Sommario
Capitolo I
1.1Introduzione-cenni storici 1.2 Anatomia del pancreas 1.2.1 Rapporti vascolari 1.3Aspetti anatomopatologici
1.3.1 Sistemi di stadiazione dei tumori maligni pancreatici 1.3.2 Carcinoma pancreatico
1.3.3 Valutazione dei margini di resezione 1.3.4 Valutazione dell'infiltrazione vascolare 1.4 Chirurgia pancreatica resettiva
1.4.1 Duodenocefalopancreasectomia 1.4.2 Pancreasectomia distale o sinistra 1.4.3 Pancreasectomia intermedia 1.4.4 Pancreasectomia totale 1.4.5 Indicazioni chirurgiche
Capitolo II Materiali e metodi
2.1 Stadiazione pre-operatoria 2.2 Stadiazione intra-operatoria 2.3 Tecniche chirurgiche
2.3.1 Resezione dell'asse mesenterico-portale
2.3.2 Resezione dell'arteria epatica e/o tripode celiaco 2.3.3 Resezione dell'arteria mesenterica superiore
2.3.4 Resezione di segmenti vascolari multipli 2.4 Complicanze postoperatorie specifiche 2.5 Materiali e metodi dello studio
Capitolo III- Risultati e conclusioni
3.1 Risultati
3.1.1 Analisi per sottogruppi di pazienti (resezioni Venose, resezione Arteriose, resezioni Artero-Venose)
3.1.2 Dati anatomopatologici 3.1.3 Analisi della sopravvivenza
3.1.4 Analisi statistica dei dati non parametrici e parametrici
Capitolo IV - Conclusioni e Discussione
Capitolo V - Bibliografia
Introduzione
Il carcinoma pancreatico rappresenta, allo stato attuale, la quarta causa più comune di morte per patologia neoplastica maligna in quasi tutti i paesi Occidentali1. L'incidenza del tumore del pancreas è aumentata di anno in anno pressochè ovunque. In Europa ha subito un graduale ma progressivo aumento negli ultimi venticinque anni, passando da un'incidenza del 2.9/100.000 ad una del 8 -12/100.000 e del 4.5 - 7/100.000,
rispettivamente, in maschi e femmine2.
anni età media di diagnosi) ed è più frequentemente colpita la razza nera (30 - 40%), anche se la popolazione in cui si riscontra in assoluto la maggiore incidenza è quella ebraica3.
Nonostante i notevoli progressi compiuti nella comprensione della genetica biomolecolare del tumore e l’avanzamento tecnologico dei mezzi diagnostici, la prognosi del cancro pancreatico rimane infausta, con una sopravvivenza globale dei pazienti a 5 anni inferiore al 4%: un dato che non è migliorato negli ultimi due decenni4 , il che dimostra come il cancro pancreatico si configuri ancora come il tumore a peggior prognosi nell’ambito delle neoplasie solide con un rapporto di incidenza di mortalità di circa 1/1 e con malattia già metastatica al momento della diagnosi nel 98% dei pazienti1.
Caratteristiche fondamentali di questa patologia a decorso estremamente maligno sono l’eziologia non ben definita, l’assenza di una sintomatologia specifica, il decorso esplosivo, la resistenza alla terapia, l’inevitabile tendenza alle recidive anche nei casi di chirurgia radicale e la bassa sopravvivenza. Dal punto di vista clinico sono essenzialmente due i dati che ancora oggi contribuiscono in modo fondamentale a rendere la prognosi infausta: il primo è che i dati epidemiologici a disposizione non consentono di individuare una popolazione con rischio definito di sviluppare la neoplasia, sulla quale poter esercitare programmi di sorveglianza periodica; il secondo è che anche la più attenta delle
valutazioni cliniche offre scarse possibilità di poter porre un sospetto diagnostico in fase precoce di malattia e quindi di poter indirizzare al chirurgo pazienti suscettibili di resezione radicale ad intento curativo. Infatti nonostante si stiano cercando trattamenti più efficienti per migliorare la prognosi del tumore pancreatico, a tutt’oggi l’intervento chirurgico, sia a scopo curativo che palliativo, rimane il miglior strumento di cura.
La chirurgia resettiva del pancreas ha da sempre rappresentato una sfida per il chirurgo generale, ponenedo una serie di difficoltà tecniche in grado di condizionare in maniera pesante l’outcome dell’intervento, a fronte di risultati oncologici tuttora poco incoraggianti, ciò che giustifica probabilmente lo sviluppo relativamente tardivo di questa disciplina, spesso costellata, fino anche ai tempi moderni, di correnti nichilistiche propense ad interventi spesso palliativi e comunque avverse ad un approccio aggressivo.
La chirurgia pancreatica ha mosso i suoi primi passi solamente a partire dalla seconda metà del XIX secolo, grazie al progressivo miglioramento nella diagnostica e al parallelo avanzamento della tecnica chirurgica.
Una tappa importante fu segnata da Codivilla e Halsted nel 1898, anno in cui
eseguirono la prima duodenocefalopancreasectomia (DCP) della storia, anticipando di soli due anni la prima pancreasectomia totale (PT), eseguita da Franke nel 19006
L’intervento di Codivilla costituisce la vera pietra miliare nella storia della chirurgia pancreatica. In una paziente con carcinoma pancreatico, invece della classica enucleazione, egli preferì eseguire una resezione in blocco non solo della porzione cefalica del pancreas, ma anche, data l’estensione della patologia, dello stomaco distale e del duodeno prossimale, ristabilendo la continuità alimentare tramite una gastro-digiunostomia su ansa ad Y secondo Roux7. Nonostante le enormi difficoltà tecniche incontrate all’epoca, la chirurgia pancreatica continuò ad evolversi fino a che Kausch, nel 1909, e Hirschel, nel 1912, eseguirono due DCP, che prevedendo nella fase ricostruttiva la triplice anastomosi gastrica, biliare e pancreatica, possono essere considerate come le prime DCP moderne6.
La vera svolta per la chirurgia pancreatica però si deve ad Allen Oldfather Whipple, che nel 1935 pubblicò i primi risultati della sua esperienza8 e nel 1940 eseguì l’intervento, che divenne lo standard mondiale di riferimento: la resezione in un unico tempo in blocco della testa del pancreas e delle strutture bilio-digestive attigue, cioè antro gastrico, C duodenale, prima ansa digiunale e porzione distale del coledoco. Nei trenta anni successivi questo intervento fu soggetto a numerose variazioni per ridurre le complicanze e garantire una maggiore e migliore sopravvivenza. L’intervento di Whipple rimase il più utilizzato fino a quando, nel 1978, Traverso e Longmire, modificando un precedente intervento di Watson del 19429, introdussero la DCP con preservazione del piloro (Figura 1.16)10.
Sebbene l’esperienza di Whipple sia stata decisiva per l’evoluzione della chirurgia resettiva pancreatica, i risultati, soprattutto per quanto concerne la DCP, rimasero comunque per lungo tempo non soddisfacenti11 fino agli anni ’80, in cui si assistette ad un’importante riduzione della mortalità post-operatoria (< 10%), associata alla maggiore sopravvivenza e alla migliore qualità di vita del paziente.
Gli anni ’80-’90 hanno visto infatti, il fiorire di dibattiti focalizzati più sul valore oncologico delle resezioni pancreatiche che sul rischio perioperatorio12,13.
Oggi, ad oltre 70 anni dalla nascita della moderna chirurgia del pancreas, molto è stato definito circa lo standard della tecnica chirurgica, l’estensione della clearance linfatica o il ruolo delle resezioni “estese” 12,15
Uno dei dibattiti più accesi riguardo alle tecniche chirurgiche di base , rimane però ancora oggi, l’associazione alle pancreasectomie convenzionali di eventuali resezioni
vascolari16
effettuata nel 1951 da Moore. Il segmento vascolare resecato fu ricostruito attraverso un'anastomosi diretta termino-terminale. Nei successivi 20 anni sono state descritte tecniche alternative, come la resezione venosa non seguita da ricostruzione, la resezione associata a shunt mesenterico-cavale o la ricostruzione immediata con graft vascolari sia autologhi che eterologhi. Negli anni '70, Joseph Fortner inseguendo un razionale
oncologico, sviluppò una tecnica nota come " pancreasectomia regionale" che proponeva di resecare i grossi vasi peripancreatici in blocco con un abbondante margine di tessuti lassi retroperitoneali allo scopo di raggiungere una maggiore radicabilità locale.
Al momento della diagnosi però, circa l’ 80% dei pazienti con carcinoma del pancreas si trova in uno stadio in cui non è possibile garantire una radicale resezione chirurgica della massa neoplastica, questo perchè ci troviamo o davanti ad una malattia già metastatica, oppure nel caso di carcinoma localmente avanzato.
