frequentemente dai chirurghi e oncologi medici per guidare il trattamento delle neoplasie pancreatiche. [13, 14] Questo sistema classifica le neoplasie come:

- Potenzialmente resecabili, che non coinvolgono gli assi vascolari locali; questi pazienti hanno l’indicazione alla chirurgia per una resezione

potenzialmente curativa, e nella maggior parte dei casi viene fatta anche una terapia antiblastica adiuvante post-chirurgica

- Borderline resecabili - Localmente avanzati - Metastatici

Rispetto ad un approccio chirurgico di prima linea nei tumori resecabili, quelli con neoplasie borderline resecabili vengono trattati in prima battuta con una terapia

neoadiuvante, e se si verifica una regressione locale della patologia o non vi è una progressione della malattia che precluderebbe il raggiungimento di margini R0 (coinvolgimento del tronco celiaco, dell’arteria mesenterica superiore o la presenza di metastasi a distanza) vengono sottoposti a pancreaticoduodenectomia. I pazienti con neoplasia localmente avanzata vengono gestiti in modo simile. La durata ottimale della terapia neoadiuvante non è nota, come anche il vero valore della chemio-radioterapia.

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Criteri che definiscono la resecabilità delle neoplasie pancreatiche

Neoplasia resecabile

- Assenza di metastasi a distanza

- Assenza di evidenza radiologica di distorsione della VMS o della vena porta

- Piani di clivaggio sicuri intorno all’AMS, tripode celiaco e arteria epatica

Neoplasia borderline resecabile

- Assenza di metastasi a distanza

- Coinvolgimento venoso della VMS o vena porta con restringimento/deformazione/occlusione della vena, in presenza di vasi prossimali e distali riutilizzabili per la ricostruzione - Encasement dell’arteria gastroduodenale fino

all’arteria epatica con o encasement per breve tratto o abutement dell’arteria epatica, senza estensione all’asse celiaco

- Abutement dell’AMS < 180° della circonferenza del vaso.

Neoplasie non resecabili

Testa - Metastasi a distanza

- Coinvolgimento della parete dell’AMS> 180°, o qualsiasi tipo di contatto con il tronco celiaco - Occlusione VMS/porta non ricostruibile - Invasione/encasement dell’aorta o della cava

inferiore

Corpo - Metastasi a distanza

- Encasement AMS o tronco celiaco >180° - Occlusione VMS/porta non ricostruibile - Invasione dell’aorta

Coda - Metastasi a distanza

- Encasement AMS o tronco celiaco >180°

Status linfonodale Le metastasi ai linfonodi fuori dalla regione

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1.5 Un concetto in evoluzione

Nel corso degli anni, nei pazienti sottoposti a resezione per adenocarcinoma duttale del pancreas, è stato visto che la prognosi dipendeva strettamente dai margini di resezione, con risultati nettamente migliori nei pazienti sottoposti a rimozione completa della neoplasia primitiva con margini istologicamente negativi (R0). La sopravvivenza dei pazienti

sottoposti a rimozione completa della neoplasia primitiva con margini di resezione istologicamente positivi (R1) invece si è dimostrata nettamente minore in più studi. [2, 15-17]. Infine i pazienti che vengono sottoposti a chirurgia con residuo macroscopico di neoplasia (R2), hanno una prognosi simile ai pazienti non trattati chirurgicamente. [17-20]

Storicamente la resecabilità della neoplasia pancreatica era definita dall’assenza delle metastasi a distanza, dell’estensione locale della neoplasia all’asse celiaco e all’arteria epatica, e dall’assenza di coinvolgimento dei vasi mesenterici superiori.

Tuttavia alcuni studi degli anni ‘90 hanno suggerito che la resezione venosa R0 era associata a una sopravvivenza equivalente alla pancreatoduodenectomia standard. Questo ha portato ad un aumento delle resezioni vascolari nelle resezioni curative negli anni seguenti.

Nel 1994, Allema et al[21] hanno pubblicato uno studio su 20 resezioni della vena mesenterica superiore/vena porta, mostrando l’assenza di differenze significative nella sopravvivenza rispetto alla pancreatoduodenectomia standard, e confermando sia la fattibilità della procedura che la capacità di ottenere dei margini di resezione R0.

In uno studio simile, Fuhrman et al [22] ha confermato questi risultati, concludendo che la resezione vascolare è un mezzo sicuro ed efficace attraverso il quale è possibile ottenere una resezione completa in caso di aderenza della neoplasia alla vena mesenterica superiore o alla confluenza mesenterico-portale.

Nel 2004, un gruppo del MD Anderson Cancer Centre ha rivisto tutti i pazienti sottoposti a pancreatoduodenectomia tra il 1990 e il 2002. Su 291 pazienti sottoposti a PD per adenocarcinoma duttale pancreatico, 181 hanno avuto una procedura standard e 110 hanno avuto una PD con resezione vascolare. La sopravvivenza media è stata di 26,5 mesi per il gruppo della PD standard e 23,4 mesi per il gruppo che ha richiesto anche una resezione vascolare. [23]. Chiaramente l’estensione del coinvolgimento venoso è in diretto rapporto con l’operabilità e con lo status finale dei margini di resezione. Più la neoplasia si estende a sinistra della vena mesenterica superiore e della vena porta, e più potrà andare a determinare l’invasione dell’arteria mesenterica superiore.

Nel 2009, Boggi et al hanno confermato questi risultati, concludendo che in pazienti accuratamente selezionati la pancreatoduodenectomia con resezione vascolare venosa era

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sicura quanto la PD standard, ma associata ad una sopravvivenza migliore rispetto alla palliazione.[24, 25]

Lu et al[26] hanno notato che un coinvolgimento vascolare maggiore della metà della circonferenza del vaso era altamente specifica per una neoplasia non resecabile. La classificazione di Ishikawa, creata da Ishikawa et al nel 1992, è basata sulle metodiche di imaging che mostrano il rapporto tra la neoplasia e l’asse venoso che può essere:

1. Normale

2. Leggero spostamento del vaso venoso senza restringimento 3. Restringimento unilaterale

4. Restringimento bilaterale

5. Restringimento bilaterale e presenza di circoli venosi collaterali Quindi una serie di osservazioni cliniche ha portato al concetto di patologia borderline resecabile. Queste sono state ben riassunte da Katz et al[27]:

- La completa resezione della neoplasia primitiva e dei linfonodi regionali è necessaria per una sopravvivenza a lungo termine

- L’incidenza di una resezione R0 si riduce con l’aumentare del coinvolgimento della vena mesenterica superiore/vena porta e arteria mesenterica superiore.

