• Non ci sono risultati.

Tra coscienza nazionale e prospettiva europea : «Der Spiegel», «Die Zeit» e la riunificazione tedesca

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Tra coscienza nazionale e prospettiva europea : «Der Spiegel», «Die Zeit» e la riunificazione tedesca"

Copied!
167
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA

DI VITERBO

DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANE

Corso di dottorato di ricerca in

SOCIETÀ, ISTITUZIONI E SISTEMI POLITICI EUROPEI XIX - XX SECOLO

CICLO XVIII

TRA

COSCIENZA NAZIONALE E PROSPETTIVA

EUROPEA

«Der Spiegel», «Die Zeit»

e la riunificazione tedesca

M-STO/04

Coordinatore Tutor

Prof.ssa Gabriella Ciampi Prof. Leonardo Rapone

Dottorando Silvia Paggi

(2)
(3)

«Wenn sie wüßten, wo das liegt, was sie suchten,

so suchten sie ja nicht.» J. W. Goethe

(4)
(5)

INDICE

Introduzione. ... 9

I. I termini del problema

1. Identità europea e coscienza nazionale. ... 17 2. La questione tedesca e 'l’invenzione comunitaria' ... 27 3. 1989: Quale Europa per la Germania ... 41

II. Estate 1989. Il mondo è in movimento: la riunificazione da sogno realtà possibile

1. Il problema in prima pagina... 51 2. Paura della riunificazione? ... 58 3. Luglio 1989. Cambi d'orizzonte: memoria e futuro ... 65

III. Chi ha paura della Germania? Speranze tedesche, timori europei 1. Wieder-, Neu- o solo Vereinigung: la storia nelle parole ... …79 2. Cade il Muro: capir e l’Europa, comprendere la Germania ... 89 3. Cade il Muro: sogni tedeschi e incubi europei ... 97

IV. La riunificazione, una chance per la nuova Europa

1. Quale riunificazione è possibile. Voci da fuori ... …105 2. Quale riunificazione è possibile. Voci da dentro ... 117 3. Primavera 1990. La riunificazione val bene Maastricht………. 126

V. A Posteriori ...141

VI Bibliografia ... ………151 Abbreviazioni………..151

(6)

1. Repertori bibliografici ... .151 2. Autobiografie, Biografie, memorie………. 151 3. Studi, saggi, articoli su Germania ,riunificazione tedesca e

integrazione europea………. 152 4. Studi su Germania e partner comunitari……… 159 5. Studi su Europa, coscienza nazionale, identità europea………. 161 6. Articoli da «Der Spiegel»………. 162 7. Articoli da «Die Zeit»……….. 164 8. Articoli dalla «Frankfurter Allgemeine Zeitung»……… 166

(7)

DIE DEUTSCHE EINHEIT

Walser hat sich vorgestellt als Traum von der Einheit Grass teils teils und

nach einer Lastenausgleichbezahlung Kirsten sah in der Rückkehr zum Dorf eine Möglichkeit

Becker war strikt dagegen

seine Vergangenheit und sei es sein Visum aufzugeben

Kunert hat mit Holstein genug Und mit dem Loch im Ozon Gaus zog sich die Ostverträge bis über beide Ohren

Czechowski wollte wie Münchhausen am Zopf aus dem Sumpf

Fries in Petershagen bleibt egal ob bei Berlin oder bei Bonn. Nun kommt der Kanzler

und will uns allen heimzahlen.

(8)
(9)

IN T R O D U Z I O N E1

U n i t à e l ib e r t à d el l a G e r ma n i a in l i b e r a a u t o d et e r mi n a z i o n e , q u e st o e r a i l n o s t r o s co p o , c o me g i à n e l 1 9 4 9 av e v a d i ch i a r a t o l a n o s t r a L e g g e f o n d a me n t a l e . G i à a l l o r a l a s t r ad a v e r s o l ’ u n i f i c a z i o n e t e d e s c a e r a c o ng iun t a c o n il s o ste g no a l l’ un io n e eu rop e a e c o n l’ i mp e g no d i s e rv i r e la p a c e n e l mo n d o . N u l l a e r a c a mb i a t o n ell’ o b i et ti v o c h e c i s i e r a p r e f i s si . E s s o co rr i sp o n d e v a a i d e si d e ri e a l l e sp e r an z e d e ll a st ra g r an d e ma g g i o r a n z a d e i t e d e s chi . [… ] N o i n on vo l ev amo i n t r ap re n d er e n é u n ’ a z io n e in d i v i d u al e n é u n a so l i t a ri a v i a n a z io n al is t i c a . [… ] U n a G e rma n i a u n i ta n e l cu o re d e l l ’ E u r o p a n on p o t e v a a s s u me r e u n a p o s i z i o n e p a r t i co l a r e e d e s s e r e i s o l at a . Q u e s t o e r a l ’ i n s e g n a me n t o d el l a sto r i a2.

Le parole con le quali il cancelliere Kohl sintetizza nel 2007 quelle che sarebbero stati i propositi del governo tedesco nel 1989 contengono in nuce argomenti che, oggi a distanza di venti anni dalla riunificazione, non sembrano poter più essere oggetto di discussione, soprattutto da quando p e r l a p ri m a v o l t a n e ll a l o r o st o ri a i t ed e s ch i v iv o n o , d o p o l’ ad es i o n e d el l a D D R s u l l a b a s e d e l l ’ a r t i co l o 2 3 a i l i mi t i d i v a l i d i t à d e l l a L eg g e f o n d a me n ta l e d el l a Re p u b b l i c a f e d e r al e d i G e r ma n i a a v v e n u t a i l 3 o t to b re 1 9 9 0 , e n t ro f ro n t i e r e i n t e rn a z io n a l me n te r i c o n o s ci u t e e s i c u r e e n o n s o n o p i ù p e r c ep i t i co me u n a mi n a c c i a d a i l o r o n emi c i3. 1

Nelle note i riferimenti bibliografici alla letteratura primaria e secondaria verranno dati in forma ab-breviata. Per la letteratura primaria saranno indicati nell’ordine autore (iniziale del nome e cognome), nome del giornale, numero di uscita e data della stessa. Per gli articoli anonimi si indicherà invece il titolo seguito dalle indicazioni del giornale (v. sopra). Per la letteratura secondaria si indicheranno cognome dell’autore seguito dall’anno pubblicazione, l’iniziale del nome sarà presente solo per i saggi contenuti in raccolte, introduzioni ecc. Le traduzioni italiane, infine, ove non sia diversamente indicato si intendono opera dell’autore.

2

KOHL 2007, p. 24.

3

(10)

Così non è tra il 1989 e il 1990, «nei giorni del cambiamento e della speranza», quando prima s’incrina la realtà della DDR e poi il Muro che questa realtà aveva simbolicamente protetto e «la nazione divisa da quaranta anni in due stati cerca, non senza dubbi ed esitazioni, una nuova forma comune politica e giuridica»4. È in questo frangente che

gran parte degli argomenti citati a posteriori dal cancelliere Kohl per sostenere le buone intenzioni dei tedeschi, riunificazione della Germania, integrazione europea, confini del nuovo stato e il suo inserimento nel sistema delle alleanze internazionali, irrompono nello spazio pubblico interno e internazionale provocando un acceso confronto.

In questo ampio spettro di questioni si è scelto nell’ambito di questa ricerca di trattare, attraverso gli sviluppi del dibattito pubblico interno, quale ruolo i tedeschi siano disposti a riconoscere all’Europa, in particolare quella comunitaria, tra l’autunno del 1989 e la primavera del 1990. Il tema è, dunque, la percezione che l’opinione pubblica tedesca ebbe dell’istituzione e dei partner comunitari nel periodo compreso tra la caduta del Muro e l’adesione della Germania, ormai sulla strada della riunificazione, al progetto di rafforzamento dell’integrazione europea che condurrà al Trattato di Maastricht.

Più nel dettaglio, leitmotiv della ricerca è il modo nel quale si esprimono nella dialettica ‘domestica’ il dualismo tra coscienza nazionale e identità europea e quello tra unificazione nazionale e integrazione europea, quando si fa più acceso e urgente il dibattito

4

(11)

sulla ricostituzione dello stato unitario, che appare finalmente possibile, e prossima, e sulla futura collocazione internazionale del paese. Più specificatamente, si segue l’evolversi della contrapposizione tra l’ipotesi di una riunificazione ‘cattiva’, cioè conflittuale e forzata ,e quella di una buona, ‘armonica’ e legittimata dallo scambio con il rinnovato contributo tedesco all’integrazione europea, espressione della consapevolezza che «una nuova Germania nata senza l’esplicito consenso francese, britannico e degli altri

partners europei sarebbe comunque apparsa una creatura precaria,

impresentabile in società»5.

Il tema scelto non è certo nuovo, ma l’intento è quello di proporne l’analisi da una prospettiva diversa, e di conseguenza con l’uso di altre fonti di riferimento, rispetto a quelle finora più esplorate. La riunificazione tedesca è stata, infatti, nel lasso di tempo intercorso dalla sua realizzazione a oggi, molto indagata, come è naturale che fosse per «il cambiamento più traumatico dello status

quo dalla fine della seconda guerra mondiale»6, che ha rivelato come

«in linea di principio la storia è sempre aperta e mostra più fantasia di quella di cui immaginiamo di disporre»7.

Mai come in questo caso il peso del passato recente e quello del futuro, d’altra parte, si sono condensati su un unico evento, rendendo di primario interesse storiografico non solo i fatti e i loro nessi causali, ma anche i ruoli di protagonisti e comprimari della scena

5

L. CARACCIOLO 2005, p. 471.

6

Zu groß für Europa?, in «Der Spiegel», 46 (13.11.1989), p. 183.

