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"Aspetti fisici psicologici e nutrizionali della vigoressia: lo specchio deforme di Adone"

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Academic year: 2021

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FACOLTA’ DI FARMACIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA NUTRIZIONE UMANA

TESI DI LAUREA

Aspetti fisici, psicologici e nutrizionali della vigoressia: lo specchio deforme di

Adone

RELATORE:

Prof. Giovanni Gravina

CANDIDATA

Ilaria Ferretti

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INDICE

INTRODUZIONE

1. Insoddisfazione corporea, Disturbo dell’immagine corporea e Dismorfia Muscolare

1.1. La percezione dell’immagine corporea nei maschi 1.2. Evoluzione dell’immagine corporea nei maschi

L’immagine corporea maschile nei giocattoli e personaggi d’azione

2. Dalla “reverse anorexia” alla “vigoressia”

3. Dismorfia Muscolare e Disordine Dismorfico del Corpo: nuove patologie emergenti.

3.1. Una visione alternativa: la dismorfia muscolare come dipendenza dall'immagine del corpo.

3.2. Dati epidemiologici

3.3. Eziologia e metodi diagnostici 3.4. Caratteristiche cliniche

3.4.1. Aspetti nutrizionali e comportamento alimentare 3.4.2. Uso e abuso di steroidi anabolizzanti

3.4.3. Aspetti psicopatologici 3.4.4 Conseguenze di BDD e DM 4. Trattamento di BDD e DM

5. Il ruolo del nutrizionista nel trattamento di BDD e DM 5.1 Il fabbisogno calorico dello sportivo

5.2 MACRONUTRIENTI 5.2.1 Le proteine 5.2.2 I carboidrati 5.2.3 I lipidi 5.3 MICRONUTRIENTI 5.3.1 Le vitamine 5.3.2 I sali minerali

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5.3.3 L'acqua

5.4 La piramide alimentare

5.5 Modello di calcolo del fabbisogno proteico nel pratricante sportivo 5.6 L’assunzione degli integratori nel mondo dello sport

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INTRODUZIONE

La vigoressia o dismorfofobia muscolare è una forma emergente di disturbo dell’immagine corporea, caratterizzata dal fatto che gli individui ritengono erroneamente di essere troppo magri e/o di avere un fisico poco muscoloso. L’alterata percezione corporea induce i comportamenti tipici di questo disturbo: seguire regimi dietetici incongrui, rigidi e sbilanciati, svolgere intensa attività fisica in palestra con sistemi di allenamento anche estremi, e utilizzare sostanze anabolizzanti e integratori per potenziare la propria muscolatura, giungendo anche ad evitare relazioni sociali e situazioni di esposizione corporea.

I primi casi di vigoressia sono stati segnalati in ambienti sportivi, il disturbo infatti ha maggiore prevalenza tra soggetti che svolgono attività fisica ed è particolarmente diffuso tra i praticanti di alcuni sport come il body building, il football americano e il wrestling; nel corso degli anni però l’incidenza del disturbo è andata crescendo anche tra individui, specie di genere maschile, che non perseguono specifiche prestazioni atletiche, favorita da fattori psicologici connessi a insicurezza e insoddisfazione corporea e da pressioni socio-culturali e mediatiche per forme corporee idealizzate.

Questa nuova forma di patologia, in genere di non facile diagnosi, può presentare, nelle sue diverse forme di espressione, caratteri riconducibili ai Disturbi dell’Alimentazione e, soprattutto, ai Disturbi Ossessivo-Compulsivi. La crescente diffusione della vigoressia, specie nelle fasce giovanili, rende necessaria una più approfondita conoscenza dei processi che la sostengono, al fine di poter individuare i soggetti a rischio, e per fornire un corretto sostegno nutrizionale e un adeguato approccio psicologico ai soggetti che ne soffrono, anche alla luce della compromissione psico-fisica, talora grave, che spesso consegue ai comportamenti incongrui tipici del disturbo.

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1. Insoddisfazione corporea, Disturbo dell’immagine corporea e Dismorfia Muscolare

Negli ultimi decenni fattori psicologici e sociali (senso e paura di inadeguatezza, bisogno di percepire il valore di sé, elevata richiesta di performance, spinta al perfezionismo, modelli e ideali estetici, prescrizione sociale della magrezza) (1,2,3) hanno favorito nella popolazione generale (4,5,6) e particolarmente tra i più giovani (7), insoddisfazione per il proprio aspetto fisico, il proprio corpo, il suo peso e le sue forme. Con l’espressione “immagine corporea” si intende l’immagine del nostro corpo che formiamo nella nostra mente, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi. A ciò concorrono le percezioni sensoriali (visive, tattili, termiche, dolorose, viscerali) ma anche l’esperienza dell’esistenza di un’unità corporea, la conoscenza della posizione del proprio corpo nello spazio (8). L’immagine corporea è un concetto plastico continuamente integrato nel sistema nervoso centrale, che include aspetti cognitivi e affettivi (pensieri e emozioni nei confronti del proprio corpo), aspetti percettivi (accuratezza nella stima delle dimensioni del corpo o di parti di esso) e aspetti comportamentali (attività compiute o evitate in base alla percezione del proprio corpo) (9). Specie in adolescenza è possibile che il vissuto della propria immagine corporea appaia insoddisfacente e sia in contrasto con le immagini ideali socialmente apprezzate (7). L'immagine idealizzata può rappresentare un punto di riferimento che, prevalendo sull’immagine corporea reale, conduce al rifiuto dell’immagine di sé, costruita fino a quel momento, a favore di una ricerca di identificazione con modelli idealizzati.

Il disturbo dell’immagine corporea è ben documentato in letteratura clinica e descritto in patologie come l’anoressia nervosa (AN) e la bulimia nervosa (BN). Per diverso tempo l’attenzione al disturbo dell’immagine corporea, specie nei paesi occidentali, è stata connessa a queste patologie, più tipiche del genere femminile e connesse all’ideale estetico di magrezza (10,11,12). In anni più recenti è cresciuta anche la pressione relativa alla muscolarità specie per il genere maschile (13). Su queste basi si è assistito ad una sempre maggiore focalizzazione dei maschi sulla propria immagine corporea, che ha avuto come

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conseguenza non solo un aumento dell’incidenza di AN e BN tra i maschi, ma anche l’affermarsi di condizioni patologiche chiamate inizialmente anoressia inversa o vigoressia, e oggi più propriamente Dismorfia Muscolare (DM) o Disordine Dismorfico del Corpo (“Body Dysmorphic Disorder - BDD) (14, 15, 16). Il fattore di rischio più rilevante per questi nuovi disturbi psicopatologici è rappresentato dall’insoddisfazione verso la propria immagine corporea, spesso indipendente da un aspetto fisico poco attraente (1-3). Queste patologie emergenti si possono infatti definire come disturbi dell’immagine corporea (17) che presentano due aspetti psicopatogenetici essenziali: uno percettivo, che correla con l’accuratezza nel giudicare le fattezze corporee, e uno comportamentale e affettivo, che riflette gli atteggiamenti che si hanno verso il proprio corpo (8). Nel BDD il disturbo della percezione dell’immagine corporea è testimoniato dall’assenza di un difetto fisico reale o evidente; le alterazioni comportamentali e i sentimenti nei confronti del proprio corpo conducono a disagio e compromissione funzionale e si traducono in sintomi sul piano affettivo, comportamentale e cognitivo (9). I soggetti affetti da BDD inseguono un ideale corporeo “ipermesomorfico” e ipertrofico (10) tramite dieta, esercizio fisico e uso-abuso di sostanze illegali. La muscolosità rappresenterebbe, specie per soggetti di genere maschile, un mezzo di compensazione per il senso di inadeguatezza circa la propria immagine corporea. Attualmente infatti è ampiamente accertato che il BDD sia più frequente nei maschi che nelle femmine, sebbene siano stati rilevati casi di donne con forme severe di BDD (11,12,13). Lo studio delle differenze tra maschi e femmine nelle aree dell’immagine corporea e dell’alimentazione necessita di strumenti di valutazione più sensibili alla presentazione sintomatica nei maschi con preoccupazioni legate a queste aree (18). Ciò potrebbe aiutare anche a evidenziare sottocategorie significative di disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati e a comprendere meglio nei maschi l’espressione dei disturbi alimentari, del peso e della forma del corpo (47).

