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Analisi della vulnerabilità sismica della Scuola dell'Infanzia "Rossini" a Firenze : sviluppo e confronto di differenti metodi di analisi.

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UNIVERSITA’ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio

e delle Costruzioni

Corso di laurea in Ingegneria Edile – Architettura

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

Analisi della vulnerabilità sismica della scuola dell’Infanzia “Rossini”

a Firenze: sviluppo e confronto di differenti metodi di analisi.

Relatori Candidata

Prof.Ing. Maria Luisa Beconcini Claudia Francesca Bufano

Prof.Ing. Pietro Croce

Ing. Filippo Landi

Controrelatore

Ing. Paolo Formichi

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INDICE

INDICE ... 2

INTRODUZIONE... 6

ANALISI DELLA SISMICITA’ ... 7

2.1 Il rischio sismico ... 7

2.2 La sismicità in Italia ... 7

2.3 Classificazione sismica in Italia ... 10

2.3.1 Norme di prima generazione ... 10

2.3.2 Norme di seconda generazione ... 12

2.3.3 Norme di terza generazione ... 14

2.3.4 Norme di quarta generazione ... 16

2.4 La sismicità in Toscana ... 17

2.4.1 Sismicità storica ... 17

2.5 Classificazione sismica in Toscana ... 21

2.5.1 Documento conoscitivo del rischio sismico ... 26

2.6 La sismicità nella città metropolitana di Firenze ... 27

2.7 Classificazione sismica di Firenze ... 28

2.7.1 Ubicazione e classificazione sismica del sito oggetto di studio ... 28

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ SISMICA ... 31

3.1 Aspetti introduttivi ... 31

3.2 Vulnerabilità sismica degli edifici esistenti in muratura ... 31

3.3 Valutazione dell’indice di vulnerabilità sismica ... 36

INDAGINI SULL’EDIFICIO ... 37

4.1 Introduzione ... 37

4.2 Indagine storica ... 38

4.2.1 Progetto originale ... 38

4.2.2 Progetto di possibile elevazione ... 43

4.2.3 Destinazione d’uso ambienti e sezione ... 44

4.2.4 Ampliamento e acquisto convento ... 46

4.2.5 Interventi recenti ... 49

4.3 Rilievo geometrico ... 51

4.3.1 Descrizione ambienti ... 54

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3

4.4 Rilievo del quadro fessurativo ... 67

4.4.1 Piano interrato ... 69

4.4.2 Piano terra ... 71

4.4.3 Primo piano ... 77

4.5 Prove in situ ... 83

4.5.1 Prove con martinetti piatti ... 83

4.5.2 Prove di estrazione ... 86

4.5.3 Stonacatura muri ... 86

4.5.4 Applicazione pratica delle prove ... 86

4.6 Prove di laboratorio ... 105

4.6.1 Introduzione ... 105

4.6.2 Prove sulle malte ... 106

4.6.3 Il penetrometro PNT-G per misurare la resistenza delle malte ... 107

4.6.4 L’influenza della malta sulla resistenza delle murature ... 109

4.6.5 Il penetrometro PNT-G ... 111

4.6.6 Esperienza applicativa ... 114

4.6.7 Prova di punzonamento Darmstadt ... 119

4.6.8 Esperienza applicativa ... 120

4.7 Confronto prove sperimentali e risultati di calcolo ... 123

4.7.1 Controllo delle tensioni di esercizio della muratura ... 123

4.7.2 Prove di carico ... 126

4.7.3 Verifica del solaio in voltine – piano terra ... 139

4.7.4 Verifica del solaio in volterrane (tipo B) – primo piano ... 144

4.8 Determinazione dei parametri meccanici della muratura ... 149

4.9 Indice di qualità muraria ... 154

4.9.1 Giudizio sulla qualità della muratura e metodo dei punteggi ... 155

4.9.2 Valutazione dell’indice IQM e classificazione delle murature ... 157

4.9.3 IQM e parametri meccanici nelle NTC 2008 ... 161

4.9.4 Schede di valutazione della qualità muraria ... 165

4.9.5 Possibile utilizzo dell’IQM ... 171

AZIONI SULLE COSTRUZIONI ... 173

5.1 Azione ambientali sulle scuole in esame e combinazioni di carico ... 173

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4

5.3 Carico vento... 174

5.4 Azione sismica ... 179

5.5 Analisi dei carichi ... 183

5.5.1 Solai ... 183

5.5.2 Carichi accidentali... 187

METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA... 188

6.1 Introduzione ... 188

6.2 Analisi statica lineare ... 189

6.3 Analisi dinamica modale ... 189

6.4 Analisi dinamica non lineare ... 190

6.5 Analisi statica non lineare ... 190

6.5.1 Analisi POR... 191

6.5.2 Analisi Pushover ... 200

6.5.3 Analisi POR modificata ... 210

6.6 Introduzione alla modellazione strutturale ... 211

MODELLAZIONE STRUTTURALE – EDIFICIO PRINCIPALE ... 212

7.1 Risultati dell’analisi Push - over ... 212

7.1.1 Conclusioni ... 218

7.2 Risultati dell’analisi POR modificata ... 219

7.3 Confronto PCM e metodo POR modificato ... 228

7.4 Risultati analisi dinamica modale ... 231

7.4.1 Verifica a pressoflessione complanare ... 235

7.4.2 Verifica a pressoflessione ortogonale da modello 3D ... 236

7.4.3 Verifica a taglio - fessurazione diagonale ... 237

7.5 Confronto Push – over e dinamica modale ... 239

7.6 Meccanismi locali ... 240

7.6.1 Analisi cinematica lineare ... 240

7.6.2 Analisi cinematica non lineare... 240

7.6.3 Meccanismo di ribaltamento semplice di una parete monolitica. ... 243

MODELLAZIONE STRUTTURALE – EDIFICIO EX - CONVENTO ... 249

8.1 Risultati dell’analisi a pareti singole ... 249

8.1.1 Verifica fuori piano ... 250

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5

9.1 INTONACO ARMATO ... 258

9.1.1 Tecnica di esecuzione ... 259

9.1.2 Prescrizioni di normativa ... 260

9.1.3 Procedura di consolidamento ... 260

9.1.4 Valutazione del coefficiente correttivo ... 266

CONSOLIDAMENTO EDIFICIO EX – CONVENTO ... 270

10.1 Inserimento del piano rigido ... 270

10.2 Consolidamento con l’intonaco armato ... 275

CONCLUSIONI ... 280

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6

INTRODUZIONE

Il patrimonio edilizio italiano è costituito da una vasta quantità di manufatti che, realizzati in un territorio ad alto rischio sismico, presentano una certa vulnerabilità. La difficoltà di intervenire su un edificio esistente preservandone le qualità storico – architettoniche e consolidandone le funzioni strutturali è un argomento ampiamente discusso e che pone diversi quesiti di natura culturale ed ingegneristica. Dal punto di vista ingegneristico, nel corso degli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di nuovi materiali e nuove tecniche utilizzate per consolidare edifici esistenti, in gran parte realizzati in muratura. A fronte degli ultimi tragici eventi sismici avvenuti nel nostro Paese, gli interventi di rafforzamento delle strutture esistenti sono cresciuti in maniera esponenziale e rappresentano oggi una delle principali attività del settore dell’ingegneria. Il lavoro di tesi qui proposto, che ha come oggetto la Scuola dell’Infanzia “Rossini” situata a Firenze in via Galliano, nasce dalla collaborazione tra il Comune di Firenze e il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università degli Studi di Pisa -DICI-. Basandosi sulle suddette constatazioni, tale progetto punta alla validazione dei metodi per la valutazione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti. In particolare si tiene conto dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 che riclassifica l’intero territorio nazionale e introduce l’obbligo, per gli enti proprietari, di procedere alla verifica sismica degli edifici strategici e di quelli rilevanti per finalità di protezione civile, tra cui rientrano anche le scuole.

