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L’architettura della nave A

4.1 La struttura della nave A

4.1.1

Lo scafo

La nave A (Tav. 3, 1), di cui restano 19 m in lunghezza e circa 7 m in larghezza, è stata costruita con la tecnica a guscio, la carena venne dunque costruita partendo dalla chiglia, a cui venne fissato direttamente il fasciame che ne ha determinato la forma.

L’ossatura (Tav. 4, 1) è stata inserita in un secondo momento, avendo come funzione principale quella di rafforzare lo scafo. Le ordinate si ritrovano quindi fissate al fasciame con cavicchi e inchiavardate con chiodi sia in ferro che in bronzo di dimensioni diverse, ma non appaiono né fissate tra di loro né collegate alla chiglia. Tutti i corsi di fasciame sono accostati a paro con il classico sistema delle mortase e dei tenoni fermati da cavicchi189(Tav. 5, 1). I tenoni, tra cui il pezzo sporadico numero 5888.1 (con il suo

cavicchio numero 5888.2) inserito nel catalogo al paragrafo 3.2, si inseriscono in mortase larghe in media 8 cm190, lunghe 10-12 cm, alte 0,8 cm e distanziate da un minimo di 7-9

cm a un massimo di 18 cm.

Una questione mai chiarita e tutt’ora irrisolta riguarda la porzione di nave scavata, essendo lo scafo tagliato dal palancolato quella presente è la poppa o la prua?

Si era ipotizzato che si trattasse della poppa per la presenza di un “varco” tra i madieri destinato alla pompa di sentina e della ruota di poppa con un baglio i quali potevano indicare la posizione del timone di sinistra191.

Si analizzeranno nei seguenti paragrafi le varie parti presenti nel relitto della nave A che sono schedate nel catalogo al paragrafo 4.4.

Chiglia: la sezione della chiglia (numero 64) mostra una forma trapezoidale con la faccia

superiore larga 23 cm, quella inferiore 20 cm e i lati 17 cm, sui quali sono presenti le due batture laterali (Tav. 41, 2, sopra). Il primo frammento della chiglia, la parte A, era

189 Quelli delle ordinate e delle file centrali delle tavole di fasciame hanno un diametro di 2 cm, mentre i

cavicchi per i tenoni posti verso il comento delle tavole di fasciame hanno circa 1 cm di diametro.

190 La maggioranza delle mortase presenta una larghezza di 8 cm, alcune leggermente più grandi arrivano

fino ai 12 cm.

probabilmente la ruota di prua/poppa192 e tra questa e la parte B (figura 18) è presente un

incastro complesso, che si ripete anche nelle estremità delle parti B e C (Tav. 41, 2, sotto). Si tratta di una calettatura a palella e denti che trova un confronto ravvicinato sia con la chiglia del relitto Monaco A datato al 200-250 d.C.193, sia con quella del relitto Dramont

E del V secolo d.C.194 Due tavole di fasciame, le numero 147 e 148, risultavano al

momento dello scavo ancora collegate attraverso, rispettivamente, otto e quattro chiodi in bronzo alla battura. In alcuni punti della chiglia erano utilizzati rivetti bronzei passanti con testa quadrangolare e corpo cilindrico, probabilmente aggiunti per rafforzare i giunti delle diverse porzioni di chiglia.

Paramezzale: sono quattro i legni riconosciuti come paramezzali195 (numeri 32, 66, 68,

