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Ipotiroidismo subclinico: un fattore di rischio cardiovascolare? Il punto di vista dell'angiologo.

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Academic year: 2021

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IPOTIROIDISMO SUBCLINICO: UN NUOVO FATTORE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE? IL PUNTO DI VISTA DELL’ANGIOLOGO

Sergio De Marchi

Unità Operativa di Riabilitazione Cardiovascolare - Università di Verona

In recenti studi è stata documentata un associazione fra ipotiroidismo subclinico e malattia coronarica; tale relazione è stata individuata sia in studi autoptici che in pazienti ospedalizzati (1), in particolare nelle donne. Nelle donne anziane è stata inoltre descritta una correlazione significativa con la presenza di arteriopatia obliterante periferica (2). Nel Rotterdam Sudy un TSH > 4 mUI/L è stato significativamente associato ad aterosclerosi aortica e infarto miocardico in donne in postmenopausa indipendentemente da altri fattori di rischio (3). Altri recenti studi hanno dimostrato come in una popolazione anziana (età superiore agli 80 anni) la condizione di ipotiroidismo si associ ad un ridotto numero di eventi cardiovascolari (4).

Di fronte a tali dati ed in relazione alla prevalenza dell’ipotiroidismo subclinico emerge sicuramente l’importanza di proseguire studi su ampia casisitica per tempi prolungati, in particolare su popolazioni selezionate.

Studi di fisiopatologia hanno chiarito le relazioni fra ipotiroidismo e alcuni fra i fattori chiamati in causa nell’aterosclerosi. Il processo aterosclerotico, infatti, è considerato a genesi multifattoriale, in quanto risente dell’azione indipendente e concomiatante di fattori metabolici (LDL colesterolo, trigliceridi, Lpa, omocisteina, diabete), alterazioni coagulative (iperfibrinogenemia, TPA, PAI, antitrombina III), flogosi , ipertensione arteriosa e alterazioni della funzione endoteliale; molti di questo fattori sono alterati dalla ipofunzione tiroidea, per cui si configura una forte relazione fra tale alteraziione endocrina e promozione del processo aterosclerotico. Inoltre robusti dati sono stati apportati circa l’alterazione della funzione autonomica indotta da ipotiroidismo , in particolare all’attivazione simpatica documentata nell’ipotiroidismo (5) con possibili ripercussioni sull’incremento del rischio cardiovascolare (6).

Uno studio recentemente pubblicato e condtotto su 2730 pazienti d’ambo i sessi di 70-79 anni con un follow up di 4 anni ha evidenziato una correlazione significativa fra ipotiroidismo subclinico e scompenso cardiaco congestizio, negando correlazioni significative con malattia coronarica , stroke, arteriopatia periferica e mortalità cardiovascolare (7).

Di fronte a una varietà di dati che presentano un consistente emergere di associazioni fra ipotiroidismo subclinico e patologia cardiovascolare si dovrebbe considerare questo screening come una delle voci della flow chart di valutazione del paziente arteriopatico. In tale contesto apparirebbe quindi in linea teorica giustificato effettuare uno screening a tappeto dei pazienti claudicanti. Tuttavia più concretamente appare logico inserire questa valutazione in un più ampio contesto; in particolare si considera mandatorio, proporre il dosaggio del TSH in presenza di sintomi chiaramente riferibili ad una condizione di failure tiroidea conclamata. Inoltre un dosaggio del TSH potrebbe essere proposto in pazienti con la presenza di molteplici fattori di rischio e con un profilo metabolico (glucidico e lipidico) particolarmente sfavorevole. In particolare una concomitante elevazione LDL-c, trigliceridi, elevato rapporto colesterolo tot/HDLc ed ipertensione può suggerire un