La validazione dei metodi sopradetti si basa su un campione statistico costituito dagli edifici scolastici ed impianti sportivi di proprietà del Comune di Firenze. Per ogni edificio verrà stimata l’intensità dell’input sismico a causa del quale lo stesso edificio attinge i diversi stati limite ai quali è associato il possibile danno o collasso parziale o totale. Successivamente, in base alle caratteristiche costruttive dell’edificio in esame e sulla base di calcoli semplificati, verrà determinato, attraverso un’analisi preliminare dei possibili meccanismi di collasso, quello più probabile per l’edificio stesso. La fase finale consiste nella valutazione delle priorità di intervento al fine di conseguire i prestabiliti livelli di prestazione, conformemente a quanto indicato nella Norma Tecnica di riferimento.

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7

ANALISI DELLA SISMICITA’

2.1 Il rischio sismico

Il rischio sismico riguarda l’interazione tra uno specifico terremoto e la comunità ad esso esposta, sia in termini di vittime, sia di danni.

Questo si definisce come: “l'insieme dei possibili effetti che un terremoto di riferimento può

produrre in un determinato intervallo di tempo, in una determinata area, in relazione alla sua probabilità di accadimento ed al relativo grado di intensità (severità del terremoto)”.

La sua determinazione è legata a tre fattori principali:

 La pericolosità sismica, intesa come “scuotibilità del sito”. Con questo si intende la probabilità che un evento si verifichi in una certa zona e in un certo intervallo di tempo. Essa non dipende dagli effetti che l’evento atteso può provocare bensì dal tipo di terremoto, dalla distanza tra l'epicentro e la località interessata nonché dalle condizioni geomorfologiche. Nelle normative moderne viene assunta, come pericolosità sismica di riferimento, il valore dell’accelerazione orizzontale al suolo rigido che ha una probabilità del 10% di essere superata in un periodo di 50 anni, cioè con un intervallo di ricorrenza, o periodo di ritorno, di 475 anni.

 La vulnerabilità, intesa come suscettibilità di ciò che esiste sul territorio a subire danni a causa di un certo terremoto. Questa misura sia la perdita o la riduzione di efficienza del fabbricato, sia la capacità dello stesso ad assicurare le normali funzioni per cui è stato realizzato.

 L’esposizione sismica intesa come valore di ciò che esiste sul territorio compresa la presenza di vita umana, di patrimonio edilizio, di attività produttive, di patrimonio storico – artistico, il cui stato può venire alterato dall’evento sismico.

2.2 La sismicità in Italia

L’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l’intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto sociale ed economico rilevante.

La sismicità della Penisola italiana è legata alla sua particolare posizione geografica. Situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica, l’Italia è sottoposta a forti spinte compressive che causano l’accavallamento dei blocchi di roccia.

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Figura 1 - Zone sismogenetiche nel bacino mediterraneo

Attualmente tutta la penisola è sismica. Dall’andamento della linea nella Figura 1 si capisce perché, di fatto, solo la Sardegna non risenta di particolari eventi sismici.

Le placche euroasiatica e africana convergono lungo la direzione Nord-Ovest – Sud-Est, ruotando entrambe in senso antiorario. In particolare la Sicilia settentrionale e la Calabria (arco calabro) sono caratterizzate da una tettonica compressiva che comporta un'elevata sismicità profonda. Spostandosi verso Nord tutta l'area appenninica è caratterizzata da una tettonica distensiva, in direzione Nord Est – Sud Ovest. Sul versante occidentale dell'Appennino settentrionale (Garfagnana, Mugello e Casentino) sono presenti una serie di bacini distensivi che comportano un'elevata attività sismica dell'area.

Le catena montuosa delle Alpi, infine, è interessata da una tettonica compressiva in direzione Nord-Sud che si manifesta soprattutto con l'elevata sismicità dell'Italia nord-orientale.

In 2500 anni, l’Italia è stata interessata da più di 30.000 terremoti di media e forte intensità (superiore al IV-V grado della scala Mercalli) e da circa 560 eventi sismici di intensità pari all’ VIII grado.

La sismicità più elevata si localizza nella parte centro – meridionale della penisola, lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia), in Calabria e Sicilia, ed in alcune aree settentrionali, tra cui il Friuli, parte del Veneto e la Liguria Occidentale.

Solo nel XX secolo si sono verificati ben 7 terremoti con magnitudo uguale o superiore a 6.5 (con effetti classificabili tra X e XI grado Mercalli), tra cui quelli a Messina e Reggio Calabria (1908), ad Avezzano e Marsica (1915), in Lunigiana e Garfagnana (1920), in Irpinia (1980) e nelle Marche (1997). In ultimo si ricordano i più recenti terremoti in Abruzzo (2009) che ha raggiunto

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magnitudo superiore a 6, nella Vale del Tronto, tra i comuni di Accumoli e Arquata del Tronto (Agosto 2016) con magnitudo 6, seguita da altre due violente scosse (ottobre 2016) nella provincia di Macerata tra i comuni di Visso e Ussita e nella provincia di Perugia, tra i comuni di Norcia e Preci, di magnitudo 6,5 ed infine la sequenza di quattro forti scosse tra i comuni aquilani di Montereale e Capitignano (gennaio 2017), di magnitudo superiore a 5.

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2.3 Classificazione sismica in Italia

I primi metodi di misurazione dei terremoti non erano basati su misurazioni del fenomeno in sé, ma piuttosto sulla gravità degli effetti e sulle conseguenze che producevano su cose, persone e costruzioni.

Dalle osservazioni che seguivano uno specifico evento sismico, vennero codificate delle apposite regole del “buon costruire” che venivano tramandate tra le generazioni di costruttori ed aggiornate in base al verificarsi dei terremoti.

Tale prassi, non appropriata ad una efficace protezione delle persone e dei beni colpiti dall’evento sismico, venne presto sostituita da specifiche disposizioni normative. Questo si è potuto verificare grazie anche allo sviluppo dell’Ingegneria Sismica e allo sviluppo delle tecnologie e dei nuovi mezzi di indagine in questo settore.

Per avere un’idea più dettagliata di come si è evoluta la normativa sismica possiamo fare riferimento alla classificazione convenzionale che prevede:

 Norme di I generazione; puramente prescrittive (antecedenti al 1960)  Norme di II generazione; prestazionali a singolo livello (dal 1960 al 1980)  Norme di III generazione; prestazionali a doppio livello (dal 1980 al 2000)  Norme di IV generazione; prestazionali multilivello (dopo il 2000)

Riportiamo, di seguito, le disposizioni normative più importanti che hanno portato alla attuale normativa sismica in Italia.

2.3.1 Norme di prima generazione

Norma del 28 marzo 1784

Questa norma è di fatto la prima misura di previdenza sismica emanata a seguito del terremoto che colpì la Calabria nel 1783.

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Regio Decreto n° 193 del 18 aprile 1909

Questa può essere considerata come la prima vera normativa sismica italiana: fu emanata a seguito del devastante terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 di intensità 7,5 gradi della scala Richter che causò la morte di oltre ottantamila persone.

Tale decreto dà delle specifiche indicazioni costruttive da rispettarsi nelle zone sismiche quali:  Scelta del tipo di terreno adeguata e divieto di costruire su terreni franosi, in forte pendio,

ecc

 Limitazioni delle altezze degli edifici in quanto la maggiore altezza provocava un’amplificazione dinamica del movimento del terreno sottostante l’edificio

 Prescrizioni sulle fondazioni  Prescrizioni sui materiali

Esso prevede un tipo di analisi che sottopongono le masse dell’edificio a delle forze statiche equivalenti laterali (Equivalent Lateral Force ELF) rappresentative degli effetti dinamici del sisma. Inoltre, per facilitare la costruzione di nuovi fabbricati, dà indicazione sulle massime forze sopportabili grazie allo studio di un numero considerevole di edifici, suddivisi per tipologie edilizie, nei quali si è riscontrata l’incolumità a seguito di un sisma di determinata forza.

Infine, appositi studi relativi agli effetti delle accelerazioni del suolo sulle costruzioni esistenti portarono alla definizione di una forza statica equivalente orizzontale da applicare in maniera costante per tutta l’altezza dell’edificio, pari ad una quota Ch dei carichi verticali, mentre questi

ultimi venivano amplificati di un coefficiente Cv.

Con il DLL 1526 del 1916 tali azioni vennero ridefinite.

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Regio Decreto n° 431/1927

Tale decreto è da considerarsi come un perfezionamento delle norme precedenti.

Per la prima volta viene introdotto il concetto di zona sismica che divide il territorio nazionale in due zone, alle quali viene fatto corrispondere un diverso valore delle forze sismiche di progetto.