Il carcinoma pancreatico localmente avanzato è definito come un tumore localizzato all’interno della ghiandola pancreatica, senza segni evidenti di una diffusione metastatica, ma con un’estensione della neoplasia e un interessamento delle strutture vascolari tale da non rendere sicura una resezione chirurgica radicale (R0).
Recenti studi mostrano come, con lo sviluppo e l’utilizzo di nuovi protocolli chemioterapici, pazienti inizialmente considerati non resecabili, dopo chemioterapia neoadiuvante,
diventano candidabili a chirurgia. Questi pazienti sottoposti ad intervento chirurgico con intento curativo (R0) ottengono vantaggi significativi in termini di sopravvivenza.
Inoltre le casistiche die Centri ad alto volume mostrano come pazienti accuratamente selezionati, con infiltrazione isolata del tripode celiaco e/o dell’arteria epatica, possano essere resecati con risultati simili a pazienti senza coinvolgimento vascolare e superiori a
quelli offerti dalla sola palliazione o dalla terapia medica.
A partire dagli anni ’90 la necessità di migliorare il recupero post-operatorio nonché di ridurre i tempi di degenza ha portato all’introduzione di metodiche mininvasive17. Infatti sono state applicate anche in campo pancreatico tecniche laparoscopiche18,19 e robotiche20con buoni risultati21,22
on
1.2 ANATOMIA DEL PANCREAS
Il Pancreas è una voluminosa ghiandola retroperitoneale priva di capsula, impari e di tipo misto (esocrino-endocrino), avente forma allungata in senso trasversale ed
appiattita insenso saggitale. È situato in posizione mediana, nello spazio retroperitoneale in corrispondenza della regione epigastrica ed è adiacente alla maggior parte delle principali
(Fig.1)Rapporti anatomici del pancreas
Queste caratteristiche anatomiche spiegano come patologie infiammatorie o neoplastiche possano facilmente interessare gli organi e le strutture nervose e vascolari adiacenti. Per la sua particolare posizione anatomica, gran parte dei processi patologici si rendono evidenti dal punto di vista clinico per il coinvolgimento degli organi circostanti. Se si considera poi che le metodiche radiografiche tradizionali non sempre si rilevano utili per identificare gran parte dei processi patologici in fase iniziale, il pancreas rimane un organo difficilmente investigabile, specie per quanto riguarda la patologia del corpo e della coda.
Dal punto di vista anatomico, il pancreas viene convenzionalmente suddiviso in tre porzioni:
-la testa, di forma grossolanamente rettangolare è situata nella concavità formata dal duodeno. Essa si prolunga inferiormente nel processo uncinato, che sulla faccia anteriore presenta un solco nel quale decorrono i vasi mesenterici superiori. L’istmo rappresenta la porzione d’organo ristretta che congiunge la testa al corpo del pancreas.
La testa del pancreas è rivestita anteriormente dal peritoneo ed è in rapporto con la parte pilorica dello stomaco e con la parte superiore del duodeno; posteriormente è rivestitadalla fascia retropancreatica, che la separa dal coledoco, dalla vena porta e dalla vena cavai nferiore.
- il corpo, di forma prismatico-triangolare, rappresenta il segmento intermedio ed è disposto frontalmente rispetto all'aorta e alla vena cava. Il corpo è in rapporto anteriormente con il peritoneo della borsa omentale e con la parete posteriore dello stomaco; posteriormente è rivestito dalla fascia retropancreatica ed è in rapporto con la vena mesenterica superiore, l’aorta, la ghiandola surrenale e il rene disinistra.
-la coda diretta verso l’alto e a sinistra rappresenta il tratto assottigliato con cui termina quest'organo ghiandolare e prende rapporto con l’ilo della milza. La coda anteriormente è incrociata dai vasi splenici e posteriormente è in rapporto con il rene sinistro. L’apice del pancreas è collegato alla milza dal legamento pancreaticolienale.
Vascolarizzazione ed Innervazione.
Il pancreas ha una ricca irrorazione ematica proveniente da rami dell’arteria celiaca e dell’arteria mesenterica superiore. Le arterie pancreatico-duodenali superiori anteriore e posteriore nascono come rami dell’arteria gastroduodenale, ramo dell’arteria celiaca; le pancreatico-duodenali inferiori anteriore e posteriore provengono dall’arteria mesenterica superiore. Questi vasi in genere decorrono in un solco tra la testa del pancreas e il
duodeno ed emettono rami per entrambi gli organi. Lla vascolarizzazione arteriosa della porzionecefalica è in comune con quella della seconda porzione del duodeno (arcate pancreaticoduodenali superiore e inferiore, tra arteria gastro-duodenale e mesenterica superiore) e questo fa si che l’asportazione completa della testa comporti la
contemporanea duodenectomia.
L’altra irrorazione arteriosa importante del viscere deriva dall’arteria splenica che dà origine a numerosi piccoli rami e in genere a 3 grandi vasi: la pancreatica dorsale, la pancreatica magna e la pancreatica caudale (Fig. 1.2).
Il drenaggio venoso defluisce tutto nel sistema venoso portale. Le vene pancreatiche drenano la coda e il corpo del pancreas e sboccano nella vena splenica; quelle
pancreaticoduodenali decorrono in prossimità delle arterie omonime e si gettano nella vena splenica o direttamente nella vena porta.
L’innervazione efferente è sotto il controllo vagale, le vie afferenti decorrono lungo i nervi splancnici.
Dal punto di vista istologico il pancreas è una ghiandola composta, racemosa, finemente nodulare. È circondato da tessuto connettivale sottile, ma non ha una capsula tissutale fibrosa. I lobuli sono visibili all’esame macroscopico e sono connessi da setti,
costituiti da numerosi acini che sono le subunità dei lobuli.
Il lume dell’acino si apre nei dotti nei intralobulari; tali dotti si anastomizzano a formare i dotti interlobulari. I dotti interlobulari si anastomizzano fino a costituire il dotto pancreatico principale (di Wirsung).
I succhi pancreatici, prodotti dalla porzione esocrina vengono infatti immessi nel duodeno attraverso due dotti escretori, il dotto pancreatico principale di Wirsung e il dotto accessorio di Santorini.
Dotto pancreatico principale: inizia in corrispondenza della coda e decorre nel corpo da sinistra a destra. Dopo la confluenza con il dotto accessorio, in corrispondenza della testa devia verso il basso, attraversa la parete del duodeno e sbocca, insieme al coledoco, a livello della papilla duodenale maggiore (di Vater).
Dotto pancreatico accessorio: si distacca dal dotto principale a livello dell’istmo ghiandolare, percorre trasversalmente la testa e sbocca nel duodeno in corrispondenza dellapapilla duodenale minore o accessoria; talvolta può anche terminare nel dotto pancreatico principale.
1.2.1.Rapporti vascolari
Posteriormente alla testa e l'istmo del pancreas sono in rapporto con due piani vascolari: quello cavale e quello mesenterico-portale, separati tra loro dalla fascia di Treitz. Il piano cavale, più profondo, è formato dalla vena cava inferiore, nel tratto in cui riceve le vene renali e dall'aorta. Il piano portale è formato dal tronco mesenterico-portale in diretto rapporto con la superficie posteriore della testa e con il suo
essa passa davanti all'uncino pancreatico e quindi dietro all'istmo, ove confluisce con vena splenica per formare il tronco portale. Lungo il margine laterale del tronco
mesenterico-portale esistono delle connessioni vascolari con il pancreas di cui la vena pancreatico -duodenale superiore è la più rilevante. Nel 90% dei casi, tra la faccia
posteriore del pancreas e la superficie anteriore del troco mesenterico-portale, non ci sono collaterali, ma del cellulare lasso che fornisce un piano di clivaggio. Lungo il margine superiore destro della testa decorre l'arteria epatica. Quando essa origina dall'arteria mesenterica superiore decorre dietro la testa del pancreas o, più raramente, nello spessore del parenchima pancreatico.
L'istmo, pertanto, è in contatto pertanto con due grossi rami dell'aorta addominale: in alto l'arteria epatica con l'origine dell'arteria gastroduodenale, in basso l'arteria mesenterica superiore che incrocia da dietro il suo margine inferiore.
Il corpo del pancreas prende rapporto posteriormente con l'aorta, con
l'interposizione dell'arteria mesenterica superiore. In corrispondenza del margine superiore è in rapporto con il tripode celiaco. L'arteria splenica decorre verso la milza con un
percorso caratteristicamente tuortuoso nell'adulto, scavandovi il cosidetto solco pancreatico. La vena splenica decorre più rettilinea e più in basso in una doccia più o meno profonda dall'ilo splenico alla confluenza con la vena mesenterica superiore (Fig.1.3).