7

(12)

politica. Proprio per questo, però, l’approfondimento ha riguardato principalmente lo sviluppo delle relazioni politiche a livello di vertice, favorito anche dalla me morialistica ‘precoce’ di coloro che a vario titolo sono stati coinvolti in «uno degli eventi capitali dei rapporti internazionali contemporanei»8. Quando, d’altra parte, si è

rivolto lo sguardo verso l’opinione pubblica, ci si è occupati soprattutto di esplorare quella dei paesi vicini, o comunque interessati in diversa misura dal processo di riunificazione, per saggiarne il grado di consonanza con la propria classe politica, che, di fronte a questo avvenimento, sembrava «preda di una fatale attrazione regressiva, quasi che per aggirare le incertezze del presente bastasse affidarsi alle certezze delle angosce del passato»9.

In questo caso ci si propone, invece, di analizzare l’evento dalla prospettiva inversa, quindi dall’ambito interno verso quello esterno, indagando le opinioni dei tedeschi riguardo al tema trattato e le loro reazioni alle osservazioni provenienti dallo spazio europeo e in particolare da quello comunitario. Per raggiungere questo scopo, e dovendo necessariamente restringere il campo dell’indagine, si è deciso per cogliere al meglio le voci e gli umori del momento di dare preferenza, come fonte principale di riferimento, alla stampa periodica, anche perché, vista la distanza dagli eventi narrati, tutto ciò che attiene l’immediatezza del loro susseguirsi cronologico è stato già sufficientemente esaminato.

8

SOGLIAN 1999, p. 9. Lo stesso Soglian offre una rapida panoramica delle più importanti testimo-nianze pubblicate fino al 1999 (ivi p. 9). Successivamente a questa data la testimonianza diretta più importante pubblicata sono le memorie del cancelliere dal cancelliere tedesco Helmut Kohl.

9

(13)

La scelta, in questo senso, è motivata anche dal fatto che è di solito sulla stampa periodica che il confronto sugli argomenti proposti dalla cronaca si approfondisce, si sviluppa e se ne definiscono più chiaramente i termini con un ampio spettro di opinioni e pareri. Questo vale, in particolare in Germania, dove la stampa settimanale «rende per il suo livello superiore alla media e la sua diffusione sovraregionale un importante contributo alla discussione di problemi politici, economici e culturali della Repubblica federale»10.

Non potendo, peraltro, estendere la ricerca all’intera stampa periodica si è deciso di operare una scelta secondo il criterio dell’importanza del settimanale nel panorama editoriale tedesco, che significa ovviamente diffusione e autorevolezza, del prestigio dei suoi opinionisti, della rappresentatività delle opinioni espresse. Sulla base di questi elementi è stato quasi naturale privilegiare il dinamico

Nachrichtenmagazin «Der Spiegel», «il cannone d’assalto della

democrazia»11

, e la liberale ed elitaria Wochenzeitung «Die Zeit»12

. Si tratta, infatti, non solo dei due settimanali politici più venduti nel periodo trattato, ma anche di due prestigiosi, influenti e consolidati

Intelligenzblätter, nei quali, per tradizione, il dibattito sui temi

correnti vede la partecipazione delle voci più autorevoli della cultura e della politica e che sono destinati non solo ad avere un peso, in qualche caso determinante, nel formare l’opinione pubblica, ma sono

10

MEYN 2004, p. 111.

11

Così lo ha definito in più di un’occasione il suo fondatore Rudolf Augstein.

12

Le peculiarità nella comunicazione dei due settimanali sono trattati più dettagliatamente v. pp. 46-50.

(14)

anche i più sensibili nel coglierne gli umori, riflettendoli nei propri articoli.

Dovendo però restituire un’immagine meno semplificata possibile del confronto che si sviluppa, si è preso in considerazione, seppure in un ruolo funzionale di sola comparazione rispetto alle analisi degli eventi dei due settimanali, il più importante quotidiano conservatore tedesco, la «Frankfurter Allgemeine Zeitung»13. In

questo caso l’interesse, per i motivi che si sono già detti, non è rivolto ai resoconti di cronaca, dei quali peraltro è nota l’ampiezza e l’accuratezza14, quanto piuttosto ai suoi commenti anche in

considerazione della diversa sensibilità politica rispetto sia a «Der Spiegel» sia a «Die Zeit».

Ovviamente, però, si impone anche la necessità di dare profondità storiografica ai temi che di volta in volta emergono dal confronto pubblico. Per raggiungere questo scopo si sono seguiti due percorsi ‘consecutivi’. In apertura si è proposto infatti un sintetico inquadramento ‘preventivo’ degli argomenti principali che percorrono il dibattito pubblico: gli sviluppi del concetto di nazione e di Europa, l’evolversi della relazione tra questione tedesca e invenzione ‘comunitaria’ fino alla prova di solidità alla quale la sottopone la caduta del Muro, per seguire il suo divenire fino al momento nel quale si intreccia con gli avvenimenti del 1989. Successivamente, la riflessione critica, sia quella coeva agli eventi sia quella a essi

13

I suoi redattori ed editori l’hanno definita in più di un’occasione «moderatamente conservatrice e moderatamente liberal-borghese», (WEHLER 2008, p. 400).

14

La forza della FAZ per quanto riguarda la cronaca è la sua rete mondiale di corrispondenti, che le permette resoconti internazionali ampiamente indipendenti dalle agenzie di stampa.

(15)

posteriore, la si è ut ilizzata come un naturale supporto per dare profondità ai temi di un confronto per il quale essere pubblico non può certo voler dire essere superficiale, nel mome nto in cui

i l co n t i n e n t e t r e ma . U n a b an a l i t à è d iv e n t a t a r e a l t à : l a q u e s t i o n e t e d e s c a è a p e r t a e si p o n e co n d r a m ma t i c a a t t u a l i t à . Q u a l u n q u e s t r ad a i t e d e s ch i i n tr a pr e nd er a nn o - l a q u e s ti on e me t t e i l mo n do in mo v i me n to . A n che l’ a r ch i t et tu r a d e ll’ Eu ro p a c en t r ale è i n mo v i me n t o . M ag i c a me n t e a t t i r at i g li a t t o r i d e l l a s c e n a p o l i t i c a i n t e r n az i o n a l e si d o ma n d an o - p i en i d i s p e r an z a e a n s i o s i , f i d u ci o si e p r eo c c u p a t i - c h e co s a n e s a r à d e l l a G er ma n i a . L a n o st a l g i a d e l l a l i b e r t à d ei t ed es c h i c e r c a l a s u a s t r a d a i n u n a c r e s c e n t e u n i t à. An co r a u n a v o lt a l a s to r i a d ’ E u r o p a h a i l su o t ema : l a G e rma n i a15. 15

(16)
(17)

I

I

T

E RM I NI

D

E L

P

RO B L E M A

1. IDENTITÀ EUROPEA E COSCIENZA NAZIONALE

Il dualismo identità europea/coscienza nazionale, stato nazionale/Europa, torna prepotentemente di attualità, almeno per quanto concerne la Germania, nel corso del 1989 anche se percorre la storia del continente a iniziare dalla Rivoluzione francese, diventando con Federico Chabod e la sua fondamentale Storia dell’idea di Europa

parte integrante della riflessione storiografica sull’Europa stessa. È, infatti, proprio lo studioso italiano che nell’intento di rispondere al basilare quesito sul «come e quando i nostri avi abbiano acquistato la coscienza di essere europei» individua nell’Illuminismo1

, al di là degli sforzi di definizione delle epoche precedenti, il momento in cui il tema dell’Europa, come insieme di valori condivisi e condivisibili, acquista una propria pregnanza2. In questa breve

1

CHABOD 1961, p. 13. Sul contributo del secolo dei Lumi alla definizione della nozione d’Europa si vedano anche FEVBRE 1999 pp. 195-208, il cui testo come quello di Chabod è frutto di un corso di lezioni universitarie tenute fra il 1944 e il 1945, DE GIOVANNI 2002 p. 32 s.

2

Di recente anche W. SCHMALE 2008 (p. 15), occupandosi della storia dell’identità europea, scrive: «Da un punto di vista storico ci sono stati dei tempi nei quali ‘l’identità europea’ era una cosa ovvia. Dal XV secolo in poi si sono susseguiti due concetti di identità europea: l’Europa come repubblica cristiana (nell’Età moderna) e l’Europa come cultura (dall’Illuminismo). In entrambi i casi la costruzione e la definizione dell’estraneo e dell’altro hanno giocato un ruolo decisivo». Lo stesso concetto era stato già espresso da Weidenfeld nel 1989: «Soltanto nell’Età moderna il concetto di

(18)

primavera l’identità europea inizia a definirsi con contorni più precisi ed emergono anche i criteri di appartenenza come ha di recente sintetizzato Schmale sulla base dei quali definirla: «Collegamenti europei, attiva partecipazione ai discorsi che indicano la direzione da intraprender, idee politiche fondamentali comuni, comuni concezioni dell’Europa, un comune interesse all’autodefinizione dell’Europa, un comune emblema di identità»3

.