- La resezione della vena mesenterica superiore/ vena porta e dell’arteria epatica ma non dell’arteria mesenterica superiore è associata a una morbilità accettabile - La vera regressione della neoplasia localmente avanzata (downstaging) in seguito

alla somministrazione della terapia neoadiuvante è rara

- La chemioterapia e la chemio-radioterapia neoadiuvanti possono essere utilizzati per selezionare i pazienti con biologia favorevole della neoplasia, che potrebbero beneficiare di una chirurgia aggressiva

1.6 Terapia neoadiuvante

Generalmente in casi di neoplasia localmente avanzata, o infiltrante i vasi arteriosi peripancreatici, deve essere valutato l’impiego di una terapia neoadiuvante per ottenere un controllo locale della neoplasia. Questo tratta mento può essere eseguito secondo protocolli diversi, e non è una terapia ancora standardizzata.

Le prime forme di terapia neoadiuvante per il carcinoma pancreatico risalgono agli anni ’80, quando veniva impiegata la radioterapia. [28]

Ad inizio anni ’90 un piccolo studio è stato condotto in cui 28 pazienti con

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radiosensibilizzante. Dopo la ristadiazione, 17 pazienti su 28 potevano essere sottoposti a resezione con poche complicanze, confermando la fattibilità e la sicurezza della terapia neoadiuvante seguita dalla resezione. [29]

Altri studi sono stati eseguiti, negli anni successivi mostrando la netta superiorità della chemio-radioterapia preoperatoria rispetto a quella postoperatoria, la possibilità di down-staging, la selezione dei pazienti per la chirurgia, l’estensione della resezione ad una fetta più ampia di pazienti, la riduzione delle recidive, l’aumento della resecabilità con margini R0, senza essere tuttavia correlata a complicanze postoperatorie maggiori e un periodo maggiore di ricovero. [30-34]

Insieme questi studi suggeriscono che esiste un piccolo gruppo di pazienti dove la terapia neoadiuvante sembra determinare una riduzione dimensionale della neoplasia pancreatica. Tuttavia la mancanza di specificità della stadiazione radiologica dopo la

chemio-radioterapia neoadiuvante indica che il i dati radiologici potrebbe non riflettere accuratamente i benefici della terapia neoadiuvante, in quanto si tratta di una neoplasia che tende a stimolare la produzione di tessuto fibroso, che può simulare all’imaging il tessuto neoplastico.[35]

Nel 2010 Gillen et al hanno pubblicato una review con associata metanalisi sulle percentuali di risposta alla terapia neoadiuvante e sul numero delle resezioni

nell’adenocarcinoma pancreatico, basata su un totale di 111 studi. Gli autori individuavano 3 categorie di pazienti in base alla presentazione alla diagnosi: malattia resecabile, malattia localmente avanzata/non resecabile, malattia metastatica. Da questo studio si evince che per

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quanto riguarda le neoplasie con patologia inizialmente resecabile, la sopravvivenza e la resezione dopo la terapia neoadiuvante è simile a quella delle neoplasie primariamente resecate e trattate con terapia adiuvante post-chirurgia. Per quanto riguarda invece le neoplasie localmente avanzate, di queste circa 1/3 potranno essere resecate in seguito alla somministrazione della terapia neoadiuvante, con una sopravvivenza paragonabile alle neoplasie primariamente resecabili. Quindi i pazienti con neoplasie localmente avanzate non resecabili devono essere inclusi in protocolli neoadiuvanti e successivamente rivalutati per la resezione. [36]

Nonostante l’esiguità di dati a supporto ad una terapia standard per la neoplasia pancreatica borderline resecabile, la terapia neoadiuvante è correntemente l’approccio di prima scelta. I vantaggi teorici a supporto di una terapia neoadiuvante sono:

- Il trattamento precoce delle micrometastasi

- Miglioramento della selezione dei pazienti per l’intervento chirurgico

- La maggior efficacia della chemioterapia prima della chirurgia a causa del miglior delivery del farmaco

- Il potenziale downstaging della lesione, con un più probabile ottenimento di una resezione R0

- Assicura una terapia multimodale ai pazienti sottoposti a resezione [37]

L’ultimo punto è molto importante, in quanto circa il 25% dei pazienti sottoposti a resezione non è in grado di ricevere una chemioterapia adiuvante a causa delle complicanze postoperatorie, del tempo di ricovero prolungato o della riduzione del performance status (deconditioning).[30]

I pazienti con patologia borderline resecabile spesso richiedono resezioni più

complesse, ed è perciò ragionevole pensare che ci possano essere dei ritardi anche importanti nell’inizio della terapia adiuvante. La terapia neoadiuvante seleziona i pazienti che trarranno maggior beneficio dalla resezione identificando quelli con un adeguato performance status per poter completare la chemioterapia preoperatoria, inoltre seleziona le neoplasie con una biologia più favorevole. [38]

Teoricamente la terapia preoperatoria può anche sfruttare l’aumentata ossigenazione della neoplasia che migliora la distribuzione della chemioterapia ai tessuti tumorali, a differenza dallo stato postoperatorio. Questo può risultare in una maggiore efficacia della radioterapia.[39]

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1.7 Definizione radiologica delle neoplasie borderline resecabili

In generale le neoplasie pancreatiche borderline resecabile non sono né chiaramente resecabili né non resecabili, ma anzi presuppongono un maggior rischio di resezione con margini positivi. Molti gruppi hanno proposto delle definizioni, tuttavia non c’è ancora una definizione universalmente accettata di una neoplasia pancreatica borderline resecabili.