La coda del pancreas è in rapporto posteriormente con la vena splenica e la vena renale di sinistra; la vena splenica decorre in posizione più craniale. Superiomente è in rapporto con l'arteria splenica, che decorre lungo il margine superiore 23.
Fig 1.3 Rapporti vascolari
1.3 Aspetti anatomopatologici
Le alterazioni anatomopatologiche della ghiandola pancreatica che più
frequentemente rappresentano oggetto della chirurgia sono rappresentate dalla patologia neoplastica e dalla patologia infiammatoria, acuta e cronica.
Le lesioni tumorali del pancreas possono essere sia solide che cistiche.
Il comportamento biologico di tali lesioni è variabile e per alcune di esse esso varia in modo diacronico attraverso forme displasiche fino alle forme propriamente
carcinomatose.
La chirurgia rappresenta, per il carcinoma pancreatico nelle sue varie forme anatomopatologiche, un atto con intento radicale curativo nei casi di patologia confinata alla ghiandola ed in casi selezionati di patologia extraghiandolare (casi con infiltrazione vascolare).
Le forme infiammatorie, rappresentate dalle pancreatiti acute e croniche,
essendo di per sé caratterizzate sia dal processo infiammatorio, sia dal processo di rimodellamento secondario alla necrosi ed alla granulazione.
La patologia infiammatoria, soprattutto nel caso di pancreatite cronica, diventa oggetto della chirurgia resettiva nei casi di evoluzione intraghiandolare della fibrosi (stenosi del dotto coledoco, dolore cronico refrattario alla terapia medica) ed
extrapancreatica della fibrosi (stenosi duodenale), ovvero nelle “mass forming pancreatitis”.
Ne deriva che la chirurgia pancreatica resettiva si propone in vario grado, in rapporto alla biologia della lesione con cui si confronta (tumorale, benigna-maligna; infiammatoria, acuta-cronica) di incidere sulla storia naturale della patologia primitiva pancreatica, cercando quindi di migliorare sia la prognosi quoad vitam che la prognosi quoad valitudinem del paziente.
1.3.1 Sistemi di stadiazione dei tumori maligni pancreatici
Nel corso degli anni sono stati proposti numerosi sistemi stadiativi del carcinoma pancreatico ma la classificazione più utilizzata attualmente è quella pubblicata
dall’American Joint Committee on Cancer nel 2009 (AJCC-UICC VII edizione) basata sul sistema internazionale TNM, ovvero sulla valutazione della dimensione ed estensione locale del tumore primitivo (T), dei linfonodi loco-regionali coinvolti (N) e sulla presenza di metastasi a distanza (M).
Rispetto alla versione UICC precedente (2002), la definizione del TNM nell’ambito della classificazione proposta dalla AJCC-UICC è cambiata, con modificazioni specifiche dei parametri T3 e T4; nella versione precedente, infatti, venivano considerati T3 quei tumori
che si estendevano al di fuori del pancreas, ma che non coinvolgevano l’asse celiaco o l’arteria mesenterica superiore, l’invasione dei quali caratterizzava invece il T4. Si veniva così a diversificare l’invasione venosa da quella arteriosa, quest’ultima considerata un fattore prognostico peggiore. Inoltre, rispetto alla versione precedente, sono state effettuate alcune modifiche nel raggruppamento in stadi (Tabella 1.1 ). In particolare un tumore T4 Nx M0 (x= any) nella precedente versione rappresentava uno stadio IVA mentre attualmente è classificato come stadio III, che comprende i carcinomi pancreatici localmente avanzati che hanno invaso l’asse celiaco e l’arteria mesenterica superiore, mentre lo stadio IV è riservato ai pazienti con malattia metastatica25.
Tabella 1.1 - Raggruppamento in stadi del carcinoma pancreatico Stadio
0
Tis, N0, M0 Il tumore è confinato agli strati più superficiali del dotto pancreatico e non ha invaso i tessuti più profondi. Non si è diffuso al di fuori del pancreas.
Stadio Ia
T1, N0, M0 Il tumore è limitato al pancreas ed è <2cm di dimensione. Non si è diffuso ai linfonodi vicini o a sedi distanti
Stadio Ib
T2, N0, M0 Il tumore è limitato al pancreas ed è >2cm di dimensione. Non si è diffuso ai linfonodi vicini o a sedi distanti.
Stadio IIa
T3, N0, M0 Il tumore si estende al di fuori del pancreas ma non a livello dei vasi arteriosi circostanti. Non si è diffuso ai linfonodi vicini o a sedi distanti.
Stadio IIb
T1-3, N1, M0 Il tumore è confinato al pancreas o si estende oltre esso, ma non infiltra i vasi arteriosi circostanti. Si è diffuso ai linfonodi vicini, ma non a sedi distanti.
Stadio III
T4, anyN, M0 Il tumore si estende oltre il pancreas, infiltrando i vasi arteriosi circostanti, potrebbe o meno aver invaso i linfonodi vicini. Non si è diffuso a sedi distanti.
Stadio IV
anyT, anyN, M1
Il tumore si è diffuso in sedi lontane.
Sebbene la classificazione proposta dalla AJCC-UICC sia di più semplice comprensione e risulti essere la più utilizzata in Occidente, ne esiste un’altra proposta dalla Japan Pancreas Society (JPS, 5° edizione) del 2002 (Tabella 1.2), più dettagliata ed accurata, in particolare nella valutazione del parametro T, in quanto integra dati
anatomopatologici e clinici; per la definizione dell’estensione loco-regionale del tumore essa prende in esame nove distinti parametri e in particolare, oltre alla valutazione dell’infiltrazione dell’asse venoso mesenterico-portale, analizza anche l’eventuale infiltrazione del tessuto retro peritoneale26.
Tabella 1.2 - Stadiazione JPS (2002) Stadio T S RP VP N M I T1 (<2 cm) S0 RP0 VP0 N0 M0 II T2 (2-4 cm) S1 RP1 VP1 N1 M0 III T3 (4-6 cm) S2 RP2 VP2 N2 M0
IV T4 (>6 cm)
S3 RP3 VP3 N3 M1
S: invasione sierosa; RP: invasione retroperitoneale; PV: invasione della vena porta. 0: assenza di invasione; 1: invasione sospetta; 2: invasione definita; 3: invasione severa.
1.3.2. Il carcinoma pancreatico
In virtù della sua doppia funzione, esocrina ed endocrina, dal pancreas possono originare numerose tipologie di tumore dovute alla varietà di citotipi presenti.
Nel 2000 la WHO ha classificato le neoplasie pancreatiche esocrine in forme:
- Benigne
o Cistoadenoma sieroso o Cistoadenoma mucinoso
o Adenoma intraduttale papillare mucinoso o Teratoma maturo
- Borderline
o Neoplasia mucinosa cistica con displasia moderata
o Neoplasia intraduttale papillare mucinosa con displasia moderata o Neoplasia solida pseudopapillare
- Maligne
o Adenocarcinoma duttale o Cistoadenocarcinoma sieroso
o Cistoadenocarcinoma mucinoso
o Carcinoma intraduttale papillare mucinoso o Carcinoma a cellule acinari
o Carcinoma solido pseudopapillare o Pancreatoblastoma
Mentre nel 2004, sempre la WHO, ha classificato le neoplasie pancreatiche endocrine in:
- Tumori endocrini ben differenziati o Funzionanti
o Non funzionanti
- Carcinomi endocrini ben differenziati o Funzionanti
o Non funzionanti
- Carcinomi endocrini scarsamente differenziati - Carcinomi misti esocrini-endocrini
A questi vanno aggiunti le neoplasie che insorgono nel pancreas come
secondarismi di altri tumori, sia per diffusione diretta (stomaco, fegato, surrene) sia per dissemininazione linfatica o ematogena, tipico il carcinoma a cellule chiare del rene e i linfomi non Hodgkin a sede addominale.
pancreatico sano gli adenocarcinomi duttali rappresentano l’80-90% di tutti i tumori del pancreas esocrino27.
Macroscopicamente il tumore si presenta come una massa grigiastra a margini poco definiti (Figura 1.4), di consistenza scirrosa, con all’interno possibili aree
microcistiche, mentre più rare sono le aree di emorragia o necrosi; generalmente, al momento della diagnosi, il tumore della testa/processo uncinato ha dimensioni minori (2.5-3 cm) rispetto a quello del corpo-coda (5-7 cm).
Fig 1.4 Adenocarcinoma duttale alla testa del pancreas (freccia rossa).
Il carcinoma della testa del pancreas contrae precocemente un intimo rapporto con il dotto di Wirsung, fino alla sua ostruzione, con conseguente dilatazione a monte
associata a fibrosi del parenchima con atrofia della componente acinare (espressione di pancreatite cronica ostruttiva); fin dagli stadi iniziali inoltre, sia le neoplasie che originano dalla testa sia dal processo uncinato hanno un andamento aggressivo con precoce interessamento del coledoco, del tessuto adiposo retroperitoneale e delle strutture vascolari (in particolare i vasi del tripode celiaco, l’arteria mesenterica superiore, la vena porta e la vena mesenterica superiore)28.