Figura 4 - Zonazione RD n° 431/1927

2.3.2 Norme di seconda generazione

Legge n°64 del 2 febbraio 1974

Si tratta di una legge ancora in vigore che rappresenta la legge quadro della normativa sismica italiana.

Questa legge stabilisce le linee guida in materia di progettazione, e delega al Ministero dei Lavori Pubblici il compito di emanare, per mezzo di decreti, le norme tecniche contenenti specifiche indicazioni progettuali.

È una norma di tipo prestazionale di primo livello, in quanto ha come obiettivo quello di evitare il crollo degli edifici per consentire una adeguata salvaguardia delle persone. Riguarda unicamente terremoti di grande intensità con periodo di ritorno 475 anni.

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Grazie a questa legge viene introdotto per la prima volta il concetto di spettro elastico di progetto, inteso come risposta, in termini di accelerazione, spostamento e velocità, di un oscillatore semplice, in relazione al proprio periodo e al grado di smorzamento.

Tale legge può essere considerata come il punto di partenza per il conseguimento, anche grazie all’emanazione di successivi decreti, di importanti ed innovativi obiettivi:

 Classificazione sismica del territorio nazionale, che consente di valutare ogni evento in base a motivazioni tecnico – scientifiche precise

 Previsione dell’energia dissipata in campo plastico dalle strutture  Sostituzione dell’analisi statica equivalente con l’analisi multi – modale

 Divisione del terreno in varie zone ciascuna caratterizzata da un diverso effetto amplificativo del terreno

Decreto Ministeriale n° 35/1984

Fu emanato a seguito di eventi sismici disastrosi quali quello del Friuli (1976), della Calabria meridionale (1976), del Golfo di Patti (1978), della Valnerina (1979), dell’Irpinia - Basilicata (1980).

Introduce la terza zona sismica in aggiunta alle due precedenti già definite nel R.D n°431/1927. Nella seguente figura si possono vedere le tre categorie e vaste aree del territorio non ancora classificate.

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2.3.3 Norme di terza generazione

In questa categoria rientrano, sia in ambito nazionale che europeo, L’O.P.C.M. 3274 del 2003 (e successive modifiche) e le NORME TECNICHE (“Testo Unico” del 2005).

L’O.P.C.M. 3274 del 2003, emanato a seguito del terremoto nel Molise del 2003, costituisce un decreto d’urgenza che si propone di riclassificare il territorio nazionale con l’introduzione di una nuova zona, la zona 4, che sostituisce le porzioni di territorio che nella precedente classificazione erano risultate non classificate e introduce anche delle norme tecniche innovative per le costruzioni rispetto a quanto fatto prima.

Figura 6 - Zonazione O.P.C.M. 3274 del 2003

La nuova classificazione prevede quindi l’inserimento di tutti i comuni nazionali in una delle quattro zone a pericolosità decrescente (zona 1, zona 2, zona 3, zona 4). A ciascuna zona viene attribuito anche il valore di pericolosità di base, espressa in termini di accelerazione massima su suolo rigido (ag) e il valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di

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15 Zona

sismica

Descrizione accelerazione con probabilità di superamento del 10% in 50 anni [ag] accelerazione orizzontale massima convenzionale (Norme Tecniche) [ag] numero comuni con territori ricadenti nella zona

1 Indica la zona più pericolosa, dove possono verificarsi fortissimi terremoti.

ag > 0,25 g 0,35 g 708

2 Zona dove possono verificarsi forti terremoti.

0,15 < ag ≤ 0,25 g 0,25 g 2.345

3 Zona che può essere soggetta a forti terremoti ma rari.

0,05 < ag ≤ 0,15 g 0,15 g 1.560

4 È’ la zona meno pericolosa, dove i terremoti sono rari ed è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica.

ag ≤ 0,05 g 0,05 g 3.488

Le norme della terza generazione vengono definite norme a doppio livello di prestazione e si caratterizzano per l’adozione del metodo di calcolo semiprobabilistico agli stati limite che sostituisce quello delle tensioni ammissibili.

I due livelli prestazionali considerati sono lo stato Limite di Esercizio o di Danno e lo Stato Limite Ultimo. Questi livelli corrispondono a due diversi obiettivi che la progettazione si impone di soddisfare: il primo obiettivo, come già visto per le norme precedenti, riguarda la salvaguardia delle vite umane nei confronti di un terremoto distruttivo con tempo di ritorno di 475 anni. La costruzione quindi, pur subendo gravi danneggiamenti, deve essere in grado di fornire una resistenza residua nei confronti delle azioni verticali e orizzontali, in modo tale da garantire la salvaguardia delle vite umane. Il secondo invece, si propone di verificare che l’edificio subisca limitati danneggiamenti sia alle parti strutturali che non strutturali sotto l’azione di un terremoto definito di servizio con tempo di ritorno attorno ai 70 anni

Tali norme, infine, prevedono la possibilità che l’edificio sia in grado o di assorbire meno energia in ingresso o di dissipare parte dell’energia trasferita dal sisma per mezzo di apposite strategie progettuali come:

 L’uso di appositi dispositivi di dissipazione (dissipatori);  L’uso di sistemi iper-resistenti o non dissipativi;

 La progettazione dell’edificio secondo il criterio della gerarchia delle resistenze che consente la plasticizzazione di alcune parti della struttura prima che di altre, favorendo meccanismi che possano sfruttare la duttilità degli elementi.

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2.3.4 Norme di quarta generazione

Rientrano in questa categoria dei nuovi codici definiti multi – livello che si sono resi necessari a seguito dei più recenti eventi sismici. Si è quindi ritenuto di dover considerare non solo questioni relative alla salvaguardia delle persone ma anche questioni di carattere economico.

Tra queste norme si possono annoverare:

 SEAOC-Vision (1995) per edifici di nuova costruzione;  ATC40 (1995) per edifici esistenti;

 FEMA 273 (1995) per edifici nuovi ed esistenti;  EC8 (2003), per edifici esistenti;

 NORME TECNICHE DELLE COSTRUZIONI

Si tratta di norme a carattere puramente prestazionale dette appunto Performance Based Design nelle quali gli obiettivi della progettazione vengono dichiarati e gli scopi sono giustificati singolarmente in base ad esigenze di natura sociale ed economica.

In particolare, le NTC 2008, elaborate per raccogliere in un unico testo organico le norme prima distribuite in diversi decreti ministeriali, sono attualmente l’unica normativa di riferimento per le costruzioni.

Sono introdotti altri due livelli di prestazione che, assieme ai due definiti precedentemente, vanno a costituire i 4 stati limite che attualmente sono presenti in normativa:

1. SLO: Stato limite di operatività; 2. SLD: Stato limite di danno;

3. SLV: Stato limite di salvaguardia della vita; 4. SLU: Stato limite di collasso o ultimo;

L’evento sismico, infine, è classificato in base al periodo di ritorno del sisma, a cui è legato anche il livello di accelerazione del suolo:

 Frequente (periodo di ritorno di dai 25 ai 72 anni)  Occasionale (periodo di ritorno dai 72 ai 225 anni)  Raro (periodo di ritorno di 475 anni)

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2.4 La sismicità in Toscana

2.4.1 Sismicità storica

Premessa

Le prime tracce della storia dei terremoti in Toscana risalgono al 1293. Questo sisma di cui si hanno imprecise testimonianze storiche, colpì Pistoia causando numerosi danni e vittime. Da quel momento la storia testimonia almeno altri 12 forti sismi in Toscana, di cui almeno altri due prima del nostro secolo e che interessarono la città di Firenze.

Il primo, nel 1592, colpì la città indirettamente dall’epicentro del Mugello. L’intensità fu di 5.9 della scala Richter e causò 113 morti e 289 feriti. Gravi danni e crolli interessarono almeno 20 paesi. I più colpiti furono Scarperia, Vicchio, Borgo San Lorenzo e Barberino di Mugello.

Il secondo e più forte terremoto si verificò a Firenze nel 1895.