Le prime definizioni sono state pubblicate dal National Comprehensive Cancer Network (NCCN) e dal MD Anderson Cancer Centre. [40] Nel 2009 è stata creata una terza definizione grazie al consenso tra l’AHPBA/SSAT/SSO, questa è stata dopo adottata anche dal NCCN[41]. Questa differisce dalla definizione proposta dal gruppo MD Anderson, che è molto simile alla definizione AHPBA/SSAT/SSO/NCCN eccetto per il fatto che esclude le neoplasie in contatto (<180° di interfaccia tumore-vaso) o determinano un encasement (≥ 180°) della VMS/VP, che non vengono considerate resecabili. (Tabella 1)

In uno studio Giapponese retrospettivo su 142 pazienti con evidenza radiologica di coinvolgimento arterioso o venoso da parte della neoplasia, ma classificabili come borderline resecabili, dopo la resezione senza una terapia neoadiuvante preoperatoria, sono state

eseguite resezioni R0 nel 70,3% dei pazienti con coinvolgimento della vena porta, 47,6% dei pazienti con coinvolgimento dell’arteria epatica comune e 36,7% dei pazienti con

coinvolgimento dell’arteria mesenterica superiore. La sopravvivenza mediana dei pazienti che non avevano un coinvolgimento né della vena né dell’arteria da parte della neoplasia (24,4 mesi) era significativamente superiore rispetto a quella dei pazienti con neoplasia che coinvolgeva la vena mesenterica superiore/vena porta (14,9 mesi) o l’arteria mesenterica superiore (12,8 mesi). La sopravvivenza inoltre appariva correlata anche al coinvolgimento radiologico dell’asse venoso. Le neoplasie che prendevano contatto con la vena

monolateralmente erano associate ad una sopravvivenza più favorevole rispetto alle neoplasie che prendevano contatto bilateralmente con la vena o ne determinavano l’occlusione. [42]

Su questa base i ricercatori dell’Alliance for Clinical Trials in Oncology, il Eastern Cooperative Oncology Group, il Southwest Oncology Group e il Radiation Therapy Oncology Group hanno costruito un sistema classificativo usato nel reclutamento nel

Intergroup Trial (Alliance Trial A021101), uno studio prospettico, multicentrico sulla terapia multimodale nei pazienti con adenocarcinoma pancreatico borderline resecabile. (Tabella1)

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Più recentemente, Tran Cao et al[43] hanno adottato una Sistema Classificativo radiografico semplificato per raggruppare l’interfaccia circonferenziale tumore-vena:

- Assenza di interfaccia

- ≤180° della circonferenza del vaso

- >180° della circonferenza del vaso o occlusione

In seguito è stato visto che questo sistema era predittivo del bisogno di resezione venosa, dell’invasione venosa istologica e della sopravvivenza.

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1.8 Criteri non radiologici per la definizione dei tumori borderline

resecabili

Il gruppo MD Anderson ha inoltre descritto altri 2 gruppi di pazienti, definiti borderline resecabili B e C, basandosi su criteri più clinici che anatomici: i pazienti con

imaging suggestivo, ma non diagnostico di metastasi e i pazienti con un performance status ai limiti dell’accettabilità.[13] I gruppi B e C di Katz sono stati stabiliti per riconoscere dei sottogruppi clinici in aggiunta ai ben definiti sottogruppi anatomici (gruppo A di Katz), nei quali lo staging e il trattamento della neoplasia pancreatica non sono chiari.

Pochi autori tuttavia usano i gruppi di Katz per definire le popolazioni di studio. Lo staging e il trattamento nella patologia borderline resecabile clinicamente definita (gruppi B e C) meritano attenzioni, tuttavia oggi gli sforzi maggiori sono diretti verso la definizione anatomica maggiormente accettata.

1.9 La resezione vascolare

L’aumento della fattibilità e della sicurezza delle resezioni chirurgiche aggressive sta alla base dell’evoluzione del concetto di neoplasia pancreatica borderline resecabile.

Comunque la resezione vascolare nella malattia pancreatica rimane un po' controversa. Più studi confermano esiti simili della PD con resezione vascolare e PD standard senza

resezione. [22, 24, 25, 44-47]

Tuttavia, recentemente, 2 studi su grandi database hanno contestato questi risultati. Uno studio del 2012 pubblicato da Castleberry et al[48], basandosi sul database del National Surgical Quality Improvement Program, ha rivelato che le PD associate a resezione vascolare sono associate ad un incremento significativo della morbilità e mortalità.

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Similmente Worni et al[49], usando il National Inpatient Sample database, ha dimostrato un aumento di mortalità e morbilità in seguito all’addizione della resezione vascolare alla PD. Questi studi sono tuttavia soggetti alle critiche di qualsiasi altro studio su grandi database. In particolare non distinguono le resezioni vascolari pianificate da quelle eseguite in urgenza, durante il sanguinamento. Le ultime, senza dubbio risultano in una maggior morbilità e perdita ematica.

Questi studi mettono l’accento sui rischi associati alla resezione vascolare e indicano la necessità di un approccio multidisciplinare e un planning preoperatorio adeguato, prima di procedere con la resezione, al fine di ridurre il rischio perioperatorio.[50]

1.10 La resezione arteriosa

Ci sono numerosi studi sulla sicurezza e l’efficacia della resezione vascolare venosa nei pazienti con neoplasia pancreatica, oggi il coinvolgimento venoso non è più indice di non resecabilità.[25] [47]

In quanto la resezione venosa può essere ottenuta in sicurezza, la non resecabilità è determinata dal coinvolgimento arterioso. A causa della vicinanza anatomica, le neoplasie pancreatiche site nella testa, coinvolgono frequentemente l’arteria mesenterica superiore e i tessuti lassi circostanti al momento della diagnosi.[51, 52]

I dati riguardanti la resezione arteriosa sono tuttavia ancora pochi, e di difficile revisione, perché nel 51,7-96% dei casi questo tipo di resezione è associato ad una resezione venosa. Questo tipo di resezione viene eseguito molto più raramente a causa della maggiore morbilità e mortalità associata alla resezione arteriosa, quindi gli studi presenti in letteratura sono stati eseguiti su un numero basso di pazienti, inferiore a 30. Alcuni studi tuttavia, nel corso degli anni, hanno suggerito una morbilità e mortalità simili nella PD con resezione arteriosa rispetto alla PD standard. [46, 53, 54] Yekebas et al[46] riferiscono un tasso di sopravvivenza a 2 e 5 anni rispettivamente del 35% e 15%.

