U
NIVERSITA’ DEGLI STUDI DI
P
ISA
Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica
Corso di Laurea in Lingua e Letteratura Italiana
TESI DI LAUREA
“Occhi e cuore” e “chanson de change”.
Per un repertorio tematico del trovatore
Uc de Saint Circ.
Relatore: Candidato:
Prof. Fabrizio Cigni Michela Sala
Correlatore:
Prof. Marcello Ciccuto
1
INDICE
Introduzione
. p. 3
Prima parte:
1 Uc de Saint Circ.
p. 9
1.1 La vita attraverso la vida; p. 9
1.1.1 I luoghi d’origine di Uc;
p. 11
1.1.2 L’istruzione di Uc;
p. 12
1.1.3 I primi viaggi per l’Europa;
p. 13
1.2 L’accusa di usura ed eresia; p. 15
1.3 I giudizi sull’attività poetica di Uc nella vida; p. 18
1.4 La paternità della vida; p. 20
1.5 Il ruolo di Uc nella diffusione di vidas e razos; p. 21
1.6 Il Donat Proensal; p. 27
1.7 Il Liber Alberici. p. 28
2 La produzione poetica
. p. 31
2.1 I sirventesi; p. 31
2.2 Le coblas; p. 42
2.3 La danseta; p. 46
2.4 I testi dialogici; p. 49
2.5 Il salut d’amor. p. 60
3 Le canzoni di Uc de Saint Circ
. p. 65
3.1 Analisi delle canzoni; p. 65
3.1.1 Nuills hom no sap d’amic, tro l’a perdut (BEdT 457,26);p. 65
3.1.2 Anc enemics qu’ieu agues (BEdT 457,3);
p. 68
3.1.3 Tres enemics e dos mals seignors ai (BEdT 457,40);
p. 73
3.1.4 Gent an saubut miei oill venser mon cor (BEdT 457,16);
p. 76
2
3.1.6 Estat ai fort longamen (BEdT 457,15);
p. 82
3.1.7 Be fai granda follor (BEdT 457,7);
p. 85
3.1.8 Nuilla ren que mestier m’aia (BEdT 457,25);
p. 89
3.1.9 Longament ai atenduda (BEdT 457,18);
p. 92
3.1.10 Enaissi com so plus car (BEdT 457,12);
p. 96
3.1.11 Ses desir et ses raso (BEdT 457,35);
p. 99
3.1.12 Anc mais no vi temps ni saso (BEdT 457,4
); p. 103
3.1.13 Dels huoills e del cor e de me (BEdT 457,9
); p.
106 3.1.14 Aissi com es coinda e gaia (BEdT 4,1);p. 108
3.1.15 Mains greus durs pessamens (BEdT 457,20);
p. 112
3.2 L’ipotesi del romanzo d’amore secondo Jeanroy
e Salverda de Grave; p. 114
3.3 Le razos e la love story tra Uc e Clara. p. 117
Seconda parte:
4 Occhi e cuore: gli artefici dell’innamoramento.
p. 125
4.1 Il ‘ciclo degli occhi’ di Uc de Saint Circ; p. 125
4.1.1 L’amore come sofferenza;
p. 134
4.1.2 L’amore che distrugge ma senza il quale non si può vivere
; p. 138
4.1.3 L’amore come esperienza positiva;
p. 144
4.1.4 La teoria dell’innamoramento
; p. 148
4.2 L’evoluzione del tema occhi-cuore nella letteratura italiana
delle Origini. p. 154
5 Le chansons de change.
p. 165
5.1 Le chansons de change di Uc de Saint Circ; p. 165
5.2 Alcuni esempi di chansons de change nei trovatori; p. 175
5.3 Le storie del disamore nelle vidas e nelle razos. p. 184
3
Introduzione
Uc de Saint Circ è stato un giullare-trovatore di origini provenzali, che ha passato
la vita a girovagare tra le più importanti corti europee, stabilendosi poi, a partire
dagli anni ’20 del 200 in Italia; in questo ultimo periodo della sua vita si è
preoccupato di tramandare ai posteri la conoscenza della letteratura provenzale,
creando sia delle raccolte di componimenti che alcuni strumenti, utili
all’apprendimento pratico della lingua e delle regole della poesia.
Così facendo ha innescato quel meccanismo che avrebbe dato vita, poco dopo,
alla letteratura italiana; infatti se la poesia in volgare italiano trova la sua prima
realizzazione in Sicilia, alla corte di Federico II di Svevia, bisogna anche
ricordare che molti erano i poeti provenzali che circolavano nella corte itinerante
dell’imperatore e che grande influenza ebbero nella formazione dei primi poeti
siciliani, tanto più che numerosi sono i punti di contatto tra i topos delle
letteratura provenzale e quella siciliana, dalla quale poi sarebbe nata la poesia
dei siculo-toscani e degli stilnovisti.
1Uc de Saint Circ fu sicuramente responsabile di aver diffuso il sapere provenzale
e di aver contribuito, quindi, alla nascita della letteratura italiana.
Il trovatore caorsino è autore di molti componimenti, che abbracciano quasi tutti
i generi poetici provenzali, come canzoni, sirventesi e coblas; è considerato
l’autore di commenti alle canzoni, le razos, e cappelli biografici sui trovatori, le
vidas, anche se l’attribuzione di questi testi al nostro autore è ancora oggi incerta.
Uc è autore di un manuale di grammatica, ed infine è l’ideatore di uno dei più
antichi canzonieri.
Ovviamente la paternità di molti di questi testi è ancora dubbia, e in molti casi,
resterà incerta.
In questa tesi, cercherò di dare un quadro completo della figura di Uc, come
uomo e come poeta, cecando di chiarire, dove possibile, la paternità di alcuni
testi.
Se l’importanza del suo ruolo nella diffusione della letteratura provenzale è fuor
di dubbio, spesso viene messa da parte o mal considerata la sua produzione
1 Il legame tra queste tradizione è ampiamente riconosciuto dalla critica letteraria ed il volere di alcuni trovatori è sottolineato dallo stesso Dante, soprattutto nel De vulgari eloquentia.
4
poetica e specificatamente lirica. Per fare un esempio, la Meneghetti lo descrive
come:
“Il letterato, Uc de Saint Circ, è mediocre come artista e poco raccomandabile come persona (al punto- sembra- da non farsi scrupolo di prestare ad usura).” 2
Senza però mai mettere in discussione il fatto che da lui (insieme al “politico
poco accorto”, Alberico da Romano):
“È partito il primo, forse decisivo impulso alla fissazione e alla trasmissione nei secoli avvenire del tesoro della lirica provenzale.”3
Opinione simile è quella espressa da Folena, il quale non discute sul fatto che:
“Uc occupa un posto eccezionale nella storia e nella cultura occitanica per la sua attività collaterale alla poesia, come raccoglitore di rime e antologista di trovatori, come autore e redattore di prose biografiche e forse anche come grammatico: è probabile che a lui si debba la conservazione di buona parte della lirica provenzale, ed è certo che senza la sua attività filologica il quadro della tradizione e la prospettiva storica sarebbero molto diversi.”4
Ma allo stesso tempo ammette che le sue canzoni risultano “prive di passione”,
frutto di una “professione da poeta” che lo spingeva a cantare d’amore, ma a
realizzare una “poesia convenzionale e monotona”; ammette però che “ben più
notevoli delle poesie d’amore sono i sirventesi politici e satirici.”
La canzoni di Uc, forse a causa di una troppo rigida interpretazione della sua
vida,
5vengono considerate come imitazioni della poesia provenzale o,
addirittura, come strumenti attraverso i quali Uc porta avanti una critica ed una
denuncia nei confronti di una letteratura e soprattutto di un sistema di valori
ormai decaduto.
2 MENEGHETTI 1991, p. 115. 3 IBIDEM
4 FOLENA 1975, p. 102.
5 Nella quale afferma di non essere mai stato innamorato, ma di essersi finto tale per poter scrivere canzoni d’amore.
5
Ma probabilmente se si cercasse di liberare la mente da tutti i pregiudizi e di
leggere le canzoni per quello che sono, si potrebbe accettare l’idea che Uc non
fu solo il portavoce di una cultura letteraria ma un esempio in prima persona di
questa tradizione.