90), in tutti i casi si tratta di pezzi monossili con degli incavi, di circa 12 cm196 di larghezza

e da 1 a 7 cm di altezza (alcuni pezzi presentano una profondità decrescente degli scassi) e con fondo obliquo197, posizionati a distanze variabili tra i 12 e i 22 cm per l’incastro

delle ordinate. All’interno degli incavi erano presenti chiodi in ferro dal diametro di 1,5 cm per il fissaggio con l’ossatura. La presenza di più pezzi sembra indicare che si è in presenza di un sistema composito con un paramezzale centrale affiancato da paramezzalini198. Nel nostro caso il numero 66 (insieme al suo frammento numero 68)

sembra essere il punto centrale del sistema per via della sua maggiore larghezza, della posizione al di sopra della chiglia e della presenza di rivetti in bronzo simili a quelli della chiglia. Inoltre, il pezzo si interrompe con un taglio netto, che non sembra essere dovuto a rottura o usura, circa all’altezza dell’ordinata n. 16 dove la sua testa cade all’interno dello spazio delimitato dal probabile cassonetto di sentina199. Gli altri pezzi, dalla

larghezza minore, sono di conseguenza i paramezzalini di babordo200 (n. 90) e di

192 Diversamente da casi come la nave di Grado, le mortase e i tenoni della ruota (parte A) non sembrano

avere differenze nelle dimensioni e nelle distanze rispetto a quelle del resto della chiglia. DELL’AMICO 2001, pp. 37-43.

193 GIANFROTTA, POMEY 1981, p. 237, fig. 3. 194 SANTAMARIA 1995, pp. 133-142.

195 Il paramezzale è un pezzo fondamentale poiché, essendo parallelo alla chiglia sul piano verticale,

distribuisce e regge il peso di albero e vela sullo scafo. DELL’AMICO 2011, pp. 58-63.

196 Per i particolari delle misure si vedano le relative schede del catalogo dei legni.

197 Il fondo inclinato indica che le ordinate che vi si collegano cominciavano a stellarsi. Con carena stellata

si intende una carena molto fine che abbia le sezioni trasversali di prua e poppa pressoché rettilinee dalla linea di galleggiamento a quella di chiglia.

198 Noti in letteratura anche come paramezzali laterali o contro paramezzali.

199 Il paramezzale della nave di Giglio Porto ha le stesse caratteristiche. DELL’AMICO 2004, p. 21. 200 Tribordo se fosse la prua.

tribordo201 (n. 32). Il paramezzale principale è leggermente, spostato rispetto alla sua

collocazione originaria, risulta disallineato e inclinato, per tale motivo non è possibile stabilire se il n. 66 fosse poggiato direttamente sui madieri oppure sui paramezzalini laterali202.

Il pessimo stato di conservazione delle facce inferiori con gli incavi non consente di vedere se fossero presenti degli incastri tra paramezzale e paramezzalini che ne permettessero un bloccaggio in senso trasversale e longitudinale, mentre l’assenza di incastri che ne impediscano il movimento verticale si può agilmente spiegare sia con la presenza dei rivetti, sia con il peso stesso del paramezzale che ne bloccava lo spostamento.

Il numero 32 presenta (figura 41), vicino al “varco” di 33x38 cm già identificato come vano della pompa di sentina, un incastro di 12x07x09 cm (con profondità decrescente da 4 a 0 cm) che è possibile riconoscere come uno dei due scassi dove, normalmente, venivano posizionate le parti verticali della pompa.

Su nessuno dei legni presi in considerazione compaiono tracce della scassa dell’albero, si può pensare che queste siano nella parte di imbarcazione non scavata, al di là del

201 Babordo se si trattasse della prua.

202 Il sistema paramezzali che poggiano su paramezzalini sembra ricorrente nelle costruzioni navali tra la

fine del I-inizi II secolo e il VII secolo d.C. DELL’AMICO 2001, p. 54 e DELL’AMICO 2011, pp. 59-62, fig. 4.1 che spiega le due opzioni.

Figura 41: particolare del vano pompa e tra i paramezzali 90 (sopra) e 32 (sotto), la freccia indica lo scasso (foto di repertorio).

palancolato. Visto il buono stato di conservazione delle facce superiori dei paramezzali, sembra meno probabile un deterioramento tale da non renderle più visibili.