Tuttavia la maggior parte degli studi esistenti indica che la resezione arteriosa aumenta in modo significativo la morbilità e la mortalità perioperatoria, perciò

raccomandano l’esecuzione di questa chirurgia solo in centri ad alto volume e ad elevata esperienza, e la resezione è consigliata solo se si prevede l’esecuzione di una resezione radicale R0, con l’escissione di almeno 14-15 linfonodi regionali. [55, 56]

La PD con resezione arteriosa può essere giustificata soprattutto in pazienti altamente selezionati a causa di un potenziale beneficio nella sopravvivenza, maggiore rispetto ai pazienti non sottoposti ad una resezione ma trattati con terapia palliativa. Questi pazienti dovrebbero essere trattati nei limiti dei trial clinici per analizzare gli esiti della

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resezione vascolare arteriosa nell’era della chirurgia pancreatica moderna e della terapia multimodale.[57]

La prima descrizione della resezione dell’arteria mesenterica superiore descritta in letteratura risale al 1975, ed è stata descritta da Dardik[58] et al. Questa è stata eseguita in un paziente di 62 anni affetto da neoplasia neuroendocrina pancreatica. Oltre alla resezione dell’arteria mesenterica superiore era stata eseguita anche la resezione della vena

mesenterica superiore, poi ricostruite, la prima mediante l’interposizione aorto-mesenterica di un graft in Dacron, e la seconda mediante l’anastomosi diretta alla vena porta confezionata in prossimità dell’ilo epatico. Questa procedura non ha determinato una sopravvivenza a lungo termine del paziente, tuttavia ha dimostrato la fattibilità tecnica della procedura di resezione regionale ampia in neoplasie che comprimono gli assi vascolari mesenterici nella regione del collo e del processo uncinato.

Due anni dopo, Fortner[59] et al ha presentato la prima casistica di 18

pancreasectomie con associata resezione regionale. Vengono descritte 18 resezioni della vena porta nel suo tratto intrapancreatico, e 5 di questi pazienti sono stati sottoposti anche ad una resezione arteriosa. L’autore riferisce una mortalità a 30 giorni dalla chirurgia del 16,6%, e la sopravvivenza ad 1 anno del 62%, con una qualità di vita piuttosto buona.

Negli anni, si sono susseguiti numerosi studi, che hanno confermato o smentito i risultati precedenti. Grazie al progressivo miglioramento delle tecniche chirurgiche, all’introduzione dell’approccio ‘artery first’, all’introduzione dell’utilizzo della chemioterapia neoadiuvante nei centri altamente specializzati, si è visto negli anni un progressivo miglioramento nell’outcome di questi pazienti, con un progressivo

miglioramento della sopravvivenza a lungo termine, grazie anche al maggior numero di resezioni radicali eseguite, con margini indenni.

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Tabella 1 Revisione della letteratura delle resezioni vascolari arteriose con resezione dell’arteria mesenterica superiore

Autore Anno Nr. AMS Nr. campione Resezioni arteriose Morbilità Mortalità perioperatoria Degenza (gg) Reinterv. chirugici Sopravv. Mediana mesi Sopravvivenza Durata Chirurg Blood Loss ml 1 anno 3 anni 5 anni

Fortner[59] 1977 3 6 - 16,7% 53 (38-59) - 62% - - 600 (480 -720) 5000 Tamura[60] 1989 4 10 - 14,3% 690 (450-960) 4500 (2700-6000) Klempnauer[61] 1996 7 18 - 18,8% 68,8% 8,5 - - 11,1% Ogata[62] 1997 2 14 - 23,8% - - - Wanebo[63] 2000 1 - - - 96 Kinoshita[64] 2001 2 6 66,7% 33,3% 0% Miyazaki[65] 2003 2 17 - - 46 15 15 Settmacher[66] 2004 7 16 30% 20% 10% 300 (230-500) 300 (200-800) Nakao[67] 2006 3 15 33,3% Yekebas[46] 2008 3 33,3% 19,5 Amano[55] 2009 12 30 73,9% 4,3% - 0% 12 51,2 23,1 - 686 (416-1190) 28030 (44-19800) Boggi[24] 2009 6 26 34,6% 3,8% 19% 15 42,3% 24 % 0% Hartwig[68] 2009 1 14 64,3% 21,4% 20 (11-79) 7,1% 16 77,8% 28,6% - 450 (190-660) 2000 (600-7000) Martin[53] 2009 2 5 - - 18 210 (140-480) 700 (50-2500) Sugiura[69] 2009 8 25 - - 9 38% 6 6 Bachellier[54] 2011 4 26 53,8% 7,7% 65,9% 22% (9,5% AMS) Bockhorn[70] 2011 3 29 30% 13,8% 24 (18-185) 20,7% 14 31% 340 (220-520) Kitagawa[71] 2014 21 30 - 10-17 0-27% 850 (690-1045) 2768 (250-8,880) Perinel[72] 2016 6 14 86% 0% 23±12 0% 92,5% 17% 380±455 826±415 Glebova[73] 2016 2 35 - - 22±18 mesi 50% 1285±276

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Lo studio retrospettivo si basa sui dati raccolti in un database prospettico riguardante i pazienti che sono stati sottoposti, da gennaio 1994 a giugno 2016 a intervento chirurgico di pancreasectomia con associata resezione dell’Arteria Mesenterica Superiore presso l’U.O. di Chirurgia Generale e Trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, diretta prima dal professor Mosca, e dal 2008 dal professor Boggi.