Dopo l’edizione critica curata da Jeanroy e Salverda de Grave, datata 1913,
soltanto Zinelli si è occupato delle canzoni di Uc in un saggio di edizione critica
realizzato come tesi di dottorato del 1998, ma mai dato alle stampe; mentre, fatta
eccezione per il salut d’amor attribuito ad Uc e per alcuni testi come una cobla
o un sirventese, non sono stati dedicati nuovi studi filologici alle poesie di Uc.
La figura di Uc effettivamente solleva molti quesiti interessanti, legati alla
compilazione del Liber Alberici o alla realizzazione di vidas e razos, che nascono
come cappelli introduttivi, quindi sussidi per la comprensione della letteratura,
ma diventano poi vere e proprie opere letterarie, e forse per questo è stata messa
da parte nel corso degli anni l’analisi della sua produzione poetica.
Leggendo le canzoni si nota subito che sono incentrate interamente sulla
tematica amorosa, ma che affrontano questo tema da tutte le prospettive
possibili: si hanno canzoni d’amore felice, che potrebbero essere definite bona
cansos, ovvero di lode e di plauso nei confronti dell’amata, alternate a canzoni
in cui l’amore è descritto come un sentimento cattivo che causa pene e tormenti,
e poesie in cui l’amore è finito, poesie di disamore.
Nel mio lavoro di tesi ho cercato di porre l’accento su due momenti in particolare
dell’iter amoroso di Uc, la fase dell’innamoramento ed il momento in cui la
scintilla si spegne e l’amore finisce; due momenti antitetici dell’esperienza
amorosa. Ho scelto poi di sottolineare la vicinanza stilistica e tematica tra Uc e
gli altri trovatori, mettendo così in risalto come un Uc non sia soltanto un
conoscitore della letteratura provenzale, uno studioso che la guarda dall’esterno,
ma faccia parte in prima persona di questa tradizione.
Ho cercato quindi di liberare il trovatore caorsino da quelle “catene” che lo
hanno relegato a studioso ridandogli lo spazio che meritava come trovatore.
Bisogna sempre ricordare che quello del trovatore era un mestiere, per chi come
Uc, era figlio di un povero valvassore e doveva vivere nelle corti sotto la
protezione di un feudatario.
Uc vive ed opera in circostanze eccezionali rispetto ai primi trovatori, in quanto
ormai la cultura e la situazione politica che avevano permesso e promosso lo
6
sviluppo della letteratura cortese stanno ormai per crollare
6ed Uc si troverà ben
presto esule, lontano dalla propria terra e privo di radici. Sentendo la necessità
di trovare un posto nel nuovo sistema di valori, quello italiano, e ormai privato
di quella molla che lo spingeva a scrivere canzoni e poesie, Uc si reinventa, e
sceglie di diventare, dopo essere stato poeta, maestro di quella stessa materia che
aveva cantato per anni. È in questa situazione che inizia a rivedere tutto quello
che aveva imparato sulla letteratura provenzale e lo rielabora, cercando di
adattarlo al nuovo mondo culturale e politico al quale era destinato.
Da questo momento Uc diventa un critico ed uno storico e smette di essere un
lirico. Immaginando Uc come intento a rivedere tutto ciò che conosceva sui
trovatori e sulla loro poesia, non dovrebbe stupire che iniziò anche a rivedere le
sue canzoni, aggiustandole e migliorandole, ricreando delle storie e costruendo
un filo narrativo che le univa. Ma questa, al momento è solo una suggestione che
meriterebbe di essere approfondita e comprovata da prove materiali.
A questo punto Uc diventa fenhador, finge di essere innamorato e riscostruisce
un’immagine di sé per come doveva essere visto nel nuovo mondo in cui cercava
di inserirsi. Anche attraverso la propria vida.
7
6 La definizione di amore cortese viene data da Gaston Paris (amour courtois) e unisce le due caratteristiche di questa letteratura: l’amore, il sentimento cantato dai poeti, e la corte, ovvero il luogo in cui queste canzoni venivano ambientate e cantate. Nel momento in cui decade il sistema feudale delle corti, viene anche a mancare la poesia cortese. Il sistema politico decade inseguito alle crociate contro gli Albigesi, gruppo di eretici affini ai catari, molto numerosi nel sud della Francia. Dopo aver cercato di estirpare questo credo tramite trattative singole, il papa, Innocenzo III, decide di organizzare una crociata, spinto dal fatto che la chiesa non aveva più autorità in quei territori ed appoggiato dal re di Francia che voleva annettere i territori della Linguadoca alla corona francese. La crociata duro dal 1209 al 1229 e si concluse con la vittoria della chiesa e della Francia. I territori divennero feudi della corona francese e le corti provenzali lentamente sparirono, con esse si perse sia la poesia che la lingua provenzale. I trovatori che avevano appoggiato e sostenuto La Linguadoca e soprattutto Raimondo VI, conte di Tolosa, dovettero fuggire dalla Provenza, cercando riparo in altre corti europee, soprattutto nella Spagna e nel nord Italia. Tra questi esuli vi era anche Uc.
7Accolgo invece l’ipotesi ‘maliziosa’ della Lazzerini, secondo la quale il trovatore potrebbe aver rivisto la sua produzione poetica e soprattutto la sua immagine per darle una patina di ortodossia e di perbenismo, per eliminare ogni dubbio sulla sua religiosità. Rimando al primo capitolo della tesi per una trattazione più approfondita.
7
Nelle regole della fin’amor
8provenzale, il trovatore cantava ed elogiava una
donna, sposata e di alto rango, alla quale chiedeva in cambio protezione e
riconoscimenti. I poeti quindi nelle loro canzoni elogiavano donne belle oltre
misure, piene di tutte quelle caratteristiche che rendono la donna perfetta, il
bell’aspetto, l’educazione, la lealtà, il rispetto, e così dicendo. Quando vengono
meno però le caratteristiche sociali che avevano permesso lo sviluppo di questo
mondo, vale a dire la corte, deve cambiare anche il tipo di poesia che si fa per
ottenere protezione e riconoscimenti.
Uc, dopo il 1220, si trova in Italia, alla corte di Alberico da Romano e sa che per
ottenere il favore della corte e dei signori, non deve elogiare le qualità dei
signori, ma schierarsi politicamente e difendere la parte scelta contro gli attacchi
avversari, e lo fa tramite i sirventesi.
88 La fin’amor cortese prevedeva che il poeta cantasse una donna di rango superiore al suo e ne elogiasse le doti e le qualità, restando fedele a lei soltanto. Fondamentale è il celar, ovvero nascondere l’identità delle donna che potrebbe essere accusata di tradimento, in quanto è sposata e di rango superiore al trovatore, quindi non può compromettersi. Inoltre vi sono i lauzengier, le malelingue, pronti a mettere in circolo pettegolezzi sulle donne cantate dai trovatori e da questi devono essere protette. Le malelingue oltre a far cadere in basso la reputazione della donna, abbassano il valore anche di chi le cantava esaltandone le doti cortesi, quali la lealtà e la purezza. Il trovatore chiede in cambio delle sue lodi e delle sue attenzioni protezione e riconoscimenti. Il massimo guadagno che si ottiene dal servizio d’amore è jauzir, il piacere d’amore e il godere della propria dama. Su questo aspetto vi sono pareri discordanti: se Molk (MOLK 1996) ritiene che l’amore puro decade nel momento in cui la donna si concede all’amante, e ritiene che sia proprio per questo che il marito non può essere un amante cortese a tutti gli effetti, in quanto se non desidera dato che già possiede non può comprendere la fin’amor; d’altro avviso è, ad esempio, Marrou (MARROU 2007) il quale sottolinea tutti i passi delle canzoni provenzali nelle quali gli amanti si uniscono, si incontrano nella cambra o si abbracciano nudi.
