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L’intera area 1 è stata scavata dagli strati moderni fino al primo alveo fluviale. Le fasi che si andranno ora a descrivere hanno mostrato, non senza problemi dovuti alla particolare natura del contesto e al rimaneggiamento delle stratigrafie nei vari interventi di scavo, le numerose fasi alluvionali alternate ai periodi di stasi fluviale succedutesi in questa zona e soprattutto hanno consentito di chiarire come è avvenuto il naufragio e

l’interramento della nave A. Il relitto è stato rinvenuto arenato sul limite del corso d’acqua, in prossimità della confluenza di questo con il corso di un canale.

Le fasi I-VI65 (Tav. 1, 1) sono state scavate nell’ultima campagna (2013-2015) e sono

tutt’ora inedite. Essendo state scavate per ultime alcune di queste fasi sono le stesse individuate nella precedente campagna (2006-2007) che aveva indagato tutte le stratigrafie, fasi VIIa-XIV (Tav. 2, 1), poste al di sopra della nave A fino ad arrivare agli interventi moderni. Si è qui preferito mantenere la numerazione delle fasi già assegnata nella relazione di scavo di Cooperativa Archeologia e nel libro “Il Bagaglio di un marinaio” in cui sono stati pubblicati i risultati dello scavo 2006-2007. Per la descrizione delle UUSS nominate si veda il capitolo 1, paragrafi 1.2.3 e 1.2.4.

Fase Ia (fine I secolo d.C.): si tratta della fase più antica documentata in cui sono

testimoniati due livelli a prevalente matrice sabbiosa, abbastanza friabile (UUSS 8050 e 8051), individuati esclusivamente in un saggio a ridosso del palancolato orientale. Poiché non è stato possibile scavare integralmente i due strati sembra probabile poterli interpretare come il prodotto di un evento alluvionale di ingente portata, cronologicamente ascrivibile alla fine del I sec. d.C., a cui potrebbe essere associato un carico di anfore ispaniche (Dressel 2-4 e Dressel 20) localizzate a est dell’area di scavo, oltre la zona delimitata dalle palancole, e quindi trascinate a valle dalla corrente.

Fase Ib (I secolo d.C.): i materiali dell’US 8050 appaiono parzialmente ricoperti da un

sottile strato di argilla, abbastanza plastica, che indica una fase di breve stasi fluviale con ripresa del regolare scorrere delle acque fluviali. Direttamente sull’US 8050 è presente un livello di sabbia gialla (US 8041) esteso su tutta l’area e caratterizzato da una pendenza poco accentuata NE-SO e più consistente da S verso N. Lo strato ha restituito scarso materiale ceramico, assai frammentario e resti di legno lavorato, anche di notevoli dimensioni. Analogo per posizione e struttura risulta essere US 8040 (diversificato in corso di scavo per la maggiore quantità di materiale ceramico) da cui provengono numerosi resti di contenitori da trasporto (nuovamente Dressel 2-4). A causa dell’elevato numero di frammenti ceramici e del notevole spessore del deposito sabbioso è possibile individuare in questa fase un nuovo evento alluvionale a cui non sono associati, almeno

65 Le UUSS 8030 e – 8031, costituenti la fase VI, sono da ricondurre a interventi moderni di gestione del

nel settore indagato, resti di imbarcazioni per cui i frammenti ceramici di US 8040 si possono considerare come il risultato di un’ondata di piena che ha trascinato a valle parte di un carico precedentemente affondato.

Fase II (fine I-inizio II secolo d.C.): periodo di relativa calma fluviale con alcuni momenti