2.1. Tecnica Chirurgica

Duodenocefalopancreasectomia

Questo intervento è indicato nei casi di processi espansivi patologici a carico della porzione cefalica della ghiandola pancreatica. L’intervento consiste nell’asportazione della testa del pancreas e per ragioni anatomiche anche del duodeno (o di una parte di duodeno), della porzione terminale della via biliare (coledoco) e della colecisti. L’intervento prevede diverse fasi:

1. Esplorazione del pancreas e degli organi limitrofi per confermare i referti dell’imaging preoperatorio;

2. Liberazione del pancreas dalle aderenze con i tessuti circostanti. Questa fase può esser complicata dalla condizione anatomopatologica del paziente in quanto eventuali aderenze, di tipo tumorale o di tipo infiammatorio, possono essere presenti tra il pancreas e le strutture vascolari e non, che sono in rapporto con la ghiandola stessa;

3. Sezione della via biliare, del duodeno, della prima ansa digiunale e del pancreas a livello dell’istmo pancreatico;

4. Asportazione del pezzo operatorio e linfadenectomia al fine di ottenere la radicalità oncologica;

5. Ricostruzione della continuità digestiva e confezionamento di anastomosi pancreatica e biliare al tratto digerente. La sutura tra pancreas e tratto digerente risulta la più delicata dal punto di vista prettamente tecnico a causa dell’anatomia intrinseca dell’organo.

Durante il tempo demolitivo, in ragione di fattori oncologici dettati dalla sede della patologia primitiva e/o di fattori vascolari dettati dall’anatomia dei peduncoli vascolari artero-venosi gastrici, è necessario valutare l’opportunità di preservare lo sfintere pilorico: ne deriva che la resezione dell’antro gastrico e la conseguente abolizione del piloro configurano la DCP secondo la tecnica di Whipple, mentre la preservazione dello sfintere pilorico e la sezione del duodeno a circa 2 cm dallo stesso configurano la DCP secondo Traverso-Longmire. La scelta del tipo di ricostruzione da eseguire deve considerare sia la particolare

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anatomia del singolo paziente sia l’intento di ripristinare una condizione funzionale parafisiologica del nuovo distretto gastro-pancreatico-bilio-digiunale.

Il tratto di tenue rappresentato dal digiuno posto immediatamente a valle del Treitz è il segmento in genere prescelto per la ricostruzione della continuità anatomica. La sutura tra il pancreas ed il digiuno viene condizionata da fattori quali la consistenza alla palpazione del parenchima pancreatico, il suo grado di fibrosi e/o lipomatosi, l’anatomia del sistema duttale a livello dell’istmo e del corpo della ghiandola pancreatica.

Due sono le tecniche di confezionamento dell’anastomosi pancreaticodigiunale impiegate:

1. la prima, definita come Wirsung-digiunoanastomosi, prevede il congiungimento della parete del dotto di Wirsung alla parete sottomucosa-mucosa del digiuno e la sintesi della capsula pancreatica allo strato siero-muscolare dell’ansa digiunale anastomotica.

2. La seconda, definita come tecnica dell’invaginazione, prevede un’ampia invaginazione del moncone pancreatico all’interno dell’ansa digiunale con ampio contatto quindi tra capsula pancreatica e strato siero-muscolare del tenue.ù

L’anastomosi pancreaticodigiunale è soggetta allo sviluppo di un particolare tipo di complicanza ovvero la fistola pancreatica ad origine anastomotica.

La ricostruzione gastro-enterica, qualora si contempli un intervento secondo Whipple, o quella duodeno-enterica, qualora si contempli un intervento secondo Traverso Longmire, è oggetto di acceso dibattito in ragione dell’intento di ottenere una ricostruzione chirurgica quanto più funzionalmente simile alla fisiologica situazione del blocco gastroduodeno-pancreatico.

Nel tempo ricostruttivo di una DCP sia essa secondo Whipple che secondo Traverso-Longmire, è consuetudine utilizzare la metodica di Child per ripristinare la continuità digestiva. Tale metodica prevede che, dopo la mobilizzazione dell’angolo duodeno-digiunale di Treitz, sia effettuata la resezione della prima ansa digiunale che viene affondata e sulla quale viene anastomizzata la ghiandola pancreatica, in successione il dotto epatico comune e lo stomaco. Questo circuito è semplice ed assicura il drenaggio rapido delle secrezioni biliari e pancreatiche.

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La principale variante è rappresentata dalla conservazione del piloro. Inizialmente descritta da Traverso e Longmire nel 1978 ed esclusivamente eseguita quando l’indicazione della DCP era stata posta per patologia benigna, le sue

indicazioni sono state ampliate anche in caso di patologia neoplastica, a condizione, ovviamente, che essa non infici la radicalità dell’exeresi.[74] La conservazione del piloro e pertanto quella dei nervi di Letarjet, sembra in effetti essere un elemento essenziale nel mantenimento della funzione di svuotamento dello stomaco, nel contrasto al reflusso digiuno-gastrico e nella prevenzione della dumping syndrome; tutti assieme, questi elementi rappresentano un metodo efficacie per combattere la denutrizione che può sopravvenire a carico di questi pazienti. Classicamente la sezione duodenale viene eseguita 3-4-cm a valle del piloro e precede la sezione dell’arteria gastroduodenale.

Quando il piloro non viene conservato sono stati proposti altri due montaggi atti ad evitare i reflussi biliari e pancreatici nel moncone gastrico: un’anastomosi latero-laterale digiuno-digiunale al piede dell’ansa montata allo stomaco (anastomosi alla Braun) ed un’anastomosi gastro-digiunale su ansa ad “Y”. Queste due modalità favoriscono lo svuotamento dello stomaco e debbono essere associate ad una vagotomia per evitare il rischio di ulcera anastomotica.

Pancreasectomia totale

Questo intervento è indicato nei casi di coinvolgimento generalizzato della ghiandola, quando il tumore è multifocale e non è possibile conservare una parte della ghiandola o quando, all’esame istologico estemporaneo intraoperatorio la trancia di sezione pancratica risulta coinvolta dal tumore (come nei casi di IPMN main duct) e anche rifilandola non si riescono ad ottenere margini oncologicamente puliti.