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controllo del TSH. In pazienti con espressione moderata della patologia aterosclerotica (es arteriopatia senza evidenze di coinvolgimento coronarico e/o encefalico) modesta alterazione del profilo lipidico e valori pressori nella norma, non necessitano di una valutazione del TSH in prima battuta; si deve pertanto attivare in prima istanza un approccio di correzione dello stile di vita. Sicuramente un saggio dell’ormone tireotropo ha senso in pazienti arteriopatici con patologie autoimmuni e in pazienti con stipsi ostinata. In particolare suggeriamo di screenare ampiamente le pazienti con arteriopatia periferica, a maggior ragione se con molteplici fattori di rischio e con eventi cardiovascolari pregressi. La valutazione del paziente con angiopatia diabetica va considerato con cura in quanto tale paziente è esposto ad elevata probabilità di eventi cardiovascolari, in tale contesto quindi appare giustificato, in presenza di alterazione del profilo lipidico, un controllo del TSH; le elevate concentrazioni di LDL e la loro suscettibilità all’ossidazione in tali pazienti risulta un aspetto particolarmente critico.

Come ampiamente evidenziato in una accurata e recente review (8), a fronte di numerosi dati sperimentali e clinici che evidenziano un incremento dei fattori di rischio cardiovascolare in condizioni di ipotiroidismo, al punto che la condizione di ipotiroidismo in se possa essere considerata un fattore di rischio, manca un consensus generale sull’opportunità di trattare tali pazienti. Il fatto che la somministrazione di levotiroxina conduca ad una correzione di alcuni parametri metabolici ed emodinamici alterati manca di una corrispettiva sicura dimostrazione che riduca l’incidenza di eventi cardiovascolari (8).

Chi trattare quindi? La somministrazione di levotiroxina risulta ben tollerata se attentamente valutata da periodici controlli del TSH. La maggior indicazione al suo uso si pone per evitare la progressione verso un ipotiroidismo conclamato. In presenza di pazienti con arteriopatia periferica e con molteplici fattori di rischio metabolico appare giustificato trattare anche con TSH compreso fra 4 e 10 mUI/L, particolarmente se donne con pluripatologia cardiovascolare. Rimane assolutamente dubbio, e, per noi, preferibilmente da evitare un trattamento dell’ipotiroidismo in pazienti con età > 80-85 anni in quanto alcuni studi dimostrerebbero come in questa fascia di età l’ipotiroidismo subclinico si associ a basso numero di eventi cardiovascolari; per cui riteniamo sufficiente un’osservazione periodica per evidenziare un eventuale marcato incremento del TSH.

Bibliografia

1. Thieche M, Lupi GA, Gutzwiller F et al. Borderline low thyroid function and thyroid autoimmunity: risk factors for coronary heart disease? Br heart J 1981; 46: 202-6.

2. Powell J, Zadeh JA, Carter G, et al. Raised serum thyrotrophin in women with peripheral arterial disease. Br J Surg 1987; 74: 1139-41.

3. Hak AE, Pols HA, Visser TJ, et al. Subclinical hypothyroidism i san indipendent risk factor for atherosclerosis and myocardial infarction in elderly women: the Rotterdam study Ann Intern Med 2000; 132: 270-8. 4. Gussekloo J, van Exel E, de Craen AJ, et al. Thyroid status, disability and

cognitive function and survival in old age. JAMA 2004; 292: 2591-9.

5. Cacciatori V, Gemma ML, Bellavere F, Castello R, De Gregori ME, Zoppini G, Thomaseth, Mughetti P, Muggeo M. Power spectral analysis of heart rate in hypothyroidism. Eur J Endocrinol 2000; 143: 327-333.

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6. Vargas F, Moreno JM, Rodriguez-Gomez I, Wangesteen R, Osuna A, Aklvarez MA, Garcia Estan J. Vascular renal function in experimental thyroid disorders. Eur J Endocrinol. 2006; 154: 197-212.

7. Rodondi N, Newman AB, Vittinghoff E, de Rekeneire N, Satterfield S, Harris TB, Bauer DC. Subclinical Hypothyroidism and the risk of heart failure , other cardiovascular events and death. Arch Intern Med 2005; 165 2460-6.

8. Monzani F, Dardano A, Caraccio N. Does treting Subclinical hypothyroidism improbe markers of cardiovascular risk? Treat Ebdocrinol 2006; 5: 65-81.

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