Ben presto a essa si contrappongono, tuttavia, prima il concetto di nazione e poi quello di nazionalità, creando successivi e sempre più gravi ostacoli alla sua affermazione:

N e l p r i mo e n e l s e c o n d o , n e l t er z o q u a r t o d e l s e co l o X V I I I , l ’ E u r o p a e r a d a p p e r t u t t o [… ] N e l l ’ u l t i mo q u a rt o d e l X V I I I se c o l o , è l a n a z i o n e ch e a l z a l a v o ce , l a n a zi o n e ch e s i es p a n d e e s i a f f e r ma : n a z i o n e , e n a z i o n a l e, e n a z i o n al i t à e n a z i o n al i s mo4.

Dalla contrapposizione che ne nasce è senz’altro l’Europa, e la possibilità di affermazi one di un’identità europea riconoscibile, a soccombere sotto spinte che sono ben individuate da Berger:

I l d i s c o r so n a zi o n a l e a c q u i s t ò u n a qu a li t à nuo v a c o n l a d opp i a r i v o l u z i o n e a me r i c a n a e f r a n c e s e a l l a f i n e d e l X V I I I s e c o l o . N el mo me n t o d e l ‘ p a s s a g g i o d ’ epo ca ’ eu r o p eo ( R e i n h a rd t K o s e l l ek ) , t r a l a f i n e d e l X V I I I e l ’ i n i z i o d e l X I X s e c o l o , u n a s er i e d i f a t t o r i c o n f e r ì al l a n a zi o n e u n n u o v o

Europa diventa di uso comune. L’Europa esiste prima di tutto sotto forma di immagini spirituali ideate da filosofi, letterati e dei teologi. Di conseguenza è coinvolto in tutte le grandi contrapposizioni politiche e spirituali: nelle tensioni fra stato e chiesa, nel conflitto fra Roma e Bisanzio, nelle dispute religiose, l’illuminismo, il processo di secolarizzazione», W. WEIDENFELD,

Wer sind wir?, in FAZ, 281 (4.12.1989), p. 14.

3

W. SCHMALE 2008, p. 16.

4

(19)

p e s o : l ’ i n d u s t r i a l iz z a z i o n e , l a se c o l a r i z z a zi o n e e i l p a s s a g g i o d a l l a s o ci e t à f e u d a l e e q u el l a b o r g h e s e o f f r i r o n o al d i sc o r so n a z i o n al e u n n u o v o a mb i t o d i r e f e r en ze [ … ] L a n a z i o n e f u s e mp r e p i ù s a c r a l i z za t a , e i l c o n c et t o d i n a z i o n e s i c o l l eg ò a l l e r i ch i e s t e d i p a r t e c i p a z i o n e p o l i t i c a d e l l a b o r g h e si a e d e g l i s t r at i s o ci a l i i n f e r i o r i5.

A fronte di questo, i confini e le promesse dell’Europa sono evidentemente troppo vaghi per resistere ai richiami ben più concreti della comunanza nazionale. Osserva, infatti, Chabod a tale proposito:

L a n a z i o n e s i a f f a c c i a i n p r i mo p i a no n el l a s t o r i a: i n t e n d o l a n a z i o n e c o me « c o s c i e n z a » , v o l o n t à d i e s s e r e n a z i o n e [… ] E i n q u e s to s u o a f f a c c i a r s i , i n q u e st o p r ep o t e n t e d i b i s o g n o d i a f f e r ma r e s e s t e s s a è n a t u r al e c h e l a n az i o n e r i v en d i c h i i su o i d ir i tt i, an c h e a c o s t o d i i n c r i n a r e f o rt e me n t e i l s en so d el l’ u n i t à e u ro p e a6.

La nazione, «parola rivoluzionaria perché è il segno di una rivoluzione»7, ha dunque una forza tale da sopraffare non solo l’idea

di Europa come si era concettualizzata, pur con mo lte difficoltà, nei secoli precedenti, ma da sconvolgere l’Europa degli stati e dell’equilibrio fra stati delineatasi nell’Antico Regime. Passaggio cruciale, questo, sul cammino verso lo Stato-nazione, ben sintetizzato da De Giovanni: I l s e c o l o X I X è a t t r a v e r s at o d a u n f at t o n u o v o , c h e i n c r i n ò i n p r o f o n d i t à l a c o n t i n u i t à d e l l a s t o r i a d el l o S t a t o , n e a l l a r g ò l a b a s e d i 5 S. BERGER 2008, p. 7. 6 CHABOD 1961, p. 125 s. 7 FEVBRE 1999, p. 225.

(20)

l e g i t t i mi t à c h i u s a d a l l ’ al t o e d a l b a s s o n e l l a c e r n i e r a d e g l i S t at i d i n a st i c i . E n tr ò in c amp o l a n a zi o n e [… ] e v i e n t rò co n p ro fo n d a a mb i g u i t à8.

Se è pur vero, d’altra parte, che la nazione «è lo scoglio, la roccia sui cui va ad infrangersi la nave delle speranze europee»9, la

sua comparsa è condizione necessaria, ma non sufficiente, per spiegare la crisi dell’Europa, così come l’avevano pensata le ristrette élites intellettuali del XVIII secolo. Sono, infatti, le nazionalità, che dall’esistenza stessa delle nazioni traggono ispirazione e sostegno per le loro rivendicazioni, che tolgono nel corso del XIX secolo «al sentire europeo gran parte della sua forza e del suo fascino»10 e della

sua universalità, se è vero, come ha modo di sottolineare Schulze nei mesi che preludono la riunificazione che

d a i g i o r n i d el l a R i v o l u z i o n e f r a n c e s e e d i N a p o l eo n e n o i con o s ci a mo i l d i l ani a r s i d e l l’ Eu ro pa i n no me d e l l’ Eu ro pa , l e gu e r re c i vi li e uro p e e, q u el lo s t r a n o p a ra d o s so , q u e l l a s tr an a c o n t r ad d i z io n e d el l a q u a l e h a p a r l ato R ay mo n d A r o n g u a rd a n d o a l l a s t o ri a p iù r e c e n t e d e l n o st ro c o n t in e n te : me n t r e i l c o n t in en t e s i d i v i d ev a n e g l i st a t i n a z io n al i, me n t r e i l n a z i o n al i smo s ’ i mp a d r o n i v a d el l e ma s s e e i p o p o l i s i l a n ci a v an o n e l l e p i ù f e r o ci g u err e di t ut t i i t e mp i , l’ id e a d i Eu ro p a r i ma n ev a v iv a , m a t e nd ev a a d e t e ri or a r si a p a ro l a d’ o rd in e di p a r t e11. 8 DE GIOVANNI 2002, p. 31. 9 FEVBRE 1999, p. 220. 10 CHABOD 1961 p.165. 11

H. SCHULZE, Die Wiederkehr Europas, in FAZ, 99 (28.4.1990), Bilder und Zeiten. Sempre nel 1990 Hagen Schulze pubblica un libro dallo stesso titolo nel quale il suo pensiero è sviluppato più ampiamente e che è qui citato altrove.

(21)

Un passaggio questo che non è certo indolore, perché il furore nazionalistico12, per sua stessa natura esclusivo e non inclusivo, rende

in realtà impossibile pensare positivamente l’Europa, spostando «l’accento dall’insieme, l’Europa, al particolare, la singola nazione, la singola patria»13. Di fatto, come ha modo di rilevare Schmale,

d iv e r s a me n t e d a ll’ ep o c a d e l d e m o s e u ro p eo d e l l’ E t à mo d e r n a e d e l l’ I ll u min i s mo l’ Eur op a no n er a p iù uno s c o po d i pe r s é . E r ano r i ma s t e le r a p p r e s e n t a z i o n i d el l a c u l tu r a eu r o p e a, c h e i n o c c a s i o n e d e l l e e s p o si z i o n i mo n d i al i fu ro n o v i su a l i z z a t e a v o l t e an c o ra a t t r a v er so l’ u so d e ll a f ig u r a d i E u r o p a ( co me a l l e g o r i a d el c o n t i n en t e) , co me p e r e s e mp i o a l l ’ es p o si z i o n e mo n d i al e d i P a r ig i d e l 1 878 . N e i d i s co rs i d ei di ve r s i gr upp i e u ro p ei si c o n s er v av an o a l me n o r ig u ar do a l l’ id en ti t à c u lt ur a l e d e i pu nt i d i con t a tt o, ma c o n c e z i o n i r a z z i ste d e l l a sto r i a mi n a c c i a v an o i n mo d o c r e sc e n t e l’ id ea d e l l’ id e n t ità c u l tu r a l e e u ro p e a, sv i l u p p a t a si n e l l’ I ll u min i s mo14.

Di fronte alle sfide della mondializzazione e al conseguente rischio di perdita di centralità, l’esito ultimo, e traumatico, ma per certi aspetti naturale, di questi mutamenti è la deleteria trasformazione dello stato–nazione europeo in stato-potenza:

12

Riguardo alla genesi del nazionalismo e alle sue caratteristiche sono interessanti le osservazioni di Bizeul secondo il quale il nazionalismo è «un’ideologia culturalistica, che nel XIX e nella prima metà del XX secolo - soprattutto in paesi non repubblicani o comunque in un contesto non repubblicano - ha soppiantato le idee antecedenti di patriottismo e del cosmopolitismo. In quell’epoca il nazionalismo aveva tratti marcatamente mistici. Prima di essere sostituito o sfruttato dalle ideologie totalitarie, era una sorta di surrogato delle religioni indebolite dall’Illuminismo e dalla secolarizzazione», Y. BIZEUL 2007, p. 31.