Il terremoto del 1895

“[…] a un tratto un rombo cupo, poderoso, qualche cosa di rassomigliabile alla scarica di moschetteria di un mezzo reggimento, si fece sentire, e una scossa violenta, improvvisa, formidabile fece balzare uomini e cose, scosse oggetti e persone […] I più uscirono dai pubblici locali, caffè e trattorie […], dalle case […] dai teatri […] e in un momento Firenze fu piena di folla che si riversava per le vie.”

Con queste parole, nella prima pagina dell’edizione di lunedì 20 maggio 1895, il giornale fiorentino “Fieramosca” descriveva quello che era accaduto a Firenze e dintorni la sera di due giorni prima. Nel 1895 avvenne infatti il “Grande Terremoto” di Firenze. Erano le 20.55 del 18 maggio. La magnitudo stimata fu di 5.4 della scala Richter, mentre l'epicentro venne localizzato nel distretto denominato Zona Chianti. I principali effetti del sisma si verificarono a sud della città, dove fu raggiunto l'VIII grado della scala Mercalli, mentre a Firenze gli effetti furono del VII grado della medesima scala. Nei pressi di Grassina e Antella vi furono tre morti dal crollo di case coloniche, mentre la villa medicea di Lappeggi subì danni rilevanti; una quarta vittima perse la vita nel crollo di un edificio a San Martino a Strada; nel capoluogo, invece, pur non essendoci stati decessi si contarono sei feriti e un centinaio circa di edifici inagibili. A Firenze i danni furono molto estesi, ma nel complesso non gravissimi (per una descrizione dettagliata dei danni sofferti sia dall’edilizia monumentale e religiosa che da quella privata, si rimanda al libro di Elisabetta Cioppi, 1995). Non ci furono grandi distruzioni, ma rimasero più o meno danneggiati quasi tutti i monumenti, le chiese e i palazzi storici, e anche molte opere d’arte in essi conservate.

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Figura 7 - Mappa con distribuzione degli effetti di danno causati dal terremoto del 1895: i colori più scuri (dall’arancione al viola) indicano gli effetti più gravi, il giallo quelli minori.

Piccoli crolli interessarono Palazzo Pitti e la Galleria degli Uffizi, lesioni rilevanti si aprirono nel Palazzo Medici Riccardi, nel Palazzo Strozzi, nelle volte dei porticati di Piazza SS. Annunziata e di Piazza Cavour (oggi Piazza della Libertà, lungo i viali di circonvallazione). Nel Museo Nazionale del Bargello ci furono gravi danni alla collezione di maioliche dei Della Robbia. Grandi danni avvennero nel Museo di San Marco, nell’omonima chiesa e convento, con cadute di cornicioni e lesioni alle volte e agli archi, soprattutto nel refettorio grande e nella biblioteca. In Piazza della Signoria Palazzo Vecchio durante la scossa fu visto oscillare “come un pendolo”, ma rimase illeso. Nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore si aprirono numerose crepe nelle volte e una catena che univa gli archi laterali della navata centrale si spezzò; dalla Cupola del Brunelleschi caddero intonaci e stuccature e la croce posta sulla cuspide della lanterna si piegò verso nord. Il celebre campanile di Giotto e il vicino Battistero subirono alcune lesioni ma non riportarono danni strutturali. Fra le chiese maggiormente danneggiate ci furono quella della Badia Fiorentina, San Gervasio, San Lorenzo, San Leonardo in Arcetri e altre ancora, fra cui quella di Santa Maria del Carmine. Il complesso di Santa Croce fu danneggiato soprattutto nell’area dell’ex-convento,

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mentre la chiesa riportò danni lievi. Danni prevalentemente leggeri subirono anche le chiese di Santa Maria Novella, San Miniato al Monte e Santo Spirito (SGA, 2007). Numerosi danni interessarono l’edilizia residenziale e privata della città, con lesioni diffuse e cadute di soffitti. Uno stabile crollò in Via Pier Capponi. Complessivamente circa 100 edifici risultarono inagibili. Molto peggio andò invece a diverse località nella zona posta immediatamente a sud di Firenze: i danni più gravi, infatti, furono registrati nell’area collinare estesa tra Sant’Andrea in Percussina, l’Impruneta, Grassina e Bagno a Ripoli, a ridosso dei rilievi del Chianti. Nella Certosa del Galluzzo crollò l’intero lato nord-occidentale del Chiostro Grande, distruggendo sedici preziose opere Robbiane che ornavano gli archi del porticato.

Figura 8 - I crolli nel Chiostro Grande della Certosa del Galluzzo.

La forte scossa del 18 maggio non risultò preceduta da scosse minori (i cosiddetti foreshocks) come annotato da Padre Giovanni Giovannozzi (all’epoca direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze): “La grande scossa giunse affatto improvvisa, né fu preceduta da altre minori e da un qualche periodo di agitazione dei più delicati sismometri […]” (da Giovannozzi et al., 1895). Questo terremoto dette inizio a un periodo sismico che si protrasse per circa 13 mesi, fino al giugno del 1896, e fu caratterizzato da una cinquantina di repliche (i cosiddetti aftershocks). La più forte fu quella che avvenne nella notte del 6 giugno 1895 (alle ore 1:35), che spaventò i fiorentini, ma non causò nuovi danni.

La seconda metà del XIX secolo fu un periodo di grande fermento scientifico in tutta Europa. La scienza che studia i terremoti, la Sismologia, all’epoca era agli albori e nei suoi riguardi vi era un forte e crescente interesse. Il terremoto fiorentino del maggio 1895 avvenne proprio nell’anno di fondazione della Società Sismologica Italiana, che da quell’anno (e fino al 1948, quando fu

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sciolta) iniziò la pubblicazione annuale del “Bollettino della Società Sismologica Italiana” con l’elenco di tutti i terremoti avvenuti in Italia nell’anno corrispondente.

Circa vent’anni prima del terremoto del 1895, proprio a Firenze Padre Filippo Cecchi inventò lo strumento precorritore di tutti i moderni apparecchi sismografici: il sismografo bipendolare. Nel 1895 a Firenze erano attivi quattro osservatori, compreso lo Ximeniano, mentre in tutto il territorio nazionale quelli in attività erano almeno una cinquantina. Tutti gli osservatori fiorentini e diversi fra quelli italiani registrarono la scossa del 18 maggio (Cioppi, 1995).

Figura 9 - Il tracciato del terremoto del 1895 ottenuto da un pendolo sismografico situato al Museo della Specola.

In realtà, quello del 18 maggio 1895 non può essere certo definito un terremoto ‘grande’, almeno non dal punto di vista sismologico. Sulla base della distribuzione degli effetti macrosismici, infatti, è stata calcolata per questo evento una magnitudo momento “equivalente” Mw pari a 5.4

(CPTI11), che è un valore moderato (basti pensare che negli ultimi 30 anni in Italia si sono verificate una decina di scosse di questa magnitudo). Si consideri, per esempio, che il disastroso terremoto del 1976 in Friuli, con magnitudo Mw 6.5, è stato circa 40 volte più potente della scossa

del 1895.

Tuttavia il terremoto di Firenze rappresenta un caso emblematico di quello che si verifica quando una pericolosità sismica media, come quella dell’area fiorentina, si combina con un alto valore di beni esposti, sovente anche molto vulnerabili. Firenze infatti è una città di medie dimensioni con

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un patrimonio edilizio, monumentale e artistico di valore inestimabile ed il terremoto del 1895 determinò crolli e danni strutturali limitati in edifici di grandissimo valore.

Quello del 1895 è solo l’ultimo dei forti terremoti che hanno colpito la “culla dell’arte”: in passato effetti di danneggiamento esteso si erano già verificati a causa dei terremoti del 28 settembre 1453 e del 28 novembre 1554. Oltre a questa sismicità locale, il capoluogo toscano risente anche di altri terremoti con epicentro nell’area del Mugello (in particolare quelli del 13 giugno 1542 e del 29 giugno 1919) e del Valdarno Superiore (27 dicembre 1770), con danni generalmente lievi (si veda anche SGA, 2007).

Attualmente Firenze è molto più estesa e per certi versi più vulnerabile rispetto a quella di fine Ottocento. Tutta l’area colpita si caratterizza per un maggior numero di costruzioni e per una densità abitativa maggiore di 119 anni fa. Nell’area epicentrale del 1895 oggi si trovano diversi stabilimenti industriali che aumentano il valore economico esposto a eventuali effetti sismici. Se oggi si ripetesse un terremoto analogo a quello del maggio 1895 i suoi effetti sarebbero probabilmente peggiori di quelli rilevati all’epoca dell’ultimo “Grande Terremoto” fiorentino.