(stomaco, milza, colon).
Microscopicamente l’adenocarcinoma duttale risulta costituito da cellule epiteliali con diversi gradi di atipia, organizzate in strutture simil-duttali, circondate da una reazione fibrosa che determina la consistenza dura del tumore; prima di giungere allo stadio di carcinoma invasivo numerose alterazioni genetiche si sommano nelle cellule tumorali (mutazioni del gene k-ras, dei geni p16, p53, Er2-NEU e DPC4).
Il grading della neoplasia, basato su criteri citoarchittetonici, prevede tre gradi ed è riassunto in Tabella 1.4.
Tabella 1.4 – Gradi di differenziazione del carcinoma duttale del Pancreas.
Grading Differenziazione ghiandolare Produzione di muco
Mitosi
(10 HPF)
Atipie nucleari
1 Ghiandole ben differenziate Intensa <5 Lievi
2 Ghiandole e strutture tubulari
moderatamente differenziate Irregolare 6-10 Moderate
3 Ghiandole poco differenziate e
strutture pleomorfe Abortiva >10 Marcate
Il grading istologico è un importante fattore indipendente di prognosi che viene attribuito secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’analisi si
fonda sulla valutazione della differenziazione ghiandolare mediante la stima della
produzione di mucina, il numero delle mitosi per campo microscopico (pcm) e delle atipie nucleari.
1.3.3 Valutazione dei margini di resezione
Poiché alcuni studi hanno dimostrato che circa il 40% delle resezioni pancreatiche risulta non radicale per la presenza di infiltrazione microscopica dei margini di resezione, nel corso dell’esame estemporaneo intraoperatorio e nell’esame istologico definitivo è fondamentale valutare l’indennità del trance di resezione29.
Tutti i margini di resezione vanno così valutati in base al residuo tumorale evidenziabile (o parametro R):
R0: margine di resezione indenne da infiltrazione; R1: margini di resezione microscopicamente infiltrati;
R2: margini infiltrati macroscopicamente al tavolo operatorio e alla valutazione istologici29.30
I margini analizzati sono:
- il margine di resezione pancreatico (nell’intervento di DCP); - il dotto biliare e il dotto pancreatico principale;
- il margine di resezione duodenale;
superiore, come definito nelle ultime linee guida americane)31;
Il margine di resezione della lamina retroportale viene colorato sul pezzo operatorio con inchiostro di china e successivamente vengono ottenute 4-5 sezioni perpendicolari rispetto al dotto pancreatico, che sono analizzate al microscopio (Figura 1.5) 2,29
Fig. 1.5 Pezzo operatorio in un intervento di duodenocefalopancreasectomia. La parte marcata con inchistro di china rappresenta la lamina retroportale (frecce blu).
Relativamente al margine di resezione retroperitoneale, viene definito come T3 con R0 un tumore che infiltra il tessuto adiposo retroperitoneale in tale sede, senza raggiungere il margine chinato, mentre l’infiltrazione del margine di resezione determina la definizione di R+ (R1/R2).
1.3.4 Valutazione dell’infiltrazione vascolare
I segmenti vascolari sottoposti a resezione vengono valutati all’esame istologico che esprime un giudizio sul grado di infiltrazione secondo tre parametri:
2. Estensione longitudinale;
3. Estensione alle diverse tonache della parete vasale (avventizia, muscolare, intima). La valutazione della lunghezza del segmento di vaso interessato dal tumore è un dato non sempre richiesto e nessuno studio ha ancora correlato questo parametro con la sopravvivenza.
L’invasione delle tonache interessate viene espressa secondo il seguente grading32:
1. Grado 0: assenza di infiltrazione vascolare;
2. Grado 1: infiltrazione della tonaca avventizia e della tonaca media; 3. Grado 2: infiltrazione dell'intima;
A questi gradi corrispondono differenze statisticamente significative di sopravvivenza del paziente; il grado 2 corrisponde dal punto di vista prognostico ad una potenziale malattia metastatica e dunque ad una ridotta aspettativa di vita.
1.4 Chirurgia pancreatica resettiva
Nella storia della Chirurgia si inizia a parlare di chirurgia pancreatica già da metà del XIX secolo ed è proprio ad una personalità italiana che dobbiamo l’onore per esser stato pioniere dell’ormai celeberrimo intervento di Duodenocefalopancreasectomia; fu infatti tale da Codivilla, nel 1898, ad eseguire la prima DCP ad Imola, preferendo alla classica enucleazione del carcinoma cefalopancreatico, una resezione in blocco non solo della porzione ghiandolare ma anche del duodeno, stomaco distale e ristabilendo la continuità digestiva tramite una gastrodigiuno anastomosi su ansa alla Y en Roux34.
pancreatica continuò ad evolversi fino a che Kausch, nel 1909, e Hirschel, nel 1912, eseguirono due DCP, che prevedendo nella fasericostruttiva la triplice anastomosi gastrica, biliare e pancreatica, possono essere considerate come le prime DCP moderne33.
La vera svolta per la chirurgia pancreatica però si deve ad Allen Oldfather Whipple, che nel 1935 pubblicò i primi risultati della sua esperienza35 e nel 1940 eseguì l’intervento, che divenne lo standard mondiale di riferimento: la resezione in un unico tempo in blocco della testa del pancreas e delle strutture bilio-digestive attigue, cioè antro gastrico, C duodenale, prima ansa digiunale e porzione distale del coledoco (Figura 1.6).
Fig. 1.6 Duodenocefalopancreasectomia sec. Whipple.
Nei trenta anni successivi questo intervento fu soggetto a numerose variazioni, per ridurre le complicanze, e garantire una maggiore e migliore sopravvivenza. L’intervento di
Whipple rimase il più utilizzato fino a quando, nel 1978, Traverso e Longmire, modificando un precedente intervento di Watson36 del 1942, introdussero la DCP con preservazione d preservazionedel piloro (Figura 1.7)37
Fig 1.7 Duodenocefalopancreasectomia sec. Traverso-Longmire.
Questa procedura attualmente è la più diffusa, in relazione soprattutto, a parità di outcome a lungo termine, alla riduzione dei tempi operatori e alla diminuzione del sanguinamento intra-operatorio rispetto alla resezione classica secondo Whipple38. Sebbene l’esperienza di Whipple sia stata decisiva per l’evoluzione della chirurgia resettiva pancreatica, i risultati, soprattutto per quanto concerne la DCP, rimasero comunque per lungo tempo non soddisfacenti fino agli anni ’80, in cui si assistette ad un’importante riduzione della mortalità post-operatoria (< 10%).
A partire dagli anni ’90 la necessità di migliorare il recupero post-operatorio nonché di ridurre i tempi di degenza ha portato all’introduzione di metodiche mininvasive.
Inizialmente la tecnica laparoscopica fu impiegata esclusivamente a scopo palliativo, nei casi di tumori in stadio avanzato giudicati non resecabili a seguito della laparoscopia stadiativa. In questo modo poteva essere evitata la conversione open dell’intervento, così da ottenere recuperi più rapidi con riduzione della durata
intervento resettivo: una DCP, con conservazione del piloro, eseguita da Gagner e Pomp, dell’università di Montreal mentre nel 1996 furono effettuate le prime pancreasectomie distali (PD).
Le difficoltà tecniche incontrate nelle resezioni pancreatiche laparoscopiche, soprattutto nella fase ricostruttiva della DCP, possono essere in parte superate con la chirurgia robotica. Ed è proprio per superare questo tipo di difficoltà, ed estendere il più possibile a tutte le specialità chirurgiche la nuova metodica laparoscopica, che si cercò di associare anche alla chirurgia pancreatica il progressivo sviluppo delle tecnologie
robotiche e computer-assistite.
I primi robot chirurgici erano esclusivamente dei devices con dati preprogrammati o generati tramite algoritmi dal computer, senza input diretti in tempo reale dall’operatore (PUMA 560, ROBODOC, NEUROMATE, PROBOT). Parallelamente a questi, negli anni ottanta, basandosi sul concetto di “telepresence” furono sviluppati anche sistemi robotici completi, detti “master-slave”. Questi erano incapaci di eseguire alcuna azione in modo autonomo o preprogrammato, ma permettevano al chirurgo di entrare virtualmente nel campo operatorio attraverso la visualizzazione 3D ed eseguire le procedure tramite un sistema computerizzato in grado di replicare fedelmente i movimenti delle mani
convertendoli in atti chirurgici, per mezzo di bracci robotici inseriti nel corpo del paziente tramite accessi laparoscopici. Furono così introdotti dal 1994: Da Vinci surgical system (Intuitive Surgical Inc., Mountain View, Sunnyvale, CA, USA) e Zeus system (Computer Motion). Ad oggi Da Vinci Surgical System (Intuitive Surgical Inc.) è l’unico sistema robotico chirurgico autorizzato dalla FDA all’impiego in Chirurgia Generale. Tuttavia nuovi sistemi robotici (Amadeus, Titan Medical Inc., Toronto, Ontario,CA) sono attualmente in
fase di sviluppo ed è quindi probabile che negli anni futuri ci possano essere ulteriori progressi per questo straordinario tipo di chirurgia, al momento neonata, ma decisamente promettente e con ampio margine di miglioramento.