13

CHABOD 1961, p. 165. Interessanti a proposito del legame fra il concetto di esclusione e quello di nazione le riflessioni di Ute Planert la quale scrive: «Gli studiosi sono concordi tuttavia su una spinta alla nazionalizzazione nel passaggio dal tardo Medioevo alla prima Età moderna che si mette in relazione con la fine dell’universalismo e l’attività degli umanisti. Con questo il concetto di nazione subisce un mutamento di funzione: dalla differenza per inclusione e quella per esclusione. Il principio nazionale poteva così essere usato in opposizione a quello dell’universalismo imperiale e papale, per integrare i propri interessi», U. PLANERT 2004, p. 12.

14

(22)

È l a r i sp o st a a l l a s to ri a d iv en t a ta mo n d i a l e c h e s p i n s e l o s t at o - n a z i o n e v e r so l a d ime n s i o n e de l l a p o t e n za e du n q u e v e r so u n a r o tt ur a d el l’ eq u i li b r io f o n d at o s u l l e l i n e e g l o b a l i ch e n a s c ev a n o i n t o r n o a l l ’ eu r o c e n t r i s mo . L a p e rd i t a d i c e n t r al i t à d e l l’ Eu ro p a [… ] s p i n s e s t a t i d ec i s i v i o p er p o t en z a o p e r c ol lo ca z i on e g eo po li ti c a a c o n c en t r a r s i s u l l a i d e n t i t à n a z i o n a l e r e i n t e r p r e t a t a s e c o n d o u n a l o g i c a e t n i c o - c u l t u r a l e15.

La politica che gli stati conducono in questa nuova veste respinge qualsiasi possibilità di convivenza pacifica per lasciare spazio a una condotta di pura sopraffazione, nel constatare la quale si possono condividere le osservazioni di Mikkeli, secondo il quale

a l l a svo l t a d e l s e co l o l ’ E u r o p a f u av v o l t a d a u n ’ o n d at a d i p e s s i mi s mo c h e t r a v o l s e l a f i d u c i a n e l r a p i d o p r o g r e s s o d e l l ’ u ma n i t à e n e l f u t u r o d e l l a s o c i e t à o c ci d en t a l e. L ’ E u r o p a n o n e r a p i ù co n si d er a t a c o me l o s t a d i o f i n a l e e s o n tu o so d e ll a s to ria d e ll’ u ma n i t à. Al co n t r ar io , er a c o me s e i s e mi d e l l a d i s t r u zi o n e s t e s s e r o r ap id a me n t e g e r mo g l i a n d o16.

Si tratta, dunque, di rivolgimenti profondi con gravi risvolti ‘pratici’ che fanno sì che l’Europa tramonti «non nelle elaborazioni dei filosofi, ma nelle guerre diventate totali, prive della logica del riconoscimento reciproco»17.

L’Europa quindi sembra destinata a scomparire per sempre, inghiottita dalla prima delle grandi catastrofi belliche, perché, come osserva Weidenfeld, «il miscuglio europeo di dinamiche nazionali e forza esplosiva del nazionalismo nel XX secolo in pochi anni sospingeva l’Europa dal centro alla periferia della politica 15 DE GIOVANNI 2002, p. 50 s. 16 MIKKELI 2002, p. 86. 17 DE GIOVANNI 2002, p. 65.

(23)

internazionale»18. È proprio in questo frangente, però, che essa come

una fenice risorge dalle macerie del conflitto perché «l’Europa è un rimedio disperato, [ … ] , un rifugio, un’ultima speranza di salvezza»19

per fronteggiare le conseguenze dell’inarrestabile volontà di distruzione, e di autodistruzione, degli stati-potenza nazionali. È, infatti, la crisi del continente seguita al conflitto mondiale e le difficoltà degli stati-nazione nel governarla, che inducono a ricercare tratti comuni nei quali riconoscersi, nella speranza che essi possano diventare il tramite per la costruzione di un’identità europea condivisa e politicamente sostenibile:

P e r q u a n t o l e n a z i o n i e u r o p e e p o s s a n o e s se r e n e mi c h e , e s s e h a n n o u n a p a r t i c o l a r e a f f i n i t à s p i r i t u al e , u n ’ af f in i t à c h e l e a c c o m u n a e c h e t r a v a l i c a i c o n f i n i n a z i o n a l i . S i t r a t t a d i u n a s p e c i e d i f r a t e l l an za c h e c i d à, i n q u e st o a mb i t o , l a c o s c i en z a d e l l a n o st r a a p p a r t en en z a20.

È fin troppo facile affermare che si tratta per lo più di teoriche professioni di fede europeista nelle quali è difficile identificarsi e che sono destinate a infrangersi prima contro la crisi del 1929 e poi contro i cruenti eccessi del secondo conflitto mondiale. È, però, proprio nel primo dopoguerra che l’europeismo «fino ad allora espressione di grandi individualità diventava programma di mo vimenti militanti, di intellettuali politicamente impegnati e di élites dirigenti»21 e che si

18

W. WEIDENFELD, Wer sind wir?, in FAZ, 281 (4.12.1989), p. 14.

19

FEVBRE 1999, p. 260.

20

HUSSERL 1961, p. 332.

21

MAMMARELLA-CACACE 1998, p. 3. Il riferimento è in particolare all’Unione paneuropea, primo movimento per l’integrazione europea, fondato dal conte Richard Coudenhove-Kalergi nel 1923. A

(24)

individuavano elementi di coesione, come la difesa della pace, la paura del bolscevismo e l’integrazione economica, destinati ad avere miglior sorte in un futuro non troppo lontano. Infatti, come osserva Schmale, c o n i mo v ime n t i e ur op e i s ti e i g ru pp i d i in t e r e s si d el p e r iod o fr a l e du e g u er r e ( 1 9 1 8 - 1 9 3 9 ) f u c o i n v o l t o c h i a r a m e n t e n e l d ib a t t i t o s u l l ’ E u r o p a u n ma g g i o r n u me r o d i p e r so n e ch e f u ro n o in v i t at e a r i f l e tt e r e su l l a p r o p ri a i d en t i t à eu r o p e a e a d a g i r e p e r l a su a c o n s e r v a z i o n e . I mo v i me n t i c o i n v o l s e r o a n c h e l a p o l i t i c a ( p a r t i t i e g o v e r n i ) c o n v a r i g r u p p i s o c i a l i e d i i n t er e s s e mo l t o d i v er s i f r a l o r o . È s i g n i f i c a t i v o ch e i g r u p p i d i r e s i st e n t i d e l l a s e con d a g u er r a mo nd i a l e e i f e d e ra l i s ti d eg li a n ni ’ 4 0 e ’ 50 s i r i a l l a c ci a s se r o a g l i e u r o p e i s t i d el p r i mo d o p o g u e r r a e n e c o n t i n u a s s e r o i l c a m mi n o22.

Si riavvia, quindi, in questo frangente un percorso, spesso ambiguo e contraddittorio, destinato a consolidarsi dopo la Seconda guerra mondiale, lungo il quale l’Europa da concetto in crisi acquisisce legittimità e autorevolezza come mezzo per superare la crisi. È dunque nel clima carico di tensioni e diffidenze reciproche del secondo dopoguerra che il ruolo ‘salvifico’ dell’Europa, di fronte al pericolo di nuovi conflitti, trova finalmente attuazione pratica23. È in

proposito del progetto paneuropeo elaborato proprio da Coudenhove-Kalergi, Mikkeli, pur riconoscendone l’importanza, non manca di rilevarne la mancanza di concretezza: «Coudenhove-Kalergi, non più di certi suoi predecessori, non propose granché di realistico per mettere in pratica il suo piano. Certamente gli riuscì di spiegare perché secondo lui Pan-Europa fosse qualcosa per cui valeva la pena di battersi, ma a malapena indicò le modalità di fruizione dei suoi progetti», MIKKELI 2002, p. 92.

22

W. SCHMALE 2008, p. 17.

23

A tale proposito efficace la sintesi di Mammarella e Cacace che colgono questa svolta: «Nel primo dopoguerra l’Europa unita diventa progetto e dopo la seconda obiettivo della grande politica internazionale», MAMMARELLA-CACACE 1998, p. 3. Non bisogna dimenticare che già nel primo dopoguerra ci si sforzò di dare consistenza politica ai progetti paneuropei. In questo senso andrebbe infatti interpretato l’operato di Aristide Briand i cui piano come osserva Mikkeli fu «un tentativo

(25)

questi anni che prende forma ‘l’invenzione comunitaria’24, che, se può

apparire una soluzione minimalista rispetto alle teorizzazioni degli anni precedenti, è invece nei fatti «una risposta straordinariamente alta ai problemi del secolo»25. Infatti, tramite la ricostruzione di un

primo spazio comune, quello del mercato, che rappresenta dopo lunghi anni di contrapposizioni violente pur sempre un superamento delle frontiere materiali, e si potrebbe aggiungere mentali, si creano le condizioni per un processo più vasto, se non di unità almeno di integrazione, che impone di per sé una riflessione sull’identità europea e sul suo rapporto con la coscienza nazionale. Il senso di questo nuovo progetto è ancora una volta ben sintetizzato da Schmale che sottolinea come

l ’ e u r o p e i smo d e l d o p o g u e r r a s i f o n dò e s s en z i a l me n t e s u l l ’ eu r o p e i s mo d e l l a r e s i s t en z a , ma r a g g i uns e g ru pp i se mp r e p i ù a mp i n e l l’ amb i t o d e l l a p ol it i c a, d e l l ’ e c o n o mi a e a n c h e d e l l a C h i e s a . [ … ] I n c o n f r o n t o a l p e r i o d o f r a l e d u e g u er r e , n uo vi s t r a ti s o c i a l i fu ro no gu ad a g n a t i a l l a c a u s a d e l l ’ u n i t à e d e l l ’ u n i o n e e u r o p e a . N o n o s t an t e l e d i f f e r en z e , su q u a l i c a r at t er i l ’ u n i t à a v r e b b e d o v u t o a v e r e , s i s v i l u p p a r o n o d i n u o v o l e co n d i zi o n i d e l d e m o s d e l l a p r i ma e t à mo d e r n a e d e l l ’ I l l u mi n i smo : l ’ E u r o p a s t e s s a c o me f i n e , c o me c o l le t t iv o e u ro p eo , ch e d e f in i s c e l a p ro p ri a i d en ti t à a t t r av e r so l’ Eu ro p a26.

specifico di trasferire il dibattito sull’integrazione da opuscoli filosofici a fine politico dei governi», MIKKELI 2002, p. 97.