2.5 Classificazione sismica in Toscana

La Toscana è caratterizzata da una intensa sismicità nella zona appenninica nord – orientale (Garfagnana, Lunigiana, Mugello, alta Valtiberina), nella fascia costiera centrale (Colline livornesi, Colline Metallifere) e a sud nella zona amiatina. La fascia collinare interna (Val di Pesa, Val d’Elsa, Chianti e Senese) è sede di sismicità più moderata. La sismicità regionale recente è molto più debole di quella storica ma conferma le stesse strutture attive.

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Figura 11 - Terremoti di magnitudo ML>2 registrati dalla rete Sismica Nazionale dal 1981 al 30 settembre 2013

La pericolosità sismica è invece più elevata in corrispondenza della dorsale appenninica e diminuisce andando verso la costa. Questo implica che gli eventi di magnitudo elevata sono più probabili in Appennino che non lungo la costa dove però possono comunque verificarsi, come è successo nel 1846 nel Pisano (magnitudo Mw 5.9), seppur con frequenza molto minore. Tutto ciò

si verifica perché sono presenti strutture sismicamente attive sull’Appennino che hanno causato molti e violenti terremoti come quello in Garfagnana e Lunigiana (1920, Mw 6.5) e in provincia di

Arezzo (1352, Mw 6.4). Le strutture attive situate lungo la costa sono invece meno note ma

comunque responsabili di eventi sismici di magnitudo fino a Mw 5.5.

I valori di accelerazione previsti dal modello di pericolosità sismica (probabilità del 10% in 50 anni) sono compresi tra 0.025 e 0.25 g, anche se la maggior parte del territorio regionale mostra valori maggiori di 0.125 g. I valori più bassi si registrano in corrispondenza dell’Arcipelago Toscano.

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Figura 12 - Pericolosità sismica in Toscana

La prima classificazione sismica in Toscana risale al 1927 che consentì di schedare i comuni delle province di Massa, Carrara, Arezzo e Firenze colpiti dai terremoti del 1917, 1919 e 1929, e alcuni comuni della provincia di Siena. Nei dieci anni successivi più di un terzo dei comuni furono declassificati.

La prima classificazione omogenea del territorio nazionale venne effettuata tra il 1981 e il 1984, a seguito del terremoto dell’Irpinia. In Toscana, in particolare, 112 comuni vennero inseriti nella zona 2 (ad alta pericolosità sismica). In realtà, dopo ciò, una buona parte del territorio è rimasta privo di una normativa sismica per molti anni. L’O.P.C.M. n°3274/2003, come già detto, ha introdotto una nuova zona di classificazione (la zona 4) che indica una pericolosità sismica moderata. Per la Toscana invece, oltre ad essere stata confermata la precedente classificazione, il decreto ha consentito l’inserimento di buona parte dei comuni in zona 3, ad eccezione della Maremma che è stata integralmente inserita in zona 4. Nel 2006 la Regione ha modificato l’O.P.C.M. n°3274/2003, introducendo una nuova zona sismica denominata zona S3. La classificazione dei comuni è stata poi aggiornata solo successivamente, con il DGR n°878/2012, che ha consentito di inserire 26 Comuni nelle zone 3, 3S e in zona 2.

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Figura 13 - Data di ingresso in zona sismica dei comuni della Toscana

Figura 14 - Classificazione sismica DGR n°878/2012

Con l’entrata in vigore del D.M. 14 gennaio 2008, è stato introdotto un approccio “sito dipendente” per la stima della pericolosità sismica di base, intesa come accelerazione massima orizzontale su un suolo rigido e pianeggiante, che sostituisce il precedente criterio definito “zona dipendente”.

Utilizzando le informazioni disponibili sulla Mappa Nazionale di Pericolosità Sismica (riportato nella tabella 1 nell’Allegato B del D.M. 14 gennaio 2008) è possibile calcolare direttamente, per ogni sito in esame, i parametri spettrali necessari per la definizione dell’azione sismica.

Attualmente quindi, la classificazione sismica del territorio e la determinazione dell’azione sismica di progetto, fanno riferimento a diversi testi normativi.

L’ultimo aggiornamento della classificazione sismica regionale è stato effettuato con Delibera DGR n. 421/2014. Tale aggiornamento dell’elenco è stato ritenuto necessario a seguito della fusione di 14 comuni toscani. Non essendo più necessaria la cautela introdotta mediante la zona sismica 3S, si è provveduto ad aggiornare la classificazione sismica del territorio regionale suddividendolo in 3 zone sismiche (2, 3 e 4).

Su un totale di 280 comuni:

 92 sono inseriti in zona 2, dove possono verificarsi terremoti abbastanza forti  164 in zona 3, a bassa sismicità

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2.5.1 Documento conoscitivo del rischio sismico

La Toscana, da sempre impegnata nel campo della prevenzione sismica, già con l’emanazione del L.R 56/97, prima legge italiana sulla prevenzione sismica, avviò diversi programmi allo scopo di ridurre il rischio sismico. L’unicità di questi programmi, mai realizzati prima nel territorio nazionale, si deve anche al fatto che, per la prima volta, non furono attivati come conseguenza di un terremoto, bensì in un’ottica di prevenzione allo scopo di poter prevedere eventi sismici dannosi e ridurre i danni sul territorio regionale. A tale scopo era quindi necessario conoscere la pericolosità sismica del territorio, individuando le zone maggiormente a rischio.

Tra i programmi avviati con la LR 56/97, successivamente aggiornata con LR 58/2009, il Programma VEL (Valutazione degli Effetti Locali) ha consentito, grazie ai finanziamenti regionali, di acquisire una conoscenza dettagliata della pericolosità sismica locale. Tutto ciò è stato affiancato dalla redazione di cartografie geologiche di dettaglio e da una campagna di esplorazione del sottosuolo, tra le prime a livello mondiale.

Con la LR 58/2009 in particolare, la Toscana ha approvato le “Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico”. Emanate con lo scopo di "garantire la maggiore sicurezza delle

persone e dei beni rispetto ai fattori di rischio del territorio, mediante la realizzazione di interventi aventi la finalità di eliminare o ridurre il grado di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione agli eventi sismici", promuovono lo studio, l’analisi e la ricerca sul rischio sismico.

All’articolo 4 comma 1 di questa legge regionale è previsto che la Giunta regionale, ogni tre anni, debba approvare un Documento conoscitivo del rischio sismico (DCRS). Tale documento, ai sensi del comma 2, si inserisce nell’ambito del quadro conoscitivo del Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) di cui all’art. 88 della L.R. 65/2014, come strumento di pianificazione per le politiche di prevenzione e riduzione del rischio sismico.

Tali politiche si basano su una serie di obiettivi che la regione sta attualmente promuovendo:  Riduzione del rischio sismico mediante il monitoraggio del territorio regionale per mezzo

di un sistema continuo di reti di tipo sismometrico, accelerometrico, geodetico e geochimico;

 Implementazione di un sistema di banche dati e strumenti informativi, sia relativi agli edifici che al territorio;

 Impulso alla definizione della microzonazione sismica nei comuni che ancora non la hanno effettuata;

 Introduzione di campagne di informazione e formazione;

 Descrizione e definizione di tutti gli strumenti da mettere in atto nelle situazioni di emergenza che si verificano a seguito di un evento sismico.

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2.6 La sismicità nella città metropolitana di Firenze

Nel 2005 la Provincia di Firenze ha avviato e portato a termine, grazie ad una convenzione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze, uno studio sul rischio sismico effettuato analizzando le sue tre componenti: pericolosità, vulnerabilità ed elementi a rischio.