Pope (2000) (20) sottolinea infatti come nei maschi con BDD vi sia, più che una distorsione relativa all’immagine corporea, una distorta immagine di sè stessi

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come uomini. L’insoddisfazione nei confronti di sè stessi viene trasferita sul corpo, come una debole maschera che cela il senso di inadeguatezza e di insicurezza, che li induce a evitare i contatti sociali e a fallire frequentemente nelle relazioni interpersonali. L’autostima in questi soggetti è molto fragile ed esiste una marcata correlazione tra bassa autostima e taglia muscolare. Il disturbo colpisce in maniera silente la popolazione maschile, mimetizzandosi nell’equazione muscolarità = forza.

Whitson (1990) (21) argomenta come per i maschi adolescenti l’apparenza e l’immagine corporea suggeriscano forza e potere. Uno studio italiano, condotto su una popolazione di culturisti maschi (22) relativo alla presenza dei tratti psicologici caratteristici della vigoressia (23), ha rilevato la presenza di elevata insoddisfazione corporea e dipendenza dall’esercizio fisico in soggetti con BDD. Inoltre risulta confermata una maggiore vulnerabilità per il disturbo nei culturisti che fanno uso di anabolizzanti (14).

1.1 La percezione dell’immagine corporea nei maschi

In letteratura, i due aspetti dell'immagine corporea più frequentemente investigati includono la componente percettiva, cioè il modo in cui viene percepita la grandezza del corpo, e la componente affettiva, cioè le sensazioni di insoddisfazione sulla grandezza e le forme corporee (24), influenzate da credenze individuali, motivazioni, conoscenze e attitudini.

Un metodo efficace per la valutazione della insoddisfazione corporea prevede l'uso di scale con disegni che rappresentano figure corporee diverse (25) dalla magrezza all'obesità. Ai soggetti è chiesto di selezionare l'immagine che più precisamente rappresenta come si percepiscono e la figura che rappresenta l’immagine che idealmente vorrebbero avere.

La discrepanza tra le due risposte viene ritenuta la misura dell’insoddisfazione corporea. Le diverse scale utilizzate in letteratura scientifica, con documentate proprietà psicometriche, sono state analizzate da Gardner e Brown (25).

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essere usata per misurare sia l'insoddisfazione corporea che l'accuratezza nella valutazione della propria percezione corporea (26).

Più recentemente, per misurare l’accuratezza nell’autovalutazione delle forme corporee, è stata introdotta una tecnica psicofisica computerizzata chiamata valutazione prodotta adattiva (APE) (27), in cui attraverso un software predisposto vengono presentate numerosi immagini video statiche del corpo del soggetto, che possono essere distorte in modo da apparire sia più corpulente che più magre (Gardner e Boice 28e Gardner e Brown 29).

In uno studio recente, è stata analizzata la precisione delle valutazioni della grandezza del corpo usando sia la scala di figure corporee disegnate BIAS-BD, cosi come la metodologia di video- distorsione dell'APE (28).

I risultati degli studi condotti con queste metodologie concordano sul fatto che il modo in cui gli uomini valutano e percepiscono le proprie forme e la grandezza del corpo non è significativamente correlata alle forme e alla grandezza reali, ma è influenzata da fattori cognitivi e affettivi.

1.2 Evoluzione dell’immagine corporea nei maschi.

L’ importanza dell'immagine corporea nello sviluppo e mantenimento dei disordini alimentari ha favorito un’ampia quantità di studi volti ad esaminare come le influenze socioculturali possano condizionare la percezione e la valutazione del corpo, specie nel genere femminile e nei paesi occidentali (30). Studi analoghi, per quanto meno numerosi, hanno evidenziato come le influenze socio-culturali abbiano un ruolo determinante anche per la valutazione dell’immagine corporea nel genere maschile, con un forte desiderio ad avere un corpo mesomorfico e muscoloso a forma di V (30) con spalle larghe, pancia piatta e muscolosa, vita e fianchi stretti (31).

L’affermarsi di un ideale corporeo di questo tipo, difficile da ottenere per la maggior parte dei maschi, ha comportato negli ultimi decenni un aumento del livello di insoddisfazione corporea anche nei maschi (32).

Le ricerche hanno mostrato che gli uomini con sottopeso o peso normale sono di solito precisi nel valutare le proprie dimensioni corporee, mentre gli uomini

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con sovrappeso e obesità tendono a sottovalutare le dimensioni del proprio corpo (33). La sottovalutazione della grandezza del corpo in soggetti con obesità e sovrappeso è stata riportata in studi condotti in diverse nazioni (Stati uniti 34, Pakistan 35, Australia 36, Spagna 37, Perù 38, Brasile 39, e Sudafrica 40). Fattori che favoriscono la dispercezione corporea in soggetti con sovrappeso e obesità sono il minore status socio-economico (41,42,43) e l’età (44,45), la maggiore sottostima delle proprie forme corporee correla con la più giovane età dei soggetti.

L’immagine corporea maschile nei giocattoli e personaggi d’azione.

Numerosi studi sono stati condotti per valutare come negli ultimi decenni sia andato culturalmente affermandosi un ideale maschile con particolari caratteristiche delle forme e della muscolosità corporee (46).

A riguardo un piccolo ma significativo esempio si può ricavare da alcuni di questi studi che hanno valutato l’aspetto fisico dei personaggi dei giocattoli di azione americani degli ultimi 30 anni (47).

I giocattoli d’azione di riferimento sono dei piccoli personaggi di plastica, di altezza tipicamente compresa tra 10 e 30 cm, utilizzati dai bambini per giocare e frequentemente collezionati da hobbisti adulti. Esempi più noti di questi personaggi sono GI Joe, Superman, Spiderman, Batman, e i protagonisti di Star Wars e Star Trek.

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Le versioni contemporanee di questi personaggi sono facilmente reperibili nei negozi di giocattoli mentre le vecchie edizioni possono essere acquistate tramite un mercato di collezionisti vasto e ben organizzato.

In particolare, misurando le forme e le dimensioni corporee (circonferenze vita, petto e bicipiti) di alcuni di questi giocattoli, prodotti continuativamente negli anni e tra i più venduti dal 1983 al 1997, sì è visto come i modelli prodotti in anni più recenti fossero decisamente più muscolosi dei predecessori, giungendo, in alcuni casi, a livelli di muscolosità comparabili a quelli di un bodybuider.

2. Dalla “reverse anorexia” alla “vigoressia”

Il primo Autore a configurare il desiderio e la ricerca di maggiore muscolarità come possibile problema psico-fisico fu Harrison G. Pope, professore di psichiatria all’Università di Harvard, nel suo libro “The Adonis Complex“(48), titolo derivato dal mito greco di Adone come modello di perfetta mascolinità e connesso al desiderio, antico nell’uomo, di accrescere la forza fisica e migliorare il proprio aspetto esteriore.

Dalla fine del diciannovesimo secolo la spinta a modellare il proprio corpo secondo canoni estetici ideali è andata progressivamente rafforzandosi e, anche grazie ad attrezzature specifiche e a metodi di allenamento mirati, si è giunti a poter programmare un potenziamento fisico con specifici e costanti risultati. L’esempio più chiaro a riguardo è stato il body building, la cui nascita risale al momento in cui il sollevamento di carichi progressivi venne accettato come metodo di allenamento; dopo la seconda guerra mondiale il body building divenne sempre più popolare, negli USA nacquero federazioni e riviste specializzate; negli anni successivi, anche sull’onda di film popolari (come “Le fatiche di Ercole” con Steve Reeves e “Pumping Iron” con Arnold Schwarzennegger), si diffusero gare e concorsi e gli atleti si resero conto dei numerosi vantaggi (anche economici) derivati dal mostrare il proprio corpo muscoloso in pose statuarie.

A partire dagli anni ottanta anche in Italia si è osservata una crescente attenzione all’immagine corporea maschile e una rapida diffusione di attività volte

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all’incremento della muscolatura, in particolare tra i giovani maschi. In quegli stessi anni, nell’ambiente dei bodybuilders statunitensi furono descritti i primi casi di ossessione patologica per la forma muscolosa del corpo, il disturbo venne definito anoressia inversa (reverse anorexia) per l’ideale corporeo perseguito, diverso e contrario rispetto all’ideale di magrezza tipico nell’anoressia nervosa. Per un’accezione più chiara della “reverse anorexia” Pope et al. definirono in seguito l’ossessione patologica su muscolosità e magrezza come “vigoressia” o Dismorfia Muscolare - DM. (49)

Pope et al ne descrissero i sintomi e l’epidemiologia e proposero dei criteri di diagnosi (49). A riguardo delle caratteristiche del disturbo è di particolare interesse la sintetica affermazione di Pope et al: “La dismorfofobia muscolare è spesso confusa con la vanità, ma non è così, dato che molte persone non vogliono tanto apparire più muscolose, ma vogliono solo sembrare accettabili. “ A partire da un’eccessiva preoccupazione per un corpo non sufficientemente magro e non sufficientemente muscoloso, con la conseguente eccessiva focalizzazione su dieta ed esercizio fisico, i criteri inizialmente delineati da Pope per la diagnosi di DM furono:

1) Rinuncia di importanti attività di natura sociale, ricreativa o lavorativa a causa di una necessità impellente di mantenere le attività legate al controllo della dieta e dell’esercizio fisico.