1.4.1 Duodenocefalopancreasectomia
Questo intervento è indicato nei casi di processi espansivi patologici a carico della porzione cefalica della ghiandola pancreatica.
L’intervento consiste nell’asportazione della testa del pancreas e per ragioni anatomiche anche del duodeno (o parte di), della porzione terminale della via biliare (coledoco) e della colecisti.
L’intervento prevede diverse fasi:
1. Esplorazione del pancreas e degli organi limitrofi per confermare i referti dell’imaging pre-operatorio;
2. Liberazione del pancreas dalle aderenze con i tessuti circostanti. Questa fase può esser complicata dalla condizione anatomopatologica del paziente in quanto eventuali aderenze, di tipo tumorale o di tipo infiammatorio,
possono essere presenti tra il pancreas e le strutture vascolari e non, che sono in rapporto con la ghiandola stessa;
3. Sezione della via biliare, del duodeno, della prima ansa digiunale e del pancreas a livello dell’istmo pancreatico;
4. Asportazione del pezzo operatorio e linfoadenectomia al fine di ottenere la radicalità oncologica;
5. Ricostruzione della continuità digestiva e confezionamento di anastomosi
pancreatica e biliare al tratto digerente. La sutura tra pancreas e tratto
digerente risulta la più delicata dal punto di vista prettamente tecnico a causa dell’anatomia intrinseca dell’organo.
Durante il tempo demolitivo, in ragione di fattori oncologici dettati dalla sede della patologia primitiva e/o di fattori vascolari dettati dall’anatomia dei peduncoli vascolari artero-venosi gastrici, è necessario valutare l’opportunità di preservare lo sfintere pilorico: ne deriva che la resezione del segmento gastrico dell’antro e la conseguente abolizione del piloro configurano la DCP secondo la tecnica di Whipple, mentre la preservazione dello sfintere pilorico e la sezione del duodeno a circa 2 cm dallo stesso configurano la DCP secondo Traverso-Longmire.
La scelta del tipo di ricostruzione da eseguire deve considerare sia la particolare anatomia del singolo paziente sia l’intento di ripristinare una condizione funzionale parafisiologica del nuovo distretto gastro-pancreatico-bilio-digiunale.
Il tratto di tenue rappresentato dal digiuno posto immediatamente a valle del Treitz è il segmento in genere prescelto per la ricostruzione della continuità anatomica.
La sutura tra il pancreas ed il digiuno viene condizionata da fattori quali la consistenza alla palpazione del parenchima pancreatico, il suo grado di fibrosi e/o lipomatosi, l’anatomia del sistema duttale a livello dell’istmo e del corpo della ghiandola pancreatica.
Due sono le tecniche di confezionamento dell’anastomosi pancreaticodigiunale impiegate: la prima, definita come Wirsung-digiunoanastomosi, prevede il congiungimento
della parete del dotto di Wirsung alla parete sottomucosa-mucosa del digiuno e la sintesi della capsula pancreatica allo strato siero-muscolare dell’ansa digiunale anastomotica.
La seconda, definita come tecnica dell’invaginazione, prevede un’ampia
invaginazione del moncone pancreatico all’interno dell’ansa digiunale con ampio contatto quindi tra capsula pancreatica e strato siero-muscolare del tenue.
L’anastomosi pancreaticodigiunale è soggetta allo sviluppo di un particolare tipo di complicanza ovvero la fistola pancreatica ad origine anastomotica.
La ricostruzione gastro-enterica, qualora si contempli un intervento secondo
Whipple, o quella duodeno-enterica, qualora si contempli un intervento secondo Traverso-Longmire, è oggetto di acceso dibattito in ragione dell’intento di ottenere una ricostruzione chirurgica quanto più funzionalmente simile alla fisiologica situazione del blocco gastro-duodeno-pancreatico. Posto che in genere è di gran lunga preferibile porre le anastomosi gastro-digiunali in sede sottomesocolica, nel tempo ricostruttivo di una DCP sia essa secondo Whipple che secondo Traverso-Longmire, è consuetudine utilizzare la metodica di Child per ripristinare la continuità digestiva. Tale metodica prevede che, dopo la
mobilizzazione dell’angolo duodeno-digiunale di Treitz, sia effettuata la resezione della prima ansa digiunale che viene affondata e sulla quale viene anastomizzata la ghiandola pancreatica, in successione il dotto epatico comune e lo stomaco. Questo circuito è semplice ed assicura il drenaggio rapido delle secrezioni biliari e pancreatiche.
L’estremità prossimale del digiuno potrebbe essere fatta risalire nel piano sovramesocolico passando nella breccia transmesocolica retroperitoneale creata con la manovra di
scrociamento. È preferibile però chiudere questa breccia e passare l’ansa digiunale anteriormente al peduncolo mesenterico e poi attraverso una breccia transmesocolica
intraperitoneale in modo da evitare qualsiasi rischio di compressione su quest’ansa ad “Y”. Il montaggio di Child può essere realizzato per via transmesocolica oppure fatto passare per via antecolica. Nel montaggio di Child è stato proposto di aggiungere
un’anastomosi latero-laterale di 4-5 cm di lunghezza tra le anse afferente ed efferente allo stomaco (anastomosi secondo Braun). Questo procedimento favorisce lo svuotamento dell’ansa efferente.
La principale variante è rappresentata dalla conservazione del piloro(Fig. 1.8). Inizialmente descritta da Traverso e Longmire nel 1978 ed esclusivamente eseguita quando l’indicazione della DCP era stata posta per patologia benigna, le sue indicazioni sono state ampliate anche in caso di patologia neoplastica, a condizione, ovviamente, che essa non infici la radicalità dell’exeresi. La conservazione del piloro e pertanto quella dei nervi di Letarjet, sembra in effetti essere un elemento essenziale nel mantenimento della funzione di svuotamento dello stomaco, nel contrasto al reflusso digiuno-gastrico e nella prevenzione della dumping syndrome; tutti assieme, questi elementi rappresentano un metodo efficacie per combattere la denutrizione che può sopravvenire a carico di questi pazienti. Classicamente la sezione duodenale viene eseguita 3-4-cm a valle del piloro e precede la sezione dell’arteria gastroduodenale.
Quando il piloro non viene conservato sono stati proposti altri due montaggi atti ad evitare i reflussi biliari e pancreatici nel moncone gastrico: un’anastomosi latero-laterale digiuno-digiunale al piede dell’ansa montata allo stomaco (anastomosi alla Braun) ed un’anastomosi gastro-digiunale su ansa ad “Y”. Queste due modalità favoriscono lo svuotamento dello stomaco e debbono essere associate ad una vagotomia per evitare il rischio di ulcera anastomotica.
Fig1.8. Duodenocefalopancreasectomia con conservazione del piloro.
1.4.2 Pancreasectomia sinistra o distale
Questo intervento è indicato nei casi di lesioni a carico della porzione distale del pancreas.
In genere è accompagnato da splenectomia, dato che la milza anatomicamente si trova vicinissima alla punta della coda pancreatica, ma può esser fatta anche una
pancreasectomia cosiddetta “spleen preserving”.
Questo tipo di intervento non prevede ricostruzioni intestinali.
1.4.3 Pancreasectomia intermedia
Questo intervento è indicato, in genere, nei casi di tumore benigno del corpo del pancreas (cistico o endocrino). E’ un intervento eseguito raramente, in alternativa alla
pancreasectomia distale, quando non è possibile eseguire l’intervento di enucleazione a causa della posizione del tumore nella ghiandola. E’ eseguito in casi selezionati, per ridurre il rischio di sviluppo di diabete post operatorio.
L’intervento ha lo scopo di asportare solamente la porzione intermedia del pancreas conservando la testa e la coda. Si seziona il pancreas, sia a livello del passaggio tra testa e corpo che a livello del passaggio tra corpo e coda, rimuovendo il corpo. Si deve poi anastomizzare un’ansa intestinale alla coda pancreatica rimasta, per raccoglierne le secrezioni. Il vantaggio di questo intervento è la conservazione della maggior parte del parenchima pancreatico, riducendo le possibili conseguenti insufficienze esocrina ed endocrina.