Per lo studio della pericolosità sismica sono state utilizzate carte del SSN-GNDT e sono stati individuati gli epicentri dei maggiori terremoti storici e di quelli registrati strumentalmente negli ultimi venti anni. Lo studio di risposta sismica locale è stato effettuato integrando informazioni geologico-tecniche e morfometriche del territorio provinciale ad acquisizioni strumentali del rumore ambientale per la stima del fattore di amplificazione e dei periodi di risonanza dei terreni. La vulnerabilità sismica degli edifici è stata stimata in base al loro periodo di costruzione. Sono state individuate tre classi di vulnerabilità e, attraverso matrici di probabilità di danno, è stato possibile mettere in relazione l’intensità del terremoto atteso al livello di danno per ogni classe di vulnerabilità. Le carte topografiche numeriche sono state utilizzate per estrarre e per classificare gli elementi a rischio che sono stati raggruppati in: edifici e centri abitati, linee di comunicazione, reti tecnologiche, materiali pericolosi ed edifici di particolare interesse artistico e religioso.

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Le zone sismogenetiche più rilevanti sono quelle della fascia appenninica, in cui si riscontrano terremoti storici di elevata magnitudo e buona densità di terremoti registrati strumentalmente. Si nota inoltre una buona correlazione generale tra l’ubicazione delle strutture attive e gli epicentri dei principali terremoti, ed in particolare in Mugello dove vi è la maggior concentrazione di terremoti di forte intensità in accordo con la maggior concentrazione di faglie attive. Tuttavia alcune zone quali il Valdarno superiore presentano numerose faglie attive, ma non presentano record storici per quanto riguardano forti terremoti.

Dal Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI, 1999), che include i principali terremoti italiani avvenuti dal 416 a.C. al 1997, sono stati rilevati 46 eventi, di intensità compresa tra 4 e 9 della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS), con epicentro ubicato all’interno della Provincia di Firenze.

In sintesi i comuni più sismici sono quelli a Nord-Est della Provincia in cui l’accelerazione massima prevista per un tempo di ritorno di 475 anni è di 0,25g mentre per i comuni nella parte sud occidentale l’accelerazione prevista è 0,12g. In termini di Intensità macrosismica per un periodo di ritorno di 475 anni si attendono eventi di intensità VIII MCS nella parte nord-orientale fino a intensità VI MCS nella parte centrale e meridionale della Provincia.

2.7 Classificazione sismica di Firenze

La zona sismica per il territorio di Firenze, indicata nell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, aggiornata con la Deliberazione della Giunta Regionale Toscana n. 421 del 26 maggio 2014 è:

Zona sismica 3

Zona con pericolosità sismica bassa, che può essere soggetta a scuotimenti modesti.

2.7.1 Ubicazione e classificazione sismica del sito oggetto di studio

L’edificio oggetto di studio è situato in Via Galliano n° 20 – 18.

Il Piano Comunale di Emergenza redatto dalla Protezione Civile del Comune di Firenze nell’allegato C3 individua 4 zone in funzione della “Pericolosità Sismica”.

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Figura 17 - Allegato C3

L’edificio oggetto di studio ricade in zona S3 di Pericolosità sismica locale elevata.

Queste sono aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità quiescenti e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici. Si considerano tali gli effetti che possono verificarsi in occasione di eventi sismici, zone potenzialmente franose o esposte a rischio frana per le quali non si escludono fenomeni di instabilità indotta dalla sollecitazione sismica. Rientrano in questa categoria:

- Zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti che possono dar luogo a cedimenti diffusi, terreni soggetti a liquefazione dinamica in comuni a media-elevata sismicità (zone 3s);

- Zone con possibile amplificazione sismica connesse a zone di bordo della valle e/o aree di raccordo con il versante;

- Zone con possibile amplificazione per effetti stratigrafici in comuni a media-elevata sismicità (zona 2);

- Zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisicomeccaniche significativamente diverse, presenza di faglie e/o contatti tettonici.

Nell’allegato C4 si individuano le zone in funzione del “Fattore di amplificazione sismico calcolato”, dovuta all’assetto del sottosuolo.

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Figura 18 - Allegato C4

L’edificio oggetto di studio ricade nella zona con Fa > 1,7.

Le due classificazioni sopra riportate sono state redatte da studi condotti dal dipartimento di Scienze della terra dell’Università degli Studi di Firenze.

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ANALISI DELLA VULNERABILITÀ SISMICA

3.1 Aspetti introduttivi

La vulnerabilità sismica di una costruzione può essere definita, in termini generali, come la sua suscettibilità ad essere danneggiata da un terremoto.

La valutazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni è un passo fondamentale nelle analisi di rischio sismico e nella definizione di scenari di danno per terremoti di diverse intensità. A questo scopo, la conoscenza dello stato di fatto dell’edificio assume una importanza fondamentale sia nella determinazione delle verifiche di sicurezza dell’edificio, sia nella progettazione degli interventi di adeguamento e miglioramento sismico.

Anche la normativa nazionale attribuisce grande importanza a questa cosa imponendo un grado di severità nelle verifiche decrescente con un crescente livello di conoscenza della costruzione. Un adeguato livello di conoscenza può essere raggiunto soltanto attraverso l’esecuzione di rilievi, saggi ed indagini sull’intero edificio e sugli elementi strutturali critici al fine di evidenziare le carenze rispetto ad un comportamento globale ed efficace.

È possibile classificare la vulnerabilità in:

 Vulnerabilità diretta: che definisce la propensione di un singolo elemento fisico o complesso a subire danni per effetto di un terremoto. Viene stimata per mezzo di curve di fragilità, ossia relazioni che forniscono il valore medio del danno in una costruzione in funzione di un parametro di intensità sismica (accelerazione di picco, intensità spettrale, intensità macrosismica);

 Vulnerabilità indotta: viene definita in base alla crisi indotta dal collasso di un elemento singolo o di un complesso. Data l’intensità sismica, viene stimata attraverso distribuzioni condizionali del danno, dette matrici di probabilità di danno (DPM);

 Vulnerabilità differita: che definisce gli effetti che si manifestano nelle fasi successive all’evento sismico e alla prima emergenza.

3.2 Vulnerabilità sismica degli edifici esistenti in muratura

L’analisi della vulnerabilità sismica di un edificio con struttura portante in muratura consiste nel valutare la sua propensione a subire danni sotto l’azione sismica di riferimento. Tale indicatore esprime il comportamento sismico della muratura, determinato dai seguenti due fattori:

 l’importanza dei collegamenti tra pareti verticali e tra pareti ed orizzontamenti;  il ruolo della resistenza meccanica delle pareti murarie.

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Il buon comportamento di una costruzione in muratura sotto sisma si esplica attraverso il raggiungimento del funzionamento scatolare della struttura e dell’utilizzo di materiali di qualità tale da non subire disgregazioni nel corso del tempo.

La capacità di resistere alle azioni orizzontali deve essere affidata ad un sistema di pareti verticali (di taglio) disposte nelle due direzioni principali della pianta dell’edificio: realizzando idonei collegamenti tra pareti, solai e copertura, possono essere limitati i meccanismi di ribaltamento fuori piano delle pareti (che viene attivato con azioni sismiche di modesta entità).

Quanto detto dipende dal fatto che la muratura, avendo una ridotta o nulla resistenza a trazione, denota una scarsa resistenza alle azioni perpendicolari al suo piano, quando la parete è isolata. Per questo è necessario collegarla in modo efficace alle pareti ortogonali che consentono il trasferimento delle azioni indotte dal sisma.

Un altro aspetto delicato per un buon funzionamento scatolare è il ruolo di diaframma dei solai: questo è necessario per ripartire correttamente le azioni sismiche tra gli elementi resistenti verticali.

Tra gli altri elementi che influenzano tale funzionamento abbiamo:  la natura spingente delle coperture;

 il sistema costruttivo delle murature e la resistenza meccanica dei materiali;  la regolarità in pianta e in elevazione dell’edificio;

 la presenza di eventuali interventi che possano aver modificato la rigidezza delle strutture e aumentato i carichi permanenti.

Nelle costruzioni esistenti in muratura oltre a prendere in considerazione quanto detto, risulta necessario mettere in evidenza tutte le eventuali carenze strutturali che possano compromettere il buon funzionamento scatolare.

Come già detto, per consentire un corretto funzionamento scatolare dell’edificio esistente, è necessario valutare, per gli edifici esistenti, la presenza e l’efficacia dei collegamenti tra parete e parete e tra pareti ed orizzontamenti. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta:

• Collegamento parete – parete, si esplica principalmente attraverso la conoscenza degli ammorsamenti e della fattura dei cantonali. Si rendono necessari opportuni saggi conoscitivi al fine di valutare la tecnica costruttiva delle angolate dell’edificio. Devono essere indagate sia la parte esterna del cantonale sia quella corrispondente interna al fine di individuare la possibile presenza di muratura costituita da due paramenti verticali affiancati.