2) Evitare situazioni in cui il corpo sia mostrato ad altri, e nel caso questo sia inevitabile gli individui provano un forte senso di ansia e angoscia.

3) Continuo controllo della dieta e dell’allenamento, nonostante la consapevolezza di conseguenze negative per la salute fisica e psicologica.

Tipica della DM è l’ossessione per non essere abbastanza muscolosi e magri, anche se non è così: le compulsioni che ne conseguono possono includere lo spendere molte ore in palestra o grandi cifre per integratori, diete anomale, fino all’abuso di sostanze (50,51,52,53)

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3. Dismorfia Muscolare e Disordine Dismorfico del Corpo: nuove patologie emergenti.

Nel 1980 la comunità scientifica riconosce il disturbo ossessivo inizialmente descritto come “reverse anorexia” definendolo “dismorfofobia muscolare” (54). Il termine dismorfofobia, che sottolineava il solo carattere di evitamento fobico del disturbo, è stato successivamente recepito, in un’accezione più ampia, come ‘disturbo da dismorfismo corporeo’ nel DSM III-R (55).

Negli anni successivi la ricerca si è interessata in modo crescente a questo disturbo, Lantz et al (10) hanno illustrato i fattori ritenuti responsabili delle caratteristiche psico-comportamentali della Dismorfia Muscolare e del Disordine Dismorfico del Corpo, e, nonostante molti aspetti restino ancora da chiarire, le conoscenze circa le caratteristiche cliniche, la comorbilità e il trattamento di queste nuove patologie sono progressivamente aumentate.

Il disordine dismorfico del corpo è oggi considerato una specifica condizione psicopatologica nel “Manuale di Statistica e Diagnosi dei Disordini Mentali” DSM 5 (56). Nel testo verrà indicato con la sigla BDD, in accordo con la letteratura internazionale. Questo disordine è spesso visto come una sub categoria di disordine ossessivo compulsivo con caratteri più specifici.

Nel DSM 5 sono indicati i seguenti criteri diagnostici di BDD:

1. Preoccupazione per il proprio aspetto fisico, per uno o più supposti difetti del proprio corpo (percepiti come tali, anche se in genere non reali e non rilevabili dagli altri);

2. Pensieri ricorrenti verso le parti o la parte del corpo oggetto di insoddisfazione e azioni ossessive di controllo (misurazioni per mezzo di bilance, specchi, autopalpazione) e di confronto con altri individui.

3. Rilevanza clinica per stress psicofisico e disfunzionalità nella sfera sociale ed in altre aree della vita (lavoro, affetti, famiglia)

4. Le ossessioni non sono spiegabili unicamente come sintomi di un disturbo alimentare (anche se in molti soggetti i due disturbi possono coesistere).

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La DM è attualmente considerata una sub categoria del BDD e implica una specifica e selettiva insoddisfazione per la muscolosità, piuttosto che per il corpo nella sua interezza (57) con una discrepanza tra l’io immaginato e quello reale (58).

Le caratteristiche di queste nuove forme di patologia sono riassunte in tavola1.

3.1 Una visione alternativa: la dismorfia muscolare come dipendenza dall'immagine del corpo.

Nel 2014, successivamente alla inclusione del BDD nel DSM 5 sotto i disturbi ossessivi compulsivi, Foster, Shorter e Griffiths (59) hanno proposto una

TAVOLA 1. Criteri diagnostici per il disordine dismorfico del corpo e per la DM DISMORFIA MUSCOLARE

1. L’individuo è ossessionato dalla convinzione che il suo corpo dovrebbe essere più magro e muscoloso. Comunemente, vengono dedicate importanti quantità di tempo al sollevamento pesi e c’è una fissazione sulla dieta.

2. Almeno 2 dei seguenti 4 criteri dovrebbero essere soddisfatti:

- l’incontrollabile dedizione al regime di allenamento porta la persona ad essere esclusa da attività lavorative, sociali o altro

- vengono preferibilmente evitate circostanze che portano ad esporre il corpo; se ciò non è possibile, si verifica una significativa preoccupazione o disagio

- la prestazione nei contesti lavorativi o sociali è influenzata dai presunti difetti corporei - gli effetti potenzialmente dannosi dei regimi di allenamento non scoraggiano l’individuo nel seguire pratiche pericolose

3. A differenza dell’anoressia nervosa, in cui la persona è preoccupata di essere sovrappeso, o di altri tipi di disordini dismorfici del corpo, dove la preoccupazione è legata ad altri aspetti fisici, l’individuo con DM crede che il suo corpo sia insufficientemente magro e/o insufficientemente muscoloso.

DISORDINE DISMORFICO DEL CORPO

1. Ossessione da un immaginario difetto nell’apparenza. Se è presente una leggera anomalia fisica, la preoccupazione della persona è evidentemente eccessiva.

2. L’ossessione causa uno stress clinicamente rilevante o delle compromissioni in importanti aree di attività (sociale, occupazionale, altro)

3. L’ossessione non è meglio spiegata tramite un altro disordine mentale (come l’insoddisfazione della forma o taglia corporea nell’anoressia nervosa)

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interpretazione alternativa del BDD e, sulla base di alcune osservazioni ricavate dalla letteratura, hanno descritto il modello di ' dipendenza dalla immagine del corpo' (Addiction of Body Image - ABI). Gli AA. indicano cioè che la dismorfia muscolare possa essere riqualificata come una dipendenza a causa del continuo impegno dell'individuo in comportamenti volti ad ottenere e/o mantenere le forme corporee desiderate, con conseguenze fisiche e danni psicologici a lungo termine. Nel caso della DM, il nucleo della dipendenza sarebbe il mantenimento dell’immagine del corpo attraverso un numero di differenti attività come il bodybuilding, l'allenamento, acquistare e mangiare selettivamente certi tipi di cibo, assumere specifiche sostanze (integratori e steroidi anabolizzanti). La dipendenza è definita come “uso di una sostanza o pratica di un’attività necessaria a chi la usa” e deve comprendere tutte le sei componenti tipiche della dipendenza di Griffith (2005) (60). Ognuno di questi componenti è descritto nel contesto del mantenimento della sintomatologia comportamentale BDD.

Importanza

Una persona con un ABI può:

(i) avere disturbi cognitivi che conducono ad una totale preoccupazione per lo svolgimento di attività che mantengono l'immagine del corpo come l'allenamento fisico e il mangiare secondo una dieta rigorosa (61)

(ii) trasformare le sue abitudini alimentari, prediligendo una dieta molto rigida e salutista che diventa limitata e ossessiva, con uso e abuso di integratori e sostanze anabolizzanti, e modificare la visione dell’allenamento con drastiche conseguenze sulla vita sociale, sia affettiva che lavorativa

(iii) essere abile a manipolare le abitudini di vita per essere sicuri di eseguire i compiti di mantenimento delle forme corporee (62)

La forte insoddisfazione e preoccupazione nei confronti del proprio corpo, vissuto come bisognoso di continuo esercizio, spinge l’individuo ad allenarsi continuamente. L’esercizio fisico diventa quindi una vera e propria dipendenza che comporta, come in tutte le forme di addiction, un cambiamento radicale delle abitudini quotidiane (63). Per questi motivi le persone che soffrono di questa patologia cambiano radicalmente la loro visione dell’esercizio fisico,

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modificando tempi e aspettative dedicati ad esso.

Importanza inversa

Se la persona non può impegnarsi nel mantenimento dei comportamenti come l'allenamento o il regime alimentare, il pensiero è eccessivamente preoccupato dal bisogno di adempiere ai comportamenti necessari ad ottenere e mantenere l'immagine corporea desiderata (23). Il malessere psichico che ne consegue può esprimersi, oltre che in fenomeni ansiosi, anche in sintomi fisici, quali tremori, tachicardia, sudorazione, nausea, come tipico di altre dipendenze. Inoltre, a causa di restrizioni alimentari e di eccessivo esercizio fisico, i soggetti con ABI possono accusare sintomi legati ad ipoglicemia e/o ipotensione fino a lipotimie (64).