Lo svantaggio è il rischio di maggiori complicanze, rispetto all’intervento di pancreasectomia distale, dovuto alla presenza di due trance pancreatiche e di un’anastomosi tra la coda del pancreas e l’ansa intestinale. Questa sutura, per le
caratteristiche del pancreas, è molto delicata con possibile sviluppo di fistola pancreatica e conseguente rischio di gravi complicazioni.
1.4.4 Pancreasectomia totale
Questo intervento è indicato nei casi di coinvolgimento generalizzato della ghiandola, quando il tumore è multifocale e non è possibile conservare una parte della ghiandola o quando, all’esame istologico estemporaneo intraoperatorio la trancia di
sezione pancratica risulta coinvolta dal tumore (come nei casi di IPMN main duct) e anche rifilandola non si riescono ad ottenere margini oncologicamente puliti.
la testa del pancreas viene asportata in blocco con il duodeno, la porzione terminale della via biliare (coledoco) e la colecisti.
L’ intervento comporta le seguenti fasi:
- Esplorazione del pancreas e degli organi circostanti, per verificare i reperti degli esami diagnostici preoperatori;
- Liberazione del pancreas dalle aderenze coi tessuti circostanti. Questa fase può essere molto delicata per le aderenze, di tipo tumorale o di tipo infiammatorio, che possono essere presenti tra il pancreas e le vene e le arterie che decorrono a stretto contatto con la ghiandola;
- Sezione della via biliare, del duodeno, della prima ansa digiunale
- Asportazione del pezzo operatorio, costituito da pancreas- duodeno- via biliare terminale;
- Ricostruzione degli organi sezionati mediante un’anastomosi epatodigiunale e gastroenteroanastomosi.
1.4.5 Indicazioni all’intervento
Ancora oggi, la chirurgia, rappresenta il gold standard per il trattamento del carcinoma pancreatico. L’opportunità di eseguire una resezione pancreatica, non può prescindere da un' attenta valutazione pre-operatoria del paziente e un'adeguata stadiazione della neoplasia. La necessità di resecare un grosso tronco vascolare peripancreatico non sempre può essere prevista con certezza, dalla stadiazione pre- e/o intraoperatoria e, non di rado, diviene evidente solo dopo aver sezionato l’istmo del pancreas, quindi in una fase avanzata dell'intervento chirurgico.
Nel caso di tumori localmente avanzati, cioè neoplasie che coinvolgono, o sembrano coinvolgere, i grossi tronchi vascolari peripancreatici, l'opportunità di un un intervento resettivo è oggetto di dibattito nella comunità scientifica.
Esistono limiti tecnici ed indicazioni oncologiche.
I principali limiti tecnici sono dettati dalla localizzazione della neoplasia, infatti non sono resecabili le neoplasie che si estendono profondamente nella radice del mesentere, tanto da coinvolgere i rami di origine della vena mesenterica superiore e/o i rami di biforcazione dell’arteria mesenterica superiore. Anche il coinvolgimento dell’aorta, e/o dei rami di divisione ilare della vena porta o dell’arteria epatica rappresentano limiti tecnici difficilmente valicabili.
Le indicazioni oncologiche possono variare in rapporto all’istotipo tumorale. A questo riguardo è importante sottolineare come sia cruciale dimostrare istologicamente la natura della neoformazione pancreatica in quanto il programma terapeutico adottato ne sarà fortemente influenzato. I limiti legati all’istotipo possono essere così riassunti:
· Adenocarcinoma duttale: l’intervento resettivo è controindicato in caso di:
· metastasi a distanza istologicamente documentate; · infiltrazione della lamina retroportale con
interessamento dell’arteria mesenterica superiore; · infiltrazione circonferenziale dell’asse venoso
mesenterico-portale con trombosi neoplastica; · infiltrazione di segmenti vascolari multipli.
L’infiltrazione isolata dell’arteria epatica comune non controindica in modo assoluto la resezione, così come non la controindica l’infiltrazione di un segmento dell’asse
mesenterico portale circondato per meno di metà della sua circonferenza.
In caso di gradi maggiori di coinvolgimento o di coinvolgimento contemporaneo della vena e del'arteria mesenterica superiore i pazienti possono essere rivalutati per chirurgia dopo trattamento chemioterapico neoadiuvante, se responsivi. Recenti studi mostrano come, con lo sviluppo e l’utilizzo di nuovi protocolli chemioterapici, pazienti inizialmente considerati non resecabili, dopo chemioterapia neoadiuvante, diventano candidabili a chirurgia. Questi pazienti sottoposti ad intervento chirurgico con intento curativo (R0) ottengono vantaggi significativi in termini di sopravvivenza. In particolare Il protocollo FOLFOXIRI, sembra efficace nell’aprire una strada verso la chirurgia con intento curativo ai pazienti affetti da carcinoma del pancreas localmente avanzato. In centri specializzati e in mani esperte questi interventi risultano sicuri e con un tasso di morbilità e mortalità buoni.
· Neoplasie neuroendocrine: in assenza di limiti tecnici, le neoplasie neuroendocrine (eccetto quelle scarsamente differenziate) dovrebbero essere resecate sempre. Le metastasi epatiche non costituiscono una controindicazione assoluta.
Capitolo II Materiali e metodi
Tra il Maggio 1987 ed il Maggio 2013, 311 pazienti sono stati selezionati per pancreasectomia con resezione vascolare en bloc, venosa e/o arteriosa del territorio celiaco e/o mesenterico. Tutti gli interventi sono stati eseguiti presso l’Istituto di Chirurgia Generale e dei Trapianti, diretto, prima, dal Prof. Franco Mosca e, quindi, dal Prof. Ugo Boggi: si tratta pertanto di un’esperienza interamente monocentrica da parte di un Centro ad Alto Volume per chirurgia pancreatica in Italia. Nello stesso periodo, 1562 pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico resettivo pancreatico.
2.1 Stadiazione pre-operatoria
La stadiazione clinica preoperatoria di una lesione pancreatica, secondo le più recenti linee guida39,40 , viene eseguita mediante l’anamnesi e l’esame obiettivo del paziente, gli accertamenti ematochimici ed esami di imaging (ecografia addominale, TC Addome con
mezzo di contrasto trifasica, Colangio-Wirsung RM, Ecoendoscopia).
È stato dimostrato che la stadiazione preoperatoria clinico-strumentale presenta dei falsi positivi circa la presenza e l’entità dell’infiltrazione vascolare, a causa dei noti fenomeni flogistici reattivi peritumorali che classicamente accompagnano le neoplasie scirrose come quella duttale pancreatica41. Tali fenomeni sono in grado di simulare all’imaging preoperatoria segnali non distinguibili da quelli tumorali. Solo l’esame istologico definitivo può definire la presenza o meno dell’infiltrazione della parete vascolare e l’entità di tale infiltrazione.
A tale riguardo occorre segnalare la necessità della presenza, in una pancreas unit, di specialisti Radiologi dedicati, sia nella diagnostica preoperatoria, sia nella diagnostica post-operatoria, ovvero la disponibilità della radiologia interventistica nella gestione del paziente prima e dopo l’intervento chirurgico.
Nella preparazione preoperatoria i pazienti vengono quindi sottoposti ai seguenti esami:
· Esami ematochimici di routine (emocromo, assetto coagulativo, dosaggio elettrolitico, esame urine standard, funzione renale ed epatica, markers oncologici) · Radiografia del torace standard in 2 proiezioni
· Visita anestesiologica
· Esami di secondo livello eseguiti dietro richiesta dell’anestesista o dello specialista Imaging preoperatorio:
· Ecografia addome · Tc multistrato addome · Colangio-Wirsung RM · EGDS
· Altri esami in base alle necessità del singolo caso.
La valutazione del rischio anestesiologico mediante la classificazione dell’American Society of Anesthesiology (ASA score) ed, eventualmente, mediante ulteriori score predittivi dell’incidenza di complicanze cardiorespiratorie perioperatorie è naturalmente mandatoria.
La figura dell’anestesista dedicato alla gestione del paziente candidato a chirurgia pancreatica è, a Nostro avviso, fondamentale: le resezioni pancreatiche maggiori, in particolar modo quelle associate a resezione vascolare, impongono al paziente un’enorme alterazione degli assetti omeostatici, che necessita di un’assistenza anestesiologico-rianimatoria avanzata, sia in sede intraoperatoria che in fase post-operatoria.
2.2 Stadiazione intraoperatoria
distanza ed ogni condizione che abbia rilevanza tecnica od oncologica nella pianificazione dell'intervento. Nello specifico, i rapporti fra neoplasia ed assi vascolari prima di intraprendere una dissezione e poter eseguire una resezione di tipo “no touch”.