Carpenteria trasversale: gli elementi dell’ossatura, che risulta essere la parte più

irregolare dell’architettura di una nave, presentano un’estrema variabilità. Le sezioni degli elementi trasversali appaiono di varie forme, da quelle più rettangolari e sottili a quelle quasi quadrate, e in vari stadi di lavorazione, non tutte sembrano completamente lavorate, alcune hanno porzioni solo sbozzate203 e solo in certi casi è presente, su una

delle due estremità, un giunto a becco di flauto, senza che le due unghie siano assemblate, per l’incastro con la battura della chiglia.

La variabilità si ripresenta anche nell’aspetto e nelle lunghezze204 dei legni: alcuni

presentano un andamento lineare, altri sono ricurvi o hanno una curvatura accentuata in direzione della chiglia. Un sostanzioso gruppo di ordinate205 è lungo attorno ai 190 cm

(con un minimo di 165 cm e un massimo di 198 cm), un altro si attesta tra i 200 e i 280 cm e infine un piccolo gruppo, composto dai legni n. 16, 17, 40, 44, 110, 112 e 128, supera i tre metri di estensione. I madieri riconosciuti206, n. 14, 19, 20, 42, 43, 45, 49, 58,

108 e 114 sono lunghi più di quattro metri e presentano una curvatura centrale pronunciata, un rivetto cilindrico e due incassi nella parte inferiore (figura 42).

Un aspetto problematico è dato dalla contiguità di due madieri207 (n. 19 e 20) con due

ordinate lunghe più di 3 m (n. 16 e 17), che oltretutto si trovano accanto all’eventuale “varco” per il pescaggio della pompa di sentina; potrebbe trattarsi di un punto che si è voluto rinforzare proprio per la presenza di un vuoto dovuto alla necessità di sistemare il vano pompa.

203 Tenendo sempre conto che il precario stato di conservazione di alcune ordinate non rende leggibile a

pieno il loro livello di lavorazione.

204 Non tutti gli elementi trasversali sono integri, molti compaiono privi di un’estremità a causa delle rotture

avvenute durante il naufragio e il successivo interramento, ma soprattutto per la posa del palancolato che ne ha tranciato una porzione.

205 Si sono prese in considerazione solamente le ordinate integre nella loro lunghezza.

206 Alcuni madieri potrebbero essersi spezzati e apparire ora come due ordinate, la loro funzione originale

potrebbe non essere più riconoscibile a causa del generale pessimo stato di conservazione dei pezzi e della perdita delle curvature originarie.

207 Anche i due madieri n. 42 e 43 sono contigui ma la loro localizzazione in un’area del relitto molto

In generale le ordinate sono fissate al fasciame per mezzo di cavicchi distanziati tra un minimo di 7 cm e un massimo di 27 cm208 e appaiono alternate ai madieri. La diversa

lunghezza riscontrata è da spiegarsi vedendo un’alternanza di ordinate e semi-ordinate, affiancate da madieri e relativi staminali (gli elementi trasversali che seguono i madieri) e da scalmotti presenti solamente nell’area nord-ovest, l’unica porzione di fiancata che arriva quasi fino al capodibanda e conserva di conseguenza le costole superiori.

Nessuna delle ordinate presenta il foro di biscia, ma nuovamente lo svantaggioso stato di conservazione deve averne cancellato le eventuali tracce.

Fasciame, cinta e bagli: sono conservati, ancora in posizione, almeno trentacinque corsi

del fasciame esterno, montati a paro, disposti taglio a taglio, con una larghezza che varia tra i 12 e 40 cm (la maggioranza è intorno ai 20 cm).

Si riconoscono anche i due torelli (n. 144 e 145), che possiedono una larghezza massima di 25 cm, affiancati dai due controtorelli (n. 143 e 147), i quali paiono leggermente più sottili. Il controtorello di babordo (n. 147) presenta una doppia fila di mortase sul bordo collocate a un’altezza di 2 e 4 cm.