Famosa è inoltre l’interpretazione di Kolher dell’amore cortese come una similitudine del rapporto tra vassallo e feudatario. Questa visione viene giustificata dal continuo uso, nelle poesie, di terminologie economiche legate al mondo feudale, si passa da un semplice servir per indicare il servizio d’amore, ad un chiaro vassalatge, per indicare il legame tra l’amante e la dama. Secondo questa teoria i trovatori ricevevano in cambio delle proprie canzoni ricompense in denaro, protezione e la possibilità di vivere all’interno della corte. Anche se il signore era colui che governava nella corte, in realtà l’unica figura sempre costante e con un alto potere decisionale era la donna; i trovatori, spesso poveri, ne elogiavano le qualità e la lusingavano, acquistando rispetto e considerazione agli occhi della donna, la ottenevano in tutta la corte e non solo.
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Io credo che se Uc non compose canzoni in Italia, non fu perché, come dice la
vida, si sposò ed ebbe figli, fu un simulatore di sentimenti amorosi fino a quando,
sposandosi non potè più parlare di altre donne, ma semplicemente perché era
cambiato il sistema di valori al quale si doveva adattare, e nel quale doveva
comporre
La tesi è suddivisa in due parti: la prima è dedicata ad approfondire gli aspetti
della personalità di Uc de Saint Circ, come uomo e come trovatore. Nello
specifico il primo capitolo è dedicato ad analizzare i problemi sollevati dalla sua
vita, l’educazione, gli spostamenti per le corti europee, le accuse di usura e di
eresia che ha ricevuto, ed infine il ruolo che ha avuto nella composizione di vidas
e razos e nella compilazione del liber Alberici.
Il secondo ed il terzo capitolo sono invece destinati all’analisi della produzione
poetica di Uc, dai sirventesi alle coblas, mentre maggiore spazio è dato alle
canzoni, alla cui analisi è dedicato il terzo capitolo.
Nella seconda parte della trattazione trova posto il repertorio tematico; ho scelto
di mettere in evidenza due temi presenti nella produzione lirica di Uc, il tema
dell’innamoramento attraverso gli occhi ed il cuore, e le chanson de change,
canzoni nelle quali il poeta dichiara di aver perso interesse nei confronti della
donna cantata ed amata e scegli quindi di rivolgere le sue attenzioni d’amore
altrove; intendo dimostrare, attraverso l’analisi di questi temi nella produzione
poetica di Uc e di altri trovatori, come Uc abbia contribuito non solo alla
diffusione della letteratura provenzale in Europa, ma anche al suo sviluppo
interno, alla sua evoluzione come tradizione letteraria.
9
1. Uc de Saint Circ.
1.1 La vita attraverso la vida.
Le principali informazioni che abbiamo sulla vita di Uc de Saint Circ
provengono dalla sua vida che, secondo la maggior parte degli studiosi, è
autobiografica
9; per questo merita di essere esaminata con maggiore attenzione
rispetto molte altre vidas provenzali.
Alcune precisazioni riguardo la tradizione manoscritta del testo ci vengono
fornite da Zinelli
10: la vida viene trasmessa dai canzonieri A,B,I,K,N² e P, ma la
lezione comunemente seguita è quella dei testimoni I,K,N², poiché riportano
alcune informazioni in più. Nello specifico, viene fatto riferimento al Dalfi
d’Alverna, dettaglio che potrebbe essere stato omesso negli altri testimoni in
quanto poteva sembrava un’aggiunta posteriore, e le notizie riguardo al periodo
in Guascogna e ai tre re di Spagna citati.
In questi ultimi due casi, si potrebbe trattare di un salto da membro a membro.
Il manoscritto P aggiunge, infine, in coda al testo: “et fort fo escars dauer”, un
probabile riferimento all’accusa di usura ed eresia
11mossa ad Uc di cui resta
traccia in alcuni documenti notarili, databili in un periodo contemporaneo a
quello in cui fu compilato questo canzoniere.
Questo il testo della vida:
“N’Uc de Saint Circ si fo de Caersi, d’un borc que a nom Tegra, fils d’un paubre vauvasor que ac nom N’Arman de Saint Circ, per so que∙l castels don el fo a nom Saint Circ, qu’es al pe de Sainta-Maria de Rocamajor, que fo destruich per guerra e derrocatz.
Aquest N’Uc si ac gran ren de fraires majors de se. E volgron lo far clerc, e manderon lo a la scola a Monpeslier. E quant ill cuideron qu’el ampares letras, el emparet cansos e vers e sirventes e tensos e coblas, e∙ls faich e l∙ls dich dels valens homes e de las valens domnas que eron al mon, ni eron estat; et ab aquel saber el s’ajoglari
9 Per quanto concerne la presunta autorialità di questo testo, cfr infra paragrafo 1.4. 10 ZINELLI 1998
10
E∙l coms de Rodes e∙l vescoms de Torena si∙l leverent molt a la joglaria, ab las tensos et ab las coblas que feiron ab lui, e∙l bons Dalfins d’Averne. Et estet lonc temps en Gascoingna paubres, cora a pe, cora a caval.
Lonc temps estet ab la comtessa de Benaujas, e per leis gazaingnet l’amistat d’En Svaric de Maleon, lo cals lo mes en arnes et en rauba. Et estet lonc temps ab el en Peitieu e en las soas encontradas, pois en Catsloingna et en Arragon et en Espaingna, ab lo bon rei Amofos et ab lo rei Amfos de Lion et ab lo rei Peire D’Arragon; e pois en Proenssa, ab totz los barons, pois en Lombardia et en la Marcha.
E tolc moiller e fez enfans. Gran ren anperet de l’autrui saber e voluntiers l’enseingnet ad altrui.
Cansos fez de fort bonas e de bos sons e de bonas coblas; mas non fez gaires de las cansos, quar anc non fo fort enamoratz de neguna; mas ben se saup feingner enamoratz ad ellas ab son bel parlar. E saup ben dire en las soas cansos tot so que∙ill avenia de lor, e ben las saup levar e ben far cazer. Mais pois qu’el ac moiller non fetz cansos”12
[Uc de Saint Cir era nativo del Caorsino, di un borgo che aveva nome Tegra, figlio di un povero valvassore che si chiamava Arman de Saint Circ, per il fatto che veniva dal castello che si chiama Saint Circ, che si trova ai piedi di santa Maria de Rocamaior, che fu distrutto dalla guerra e ridotto in macerie, L’Uc di cui vi parlo aveva una grande quantità di fratelli maggiori di lui. E lo volevano far diventare chierico, e lo mandarono a scuola a Monpeslier. E mentre quelli credevano che studiasse il latino, egli imparava canzoni e vers e sirventesi e tenzoni e coblas, e i fatti e i detti degli uomini e delle donne valenti che ancora vivevano, o che erano vissuti prima; e con tutto questo sapere si fece giullare. E il conte di Rodes e il visconte di Torena lo innalzarono molto nel suo mestiere di giullare, scambiando con lui tenzoni e stanze, e il buon Dalfi d’Alvernia anche lui. E visse a lungo in Guascogna, povero ora girando a piedi ora a cavallo. Rimase con la contessa di Benauges, e attraverso di lei, si conquistò l’amicizia di Savaric de Mauleon, che lo fornì di equipaggiamento e di vestiti. E rimase molto tempo con lui in Peitieus e nelle sue terre, poi in Catalogna e in Aragona e in Spagna con il buon re Alfonso e con il re Alfonso di Leòn e con il re Peire di Aragona; e poi in Provenza, con tutti i baroni poi in Lombardia e nella Marca. E prese moglie e fece figli. Imparò molto di quello che sapevano gli altri e volentieri lo insegnava agli altri. Fece canzoni anche buone molto, con buone melodie e buone strofe; ma non scrisse mai vere canzoni perché non si
11
innamorò mai veramente di nessuna donna; e pure si seppe molto ben fingere innamorato con loro con le sue belle parole. E seppe ridire bene nelle sue canzoni tutto quello che gli accadeva con loro e le seppe ben esaltare e ben seppe farle cadere in basso. Ma dopo che ebbe preso moglie non scrisse più canzoni.]