Cambiamenti dell'umore

Impegnarsi nei comportamenti necessari ad ottenere e/o mantenere la forma corporea desiderata produce gratificazione e senso di ricompensa, con tratti euforici, mediati soprattutto dal sistema endorfinergico (65). Questi effetti possono essere assimilati agli stessi effetti fisiologici e psicologici provocati da sostanze psicoattive, rinforzati anche dall’eventuale uso di steroidi anabolizzanti. Anche il controllo sull'assunzione del cibo e sulle scelte alimentari può essere interpretato come una dipendenza secondaria, parte del processo per mantenere la prima dipendenza (“scolpire” il corpo).

Tolleranza

La persona con ABI può avere bisogno di incrementare i livelli e l’intensità dell'allenamento o la restrizione alimentare (i comportamenti del mantenimento) per raggiungere gli effetti fisiologici e psicologici desiderati. Ciò può essere raggiunto attraverso diverse strategie nell’attività fisica o nel consumo di cibo e, in alcune circostanze, anche attraverso l'uso di sostanze psicoattive come gli androgeni anabolizzanti steroidei o altre droghe (66).

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Rinuncia

Se non può impegnarsi nelle attività necessarie ad ottenere e/o mantenere le forme corporee desiderate, la persona con ABI ha effetti negativi psicologici e fisici, quali malumore e irritabilità, ansia, depressione, nausea e crampi, cefalea, astenia, disturbi gastrointestinali (60).

Conflitto

Per la persona con ABI il bisogno di esercizio fisico e di controllo sulla dieta può creare conflitti con la famiglia, il lavoro, e la vita di relazione in generale, compromettendo il benessere psicofisico e la qualità della vita.

Ricaduta

Se la persona con ABI cerca per un periodo di tempo di sospendere i comportamenti per ottenere e/o mantenere le forme corporee desiderate, la dipendenza, con la sofferenza che ne consegue (assimilabile ai sintomi dell’astinenza da sostanze di abuso), può determinare la necessità di riprendere le attività connesse al disturbo.

Per questo, nel trattamento del disturbo, è indicata da alcuni AA. l’applicazione delle tecniche di Terapia Cognitivo Comportamentale (67).

3.2 Dati epidemiologici

BDD E DM possono interessare entrambi i sessi, ma la prevalenza è maggiore nel genere maschile (68). Sebbene i numeri siano difficili da stimare, nella popolazione generale mondiale circa 100000 di persone rientrano nei criteri diagnostici formali di questi disturbi. Nel 2001 Olivarda, Pope Junior e Hudson (23) osservarono che i praticanti di ginnastica per l’ipertrofia muscolare avevano una maggiore predisposizione allo sviluppo di DM rispetto a chi non praticava il bodybuilding. Tra i sollevatori la prevalenza della condizione è stimata tra il 10% e il 53% in tutto il mondo.

La prevalenza negli atleti di altri sport deve essere ancora accertata attraverso studi clinici formali e la maggior parte dei dati disponibili tuttora sono estrapolati

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da studi che riguardano la popolazione generale (6). In genere la DM interessa giovani uomini adulti di età compresa tra 15 e 23 anni (69), specie tra coloro che praticano sport in cui lo scopo degli allenamenti sia quello di aumentare la propria massa muscolare e la forza come il football, il wrestling, e soprattutto il body building. Si ritiene inoltre che la prevalenza del disturbo sia sottostimata per le difficoltà nel porre diagnosi, conseguentemente al fatto che i soggetti affetti hanno apparentemente un aspetto molto sano e che l’attività sportiva è ritenuta uno strumento positivo per il l benessere, la forma fisica e la prevenzione di diverse malattie.

Le pressioni sociali che incoraggiano il possesso di un fisico muscoloso espongono bambini in età sempre più precoce al rischio di sviluppare disturbi dell’immagine corporea come DDB e DM (57).

Di particolare interesse a riguardo è uno studio condotto negli USA (48) in cui furono mostrati a dei ragazzi adolescenti differenti silhouettes corporee generate tramite un computer. Fu chiesto loro di selezionare un tipo corporeo sulla base di 3 domande:”come vorresti che apparisse il tuo corpo?”, “come pensi che dovrebbe apparire il corpo di un uomo ideale?”, “come pensi che appaia il tuo corpo agli occhi delle altre persone?”. Alle prime due domande i ragazzi risposero selezionando immagini con tipi corporei che pesavano dai 13 ai 18 kg in più rispetto all’immagine di riferimento, mentre le risposte alla terza domanda rivelarono che essi percepivano i loro corpi come molto più magri e deboli di quel che in realtà non fossero. Questi risultati, confermati successivamente da altri studi (70), indicano come il cambiamento dell’ideale di immagine corporea possa favorire la distorta percezione delle proprie forme fisiche nei giovani (71).

Risultati analoghi sono stati osservati anche da studi condotti in Europa e Sud Africa.

3.3 Eziologia e metodi diagnostici

Sul piano eziopatogenetico è difficile individuare per BDD e DM un singolo fattore scatenante; il disturbo in genere insorge per il concorso di fattori

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predisponenti e scatenanti sia di tipo psicologico individuale che di tipo socio-culturale.

Tra i fattori psicologici in gioco sono inclusi background familiari ‘disarmonici’ (71) ed esperienze infantili che producono nell’individuo la sensazione di non essere amato, insicurezza e senso di rifiuto (72,73), come traumi e abusi fisici. Ladee (71) ha postulato l’importanza di figure genitoriali troppo esigenti nei confronti dei figli o di una “estrema ed ambivalente dipendenza da uno dei genitori, generalmente la madre, per cui la bellezza era importante” e che “applicava questo criterio di valutazione al bambino”. Alcuni individui spesso si confrontano segretamente con i fratelli, che invidiano, e con cui i genitori li confrontano a loro volta (72,74).

Fattore di particolare importanza può essere la presenza nella storia di vita di episodi di teasing e bullismo; da non sottovalutare infine è la storia psichiatrica, che può includere disordini alimentari, disturbi d’ansia, abuso di sostanze, atti autolesivi, o la possibile comorbidità psichiatrica (75,76,77,78). Il disturbo depressivo maggiore sembra essere il disturbo più frequentemente associato a BDD e MD, con una prevalenza lifetime superiore all’80% (79), ma alti tassi di comorbilità sono stati riscontrati anche con i disturbi d’ansia, in particolare fobia sociale e DOC (dall’8% al 37%), e con i disturbi da abuso di sostanze (80). Il disturbo da dismorfismo corporeo è stato spesso considerato un disturbo appartenente allo spettro ossessivo-compulsivo (O-C), sia per i pensieri ossessivi e intrusivi, sia per i comportamenti ripetitivi simili a quelli caratterizzanti i sintomi ossessivi e compulsivi (81).

Rispetto ai fattori socioculturali Phillips e Drummond (78) affermano che “la attuale cultura occidentale promuove standard di bellezza e successo basati sull’attrattività fisica e sulla magrezza”. Studiosi che si occupano di insoddisfazione dell’immagine corporea hanno notato come le campagne di marketing, inizialmente mirate all’insicurezza femminile per l’immagine del corpo, siano ora rivolte anche verso gli uomini (49). Altri studi sono stati mirati ad identificare le persone più suscettibili allo sviluppo della DM e a valutare le possibili correlazioni con la promozione del fitness.

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In molti sport la forza, la velocità, la taglia e la potenza sono tipicamente apprezzati ed incoraggiati. Su queste basi alcuni AA. hanno rilevato come praticare l’atletica possa essere un fattore di rischio per l’insorgenza di DM e BDD (82). Altri AA. peraltro indicano che i soggetti con più predisposti alla DM siano più avvezze a praticare sport (10). Nel mondo dello sport agonistico casi studio clinici suggeriscono che tra i soggetti che scelgono sport come il bodybuilding, il sollevamento pesi o il triathlon sia rilevabile una maggiore insoddisfazione corporea. Inoltre, essendo molto diffusa l’attività fisica di potenziamento muscolare, manca tuttora una definizione chiara di come BDD e MD possano essere legati al fitness. Per valutare la presenza di DM sono stati proposti dei questionari (vedi tavola 2) peraltro non specifici, ma che possono aiutare ad identificare in un soggetto la presenza di specifiche caratteristiche della patologia. Un altro strumento utile per sospettare la presenza del disturbo in ambiente sportivo è costituito dal diagramma a flusso illustrato in figura 2, in base al quale si può decidere per l’invio del soggetto interessato ad uno specialista del settore.