Il pezzo numero 69 è stato identificato come una cinta. La sua funzione di aumentare la rigidità della carena, in senso longitudinale, e di proteggerla dagli urti è individuabile nello spessore doppio, rispetto alle normali tavole del fasciame. I cavicchi situati su questo pezzo hanno un diametro di 1 cm e sono distanziati 16 cm su un lato, sull’altro le mortase hanno distanza di 9-11 cm. La sua posizione potrebbe indicare la linea di

208 Su alcune ordinate compaiono anche coppie di cavicchi distanziate minimo 13 cm e massimo 16 cm (i

cavicchi all’interno della coppia hanno una distanza di 6-8 cm).

Figura 42: sistemazione, in maniera simile alla nave A, di ordinate, madieri e staminali nel relitto della Kyrenia (da MCGRAIL 2004, p. 15).

galleggiamento, essendo l’unica cinta individuata sulla murata di babordo (o tribordo se fosse la prua), la quale risulta quasi integra.

La tecnica di assemblaggio, per tutti i corsi di fasciame, è a mortase e tenoni. Le mortase sono ricavate nello spessore e i cavicchi (dal diametro di 1 cm) presenti sono distanziati minimo 16 cm, massimo 25 cm. Al centro delle tavole209 sono presenti ulteriori file di

cavicchi, dal diametro di 2 cm, posizionati a distanze maggiori, tra i 14 e i 38 cm, in alcuni casi sistemati a onda, in altri in maniera lineare. Tali file di cavicchi servivano per l’assemblaggio con l’ossatura, la quale era rinforzata da chiodi in bronzo o in ferro sistemati senza un’apparente uniformità.

Del fasciame interno si conservano almeno otto corsi longitudinali fissati alle ordinate mediante degli scassi, meno spessi rispetto a quelli dei paramezzali210, e alcuni robusti

chiodi disposti alternativamente nella parte bassa e alta delle tavole (distanti tra 45-49/58- 60cm e 70/80-82cm)211.

I legni numero 34, 47, 71, 201, 202, 203 e 204 sono probabilmente dei bagli per la loro forma e la loro posizione al di sopra delle ordinate. Purtroppo, tutti questi pezzi sono in un tale cattivo stato di conservazione che è la loro identificazione e le loro caratteristiche sono a mala pena leggibili.

Il legno numero 72 presenta alcuni incassi distanti tra loro 96 cm, e una forma diversa rispetto alle altre tavole. Per tali ragioni sembra presumibile che si tratti del trincarino o del dormiente che si andavano a incastrare nei bagli, in questo caso probabilmente distanziati 96 cm. Si tratterebbe quindi di una parte superstite del ponte di coperta.

Riprendendo la questione della prua o della poppa si è calcolato, attraverso le piante di scavo, che il “varco” si trovava a 13,02 m dall’inizio del dritto. Normalmente, ma non sempre212, la pompa andava localizzarsi nel terzo poppiero, di conseguenza la sua

posizione a prua o a poppa non risulta dirimente per risolvere la faccenda. La mancanza di qualsivoglia indizio sulla posizione della scassa dell’albero, sempre collocata a mezzeria o verso la prua, potrebbe invece essere l’indizio corretto per indicare che si tratta della poppa. La scassa andava a inserirsi nel paramezzale che nel nostro caso è completo

209 Le due file di cavicchi sono distanti tra loro minimo 9 cm, massimo 20 cm.

210 La presenza di questi incavi aveva tratto in inganno i restauratori che li avevano erroneamente classificati

come paramezzzali.

211 Una situazione simile si ritrova nelle tavole del fasciame interno, fissate con alcuni chiodi, del relitto

Saint Gervais 3. GASSEND, ET. AL. 1990, pp. 219-258.

(9,9 m), ma si interrompe dove era infissa la pompa di sentina, rendendo quindi ipotizzabile che al di là del palancolato si trovi la seconda porzione di paramezzale, contenete la scassa dell’albero, insieme alla prua.

Le dimensioni, la forma della carena, il pescaggio e il tonnellaggio213 della nave restano

sconosciute, non è stato possibile formula nessuna ipotesi senza un opportuno studio delle forme utilizzando appositi software per la ricostruzione virtuale.