24

DE GIOVANNI 2002, p. 67. In questo modo De Giovanni definisce il progetto di comunità europea, per rilevarne il carattere innovativo rispetto a quelli precedenti.

25

Ivi, p. 67. La posizione di De Giovanni a tale riguardo si discosta da quella di chi sostiene, come per esempio Mammarella e Cacace, che la soluzione funzionalista sia stata una soluzione di ripiego rispetto in particolare al progetto federalista o da quella di coloro, come MILWARD 2004, che considerano la Comunità Europea come una riaffermazione sotto altre forme dello stato nazionale.

26

(26)

Si torna, in conclusione, non senza esitazioni e ambiguità, a pensare e interrogarsi sull’Europa e la sua identità27, presupposto

indispensabile, perché se ne possa costruire il futuro nel senso più ampio possibile ricercando difficili equilibri, perché come ricorda Weidenfeld, probabilmente non per caso nel dicembre 1989,

o g n i eu ro p e o h a m o l ti l iv e lli d i id e n t i t à: l a c o s c i en z a c o mu n it a r ia d e l l’ Eu ro pa , d e ll a pr op r i a n a zi on e , d e l p ro pr io s ta t o, i l s en t i me n to d i a p p ar t en e n z a a l l a p r o p r i a a z i en d a, a l l a p r o p r i a a ss o c i a z i o n e , a l p r o p r i o v i l l ag g i o , l ’ e s p er i en za c o l l e t t i v a d e l l a p r o p r i a f a mi g l i a e d e l l a p r o p r i a c e r c h i a d i a mi c i z i e . N e l l a s t o r i a d ’ E u r o p a s o n o e me r s i s e mp r e d e g l i ab i s si , q u an d o u n o d i q u e s t i l i v el l i è d i v e n t a t o a s s o l u t a me n t e d o mi n a n t e. Q u es t o si g n i f i c a c h e i l d e c i s i v o a d e mp i me n t o p o l i t i co - c u l t u r al e c o n si s t e n el r e s i s t e r e a l l a t e n si o n e f r a q u e st i d iv e r si liv e l li e f a rl a d i v en t ar e p r o d u t t i v a . Ot t i mi s t i c a me n t e d o b b i a mo p e n s ar e che c i si p o ss a r i u s c i r e, p e r ch é n u l l a l a s c i a p e n s ar e che o g n i g e n e r a z i o n e d e v e r i p e t e r e g l i e r r o r i d i q u el l e c h e l ’ h a n n o p r e c e d u t a . Q u e s t o s i g n i f i c a c h e l a c u l tu r a p o l it i c a d e c id e i l d e st in o d el l’ E u r o p a - in u n mo d o o n e ll’ a l tr o28. 27

A questo proposito interessante la riflessione di SCHULZE 1995 (p. 27): « L’ostacolo decisivo a un forte senso di identità europea sta proprio nelle teste della gente. Poiché il sentimento comunitario discende da un passato condiviso, ci si riconosce innanzitutto nella propria storia nazionale […] Perché l’Europa prenda corpo dobbiamo imparare a pensarla. Affinare uno sguardo in grado di riconoscere luci e ombre comuni che si allungano su chances e pericoli, di rinvenire trame che attraversano millenni. A quel punto sarà più facile rispondere alla domanda: cos’è l’Europa, cosa può essere, cosa dovrebbe essere?».

28

(27)

2. LA QUESTIONE TEDESCA E ‘L’INVENZIONE COMUNITARIA’

Nel 1989, al manifestarsi della possibilità della riunificazione, si torna a parlare diffusamente di ‘questione tedesca’29, una locuzione

che ben riassume, se usata nel senso più ampio, la specificità della storia della Germania, in particolare per quel riguarda i suoi rapporti con il resto dell’Europa. Da questo punto di vista, si può infatti affermare che la nascita della questione tedesca coincide con la nascita stessa di uno stato tedesco unitario nel 1871, e che da questo mo mento in poi «sempre la questione tedesca ha deciso i caratteri dell’Europa»30.

Infatti, il Reich collocato al centro del continente europeo, ne altera profondamente gli equilibri, e la sua formazione tardiva genera un’instabilità tanto profonda da innescare una catena quasi ininterrotta di crisi che determinano, nel loro complesso, la storia dell’Europa fra il XIX e il XX secolo, anche perché «la Germania divenne tardi uno stato nazionale e ancor più tardi una democrazia»31. Lo stato tedesco,

dunque, diventa, per tutta una serie di fattori specifici, un elemento di disturbo, «un ‘rompiscatole’, prima solamente fastidioso poi decisamente pericoloso»32 tanto da far dimenticare come di per sé

29

Dell’espressione ‘questione tedesca’ esiste anche un’accezione più limitata che la riferisce solo ai problemi connessi alla divisione post-bellica del paese. Circa l’uso e le implicazioni di questa espressione cfr. la sintesi di Wolfgang Heisenberg in HEISENBERG 1992, p. 7.

30

DE GIOVANNI 2002, p. 8.

31

WINKLER 2004, p. 719. Sulle problematiche legate alla formazione tardiva della nazione si veda il classico saggio di PLESSNER 1935.

32

A. BOLAFFI 1995, p. XI. Alcuni studiosi come per esempio Krockow, riconducono il ruolo di disturbo della Germania nel XIX secolo non tanto alla nascita dello stato tedesco in sé quanto

(28)

i l p r o c e s so d e l l ' u n i f i c a z i o n e t e d e s c a n e l 1 8 7 0 / 7 1 n o n a c c a d d e c o me u n p r o c e s s o i s o l a t o , ma c o me p a r t e d i u n mo v i me n t o d i mo d e r n i z z a z i o n e e f o r ma z i o n e[. . . ], a l q u al e , n el X I X s e c o lo , b i so g n a ri c o rd a r e c h e a p p ar t e n g o n o n o n s o l o l a q u a s i c o n t e m p o r a n e a u n i t à i t a l i a n a [ . . . ], ma a n c h e i l f a l l i t o t e n t a t i v o d i r i c o st i t u i r e l o s t at o p o l a c c o , i l t a r d o b o n a p a r t i s mo f r a n c e s e d i N a p o l eo n e I I I e – co n u n p ar a l l e l i s mo r a r ame n t e c o n si d e r at o - l a g u er r a c i v i l e a m e r i c a n a d a l 1 8 6 1 a l 1 8 6 533.

Quello che contribuisce a trasformare lo stato tedesco in una sorta di monstrum è, d’altra parte, il fatto che esso diventa il ‘luogo’ nel quale si palesa nel modo più aspro ed estremo il dualismo fra stato e nazione e fra stato nazionale ed Europa, per motivi che, secondo Oevermann, avrebbero le loro radici nell’epoca napoleonica quando nella regione prussiano-germanica

l ’ e s s e r s i l i b e r a t i d i Na p o l e o n e i n q u an t o d o mi n a t o r e s t r a n i e r o , se n z a a v e r l o d a p p r i ma a c c o l t o co me l i b e r a t o r e , s i g ni f i cò c o mp i e r e i l s e c o n d o p a s s o d e l l a l i b er a z i o n e n a z i o n al e p r i ma a n c o r a d i ave r c o mp i u t o il p ri mo , q u e l lo d e ll a c o s t it u zio ne d i uno s ta t o p ol i ti co me d i a n t e l a l ib e r a z io n e i nt e rn a p e r op e r a d e l l a ri vo lu z io n e b o rg h e s e34.

Il dissidio che si crea è espresso nella forma migliore non da uno storico, ma da Thomas Mann:

piuttosto all’epoca Guglielmina, perché come sottolinea Serra l’imperatore «voleva far sognare i tedeschi e far sognare i popoli troppo potenti è sempre un rischio per loro stessi e per i loro vicini», M. SERRA 1994, p. 9.

33

P. MÄRZ 2006, p. 60.

34

U. OEVERMANN 1990, p. 138. Sul ruolo di Napoleone nella storia della Germania torna anche, P. MÄRZ 2006 (p. 33): «Napoleone fu il creatore della nazione tedesca sotto due punti di vista, da un lato come sinonimo delle energie liberate dalla rivoluzione francese [...]e dall’altro con il suo ruolo di usurpatore imperiale che provocò una quasi naturale reazione tedesca di rifiuto e mobilitazione».

(29)

L a n a zi o n e n a cq u e c o n l a R i v o l u z i o ne F r a n c e s e , è u n c o n c et t o l i b e r a l e r i v o l u z i o n ar i o ch e c o mp r e n d e an c h e q u el lo d e ll’ u ma n i t à e v u o l s i g n i fi c a re l i b er t à n e ll a p o l it i c a i n t er n a, E u rop a in q u el l a e st e r n a [. . . ] L ’ ang u st ia d e p r e s s i v a d e l l ’ e n t u s i a s mo p a t r i o t t i co t e d e s c o st a n e l f a t t o c h e t a l e c o n ci l i a zi o n e u n i t ar i a n o n h a p o tu to f o r ma r s i . Si p u ò a ff e r ma r e c h e i l c o n c et t o s t e s s o d i n az i o n e , n e l s u o ne s so s t o r i c o co n q u e l l o d i l i b e r t à, è s c o n o s c i u t o i n G e r m a n i a. [ . . . ] L ’ i d e a s t e ss a d i l i b er t à t ed e s c a è e t n i c a e a n t i eu ro p ea35.