di maggiore intensità (testimoniati dalle UUSS 8037, 8033) che hanno consentito la formazione di un deposito omogeneo costituito da una alternanza di argille e strati limo- sabbiosi di spessore limitato. Direttamente sull’US 8040 sono stati individuati tre livelli argillosi (UUSS 8017, 8038, 8039) ricchi di elementi vegetali, soprattutto fogliame e pietrisco di piccola dimensione, privi di materiale ceramico. Il posteriore strato US 8037, a matrice limo sabbiosa con superficie regolare e fortemente inclinata da NE a SO, attesta una fase di maggiore intensità fluviale. I materiali ceramici (anfore Gauloise 4, Agora M254, Dressel 2/4 iberiche, anfore tipo Forlimpopoli, Dressel 20 e abbondante ceramica africana da cucina) indicano un arco cronologico nuovamente compreso tra la fine del I secolo d.C. e l’inizio del II secolo d.C. Segue una nuova fase di stasi con un regime fluviale abbastanza regolare attestato da due livelli argillosi (UUSS 8035 e 8034); modesti fenomeni erosivi sull’US8035 sono da imputare a un gorgo (US - 8036) di forma circolare. Quest’ultimo taglio, riempito da sabbia e ghiaia fine, si localizza a ovest del tronco d’albero n. 506, elemento questo che ha ostacolato il naturale defluire delle acque originando piccoli mulinelli.

Fase III (prima metà II secolo d.C.): si registra un nuovo evento alluvionale di una certa

intensità che ha inciso profondamente la stratigrafia precedente già in parte erosa dallo scorrimento della corrente in direzione NE-SO. Lo strato US 8025, individuato nel settore NE dell’area di scavo e in alcuni dei saggi eseguiti per lo stacco della chiglia 64A, ha restituito abbondante materiale ceramico omogeneo (anfore Tripolitane, anfore Dressel 2/4 iberiche, anfore tipo Spello, Beltran 2b, sigillata africana A) inquadrabile in un periodo compreso tra la fine del I secolo d.C. e la prima metà del II. Lo strato risulta coperto da un livello sabbioso con minore materiale ceramico (US 8029) su cui è stato identificato chiaramente il taglio US - 8019 relativo all’alluvione che ha portato all’affondamento della Nave A.

Fase IV=VIIa (metà II secolo d.C.): alla metà del II sec d.C. è riconducibile un nuovo

fenomeno alluvionale di considerevole intensità, attestato principalmente dal livello sabbioso (US 8021) ma soprattutto dalla nave A, naufragata a seguito di tale circostanza. Lo strato sopra citato, identificato direttamente sotto lo scafo dell’imbarcazione ed in parte asportato durante la rimozione del fasciame, è costituito da uno spesso livello di sabbia giallastra da cui provengono ancora frammenti di anfore Dressel 2/4 tarraconensi, ceramica africana da cucina e terra sigillata africana A. Lo stesso materiale ceramico proviene dalle US 8022 e US 8017b, situato a diretto contatto del taglio alluvionale US - 8019. La fiancata sud della nave A poggia direttamente sulle UUSS 8021 e 802766,

quest’ultima contenente frammenti di anfore di Spello. La stratigrafia fino ad ora esaminata, pertinente alla fase IV=VIIa ripropone l’andamento generale di tutta l’area: una discreta pendenza da NE a SO e in maggior misura da S verso N, con un accumulo prevalente del materiale ceramico nei punti di maggiore depressione.

La nave oneraria giace inclinata a babordo67 (verso N), leggermente rialzata verso poppa.

Sembra plausibile che per un certo periodo la fiancata meridionale (tribordo68) sia stata

esposta allo scorrimento del fiume, visto anche l’elevato danno strutturale presente proprio su questo lato, quasi completamente mancante. Decisamente da escludere un’operazione di affondamento intenzionale per consolidare la sponda fluviale, sia per l’anomala e irregolare posizione della nave, sia per la presenza del carico originale, “rotolato” in parte verso valle grazie al flusso della corrente e infiltratosi in contesti diversi69.

A seguito di tali considerazioni si può quindi ritenere che la nave si sia arenata mentre percorreva il fiume a causa di una violenta ondata proveniente da sud dovuta a una delle frequenti alluvioni dell’Arno e si sia successivamente impuntata di prua lungo la sponda. Nello specifico, l’imbarcazione dovrebbe aver urtato violentemente contro la sponda nord del fiume sfasciando completamente la fiancata sinistra; la fiancata destra70 avrebbe

invece conservato la sua forma venendo sostenuta dai depositi alluvionali (sabbiosi e

66 Stratigraficamente le UUSS 8017b, 8021 e 8027 risultano anteriori all’imbarcazione che poggia su di

loro, in realtà questi si sono formati dopo l’affondamento dell’imbarcazione quando, nella successiva fase di stasi, hanno riempito lo spazio tra la sponda e l’imbarcazione.