La vida segue uno schema molto diffuso nelle biografie provenzali: dopo alcune
notizie biografiche sui luoghi d’origine e sull’educazione, vengono date alcune
informazioni sui rapporti che il trovatore riuscì a creare con i potenti dell’epoca,
dettagli che servono a sottolinearene il valore come giullare e trovatore. Infine il
testo si chiude con alcuni commenti sull’attività artistica del trovatore.
1.1.1 I luoghi d’origine di Uc.
Il testo inizia con alcune notizie sull’infanzia del trovatore, e ci informa che Uc
nasce a Thégra, località del Quercy (antica provincia del sud-ovest della Francia)
a 6 chilometri da Rocamadour, da un valvassore di nome Arman de Saint Circ.
La sua famiglia prende il nome da un castello che si trovava ai piedi del santuario
di Santa Maria di Rocamadour, distrutto a causa di una guerra, già al tempo in
cui fu redatta la vida.
Sulla veridicità della toponomastica si sono soffermati in molti, tra questi, i
curatori dell’edizione critica
13A. Jeanroy e J. J. Salverda de Grave. Gli studiosi
ritengono che, non essendoci una zona adatta alla realizzazione di un castello in
quelle località, l’autore della vida non conoscesse bene i luoghi citati e che si
confondesse con il granaio di Saint-Circ, vicino sia a Rocamadour che e Thègra.
Questa affermazione, che da sola basterebbe a smentire l’autorialità del testo
biografico, è stata confutata da Bruno Panvini
14. Sulla scorta degli studi di
Strònski
15sui luoghi natali di Uc de Saint Circ, Panvini afferma che i documenti
attestano l’esistenza di un castello nelle zone di Santa Maria e che, al tempo del
nostro trovatore, esisteva una famiglia non proprietaria delle terre, ma dalle quali
prendeva il nome. Panvini conclude, in accordo con Strònski, che l’errore in
questa informazione si può cogliere solo sulla localizzazione del castello rispetto
13 JEANROY -SALVERDA DE GRAVE 1913. 14 PANVINI 1952.
12
al santuario, ovvero non “al pè” come riportano, in modo unanime, le lezioni
della vida, ma “in prep”
16, ovvero in cima.
Fabio Zinelli riprende il tema dell’identificazione dei luoghi citati nel testo,
messo in secondo piano da tutti gli studiosi, propensi ad attribuire la vida ad Uc
stesso, ridiscute queste conclusioni, e propone due possibili soluzioni:
“1. Se accogliamo l’obiezione di Strònski riguardo al prop bisogna cercare allora sotto al pe qualcosa di più vicino per il rispetto paleografico: come al pre[s] (oppure movendo da ABP a pe→apre[s]) […].
2. Oppure si accetta che non sia autobiografica.”17
La notizia che potrebbe essere smentita riguarda invece la distruzione del
castello; infatti, in un documento del 1380, viene nominato un castello di Saint
Circ affittato ad una famiglia di mercanti di Rocamador. Questo suggerisce che
in tale data il castello fosse in piedi ed abitabile; ovviamente è comunque
verosimile che il castello, distrutto al tempo di Uc, fosse poi ricostruito negli
stessi luoghi. Anche i curatori del dizionario biografico dei trovatori
18, Saverio
Guida e Gerardo Larghi, riferiscono di una battaglia avvenuta nel 1183 circa, ad
opera di Enrico dal Corto Mantello
19, durante la quale potrebbe essere stato
distrutto il castello.
1.1.2 L’istruzione di Uc.
La vida continua fornendo alcune indicazioni sull’educazione del trovatore, il
quale, destinato alla vita di chierico, invece di impegnarsi negli studi religiosi si
dedicò ad apprendere la letteratura della sua terra:
16 Questo emendamento era stato ipotizzato anche da Jeanroy, il quale tuttavia lo ritiene troppo azzardato e preferisce credere alla non autorialità della vida.
17 ZINELLI 1998 p.14. 18 GUIDA-LARGHI 2014.
13
“E quant ill cuideron qu’el ampares letras, el emparet cansos e vers e sirventes e tensos e coblas, e∙ls faich e l∙ls dich dels valens homes e de las valens domnas que eron al mon, ni eron estat; et ab aquel saber el s’ajoglari”20
Destino comune a molti era quello di entrare a far parte del clero e per poter
sfuggire a questa vita, diventare giullare. Viene qui citata la scuola di Monpeslier
come il luogo nel quale Uc apprende la cultura giullaresca, la stessa scuola nella
quale Miquel de la Tor
21, unica altra firma che si rintraccia nelle biografie
provenzali, compose la sua silloge corredata di vidas e dove, secondo Zufferey,
viene copiato il canzoniere E.
La scuola di Monpeslier può essere considerata come il più importante centro
culturale del sud della Francia.
Per confermare il prestigio dell’ormai giullare, l’autore della vida riporta i nomi
di alcuni uomini che hanno scambiato coblas con lui: il conte di Rodes, il
visconte di Turrena e Dalfin d’Alvernhe:
“E∙l coms de Rodes e∙l vescoms de Torena si∙l leverent molt a la joglaria, ab las tensos et ab las coblas que feiron ab lui, e∙l bons Dalfins d’Averne.”22
1.1.3 I primi viaggi per l’Europa.
La vita da giullare lo porta a viaggiare molto e a risiedere in Guascogna, presso
la contessa di Benauges, presso Savaric de Mauleon
23nel Poitou, dove la
presenza di Uc è attestata a partire dal primo decennio del 200; il siniscalco è
inoltre citato in moltissimi componimenti del poeta
24.
20LIBORIO 1982, p. 216. 21 Cfr infra nota 51. 22LIBORIO 1982, p. 216.
23 Vissuto tra il 1180 ed il 1233, fu un personaggio complesso e poliedrico, al centro della vita politica e militare di quegli anni, scrisse in prima persona componimenti poetici ed ebbe contatti con molti trovatori.
24 In particolare, le canzoni Anc enemics q’ieu agues, Servit avrai longamen e Nuills hom no sap
14
Pochi anni prima del 1213, data in cui muore il re Pietro d’Aragona, si è
probabilmente spostato nell’area iberica, dove trascorre un periodo di pochi
anni; dal momento che nessun testo poetico è direttamente riconducibile a quei
luoghi.Tuttavia nella vida vengono citati, oltre al re Pietro, anche il re Alfono e
Alfonso di Lèon.
Verso il 1215 si trasferisce nei territori del Languedoc meridionale, intrecciando
rapporti, tra gli altri, con Raimondo IV di Tolosa e Maria de Ventadorn.
Si sposta poi in Provenza dove risiede “ab totz los barons” fino al 1219, ed infine
emigra in Italia.
Stupisce come, all’interno della vida, la quantità di dettagli tenda a diminuire
man mano che ci si avvicina al periodo italiano, e come non vi sia nessun
riferimento ai suoi signori in Lombardia e nella Marca. Riusciamo a ricostruire
i suoi movimenti, attraverso le tracce storiche lasciate e le informazioni
contenute nelle sue poesie; possiamo affermare che si fermò inizialmente alla
corte dei Malaspina (infatti Selvaggia, figlia di Corrado I, è nominata in due
componimenti)
25, per poi passare alla corte di Azzo d’Este, a Verona presso il
conte Rizzardo di Sambonifacio. In seguito la sua presenza è attestata a Noale
presso i Tempesta, dove probabilmente compone la canzone Longamen ai
atenduda, dedicata, secondo la razo, a Stadaglia, vedova di Guercio Tempesta.
Infine le peregrinazioni del giullare-trovatore lo conducono alla corte dei Da
Romano, nella Marca Trevigiana dove, al servizio di Alberico, fratello di
Cunizza e Ezzellino III, si dedica sia all’attività di chierico di corte che di
maestro dell’arte provenzale.
