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2.2 Problemi di datazione: gli studi sul carico

2.2.2 Secondo studio sul carico

Durante gli interventi di scavo 2006-2007 è stato notato che, all’interno dei settori 1 e 2 delle UUSS 6098, a ovest, e 6089, a nord del relitto, alcuni oggetti erano rimasti intrappolati nella parte più profonda dello scafo grazie a una tavola lignea che, adagiata sulla parte bassa delle ordinate della fiancata, aveva creato una sorta di barriera fisica, consentendo l’accumulo degli oggetti in uno spazio esiguo. In ulteriori strati, UUSS 6086 e 6090, riferibili a momenti di limitata corrente fluviale ed individuabili al di sopra delle strutture lignee, era situato altro materiale rimasto incastrato tra le ordinate. In questo caso nessuno dei reperti si trovava nella posizione originaria di stivaggio e solo alcuni si ritrovavano a contatto con lo scafo, la maggior parte del materiale infatti proveniva dagli strati soprastanti, ma nonostante ciò la loro posizione rende ipotizzabile che appartenessero al carico.

I reperti rinvenuti si possono differenziare in anfore, terra sigillata africana, ceramica africana da cucina e piatti-coperchio.

Tra le anfore presenti compaiono nuovamente una Gauloise 4 e una tipo Forlimpopoli A, a cui si aggiungono un’anfora tipo Empoli (fine II-VI secolo d.C.), una tipo Spello (età tiberiana-fine III secolo d.C.), due produzioni iberiche come la Dressel 20 (I-III secolo d.C.) e l’Almagro 51C (III-metà V secolo d.C.) e tre produzioni africane come l’Africana IA, l’Africana IIIA e l’Africana IIIB (rispettivamente seconda metà II-fine IV secolo, fine III-IV secolo, IV secolo d.C.).

Le terre sigillate africane A e D sono rappresentate da una coppa (forma Hayes 9B, terra sigillata africana A) non decorata con corpo emisferico caratterizzato da una leggera carenatura e da una fascia esterna poco rilevata (ubicata immediatamente al di sotto dell’orlo), databile tra la metà del II e gli inizi del III secolo d.C. e da una scodella (forma Hayes 58B=Bonifay 35, terra sigillata africana D) caratterizzata da una vernice opaca, un orlo a tesa, ispessito a sezione triangolare e leggermente inclinato, due scanalature e il fondo con scanalatura e piede atrofizzato, riconducibile al IV secolo d.C.

Tre casseruole in ceramica africana da cucina e tre piatti-coperchio concludono il secondo studio sul carico. Per le casseruole si tratta di una forma Hayes 23B=Bonifay 1 con orlo internamente rilevato (prima metà II secolo-fine IV secolo d.C.), una forma Hayes 197=Bonifay 10 dotata di una patina cinerognola esterna (databile tra la fine del II secolo e gli inizi del V secolo d.C.) e una forma Hayes 181=Bonifay 3 con orlo leggermente

ispessito e terminante a punta (fine II-inizio III secolo d.C., alcune varianti raggiungono l’inizio del V secolo d.C.).

I piatti-coperchio invece appartengono alle forme Ostia II, 302=Hayes 196B=Bonifay 11 (databile tra il I secolo e la seconda metà del III secolo. d.C.), Ostia I=Hayes 182=Bonifay 6 (seconda metà II-prima metà III secolo d.C.) e Ostia I, 261=Bonifay 11 (I secolo- seconda metà III secolo d.C.).

Concludendo, questi materiali spingono a rialzare leggermente la cronologia alla seconda metà del II secolo-inizi III secolo d.C., ipotizzando che i reperti più recenti siano da imputare al mescolamento delle stratigrafie delle varie fasi fluviali82.

Un secondo catalogo di oggetti è stato studiato dalla dott.ssa Maria Cristina Mileti. Si tratta dei materiali dell’US 6081, appartenente alla fase VIIc, e identificati come un ulteriore carico, evidente appartenente a una o più navi di cui non sono state trovate tracce, mescolatosi con il probabile carico della nave A. Appartengono, infatti, a questo strato materiali ben più tardi, databili tra la metà e l’ultimo quarto del III secolo d.C., insieme a materiali di II-prima metà III secolo d.C. affiancabili per tipologia a quelli dei due studi sopra presentati83.

Tale secondo carico non sembra quindi attribuibile integralmente alla nave A, vista l’appartenenza di questa US a due fasi successive a quella del naufragio.

2.2.3

Il Bagaglio di un marinaio

Nell’US 6081 è stato rinvenuto un reperto straordinario battezzato il “Bagaglio del marinaio”84 (Z522) a cui è stata dedicata una pubblicazione del 2012 curata da Esmeralda

Remotti.