67 L’interpretazione come poppa della porzione superstite della nave A, pubblicata in REMOTTI 2012,

viene qui ribadita con molti dubbi per motivi che saranno spiegati nel capitolo 4. Di conseguenza babordo potrebbe essere tribordo se fosse la prua.

68 Babordo se si trattasse della prua. 69 Cfr. paragrafo 2.2.

detritici) accumulatisi al di sotto del fasciame71, forse con la parte superiore parzialmente

fuori dal pelo dell’acqua. Le imponenti dimensioni del relitto rendono possibile supporre che, dopo l'affondamento, essa sia rimasta sostanzialmente arenata tra il fianco della sponda ed il fondale.

L’alluvione che ha causato l’affondamento della imbarcazione ha depositato un gruppo di strati sabbiosi tipici di questi eventi dal caratteristico rilevante spessore (UUSS 6087, 6088, 6089, 6097, 6098), frammisti a lenti di materiale organico vegetale decomposto,

associati talvolta a reperti ceramici interi, tra cui alcuni rimasti intrappolati tra le tavole e le ordinate della nave (figura 20, a). Questi reperti sono stati rinvenuti addossati verso nord, secondo la direzione della maggiore spinta che causò l’affondamento dell’imbarcazione72.

71 Posteriormente al naufragio il fasciame si è conservato grazie a un parziale spostamento, oppure a una

riduzione di portata, del corso fluviale, che ha predisposto un accumulo di depositi sabbiosi sotto la fiancata stessa (UUSS 8017b, 8021 e 8027).

72 REMOTTI 2012, p. 19-22.

Fase V=VIIb (fine II-inizi III secolo d.C.): subito dopo l’affondamento dell’imbarcazione,

una serie di depositi più sottili a matrice limosa e argillosa (UUSS 6084,6085, 6086, 6090, 6091, 6092, 6093, 6094, 6095, 6096, 6099, 6100) testimoniano una ripresa del regolare scorrimento della corrente fluviale, da NE a SO, con ispessimenti, accumuli di fogliame e cavità di turbolenza influenzati dalla presenza delle ordinate del relitto sottostante (figura 20, b). I reperti contenuti in questi strati per la maggioranza provengono ancora dal carico residuo della nave, movimentato dall’azione dell’acqua. La limitata presenza di materiali residuali, trasportati dalla corrente, rivela come in questa fase, dalla breve durata, la struttura della nave doveva ancora essere ben conservata. Si può agevolmente ipotizzare che proprio in tale momento consistenti porzioni del carico originale abbiano cominciato a disperdersi, non tanto grazie a un evento alluvionale violento ma piuttosto per la costante azione della corrente fluviale73.

Durante lo smontaggio dei legni sono stati individuati alcuni settori dello strato sabbioso posto a diretto contatto con il fasciame (US 8001) che ha restituito esclusivamente parti più o meno frammentarie di anfore tipo Spello. Il definitivo insabbiamento della nave A e la contemporanea formazione di un deposito a matrice limo-sabbiosa, posto a sud dell’imbarcazione (US 8028, 8016) dove sono stati individuati elementi lignei non in connessione probabilmente pertinenti al bastimento, è ascrivibile cronologicamente alla fine del II secolo d.C.-inizi III d.C. ed è possibile affermare che in questa fase le acque avevano ripreso a scorrere in modo più regolare con un leggero spostamento dell’alveo verso nord, lo si deduce dal fatto che parte del fasciame della nave venne in quel momento coperto dall’US 8015, uno strato sabbioso ricco di materiale ceramico.