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L’intervento consiste nell’asportazione di tutto il pancreas. Per ragioni anatomiche, la testa del pancreas viene asportata in blocco con il duodeno, la porzione terminale della via biliare (coledoco) e la colecisti. L’ intervento comporta le seguenti fasi:

1. Esplorazione del pancreas e degli organi circostanti, per verificare i reperti degli esami diagnostici preoperatori;

2. Liberazione del pancreas dalle aderenze coi tessuti circostanti. Questa fase può essere molto delicata per le aderenze, di tipo tumorale o di tipo infiammatorio, che possono essere presenti tra il pancreas e le vene e le arterie che decorrono a stretto contatto con la ghiandola;

3. Sezione della via biliare, del duodeno, della prima ansa digiunale

4. Asportazione del pezzo operatorio, costituito da pancreas- duodeno- via biliare terminale;

5. Ricostruzione degli organi sezionati mediante un’anastomosi epatodigiunale e una gastroenteroanastomosi.

Se alla stadiazione intraoperatoria viene accertata la necessità di una resezione vascolare, si procederà ad acquisire il controllo vascolare a monte e a valle del tratto interessato. Al termine della fase di preparazione, senza essersi addentrati in piani intra- o iuxtatumorali, il pezzo operatorio resterà connesso al paziente solo tramite l’asse vascolare da resecare. Così facendo la maggior parte della dissezione linfatica avverrà in direzione centripeta rispetto al tumore, e la maggior parte dei linfonodi e del tessuto linfo-adiposo, sarà rimosso in blocco con la neoplasia. Per ottemperare a questi principi, anche quando il contatto fra tumore e vaso è limitato, è preferibile resecare completamente il segmento vascolare interessato.

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32 Resezione dell'arteria mesenterica superiore

Il coinvolgimento isolato dell’arteria mesenterica superiore è molto raro, dato che si può realizzare quando una neoplasia originata dalla porzione più distale del processo uncinato interessa direttamente l’arteria mesenterica superiore risparmiando la vena.

Molto importante in questo tipo di resezione è la riduzione dei tempi d’ischemia di fegato e intestino. L’esecuzione di una splenopancreasectomia totale e di una gastrectomia totale facilitano notevolmente la realizzazione di questo programma e consentono la massima radicalità loco-regionale.

1. Partendo da destra, si esegue la kocherizzazione completa del blocco duodeno-pancreatico e si mobilizzano completamente il colon destro e il piccolo intestino. 2. Si esegue linfoadenectomia precavale e pre-aortica e, procedendo in direzione

cefalica, si arriva ad isolare a livello del piano aortico l’origine dell’arteria

mesenterica superiore. I vasi mesenterici superiori vengono quindi identificati nella radice del mesentere e circondati anch’essi.

3. Quindi, si mobilizza il blocco splenopancreatico da sinistra fino al piano aortico tornando ad identificare, anche da questo lato, l’origine dell’arteria mesenterica superiore.

4. Dopo aver sezionato la prima ansa digiunale si seziona la radice mesenterica fino a che il piccolo intestino rimane connesso esclusivamente al tronco dei vasi

mesenterici superiori. Nel caso in cui si debba sezionare lo stomaco, questo viene sezionato al cardias e, scorrendo lungo i pilastri del diaframma, si arriva fino all’origine del tripode celiaco.

5. Si procede quindi con la sezione dei vasi pancreatico-duodenali e dei vasi

pancreatici minori. Infine si clampa l’arteria mesenterica superiore e si rimuove il pezzo operatorio. Mentre l’arteria mesenterica superiore viene ricostruita, l’intestino è ischemico; il fegato lo è solo parzialmente grazie alla vascolarizzazione dell’arteria epatica.

La manovra di Kocher consente di poter obiettivare il contatto tumore-asse venoso. La manovra di Kocher estesa[75] permette di mobilizzare l’intero blocco cefalo pancreatico rispetto alla fascia cavo-aortica, esponendo l’origine della arteria mesenterica superiore (SMA) e, eventualmente, del tripode celiaco (CT). Tale manovra riveste due importanti significati:

 il primo è rappresentato dal controllo vascolare del piccolo e grosso intestino mediante esposizione della SMA in previsione di un eventuale clampaggio;

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 il secondo è invece di ordine oncologico, perché permette di esporre il margine posteriore del blocco duodenocefalopancreatico[76, 77] in particolare modo a livello del letto della SMA, area di connessione embriologica del mesopancreas rappresentata dai plessi nervosi, target di diffusione della malattia duttale e frequentemente sede di margini di resezione positivi. [78]

Resezioni di segmenti vascolari multipli

Quando sono coinvolti più segmenti vascolari è opportuno adottare una strategia che riduca i tempi di ischemia del fegato e dell'intestino. L'esecuzione di una splenopancreasectomia totale e di una gastrectomia totale facilitano il programma chirurgico e consentono la massima radicalità locoregionale. Può essere associata un’emicolectomia destra per un migliore controllo della vena mesenterica superiore nel contesto della radice del mesentere. Si esegue linfoadenectomia precavale e pre-aortica e procedendo in direzione cefalica, si arriva ad isolare a livello del piano aortico l'arteria mesenterica superiore del tripode celiaco. Identificati i vasi mesenterici superiori e, nel contesto del legamento epato-duodenale, la vena porta e l'arteria epatica propria, si mobilizza il blocco splenopancreatico da sinistra fino al piano aortico tornando ad identificare, anche da questo lato, l'origine del tripode celiaco e dell'arteria mesenterica superiore. Dopo aver sezionato la prima ansa digiunale, si seziona la radice mesenterica fino a che il piccolo intestino rimane connesso esclusivamente al tronco dei vasi mesenterici superiori. Partendo dall'alto si seziona lo stomaco al livello del cardias e scorrendo lungo i pilastri del diaframma si arriva fino all'origine del tripode celiaco. Il blocco multiorgano, completamente mobilizzato, è connesso unicamente tramite i grossi peduncoli vascolari che sono stati tutti circondati a monte ed a valle dei tratti da resecare.

Il primo segmento ad essere resecato è l'arteria epatica ricostruita con graft vascolare autologo di vena grande safena o d'arteria iliaca interna. Quindi si clampano l'arteria mesenterica superiore e il tronco mesenterico portale (a monte ed a valle) e si rimuove il pezzo operatorio. L'arteria mesenterica superiore viene ricostruita per prima, ma rimane clampata fino a che non è stata completata la ricostruzione dell'asse venoso.

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Immagine 1.

Ricostruzione della

VMS mediante

un’anastomosi diretta

T-T

Immagine 2. Ricostruzione AMS mediante l’interposizione di un graft di A. Splenica. Vena Splenica ruotata con vena gastrica di sinistra in modo da preservare lo stomaco.

