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La nave A del Contesto Pisa San Rossore: la struttura e l'equipaggiamento di bordo

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

Corso di Laurea Magistrale in Archeologia

TESI DI LAUREA

LA NAVE A DEL CONTESTO PISA SAN ROSSORE:

LA STRUTTURA E L’EQUIPAGGIAMENTO DI BORDO

Relatore: prof.ssa Simonetta Menchelli

Correlatore: prof. Fabio Fabiani

Correlatore: dott. Andrea Camilli

Candidata: Cristina Laurenti

Mat. 559756

Anno Accademico 2018-2019

(2)
(3)

Indice

Introduzione

p. 5

1

Il contesto archeologico

p. 7

1.1 Le Navi Antiche di Pisa

p. 10

1.1.1 Il contesto paleoambientale p. 10

1.1.2 Il sistema portuale pisano p. 15

1.1.3 Le fasi del bacino di San Rossore p. 18

1.2 Lo scavo dell’area 1

p. 23 1.2.1 1998-1999 p. 23 1.2.2 2003 p. 25 1.2.3 2006-2007 p. 28 1.2.4 2013-2015 p. 36

2

La nave A

p. 43

2.1 Stratigrafie e affondamento

p. 44

2.2 Problemi di datazione: gli studi sul carico

p. 54

2.2.1 Primo studio sul carico p. 54

2.2.2 Secondo studio sul carico p. 57

2.2.3 Il Bagaglio di un marinaio p. 50

2.3 Analisi scientifiche:

radiocarbonio e dendrocronologia

p. 60 2.3.1 Indagine dendrocronologica p. 61 2.3.2 Datazione radiocarbonica p. 63

3

L’equipaggiamento di bordo

p. 65

3.1 I reperti dell’area 1

p. 65

(4)

3.1.1 La pompa di sentina p. 67

3.1.2 Attrezzatura navale p. 69

3.1.3 Strumenti per la pesca, la cucina e l’illuminazione p. 72

3.1.4 Altri oggetti p. 73

3.2 Catalogo dell’equipaggiamento

p. 75

3.2.1 Catalogo p. 75

4

L’architettura della nave A

p. 98

4.1 La struttura della nave A

p. 105

4.1.1 Lo scafo p. 105

4.1.2 L’apparato di governo p. 112

4.2 Analisi delle specie legnose e del loro stato di

Conservazione

p. 115

4.2.1 Le analisi p. 115

4.2.2 I restauri p. 123

4.3 Tracce di calafataggio

p. 124

4.4 Catalogo dei legni

p. 126

4.4.1 Catalogo p. 127

Osservazioni conclusive

p. 181

Bibliografia

p. 191

(5)

Introduzione

Lo studio dell’imbarcazione, denominata nave A, del Contesto Pisa San Rossore si è svolto nell’ambito di un percorso di formazione incentrato sull’Archeologia Navale. In un primo momento, un tirocinio curricolare effettuato presso il Cantiere delle Navi Antiche di Pisa nella primavera del 2018 ha permesso di avvicinarsi a questo mondo, grazie al lavoro di schedatura, catalogazione e scelta dei materiali per il Museo delle Navi Antiche di Pisa che era in fase di allestimento; in seguito, con l’analisi vera e propria dell’imbarcazione di maggiori dimensioni presente nella collezione, è iniziato lo studio specifico della nave A.

L’unicum archeologico del contesto delle Navi Antiche di Pisa ha reso possibile l’incontro con materiali straordinari, sia per il loro stato di conservazione, sia per loro particolarità. Scafi, cordame, cestini, utensili in metallo, oggetti in legno, lacerti di cuoio, ceramiche, vetri e contenitori da trasporto utilizzati tra il V secolo a.C. e il VII secolo d.C. restituiscono l’impronta indelebile di un frammento di storia che si è conservato in un’ansa fluviale alla periferia dell’antica Pisa e che necessita studi approfonditi.

L’area in cui giaceva la nave A è stata oggetto di diverse campagne di scavo, non continuative1, non pubblicate integralmente. Nella prima pubblicazione completa “Le

navi antiche di Pisa: ad un anno dall'inizio delle ricerche” (Polistampa, 2000) era presente un accenno dell’imbarcazione2, considerata un’oneraria di medie dimensioni3, che però

era stata scavata solamente in una minima parte.

Successivamente alla seconda campagna di scavi sono stati pubblicati un articolo “Pisa San Rossore. Materiali ceramici dal carico della Nave A (US 1010)” (2003) con i risultati degli studi sui materiali ceramici rinvenuti e il libro “Le Navi Antiche di Pisa. Guida archeologica” (Mondadori Electa, 2005) con un capitolo dedicato alla nave A.

Il libro “Il bagaglio di un marinaio” (Aracne, 2012) è l’ultima pubblicazione4, nonché

l’unica, inerente ai materiali e alle stratigrafie dell’area in cui è stata rinvenuta l’imbarcazione.

1 Cfr. paragrafo 1.2

2 Le stesse informazioni sono riportate in COMUNE DI PISA 2001, p. 54 e BRUNI 2002, pp. 41-43. 3 BRUNI 2000, pp. 44-45.

4 Il lavoro era stato proceduto dalla tesi di dottorato “Cantiere di Pisa - San Rossore: Area 1 - Nave A.

Ricostruzione delle modalità di naufragio e successivo interro del relitto attraverso le analisi delle stratigrafie e lo studio dei materiali archeologici”.

(6)

Visti gli studi già esistenti, in questa trattazione si cercherà di fare chiarezza in merito alla stratigrafia, rivista alla luce dei ritrovamenti dell’ultima campagna di scavo, mai pubblicati, e di confrontare le numerose analisi scientifiche (delle specie legnose, dello stato di conservazione, dendrocronologiche e radiocarboniche) seguite agli scavi più recenti con quelle eseguite negli anni precedenti.

L’ interesse specifico di questa tesi è diretto verso quella categoria di materiali che comprende l’equipaggiamento di bordo, utilizzato durante la navigazione e le transazioni commerciali. Tali materiali sono stati catalogati e disegnati, dove possibile5.

L’architettura della nave A non è mai stata studiata nel dettaglio: rappresenta una bella sfida, a vent’anni dalla scoperta, tentare di comprendere come era stata costruita e come si può inserire questa imbarcazione all’interno del variegato mondo dell’Archeologia Navale mediterranea, sia per la difficoltà di lavorare con materiali lignei, sia per la complessità intrinseca nella comprensione di ciascun elemento costruttivo. Per tale lavoro si è ritenuto opportuno compilare un catalogo dei pezzi completo di dimensioni, peso, descrizione e trattamento di restauro, corredato con disegni e fotografie di ciascun legno. Tutto questo complesso lavoro è stato possibile grazie alla disponibilità del dottor. Andrea Camilli, Direttore del Cantiere delle Navi Antiche di Pisa, che mi ha concesso di studiare ciò che più mi interessava, e alla Professoressa Simonetta Menchelli che mi ha seguito nel mio percorso di ricerca per la tesi.

Un ringraziamento particolare va inoltre alle dott.sse Annamaria Puccinelli e Paola Quagliarella, senza il cui aiuto non avrei mai potuto trovare documenti e reperti, insieme a tutti i restauratori e le persone con cui in questi due anni al CNAP abbiamo scambiato opinioni e idee. Tra questi desidero ricordare la dott.ssa Annalisa Faggi, Giuseppe Cavagnuolo, Andrea Gobbi e il dott. Andrea Incorvaia.

Infine, vorrei ringraziare la dott.ssa Gloriana Pace, futura proprietaria di una statua di cioccolato, senza il cui contributo e le infinte chiacchierate non avrei mai potuto scrivere questa tesi.

(7)

Capitolo 1

Il conteso archeologico

Nel mese di ottobre del 1998, durante una serie di saggi assisiti6 per la costruzione da

parte di Ferrovie dello Stato di un nuovo edificio funzionale alla linea ferroviaria tirrenica, nella stazione di Pisa San Rossore7 sono venuti alla luce gli straordinari resti di un

contesto fluviale con più di mille anni di storia (figura 1).

Lo scavo archeologico che ne è venuto a seguire è iniziato con le modalità di uno scavo di emergenza, finanziato dalle Ferrovie stesse, incentrandosi sull’identificazione e il recupero dei materiali rinvenuti. A queste prime scoperte sono seguiti numerosi rinvenimenti di relitti tali da rendere necessario il passaggio verso un progetto archeologico a lungo termine sotto il controllo della Soprintendenza8.