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Figura 19 - Assenza di cantonale (a); Cantonale inefficace (b); Cantonale efficace (c)

L’efficacia del collegamento è definita anche attraverso la presenza di catene metalliche adeguatamente disposte e dimensionate. È importante che la catena sia disposta binata, parallelamente ad una parete che funziona da elemento di contrasto, per evitare l’inflessione delle pareti ortogonali.

Figura 20 - disposizione errata (a) e corretta (b) dei paletti capochiave della catena

Inoltre garantendo un buon grado di ammorsamento o incatenamento tra pareti perimetrali, la singola parete interessata dall’azione sismica perpendicolare al suo piano, risponde all’azione con la compartecipazione di tutte le pareti ad essa ortogonali.

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Figura 21 - Meccanismo di ribaltamento in assenza (a) e presenza (b) di efficaci collegamenti parete - parete

• Collegamento pareti – orizzontamenti, si esplica attraverso la conoscenza della tipologia e del dettaglio costruttivo del collegamento. Il collegamento è necessario per trasferire l’azione orizzontale di piano ai singoli setti resistenti e deve interessare anche i lati paralleli all’orditura del solaio e non solo i lati dove appoggiano direttamente le travi. Risulta importante effettuare saggi conoscitivi sulla tipologia del collegamento (cordoli di piano o altri dispositivi di collegamento – catene, ecc..) al fine di stabilirne l’efficacia.

Infine, come già detto, per consentire una buona risposta dell’edificio in muratura all’evento sismico, è necessario considerare la qualità del sistema resistente ed in particolare del tessuto murario, intesa come disposizione e dimensione degli elementi costituenti la parete muraria ed in particolare:

- Qualità della tessitura muraria: viene indagata attraverso una serie di saggi finalizzati a stabilire la disposizione – più o meno organizzata – dei blocchi in strati il più possibile regolari, con filari il più possibile orizzontali, con giunti verticali sfalsati, in modo da creare un reticolo regolare. Questo è il presupposto che consente di ottenere un buon ingranamento tra gli inerti. Occorre prestare anche attenzione alla presenza di due o più paramenti verticali affiancati, che generalmente compongono le pareti in muratura di pietrame: in questi casi è fondamentale, per il funzionamento monolitico della parete sotto le azioni orizzontali, la presenza di elementi trasversali di collegamento (diatoni) che attraversano tutto lo spessore della parete collegando i due paramenti.

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Figura 22 - Tipologie murarie a doppio paramento: (a) muratura a sacco con nucleo incoerente; (b) muratura a sacco con nucleo parzialmente vuoto; (c) muratura a doppio paramento senza elementi trasversali di collegamento (diatoni); (d) muratura a doppio paramento con elementi trasversali di collegamento (diatoni); (e) muratura a doppio paramento con

ricorsi in mattoni pieni a tutto spessore

- Qualità della malta: per quanto riguarda la qualità della malta nei giunti tra blocchi, si deve procedere ad una valutazione delle caratteristiche fisico-meccaniche attraverso opportuni saggi ed indagini al fine di ottenere una stima della resistenza tangenziale caratteristica del pannello murario. Dalle caratteristiche meccaniche della malta dipende il grado di monoliticità della struttura.

- Qualità dei blocchi artificiali e delle pietre naturali: per quanto riguarda la qualità dei blocchi artificiali o delle pietre naturali, occorre indagare principalmente la presenza di murature portanti in blocchi forati con eccessiva percentuale di fori. Queste murature presentano un’elevata vulnerabilità dal momento che anche in presenza di malta cementizia (di buona qualità) tra i giunti denotano comunque una spiccata fragilità.

Figura 23 - Muratura listata a doppio paramento e rilievo della sezione trasversale (a) ricorsi in mattoni pieni non a tutto spessore; (b) ricorsi in calcestruzzo a tutto spessore

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3.3 Valutazione dell’indice di vulnerabilità sismica

L’indice di vulnerabilità è il valore che indica lo stato di salute della struttura dal punto di vista della capacità resistente nei confronti dell’azione sismica ed è necessario per prevedere eventuali interventi di miglioramento o adeguamento sismico. Questo parametro è inteso come il rapporto tra la capacità della struttura e la domanda sismica che la struttura deve sopportare. Per avere idea della bontà di tale valore è possibile confrontare graficamente la curva di capacità dell’edificio con lo spettro di domanda sismica relativo all’area geografica in cui si trova l’edificio stesso: se la curva di capacità si estende oltre lo spettro di domanda, allora l’indice di vulnerabilità assume valore maggiore di 1 e ciò indica che può essere considerato sismicamente adeguato; nel caso in cui la curva di capacità si arresta prima di incrociare lo spettro, allora l’indice di vulnerabilità assume valore minore di uno e ciò indica una inadeguatezza dal punto di vista sismico, condizione che potrebbe richiedere una serie di interventi tali da aumentarne la capacità. Il punto in cui le due curve si incrociano è detto performance point e rappresenta la condizione ideale in cui domanda e capacità coincidono.

Figura 24 - Determinazione del performance point

In base alla normativa vigente, l’indice di rischio è espresso mediante il rapporto tra la capacità e la domanda in termini di accelerazione di picco al suolo (PGA)

𝐼𝑅 = 𝑃𝐺𝐴𝐶𝐿𝑉 𝑃𝐺𝐴𝐷𝐿𝑉 Dove:

PGACLV è l’accelerazione orizzontale massima su sito di riferimento rigido orizzontale che può

essere sostenuta dall’edificio rispettando lo SLV

PGADLV accelerazione orizzontale massima su sito di riferimento rigido orizzontale che ha il 10%

di probabilità di essere superata in un tempo pari al periodo di riferimento dell’opera.

L’elaborazione di questi due parametri è affidata al programma PCM Aedes 2016 ed il procedimento sarà spiegato nei capitoli successivi.

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INDAGINI SULL’EDIFICIO

4.1 Introduzione

L’oggetto della presente tesi, come già spiegato in precedenza, è l’analisi della vulnerabilità di un edificio pubblico realizzato in muratura portante: la Scuola dell’Infanzia “Galliano – Rossini” situata nel Comune di Firenze.

Le costruzioni in muratura costituiscono una cospicua parte del nostro patrimonio architettonico-culturale oltre ad essere uno dei sistemi strutturali più diffusi in Italia e in Europa. La salvaguardia e il consolidamento di edifici in muratura è dunque un'attività di grande importanza, in particolare in riferimento alla recente normativa in materia antisismica.

Prima di procedere con l’analisi della muratura, è necessario definire opportunamente questa tipologia costruttiva. Le NTC 2008, che costituiscono la normativa italiana a cui facciamo riferimento, non danno una definizione precisa di muratura, bensì prendono in considerazione diversi fattori come il numero di paramenti o la tipologia e geometria degli elementi resistenti, che consentono di definire particolari tipi di murature. Al contrario, il D.M.LL. PP 20/11/1987 specifica che le murature considerate sono quelle costituite da elementi resistenti collegati fra di

loro tramite giunti di malta, risultando così molto più selettivo. Infine, l’Eurocodice (UNI - EN 1996

– 1 – 1:2013) definisce la muratura come assemblaggio di elementi murari disposti secondo uno

specifico modello e uniti assieme con malta.

Una volta definita la muratura occorre individuare una metodologia operativa che porti al riconoscimento della vulnerabilità dell’edificio e alla proposta di un intervento efficace.

L’intervento di conservazione e/o adeguamento di un edificio storico, qualunque sia il suo valore architettonico o artistico, è tanto migliore quanto più profonda è la conoscenza della costruzione, dall’origine allo stato odierno, dei materiali, delle tecniche costruttive e della struttura portante. Le esperienze maturate negli ultimi decenni nel campo della conservazione e del recupero dell’edilizia storica hanno messo in evidenza la necessità di disporre, oltre che della conoscenza visiva, anche di adeguate tecniche di valutazione delle caratteristiche costruttive e dello stato di danno della struttura, prima di adottare le tecniche di intervento.