FIGURA 2. Modello concettuale per sviluppare una strategia d’intervento per aiutare una persona con possibile DM o un altro disordine di immagine corporea.

* quali perdita del lavoro, scarsa prestazione atletica, problemi relazionali, danno fisico (esempio: abuso di sostanze, infortuni, ecc)

indica DM

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Il riconoscimento di una DM non è sempre facile nel mondo degli atleti. Spesso il disordine è mascherato dalle “esigenze dello sport”. Gli istruttori e gli staff si aspettano che gli atleti siano muscolosi ed in buona forma fisica. Se un atleta ha una predisposizione per la DM, l’ambiente sportivo può essere un terreno fertile per sviluppare il disordine.

Sebbene i tassi di mortalità per la DM non siano alti, la morbidità associata è importante, con problemi comportamentali (58) che variano da alterazioni della vita di relazione fino a danni per la salute fisica, connessi allo strenuo esercizio fisico e alle diete incongrue, talora associati anche ad uso di steroidi androgeni anabolizzanti (83,84).

3.4 Caratteristiche cliniche

Pur tenendo conto delle difficoltà diagnostiche prima elencate e della ancora relativamente scarsa numerosità degli studi a riguardo, la maggior parte degli AA concorda su alcuni sintomi e caratteri tipici dei soggetti con DM e BDD (85). L’ Indice di Massa Corporea è in genere aumentato, con composizione corporea

TAVOLA 3. Comportamenti autodistruttivi associati alla dismorfia muscolare.  Modelli di alimentazione scorretti o disordini alimentari

 Ossessione di allenarsi, a discapito degli impegni sociali

 Regimi di diete sbilanciate e“stressanti” (molto proteiche o con pochi grassi)  Eccessivo allenamento

 Allenamento nonostante la presenza di infortuni o malattia  Abuso di farmaci (steroidi anabolizzanti)

 Uso eccessivo di integratori nella dieta (creatina)

 Disturbo, squilibrio nella soddisfazione dell’immagine corporea  Rituali ossessivo-compulsivi

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in cui prevale relativamente la massa magra (Fat Free Mass - FFM) rispetto alla massa grassa.

L’esercizio fisico è sempre molto intenso, spesso con caratteri di compulsività, ed è specificamente mirato all’aumento della muscolosità attraverso attività isometrica e allenamento non aerobico con pesi (86).

Sono frequenti il checking, anche ossessivo, per peso e forme corporee, alterazioni, anche significative, dell’alimentazione, consumo marcato, fino ad abuso, di integratori e sostanze anabolizzanti (58,83,84,86).

I comportamenti ossessivi conducono in molti casi a compromissione del benessere psico-fisico e a minore qualità di vita; è stata segnalata infine maggiore vulnerabilità per depressione e tentativi di suicidio (87,88).

3.4.1. Aspetti nutrizionali e comportamento alimentare

La caratteristica principale della alimentazione degli individui con MD è una dieta iperproteica, ipolipidica, integrata con largo consumo di integratori, con l’obiettivo di aumentare la massa muscolare e ridurre quella grassa.

La dieta incongrua adottata dagli individui con MD, ricca di proteine, povera di carboidrati e grassi, supplementata con integratori, e talora con uso di lassativi e diuretici, può avere gravi ripercussioni sullo stato di salute: malnutrizione, disidratazione, riduzione della densità ossea con osteopenia e osteoporosi precoci come si può osservare soprattutto negli atleti.

Le proteine hanno un’azione bioregolatrice in quanto formano sostanze organiche che modulano importanti processi fisiologici, come ormoni, enzimi e anticorpi, o sostanze che hanno funzione di trasporto (LDL e HDL che trasportano il colesterolo). In particolari condizioni le proteine hanno anche funzione energetica ma, mentre in un’alimentazione bilanciata questo ruolo è marginale, essa è invece attivata durante il digiuno prolungato o per un'attività fisica impegnativa di lunga durata. In entrambi i casi gli aminoacidi, leucina, isoleucina e valina a catena ramificata, che hanno un ruolo importante come “fornitori di energia” durante gli sforzi muscolari prolungati, vengono degradati a scopi energetici.

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Le linee guida indicano come adeguata nell'arco della giornata l’assunzione di una quantità di proteine pari a circa il 15-20% dell'apporto calorico giornaliero, tale dose corrisponde ad un apporto proteico pari a 0,8-1,2 g di proteine per Kg di peso corporeo. Per garantire la corretta funzionalità dell'organismo e

proteggerlo da alcune malattie queste proteine dovrebbero derivare per i 2/3

da prodotti di origine animale e per 1/3 da prodotti di origine vegetale. Nella dieta iperproteica si prevedono apporti proteici nettamente superiori nell'ordine di 1,8-2,2 g/Kg/die. Le conseguenze di un eccessivo consumo di proteine dipendono dalla quantità totale di energia introdotta durante la giornata, in particolare se la quantità di calorie assunte sotto forma di carboidrati e lipidi è sufficiente a coprire le richieste energetiche, l'eccesso di proteine si trasforma, inevitabilmente, in grasso di deposito, e quindi la dieta sarà iperproteica ed ipercalorica.

Se la quantità di energia assunta sotto forma di carboidrati e lipidi non è sufficiente a coprire le richieste energetiche, l'eccesso di proteine viene invece utilizzato per ricavare energia, pertanto la dieta sarà iperproteica ma ipocalorica. In ogni caso, entrambi i processi portano ad un aumentato impegno del fegato e del rene coinvolto nell’eliminazione dell'azoto contenuto nelle proteine, pertanto è necessario associare sempre ad una dieta iperproteica un adeguato apporto di acqua.

Gli atleti sono i maggiori utilizzatori delle diete iperproteiche, soprattutto chi pratica sport di potenza (rugby, sollevamento pesi, gare di sprint, culturismo ecc.) in quanto un simile regime alimentare ha una certa efficacia nel favorire l'aumento di massa muscolare e la riduzione del grasso corporeo; non è invece adatto a chi pratica sport di resistenza come corsa o ciclismo.

Per tutelare la propria salute è tuttavia importante che il concetto non venga portato agli estremi, come spesso invece accade in soggetti affetti da dismorfia muscolare.

La dieta iperproteica è controindicata soprattutto in caso di problemi epatici e renali (insufficienza renale, nefropatia diabetica ecc.). L'apporto di proteine non dovrebbe comunque superare gli 1,8-2 grammi/kg di peso corporeo o il 18-22%

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dell'apporto energetico quotidiano mentre quella dei grassi non dovrebbe superare il 40-45% dell'apporto energetico quotidiano.

Da una revisione sistematica della letteratura emerge che i soggetti affetti da DM modulano la loro alimentazione con lo scopo di guadagnare massa muscolare e perdere peso, nella maggior parte dei casi senza specifiche conoscenze nutrizionali o guida da parte di professionisti. (89,90,91).

L’ alimentazione è in genere iperproteica e ipolipdica, rigida e monotona, spesso selettiva, con rare eccezioni associate a forte senso di colpa, che inducono ulteriore impegno nell’attività fisica (92). Al tempo stesso è molto frequente l’uso e abuso di integratori e sostanze anabolizzanti ritenuti fondamentali per aumentare la massa muscolare e migliorare le proprie forme fisiche, anche oltre i limiti fisiologici e fisici (93,94,95).

Per i soggetti affetti da DM molte informazioni, più o meno incongrue, sul regime alimentare cui attenersi vengono ricavate dal web, da amici e colleghi di palestra, da allenatori o personal trainer, al fine di ottenere i risultati desiderati, e comunque mai soddisfacenti, nei tempi più rapidi possibili, e ricorrendo spesso all’uso di steroidi anabolizzanti.

Peereira, Souza e Lisboa (96) indagando il profilo della dieta dei bodybuilders segnalano che i cibi più consumati tra i carboidrati erano: pasta (88,9%), pane (88,9%), riso bianco (77,8%), avena (77,8%), zucchero (55,5%), corn flakes (25%), e riso (22,2%). Le fonti proteiche utilizzate erano latte (88,8%), uova (88,8%), carne (100%), e formaggio (100%); il consumo di frutta per pasto era 100% a colazione, 12% a pranzo, 22% a merenda senza consumo a cena, mentre il consumo di vegetali era 89% solo a pranzo. La frutta più consumata era: papaya, banana, mela, arancia, melone, ananas, melone bianco, prugna e mango. Gli ortaggi erano carote, lattuga, fagioli verdi, bietola e cavolo.