Il deposito archeologico di Pisa San Rossore9 si rivelò così essere un unicum archeologico

per la particolarità della situazione: almeno 27 imbarcazioni (tra quelle integre, quelle in pezzi e quelle solamente indiziate) conservate in depositi limosi di fondale fluviale che,

6 Già dal 1993 l’allora Soprintendenza Archeologica della Toscana aveva dichiarato di interesse

storico-archeologico la zona attorno alla stazione di Pisa San Rossore.

7 Secondo scalo ferroviario di Pisa a 500 m in linea d’aria da Piazza dei Miracoli. 8 Per i particolari relativi all’iter amministrativo si veda BRUNI 2002, pp. 5-14.

9 La sigla utilizzata per la catalogazione e l’inventariazione di tutti gli oggetti e i documenti è PSR, seguita

dall’anno di scavo.

Figura 1: pianta di Pisa con la localizzazione del CNAP (da BRUNI 2000, p. 52).

(8)

per le caratteristiche del banco fluviale sabbioso in cui si sono microfiltrate le falde acquifere, hanno reso possibile la conservazione di materiali organici di diversa natura (legni delle imbarcazioni, cordame, contenuti di anfore, oggetti in cuoio e vimini) insieme agli oggetti tipici di un deposito archeologico spesso rinvenuti integri10.

Una scoperta del genere è subito stata accolta dalla stampa come uno “scavo delle meraviglie”, in modo tale che sulle testate nazionali è stato presto definito con l’accattivante nome di “Pompei del Mare”, dagli studiosi del settore e, ultima ma non meno importante, dalla popolazione locale11.

Dal punto di vista degli studi un acceso dibattito si è creato attorno alle metodologie di intervento e di restauro che ha coinvolto una certa parte del mondo accademico e dei centri di ricerca. Si sono potuti sperimentare nuovi metodi di restauro e utilizzare le ultime tecnologie per studiare i relitti e i loro carichi.

Una ricca serie di mostre, convegni e seminari hanno consentito un vivace dibattito sui risultati scientifici ottenuti piuttosto velocemente, grazie alle condizioni di indagine di maggior agevolezza rispetto a degli scavi subacquei, che hanno consentito di approfondire la conoscenza delle tecniche navali, della navigazione e dei traffici commerciali nel periodo compreso tra il V secolo a.C. e il VII secolo d.C.

Lo scavo archeologico è stato condotto su un’area di 3500 m2 sui 10000 m2 complessivi

e i reperti sono affiorati a una quota compresa tra i – 5,5 e i 9 m. La presenza delle falde acquifere ha richiesto l’impego di un sistema di palancolati12 e pompe well-point (figura

2).

10 CAMILLI, ET AL. 2005, p. 74. 11 BRUNI 2002, pp. 7-8.

12 Sistema ereditato dagli scavi di emergenza di Ferrovie dello Stato che con il primo palancolato erano

andati a tagliare la prima delle imbarcazioni ritrovate, la nave A.

Figura 2: scavo delle aree 1(davanti) e 5 (dietro) nel 2006 (foto di repertorio).

(9)

Nel 2004 si è reso necessario costruire un centro logistico, il Cantiere della Navi Antiche di Pisa o CNAP, che è stato dotato di foresteria, uffici, magazzini, portineria, auditorium, spazio espositivo, laboratorio di ceramologia e, soprattutto, è stato creato il Centro di Restauro del Legno Bagnato, unico di questo genere in Italia, con spazi e materiali sufficienti a conservare e restaurare i materiali organici rinvenuti.

Le operazioni di scavo si sono concluse nel 2014 con gli ultimi interventi di Cooperativa Archeologia e, nello stesso anno, si sono inaugurate le prime due sale del futuro museo presso gli Arsenali Medicei13 di Lungarno Simonetti.

Proprio questo luogo già nel 1999 era stato indicato come spazio espositivo adatto a ospitare una mostra “Le Navi Antiche di San Rossore”14 con i reperti dei primi due anni

di scavo. Nel settembre del 2000 una commissione presieduta da Salvatore Settis individuava gli Arsenali Medicei (figura 3) come sede atta a ospitare un museo da dedicare alle Navi Antiche di Pisa, da affiancarsi a uno scavo (il futuro CNAP) e un centro di restauro (il futuro Centro di Restauro del Legno Bagnato), entrambi visitabili15.

Negli anni successivi la Soprintendenza Archeologica della Toscana (ora Soprintendenza Archeologica di Pisa e Livorno) e il Comune di Pisa hanno delineato i percorsi e gli allestimenti fino ad arrivare alla progettazione finale, presentata al Ministero dei Beni Culturali il 30 Novembre 2013.

13 Gli Arsenali Medicei furono realizzati attorno al 1540 in sostituzione dei più antichi Arsenali

Repubblicani per iniziativa di Cosimo I de Medici. Per la concorrenza dei cantieri navali di Portoferraio e Livorno subirono un lento declino fino al XVIII secolo quando, sotto i Lorena, venne cambiata la loro destinazione d’uso e si trasformarono in stalle con annesso centro di riproduzione ippico per i cavalli del reggimento dei Dragoni. Il legame con il mondo ippico militare perdurò sino al secondo dopoguerra quando i locali vennero abbandonati. CAMILLI, SETARI 2012, pp. 41-42.

14 25 giugno-6 agosto 1999.

15 CAMILLI, ET AL. 2006 B, pp. 17-18.

(10)

Il Museo della Navi Antiche di Pisa o MNAP, atteso per anni dalla cittadinanza, è stato inaugurato alla presenza delle più alte cariche del Ministero dei Beni Culturali e del Comune di Pisa il 16 giugno 2019. Ospita, su una superficie di oltre 4000 m2, un percorso

tematico cha narra non solo la vita delle Navi di Pisa, ma anche la storia della città stessa. Le otto aree tematiche in cui si è scelto di suddividere il museo sono così distribuite:

1. La città tra i due fiumi. Sala dedicata alla storia e all’archeologia della città di Pisa dall’epoca preistorica all’Alto Medioevo.

2. Terra e acque. Area tematica dedicata all’economia pisana nell’antichità, soprattutto al legame tra la città e le sue vie fluviali.

3. Le alluvioni. Sezione che illustra l’effetto delle alluvioni e la formazione del deposito archeologico.

4. Navalia. Area “metodologica” che tratta dello scavo delle imbarcazioni rinvenute e delle tecniche di costruzione navale antica. La sala, già aperta dal 2014, espone i resti della nave A.

5. Le navi. Sala di dimensioni maggiori, divisa in due campate, che ospita tutte le imbarcazioni rinvenute con i loro carichi suddivise in navi da trasporto e navi da fiume.

6. I commerci. Sezione adibita all’esposizione delle varie tipologie di contenitori da trasporto e dei loro metodi di spedizione.

7. La navigazione. Area dedicata a tutti gli aspetti delle tecniche della navigazione antica e delle rotte commerciali.

8. La vita di bordo. Sala che ospita tutti gli oggetti utili alla vita quotidiana su una nave sia dei marinai che dei passeggeri

1.1 Le Navi Antiche di Pisa

1.1.1

Il contesto paleoambientale

Della città di Pisa, la colonia Opsequens Iulia Pisana, in epoca romana sappiamo da Strabone e Rutilio Namaziano che si situava alla confluenza tra due fiumi, Arnus e Auser.

(11)

L’Arno nel periodo romano sfociava in tre rami nel mare16 e il suo rame settentrionale, il

principale, confluiva con l’Auser (Serchio) a valle della città, sviluppatasi come molti altri centri antichi proprio alla confluenza di due fiumi.

Allo stato attuale, con l’Arno e il Serchio non più confluenti e il secondo spostato verso nord17, non è di facile interpretazione né il percorso dei numerosi corsi d’acqua che

solcavano la pianura pisana, né la datazione dei paleoalvei visibili attraverso foto satellitari e aeree (figura 4).

Carotaggi e stratigrafie hanno permesso di comprendere che le imbarcazioni erano comprese entro alternanze di corpi sedimentari, principalmente sabbiosi e spessi sino a circa 4 m nella parte più profonda della depressione (a una quota di – 6,50 m s.l.m.). Al di sopra di questi erano presenti altri depositi, spessi circa 5 m, di argille limose alluvionali e materiali di riporto post-antichi che, a loro volta, poggiano su depositi costieri e fluviali di maggiore antichità. Si deduce quindi che quello di San Rossore è un deposito fluviale, relativo a un corso d’acqua minore con decorso ENE-OSO (che poteva essere o un probabile ramo dell’Auser che in epoca pre-romana sfociava direttamente in mare o che successivamente andava a confluire nell’Arno, oppure un ramo dell’Arno stesso ancora collegato al mare), situato alla confluenza con lo sbocco di uno dei canali regolari che facevano parte della maglia centuriale romana, non lontano dalla città.