L'ecografia di contatto, con sonde ad alta frequenza, è particolarmente utile integrando i dati della TC pre-operatoria. In assenza di segni certi d'infiltrazione, la perdita di clivaggio fra neoplasia ed asse vascolare può essere causata da flogosi perilesionare o da microinfiltrazione neoplastica. Non essendo possibile differenziare queste due condizioni in sede intraoperatoria, ma essendo chiare le implicazioni prognostiche negative di una resezione con residuo tumorale microscopico (R1), il contatto fra neoplasia e vaso dovrebbe essere affrontato con una resezione vascolare in blocco d'emblèe.
2.3 Tecniche chirurgiche
Confermata, alla stadiazione intraoperatoria, la necessità di una resezione vascolare, si procederà ad acquisire il controllo vascolare a monte ed a valle del tratto interessato. Al termine della fase di preparazione, senza essersi addentrati in piani intra- o iuxtatumorali, il pezzo operatorio resterà connesso al paziente solo tramite l’asse vascolare da resecare. Così facendo la maggior parte della dissezione linfatica avviene in direzione centripeta rispetto al tumore, così che la maggior parte dei linfonodi, e del
tessuto linfo-adiposo, saranno rimossi in blocco con la neoplasia. Per ottemperare a questi principi, anche quando il contatto fra tumore e vaso è limitato è preferibile resecare
2.3.1 Resezione dell'asse mesenterico-portale
La maggior parte delle resezioni vascolari in corso di pancreasectomia coinvolge l'asse mesenterico portale.
La manovra di Kocher consente di poter obiettivare il contatto tumore-asse venoso. La manovra di Kocher estesa42 permette di mobilizzare l’intero blocco cefalo pancreatico rispetto alla fascia cavo-aortica, esponendo l’origine della arteria mesenterica superiore (SMA) ed, eventualmente, del tripode celiaco (CT). Tale manovra riveste due importanti significati: il primo è rappresentato dal controllo vascolare del piccolo e grosso intestino mediante esposizione della SMA in previsione di un eventuale clampaggio; il secondo è invece di ordine oncologico, perché permette di esporre il margine posteriore del blocco duodenocefalopancreatico43,44, in particolare modo a livello del letto della SMA, area di connessione embriologica del mesopancreas rappresentata dai plessi nervosi, target di diffusione della malattia duttale45 . La scheletrizzazione del margine destro dell’arteria mesenterica superiore è il gold standard di clearance oncologica39.
Stessi significati, per quanto riguarda il tripode celiaco, riveste la sua esposizione con l’estensione della manovra di Kocher.
Le manovre propedeutiche al controllo vascolare dell’asse mesenterico portale, inoltre, sono rappresentate:
gastroepiploici di destra e dei vasi colici medi;
-derotazione intestinale parziale o completa, mediante scollamento e sollevamento della pagina del mesocolon destro e della radice secondaria del mesentere (manovra di Cattel); -scollamento e sollevamento della pagina del mesocolon discendente e del blocco splenopancreatico (manovra di Mattox o variante di Jinnai): quest’ultima risulta particolarmente utile nel controllo vascolare dei vasi splenici;
-isolamento della vena porta (VP) sovrapancreatica;
-isolamento della vena mesenterica superiore (VMS) a livello del bordo inferiore del pancreas.
Se il segmento da resecare è breve si può prevedere di eseguire un' anastomosi termino-terminale (facilitata dalla mobilizzazione completa del colon destro, del piccolo intestino e del tronco portale). Se invece il segmento da resecare è lungo e/o vi è una marcata discrepanza di calibro fra vena mesenterica superiore (esile) e porta (ampia), è opportuno prelevare un segmento vascolare con cui sostituire il vaso resecato. La vena giugulare interna è solitamente un buon graft avendo un calibro simile ed un incremento dello stesso in direzione centripeta a quello dell'asse mesenterico portale.
La vena mesenterica superiore è costituita dall'unione di due grossi tronchi venosi in cui confluiscono dapprima la vena ileo-colica e un grosso ramo digiunale postero-mediale, quest'ultima, identificata selettivamente, se di grosso calibro può garantire gran parte del drenaggio venoso del piccolo intestino, pertanto è opportuno eseguire un clampaggio temporaneo prima di sacrificarla.
Si mobilizza l'istmo del pancreas a sinistra dell'asse mesenterico-portale e circondare la splenica. Si seziona la prima ansa digiunale che viene mobilizzata in direzione prossimale fino alla terza porzione duodenale; la mobilizzazione del colon destro e del piccolo intestino può facilitare questa manovra. La trasposizione della prima ansa digiunale alla destra del peduncolo vascolare mesenterico per via retro mesenterica comporta lo “scrociamento” del peduncolo mesenterico stesso, consentendo di esporre l’arteria mesenterica superiore. Si identifica il margine destro dell'arteria mesenterica superiore e, procedendo a ridosso di questo vaso in direzione prossimale, si seziona lamina retroportale completando il distacco del pezzo operatorio dal margine retroperitoneale. Quindi la testa del pancreas, completamente mobilizzata, rimane connessa unicamente tramite i grossi tronchi venosi.
La strategia del clampaggio è importante per ridurre i tempi di ischemia/congestione intestinale e l'ipoperfusione epatica. É opportuno clampare comunque l'arteria mesenterica superiore per ridurre l'edema intestinale. La mobilizzazione del colon destro e del piccolo intestino è utile nel caso si ricostruisca l'asse venoso con un'anastomosi termino-terminale. Se il segmento da resecare è limitato alla vena mesenterica superiore, e si deciso di usare un graft vascolare, si inizia dal clampaggio della vena mesenterica a monte della neoplasia in modo che , durante la confezione della prima anastomosi, il flusso portale sia parzialmente mantenuto dal circolo splenico e sia, eventualmente possibile, un deflusso intestinale collaterale attraverso la vena mesenterica inferiore. Completata l'anastomosi distale, si clampano la vena splenica e il tronco portale per confezionare l'anastomosi prossimale. Se si è optato per l'anastomosi termino-terminale diretta, tutti i segmenti venosi saranno clampati simultaneamente. Se il segmento da
resecare include la confluenza con la vena splenica è opportuno utilizzare un graft vascolare sul quale sarà reimpiantata, sul versante sinistro, la vena splenica con un’anastomosi termino-laterale. Infine è possibile utilizzare la vena splenica, mobilizzata dal corpo pancreatico e ruotata verso destra, per sostituire la vena mesenterica superiore. Esiste la possibilità di limitare la resezione vascolare all'asportazione tangenziale di un tratto del tronco mesenterico-portale. In questo caso è opportuno resecare generosamente la parete del vaso e riparare la breccia mediante un patch vascolare autologo.
Una particolare attenzione deve essere posta alla vena gastrica sinistra, la presenza della quale consente di preservare l’intero stomaco anche nel caso in cui si debba procedere ad una splenopancreasectomia totale con resezione en bloc della confluenza spleno-mesenterico-portale, qualora il suo sbocco nell’asse venoso venga preservato o ricostruito.
2.3.2 Resezione dell'arteria epatica e/o tripode celiaco L’arteria epatica comune e/o il tripode celiaco possono essere coinvolti in modo isolato in caso di neoplasie originate a livello della porzione dorsale della testa o dal margine superiore dell’istmo o del corpo del pancreas.
Se la sede della neoplasia consente di conservare la testa del pancreas, e quindi le arcate pancreatico-duodenali, la resezione dell’arteria epatica comune e/o del tripode celiaco può essere eseguita senza necessità di ricostruzioni vascolari. La circolazione collaterale derivata dall’arteria mesenterica superiore attraverso le arcate pancreatico-duodenali e l’arteria gastro-duodenale è solitamente sufficiente a garantire l’irrorazione
arteriosa del fegato. In ogni caso è consigliabile verificare l’adeguatezza di questo circolo collaterale con un esame Doppler prima di prendere definitivamente la decisione di non ricostruire l’arteria epatica comune. Se invece è necessario resecare anche la testa del pancreas, bisogna ricostruire anche l’arteria epatica. A questo scopo, se non è possibile eseguire una ricostruzione termino-terminale, è consigliabile utilizzare un graft vascolare autologo derivato dalla vena grande safena o, se questa ha pareti troppo sottili, dall’arteria iliaca interna. Se la resezione è limitata all’arteria epatica comune, ed è comunque necessario eseguire una pancreasectomia totale, è possibile utilizzare anche l’arteria splenica opportunamente mobilizzata e ruotata verso destra. Infine, quando una neoplasia cefalopancreatica infiltra un’arteria epatica destra aberrante o accessoria originata dall’arteria mesenterica superiore, la ricostruzione può avvenire anastomizzando il segmento vascolare distale al moncone dell’arteria gastro-duodenale. Questa anastomosi è preferibilmente confezionata in punti staccati di polipropilene 6-0 o 7-0.