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2.2 Staging patologico

La resezione parziale o completa del pancreas associata alla resezione dei linfonodi regionali ci fornisce tutte le informazioni necessarie per uno staging patologico.

Per quanto riguarda la valutazione dei margini di resezione, questi vengono valutati secondo Verbecke. Il campione viene affettato assialmente, in modo perpendicolare all’asse longitudinale del duodeno. Con questa tecnica è possibile visualizzare la lesione e valutarne i rapporti con le strutture circostanti. [76]

Nei campioni di duodenocefalopancreasectomia devono essere valutati

macroscopicamente e microscopicamente il margine a livello del collo pancreatico, via biliare comune, il Wirsung, lo stomaco e/o il duodeno (in base alla metodica chirurgica adottata), della VMS, AMS, retroperitoneale. La neoplasia è detta R0 se la distanza dal margine di resezione è > 1mm.

Bisogna fare particolare attenzione al margine retroperitoneale, detto anche mesenterico o uncinato, si tratta di un tessuto lasso contenente spesso il tessuto perineurale adiacente all’arteria mesenterica superiore perché la maggior parte delle recidive locali nasce proprio nel letto pancreatico lungo questo margine critico.

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Il tessuto lasso tra la faccia anteriore della vena cava inferiore e la faccia posteriore della testa pancreatica e il duodeno viene chiamato ‘margine pancreatico posteriore’, che va distinto dal margine retroperitoneale.

Il margine retroperitoneale deve essere chinato come parte di una valutazione macroscopica del campione.[79]

La presenza di metastasi peritoneali, anche solo se limitate alla borsa omentale, sono considerate M1, come anche il liquido di lavaggio peritoneale positivo per presenza di cellule carcinomatose.

2.3 Complicanze post-operatorie specifiche

La mobilità e la mortalità postoperatorie della pancreasectomia associata a resezione di segmenti vascolari sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle della pancreasectomia standard sia per incidenza che per cause.

- La trombosi del segmento vascolare ricostruito è una rara complicanza specifica. Le trombosi arteriose possono manifestarsi come ischemia intestinale (arteria

mesenterica superiore), ascessualizzazione epatica e/o necrosi delle vie biliari (arteria epatica). Una trombosi completa venosa senza deflusso collaterale può tradursi in un 'infarto intestinale venoso, mentre una trombosi parziale o completa con deflusso collaterale si manifesta con ascite associata ad un grado variabile di disfunzione epatica.

Le complicanze arteriose richiedono quando possibile correzione chirurgica. Quelle venose sono maggiormente gestite con terapia medica (eparina sodica in endovena e successivamente dicumarolici per via orale).

- Altre complicanze specifiche sono le emorragie generate dall'erosione del segmento vascolare ricostruito e/o dalla deiscenza dell'anastomosi.

- Una conseguenza specifica della denervazione intestinale conseguente alla resezione della arteria mesenterica superiore è una forma di transito accelerato associato a diarrea. La fisiopatologia di tale alterazione è di fatto non studiata nell'uomo. Le osservazioni sull'uomo che maggiormente sembrano approssimare la fisiopatologia della denervazione meccanica forse sono quelle ricavabili dallo studio della neuropatia diabetica enterica[80, 81].

I sintomi clinici che caratterizzano questa sindrome da denervazione sono un quadro di transito accelerato, parossistico, spesso in risposta all'assunzione sia di cibi liquidi che solidi, precoce rispetto all'assunzione di cibo; la diarrea accompagna il transito accelerato, ma risulta anche indipendente dallo stesso transito accelerato. Infatti gli episodi vengono descritti dai pazienti come parossistici, di numero variabile nella

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giornata, ma anche fino ad uno o più ogni ora. Da sottolineare che tale sindrome è francamente manifesta in pazienti sottoposti a pancreasectomia totale con resezione della arteria mesenterica superiore (quindi con denervazione intestinale completa).

I sintomi risultano aggravati in caso di gastrectomia totale associata. Questi dati anamnestici ricavati dai pazienti ci possono altresì consentire di speculare circa i potenziali fattori patogenetici implicati e le conseguenti strategie medico-farmacologiche che possono essere messe in atto per il paziente. Gli altri fattori implicati nella genesi di tale sintomatologia sono:

1. L'insufficienza pancreatica

2. Il diabete mellito preoperatorio secondario alla malattia e/o alla terapia neoadiuvante

3. La neurotossicità dei derivati del platino degli antimetaboliti 4. La mucosite che accompagna la chemioterapia

5. Il diabete mellito instabile post-operatorio secondario ad una resezione pancreatica totale

6. La denervazione e quindi l'assenza del controllo superiore (gangliare celiaco-mesenterico/assiale) rende conto dell'autonomia della funzione enterica che clinicamente si manifesta con episodi parossistici

7. La gastrectomia totale associata, dove la classica sindrome del dumping/transito accelerato si sovrappone alla denervazione enterica.

Riassumendo, i dati clinico-anamnestici in nostro possesso ci fanno propendere per un'origine multifattoriale della sindrome. Le strategie farmacologiche che

clinicamente vengono adottate sono il vicariare l'insufficienza pancreatica esocrina mediante la terapia enzimatica sostitutiva per os; la terapia insulinica per

raggiungere un adeguato controllo glicemico in caso di diabete instabile; l'utilizzo di modulatori della cinesi intestinale (es. somatostatina); norme dietetiche con

frazionamento dei pasti ad alto tenore protido-calorico. Infatti, il paziente affetto dalla sindrome può necessitare di un adeguato reintegro e supporto idroelettrolitico e protido-calorico per compensare le perdite enteriche. La valutazione anamnestica in corso di visita del peso corporeo e dello stato generale, come anche la valutazione di eventuale supporto con vitamine e di oligoelementi del paziente, rappresenta una fase necessaria del follow up del paziente.

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2.4 Selezione dei Pazienti

I pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico di resezione dell’arteria mesenterica superiore sono stati selezionati tra quelli che presentavano alle metodiche di imaging una neoplasia localmente avanzata, senza evidenza radiologica di metastasi a distanza.