16 Si ipotizza che la linea di costa fosse circa 6 km a monte rispetto all’attuale. CAMILLI 2004, p. 68. 17 Il fiume Auser, passato poi nel Medioevo ad essere chiamato l’Auserculus da cui deriva l’odierno nome

di Serchio, nell’Alto Medioevo era articolato nella zona nord di Pisa in Auser, Tubra e Auserculus (questi due derivati dal primo). Tra il X e il XII secolo sono attestate mutazioni sia naturali sia antropiche che ne devieranno definitivamente il corso, fino ad arrivare all’età moderna quando il fiume verrà irregimentato in un unico tratto nella zona di Migliarino. PASQUINUCCI 2003, pp. 94-95.

Figura 4: i paleoalvei di Serchio e Arno (da BENVENUTI,

(12)

Il rallentamento della corrente, dovuto alla convergenza dei due corsi d’acqua, potrebbe aver creato un’area di accumulo nella quale sono andati a raccogliersi gli oggetti trasportati dalla corrente.

I depositi sabbiosi, contraddistinti da una stratificazione inclinata N-NO, alternati da livelli più sottili di sedimenti di una corrente O-SO, sono una successione di eventi sedimentari che hanno generato corpi lenticolari, i quali contengono i reperti archeologici. Questi ultimi, direzionati NNO, si sono raccolti in una depressione18 incisa su un substrato

sabbioso-argilloso di epoca precedente (figura 5).

La delimitazione est del canale della centuriazione sembra, in base ai dati della morfologia del substrato, possibile individuarla a est della zona chiamata “Ampliamento Sud” direzionata ENE-OSO19.

18 Sondaggi effettuati in una zona a Ovest dello scavo hanno localizzato la delimitazione della depressione

in direzione ENE-OSO, confermata anche dalla presenza di un livello antropizzato databile all’Età del Ferro posto a 3 m sotto l’attuale piano di campagna.

19 CAMILLI, ET AL. 2005, pp. 74-75.

Figura 5: la situazione dei depositi del bacino di San Rossore (da CAMILLI,

(13)

Il paesaggio in cui sono avvenuti questi eventi doveva essere caratterizzato da ampi spazi aperti, disboscati e bonificati20, almeno nell’area della centuriazione, la quale era definita

da un intreccio di canali (di cui uno aveva lo sbocco proprio nella zona dei ritrovamenti21).

Nuovamente Strabone narra che “…(Pisa) pare che un tempo sia stata prospera e ancor oggi gode di fama grazie alla fertilità della terra, alle cave di pietra e al legname per allestire le navi, del quale si servivano in passato contro i pericoli provenienti dal mare. […] oggi questo legname si usa per lo più per la costruzione di palazzi a Roma e che i proprietari si fanno costruire fastosi come regge dei re persiani…”22 testimoniandoci

quindi non solo come era l’ambiente pisano in epoca romana ma anche la presenza di una tradizione cantieristica navale di fondamentale importanza per la comprensione del bacino e delle imbarcazioni di San Rossore.

Il panorama acquitrinoso che compare nelle fonti medievali e rinascimentali attorno alla città di Pisa non corrisponde alla situazione dell’epoca romana dove consistenti opere di canalizzazione consentivano un buon drenaggio e rendevano i terreni asciutti e di conseguenza adatti al pascolo e all’agricoltura23.

Per sapere come e perché si sono creati questi eventi alluvionali sono stati analizzati i pollini presenti nelle stratigrafie che hanno consentito di comprendere gli eventi accaduti. La tabella (figura 6) è uno schema che riporta la concentrazione di pollini arboricoli (AP) e le specie di alberi presenti nei secoli in questione24.

20 È nota da attestazioni epigrafiche la presenza di fabri tignarii pisani che lavoravano il legno da esportare

verso i mercati urbani. CAMILLI 2004, p. 69.

21 Supra p. 11.

22 STRABONE, 5, 2, 5.

23 In PLINIO, 18, 86-87, 109 e PLINIO, 13, 3-39 si parla rispettivamente delle produzioni di grano e vino

nel territorio della colonia pisana coltivabili solo in presenza di un ambiente senza eccessiva umidità.

24 Per i cambiamenti geologici, costieri e la compresenza delle alluvioni pisane con quelle del fiume Tevere

durante tutto l’Olocene si veda BENVENUTI, ET AL. 2006.

(14)

Nei campioni più antichi il livello AP è alto e suggerisce la presenza di foreste nelle vicinanze; gli alberi più rappresentati sono l’ontano e il faggio, seguiti dall’abete. Si tratta di alberi che crescono in montagna (l’ontano lungo i corsi d’acqua) ed è ipotizzabile che i loro pollini venissero trasportati dal bacino di presa dei fiumi verso valle. In generale, le alte percentuali di questi pollini nei sedimenti pre-romani indicano che queste piante erano presenti in larga scala nel territorio. Il picco al 27% di pollini di quercia decidua corrisponde a una generale diminuzione delle piante di montagna e un aumento di temperatura.

La successiva diminuzione dei valori AP dal 59% al 29% (solo un campione ne aveva il 66%) è da imputare a un utilizzo di più ampie porzioni di terra per pascolo e coltivazione (deforestazione a uso agro-pastorale) e alla presenza di suoli poco drenanti. Insieme al continuo innalzamento della temperatura questi fattori contribuirono al ripetersi dei numerosi fenomeni alluvionali che colpirono il bacino in cui erano presenti le navi di San Rossore.

Dal I secolo a.C. al 150 d.C. circa i valori fluttuano ma restano bassi. Valori significativi vengono raggiunti solo dalla quercia decidua e dal leccio, che si diffondono maggiormente in questa fase.

In tutti i periodi le piante sempreverdi tipiche della macchia mediterranea sono sempre attestate, anche se in basse percentuali, nei pollini di tutti gli strati25.

Alternata agli eventi alluvionali la frequentazione antropica riprendeva regolarmente e sul fondo del canale, interessato dal normale scorrimento in direzione OSO, si depositavano sottili strati di sedimenti argillosi.

La lettura dei processi deposizionali relativi alle diverse fasi alluvionali e alle fasi di stasi fluviale è complicata dal fatto che la massa d’acqua e di sedimenti, che con ogni alluvione si riversava nel canale fluviale, provocava un rimescolamento e un processo erosivo26 sul

fondo del canale stesso tali da creare una rideposizione in giacitura secondaria dei materiali accumulati nelle alluvioni precedenti27.

25 GIACHI, ET AL. 2017, pp. 182-183.

26 Sono stati identificati almeno quattro canali di erosione in direzione NNO e altrettanti lobi di

sedimentazione, trasversali ai primi, contenenti gli scafi inclinati NNO e orientanti trasversalmente ai canali di erosione.

(15)

1.1.2

Il sistema portuale pisano

Siccome la linea di costa era arretrata di diversi chilometri rispetto all’attuale situazione, per la ricostruzione del sistema portuale pisano dobbiamo affidarci alle fonti (Strabone, Pomponio Mela e Rutilio Namaziano sono i principali autori) e ai resti archeologici rinvenuti negli scavi archeologici.

I confini del territorio pisano, dopo che in epoca etrusca si erano estesi su una buona parte della Toscana nord-occidentale, si ridelinearono alla conclusione della guerra sociale, quando la città divenne municipium e venne ascritta alla tribù Galeria. Tali confini comprendevano un territorio esteso tra la Versilia propria e il crinale del Monte Pisano, all’interno dello spazio delimitato dai fiumi Era e Fine, e confinavano con i territori di

Luna28, Luca e Volaterrae.

L’Ager Pisanus includeva il sistema Arnus-Auser, in gran parte navigabile, e un vasto entroterra dotato di vivaci attività agro-silvo-pastorali e manifatturiere. Porti e approdi lungo la costa, i fiumi e gli specchi d’acqua interni consentivano collegamenti e scambi che si svilupparono lungo il duplice asse commerciale della via Aurelia, con la sua articolata rete viaria interna, e della costa tirrenica29.

In età etrusca e romana le coste dell’Etruria settentrionale erano scandite da lagune retrolitoranee e foci fluviali in cui si alternavano a porti e scali maggiori, per volume di traffici e capacità, scali e approdi minori. A seconda delle esigenze di navigazione e del carattere delle rotte si utilizzavano imbarcazioni di diversa tipologia, pescaggio e dimensione.

28 Fondata dai romani nel 177 a.C. 29 PASQUINUCCI 2003, pp. 93-94.

Figura 7: il sistema di Portus Pisanus (da PASQUINUCCI, MENCHELLI 2010, p. 2).

(16)

Già dal Neolitico è documentato il popolamento dell’area, insieme all’utilizzo di attracchi per la sosta delle imbarcazioni. Successivamente, nell’Età del Bronzo, a nord e nord-est del promontorio livornese è attestata una laguna retrolitoranea sulla quale si affacciavano alcuni villaggi, anche specializzati nella produzione del sale.