A riguardo Azevedo e al. (90) sottolineano che il diffondersi di regimi alimentari con eccessivo e incontrollato consumo di proteine e drastica riduzione dell'apporto di lipidi, conseguente al tentativo di plasmare forme corporee più corrispondenti a ideali estetici, può comportare un serio problema per la salute pubblica.

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alimentari sbilanciati, associato all’uso di integratori e steroidi, favorisce in soggetti con DM il peggioramento della psicopatologia per la carenza di un adeguato apporto nutrizionale.

Kanayama e al (93) hanno mostrato in soggetti con DM la frequente sostituzione di cibi e micronutrienti naturali con integratori ergogenici. Sardinha e al. (97) hanno riportato l'uso di steroidi anabolizzanti nel 16% e l'uso di integratori alimentari nel 45% dei soggetti con DM esaminati, l’8% dei quali utilizzava entrambi i tipi di sostanze.

Trog e Teixeira (94), indagando i motivi dell’uso di integratori e anabolizzanti in soggetti con DM, indicano le seguenti ragioni: aumentare la massa muscolare (32%), ottenere risultati rapidi (20%), ottenere migliori risultati (16%), migliorare la forma fisica (12%), migliorare la forza (12%) e migliorare l'allenamento (8%). Sulla base di questi dati della letteratura è evidente come nel trattamento di soggetti con DM sia necessario l’intervento da parte di specialisti della nutrizione per un’adeguata revisione dei pattern nutrizionali e dei regimi alimentari seguiti allo scopo di modificare le forme corporee.

3.4.2. Uso e abuso di steroidi anabolizzanti

Con l’obiettivo di ottenere e mantenere le proprie forme corporee e i propri livelli di muscolosità, in genere ossessivamente percepiti come comunque inadeguati, molti soggetti con DM utilizzano integratori sportivi e nutrizionali (95), spesso a dosi superiori a quelle indicate, con i rischi fisici conseguenti (es. insufficienza renale).

Di particolare interesse clinico per i danni che ne possono derivare è poi l’uso e l’abuso di steroidi anabolizzanti (98,99) diffuso nel mondo dello sport anche non professionistico, e in crescente aumento tra giovani che non praticano sport agonistico (100-103).

Gli steroidi utilizzati includono il testosterone e suoi analoghi sintetici, con effetti anabolizzanti che consistono in aumento della sintesi proteica e dell’eritropoiesi, favorendo anche l’accrescimento muscolare.

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cellule di Leydig del testicolo e per il restante 5-10% dalla corteccia surrenalica. Nella donna la produzione di testosterone è ad opera del surrene, del corpo luteo e del tessuto adiposo. La produzione di testosterone è regolata, tramite un meccanismo a feedback, dall’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi. A seconda dei livelli di testosterone circolanti l’ipotalamo rilascia GnRH (ormoni rilascianti le gonadotropine) che stimolano l’adenoipofisi a produrre le gonadotropine (LH: ormone luteinizzante; FSH: ormone follicolo stimolante) che inducono nei siti di produzione la sintesi di testosterone. Nel processo di sintesi endogena del testosterone si forma anche il suo isomero epitestosterone in rapporto 2:1. Un rapporto maggiore di 6:1 è indicativo dell’assunzione di testosterone. Gli effetti anabolizzanti degli androgeni si esplicano attraverso il legame con i recettori degli steroidi denominati NR3A, presenti nelle cellule bersaglio. Il legame testosterone-recettore forma un complesso che entra nel nucleo cellulare dove si lega a specifiche zone del DNA. Tale legame determina una serie di eventi molecolari, tra i quali l’aumento della sintesi di proteine. Le cellule bersaglio degli Androgeni Anabolizzanti Steroidei (AAS) sono presenti in numerosi tessuti (cute, fegato, genitali, ipotalamo-ipofisi, muscolo, ossa, prostata, rene, sistema immunitario, SNC, tessuto adiposo).

Ferme restando le azioni fisiologiche legate alla produzione endogena di AAS, gli effetti che conseguono all’assunzione variano a seconda delle dosi. Alte dosi e/o periodi protratti di assunzione degli AAS possono portare a complicazioni fisiche e psicologiche come ipertensione, aterosclerosi, ipertrofia miocardica e infarto, alterazioni epatiche e renali, tendinopatie, alterazioni della libido, disturbi del comportamento come aggressività, irritabilità, e nei casi più gravi comportamenti violenti e criminogeni (detti “Roid Rage” o rabbia da steroidi), perdita di capacità di giudizio, disturbi psicotici con allucinazioni e deliri, tendenza suicidaria; altri effetti a livello fisico possono essere ipofertilità e ginecomastia negli uomini, virilizzazione nelle donne, con irsutismo, alopecia, irregolarità mestruali (104,105).

L'uso di AAS per migliorare la performance sportiva e la muscolosità è un fenomeno in aumento nel mondo. Solo negli Usa almeno due milioni di individui usano o hanno usato AAS (106). L’utilizzo di AAS è più diffuso nel genere

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maschile, ma è in aumento anche tra le donne (107).

Gli AAS sono tra le sostanze vietate dal comitato olimpico internazionale dal 1975 (108). Attualmente sono reperibili oltre 100 differenti tipi di AAS sintetici o naturali. AAS endogeni sono testosterone, diidrotestosterone, androsterone, deidrotestosterone; AAS esogeni sono nandrolone, stanazolo, metandienone, mesterolone, boldenone, oxandrolone. Queste sostanze vengono assunte oralmente, tramite iniezioni intramuscolari, o per via transdermica con gel in modo ciclico, tipicamente per periodi di 6-8 settimane intervallate da uguali periodi di astensione.

Si utilizza uno schema di tipo piramidale con dosi crescenti e poi decrescenti (la brusca interruzione provoca una tipica sindrome da sospensione dovuta al fatto che l’organismo non riesce ad abituarsi al nuovo stato ormonale); nel “doping”, rispetto ai dosaggi terapeutici, si utilizzano dosi molto più elevate, da 10 a 40 volte superiori. Spesso si ricorre ad una combinazione di più anabolizzanti (in genere uno per via orale e uno per via parenterale) per evitare la tolleranza a un particolare steroide. Questa tecnica è detta “stacking” che significa letteralmente accatastare. L’aumento della massa muscolare e della forza determinato dall’assunzione di AAS viene potenziato da adeguati protocolli di allenamento. Inoltre molti atleti che ricorrono agli AAS utilizzano contemporaneamente anche altre sostanze per contrastare effetti avversi, per evitare di essere individuati ai controlli anti doping o per potenziare l’effetto anabolizzante. Tra le sostanze più frequentemente usate vi è la gonodotropina corionica umana per stimolare la produzione endogena di testosterone, che viene soppressa dall’uso cronico degli AAS.

3.4.3. Aspetti psicopatologici

Da un punto di vista psicopatologico, come detto, la DM rientra nello spettro dei Disordini Ossessivo-Compulsivo (DOC) (75,86,99) e può essere considerato una variante depressiva, psicotica o con fobia sociale di DOC (75,77,79,80).

Analogie tra DM e DOC si evidenziano nelle caratteristiche epidemiologiche: l’età di insorgenza, compresa tra l’adolescenza e la prima età adulta, il decorso

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prevalentemente cronico, la distribuzione tra i sessi, con una lieve preponderanza per il sesso maschile.

Alcuni tratti della personalità descritti come ossessivo-compulsivi, l’elevata tendenza all’autocritica, l’insicurezza e il perfezionismo, sembra che possano essere fattori premorbosi predisponenti allo sviluppo della dismorfofobia e della DM. Le preoccupazioni della DM sono egodistoniche e possono assumere i caratteri delle ossessioni, in quanto fonti di ansia e disagio persistenti o ricorrenti per parecchie ore al giorno e difficili da tenere sotto controllo (109). L’ideazione può essere così pervasiva da dominare i comportamenti ed il funzionamento globale del soggetto.

Anche i mezzi che il paziente adotta per tentare di porre fine ai rituali sono in parte affini a quelli del DOC (11) e includono la necessità di ripetere l’azione fino a raggiungere una sensazione interiore di soddisfazione oppure di rassicurazione, ma per lo più senza riuscirvi e accrescendo al contrario lo stato ansioso.

Alcuni AA. infine hanno rilevato nella DM un minor grado di insight (110,111), frequenti spunti deliranti, una maggior comorbilità con depressione maggiore, fobia sociale, disturbi psicotici e un più alto tasso di tentativi anticonservativi (112).