Queste sono le ultime informazioni biografiche che ci fornisce la vida:
“E tolc moiller e fez enfans. Gran ren anperet de l’autrui saber e voluntiers l’enseingnet ad altrui.”26
Secondo gli studiosi fu in questi luoghi che Uc si dedicò alla realizzazione di
corpus della tradizione occitanica, con l’intenzione sia di preservare il sapere di
25 A lei viene dedicata la canzone Enaissi cum son plus car (cfr. 3.1.10) e viene nominata nella tenzone tra Uc e Nicoletto da Torino (cfr. infra 2.4).
15
una letteratura ormai in declino, sia di divulgare ed insegnare agli italiani l’arte
della poesia provenzale, realizzando dei cappelli introduttivi di stampo
biografico sui trovatori, e dei commenti alle poesie.
Questa attività gli permise di mettere da parte un gruzzolo da poter reinvestire in
prestiti ad interesse, come dimostra un documento ritrovato nella biblioteca
Capitolare di Treviso. Il testo riporta la data del 1257e contiene un’accusa di
usura ed eresia nei confronti di Uc.
1.2 L’accusa di usura ed eresia.
Con la scoperta di questo documento, riportato alla luce per la prima volta nel
1974 da F. Zuffrey
27, l’immagine che si era costruita intorno alla figura del
trovatore caorsino viene completamente ribaltata.
Il fedele seguace di Alberico da Romano, pronto a difendere la fazione dei guelfi,
accusando Ezzellino III di essere un eretico e miscredente, lascia il posto ad un
usuraio, pronto ad approfittare dei problemi altrui, ed ad un eretico.
M. Liborio scrive:
“I documenti che lo riguardano ne fanno un usuraio e un eretico, triste fine per chi aveva vissuto nelle più raffinate corti del secolo […]. La fine della sua vita, tra moglie e enfans, e quello che risulta nel documento del 1257 sembrano segnalare una decadenza che getta un’ombra contraddittoria su questo difensore di parte guelfa accusato di eresia che promette di non ricaderci.”28
Dello stesso avviso risultano, tra gli altri, Gianfranco Folena e Maria Luisa
Meneghetti: Folena considera l’accusa di usura piuttosto credibile, ritenendo che
Uc “si era impinguato con l’usura, facendosi probabilmente forte della
protezione di Alberico” mentre crede che “l’accusa di eresia […] doveva suonare
come rincaro di minaccia verso una persona sgradita”
29. La Meneghetti invece
accoglie le accuse, dicendo:
27 F. Zuffrey, un document relatif à Uc de Saint Circ à la Bibliothèque Capitulaire de Trèvise, in “Cultura Neolatina”, XXXIV 1974.
28 LIBORIO 1982, p. 270. 29 FOLENA 1976, p. 102.
16
“Un documento recentemente scoperto alla Biblioteca Capitolare di Treviso ci fornisce infatti l’ultima notizia sicura sulla vita di questo trovatore: nel 1257 l’autorità ecclesiastica della città veneta […] gli muove l’accusa di usura ed eresia, delitti dei quali egli si confessa reo” 30
Diversamente Marcello Cocco
31e Saverio Guida
32hanno approfondito
l’argomento, cercando di capire in che modo un autore che, se conosciuto
attraverso le sue opere
33, risulta essere un fedele difensore del papato e del suo
potere, sembra invece essere un eretico, a giudicare dai documenti storici.
Entrambi accettano l’idea che Uc si potesse essere compromesso con il prestito
ad usura, attività molto comune per chi poteva permetterselo, e si sono invece
concentrati sull’accusa, meno credibile, di eresia. I due studiosi hanno messo in
evidenza come, nel medioevo, l’idea di eresia fosse molto diversa da quella
contemporanea. Guida si è soffermato in particolar modo sul fatto che, per
eresia, si intendessero non soltanto le credenze e le religioni che si discostavano
da quella ufficiale, ma anche i comportamenti e gli atteggiamenti che potevano
essere considerati lontani o divergenti dalle idee ortodosse. Nel caso specifico,
prestare soldi ad interesse a chi si trovava in difficoltà altro non era che uno
sfruttamento del dolore e della sofferenza di un proprio simile, quindi un
comportamento anticristiano, assimilabile all’eresia. Inoltre, chiunque veniva
accusato di eresia non poteva in alcun modo difendersi, ma avrebbe dovuto
soltanto ammettere la propria colpa e pagare un’ammenda, dal momento che un
accanimento nel rifiutare l’accusa poteva essere visto come un comportamento
eretico continuato, meritorio di più aspre punizioni. Guida conclude ipotizzando
che in una simile situazione, l’unica cosa che avrebbe potuto fare Uc de Saint
Circ sarebbe stata quella di ammettere le colpe per evitare eventuali ritorsioni,
anche se innocente, ed è per questo che dal documento risulterebbe una sua
confessione.
30MENEGHETTI 1992, pp. 181-182. 31 COCCO 1998.
32 S. Guida, Uc de Saint Circ usuraio ed eretico? In GUIDA 1996. 33 In particolare il riferimento è ai sirventesi di Uc.
17
Cocco invece parte dal presupposto che nel ‘200 “eretico era sempre sinonimo
di cataro”
34e cerca quindi di capire se, nella produzione poetica e nella vita di
Uc, si possano rintracciare segni di appartenenza a questo credo; sicuramente
molto diffuso alla corte dei da Romano, tanto che si sospettava che Ezzellino II
fosse un perfetto
35. Partedo dalla convinzione che Uc, se fu cataro, fu un
credente e mai un perfetto, Cocco sottolinea il fatto che, a giudicare dalle
informazioni contenute nella vida, il trovatore caorsino diede un’immagine di sé
molto lontana dal catarismo; in particolare cinque informazioni allontanano Uc
dal credo cataro, ovvero:
1) l’educazione religiosa a Montpellier;
2) l’aver smesso di comporre poesie d’amore, come imponeva la Chiesa (poiché
la poesia provenzale aveva sovrapposto l’idea della dama a quella di Dio ed
era quindi mal vista);
3) l’ammissione di non aver mai creduto ai dettami della fin’ amor, dato che
non era mai stato realmente innamorato ma si era solo finto tale;
4) l’aver contratto il matrimonio, nel quale i catari non credevano ed era
addirittura proibito per i perfetti;
5) l’aver avuto dei figli.
Cocco ipotizza che la vida sia stata scritta da Uc dopo la crisi del 1239
36, ovvero
quando i due fratelli da Romano si schierano su fronti opposti e Uc decise di
restare al fianco del suo protettore Alberico diventando portavoce dei guelfi; in
34 COCCO 1998, p. 219
35 Il catarismo era un credo anticlericale che rifiutava alcuni aspetti dal cattolicesimo, come i sacramenti, la struttura e gli organi della Chiesa, l’esistenza del Purgatorio, l’intercessione della Vergine e dei Santi, le reliquie e le indulgenze; la cerimonia principale era il consolamentum che rendeva l’anima pura, libera da ogni peccato, e veniva praticata da un perfetto, ovvero un uomo che aveva aderito completamente ai dettami catari e poteva essere praticata ai credenti, chi aveva già scelto la religione catara. Mentre i credenti possono mentire, e quindi nascondersi e mimetizzarsi tra i cattolici (cosa che li rendeva particolarmente invisi dai tribunali inquisitori), i
perfetti non possono mentire né giurare, e proprio per questo di fronte all’inquisizione erano
sempre sinceri, cosa che gli faceva guadagnare la pena di morte; attraverso la morte i perfetti ottenevano di poter liberare l’anima dalla gabbia del corpo e di poter finalmente vivere in pace. 36 A questa data risale la rottura tra i due fratelli: dopo la scomunica che il papa lancia su l’imperatore Federico II e il suo delegato Ezzellino III, Alberico ne approfitta per ribellarsi al fratello maggiore, dal quale era stato sottomesso per tutta la vita, e prendere il controllo dei territori di Treviso, affidati ad Ezzellino dal padre nel 1223, schiarandosi dalla parte del papato.
18
questo caso, non potendo permettersi nessuna ombra anticlericale nella sua vita,
riempì la vida di riferimenti cattolici. Per quanto concerne l’accusa di usura
37Cocco pone l’attenzione sul fatto che, almeno fino ai primi anni del medioevo,
le insinuazioni di usura erano trattate dai tribunali civili, e che, probabilmente,
siano diventate di competenza della Chiesa in virtù dei potenziali guadagni che
si potevano ottenere.