Fase VIIc (inizi-metà III secolo d.C.): un consecutivo evento traumatico dalla maggiore

portata, ascrivibile al terzo decennio del III secolo, si presenta negli strati dell’area 1 (figura 20, c) come una serie di depositi sabbiosi a granulometria piuttosto fine (UUSS 6073, 6081, 6082). Tuttavia, per le caratteristiche di orientamento, di non eccessivo spessore e di consistenza dei depositi, sembra più che altro un momento di intensificazione della corrente fluviale, più che un evento alluvionale vero e proprio. In questi strati sono stati rinvenuti altri materiali che la corrente ha trascinato o spostato, forse da breve distanza, e alcuni oggetti sono rimasti "intrappolati" nelle maglie delle ordinate della nave A ancora emergenti. In particolare, l’US 6081 si è rivelata essere

particolarmente ricca di reperti ceramici74 e al suo interno è stato rinvenuto il cosiddetto

“Bagaglio del marinaio”75. Tutti questi materiali sono databili intorno alla metà del III

secolo d.C. ed è probabile quindi che oggetti pertinenti a un’altra, o ad altre imbarcazioni più recenti si siano mescolati alla parte più superficiale del carico della nave A, smosso dal dinamismo della corrente.

Fase VIIIa (seconda metà III-metà IV secolo d.C.): si tratta di un periodo “vuoto” (figura 21, a), mancano infatti per circa un secolo dati stratigrafici (sono presenti due sole unità

stratigrafiche le UUSS 6070 e 6089). Eventuali spiegazioni sono da ricercare nella progressiva erosione, da parte della corrente fluviale, dei depositi relativi a questa fase lacunosa, o a un singolo evento di massiccia erosione (ipotetico visto che non ne è riscontrata traccia), oppure ancora a un periodo di attività di erosione dovuto ad una modifica del letto fluviale a monte, che ha ripristinato l’originale situazione di erosione sul lato nord (e di deposito sul lato sud) che da sempre aveva caratterizzato quest’ansa

74 I reperti facenti parte dell’US 6081 sono stati pubblicati in REMOTTI 2012, pp. 35-76. 75 Cfr. paragrafo 2.2.3.

del fiume e che doveva essere stata temporaneamente interrotta dalla situazione creatasi con il naufragio della seconda metà del II secolo. Un evento alluvionale di una qualche entità, anche se apparentemente non così traumatico come gli altri, potrebbe essere testimoniato da alcuni sottili e residuali depositi argillosi, purtroppo molto compromessi dall’attività erosiva consecutiva.

Fase VIIIb (seconda metà IV secolo d.C.): si sviluppa un periodo di relativa calma fluviale

(figura 21, b) testimoniato da una serie di erosioni e depositi a matrice sabbiosa con scarsi materiali (UUSS 6083, 6069, 6054, 6067). Dalla seconda metà del secolo comincia una fase di corrente fluviale molto debole e rallentata, dal carattere quasi “lagunare”, testimoniata dall’alternarsi di sottili strati argillosi (UUSS 6055, 6059, 6066, 6072, 6076, 6078) frammisti ad accumuli di fogliame (UUSS 6055, 6077, 6079, 6061) a cui si intervallano sottili strati a matrice sabbiosa (UUSS 6068, 6075, 6071), ricchi di ghiaia e reperti malacologici.

Gli strati si sovrappongono e si mescolano in una serie di fosse di turbolenza dalla forma circolare, rivelatisi veri e propri residui di mulinelli. Questi indizi puntano decisamente verso un periodo prelagunare, forse salmastro, dove la lenta corrente fluviale creò depositi contrassegnati dall’alternarsi stagionale di sabbie primaverili-estive, residui vegetali autunnali in grande quantità e argille nella fase maggiormente rapida e piovosa dell’inverno. Anche i materiali si presentano piuttosto eterogenei: dall’abituale campionario di anfore da trasporto (principalmente anfore tipo Empoli, Keay XXV.1, Keay XXXVB, Africana IIC), a ceramica da tavola (ceramica africana C e D), a frammenti di suppellettile in avorio, cordami e parti di sartie, materiale edilizio scaricato (tegole, coppi e mattoni) e addirittura un frammento di lastra marmorea con decorazione a maschera teatrale. La varietà di oggetti sembra indicare che si tratti di rifiuti provenienti dalle sponde del fiume, oppure dall’intenso traffico che doveva percorrere questa via d’acqua.