Tale studio richiede una approfondita conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei materiali e si presenta abbastanza difficile nel caso di murature in laterizio o pietra le quali sono caratterizzate da una elevata disomogeneità dovuta alla presenza dei materiali resistenti alternati a strati di malta, spesso poco resistente.

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Per quanto riguarda le procedure di indagine per la diagnosi, le indagini sperimentali si suddividono in due categorie:

 Indagini in situ

 Indagini in laboratorio

Per quanto riguarda le prime è possibile suddividerle in due sottogruppi:  Indagini qualitative, che comprendono:

 Indagine storica

 Rilievo del quadro fessurativo  Indagini non distruttive

 Indagini quantitative, che comprendono:  Rilievo geometrico

 Confronto prove sperimentali e risultati di calcolo  Misura dello stato di sforzo locale

Le seconde, invece, dopo aver effettuato il prelievo, consentono di realizzare:  Analisi chimiche

 Prove fisiche  Prove meccaniche

Lo scopo è quello di ottenere una valutazione affidabile dello stato di conservazione della struttura oltre che dell’integrità strutturale e della capacità portante dell’edificio in muratura.

4.2 Indagine storica

Per l'intervento che ci si propone di realizzare è stato necessario effettuare una serie di indagini storiche sia sull'area in cui è situato l'edificio, sia sulle destinazioni d’uso e gli ampliamenti che si sono succeduti nel corso degli anni. Tale analisi è stata supportata da testi e documenti presi dall’archivio storico comunale del Comune di Firenze.

4.2.1 Progetto originale

Le prime informazioni riguardanti la struttura si trovano nei documenti datati 23 novembre 1903 in cui vengono indetti gli appalti per il “Progetto per la scuola femminile elementare di S. Iacopino”. Nelle tavole facenti parte della documentazione si individuano due scuole, la scuola elementare femminile, oggetto di tesi, posta a Sud e l’altra, la scuola maschile con accesso in Via

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Rossini, posta a Nord. Le due scuole come si vede dalle piante risultano come strutture indipendenti.

Figura 25 - Planimetria generale

Dal materiale recuperato si può definire la struttura come composta da due piani fuori terra, un piano seminterrato e un sottotetto con copertura composta da capriate in legno. Le tavole comprendono le piante dei vari piani, due sezioni e tre disegni prospettici.

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Figura 27 - Pianta piano terra

Figura 28 - Pianta piano primo

Dai disegni dei prospetti si individua lo stile architettonico delle facciate d’ingresso e di quella del cortile, composto da bugne in intonaco che si estendono su tutta la facciata a partire dal piano terra e fino ad oggi rimaste invariate. La facciata è costituita da tre file di finestre, le prime e più in basso di dimensione ridotta danno luce al seminterrato, le altre due, di dimensioni maggiori e centinate, ai piani fuori terra.

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Figura 29 - Vista prospettica e stato attuale

Da un documento del 14 febbraio 1905 in cui viene richiesto in tempi brevi, l’acquisto “di due ventilatori a fuoco automatici nel nuovo edificio scolastico di Via Galliano per espellere artificialmente nei camini di richiamo l’aria mefitica, essendo la costruzione ormai quasi terminata” e dal relativo documento che attesta l’acquisto ufficiale (4 Marzo 1905), si deduce che i lavori sono quasi giunti al termine. Il 25 agosto 1905 da una deliberazione della giunta comunale si legge: “Costruzione muro di sostegno sormontato da cancellata in ferro fra il piazzale della scuola Rossini e quello delle nuove scuole di via Galliano in seguito alla soppressione di una rampa di comunicazione fra i medesimi.” È intorno a questa data che si colloca la fine dei lavori della scuola Galliano. Si può quindi definire un periodo di costruzione di circa 2 anni che va dal 1903 al 1905.

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Figura 30 - Prospetto lato principale

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Figura 32 - Pianta del sottotetto

4.2.2 Progetto di possibile elevazione

Da documenti datati 1935 – 1940 si evince la previsione di un progetto di sopraelevazione di un piano con modifiche anche agli ambienti interni. Tale progetto non risulta però realizzato.

Figura 33 - Progetto di rialzamento

Dalla pianta si possono notare sia le modifiche dei locali, sia delle murature interne con riduzione di spessore, che erano state previste con la realizzazione del nuovo piano.

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Figura 34 - Piano sopraelevato non realizzato

4.2.3 Destinazione d’uso ambienti e sezione

Dai documenti datati 1940 – 1945 intitolati “Scuola elementare femminile G. Rossini” si possono vedere le destinazioni d’uso dei vari locali nelle piante del piano terra e piano primo.

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Figura 36 - Pianta primo piano

Dalla sezione storiche si identificano le tipologie costruttive dei solai, in particolare si notano i solai in voltine al piano interrato, i solai con volterrane e le volte a botte dei piani superiori.

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4.2.4 Ampliamento e acquisto convento

Al 1962 risale l’accorpamento della scuola Galliano con la scuola Rossini. Gli edifici vennero uniti dopo la demolizione del muro perimetrale del corridoio posto a Sud in entrambi i piani. Vennero inoltre murate le finestre che davano sul cortile per permettere la realizzazione delle cucine.

Figura 38 - Collegamento con la scuola Rossini al piano terra

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Il 13 marzo 1964 viene acquistato da parte della giunta comunale di Firenze l’istituto delle suore ausiliare diocesane posto in via Galliano al numero civico 20.

Figura 40 - Lotto catastale convento

Tale fabbricato è così descritto: “Fabbricato civile con annesso giardino posto in Firenze, in Via Galliano, n° 20, costituito da 2 piani fuori terra con sottosuolo, con 10 vani e servizi.” L’edificio venne quindi adibito a scuola ma rimase scollegato dal corpo principale. Vi si accedeva sia da via Galliano, sia da un piazzale che metteva in comunicazione le due scuole, posto sul lato interno dell’edificio. Il seminterrato era invece adibito solo a magazzino per il convento, probabilmente a causa dell’alluvione del 4 Novembre 1966 che in via Galliano fece salire il livello dell’acqua fino a 2 metri dal piano stradale, inondando completamente i locali interrati.

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Figura 41 - Targa in memoria dell’alluvione e livello raggiunto

Dall’indagine storica risulta che nel 1969 ancora i due edifici sono indipendenti. Attualmente gli edifici sono collegati da un vano di un solo piano fuori terra che si appoggia lateralmente ai due edifici adiacenti, ma non è stato possibile recuperare la documentazione relativa all’intervento.

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Figura 43 - Struttura che collega i due edifici

4.2.5 Interventi recenti

I documenti forniti dal Comune riportano una serie di interventi successivi all’anno 2000. Tali interventi, che hanno poi portato l’edificio ad avere lo stato attuale, si possono raggruppare cronologicamente come di seguito:

 Nel 2000 il comune demolisce il vecchio controsoffitto in cannicciato e realizza una nuova controsoffittatura in cartongesso con sostituzione dei corpi illuminanti.

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 Nel 2003 vengono effettuati interventi di messa a norma degli impianti e interventi per l’ottenimento del C.P.I. Viene realizzato un nuovo lucernario con specchiature a vetri fissi e cupola centrale apribile con meccanismo a comando e funzione di evacuatore di fumo, sul vano scala dell’edificio. Viene inoltre realizzato l’Intervento di compartimentazione dei corridoi e di altri ambienti con nuove porte REI 120 in legno.

Figura 45 - Compartimentazione e lucernario

 Nel 2013 viene realizzato un intervento di risanamento acustico con sostituzione degli infissi.

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 Nel 2015 sono realizzati nuovi solai in legno calpestabili nel sottotetto ed un intervento di consolidamento con profili in acciaio per tutta la lunghezza della volta. I rilievi visivi e il materiale fotografico hanno permesso di evidenziare altri interventi per il consolidamento di alcune travi in legno ammalorate della copertura.

Figura 47 - Consolidamento della volta a botte

4.3 Rilievo geometrico

Il rilievo geometrico preliminare è fondamentale perché fornisce i dettagli strutturali ed identifica i vari elementi su cui saranno concentrate, successivamente, indagini più accurate.

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Figura 49 - Piano terra, Scuola Rossini

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Figura 51 - Piano terra, Scuola ex-Convento

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