Da questo punto di vista è quindi pensabile che l’accusa di usura venisse legata
a quella di eresia per rendere di competenza della Chiesa e quindi giustificare la
sua intromissione in questi fatti. Di conseguenza forse è più corretto ipotizzare
che Uc non fu mai un vero eretico, se mai un conoscitore della dottrina catara,
senza mai abbracciarla del tutto, o comunque abbandonandola nel momento in
cui sceglie di schierarsi dalla parte dei guelfi.
Questo documento si colloca poi in un periodo in cui i da Romano si trovavano
in crisi ed erano incapaci di difendere un loro protetto, che dal canto suo aveva
accumulato probabilmente una piccola fortuna. I suoi accusatori potevano essere
interessati proprio a questi possibili guadagni più che ai rapporti di Uc con la
dottrina cattolica.
Il trovatore probabilmente morì qualche anno dopo questi fatti, dal momento che
non risultano altri documenti posteriori a quest’atto notarile.
1.3 I giudizi sull’attività poetica di Uc nella sua vida.
La vida si conclude con alcune brevi informazioni sulla produzione poetica di
Uc:
“Cansos fez de fort bonas e de bos sons e de bonas coblas; mas non fez gaires de las cansos, quar anc non fo fort enamoratz de neguna; mas ben se saup feingner enamoratz ad ellas ab son bel parlar. E saup ben dire en las soas cansos tot so que∙ill avenia de lor, e ben las saup levar e ben far cazer. Mais pois qu’el ac moiller non fetz cansos.”38
37 Accusa principale nel testo, se si fa fede al copista del ‘700 che nel dorso della pergamena riporta “ravvedimento di un usuraio”.
19
Non compose mai belle canzoni in quanto non fu mai realmente innamorato, ma
si seppe fingere tale, in modo da poter scrivere componimenti d’amore. Almeno
fino a quando, trasferitosi in Italia non prese moglie ed ebbe figli, abbandonando
il genere lirico e dedicandosi soltanto a sirventesi e coblas. Questo passo è
sicuramente tra i più controversi ed analizzati dagli studiosi e per questo merita
di essere affrontato più nel dettaglio.
La Meneghetti, a partire da queste parole della vida definisce Uc come
fenhedor
39, simula i propri sentimenti per poter essere un cantore professionista
e in questo riesce a fare anche proseliti, istruendo altri aspiranti trovatori ad
esprimere sentimenti delicati ma poco autentici. Il riferimento è all’unica
canzone a noi pervenuta di Alberico da Romano
40. Altra considerazione è quella
fatta da Guida, il quale piuttosto che parlare di simulazione e finzione, preferisce
vedere la scelta del trovatore come dettata dalla frustrazione amorosa e dalla
consapevolezza di non poter mai ottenere una gratificazione dal rapporto
amoroso con la donna amata. Scrive Guida:
“Dall’esplicita dichiarazione di Uc apprendiamo quindi che egli seppe fingersi innamorato e siamo posti nella condizione di arguire che egli si rese perfettamente conto dell’impossibilità per un subalterno di colmare il divario che impediva di raggiungere il joi e d’avere un’esperienza erotica completa con le dame dell’alta società, che di necessità e consapevolmente ripiegò verso un modo di sentire e d’agire affettato e fasullo, che trovandosi a frequentare le aule signorili, per non perdere il favore ed il sostegno del pubblico che lo popolava, si vide costretto a recitare la parte dell’amante irriducibile, ritirandosi però sempre in un gelido isolamento intellettuale e sentimentale.” 41
39 Il termine, sottolinea la Meneghetti (MENEGHETTI 1992), può significare ‘simulatore’ o ‘ipocrita’ ma anche ‘timido amante che dissimula i propri sentimenti’ nella codificazione della teoria dell’amore cortese, secondo la quale l’amante passava attraverso vari stadi nell’evoluzione del rapporto con la propria dama, di cui il grado di fenhedor è il primo.
40 Analizzata a p. 49 di questa tesi. 41 GUIDA 1991, pp. 94-95.
20
Uc sceglie quindi di presentarsi nella sua biografia come un “professionista
obbligato a cantare in apparenza con ardore ma in concreto a freddo”
42svelando
così il vero volto dell’amore cortese.
L’immagine che viene dipinta è quella di un povero valvassore costretto a
piegarsi al gioco dell’amore cortese e delle vane lusinghe pur di non perdere il
lavoro che gli permetteva di vivere.
Bisogna inoltre sottolineare come, almeno a giudicare dai componimenti
pervenutici, effettivamente tutti i testi lirici del trovatore risalgono al periodo
antecedente il trasferimento in Italia, mentre i componimenti posteriori a questa
data sono unicamente di argomento satirico-politico. Dato che potrebbe
confermare le parole della vida.
1.4 La paternità della vida.
In merito alla paternità della vida, quasi tutti gli studiosi si sono affrettati a
sostenere la tesi che fosse autobiografica: Panvini ritiene che la paternità è
confermata dai “particolari minuziosi ed esatti” ed estende l’identificazione della
paternità della vida anche alla razo legata alla canzoni XIV, affermando:
“Anche per questa razo, quindi, abbiamo la conferma che il biografo, che io ritengo essere lo stesso Uc, ci trasmette notizie esatte, come ha fatto nella vida.”43
Della stessa opinione risultano, tra gli altri, Folena
44, che parla di ‘autobiografia’
nel caso di Uc, e la Meneghetti la quale reputa le informazioni contenute nella
vida del trovatore caorsino particolarmente importanti “dal momento che fanno
parte di uno scritto con tutta probabilità autobiografico”
45.
Anche Guida risulta essere d’accordo:
“Rappresenta comunque un punto fermo negli studi di provenzalistica degli ultimi decenni la convinzione che la ‘biografia’ di Uc, così insolitamente ricca di
42 GUIDA 1991, pp. 95 43 PANVINI 1952, p. 89. 44 FOLENA 1976 p. 83. 45 MENEGHETTI 1992, p. 203.
21
particolari minuti, attendibili ed in alcun modo ricavabili dalle sue poesie, sia “opera di lui stesso”46.
Molti anni prima, fu Jeanroy
47, nell’introduzione all’edizione critica delle poesie
di Uc, ad affermare che il biografo è persona diversa dall’autore, come
dimostrano alcune inesattezze sui luoghi di origine del trovatore. Ritiene poi che
le notizie contenute nel testo biografico possono essere estrapolate dalle opere
poetiche; e che quindi non è impensabile che il biografo non conoscesse
direttamente il trovatore. Dello stesso avviso sembra essere Zinelli
48, basandosi
sullo studio fatto sull’identificazione del castello di Saint Circ
49.
Le vidas “rispecchiano […] una condizione del dover essere, tendono cioè a dare
un’immagine” dei trovatori e del loro stile di vita “armonizzata coi gusti del
pubblico duecentesco, con i suoi orientamenti ideologici”
50, ed è per questo che
non devono essere presi come dei testi storiografici, dei quali è necessario
rintracciare le fonti. Esse si pongono, sin dal loro nascere, come dei testi letterari
con il compito di completare un corpus poetico, ed è così che devono essere
studiati, anche se questo non esclude la possibilità che la maggior parte delle
informazioni siano attendibili.
1.5 Il ruolo di Uc nella diffusione di vidas e razos.
Vidas e razos nascono dall’esigenza di mettere in contatto una letteratura ormai
prossima all’estinzione con una nuova cultura ed una nuova società, avevano
quindi il compito di adattare le storie raccontate nelle poesie alla nuova morale
italiana.
Per quanto concerne la produzione in prosa, è ancora incerto il numero di
componimenti da attribuire al trovatore caorsino. Soltanto due testi riportano la
46 GUIDA 1991, p. 94.
47 JEANROY-SALVERDA DE GRAVE 1913. 48 ZINELLI 1998.
49 Ho trattato l’argomento nel paragrafo 1.1.1. 50 MENEGETTI 1992, p. 179.
22
sua firma
51: la vida di Bernart de Ventadorn e la razo collegata alla poesia di
Savaric de Mauleon. Nella vida si legge:
“E lo comte En Eble de Ventadorn, filh de la Vescomtessa qu’En Bernat aimèt, me contèt a ieu, Uc de Saint Circ, cò que ieu ai fait escriuere d’En Bernat”52.