Gli elementi che hanno a lungo impedito la coesistenza pacifica tra lo stato tedesco e gli altri stati europei, non sono riducibili, però, a uno solo e sono stati lungamente analizzati. Alcuni di essi potremmo definirli ‘pratici’. In questa categoria rientrano, in primo luogo, i problemi derivanti dalla collocazione geografica e dai modi della formazione dello stato. Geograficamente, la posizione dello stato tedesco nel cuore dell’Europa non è, infatti, priva di implicazioni, poiché la funzione stabilizzatrice che svolge, creando ordine laddove prima esisteva un ‘territorio mobile’, è in larga parte annullata dal modo con il quale lo stato si forma, dai principi ideologici sui quali si fonda e che ne guidano poi le scelte politiche, perché, come osserva Winkler B i s ma r c k r i s o l s e l a q u e s t i o n e d e l l ’ u n i f i c az i o n e a mo d o su o : s o t t o l a g u i d a d e l l a P r u s si a e c o n t r o l ’ A u st r i a. P e r l ’ E u r o p a l a s o l u z i o n e p i c co l o - t ed e s c a e r a p i ù s o p p o r t ab i l e d i q u e l l a g ra n d e - t e d e s c a c h e a v r e b b e c a mb i a t o l’ e qu il ib rio eu ro p eo a n c or d i pi ù in f avo re d e ll a G er ma n i a . L a qu e s ti on e d e l l ’ u n i f i ca z i o n e d o v e v a e s s e r e r i s o l t a , co s ì a l me n o l a v e d e v a l ’ o p i n i o n e p u b b l i c a t e d e s c a n e l d e c e n n i o a n t e c ed e n t e i l 1 8 7 1 . L a f o n d a zio n e d i u n o s t a t o n a z i o n a l e t ed e s co i n s e g u i t o s i g n i f i c ò i n p a r t e o c c i d en t a l i zz a z i o n e o 35 MANN 1957, p. 551 s.

(30)

n o r ma l i z z a z i o n e . [ . . . ] P e r u n al t r o a s p e t t o , t u t t a v i a, l e d i f f e r e n z e c o n l’ O c c id e nte r i ma n e va n o p ro fon d e p e r ch é l a ‘ r iv o l u z io n e d al l’ a lto ’ d i B i s ma r c k a v e v a r i so lt o so lo l a q u e st io n e d e l l’ un if i ca z i on e , ma n on q u el la d e l l a li b er tà36.

Con questi presupposti è evidente che la centralità fisica non può che essere un’aggravante come sottolinea Stürmer nell’imminenza della riunificazione ricordando il centenario delle dimissioni di Bismarck:

I n Eu ro p a l a G e r ma n i a e r a t ro p p o p i c co l a p e r l ’ e g e mo n i a e t r o p p o g r an d e p er l’ e q u il ib r i o . L a p o s i z io n e c e n t r al e d iv e n t ò n e lla p o l i ti c a mo n d i al e d e l l a sv o l t a d e l s e c o l o a l t e mp o s t e s s o t e n ta z i o n e e d a n n a zi o n e . N o n si p u ò c o n si d e ra r e B i s ma r c k r e sp o n sa b i l e p e r le c o n s eg u en z e , ma i l g i u d i z i o su l l a su a er ed i t à n o n p u ò n e p p u r e e s s e r e d i s g i u n t o d a q u e s t e37.

Per quanto concerne, poi, i modi in cui lo stato tedesco nasce, è facile comprendere come sia un trauma profondo per le sensibili geometrie politiche del continente, il fatto che l’unificazione è sancita da una guerra di aggressione verso uno stato confinante, la Francia appunto, sul cui territorio sarà anche incoronato il primo sovrano tedesco. È un esordio preoccupante, sulle cui conseguenze nel caso specifico ritorneremo, causa prima di quella ostilità diffusa che la neonata Germania suscita intorno a sé, perché, come rileva Hillgruber,

d a u n p u n t o d i v i s t a i n t e r n a z i o n a l e , l ’ a s p i r a z i o n e d ei t e d e s ch i ad u n o S t a t o n a z io n al e a p p ar v e c o me q u a l c o s a d i q u ali t a t i v a me n t e d i v e r so r i s p e t t o ag l i 36 WINKLER 2004, p. 720. 37

M. STÜRMER, Bismarcks belastetes Erbe, in FAZ, 62 (14.3.1990), p. 1. La stessa tesi con qualche variante è sostenuta da Bolaffi: «Troppo debole per dominare l’Europa [...]. Ma troppo forte, economicamente e militarmente, troppo esteso geograficamente e troppo potente demograficamente per non essere percepito come una costante minaccia da parte degli altri stati europei», A. BOLAFFI 1995, p. XI.

(31)

a l t r i mo v i me n t i n a z i o n al i d e l XI X s e c o l o , p e r ch é l e g a t o a l l ’ e s i g e n z a d i u n a p o si z io n e pr i vi l eg i at a , ol t r e l’ a mb i to d el lo S t a to n a z ion a l e38.

D’altra parte, i termini pratici del problema sono sostenuti, e potenziati, da elementi teorici che riguardano i fondamenti ideologici della nazione tedesca. Formulati già nella fase pre-statale, e destinati a dimostrarsi incompatibili con un assetto pacifico del continente europeo, essi avranno un ruolo essenziale nel ‘regolare’ i rapporti dello stato tedesco con quelli vicini. A tale proposito Brunnsen sottolinea come n e l p r i mo s t a t o t e d e sc o u n it a r io i l p r e z zo p e r l a d e f in i z ion e d el l’ id en ti t à n a z i o n al e t e d e s c a e r a s t a t a l ’ el i mi n a z i o n e e l ’ u mi l i a zi o n e d eg l i a v v er s a r i e s t e r n i e i n t e r n i. S u q u e s to p ri n ci p io e x n e g a t i vo s i b as a v a s i a i l mi t o d el l a f o n d a zi o n e d el R ei c h, ch e av e v a l a su a o r i g i n e d a l la v i t to ri a mi l i t a r e sui f r a n c e si [ … ], s i a l ’ a t t o d i f o n d a zi o n e d e l R e i ch , a l q u a l e si a t t r i b u ì l a c o n s ap ev o le u mi l i a z io n e d el l a F r an c i a . I n o lt r e il R e i ch p e r s e g u ì fin d a l l’ in i zi o i l p r og e tt o d el l a ‘f on d a zi o n e i n t e r n a’ c h e s i c o n c l u s e c o n l ’ a p p l i c a z i o n e d i mi s u r e d i c o n t r a s t o v e r so i p r e s u n t i ‘ n e mi c i d e l R ei c h’ . [… ] - Ch e c o s a s i g n i f i c a v a es s e r e t e d es c o , s i d el i n e av a c o sì p e r mo l t i a s p e t t i so l o a t t r av e r so l a d e f i n i z i o n e c a r i ca d i r an c o r e d i c i ò ch e n o n e r a t e d e s c o : c i s i p r o n u n c i a v a c o n tr o l a d e m o c r a z i a e i l l i b e r a l i s m o e c i s i o p p o n ev a a l l a c i v i l i zz a z i o n e o cc i d en t a le, a l l a q u al e s i su p p o n e v a ch e l a c u l t u r a t ed e s c a f o s s e d i mo l t o su p e r i o r e39.

La Germania si fa, così, portatrice e promotrice di un concetto di identità nazionale e di nazione allo stesso tempo esclusivo e conflittuale verso l’esterno e fortemente includente all’interno, basato cioè sullo ius sanguinis, perché «etnocentrici, i tedeschi vedono nel

38

HILLGRUBER 1988, p. 68 s.

39

(32)

Volk l’unica realtà e di conseguenza tutti coloro che sono di ceppo

germanico e parlano tedesco fanno parte della nazione tedesca»40.

Frutto ‘spontaneo’, e avvelenato, di questo assioma è che la Germania è ovunque ci sia un tedesco e, quindi, ogni confine è teoricamente violabile pur di assicurare a tutti i tedeschi protezione entro la medesima frontiera41

.

La nascita dello stato tedesco si fonda, pertanto, su una concezione naturalistica della nazione che è fonte immediata di preoccupazione per gli altri stati europei, in particolare per quelli confinanti, poiché è il presupposto per un’espansione territoriale potenzialmente illimitata. Il rischio che questo timore si trasformi in ostilità aperta è, però, senz’altro maggiore laddove il contrasto non è solo politico, ma anche ideologico. Non a caso, pertanto, è la Francia che fonda la sua esistenza su un patto volontario fra i suoi cittadini, riconoscendo nello ius soli l’elemento discriminante per l’appartenenza alla nazione, a incarnare il nemico ‘naturale’ della Germania. Scrive Febvre a tale riguardo:

P e r n o i f r an c e s i , a l l a b a s e d el l a n a z i o n e c’è l ’ i d e a d ei d i r i t t i n at u r al i d e l l ’ u o mo , e d u n q u e d e l c o n t r a t t o v ol o n t a r i o , d e l l ’ a c c o r d o s p o n t a n e o , d e l l i b er o c o n se n s o ch e p u ò u n i r e g l i u o mi n i. [ . . . ] I n G e r ma n i a c i ò c h e c o n t a è

40

MENDRAS 1999, p. 218. Bisognerà attendere il 1 gennaio del 2000 perché con l’entrata in vigore del nuovo diritto di cittadinanza questo principio di appartenenza allo stato tedesco sia modificato anche legislativamente.