Si tratta di una cassetta di legno85 ritrovata capovolta e reclinata su un angolo che,

prelevata e scavata in laboratorio, ha restituito al suo interno un eccezionale corredo

82 MILETI 2011, pp. 49-59. 83 Cfr. nota 74.

84 Tutto i materiali elencati, tranne il sacchetto i cui lacerti erano tenuti insieme soltanto dal limo fluviale,

sono ora esposti in una sezione apposita nella sala 8 del Museo delle Navi Antiche di Pisa. Gli oggetti originali sono stati affiancati da delle copie 1:1 realizzate appositamente per essere manipolate dal pubblico quando erano ancora esposti presso il CNAP.

85 I legni impiegati per la sua realizzazione sono il noce, il faggio, il pino silvestre/mugo, il corniolo e

composto da: un vasetto monoansato in ceramica, con il proprio coperchio in legno, contenente un preparato farmaceutico con pece di Pinaceae (utilizzata come collante) e semi di papavero, centonchio e achenio di una composita (margherita o crisantemo)86; un

acciarino con il suo innesco; due dischetti ripiegati in piombo; una fiala lignea cilindrica da usare come contenitore e interpretata come astuccio per styli scriptorii; un bastoncino di legno identificato come umbilicus per rotoli di papiro e un sacchetto, realizzato con fibre vegetale e fettucce lignee, all’interno del quale erano riposte 171 monete (figura

25)87.

Le monete sono tutte sesterzi, delle quali 57 illeggibili, che presentano un range cronologico dall’imperatore Adriano (117-138 d.C.) a Treboniano Gallo (251-253 d.C.)88.

Un contesto chiuso di questo genere ci restituisce molte informazioni su cosa poteva portare a bordo un marinaio oppure un passeggero. Tutti gli oggetti potevano essere utili durante la navigazione e il viaggio, sicuramente il farmaco poteva essere utilizzato per qualsiasi problema di tipo medico, mentre innesco e acciarino erano comuni per svolgere funzioni elementari della vita quotidiana. Non si trattava probabilmente del bagaglio di un medico di bordo, poiché avrebbe contenuto diverse tipologie di strumenti chirurgici. I due elementi da ricondurre al mondo della scrittura, l’astuccio per stili e l’umbilicus, indicherebbero almeno una parziale alfabetizzazione del proprietario, che si portava appresso una modesta fortuna in sesterzi.

Il problema con questo contesto è: si può usufruire per datare l’affondamento della nave A, al periodo 250-280 d.C., come è stato ipotizzato?

La risposta, ottenibile dopo aver analizzato le stratigrafie dell’area e gli studi sul carico finora pubblicati, è no.

Come si è potuto comprendere dalle fasi dell’affondamento e dell’interramento della nave l’unità stratigrafica 6081 è da inserirsi in una fase (VIIc) di intensificazione della corrente accompagnata da un evento alluvionale che sembra aver provocato l’affondamento di

86 Numerose sono le fonti antiche che parlano di preparazioni di questo genere, si trattava di un rimedio

multiuso dalle numerose proprietà. REMOTTI 2012, pp. 126-133.

87 REMOTTI 2012, pp. 88-136.

88 La permanenza di monete del II secolo d.C. nel secolo successivo si spiega facilmente e trova numerosi

confronti. Le monete antiche non venivano ritirate dalla circolazione quando avvenivano cambi nelle autorità, poiché erano legate alla loro esistenza fisica e, soprattutto, al valore del metallo contenuto in esse. Guardando alle paghe del III secolo si è potuto stabilire che questo gruzzolo corrispondeva all’incirca a 20 giorni di paga di un legionario e quindi non si può considerare un tesoretto ma piuttosto una somma per utilizzo quotidiano. REMOTTI 2012, pp. 137-167.

un’imbarcazione di cui non sono stati rivenute parti dello scafo, almeno nelle aree scavate. Di tale naufragio, come si è visto, restano i materiali pubblicati dell’US 6081, databili intorno alla seconda metà del III secolo d.C., a cui è da aggiungere il “Bagaglio del marinaio” il quale, avendo racchiuse al suo interno monete databili fino al principato di Treboniano Gallo, ci fornisce un sicuro termine post quem.

Il bagaglio è, verosimilmente, caduto sopra il relitto della nave A, non ancora completamente interrato, ma non era a bordo di questo bastimento. Oltretutto tra gli strati che testimoniano l’affondamento della nave e l’US 6081 è presente un periodo di stasi fluviale (V=VIIb) ben documentato che separa i due eventi alluvionali (IV=VIIa e VIIc) senza lasciare ulteriori dubbi.