[E il conte Ebolo di Ventadorn, figlio della viscontessa di cui era innamorato Bernart, mi raccontò a me, Uc de Saint Circ, ciò che io ho scritto di Bernart.]
Nella razo collegata alla poesia di Savaric, leggiamo:
“E sapias per ver que ieu, Uc de Saint Circ, que ay escrichas estas razos, fuy lo mesatje que lay aniey e∙l portey totz los mans e∙ls escrisz”53.
[E sappiate in verità che io, Uc de Saint Circ, che ho scritto questi commenti, fui il messaggero che si recò là e gli recapitò i messaggi e le lettere.]
La firma di Uc che si ritrova nella vida di Bernart de Ventadorn non è però
accettata da tutti gli studiosi, poichè di questo testo si conservano due redazioni
diverse. La prima tradita dai manoscritti A B E I K R Sg, nella quale si trova il
brano sopra citato, e l’altra tramandata solo da N², dove invece, non viene
riportato il nome dell’autore. Molti studiosi, tra cui Favati
54ritengono questo
passaggio un’aggiunta spuria, sia perché non è presente in N² sia perchè in A e
B, testimoni in cui è riportato il brano, il nome di Uc non viene citato
direttamente, e sostituito da un generico pronome personale. Panvini invece
ritiene difficile ipotizzare che un copista potesse aggiungere un dettaglio così
specifico e, per di più, in prima persona.
51 Solo un’altra firma è rintracciabile nel corpus delle vidas e razos, si tratta di Miquel de la Tor, nativo di Alvernia, autore di una silloge di componimenti su Peire Cardenal, la quale esordisce con la frase “Mistre Miquel de la Tor de Clarmon d’Alvernhe si escrit aquest libre estant in
Monpeslier”, completata dalla vida del trovatore, sicuramente posteriore al 1272, data in cui
muore Peire Cardenal. 52 LIBORIO 1982, p. 158. 53 LIBORIO 1982, p. 208. 54 FAVATI 1959.
23
Sono invece generalmente attribuite ad Uc le seguenti vidas:
“1. […] Raimbaut d’Aurenga, contenente dei dati genealogici che […] presuppongono una notevole conoscenza delle vicende familiari del trovatore e dei suoi discendenti. Ora, è sicuro che Uc, prima di venire in Italia, soggiornò alla corte di Guilhem del Baus, discendente appunto del signore d’Aurenga, ed è assai probabile che colà si procurasse le notizie poi inserite nella biografia;
2. La vida di Guglielmo IX, caratterizzata dalla presenza di stilemi che si ritrovano pari pari nella danseta che Uc scrisse su Sordello, suo collega in poesia presso la corte trevisana dei fratelli Ezzellino e Alberico da Romano, attorno al 1228;
3. La vida dello stesso Sordello, nella versione offerta dai manoscritti IK, particolarmente favorevole ai da Romano;
4. La vida di Guilhem Figueira, nella quale l’immagine del protagonista, partigiano imperiale, viene presentata in maniera assai negativa. Si tratta probabilmente, in questo caso, di un espediente di Uc per ingraziarsi il suo signore Alberico, passato, dopo il 1239, al campo guelfo.”55
Altra biografia che viene attribuita in modo unanime ad Uc è la vida di Savaric
de Mauleon.
Al di fuori di queste poche certezze, non restano che opinioni ed ipotesi, molto
spesso contrastanti fra di loro. Secondo Meneghetti:
“In mancanza di elementi decisivi, credo sia ragionevole, quantomeno a livello di ipotesi di lavoro, considerare come composte, o almeno rivedute da lui tutte le biografie contenenti allusioni ad avvenimenti anteriori al 1257”56
Panvini
57attribuisce ad Uc trentasei testi in prosa: pensa che sia l’autore del
canzoniere n² (antigrafo di N², andato perduto, ed il più antico della
genealogia
58), e quindi di tutte le biografie lì contenute; parte dalla convinzioni
55 MENEGHETTI 1992, pp. 182-183. 56 MENEGHETTI 1992, p. 183. 57 PANVINI 1952.
58 Panvini riporta uno stemma codicum ipotizzato da S. Santangelo, Dante e i trovatori
24
di Santangelo che Uc fu il compilatore del canzoniere h², discendente di n² e
fonte dei manoscritti A,B,E,I,K,R,Sg. Ora in N², che discende direttamente da
n², è contenuta la vida di Uc, quindi se Uc compilò h² bisogna pensare che abbia
volutamente scelto di non copiare la sua biografia. Panvini non lo ritiene
possibile, e pensa che sia più probabile che Uc fosse l’autore non di h² ma di n².
Supera il nodo dei trovatori che Uc non ha potuto incontrare, ritenendo che
alcune informazioni le conoscesse per esperienza dirette e per altre facesse
affidamento su una fonte scritta.
Favati
59ipotizza che le informazioni riguardo alla vita dei trovatori e alle loro
opere siano state portate da Uc de Saint Circ, quando tra il 1219-1220, lascia la
Francia per traferirsi in Italia, ed è per questo che i dati non superano mai il
termine ante quem del 1219.
Per quanto concerne le razos, sempre Favati, mette in evidenza come:
I. “I fatti narrati nelle razos, che sono tutti ambientati oltralpe tranne quelle di Uc de Saint Circ, non esorbitino dall’anno 1219, tranne, di nuovo, quelle riguardanti Uc.
II. Le razos concernenti Uc […] sono […] le sole ambientate non oltralpe, ma in Italia, ed esplicitamente nella Marca Trevigiana.
III. Chi compilò le razos (e l’osservazione vale anche per le vidas, come abbiamo visto) scriveva in una lingua che è sicuramente d’oc ma contaminata di italianismi che ci conducono in una zona veneta, ed anzi specificatamente trevigiana.
IV. La presenza di Uc de Saint Circ è attestata in Italia dal 1220, ed è notorio come egli risiedesse presso Alberico da Romano […] visse in Italia per oltre un trentennio […] e quindi potè inquinare la sua lingua di italianismi […]. V. La sua vida ci garantisce che si era fatto una cultura specifica […]. VI. Uc de Saint Circ si dichiara espressamente autore di razos […].
Consideriamo questi dati nel loro insieme, e troveremo verosimile che le razos abbiano avuto un unico autore: Uc de Saint Circ, appunto; e non ci meraviglierà allora neppur riscontrare che i fatti narrati nelle razos non eccedano la data del 1219, perché apparirà verosimile che, essendo egli calato in Italia nel 1220 circa, il materiale che egli si portò seco a quella data, e che poi elaborò nel modo che abbiamo in parte veduto, non poteva essere
25
più tardo della sua calata; e se è vero che le razos riguardanti lui stesso sono le sole che eccedono il 1219, troveremo logico anche questo, perché si tratta con ogni verisimiglianza di opera sua […].”60
Guida
61analizza invece i richiami stilistici e lessicali presenti nei testi in prosa
sicuramente attribuibili ad Uc e le vidas di altri trovatori, per poter stabilire una
peternità comune. In particolare, ritiene che siano probabili opere del trovatore
caorsino: le biografie di Rigaut de Berbezilh, Guilhem de Balaun, Bernart de
Ventadorn, Beltran de Born e Gaucelm Faidit.