41

La Germania mette in questo modo in discussione la certezza dei confini con i paesi vicini contribuendo così ad accentuare uno dei problemi nazionali dell’Europa, come osserva Stefan Berger: «Una delle caratteristiche principali della nazione erano i confini saldi, ma questi nell’Europa del XIX e del XX secolo rimasero in più di un luogo molto controversi. Le storie nazionali erano perciò sempre anche storie di conflitti di frontiera e di regioni di confine», S. BERGER 2008, p. 12.

(33)

i l di r it to s to r i co , è l a t r a d i zi on e, è i l g en io d e ll a r a zz a , d i ci a m o l a p a ro l a, d e l l a r a z z a c h e c o mp ar e f i n d al l ’ i n izio d e l l e a r g o me n t az i o n i t ed e sc h e42.

La contrapposizione che ne nasce, dunque, è sostenuta da due visioni della nazione diverse e contrarie che la alimentano al di là di ogni contingenza storica, contribuendo a sclerotizzare le differenze e ad acuire i contrasti fino a renderli insanabili. In quest’ottica s’inquadrano le tensioni che per quasi un secolo caratterizzano, senza soluzione di continuità, i rapporti fra i due stati e che si coagulano nei due conflitti mondiali, ripercuotendosi con un fatale effetto-domino sugli assetti continentali43. E la contrapposizione è tanto più profonda

perché è indubbiamente l’esito di un complicato rapporto di attrazione e repulsione che riguarda in primo luogo l’ambito politico, perché, come afferma Ramm, prima dell’unificazione bismarckiana

i l r ap p o r t o c o n l a F r an c i a e r a s t a t o p e r i t e d e s c h i s e mp r e s i g n i f i c a t i v o – e c o n f l i t t u a l e . L a F r an c i a o f f r i v a a s i l o a i p e r s eg u i t a t i p o l i t i c i e d e r a c o n si d er a t a u n ’ e s p o rt at r i c e d i riv o lu z io n i . Se mp r e p r o n t a e d i sp o n ib il e p e r l e s o ll e v az i on e e r a p o co a da t t a c o me mo d e ll o p ol it i co , do po c h e la r i v o l u z i o n e e r a t e r m i n a t a co n i l d o mi n i o d i N a p o l e o n e p r i ma e l a r e s t a u r a z i o n e d e i B o r b o n i p o i44. 42

FEBVRE 1999, p. 255. A questo riguardo sono illuminanti le parole di Friedrich Meinecke: «Il grave errore del pensiero storico tedesco fu l’idealizzazione dissimulatrice dell’idea di potenza mediante la dottrina che essa corrispondeva a una moralità superiore. Con ciò si diede origine, malgrado tutte le riserve morali ed idealistiche che si facevano, al sorgere di un’etica di potenza, rozzamente naturalistica e biologica» cit. in M. SERRA 1994, p. 10.

43

Interessante quanto scrive al riguardo De Giovanni: «L’interesse estremo nel ripercorrere “nella teoria” la questione franco-tedesca sta non soltanto in grandi ragioni di schietta storia politica […], ma nel suo essere simbolo di due visioni che si sono contrapposte fino a diventare rappresentative di due vere e proprie linee di tendenza impresse alla storia d’Europa», DE GIOVANNI 2002, p. 72.

44

(34)

Non si può, peraltro, negare che alla complessità della relazione contribuiscono anche fattori che esulano dallo stretto ambito politico coinvolgendo quello culturale e che sono rilevati da Wolf Lepenies che proprio, all’inizio del 1990, scrive:

L a F r an c i a e r a n o n so l o i l n e mi c o p o l i ti c o e r e d it a ri o d e i t e d e s ch i ma a n c h e i l m o d el lo o l’ imi t a t r i c e in tu tt i g l i a mb i t i cu l tu r a li . N e l la l o r o s to r ia c o mu n e h a l e g a t o F r a n c i a e G er ma n i a u n a c a t e n a d i c o mp e n s az i o n i n e l l e q u al i l e p r e s t a z i o n i cu l t u r al i d o v e v an o c an c e l l ar e l o s ma c c o d e l l e g u er r e p e rd u t e - in mo d o co s ì a t t iv o ch e in e n tr amb i i p a e s i l a n u o v a g u e rr a e r a s p e s s o p r ep a r a t a o i mma g i n a t a i n c a mp o cu l t u r a l e. Q u e s t o è a c c ad u t o p er l a G e r ma n i a d o p o l a s co n f i t t a d i Je n a e A u e r s t e d t , p e r l a F r a n c i a d o p o q u e l l a d i S ed an e a n c o r a p er l a G e r ma n i a d o p o V e r s a i l l e s. [… ]. L a c u l tu r a co me r i v i n ci t a - q u e st a se g r e t a mo t i v a zi o n e d e i r ap p o r t i f r an co - t e d e s c h i h a r i c h i e s t o c o n t i n u a me n t e i n e n t r a mb i i p a e s i g i u s t i f i ca z i o n i o c amu f f a me n t i p e r co lo ro c h e av ev an o mo t iv o d i co l l ab o r a r e c o n i l ‘n e mi c o e r e d i t a ri o ’ . N e l l e s u e C o n si d e ra zi o n i d i u n i m p o l it i co , s c r i t t e d u r a n t e l a P ri ma g u e r r a mo n d i al e , T ho ma s M a n n h a s v el a t o n el co n f ro n t o co n H e in r i ch M an n , i l l e t t e r at o d e l l a Z i vil ita t ion , l a co n co r r e n z a c u l t u r a l e f r a n co - t ed es c a c o me u n i n ev i t a b i l e d i s s i d i o f r at e r n o n el l a c a s a eu r o p e a45.

Altrettanto complesso, d’altra parte, è l’atteggiamento dei francesi nei confronti della Germania per i quali prima di Sedan

i l p a e s e d i M o z a r t e d i B e e t h o v en d e mo c r a ti c o , l i b e r al e e c o l t o e r a l ’ a l l e at o n a t u r a l e d e l l a F r a n cia c o n t r o l a R u s si a . L ’ i d e a l i s mo t e d e s co s a l v av a l a f i l o s o f i a f r a n c e s e d e l l ’ e mp i r i s mo i n g l e s e , c h e r i d u c ev a t u t t o a l i v el l o d el p i a c e r e e d e l l ’ u t i l i t à . P r i ma d e l l a g u er r a d e l 1 8 7 0 e s i st e v a t u t t o u n mo v i me n t o a f a v o r e d e l l ’ u n i f i c az i o n e t ed e sc a . [ . . . ] S o l t a n t o d o p o l a g u e r r a d e l 1 8 7 0 s i c o mi n ci a a p a r l a r e d e l l a Ge r ma n i a c o me d i u n n e mi c o d a a b b at t e r e, n e l l a a t t e s a d i b a t t e z z a r l a n e mi c o e r ed i t a r i o46. 45

W. LEPENIES, Erinnerung an einen Glücksfall, in FAZ, 47 (24.2.1990), p. 27.

46

(35)

La questione franco-tedesca diventa, dunque, in virtù del ruolo predominante che svolge nelle vicende continentali il leitmotiv della storia europea, fino a far sostenere a ragione che senza di essa «l’Europa è almeno in parte un vaso mezzo vuoto, un principio astratto, un contenitore privo di direzione»47

. D’altra parte, però, se la storia dell’Europa ruota attorno ai rapporti franco-tedeschi, il fatto che i due stati per lungo tempo non solo non riescono a pensare a una loro collaborazione, ma nemmeno a una loro coesistenza, affossa sul nascere qualsiasi progetto d’ispirazione europeista48.

L’esito della Seconda guerra mondiale sembra eliminare il pericolo: la Germania è sconfitta, occupata e privata di una parte importante del suo territorio. La Francia vede, in questo modo, realizzarsi gran parte dei suoi desiderata e s’impegna a fondo perché il temuto vicino non possa uscire da questa condizione di minorità, che sembra risolvere in suo favore una rivalità ormai quasi secolare. Osserva a tale proposito Schwarz:

S i p u ò a f f e r ma r e i n s i n t e s i ch e [ . . . ] C h a r l e s D e G a u l l e e s u o i i m me d i a t i s u c c e s s o r i a s p i r ar o n o a i mp e d i r e l a r i n a s c i t a d i u n o st at o t e d e s co u n i t a r i o c o n u n g o v e r n o c en t r a l e p e r a r g i n a r e u n n u o v o e v e n t u a l e ‘ a s s a l t o t e d e s co a l p ot e r e mo n d i al e’ . S i b at t er on o p e r ci ò p e r u na s t r ut tu ra f e d e r al i s t i ca e d e c e n t r a l i z z at a d e l lo s t ato c o n f i n an t e. I n q u e s t o s e n so 47 DE GIOVANNI 2002, p. 74. 48

In relazione ai progetti europeisti del primo dopoguerra si osserva giustamente che «tutti insidiavano la supremazia dell’Europa. Per difenderla e conservarla il continente doveva unirsi e il blocco europeo non poteva che saldarsi attorno all’asse tra Francia e Germania che per ben due volte in mezzo secolo avevano rotto gli equilibri europei e che secoli addietro avevano dato vita all’unione carolingia», MAMMARELLA-CACACE 1998, p. 5.