Le “pozze” peraltro aumentano di intensità e numero procedendo verso ovest, mostrando il progressivo accumulo ed interro della concavità artificiale creata dallo scafo residuo. L’insabbiamento del relitto, infatti, si conclude entro la fine del IV secolo, con una serie di depositi sedimentari (UUSS 6053, 6056, 6057, 6058) disposti al di sopra della fiancata e in corrispondenza delle lacune dello scafo che viene completamente obliterato76.

Fase IX (fine IV-inizi V secolo d.C.): un ulteriore evento alluvionale rientra in questo

periodo (figura 21, c). Una massa d’acqua di notevole entità, proveniente da SE (quindi nuovamente dall’Arno), rimuove e trasporta nella zona centrale dell’area 1 un consistente accumulo a prevalente matrice argillosa (UUSS 6047=6045=6050 e US 6041.). L’evento alluvionale deve aver coinvolto una imbarcazione di cui non sono state trovate porzioni di scafo, o affondata all’esterno dell’area di scavo (anche se nelle immediate prossimità), oppure completamente distrutta sotto l’impatto dell’ondata di alluvione. I depositi restituiscono infatti un incoerente ammasso di frammenti di legno lavorato (per lo più fasciame), anfore (Africana IID, Keay XXV.1, XXV.2, XXV.3, XXVII e XXXVb, tipo Empoli, Almagro 51) e ceramica comune che, per le loro caratteristiche unitarie di cronologia e di scarsa fluitazione si possono attribuire, ma resta un’ipotesi, ad un carico. La consistente forza dell’evento ha coinvolto anche contesti di terraferma. L’alluvione ha infatti interessato i resti di una fornace riservata alla produzione di ceramica comune e invetriata attiva sulla riva del fiume nelle vicinanze tra II e III secolo d.C.77

Fase X (inizi V secolo d.C.): si tratta di una fase (figura 22, a) brevissima caratterizzata

da un taglio di forma rettilinea (US - 6200) su cui alloggia la fondazione di un muro in pezzame di tufo (US 6041=6049) probabilmente connesso con strutture legate ad attività di riva fluviale, forse relative ad una postazione di attracco, un molo.

Fase XI (V-VI secolo d.C.): l’ultimo evento alluvionale riscontrabile con certezza nella

zona (UUSS 6044, 6042, 6039) crea un rimescolamento e una conseguente obliterazione dei depositi relativi alla successiva fase di stasi fluviale (figura 22, b). L’evento difatti, oltre ad apportare nuovo materiale alluvionale in gran quantità ha intaccato e rimescolato gli strati sottostanti, alternando sabbie, argille, ghiaia e ciottoli a materiali provenienti sia dal carico della nave di IV secolo, affondata nella fase IX, sia della sottostante nave A. Le caratteristiche granulometriche certamente rilevanti dei livelli riconducibili a questa fase, principalmente ghiaie e grossi ciottoli, spingono ad avvalorare l’ipotesi di un’intenzionalità di questo deposito, almeno parziale, con lo scopo di ottenere una superficie compatta nelle immediate vicinanze della sponda.

77 Sono stati rinvenuti materiali da costruzione (mattoni, tegole, coppi, tubuli) mattoni da fornace ipercotti

e deformati, molti con residui di invetriatura e alcuni con ancora l’impronta del vasellame sul piano di impilamento.

Fase XIV (VII secolo d.C.): terminati gli eventi traumatici della fase precedente l’area

vede un periodo di relativa tranquillità (figura 22, c), durante tutto il corso del VII secolo, che prevede l’alternarsi di sottili depositi stagionali sabbiosi (UUSS 6063, 6037, 6033), argillosi (UUSS 6031, 6032, 6038) e di fogliame (US 6063), quasi privi di materiali archeologici ma dal crescente spessore, da connettersi con la crescente piovosità attestata in questo periodo storico78.

78 Remotti, 2012, pp. 25-26.