Riguardo ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, anche nella DM, come in anoressia nervosa e bulimia nervosa, sono presenti alimentazione sbilanciata e disturbo dell’immagine corporea, con pensieri pervasivi sulle forme corporee, orientati però più spesso sul desiderio di maggiore muscolosità piuttosto che di magrezza. Nella pratica clinica tali patologie si possono trovare spesso associate in uno stesso individuo (circa il 30% dei soggetti con DM sviluppa un disturbo alimentare di tipo restrittivo o binge/purge) (113). Alcuni AA. hanno sottolineato inoltre la forte relazione tra la sintomatologia della DM e i pattern disfunzionali tipici dei disturbi alimentari (114). I soggetti affetti da DM sembrano mostrare un profilo psicologico simile alle persone con disturbo alimentare che include punteggi elevati nelle scale del perfezionismo e della preoccupazione relativa all’immagine corporea, alla dieta e all’esercizio fisico. Murray e al. (115)hanno rilevato che le persone con DM presentavano comportamenti alimentari e

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compulsione per l’iperattività fisica, più simili a soggetti con disturbo alimentare che ai praticanti di ginnastica.

Altri studi, effettuati con la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI, functional Magnetic Resonance Imaging) e Potenziali evento-correlati (ERPs, Event-Related Potentials) all’EEG, hanno evidenziato che soggetti affetti da anoressia nervosa e BDD hanno anomalie encefaliche simili, che ostacolano la loro capacità di elaborare le informazioni visive (116).

Le persone con anoressia (aree verdi) e BDD (aree blu) mostrano meno attività rispetto alle persone sane nelle regioni del cervello che elaborano le informazioni “globali” durante la visualizzazione di case (a sinistra) e facce (a destra).

BDD, DM e disturbi alimentari condividono quindi alcune caratteristiche psicopatologiche e funzionali neuro encefaliche, ma il DSM 5 sottolinea la necessità di distinguere BDD e DM dai disturbi alimentari e, pur non essendo sempre facile distinguere la condizione patologica basandosi solo sui sintomi, BDD e DM richiedono un approccio specifico che includa evidenze sull'eziologia, la risposta al trattamento e la prognosi (56).

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3.4.4. Conseguenze di BDD e DM

Gran parte dei soggetti affetti da queste patologie sperimenta grave disagio per i supposti difetti fisici, descrivendo le preoccupazioni come intensamente dolorose, tormentose o devastanti e difficili da controllare (117). Questi soggetti manifestano spesso anche la preoccupazione di essere osservati e hanno difficoltà a parlare con gli altri per il timore di risultare sgradevoli o per la paura che i propri difetti corporei vengano notati (118). Il livello di funzionamento sociale di questi soggetti è spesso compromesso. Un recente lavoro di Phillips (87), condotto utilizzando la BDD-YBOCS, una scala semistrutturata adattata per il BDD dalla YBOCS per il disturbo ossessivo-compulsivo, ha dimostrato una significativa riduzione dello stato di salute mentale e conseguentemente della qualità di vita di questi soggetti che presentano alti tassi di ospedalizzazione psichiatrica, ideazione suicidiaria e tentativi anticonservativi. In alcune casistiche (110,111) emerge che più della metà dei pazienti con BDD sono stati ricoverati presso un reparto psichiatrico e il 30% ha tentato il suicidio. Questa percentuale risulta abbastanza costante nei vari studi condotti (88,109). Molti pazienti presentano un funzionamento sociale limitato e mettono in atto comportamenti finalizzati ad evitare di esporsi in pubblico; inoltre, in alcuni casi i sentimenti di vergogna e la paura di essere rifiutati portano all’isolamento e al ritiro sociale (110,111). L’imbarazzo per il proprio corpo può condurre il paziente ad evitare le relazioni sociali, la scuola, il lavoro e molte altre attività (119). Oltre alle condotte di evitamento, un altro sintomo importante nei pazienti con BDD è la presenza di condotte compulsive di controllo del corpo, presenti nel 90% dei casi (86), finalizzate ad esaminare il presunto difetto nelle proprie forme corporee, attraverso reiterati controlli allo specchio o altre superfici riflettenti, eccessiva cura del proprio aspetto, skin-picking, confronto continuo con l’aspetto altrui, ricerca di rassicurazione. Anche questi comportamenti spesso diventano ripetitivi, occupando gran parte della giornata e interferendo con la vita del paziente. Sono spesso presenti sintomi depressivi, ansia, sentimenti di vergogna ed è frequente la ricerca di rimedi dermatologici o chirurgici (fino al 50% dei casi) (120), ma senza che questi interventi inducano un significativo miglioramento

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della sintomatologia. È anzi segnalata una minore soddisfazione per l’esito degli interventi rispetto alla popolazione generale (3).

In una quota dei pazienti affetti da BDD la preoccupazione per l’aspetto fisico tende ad assumere le caratteristiche dell’ideazione delirante, tende cioè a trasformarsi in una convinzione resistente ad ogni tipo di evidenza contraria. Queste forme di BDD sono definite ‘con scarso insight’, dove per insight s’intende la consapevolezza, la capacità del paziente di valutare criticamente il contenuto dei propri sintomi, riconoscendolo come assurdo e irragionevole. È infatti di comune riscontro nei pazienti dismorfofobici la presenza di idee di riferimento secondarie alla preoccupazione/convinzione di avere un difetto fisico, che si esprimono, ad esempio, nell’impressione o nella certezza di essere notati e derisi dalle altre persone. Per questi casi la ricerca si è indirizzata verso la definizione degli elementi che caratterizzano il delirio, prendendo in esame le differenze tra BDD con caratteristiche deliranti e non deliranti. Le convinzioni del BDD sono state distinte in spunti deliranti e in deliri veri e propri. Uno spunto delirante è un’idea vissuta con ferma convinzione, difficile da contrastare, ma che il paziente è ancora in grado di mettere in discussione (112). Il delirio, invece, è un pensiero patologico, irrealistico (che non trae origine da alcun dato reale, né da un’esperienza concreta) e assolutamente non criticabile. Solo nel secondo caso è corretto considerare la diagnosi doppia di BDD e disturbo delirante di tipo somatico. Molti autori sottolineano come la doppia diagnosi lasci comunque spazio alla possibilità che le due forme di BDD, delirante e non delirante, siano in realtà un singolo disturbo che comprende gradi diversi di insight, piuttosto che due disturbi distinti. Questa interpretazione è sostenuta dalle fluttuazioni che la preoccupazione circa il difetto corporeo subisce nel tempo in risposta a fattori stressanti, oscillando talvolta tra pensiero delirante e pensiero non delirante (121). Un confronto effettuato da Phillips et al. (109) tra BDD delirante e non delirante ha inoltre rivelato che le due varianti non differiscono significativamente per gran parte delle variabili come fattori demografici, quadro clinico, storia naturale, comorbilità, anamnesi familiare, risposta al trattamento. Entrambi i gruppi rispondono favorevolmente alla terapia con inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI). Diversi studi, come

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vedremo, hanno riportato un significativo incremento dell’insight in risposta al trattamento del BDD, soprattutto con SSRI (122). Tuttavia, nelle varianti deliranti si riscontrano una sintomatologia dismorfofobica ed una compromissione funzionale più gravi. Secondo le indicazioni di Phillips (109), le ricerche future dovranno valutare l’opportunità di definire veri e propri sottotipi, ad esempio con buon insight, con scarso insight, con pensiero delirante (o psicotico).

4 Trattamento di BDD e DM

Dagli studi sinora condotti, risulta che la maggior parte dei pazienti con BDD (fino al 76%) (123) ricerca in prima istanza trattamenti sanitari non psicologici o psichiatrici, ma in ambito dermatologico (45%) e plastico-ricostruttivo (23%) (109). Il 30% di 100 casi inclusi nello studio di Phillips et al. (110) ha ricevuto trattamenti cosmetici multipli (fino a sei per paziente).

È pertanto di fondamentale importanza identificare interventi terapeutici specifici, che siano nel contempo flessibili e articolati, data la complessità del BDD e la frequente comorbilità associata.