Si può dire che sicuramente la nave apparteneva alla classe delle onerarie “medie” con una portata lorda compresa tra le 60-70 tonnellate e le 150 tonnellate e uno scafo lungo oltre 20, che sicuramente non superava i 30 m214, se il vano pompa fosse in prossimità

del centro della nave allora potrebbe avere una lunghezza tra i 25 e i 27 m215.

Tra le imbarcazioni rappresentate nel mosaico di Althiburos (Medeina, Tunisia) la nave A poteva essere una ponto o una cladivata216, onerarie a vela dalla forma asimmetrica

con la chiglia visibile e doppio timone, adatte per il mare aperto217.

La sezione della chiglia, l’organizzazione di ordinate, semi-ordinate e madieri, la sistemazione del paramezzale su due paramezzalini e le simili dimensioni di mortase e ordinate218 trovano un confronto ravvicinato nel relitto Laurons 2, imbarcazione di 15 m

datata tra la fine del II secolo e la fine del III secolo d.C.219 Nuovamente il sistema del

paramezzale, congiuntamente con la sua conclusione nel varco per il vano pompa, trova confronti nel relitto di Saint Gervais 3220; il paramezzale con i due contro-paramezzali,

insieme alle dimensioni del fasciame e alla presenza delle due file di cavicchi una laterale

213 Per il calcolo del tonnellaggio si vedano CASSON 1956, WALLINGA 1964 e TCHERNIA, POMEY

1978.

214 Le categorie di grandezza basate sulla capacità di portata ed elaborate per le navi commerciali di epoca

romana comprendono anche: imbarcazioni “piccole” con portata tra le 10-20 tonnellate e le 50-60 tonnellate e uno scafo mediamente lungo dai 14-15 m fino ai 20 m; imbarcazioni “grandi” dalla portata lorda compresa tra le 150 tonnellate e le 400-500 tonnellate e scafo che arriva sino ai 40 m di lunghezza (e oltre). CIBECCHINI 2011, pp. 12-13.

215 Non si può ulteriormente sostenere la teoria, precedentemente ipotizzata, che il palancolato abbia tagliato

esattamente a metà l’imbarcazione a meno che non si pensi che una nave lunga più di quaranta metri, estremamente rara per tutta l’epoca romana e soprattutto per l’età imperiale, potesse agilmente entrare e veleggiare in un fiume.

216 Le rappresentazioni romane di navi di queste tipologie, quali per esempio i mosaici del Piazzale delle

Corporazioni a Ostia, il graffito della nave Europa da Pompei, l’Isis Geminiana dalla necropoli della Via Laurentina, sono messe a confronto in BASCH 1987, pp. 468-474.

217 DUVAL 1949, pp. 130-134 e REDAELLI MAURI 2014, pp. 131-137.

218 Larghe in media 8-11 cm con alcune eccezioni che raggiungono i 20 cm nelle porzioni più spesse. 219 LIOU, ET AL. 1984, pp. 84-100, si vedano in particolare le figg. 17-22.

220 Nave di circa 14 m datata alla metà del II secolo d.C. con un paramezzale, due paramezzalini e gli incassi

per la pompa di sentina sui paramezzalini simili a quello presente sul pezzo n. 32. GASSEND, ET. AL. 1990, pp. 219-258, in particolare fig. 127.

per tenoni e una centrale per il fissaggio con le ordinate, trova un ulteriore parallelo nella nave di Giglio Porto, datata agli inizi del III secolo d.C. e di cui è stata ipotizzata una lunghezza tra i 13,50 m e i 15,30 m221.

4.1.2

L’apparato di governo

Dall’adiacente area 5, US 8052, tra i materiali che, come si è visto222, potrebbero essere

parte del carico della nave A scivolati dall’area 1 all’area 5 è presente un grosso tronco di legno che al momento del ritrovamento si presentava estremamente danneggiato, quasi illeggibile, e lungo 5,54 m.