(36)

a p p o g g i a r o n o i n p r i m o l u o g o l e p r o p o s t e p e r u n a f r a m m e n t a z i o n e d e l l a G e r ma n i a c o n c ed en d o a i s i n g o l i L ä n d e r l a ma g g i o r e au to no mi a po s s ib il e49.

Tuttavia, le distruzioni umane e materiali causate dal conflitto inducono da un lato a proporre nuovi sistemi di relazioni che hanno nella rifiuto della guerra il loro elemento di forza, mentre dall’altro stimolano progetti di indirizzo eu ropeista, primo fra tutti quello promosso da Altiero Spinelli, che individuano nella rinuncia alla esasperata tutela degli interessi nazionali, e nazionalistici, la conditio

sine qua non per evitare l’autodistruzione dell’Europa. Si tratta, in

larga parte, di enunciazioni di principio che soltanto con l’inizio della guerra fredda diventano argomento di confronto, tanto che Paul-Henry Spaak attribuisce unicamente a Stalin il titolo di padre dell’integrazione europea, intendendo con questo che «fu la minaccia del comunismo a incoraggiare i paesi dell’Europa occidentale a una più stretta cooperazione che poi avrebbe condotto all’integrazione vera e propria»50. È con questo fine dunque che, come sottolinea

Soutou,

49

S. SCHWARZ 1996, p. 762. Sullo stesso piano si collocano le riflessioni di DE GIOVANNI 2002 (p. 74): «Fra il 1945 e il 1948 la Francia perseguì il progetto della distruzione della Germania come stato [...] esaltando al massimo quel carattere portante che la storia europea moderna si era data nell’urto tra Francia e Germania, due diversi momenti della storia dello stato, due visioni della storia, due modi di pensare il senso delle questioni nazionali, e poi, nel Novecento, due interpretazioni della storia del mondo».

50

MIKKELI 2002, p. 103. Le motivazioni, e le minacce, che inducono a far progredire il progetto europeista ne determinerebbe in alcuni frangenti, secondo Schulze, anche la debolezza poiché «l’Europa ha sempre serrato le fila contro qualcosa, mai per qualcosa. Per dirla con le parole dello storico inglese Geoffrey Barraclough:«La più evidente debolezza dell’idea europeista è che essa è forte fintanto che la minaccia dell’Europa è forte. È un’unità a termine, che si basa su una comunanza di interessi momentanea oppure solo supposta e che si sgretola rapidamente non appena il fine immediato è meno impellente», H. SCHULZE, Die Wiederkehr Europas, in FAZ; 99 (28.4.1990), Bilder und Zeiten.

(37)

a i r e s p o n sa b i l i d el l a p o l i t i c a f r a n c e s e v en n e l ’ i d e a d i u t i l i z za r e i l t e ma e u ro p eo c he e r a d i v ent a t o p opo l ar e d opo l a g u er r a : un r a gg ru pp ame n t o , un a f e d e r a zi o n e e u r o p e a sa r e b b e s t a t a i l q u a d r o mi g l i o r e p e r u n a r i con c i l i a z i o n e f r a n co - t e d es c a , q u i n d i , l a mi g l i o r e g ar a n zi a c o n t r o u n a n u o v a g u e r r a e , s o s t en u t a d a l l ’ A me r i c a , u n me z z o p e r r e s i ste r e a l l ’ i mp e r i a l i s mo so v i e t i c o51.

Dunque nuove esigenze fanno ben presto apparire obsoleti i metodi con i quali si continuavano a regolare i rapporti interstatuali, primo fra tutti ovviamente quello fra Francia e Germania52, anche se è

innegabile che, per quel che riguarda i francesi, l’adesione al progetto europeista serve anche a celare nuove debolezze:

L ’ a d d i o all a p r e c e d en t e D eu t s ch la ndp ol it ik e r a e s p r e s s i o n e d el f a t t o c h e l a F r an c i a n o n e r a a b b a s t an za f o r t e d a c o n t r ap p o r r e a l l a p o l i t i c a an g l o -a me r i c -a n -a , c h e mi r -av -a -a u n -a r -a p i d -a r i c o s t r u z i o n e , u n p ro p r i o c o r s o a u to n o mo . Q u e s t o ca mb i a me n to d i o ri en t a me n t o d i p e n d ev a a n c h e d a l l a d e b o l e z z a d e l l ’ e c o n o mi a f r a n c e s e a l l a f in e e d o p o l a g u e r r a . B e n c h é l a G e r ma n i a n e l 1 9 4 5 a v e s s e s u b i t o u n a s co n f i t t a d ev a s t a n t e, a n c o r a mo l t i a n n i d o p o i l p i ù p es a n t e s c o ss o n e c h e l a c o s c i e n za n a z i o n a l e f r a n c e s e a v e s s e ma i v i s su t o , g l i e v en t u a l i t i mo r i p er l a p o s s i b i l i t à d i u n a r i n n o v at a mi n a c c i a t e d e s c a e r an o at t u a l i e i n t en s i . A q u e st o si a g g i u n g ev a n o - co m e d o p o l a P r i ma g u e r ra mo n d i ale - l e p re o c c u p a z io n i p e r u n a p o s si b i le c o a l i zi o n e t r a u n o s t at o n a z i o n al e t e de s co c h e s i s t av a d i n u o v o r a f f o r z an d o e l ’ U n i o n e s o v i e t i c a , u n a co a l i z i o n e c h e a v r eb b e con s e g n a t o l a F r a n ci a a l l’ av v er s ar i o d i i e r i a a l n e mi c o d i ‘o gg i’53. 51 SOUTOU 1996, p. 11. 52

Si colloca nel 1946, anno nel quale si fanno evidenti i primi segnali della contrapposizione Est-Ovest, anche il discorso, The Tragedy of Europe, con il quale Churchill individua nella rifondazione di rapporti franco-tedeschi l’elemento indispensabile per costruire l’Europa unita: «Il primo passo per ricreare la famiglia europea deve essere una partnership tra Francia e Germania. [...] Non ci può essere ripresa in Europa senza una Francia spiritualmente grande e una Germania spiritualmente grande», cit. in MIKKELI 2002, p. 107.

53

(38)

È sotto queste spinte e questi auspici, pertanto, che prende forma l’invenzione comunitaria, della quale si è forse troppo spesso sottolineata, in senso negativo, la modestia iniziale. Giudizio per certi aspetti troppo affrettato, se si considerano le difficoltà di coabitazione fin qui descritte e le diffidenze profonde da superare54.

È importante a questo punto chiedersi che cosa favorisca la realizzazione di questo progetto nel 1951, anche per comprendere il ruolo e importanza dell’Europa nel 1989. In effetti, oltre che dal contesto, la forza del primo progetto comunitario deriva, innanzi tutto, dall’aver individuato nei burrascosi rapporti franco-tedeschi il nodo da sciogliere per gettare le basi di una pace duratura, e dal proporre per scioglierlo non un rimedio temporaneo, ma un metodo applicabile anche in successive occasioni: coniugare sovranazionalità e interessi nazionali, integrando le economie di stati per lungo tempo nemici.

Valore aggiunto della proposta che riguarda inizialmente la gestione comune del carbone e dell’acciaio è il fatto che, formulata dai francesi Schuman e Monnet55, è un vero e proprio atto di

riconciliazione verso i tedeschi, con il quale la Francia rinuncia a

54

Sul divario fra le aspirazioni ideali dei padri dell’europeismo e la realizzazione del processo di integrazione europea osserva Mikkeli: «Che la tattica dei piccoli passi sia deplorevole per l’avanzamento dell’unificazione europea è un’altra faccenda, in ogni caso, questo è forse l’unico modo per tradurre la retorica in risultati concreti. La decisione di assumere questa linea di azione fu anche una politica deliberata da parte dei pionieri post-bellici dell’ethos europeista come Jean Monnet .[…] Così una politica funzionale dei piccoli passi sembrò l’unica modalità realistica d’azione anche per tutti coloro che più caldamente aspiravano a un’Europa unita e possibilmente federale», MiKKELI 2002, p. 121.

55

La ‘conversione’ francese è impersonata a proprio da Jean Monnet, che nel 1946 aveva elaborato il primo piano francese antigermanico che prevedeva, oltre allo smembramento della Germania, lo smantellamento dell’industria tedesca dell’acciaio.

Riferimenti

Documenti correlati

Legend to Supplemental Figure S1 – Causes of hypertension and their percentage distribution in patients with normokalemia (black; N = 3,922) versus hypokalemia (grey; N = 804)..

Questo piano prevede sette aree principali riguardanti le attività di prevenzione, cessazione di carriere per malattia, promozione del ritorno al lavoro, supporto

explorer l’utilisation du storytelling et de la cartographie d’histoire numériques dans l’éducation pour prévenir le décrochage scolaire.. Les histoires bien racontées sont

• Les élèves ont-ils compris ce qu’il fallait faire lors de l’activité d’apprentissage. • Mes instructions

4 Capacité à conserver un environnement sain en donnant de bonnes conditions pour permettre à chaque élève de s’exprimer et de participer au cours En tant que professeur,

1. Tout Etat peut, au moment de la signature ou au moment du dépôt de son instrument de ratification, d’acceptation ou d’approbation, désigner le ou les territoires auxquels

“the incorporation of the European Convention of Human Rights [hereafter ECHR] generated constitutional pluralism and inter-judicial competition within the national order;

The PSD extended the idea of same rules for same payments to all electronic payment instruments in the European Union while addressing the improvement of competition,