La maggior parte di questi pazienti sono stati sottoposti ad una terapia neoadiuvante di down-staging, che ha un ruolo fondamentale nel trattamento di questo tipo di neoplasie pancreatiche, chemio oppure chemio-radioterapica, e i pazienti che sono stati operati sono quelli che alla TC post terapia neoadiuvante mostravano una riduzione oppure una stabilità dimensionale della lesione pancreatica, con riduzione dei marker neoplastici, senza evidenza di lesioni di nuova insorgenza.

11 pazienti su 43 non sono stati trattati con la terapia neoadiuvante prima della chirurgia: 4 casi su 11 perché trattati prima degli anni 2000, quando non vi erano ancora delle evidenze abbastanza forti sui vantaggi della terapia neoadiuvante prima della terapia chirurgica; 4 casi su 11 perché la lesione appariva meno avanzata alle metodiche di diagnostica per immagini; 2 casi su 11 perché la lesione presentava delle caratteristiche di benignità e infine 1 paziente su 11 perché la lesione presentava dei caratteri di urgenza (sanguinamento della lesione con anemizzazione marcata).

Il work-up preoperatorio ha previsto gli esami necessari alla diagnosi e alla stadiazione della patologia, e altri esami necessari alla valutazione del rischio anestesiologico.

- Esami ematochimici per la valutazione dell’ematocrito, della funzionalità epatica e renale, dell’assetto coagulativo, marker neoplastici, dosaggio elettrolitico, esame delle urine standard

- Rx Torace in 2 proiezioni

- ECG

- Visita anestesiologica

- Esami di secondo livello: prove spirometriche, ecocardiogramma, ECG Holter, prove da sforzo, eseguiti dietro richiesta dell’anestesista o dello specialista

- L’ecografia dell’addome - TC multistrato dell’addome

- EGDS

- Altri esami: EUS, Colonscopia

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39 - Colangio-Wirsung RM

- PET

- Scintigrafia

La TC addome + MDC è una metodica ad elevata sensibilità per la valutazione della presenza di coinvolgimento vascolare per un adeguato planning preoperatorio.[35]

2.5 Casistica

Dal 31 Gennaio 1994 al 10 Giugno 2016 presso l’U.O. Chirurgia Generale e Trapianti dell’AOUP sono state eseguite 43 pancreasectomie a cielo aperto associate alla resezione dell’arteria mesenterica superiore.

Le informazioni riguardanti ogni caso sono state raccolte in un database elettronico Excel. I dati raccolti riguardano l’età, il sesso, il BMI, la familiarità, la presenza di fattori di rischio, la comorbidità, la sintomatologia d’esordio, la terapia neoadiuvante, i pregressi interventi chirurgici, gli esami strumentali, gli esami ematochimici, l’utilizzo di presidi per la palliazione dell’ittero, o per la palliazione dell’occlusione intestinale alta, tempo tra la diagnosi e il ricovero, tipo di intervento chirurgico, altra chirurgia associata, il numero e il tipo di vasi resecati, le metodiche di ricostruzione vascolare, il tempo clampaggio arterioso durante la ricostruzione vascolare, la durata dell’intervento, la quantità di emazie trasfuse durante la chirurgia, la morbilità postoperatoria, la durata del ricovero, la diagnosi istologica, la terapia adiuvante e il follow-up.

2.6 Analisi dei risultati

Il campione preso in esame dallo studio è di piccole dimensioni (43 pazienti), di conseguenza è da considerarsi uno studio pilota. Le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il test T di Student per campioni indipendenti per confrontare le variabili

quantitative con distribuzione normale, mentre per le variabili quantitative con distribuzione non gaussiana è stato usato il test non parametrico di Mann-Whitney, utilizzando un livello di significatività p<0,05 per entrambi.

Per le variabili qualitative sono stati usati l’Odds ratio e il test chi-quadrato di Fisher, sempre adottando un livello di significatività p<0,05. Per quanto riguarda l’analisi della

sopravvivenza e la costruzione delle curve di Kaplan Meier è stato utilizzato il software JMP. La descrizione delle singole variabili è stata espressa sia in termini di media e deviazione standard, sia come mediana e range.

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3.1 Dati generali del gruppo in analisi

Sono stati analizzati i dati riguardanti l’età dei pazienti, con un’età media di 60 anni (range 37-72). Il sesso dei pazienti era costituito per il 53% da soggetti di sesso femminile, e il 47% da soggetti di sesso maschile. Il valore medio del BMI riportato dal campione era di 22,7 (DS 3,4).

Le comorbidità maggiormente presenti nella popolazione in studio sono:

l’ipertensione arteriosa (22 pz), il diabete (15 pz), l’epatopatia (4 pz), la patologia tiroidea (4 pz), la pregressa trombosi venosa (3 pz), la cardiopatia (2 pz). Le altre patologie presenti in maniera minore nel gruppo di studio sono la BPCO, l’IRC, la pregressa gastropatia

emorragica e pregressa neoplasia testicolare LMA. (Tabella 1)

Tabella 2

Il valore medio del Charlson Comorbidity Index, che valuta le comorbidità attribuendo loro un peso diverso in base alla gravità è risultato essere 5.

Per quanto riguarda i pregressi interventi chirurgici addominali 25 pazienti su 43 avevano già avuto degli interventi di chirurgia addominale, e di 3 pazienti su 43 non è stato possibile ottenere questa informazione.

I pazienti da sottoporre all’intervento sono stati valutati in base al rischio anestesiologico, escludendo dall’intervento coloro che avevano un rischio ASA > 3. Il rischio ASA del gruppo può essere riassunto in più classi (Tabella 2):

Comorbidità Numero (%) Ipertensione 22/43 (51,2%) Diabete 15/43 (34,9%) Epatopatia 4/43 (9,3%) Patologia Tiroidea 4/43 (9,3%) Trombosi venosa 3/43 (7%) Cardiopatia 2/43 (4,7%) BPCO 1/43 (2,3%)

Mutazione fattore V di Leyden 1/43 (2,3%) Pregressa gastropatia emorragica 1/43 (2,3%)

IRC 1/43 (2,3%)

Pregressa LMA 1/43 (2,3%)

Riferimenti

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