2.3.3 Resezione dell'arteria mesenterica
superiore
Il coinvolgimento isolato dell’arteria mesenterica superiore è molto raro, potendosi realizzare quando una neoplasia originata dalla porzione più distale del processo uncinato interessa direttamente l’arteria mesenterica superiore risparmiando la vena. Molto importante in questo tipo di resezione è la riduzione dei tempi d’ischemia di fegato e
intestino. L’esecuzione di una splenopancreasectomia totale e di una gastrectomia totale facilitano notevolmente la realizzazione di questo programma e consentono la massima radicalità loco-regionale.
Partendo da destra, si esegue la kocherizzazione completa del blocco duodeno-pancreatico e si mobilizzano completamente il colon destro e il piccolo intestino. Si esegue linfoadenectomia pre-cavale e pre-aortica e, procedendo in direzione cefalica, si arriva ad isolare a livello del piano aortico l’origine dell’arteria mesenterica superiore. I vasi mesenterici superiori vengono quindi identificati nella radice del mesentere e circondati anch’essi. Quindi, si mobilizza il blocco spleno-pancreatico da sinistra fino al piano aortico tornando ad identificare, anche da questo lato, l’origine dell’arteria mesenterica superiore. Dopo aver sezionato la prima ansa digiunale si seziona la radice mesenterica fino a che il piccolo intestino rimane connesso esclusivamente al tronco dei vasi mesenterici superiori. Nel caso in cui si debba sezionare lo stomaco, questo viene sezionato al cardias e, scorrendo lungo i pilastri del diaframma, si arriva fino all’origine del tripode celiaco. Si procede quindi con la sezione dei vasi pancreatico-duodenali e dei vasi pancreatici minori. Infine si clampa l’arteria mesenterica superiore e si rimuove il pezzo operatorio. Mentre l’arteria mesenterica superiore viene ricostruita l’intestino è ischemico; il fegato lo è solo parzialmente grazie alla vascolarizzazione dell’arteria epatica.
2.3.4 Resezioni di segmenti vascolari multipli
riduca i tempi di ischemia del fegato e dell'intestino. L'esecuzione di una splenopancreasectomia totale e di una gastrectomia totale facilitano il programma chirurgico e consentono la massima radicalità loco-regionale. Può essere associata un’emicolectomia destra per un migliore controllo della vena mesenterica superiore nel contesto della radice del mesentere. Si esegue linfoadenectomia pre-cavale e pre-aortica e procedendo in direzione cefalica, si arriva ad isolare a livello del piano aortico l'arteria mesenterica superiore del tripode celiaco. Identificati i vasi mesenterici superiori e, nel contesto del legamento epato-duodenale, la vena porta e l'arteria epatica propria si mobilizza il blocco splenopancreatico da sinistra fino al piano aortico tornando ad identificare, anche da questo lato, l'origine del tripode celiaco e dell'arteria mesenterica superiore. Dopo aver sezionato la prima ansa digiunale, si seziona la radice mesenterica fino a che il piccolo intestino rimane connesso esclusivamente al tronco dei vasi mesenterici superiori. Partendo dall'alto si seziona lo stomaco al livello del cardias e scorrendo lungo i pilastri del diaframma si arriva fino all'origine del tripode celiaco.
Il blocco multiorgano, completamente mobilizzato, connesso unicamente tramite i grossi peduncoli vascolari che sono stati tutti circondati a monte ed a valle dei tratti da resecare. Il primo segmento ad essere resecato è l'arteria epatica ricostruita con graft vascolare autologo di vena grande safena o d'arteria iliaca interna. Quindi si clampano l'arteria mesenterica superiore e il tronco mesenterico portale (a monte ed a valle) e si rimuove il pezzo operatorio. L'arteria mesenterica superiore viene ricostruita per prima, ma rimane clampata fino a che non è stata completata la ricostruzione dell'asse venoso.
2.4 Complicanze post-operatorie specifiche
La mobilità e la mortalità postoperatorie della pancreasectomia associata a resezione di segmenti vascolari sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle della pancreasectomia standard sia per incidenza che per cause. La trombosi del segmento vascolare ricostruito è una rara complicanza specifica. Le trombosi arteriose possono manifestarsi come ischemia intestinale (arteria mesenterica superiore), ascessualizzazione epatica e/o necrosi delle vie biliari (arteria epatica). Una trombosi completa venosa senza deflusso collaterale può tradursi in un 'infarto intestinale venoso, mentre una trombosi parziale o completa con deflusso collaterale si manifesta con ascite associata ad un grado variabile di disfunzione epatica. Le complicanze arteriose, richiedono quando possibile correzione chirurgica. Quelle venose sono maggiormente gestite con terapia medica (eparina sodica in endovena e successivamente dicumarolici per via orale). Altre complicanze specifiche sono le emorragie generate dall'erosione del segmento vascolare ricostruito e/o dalla deiscenza dell'anastomosi.
2.5 Materiali e metodi dello studio
Tra l'Ottobre 1986 e l'Agosto 2013, 311 pazienti sono stati selezionati per pancreasectomia con resezione vascolare en bloc, venosa e/o arteriosa del territorio celiaco e/o mesenterico.
I dati sono stati estratti da un data base prospettico ed analizzati retrospettivamente. Il data base prospettico è articolato in: anagrafica dei pazienti, dati clinici preoperatori, dati intraoperatori, dati clinici postoperatori, dati anatomopatologici, follow up ambulatoriale.
I dati sono stati estratti dalle cartelle cliniche dei pazienti e, per quanto riguarda il follow up, dalle cartelle ambulatoriali e dalle interviste (sia ambulatoriali che telefoniche) periodiche dei pazienti e delle loro famiglie.
I dati analizzati sono stati: numero, età media e range, genere dei pazienti; sintomo/i di presentazione della patologia; comorbidità associate; pregressi interventi chirurgici; pregressa chemio-/radioterapia neoadiuvante; tipologia di intervento chirurgico resettivo eseguito (duodenocefalopancreasectomia, DCP; pancreasectomia totale; pancreasectomia distale); tipologia di approccio chirurgico adottato (open, laparoscopico, robotico); durata dell'intervento chirurgico; numero medio di unità di globuli rossi concentrati trasfuse in sede intraoperatoria; tipologia di resezione vascolare eseguita (venosa, arteriosa, artero-venosa); tipologia di segmento vascolare resecato (vena porta, VP; confluente mesenterico-portale, CMP; vena mesenterica superiore, VMS; arteria mesenterica superiore, AMS; tripode celiaco, CT; arteria epatica, HA; vena cava, CAVA); tipologia di ricostruzione adottata (nessuna ricostruzione; patch; diretta; jump graft); eventuale chirurgia associata (resezioni allargate en bloc); degenza media post-operatoria; mortalità perioperatoria (entro 30 giorni dall'intervento); morbilità postoperatoria, morbilità medica e morbilità chirurgica; tasso di fistola pancreatica (secondo la definizione dell'ISGPF) nelle DCP e nelle pancreasectomie distali; tipologia di malattia documentata all'esame istologico definitivo (adenocarcinoma duttale, ACD; carcinoma intraduttale mucinoso papillare, IPMC; neoplasia papillare mucinosa intraduttale, IPMN; tumore neuroendocrino, NET; carcinoma neuroendocrino, NEC; carcinoma adenosquamoso; adenocarcinoma del coledoco, CHOL; neoplasie ampollari; tumori metastatici al pancreas, MTX; altra istologia specificata, OTHER); stadio dell'adenocarcinoma duttale (frequenza); numero medio di linfonodi (N) asportati; numero medio di N positivi; infiltrazione vascolare confermata all'esame istologico (numero di segmenti vascolari positivi sul totale); grado di infiltrazione vascolare radiale nella parete del vaso; numero di resezioni R0 sul totale; sopravvivenza mediana globale in mesi e sopravvivenza mediana dei singoli sottogruppi di pazienti (gruppo resezione venosa, gruppo arteriosa, gruppo artero-venosa).
analizzati mediante il test t ed i dati non parametrici mediante il test χ2.
La sopravvivenza dei pazienti è stata indagata con la funzione di Kaplan-Meier ed il confronto tra gruppi diversi con il log-rank test.
Capitolo III-Risultati e conclusioni
3.1 Risultati
Il numero totale dei pazienti risulta pari a 311, con un’età media (range) di 64,2 anni (30-87). I maschi erano 171, le femmine 140.
Dati pre-operatori
I pazienti sintomatici sono stati 223 (71,7%), di cui: ittero 126 (40,5%) pazienti, dolore addominale 93 (29,9%), disturbo di transito digestivo superiore 13 (4,1%), calo ponderale 71 (22,8%).