Il pezzo numerato come legno n. 600223 (inventario SIGEC 19.S121-1.86, numero di

inventario interno 5856) si è presto rivelato essere il fusto di un timone di notevoli dimensioni, grazie alla presenza di tre mortase su una delle estremità, dell’impronta di alcune cime (figura 43) verso la zona centrale e per il rastremarsi di uno dei due termini. La lunghezza di questo oggetto, la sua localizzazione in uno strato databile allo stesso alluvione di quello della nave A e la sua collocazione insieme alle anfore della stessa tipologia di quelle del carico dell’oneraria sono tutti indizi che permettono di ipotizzare che si trattasse di uno dei due timoni della nave A.

La necessità di rendere indipendente l’azione di governo da quella di propulsione224 si

rende evidente in un’imbarcazione di medie dimensioni atta alla navigazione in mare225.

221 DELL’AMICO 2004, pp. 21-34. 222 Cfr. capitolo 2.

223 Il pezzo è ora esposto in MNAP, sala 7, su un supporto in laminato che mostra al pubblico come doveva

essere in origine il suo profilo.

224 Per governare imbarcazioni di modeste dimensioni si potevano utilizzare i remi o la vela.

225 Si stima che gli organi di governo siano in uso sulle imbarcazioni da almeno cinque millenni. GILLMER

1999, p. 185.

L’organo di governo risulta sempre costituito da una superficie piana, dal contorno variabile, disposta verticalmente o in maniera inclinata. Tale superficie ha la caratteristica principale nell’essere solidale a un asse, collocato a una delle due estremità di un’imbarcazione, normalmente la poppa, che può rotare facendo così assumere alla superficie un certo angolo rispetto al piano longitudinale. Dal punto di vista delle forze fisiche messe in atto si definisce “centro di pressione” un punto su cui viene applicata una pressione determinata dai filetti fluidi che scorrono lungo la carena durante il moto lungo la carena226.

Gli effetti della “resistenza del timone” sullo scafo sono di rotazione, di ritardazione del movimento (cioè di opposizione al moto) e di deriva. Se ne deduce che ogni tipo di natate necessita di una determinata superficie di governo dal differente dimensionamento che dipende da diversi fattori quali: la velocità, il rapporto227 tra area di superficie di governo

e quella del piano di deriva228, la posizione della superficie di governo rispetto alla

sezione maestra dello scafo229, l’angolo (al massimo di 35°) tra la superficie di governo

rispetto al piano longitudinale, il dislivello tra il “centro di pressione” e la linea di galleggiamento.

L’apparato di governo, inoltre, determina la morfologia della poppa: la posizione e il modo in cui è collegato a essa influiscono sulla forma del dritto di poppa, le apparecchiature per le sue manovre condizionano la selezione delle sovrastrutture. In sostanza il profilo del timone costituisce il prolungamento della carena, quindi a differenti pescaggi corrispondono differenti forme: con un pescaggio notevole il piano del timone si presenta stretto e sviluppato verticalmente, con un pescaggio modesto la superficie del governo appare poco alta e sviluppata orizzontalmente.

226 Questa pressione è una forza di resistenza scomponibile in due componenti: il primo, di attrito

tangenziale, dai trascurabili effetti; il secondo, ortogonale alla superficie di governo, detto “resistenza del timone” che serve per stabilire il “momento evolutivo” di uno scafo (definito rispetto al centro di gravità del natante) che, a sua volta, misura la potenza di evoluzione, ovvero di accostata di una nave.

227 Si è potuto stabilire che questo rapporto si situa tra 1:30 e 1:40 con propulsione a remi e tra 1:30 e 1:50

con propulsione a vela.

228 Si definisce “piano di deriva” la proiezione dell’opera viva di un’imbarcazione su un piano parallelo alla

sezione verticale longitudinale massima dell’imbarcazione stessa. Il suo centro è detto “centro di deriva” ed è formato dalla sommatoria tra il baricentro geometrico e la superficie dei timoni laterali, si può altresì