Nella vida di Rigaut de Berbezilh, Guida nota come i personaggi storici citati, in
particolare Jaufre Rudel de Blaya e sua figlia, sono gli stessi che si ritrovano
nella razo legata al partimen proposto da Savaric de Mauleon; afferma quindi
che:
“Essendo noto che la vida di Savaric de Mauleon e le razos dei suoi componimenti sono usciti dalla penna di Uc de Santi Circ, pare lecito concludere che anche la ‘biografia’ di Rigaut de Berbezilh, intessuta di nomi e notizie non cavabili dalle poesie, debba essere a lui ascritta.”62
Il fatto che Uc ebbe modo di conoscere e frequentare Savaric de Mauleon è cosa
nota ed è più che plausibile che tramite lui, ebbe modo di conoscere altri
aristocratici e le loro storie. Guida continua spiegando che Uc “ben introdotto
negli ambienti cortigiani della Francia sud-occidentale, ebbe certamente modo
di conoscere, se non di persona Rigaut de Berbezilh, almeno gran parte della sua
produzione poetica”
63e che utilizzo queste informazioni per arricchire la sua
biografia.
Come prova definitiva a favore della paternità di Uc, Guida mette in evidenza
alcuni richiami lessicali tra la vida di Rigaut e i testi biografici e le razo di Uc
stesso, di Savaric e di Raimon de Miraval.
60 FAVATI 1959, pp. 157-158. 61GUIDA 1991.
62 GUIDA 1996, p. 84. 63 GUIDA 1996, p. 86.
26
Zinelli ha criticato aspramente questa analisi, mettendo in risalto come,
effettivamente, alcuni termini e sintagmi sono così comuni in tutta la letteratura
provenzale che non possono essere utilizzati come prova incontrovertibile della
paternità di un testo. In sintesi non è possibile parlare di usus scribendi di Uc de
Saint Circ davanti a parole così comuni, come far plaser en dreit d’amor oppure
poubre vavasusor o ancora fait semblan d’amor.
64Lo stesso meccanismo viene messo in atto da Guida per rintracciare la mano di
Uc nella biografia di Guilhem de Balaun, trovatore attivo in Provenza intorno al
1230 che quindi Uc ebbe modo di conoscere solo attraverso i racconti di terzi
65;
nella vida di Bernart de Ventadorn e nel complesso di prose riguardanti Bertran
de Born. Altro elenco viene utilizzato per comprovare la paternità delle opere in
prosa legate al trovatore Gaucelm Faidit.
L’ultimo, in ordine cronologico, ad occuparsi di questa dubbia attribuzione è
Fabio Zinelli
66, il quale si dimostra poco propenso ad ammettere che Uc possa
essere partito dalla Provenza con tutte le informazioni necessarie, o che, una
volta arrivato in Italia si sia messo ad indagare sull’origine e le storie di tutti i
provenzali che incontrava; ipotizza invece che le vidas arrivarono in Italia
insieme alle poesie e propone il nome di un altro trovatore: Uc de Pena
67.
Probabilmente Uc de Saint Circ ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione
delle vidas e delle razos in Italia. È innegabile che partecipò attivamente alla
diffusione della letteratura provenzale in generale, essendo un giullare ed un
trovatore alla corte di un mecenate che amava la poesia e si cimentava in prima
persona nella composizione di testi poetici. Inoltre non bisogna dimenticare sia
il fatto che due testi conservano la sua firma e che nella sua vida Uc è descritto
64 Per un elenco completo delle concordanze rintracciate da Guida, rimando alle sue pagine, GUIDA 1996, pp. 88-89.
65 L’elenco delle concordanze si trova in GUIDA 1996, pp. 98-100 per Guilhem de Balaun, pp. 107-108 per Bernart de Ventadorn, pp. 111-115 per Bertran de Born e pp. 124-129 per Gaucelm Faidit.
66 ZINELLI 1998.
67 Sulla vita di questo trovatore, originario di Penne-d’Agenais, si hanno pochissime informazioni e molto poco si può estrapolare dalle tre canzoni pervenuteci a suo nome, ma la notizia all’interno della sua vida, secondo la quale “sabia molt las generasion dels grans homes
d’aquellas encontradas” ha fatto ipotizzare che potesse aver avuto un ruolo nella stesura di vidas
27
come un grande conoscitore della letteratura in lingua d’oc che volentieri si
dedicava ad insegnarla agli altri.
1.6 Il Donat Proensal.
L’identificazione dell’autore del Donat Proensal è ancora una questione aperta.
Si tratta di una grammatica bilingue di genere didascalico sulla poesia
provenzale scritta in Italia, probabilmente a Treviso, nella prima metà del XIII
secolo. Il testo è ricco di indicazioni sulla declinazione di nomi, aggettivi,
pronomi e soprattutto verbi, sui quali si sofferma lungamente e si conclude con
un rimario che fornisce utili informazioni anche sull’uso di vocali aperte e chiuse
nella lingua d’oc. Esiste anche una traduzione latina del testo, Donatus
Provincialis, probabilmente dello stesso autore che ha avuto una grande
diffusione soprattutto in Italia; tanto che tutti i manoscritti che la riportano sono
di area italiana.
Per quanto riguarda la tradizione manoscritta del testo, questa si presenta
“notevolmente corrotta” come spiega Avalle
68. Il testo ci è trasmesso in totale da
cinque testimoni, ma in ognuno dei quali con delle differenze: dal canzoniere C
viene trasmessa in una versione incompleta, in quanto manca sia la lista dei verbi
che il rimario, dal canzoniere L in una variante più completa, ma comunque
lacunosa nel rimario; la grammatica è presente anche nei canzonieri A e D, in
quest’ultima versione, però, riporta un rimario completamente diverso dalle
versioni tramandate dagli altri testimoni. In A è poi conservata anche la versione
latina, presente in un altro canzoniere, L, dove però si trova mescolata al testo in
lingua d’oc. Nel canzoniere B ritroviamo solo la versione in latino, comunque
incompleta nella parte del rimario. Nel canzoniere D sono presenti anche due
versioni in italiano dichiaratamente descriptae nei confronti del testo in
provenzale.
Nell’incipit del testo latino si legge:
28
“Incipit liber quem conposuit Ugo Faiditus precibus Jacobi de Mora et domini Conradi de Sterleto, ad dandam docrtinam vulgaris provincialis et ad discernendum inter verum et falsum vulgare”69
Per quanto riguarda l’autore, su questo Uc Faidit di cui si parla nell’incipit, non
si hanno altre notizie documentarie, ma sarebbe possibile avanzare l’ipotesi che
corrisponda a Uc de Saint Circ. Innanzitutto, l’idea che il trovatore caorsino si
offrisse di redigere un trattato di grammatica non deve stupire; dato che tanto si
era dedicato alla divulgazione della letteratura provenzale, non sembra
impossibile, quindi, che abbia scritto un trattato che permettesse agli italiani di
conoscere a fondo la lingua d’oc. In secondo luogo, i nomi dei signori che hanno
ordinato il manuale possono essere ricollegati alla Treviso di Uc: Giacomo da
Morra fu nuncius imperialis a Treviso nel 1234 e podestà dal 1237 al 1239,
mentre Corrado da Sterleto è nominato in un atto in cui viene dichiarato
beneficiario di una donazione fondiaria firmato da Federico II e lo stesso
Giacomo. Entrambi poi sono conoscitori della letteratura, tanto che, forse,
Giacomo è identificabile con Giacomo Pugliese, poeta della scuola siciliana, e
Corrado è il dedicatario di una canzone di Guittone d’Arezzo
70.
Infine, come ultimo argomento a favore dell’identificazione tra Uc de Saint Circ
e Uc Faidit, va detto che faidit, in provenzale, significa “proscritto, esule” e
sicuramente Uc rientra in questa definizione, rifugiato in Italia, lontano dalla
propria terra.
712.7 Il liber Alberici.
Molto probabilmente fu la mano di Uc de Saint Circ a predisporre il liber
Alberici, una raccolta di testi provenzali arrivata a noi per mezzo di una copia
all’interno del canzoniere D, manoscritto conservato alla Biblioteca Estense di
69 “Questo è l’incipit che ha composto Ugo Faidit su istanza di ser Giacomo da Morra e di ser Corraduccio da Sterleto, per insegnare il volgare provenzale e discernere fra vero e falso volgare” 70 La canzone in questione è Se de voi, donna gente.
71 Inoltre nel salut di Azalais d’Autier, il poeta protagonista del testo, è definito “hom enchausatz