Proprio alla periferia settentrionale di Livorno, presso Santo Stefano ai Lupi, era ubicato, a circa 12,5 miglia romane a sud di Pisae, il principale porto dell’ager, definito Portus

Pisanus30 da fonti di età tardo-antica31. Le sue strutture portuali sono state scavate tra il

2004 e il 2006 e hanno portato alla luce banchine e un horreum (con un periodo di utilizzo dalla prima alla tarda età imperiale) funzionali alla sistemazione di un porto in pietra. Il settore del bacino esaminato era in uso in età tardo-repubblicana e venne progressivamente colmato da depositi di posidonia fino al suo abbandono datato al I sec. d.C.32; sono state rinvenute, inoltre, merci di importazione rappresentative dell’intero

bacino del Mediterraneo che ne attestano l’importanza all’interno dei traffici marittimi antichi.

Gli elementi naturali che condizionavano la marineria e le peculiarità ambientali33

facevano in modo che si potesse agevolmente navigare lungo costa, sia in direzione sud verso Roma, sia in direzione nord verso la Gallia ed oltre. Pertanto, si poteva veleggiare seguendo la costa e realizzando tappe intermedie, con una navigazione di cabotaggio, oppure inserirsi nelle rotte d’altura verso il Mediterraneo occidentale utilizzano la vicinanza con l'Arcipelago Toscano e la Corsica34.

Oltre a questo scalo maggiore all’interno del Sinus Pisanus (figura 7), il quale si apriva in un arco dotato di bassi fondali e conteneva i tre bracci dell’Arno che sfociavano in mare formando un delta, erano presenti scali e approdi intermedi come quello che doveva essere presente alla villa maritima di Triturrita menzionata da Rutilio Namaziano35, che

la descrive come una piccola penisola artificiale visibile ai naviganti da meridione prima

30 Da una lettera di Cicerone si sa che, nel 56 a.C., Pompeo voleva imbarcarsi per la Sardegna da Pisae o

da Labro dopo l’incontro con i triumviri a Lucca. Per la vicinanza alla città toscana sembra maggiormente probabile che Labro si riferisse a Portus Pisanus, mostrandoci presumibilmente come veniva chiamato il porto in età repubblicana.

31 RUTILIO NAMAZIANO, I, 527-538.

32 A causa del continuo apporto di sedimenti l’area portuale principale si è spostata progressivamente verso

sud-ovest, area che rimarrà attiva nel corso del medioevo.

33 La posidonia, l’alga di Rutilio Namaziano, emergendo in superficie infrangeva il moto ondoso e

proteggeva il bacino di ancoraggio. RUTILIO NAMAZIANO, I, 535-541.

34 PASQUINUCCI, MENCHELLI 2010, pp. 1-6.

(17)

di giungere a Portus Pisanus; o San Piero a Grado36, un approdo fluviale su un ramo del

delta dell’Arno attrezzato a scalo fin dall’età arcaica.

A nord della foce dell’Arno confluivano una serie di canali, in parte naturali, in parte irreggimentati, che erano parte del bacino idrografico del Serchio e presso Migliarino Pisano, in località Isola, su un antico ramo del fiume Serchio, tra l’età augustea e la metà del II secolo d.C. manifatture di terra sigillata italica e tardo-italica producevano ceramiche distribuite attraverso il sistema portale pisano in tutto l’Impero37.

Ancora più a nord doveva situarsi il sito di San Rocchino (Massaciuccoli) attivo tra l’VIII e il III secolo a.C. con fasi di prosperità e fasi di decadenza legate alle vicende storiche della regione, le Fossae Papirianae un probabile canale navigabile collegato con l’antico bacino del lago di Massaciuccoli e una serie di altri approdi posizionati presso le foci dei corsi d’acqua della Versilia ed estesi fino alla successiva tappa delle rotte tirrenico-liguri, la città di Luni38.

All’interno di questo sistema variegato si inserisce la situazione delle Navi di Pisa39.

Realizzato che non si tratta del porto urbano di Pisa, come si era ipotizzato nei primi anni della scoperta40, per l’assenza di strutture fisse per l’ormeggio, il riparo, la manutenzione

di imbarcazioni e lo stoccaggio delle merci, la situazione di San Rossore deve allora essere interpretata come parte del sistema di acque interne che circondavano la città e su cui si affacciavano moli privati (probabilmente le due palizzate etrusche ne sono l’esempio più antico) legati alle proprietà agricole dell’agro centuriale pisano.

Un indizio in controsenso parrebbe essere il ritrovamento nell’area 5 di un piccolo cantiere navale formato da un pavimento di frammenti di anfore su cui erano posti alcuni legni in fase di curvatura41, ma anche questa situazione si può facilmente inquadrare in

un panorama di piccole attività sul fiume nel quale transitavano un certo numero di imbarcazioni di diverse misure e dai diversi connotati.

36 Il termine gradus, che indica il passaggio tra acque diverse, è un indizio della natura fluviale dello scalo.

UGGERI 1968, p. 235.

37 PASQUINUCCI, MENCHELLI 2010, pp. 8-9. 38 PASQUINUCCI, 2003, pp. 95-97.

39 CAMILLI, GAMBOGI 2005, pp. 127-129. 40 BRUNI, 2000, pp. 33-40.

41 Insieme a questi materiali sono state ritrovate due forcelle che servivano a sorreggere degli scafi in

(18)

1.1.3

Le fasi del bacino di San Rossore

Lo straordinario deposito delle Navi romane di Pisa si è preservato grazie al progressivo spostarsi verso nord del corso fluviale che ha così “protetto” le stratificazioni pregresse. Sono state riconosciute una serie di sponde sul lato meridionale dell’ansa, erose nel versante nord dallo spostamento del fiume stesso (figura 8).

La notevole complessità della stratigrafia e la difficoltà di gestione di uno scavo di tale estensione hanno fatto sì che le operazioni di scavo si concentrassero sui singoli relitti, in una sorta di rescue excavation in cui si è cercato di rispettare i criteri stratigrafici del moderno scavo archeologico, almeno da quando si sono impiantato il sistema di pompaggio a well-point. Si è di conseguenza creata una sorta di separazione fisica, per saggi, dei depositi altrimenti unitari che ha creato non poca confusione nella lettura complessiva del contesto. Questa difficoltà si è abilmente superata con l’introduzione di una gestione informatizzata dei dati stratigrafici che ha consentito di ottenere una sequenza per fasi cronologiche riassuntiva di tutti gli eventi succedutisi nel bacino (figure

9 e 10).

Fase I (VI–V sec. a.C.): appartengono a questo periodo tracce di un complesso di strutture

rurali che fu il primo impianto ad affacciarsi sulla riva meridionale del fiume. Si tratta di una serie di pali lignei (in leccio, olmo, frassino e quercia) appuntiti infissi nel sabbione della riva, situati sul limitare della zona di scavo chiamata “Ampliamento Sud”, che delimitano la parte terminale di due capanne. Una massicciata in pietre e una seconda palificata contenevano la linea di riva. I materiali associati con le strutture sembrano attestare una frequentazione etrusca dello stesso periodo.

Fase II (200–175 a.C.): dopo un periodo non ben precisabile in cui è avvenuto un

avanzamento della linea di riva, con spostamento verso nord del corso fluviale, avvenne la prima alluvione documentata, databile, grazie al relitto e al contesto che la caratterizza, agli inizi del II secolo a.C. Una nave da carico di medie dimensioni, il cosiddetto “Relitto ellenistico”, sembra essersi arenata contro la riva, distruggendosi totalmente e riversando in un’area piuttosto ristretta carico e suppellettili di bordo42.

42 I materiali provenienti da quest’area, l’Ampliamento Sud, e il relitto sono stati pubblicati in BRUNI

(19)

Fase III (prima metà I sec. a.C.): si assiste a un consistente spostamento verso nord della

linea di riva associata a una variazione dell’ambiente naturale, dovuta principalmente a disboscamenti e conversione del paesaggio in terreno agricolo43 connesso con le attività

di centuriazione (in questo periodo vennero realizzati i canali centuriati che irreggimentavano le acque della zona), aprirono la strada all’intensificarsi delle devastanti alluvioni. Una possibile alluvione potrebbe essere testimoniata dai resti del carico di dolia di una nave, ancora non identificata, rinvenuti in molteplici punti del fondale fluviale.