2.3 Analisi

scientifiche:

radiocarbonio

e

dendrocronologia

A seguito dello smontaggio dei legni della nave A nel 2015, prima di avviare le operazioni di restauro89, sono state eseguite indagini dendrocronologiche90 e radiocarboniche tramite

89 Paragrafo 4.2.2.

90 Il risultato di un’analisi dendrocronologica dei legni daterebbe il momento in cui i legni sono stati tagliati,

non il naufragio della nave, tantomeno il momento della sua costruzione che avrebbe seguito di alcuni anni il taglio degli alberi da utilizzare nella cantieristica navale.

Figura 25: il bagaglio esposto nella sala 8 del MNAP.

la tecnica del wiggle-matching91, condotte in particolare sui due tronconi della chiglia

(pezzi 64A e 64B, uniti fra loro mediante un incastro).

Poiché si devono tenere in considerazione sia la brevità delle serie disponibili, sia l’assenza di curve standard italiane per il I millennio d.C., le indagini dendrocronologiche sono state condotte al fine di integrarle con una successiva datazione radiocarbonica. Solamente con i risultati ottenuti dal radiocarbonio si è potuto procedere al tentativo di sincronizzare le serie ottenute con altre serie provenienti da contesti archeologici italiani dello stesso periodo.

Tutte le analisi sono state condotte da DENDRODATA s.a.s., diretta dalle dottoresse Nicoletta Martinelli e Olivia Pignatelli, la cui relazione è servita come principale riferimento per i successivi paragrafi.

2.3.1

Indagine dendrocronologica

92

Il campionamento sulla chiglia n. 6493 (figura 26) è avvenuto in maniera non distruttiva

o semi-non distruttiva, con la lettura diretta e il prelievo di carote, partendo da un accurato esame autoptico delle parti accessibili dei due reperti, al fine di individuare le porzioni degli elementi che conservavano gli anelli più esterni dei tronchi originari e le zone dove poter effettuare la lettura diretta degli anelli di accrescimento. Poiché nessuna delle testate dei due reperti risultava accessibile per la lettura diretta delle ampiezze anulari, in corrispondenza della loro sezione trasversale, si è reso necessario andare a cercare un frammento dalla zona in corrispondenza dell’incastro delle due travi, sul quale erano visibili alcuni anelli della porzione centrale del tronco originario. Per poter disporre di sequenze complete si è altresì tentato di prelevare delle carote, ma non è stato possibile estrarre un campione affidabile, a causa dello stato di imbibizione del legno. Dopo il

91 Tecnica che associa le analisi dendrocronologiche alle indagini radiometriche ed è applicabile quando

l’intervallo tra due campioni è conosciuto. Le indagini dendrocronologiche indicano l’esatto intervallo temporale, in anni del calendario, tra i campioni prelevati per la datazione assoluta. Il metodo prevede la datazione radiometrica di precisione di una serie di campioni lignei, costituiti da sequenze anulari inserite in cronologie fluttuanti, e la successiva calibrazione simultanea delle datazioni (tra loro connesse nella scala temporale reale) attraverso il confronto delle deviazioni risultanti dalla curva di calibrazione.

92 Un’indagine dendrocronologica completa può consentire di comprendere quali specie di alberi furono

utilizzati, in che modo i legni furono trasformati in materiale da costruzione e in quale luogo la nave fu costruita. GUIBAL, POMEY 2009, pp. 219-220.

prelievo dei legni dalle vasche di Kauramina si sono potute vedere successioni anulari ben leggibili in corrispondenza delle due superfici trasversali dello spezzone 64B (da cui

sono stati prelevati due campioni, uno proveniente dalla zona prossima all’incastro delle due travi) e si è anche compreso che era necessario escludere il reperto 64A (un campione), le cui sequenze non risultavano leggibili in corrispondenza delle testate e le cui successive analisi di laboratorio hanno evidenziato la non idoneità all’indagine dendrocronologica94.

A questo punto si è preferito, in primis, identificare le specie legnose della chiglia che non erano state analizzate nelle precedenti analisi sui legni della nave A95. Si è quindi

proceduto al prelievo di un piccolo frammento da cui si sono ottenute sezioni sottili nelle tre principali direzioni anatomiche (trasversale, longitudinale tangenziale e longitudinale radiale) da osservare al microscopio ottico a trasmissione. I risultati ottenuti mostrano che la chiglia era in legno di quercia, più specificamente la porzione 64A si presentava in legno di quercia sempreverde della sezione SUBER (Quercus sp. sezione SUBER) mentre la porzione 64B era in legno di quercia caducifoglia della sezione ROBUR (Quercus sp. sez. ROBUR).