Analogamente a quanto osservato riguardo al DOC, nel BDD la terapia farmacologica prevede l’impiego di antidepressivi serotoninergici selettivi (in particolare fluoxetina e fluvoxamina) da preferire ai triciclici (13). Un altro studio retrospettivo condotto da Phillips (124) ha confermato la maggior efficacia dei composti citati associati al buspirone (agonista dei recettori serotoninergici 5HT1A), rispetto ad altri composti, quali triciclici, benzodiazepine, neurolettici ed anticonvulsivanti, che hanno mostrato efficacia minima o nulla. L’efficacia della fluoxetina è stata confermata da uno studio in doppio cieco di Phillips et al. (123) su 67 pazienti, in cui la risposta al farmaco è stata del 53% contro il 18% di risposta al placebo (p = 0,03). In un recente studio in doppio cieco su 29 casi, Hollander et al. (125) hanno confrontato l’efficacia di clomipramina vs. desipramina, evidenziando come la clomipramina (dosaggio medio 138 mg/die) correli con un notevole miglioramento nella sintomatologia globale ed una ripresa del funzionamento sociale.

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Phillips et al. hanno indagato su 30 pazienti (126) la risposta alla fluvoxamina, che è stata positiva nel 63% dei soggetti (al dosaggio medio di 238 mg/die). In un successivo lavoro (127) su 30 soggetti, il dosaggio efficace per questo farmaco è risultato di 50-300 mg/die con variazioni individuali. Tali valori sono analoghi a quelli che si riscontrano nella terapia del DOC.

Recentemente Phillips e Najjar hanno pubblicato una ricerca su 15 soggetti che dimostra una buona efficacia della terapia con citalopram (128).

Un altro studio retrospettivo di Phillips et al. (129), che ha preso in esame le cartelle cliniche di 90 pazienti con BDD per verificare l’efficacia degli interventi di farmacoterapia eseguiti con antidepressivi serotoninergici, ha segnalato un indice di risposta del 63%. La sospensione della terapia dopo un periodo medio di trattamento di 38 settimane determina però una ricaduta nell’83,8% dei casi, suggerendo la necessità di protrarre la somministrazione del farmaco per una fase di mantenimento.

Nella seguente tabella sono riportati i dati essenziali dei recenti studi sulla terapia farmacologica del BDD.

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Autore Metodo Farmaco Dosaggio medio Durata media terapia Risultati Hollander et al. 1994 (11)(5) studio retrospettivo triciclici 178 mg /die

5 mesi CGI: nessun cambiamento fluvoxamina 260

mg/die

19 mesi CGI: molto migliorato Phillips et al. 1998 (96) in aperto fluvoxamina 238 mg/die 16 sett BDD-YBOCS migliorato, p < .001; 63% dei pz responders Hollander et al. 1999 (11)(1) in cross over, randomizzato clomipramina vs. 138 mg/die

8 sett BDD-YBOCS: CLO > DES, desipramina 147 mg/die p = .003 BDD-NIMH: CLO > DES, p < .001 Phillips et al. 2001 (11)(2) in aperto fluvoxamina 150-300 mg/die 16 sett BDD-YBOCS migliorato, p < .001; 63% dei pz responders

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Phillips et al. 2001 (11)(4)

studio retrospettivo

SSRI – 38 sett BDD-YBOCS migliorato, p < .001 clomipramina 203 mg/die 24 sett BDD-YBOCS migliorato, p < 0.1 Phillips et al. 2002 (11)(0) in doppio cieco, randomizzato fluoxetina 20-80 mg/die 12 sett BDD-YBOCS. migliorato, p < .001; 53% dei pz responders Phillips et al. 2003 (11)(3) in aperto citalopram 40-60 mg/die 12 sett BDD-YBOCS migliorato, p < .001; 73% dei pz responders

Dagli studi di cui abbiamo riferito emerge che la variante di BDD ‘con scarso insight’ risponde in misura uguale o persino superiore ai trattamenti con SSRI utilizzati nella variante non delirante (128). La presenza di caratteristiche deliranti non sembra quindi essere un fattore predittivo negativo di risposta ai serotoninergici. Un’interpretazione di questo fenomeno è che l’insight è un costrutto dimensionale e i sintomi deliranti di questo costrutto non sarebbero qualitativamente differenti da quelli non deliranti (127).

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La risposta del paziente al trattamento consiste generalmente in un minor grado di stress, riduzione delle preoccupazioni e dei comportamenti ritualistici, miglioramento del funzionamento sociale e lavorativo.

Per valutare caso per caso l’efficacia o meno della terapia, si consiglia comunque di procedere con la somministrazione del farmaco a dosaggio pieno per almeno 3 mesi. Nei casi che non rispondono al trattamento impiegato, è indicata l’associazione di clomipramina con SSRI (109), monitorando i livelli plasmatici del triciclico, incrementati dagli SSRI. Se l’associazione fallisce, c’è l’indicazione a procedere con un IMAO. In aggiunta agli SSRI, la clomipramina permette di raggiungere tassi di risposta del 44%, il buspirone del 33%, il litio (stabilizzatore dell’umore) del 20% e gli antipsicotici del 15% (129). L’associazione con antipsicotici (soprattutto risperidone o pimozide) trova un’indicazione particolare nei casi di BDD delirante resistente ai serotoninergici (130).

In associazione alla farmacoterapia, si è rivelato efficace un intervento psicoterapico di tipo cognitivo-comportamentale (67). Le tecniche più utilizzate per il BDD includono l’esposizione allo stimolo, la prevenzione della risposta e la ristrutturazione cognitiva. L’esposizione allo stimolo, in vivo o immaginata, secondo le tecniche di McKay et al. (131), si realizza nell’esposizione graduale del paziente alla percezione del proprio corpo o alle situazioni sociali preoccupanti, generalmente seguendo un ordine di parti corporee o situazioni che creano al paziente un disagio crescente (67). La prevenzione della risposta, cioè dei comportamenti associati al BDD (quali il ‘mirror-checking’, la continua ricerca di rassicurazioni) comprende gli espedienti utilizzati al fine di contrastare i rituali compulsivi, ad esempio suggerire al paziente di rimuovere o coprire gli specchi o evitare il make-up (67). La ristrutturazione cognitiva, infine, implica l’identificazione dei pensieri disfunzionali del paziente e la loro correzione attraverso la valutazione dell’evidenza. Come sottolineano Veale et al. (132), nel BDD l’obiettivo è quello di “sviluppare nel soggetto delle convinzioni che includono l’idea di accettare la bellezza come soggettiva e che la specie umana è troppo complessa per essere valutata solamente sulle basi di un difetto dell’aspetto corporeo”. Ulteriori tecniche psicoterapeutiche possono essere utilizzate a seconda delle caratteristiche individuali. Ad esempio, nei pazienti con

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una forte componente ansiosa può trovare applicazione la desensibilizzazione sistematica, che contrasta le situazioni stressanti con tecniche di rilassamento psicofisico. Le psicoterapie supportive e quelle orientate all’insight sono efficaci solo in alcuni casi in aggiunta al trattamento farmacologico (122). In conclusione, il miglior approccio terapeutico al BDD sembra essere il trattamento con agenti serotoninergici, variamente combinato con approcci psicoterapeutici. Il trattamento con farmaci psicotropi che agiscono sul sistema dopaminergico trova indicazione nei casi resistenti. Attraverso questi presidi, applicati nel modo migliore in seguito ad una completa valutazione biopsicosociale del paziente, si ottiene il miglioramento in una buona percentuale di casi. La complessità del BDD necessita tuttavia di ulteriori studi per comprendere meglio la biologia del disturbo e migliorare l’efficacia degli interventi terapeutici per un numero crescente di pazienti.

5 Il ruolo del nutrizionista nel trattamento di BDD e DM

Il ruolo del nutrizionista nel trattamento di BDD e DM è di fondamentale importanza sia nella fase di diagnosi che in quella di riabilitazione, in collaborazione con psicoterapia e psichiatria. Un adeguato approccio terapeutico è utile in tutti i soggetti affetti da queste patologie e, a maggior ragione, nel caso si tratti di atleti, per i quali è comunque necessario preservare e sostenere la muscolosità. Le pressioni su performance e forma fisica in questi soggetti comportano spesso intensi allenamenti e frequenti impegni settimanali a tutte le età, causando marcato dispendio idrico e aumentato fabbisogno energetico e glucidico. Nell’atleta in particolare è cruciale una corretta idratazione, sia nella fase precedente all’attività, sia durante e dopo la prestazione, al fine di prevenire le alterazioni dell’equilibrio elettrolitico che potrebbero provocare disturbi della funzione cardiaca e muscolare. L’alimentazione, basata sulle caratteristiche specifiche dell’atleta e dello sport praticato dovrà fornire, con il giusto timing, un adeguato quantitativo di nutrienti e una giusta integrazione, tenendo conto delle direttive antidoping e degli studi scientifici che ne dimostrano l’efficacia e la sicurezza per l’atleta.

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