Fase IV (0–15 d.C.): con l’età augustea si assiste a un leggero avanzamento verso nord

della riva e all’incrocio tra canale centuriale e corso fluviale, definitosi nella fase precedente; in seguito ad una ben databile alluvione affondarono la barca a remi di medie dimensioni nave C, o Alkedo44, la nave B, da carico di medie dimensioni, la nave E

anch’essa da carico e di medie dimensioni e il barcone fluviale (barca G) a fondo piatto. 43 Per cui si assiste infatti alla scomparsa delle tracce vegetali connesse con gli alberi di alto fusto e alla

contestuale comparsa di pollini di erbacee e graminacee.

44 Il nome Alkedo deriva dalla straordinaria scoperta di una parola incisa su uno dei banchi dei rematori di

questa imbarcazione. La scritta sinistrorsa e in caratteri greci riporta il nome ALK[E]DO che è la Figura 8: le fasi del bacino di San Rossore (da CAMILLI,

(20)

Fase V (I–II sec. d.C.): fase dalla durata maggiore, poco meno di due secoli, caratterizzata

da una sostanziale stabilità della linea di riva, dalla presenza di livelli agricoli nelle aree circostanti il canale, dall’attività di una fornace che produceva ceramica comune e invetriata nelle immediate vicinanze45, e dalle massicce opere di manutenzione dei canali,

ben visibili nella realizzazione della spalletta in muratura che proteggeva dall’erosione lo sbocco del canale centuriate sul fiume. Un unico relitto è ascrivibile a questo periodo, apparentemente tranquillo, ed è quello di un barcone fluviale (barca P) affondato sul fondale forse in seguito a un abbandono.

Fase VI (età adrianea-seconda metà II sec. d.C.): si assiste a un moderato avanzamento

della linea di riva, raggiunto in seguito ad una alluvione, che coinvolge alcune imbarcazioni minori (il barchino a fondo piatto H e la lintres denominata barca F) e il grosso relitto della nave A. L’alluvione interessa anche una nave non rinvenuta, ma da localizzare in un settore esterno all’area di scavo, il cui carico è stato identificato al di sotto della barca I.

traslitterazione del nome latino alcedo, ovvero gabbiano. CAMILLI, ET AL. 2006 A, pp. 22-23; per lo studio dello scafo si veda BONINO 2010, pp. 107-114.

45 Dall’area 1 provengono numerosi frammenti di mattoni invetriati che testimoniano queste attività lungo

il fiume.

(21)

Fase VII (ca. 250–280 d.C.): in un periodo di tempo piuttosto ristretto si concentrano una

serie di drastici cambiamenti dell’assetto fluviale. Una alluvione di una certa entità causò l’affondamento di un’imbarcazione da carico non rinvenuta, ma il cui carico si trovava al di sopra della nave A e contava tra i vari materiali il cosiddetto “Bagaglio del marinaio”. A questo evento seguì una breve stasi della corrente fluviale nella quale si notano limitati indizi di un altro evento alluvionale, l’entità del quale non è stato ancora possibile chiarire completamente46.

Fase VIII (fine III– IV sec. a.C.): tra la fine del III e la prima metà del IV secolo a.C.

l’intera area di scavo è, al momento, priva di dati. La seconda metà del IV secolo vede una fase relativamente tranquilla, di corrente calma e verosimilmente di riflusso lagunare salmastro. La riva fluviale fu oggetto di alcuni interventi di manutenzione, con l’infissione di pali di contenimento e, a lato della sponda, venne realizzata una struttura lignea, presumibilmente un capanno fluviale, con una probabile banchina. La presenza di tronchi e legni semilavorati trasportati dalla corrente e incagliatisi potrebbero testimoniare l’utilizzo del corso d’acqua come veicolo di trasporto del legname. Una serie di canali di scorrimento testimonia un progressivo recupero dell’area da parte delle acque a danno delle aree asciutte.

Fase IX (fine IV – inizi V sec. d.C.): un nuovo evento alluvionale coinvolge una lintres

fluviale (barca I) di grandi dimensioni e una imbarcazione analoga, di dimensioni minori (barca Q). Nuovamente il possibile naufragio di una imbarcazione da carico esterna all’area di scavo (denominata comunque con il nome di barca L, anche senza resti del suo scafo) lascia traccia solo del carico trasportato dalla corrente. In questo periodo probabilmente il braccio settentrionale del canale centuriale si ostruisce completamente.

Fase X (inizi V sec. d.C.): si assiste a un periodo di stasi fluviale che restituisce solo scarsi

depositi limosi ed esigui materiali. Sulla riva fluviale viene realizzata una fondazione, forse inerente ad una struttura di attracco.

46 Per maggiori informazioni riguardanti questa situazione stratigrafica si rimanda al capitolo 2, paragrafi

(22)

Fase XI (V sec. d.C.): un’ulteriore alluvione coinvolge una imbarcazione,

verosimilmente da carico, esterna all’area di scavo (denominata anch’essa in assenza del suo relitto barca O), testimoniata da un gruppo di spathia trasportati dalla corrente.

Fase XII (VI sec. d.C.): un’alluvione di consistente entità travolge e capovolge un barcone

fluviale, verosimilmente trainato da riva, la nave D, priva carico. L’ostruzione del braccio settentrionale del canale centuriale risulta in questo momento completata.

Fase XIII (VII sec. d.C.): si assiste all’ultima fase di attività fluviale finora attestata, la

quale è testimoniata da depositi da scorrimento lento, indice di una relativa tranquillità della corrente. Legni semilavorati incagliati sulle rive e tra i relitti potrebbero testimoniare la ripresa dell’uso del fiume come vettore per trasporto del legname. Un deposito di limo ed argille, praticamente privo di materiale archeologico, depone a favore del definitivo spostamento del braccio fluviale verso settentrione, al di fuori dell’area occupata dallo scavo47.

47 REMOTTI 2012, pp. 14-18.

Figura 10: fasi VII-XIII (da REMOTTI 2012, p. 17).

(23)

1.2 Lo scavo dell’area 1

1.2.1

1998-1999

La zona di scavo denominata area 1, entro la quale è stata rinvenuta un’imbarcazione chiamata nave A, presenta una forma irregolarmente rettangolare ed è localizzata nell'estremità nordorientale del cantiere, delimitata a nord e ad est dal palancolato metallico (figura 11).

Gli interventi di scavo in quest’area si sono susseguiti discontinuamente dal primo fino all’ultimo anno di scavo48.

Nel novembre del 1998 l’area viene interessata dall’intervento con il mezzo meccanico ma, non appena si intuisce la portata del ritrovamento questo viene abbandonato per procedere con lo scavo archeologico realizzato dalla cooperativa Co.Idra. Il 28 di novembre dello stesso anno vengono alla luce i primi reperti lignei: tre travetti di legno ancorati tramite cavicchi lignei e chiodi in bronzo a una tavola piatta leggermente

48 Le informazioni in questo paragrafo sono state prese dai documenti (diari, relazioni di scavo e schede

US) depositati presso il Cantiere delle Navi Antiche di Pisa. Figura 11: le aree di scavo e i relativi relitti (da BRUNI 2000, p. 62).

(24)

carenata, che pochi giorni dopo vengono riconosciuti come parte di una prima imbarcazione49.

Quando iniziò quindi lo scavo del primo settore della nave A (a cui era stato date il numero di USL 6) questa risultò fin da subito essere solamente una porzione di un’imbarcazione, il restante giaceva e giace tutt’oggi fuori dall'attuale area di cantiere, al di sotto dei binari della linea ferroviaria di S. Rossore; ma nel febbraio del 1999 dopo aver pulito e trattato i legni con una soluzione antifunginea si fermò il lavoro per procedere ad analizzare i numerosi altri ritrovamenti che si erano nel frattempo realizzati. I legni della nave vennero con nylon e sabbia bagnata, tenuta umida costantemente, per proteggerli dopo averli dissotterrati.

La parte rimessa in luce si sviluppava per una quindicina di metri (figura 12), a partire da una delle due estremità della nave, e non presentava in quel momento un carico, tanto che

49 I nomi delle navi erano stati originariamente dati dedicandoli alle archeologhe che avevano scavato

ciascuna imbarcazione, successivamente si è scelto di utilizzare le lettere in ordine alfabetico seguendo la cronologia dei ritrovamenti.

Figura 12: la nave A durante gli scavi del 1998 (da BRUNI, 2002, p. 41).

(25)

si suppose essere stato recuperato subito dopo il suo affondamento da urinatores, secondo una prassi diffusa nel mondo antico.

Nel novembre del 1999 vennero riprese, per un brevissimo periodo le operazioni nell’area 1 e vennero ritrovati alcuni materiali nell’US 139 inclinata verso NO.

Le UUSS di questo primo intervento sono: US 5 (suddivisa in 5/1 e 5/2), 6 (la nave stessa), 29, 45, 139 (con gli stacchi I, II e III) e 14550.