Appartengono alla quercia caducifoglia della sezione ROBUR un gruppo di querce comprendente la farnia (Quercus Robur L.), il rovere (Quercus petraea (Matt.) Liebl.) e la roverella (Quercus pubescens Willd.). La sezione SUBER, invece, racchiude il leccio (Quercus ilex L.), il sughero (Quercus suber L.) e la quercia spinosa (Quercus coccifera L.); i legni delle specie di entrambe le sezioni non sono facilmente distinguibili tra loro. La quercia caducifoglia della sezione ROBUR (un legno durevole in ambiente umido) e la quercia sempreverde della sezione SUBER (un legno duro) per le loro caratteristiche

94 Il pezzo 64A è in un legno di tipo poroso-diffuso, la quercia sempreverde. Essa presenta anelli non sempre

facilmente identificabili e risulta raramente indagata dal punto di vista dendrocronologico; inoltre per questo tipo di legno non sono disponibili cronologie di riferimento.

95 Se ne parlerà nel paragrafo 4.2.1.

tecnologiche sono ampiamente documentate nella carpenteria navale romana, la seconda in particolare era preferita per la realizzazione di elementi di assemblaggio96.

A seguito della collocazione cronologica derivante dalla datazione assoluta con il radiocarbonio97 si è proceduto a un tentativo di datazione dendrocronologica delle serie

elaborate tramite teleconnessione, ovvero con il confronto con curve standard di querce d’oltralpe98.

Il reperto 64B presenta il centro assiale e, sebbene privo dell’ultimo anello sottocorteccia, conserva tracce dell’alburno99; invece il frammento proveniente dalla zona prossima

all’incastro presenta solo alcuni anelli relativi alla porzione prossima al centro assiale. Purtroppo, i tentativi di datazione effettuati per la curva dendrocronologica, ottenuta con i due pezzi della chiglia rivelatisi adatti, non hanno portato a una sicura datazione dendrocronologica basata né sulle curve standard quercine elaborate per altre regioni europee, né sulle curve di età romana della banca dati della Dendrodata s.a.s.

2.3.2

Datazione radiocarbonica

Per l’esame del carbonio-14 bisogna tenere conto che ogni singolo anello di un albero contiene il carbonio radioattivo assorbito attraverso il processo di fotosintesi nel periodo di sua formazione, corrispondente quindi all'anno vegetativo. Dopo la sua formazione la cerchia legnosa viene ad essere rapidamente isolata dall’atmosfera nell’arco di 2-3 anni, in tal modo si può considerare che gli anelli nel tronco di un albero conservano traccia permanente del rapporto 14C/12C dell’anno in cui ognuno di essi si è formato. Nel caso di

legni ottenuti da tronchi di età rilevante è fondamentale sapere da quale porzione del tronco proviene il campione sottoposto a datazione radiometrica, poiché un anello interno avrà un'età radiometrica maggiore di quella di un anello esterno. Quando mancano le cerchie più esterne dell’alburno questo rende meno precisa la datazione, in quanto il

96 GIACHI, ET AL. 2017, p. 182-183. 97 Cfr. paragrafo successivo.

98 Le ricerche dendrocronologiche svolte in Italia non hanno ancora permesso la costruzione di una curva

standard della quercia per la regione cisalpina. Pertanto, per la datazione assoluta di tali serie, in genere si cerca di effettuare tentativi di teleconnessione (confronto con cronologie di altre zone geografiche) e di eteroconnessione (confronto con cronologie di altre specie arboree).

99 Per i campioni che presentano almeno un anello di alburno la data di abbattimento può essere ricostruita

risultato ottenuto non si riferisce ad un momento prossimo all'abbattimento dell'albero originario, ma viene a costituire solo un terminus post quem per l’abbattimento e il successivo utilizzo dell’elemento ligneo.

I due campioni prelevati dal frammento di chiglia della nave A 64B per la datazione al radiocarbonio, dopo essere stati isolati per evitare contaminazioni, sono stati inviati al Centro di Datazione e Diagnostica (CEDAD) dell’Università del Salento.

Il risultato ottenuto (figura 27) permette di collocare la sequenza definitiva della parte di chiglia esaminata nell’intervallo 90-247 cal AD (2 σ)100 e con una probabilità più bassa

(68,2 %) tra il 114 e il 183 d.C.

100 Due sigma significa che in una distribuzione normale la probabilità che il dato cada all’interno

dell’intervallo calcolato e calibrato, in questo caso tra il 90 e il 247 d.C., è del 95%.

Figura 27: grafico delle probabilità ottenuto dall’elaborazione dei dati relativi all’ultimo anello della porzione di chiglia 64B.

Capitolo 3