1.2.2

2003

Nei mesi di aprile e maggio 2003 si aprì un nuovo scavo dell’area 1 condotto insieme all’Università di Pisa, Cattedra di Metodologia della Ricerca Archeologica (Prof.ssa Maria Letizia Gualandi), da un gruppo di studenti e laureandi coordinati sul campo da Angelina De Laurenzi, allora dottoranda presso la stessa Università.

Per questo lavoro vennero utilizzate le UUSS dal numero 1000 al numero 1011. L’US 1010 era stata indicata come l’unità stratigrafica del carico della nave A51, mentre con il

nome di US 1011 era stata chiamata la parte di nave rinvenuta (figura 13).

Di seguito si riporta una breve lista dell’unità stratigrafiche con la loro descrizione.

50 La perdita di parte della documentazione di scavo dei primi interventi non permette di essere

maggiormente puntuali sulle caratteristiche di queste unità stratigrafiche.

51 LEONCINI 2007, p. 6.

(26)

US Descrizione

1000 Accumulo di sabbia intenzionale, posto a ricoprire la nave e le UUSS, evidenziate nella precedente campagna di scavo. L'US era separata dagli interventi precedenti, sul lato nord, da un telo di nylon rigido in frammenti, mentre sul lato sud (al di sopra della nave) aveva un telo di nailon morbido rinvenuto integro.

1001 Strato di materiali ceramici misto a sabbia localizzato nell'angolo sud-ovest del saggio già evidenziato nelle precedenti campagne di scavo, quando era stata tagliato sul lato sud e sul lato ovest.

1002 Strato di colore grigio composto di sabbia ed argilla, molto compatto che era già stato evidenziato nei precedenti interventi di scavo.

1003 Strato di terra grigia compatta all'interno del quale sono stati rinvenuti frammenti di materiali moderni (due mattoni, un frammento di tubo, pertinente ad un piezometro, posto in giacitura orizzontale, piccoli frammenti di telo di nailon rigido). Per quanto presenti al suo interno materiali moderni deve essere considerato di formazione antica, infatti gli oggetti moderni sembrano essere percolati all'interno durante gli scavi precedenti, effettuati quando la consistente presenza d'acqua rendeva gli strati morbidi e fangosi. 1004 Strato di sabbia argillosa di colore viola e giallo situato nell'area ovest del

saggio. Presenta un'alternanza di linee circolari chiuse e concentriche che ricordano il movimento dell'acqua.

1005 Strato di terra argillosa privo di elementi ceramici, quasi totalmente asportato nei precedenti interventi di scavo.

1006 Strato di terra grigia compatta rilevato in tutta l'area. All'interno dello strato è stata individuata una discreta quantità di materiali. Lo strato copriva parzialmente la nave.

1007 Strato di terra sabbiosa con forte concentrazione di materiali ceramici. Lo strato si evidenzia a ridosso delle palancole metalliche (la sesta e la settimana partendo dall'angolo nord est). Potrebbe trattarsi di una lente di US 1006. 1008 Taglio effettuato con il macchinario per il carotaggio, situato al centro del

saggio.

1009 Riempimento di US 1008, lo strato è composto di un piezometro e ghiaia, si tratta di uno dei primi well-point in disuso. Intorno al tubo è stata trovata la

(27)

ghiaia che viene spinta a pressione attraverso il piezometro per creare uno strato di drenaggio alla base del tubo stesso.

1010 Strato di terra grigio argentato costituito da sabbia friabile con grande presenza di materiali ceramici, spesso integri.

1011 Strato composto da cinque pezzi di legno posti nell'area SE del saggio. Uno dei legni non è stato conservato perché non lavorato e quindi quasi sicuramente non pertinente alla nave.

Durante le fasi di scavo si era osservato che le ordinate rinvenute non toccavano il fasciame e si era di conseguenza ipotizzato che si trattasse del fondo della imbarcazione (figura 14).

Si era individuato il foro di alloggiamento del perno presente nel paramezzale, che risultava avere una perfetta coincidenza con le dimensioni delle ordinate in cui il paramezzale doveva essere incastrato.

Vista la porzione di nave scavata era stato possibile ipotizzare che il relitto, dopo essere affondato, si era spaccato in due e disteso sul fondale. Il paramezzale si doveva essere staccato in una fase successiva rispetto all’affondamento: infatti, tra questo e la nave, si trovava lo strato 1010 e una lente di foglie.

Inoltre, erano stati rinvenuti numerosi reperti integri, apparentemente in giacitura primaria, a diretto contatto con il fasciame della nave, quasi sicuramente riconoscibili come parte del carico originario.

Nuovamente, alla fine degli interventi, i legni furono ricoperti con geotessuto e terra di riporto per consentirne la conservazione.

(28)

1.2.3

2006-2007

Tra l’ottobre 2006 e il giugno 2007 lo scavo venne ripreso con una campagna diretta dalla ditta SeARCH e la collaborazione di studenti universitari e alcuni volontari, per interessare l’intera superficie dell’area 1.

Nelle fasi iniziali del lavoro la porzione dello scafo della nave A, conosciuta con gli interventi pregressi, venne liberata dalla terra di riporto posta come copertura. Successivamente si procedette alla ripulitura dell’area di scavo da tutti i depositi alluvionali formatisi nell’ultimo decennio (UUSS dalla 6010 alla 6017) e da elementi residuali (UUSS dalla 6018 alla 6028) di precedenti attività di scavo.

L’indagine archeologica, estesa inizialmente su tutta l’area, venne successivamente ridotta alla sola superficie occupata dallo scafo della nave per motivi di conservazione dei legni stessi (figura 15 e 16). All’interno dello scafo si effettuò quindi un’attività di scavo suddividendolo in quattro settori, i quali hanno permesso agevolmente, subito dopo lo svuotamento dei depositi archeologici, di intervenire con la copertura provvisoria dei legni. Al termine dello scavo la nave venne totalmente interrata.

Per questi interventi sono state utilizzate le unità stratigrafiche da 6010 a 6100 e la nave A ha ricevuto un suo numero di US il 6060, i materiali rinvenuti che presentavano un particolare pregio, una particolare interezza o unicità sono stati classificati come Z, seguito da un numero progressivo.

(29)

Per la spiegazione degli eventi alluvionali, le relative stratigrafie e il matrix con le fasi (Tav. 2, 1) si rimanda al capitolo 2, paragrafo 2.1., qui di seguito viene proposta una tabella riassuntiva delle unità stratigrafiche estratta dalla documentazione di scavo depositata dalla cooperativa SeARCH.

US Descrizione

6010 Strato di colore giallastro individuato nel settore NO dell'area di scavo, dall’estensione limitata e di matrice argillosa.

6011 Strato di colore marrone chiaro individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta una estensione limitata e matrice sabbiosa.

6012 Strato di colore marrone chiaro individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta estensione limitata e matrice argillosa.

6013 Strato di colore marrone individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta estensione limitata e matrice argillosa.

6014 Strato di colore marrone-giallastro individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta una estensione limitata e matrice sabbiosa.

6015 Strato di colore marrone individuato nel settore NO dell'area di scavo. Lo strato presenta una estensione limitata e matrice argillosa.

6016 Strato di colore giallo individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta una matrice sabbiosa.

6017 Strato di colore marrone individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta una matrice argillosa con lenti di sabbia.

(30)

6018 Strato di colore giallastro individuato nel settore NO dell'area di scavo. Presenta un notevole spessore ed un orientamento digradante SE-NO. Presenta una matrice sabbiosa con piccoli clasti di argilla.

6019 Strato di colore marrone individuato nel settore NO dell'area di scavo. Lo strato presenta matrice argillosa ed un andamento nettamente digradante in senso SE-NO. Coperto da 6018.

6020 Strato di sabbia localizzato nella parte O del saggio, di colore grigio chiaro: si tratta del riempimento di un gorgo.

6021 Gorgo di forma irregolarmente circolare che contiene al suo interno un blocco di argilla conficcato in verticale con tracce di stratigrafia.

6022 Taglio naturale di un gorgo, riempito dall’US 6020.

6023 Strato sabbioso con numerosi piccoli grumi di argilla, situato all'estremità O dello scavo.

6024 Strato argilloso molto compatto localizzato nel settore NO dello scavo. 6025 Strato a matrice sabbiosa con materiali ceramici e lapidei posto nella parte

centrale dello scavo.

6026 Residuo di stratigrafia a matrice sabbiosa molto sottile di colore grigio ricco di materiali, posto lungo il limite S dello scavo, digradante in senso E-O. 6027 Residuo di stratigrafia a matrice sabbiosa ricco di materiali, posto lungo il

limite N dello scavo, con andamento E-O.

6028 Piccolo strato sabbioso a ridosso del palancolato, sensibilmente digradante in senso N-S.

6029 Strato sabbioso molto friabile ricco di materiali posto nell'angolo SO dello scavo.

6030 Strato di argilla mista a sabbia individuato lungo il limite S dello scavo, con andamento E-O.

6031 Strato a matrice argillosa posto nell'angolo SO dello scavo, leggermente digradante in senso E-O con scarsi frammenti ceramici.

6032 Strato a matrice argillosa con lenti sabbiose posto nell'angolo SO dello scavo, digradante in senso E-O.

6033 Strato a matrice sabbiosa posto nell'angolo SO dello scavo.

6034 Strato a matrice argillosa posto nella parte centrale dello scavo con numerosi clasti di argilla e frammenti ceramici.

(31)

6035 Strato di ghiaia individuato nel settore centro-meridionale dell'area di scavo. 6036 Strato argilloso di colore grigio individuato su tutta l'area di scavo.

6037 Strato a matrice sabbiosa ricca di grumi di argilla dall’estensione limitata. 6038 Piccolo strato di argilla.

6039 Strato di sabbia situato nella parte nord dello scavo a ridosso del palancolato nord.

6040 Strato di sabbia posto nella parte centrale.

6041 Spesso strato di argilla in blocchi di colore marrone-giallastro.

6042 Ghiaia mista a ceramica, laterizi, anfore e pietre di grandi dimensioni nella parte centrale dello scavo.

6044 Taglio con orientamento SO-NE.

6045 Strato di sabbia di colore grigio con andamento EO, uguale all’US 6047. 6046 Strato di sabbia marrone-giallastra individuato lungo il limite O dello scavo. 6047 Strato composto da numerosi frammenti ceramici.

6048 Taglio provocato dal mezzo meccanico, di forma allungata e orientamento NE-SO, localizzato nella parte centrale dello scavo.

6049 Strato di argilla giallastra.

6050 Strato di sabbia grigiastra, uguale all’US 6047.

6051 Taglio di forma irregolare causato da un gorgo nell'area NE dello scavo in prossimità del palancolato.

6052 Riempimento sabbioso dell’US 6051, costituito da blocchi di argilla grigia legno, ciottoli e pezzi di stratigrafia di fondale staccata e caduta in verticale. 6053 Strato di argilla di colore grigio-violaceo individuato lungo il limite E

dell'area di scavo, digradante in senso EW, che copre parte della nave A. 6054 Strato di sabbia grigio tagliato dal gorgo US 6051.

6055 Sottile strato di argilla tagliato dal gorgo US 6051. 6056 Strato di sabbia con piccoli grumi di argilla.

6057 Strato di sabbia grigiastra individuata presso il limite S dello scavo. 6058 Strato di sabbia giallastra.

6059 Strato di fine argilla grigiastra localizzata nella zona centrale dello scavo. 6060 Nave A

6061 Strato a matrice argillosa con grandissima quantità di foglie ed elementi vegetali in decomposizione.

(32)

6062 Taglio di forma pressoché circolare individuato nel settore centrale dell'area di scavo.

6063 Strato sabbioso con numerosi piccoli grumi di argilla posto lungo il palancolato.

6064 Strato argilloso individuato nell'angolo NE dello scavo a ridosso della nave A.

6065 Strato argilloso individuato nell'angolo SE dello scavo a ridosso del palancolato.

6066 Sottile strato di argilla con infiltrazioni superficiali di sabbia rossastra individuato nella parte N dello scavo.

6067 Spesso strato di sabbia giallo-grigiastra localizzato nella parte S dello scavo, fortemente digradante da E verso O.

6068 Strato di sabbia rossastra individuato nella parte centrale dello scavo con alcune concentrazioni di argilla soprattutto nella parte N.

6069 Profondo taglio, forse causato da mezzo meccanico, individuato subito a S dello scafo della nave.

6070 Strato di argilla digradante in senso E-O.

6071 Sabbia di colore grigio chiaro individuata nella parte centrale dello scavo. 6072 Argilla con infiltrazioni di sabbia localizzata nella parte centrale dello scavo. 6073 Strato di sabbia compatta con chiazze di argilla nella parte basale, situato

nella parte S dell'area di scavo.

6074 Strato di sabbia marrone-giallastra compatta localizzato nella parte centro-settentrionale dello scavo digradante in senso SE-NO.

6075 Strato di sabbia marrone friabile localizzato nella parte centro-settentrionale dello scavo.

6076 Strato di argilla compatta di colore marrone-rossastro posto nella parte centro-settentrionale dello scavo.

6077 Sottile strato di sabbia individuato nei settori 1 e 2 che prosegue oltre il limite della sezione.

6078 Strato di argilla individuato nei settori 1 e 2.

6079 Strato di foglie inserite in una matrice argillosa dallo spessore esiguo. 6080 lembo di argilla individuato subito a ridosso della nave A.

(33)

6082 Sabbia marrone chiaro-grigiastra con chiazze più scure dovute al disfacimento di materiale organico individuata nei settori 1 e 2.

6083 Taglio con andamento NE-SO localizzato nell'area centrale dei settori 1 e 2. 6084 Strato di sabbia giallastra frammista a fogliame individuata nei settori 1 e 2. 6085 Strato di sabbia e foglie di colore grigio localizzato nella parte centrale del

settore 1.

6086 Argilla ricca di materiale organico decomposto di colore grigio, individuata nella parte centrale del settore 1.

6087 Sabbia grigia granulosa ricca di materiale organico individuata a ridosso del palancolato.

6088 Strato di sabbia giallastra a granulometria fine individuata nei settori 1 e 2. 6089 Strato di sabbia grigio-giallastra mescolato a molto materiale ceramico e

posto a ridosso del palancolato.

6090 Strato di argilla di colore grigiastro dallo spessore limitato, digradante in senso N-S e localizzato nel settore 2.

6091 Strato di sabbia giallastro individuato nel settore 2. 6092 Strato di argilla grigiastra individuato nel settore 3.

6093 Piccolo strato di argilla misto a fogliame e materiale organico individuato nel settore 3.

6094 Strato di sabbia grigia a granulometria medio-grande individuato nel settore 3.

6095 Piccolo strato di argilla.

6096 Strato sabbioso individuato nel settore 3.

6097 Strato di sabbia grigia molto fine localizzato nel settore 3. 6098 Strato sabbioso di colore grigiastro localizzato nel settore 3.

6099 Strato di sabbia compatta marrone-grigiastro maculato, individuato nell'angolo SO del settore 4.

6100 Argilla grigio-rossastra individuata nel settore 4.

Successivamente, dal 1° settembre al 20 dicembre 2007, in tre zone chiamate zona A (a sud dell’area 1), B (a ovest dell’area 1) e C (a nord-ovest dell’area 1) vennero effettuati degli scavi condotti da un team dell’Universidad del País Vasco diretto dalla Professoressa M. Urteaga (figura 17).

(34)

Per questi interventi vennero utilizzate le UUSS da 7000 a 703352 e si è continuato a

inserire nell’elenco degli Z i materiali maggiormente significativi.

I risultati ottenuti hanno mostrato che in un momento cronologicamente non definibile a causa della mancanza di reperti mobili diagnostici, si impiantò una struttura in materiale deperibile lungo la nuova sponda creata all'indomani dei fenomeni alluvionali di fine IV-inizio V secolo d.C.53, per la sua costruzione fu effettuato un taglio di forma

irregolarmente quadrangolare (US 7029) in uno strato argilloso (US 7019, forse riconoscibile come US 6030), e venne in tal modo intercettata l'interfaccia dello spesso strato di ghiaia e detriti depositato dal fiume (UUSS 7028 e 7030 che è il proseguimento di US 6042). Probabilmente allora si decise di utilizzare questo deposito come substrato del piano di calpestio, forse con l'aggiunta di altri materiali aventi la funzione di drenare l'umidità e l'acqua di risalita dal sottosuolo. La struttura, probabilmente una sorta di capanno fluviale, fu costruita in legno (UUSS 7011, 7004, 7001; nei legni chiamati Z577-Z582 sono visibili i sistemi di assemblaggio) verosimilmente con l’aggiunta di alcune pietre.

Si riporta di seguito una tabella estratta e tradotta dalla relazione finale dello scavo con il riassunto delle unità stratigrafiche rinvenute.

US Zona Descrizione

7000 B Strato di terra

52 Questi strati sono stati abbondantemente intaccati dal mezzo meccanico delle prime fasi di sterro del

1998, tracce e tagli provocati dalle ruspate si vedono nelle UUSS 7002, 7007, 7008, 7010, 7017.

53 Cfr. capitolo 2.1.

(35)

7001 A Strato di terra 7002 B Strato di terra 7003 A Strato di terra 7004 A Taglio 7005 A Taglio 7006 A Strato di terra 7007 B Taglio 7008 B Riempimento 7010 B Taglio

7011 A Strato di terra con struttura

7012 B Strato di terra

7013 B Strato di terra

7014 B Strato di terra

7015 B Taglio area 1

7016 B Strato di terra

7017 B Taglio moderno area 1

7018 C Livello di terreno nell’area del palancolato 7019 A Strato di terra (possibile margine della struttura)

7020 A Strato di terra area palancolato

7021 C Strato di terra area palancolato

7022 C Strato di terra area palancolato

7023 C Strato di terra area palancolato

7024 A Strato di terra sabbiosa area palancolato

7025 A Strato di terra

7026 B Strato di terra

7027 A Strato di terra

7028 A Strato di terra

7029 A Taglio

7030 A Strato di terra argillosa

7031 Non scavato Taglio

7032 Non scavato Strato di terra sabbiosa 7033 Non scavato Strato di terra argillosa

(36)

1.2.4

2013-2015

Tra il 2013 e il 2014 un’ulteriore indagine archeologica, effettuata nella porzione meridionale dell’area 1, ha avuto come scopo primario quello di eseguire uno scavo sistematico che permettesse di rilevare il contesto stratigrafico pertinente alla Nave A. In particolare, ci si è concentrati nell’indagare i depositi anteriori all’alluvione che ha prodotto il naufragio dell’imbarcazione, cercando di individuare la sponda del canale e i suoi eventuali spostamenti.

Lo scavo, condotto da Cooperativa Archeologia, ha continuato a utilizzare l’elenco degli

Z per gli oggetti di maggiore particolarità. I legni, che nelle precedenti campagne erano stati inseriti saltuariamente tra gli Z vennero rinumerati con numeri progressivi (figura

18), comprendendo anche i legni sporadici ma riassociabili all’imbarcazione54.

Le seguenti unità stratigrafiche, di cui si rende opportuno dare una breve descrizione55,

sono estratte dalla documentazione di scavo consegnata al CNAP.

54 Tali numeri sono stati utilizzati per compilare il catalogo al paragrafo 4.4. 55 Per il matrix con le fasi si veda Tav. 1,1.

Figura 18: lo scavo della chiglia, n. 64, con i pezzi n. 5852 e Z673 a fianco (foto di repertorio).

(37)

US Descrizione

8000 Strato di terreno sabbioso omogeneo, grigio e friabile, pressoché privo di inclusi, dal notevole spessore, sino a circa 1 metro, che si conserva presso i limiti O e NO dell’area, a ridosso del palancolato. Lo strato è stato in parte asportato nella precedente campagna.

8012=8021 Strato di sabbia giallastra a granulometria fine, con scarso materiale ceramico individuato nel settore centrale dell’area di scavo, nella porzione sud, sotto il fasciame. Presenta andamento digradante da NE a SO. Lo strato è stato in parte asportato durante lo stacco della nave A. A ridosso della chiglia 64, nel settore occidentale dello strato, sono stati individuato un cavallino in terracotta quasi integro (Z652)56, ceramica

africana da cucina, terra sigillata africana A, terra sigillata tardo italica. 8015 Strato di sabbia a granulometria fine priva di inclusi, individuato nel

settore S dell’area 1. Lo strato presenta una superficie poco regolare, con un avvallamento nella zona centrale e si rialza verso E e verso O. La superficie presenta una pendenza abbastanza accentuata da N verso S. Nel settore O è presente un elemento di fasciame (n. 500) probabilmente da attribuire alla nave A. Lo strato ha restituito una grande quantità di materiale ceramico, oltre a numerosi chiodi, alcune monete, vetro e scarse ossa animali. L’interfaccia con la sottostante US 8016 è costituita da un livello di ghiaia spesso circa 1 cm. Lo strato era già stato individuato e documentato in una precedente campagna di scavo.

8016 Strato di sabbia friabile di colore grigio scuro a granulometria medio-fine con chiazze limose di colore giallo e numerose pietre sporadiche, individuato nel settore S dell’area 1. La superficie risulta irregolare, con alcune depressioni forse riconducibili al dilavamento delle piogge. La pendenza è SO-NE e sono emersi due elementi in legno (n. 501-502), rinvenuti in prossimità della nave A. Lo strato ha restituito ceramica, laterizi, anfore, terra sigillata tardo italica e sud-gallica.

8017 Strato di argilla plastica di colore grigio chiaro, con residui organici, privo di ceramica. Lo strato è stato individuato a S della chiglia 64 A ed

(38)

in parte è stato asportato per la rimozione della chiglia stessa. La superficie regolare presenta una pendenza scarsamente accentuata da S verso N. In fase con le analoghe UUSS 8038 e 8039.

8017b=8023 Strato di argilla grigia con numerosi residui di materiale organico in disfacimento, concentrazioni di ghiaino minuto e lenti di sabbia, individuato sotto la chiglia della Nave A nel settore nord dell’area di scavo. Lo strato ha restituito anfore (delle tipologie Dressel 20, Dressel 7-11 e Beltran 2) insieme a terra sigillata tardo italica e spagnola.

8018=8020 Strato di sabbia gialla compatta con striature grigie, parzialmente individuato nella zona centrale dell’area, sotto al fasciame della nave A. Lo strato non è stato scavato.

8019 Taglio dal profilo concavo individuato nel settore centrale dell’area, dopo la rimozione della nave A. Il taglio, con limiti netti e pareti fortemente inclinate, è stato identificato solo lungo il limite sud in corrispondenza dell’area di scavo.

8022 Strato di sabbia compatta di colore giallo scuro/rossiccio con grumi di argilla grigia plastica, individuato nella zona NO, con andamento digradante da NO verso SE. Lo strato di forma irregolare allungata ha restituito abbondante materiale ceramico tra cui anfore Dressel 2-4, Gauloise 4, Beltran 2, terra sigillata tardo italica e terra sigillata africana A.

8024=8025 Strato a matrice limo-argillosa di colore grigio individuato a N e a S della chiglia della nave A. Lo strato presenta una superficie regolare con pendenza abbastanza accentuata da NE a SO. Ricco di materiale ceramico frammentario e pietre di piccole e medie dimensioni, laterizi e l'elemento ligneo lavorato (n. 503).

8026=8037 Strato di sabbia grigia a granulometria media distribuito su gran parte dell’area di scavo. Lo strato, già individuato nelle precedenti campagne di scavo, risulta danneggiato nel settore occidentale in corrispondenza dell’anfora Z673. La superficie regolare presenta una pendenza accentuata da E verso O e in minor misura da S verso N e ha restituito abbondante materiale ceramico e metallico distribuito uniformemente.

(39)

Comprende inoltre numerosi elementi lignei tra cui una parte di una pompa di sentina (Z677)57.

8027 Strato a matrice argillosa di colore grigio individuato nel settore orientale dell’area di scavo, dalla forma allungata da E verso O. Lo strato presenta una superficie irregolare caratterizzata da numerosi resti carboniosi diffusi omogeneamente, con una pendenza poco accentuata. Era presente scarso materiale ceramico tra cui frammenti di Dressel 2-4, Dressel 20, ceramica africana da cucina e terra sigillata tardo italica. 8028 Strato con concentrazione di materiale ceramico frammentario e pietre

di piccole dimensioni individuato nel settore nordorientale dell’area a ridosso del palancolato. Lo strato caratterizzato da una matrice argillosa di colore grigio scuro mista a limo e una pendenza assai accentuata da E verso O.

8029 Strato a matrice sabbiosa di colore giallo con diffuse striature grigie, individuato lungo il margine est dell’area di scavo. Lo strato presenta numerose formazioni sedimentarie di medie dimensioni (campionate) e grumi di sabbia gialla più scura compatta sulla superficie. L’US ha restituito scarso materiale ceramico in prevalenza frammenti di Dressel 20 e terra sigillata tardo italica.

8030 Riempimento sabbioso del taglio moderno US 8031. Questo, ha restituito plastica, foratini moderni e materiale ceramico decontestualizzato provenienti dal primo intervento di scavo del 1998. 8031 Taglio di forma quadrangolare eseguito nelle precedenti campagne di

scavo con mezzo meccanico per l’inserimento di una pompa; i limiti sono netti, con pareti verticali regolari e fondo piatto. All’interno del taglio era stato inserito un pozzetto in cemento a protezione della pompa.

8032 Strato a matrice sabbiosa di colore giallo a granulometria media individuato a NO della nave A. Lo strato per ragioni di sicurezza non è stato indagato, sono stati prelevati i manufatti lignei e i materiali che affioravano (ceramica, anfore, vetro).

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