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Customer satisfaction e segmentazione, due strumenti fondamentali per l'analisi della clientela. Il caso Berica Chef.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

in Marketing e Comunicazione

Tesi di Laurea

Customer satisfaction e

segmentazione, due strumenti

fondamentali per l’analisi della

clientela.

Il caso Berica Chef.

Relatore

Ch. Prof. Isabella Procidano

Laureando

Francesco Stevanato

Matricola 821102

Anno Accademico

2014 / 2015

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 5

1. BREVE ANALISI DELLE AZIENDE pag. 7

1.1. Caffè Diemme: una visione storica dell‟azienda pag. 7 1.2. L‟altra principale azienda del gruppo: Berica Chef Srl pag. 9

2. IL C.R.M. pag. 13

2.1. Il CRM analitico ed operativo – un‟analisi globale pag. 14

2.2. Il questionario pag. 15

2.2.1. Il questionario: la struttura delle domande pag. 16 2.2.2. Il questionario: i vari tipi di domande possibili pag. 17 2.2.2.1. Le domande filtro e di controllo pag. 18

2.2.2.2. Le domande aperte pag. 19

2.2.2.3. Le domande semichiuse pag. 19

2.2.2.4. Le domande chiuse pag. 20

2.2.2.5. Le domande dirette e indirette pag. 21 2.2.2.6. Le domande primarie e secondarie pag. 21 2.2.2.7. Le domande di scale e la struttura delle risposte pag. 21

2.2.3. Le scale pag. 23

2.2.3.1. La scala Likert pag. 23

2.2.3.2. La scala di Thurstone pag. 29

2.2.3.3. La scala (o scalogramma) di Guttman pag. 29

2.2.3.4. La scala di Bogardus pag. 30

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3. QUESTIONARIO ESISTENTE E NUOVA INTERVISTA pag. 34

3.1. La visione generale e la mission dell‟intervista pag. 34 3.1.1. Il questionario esistente: analisi generale pag. 35 3.1.2. Gli errori principali commessi nel precedente questionario pag. 40 3.2. Il nuovo questionario: la struttura delle domande pag. 42

4. L’ANALISI DEI RISULTATI: TEORIA E METODI DI SEGMENTAZIONE pag. 44

4.1. L‟analisi dei grappoli o cluster analysis pag. 44 4.2. I metodi gerarchici agglomerativi pag. 47 4.2.1. Metodo del legame singolo pag. 49 4.2.2. Metodo del legame completo pag. 50

4.2.3. Metodo di Ward pag. 51

4.3. I metodi gerarchici divisivi pag. 51 4.4. I metodi non gerarchici pag. 52

5. L’ANALISI DEI RISULTATI: ANALISI UNIVARIATA, ANALISI

BIVARIATA, SEGMENTAZIONE pag. 56

5.1. L‟analisi univariata pag. 56 5.2. Studio delle relazioni sussistenti tra le variabili rilevate, analisi bivariata

e test chi quadrato pag. 66

5.2.1. Analisi di dipendenza tra genere del rispondente e soddisfazione

relativamente al prezzo speso pag. 69 5.2.2. Analisi di dipendenza tra genere del rispondente e valutazione

sulla qualità del cibo pag. 71 5.2.3. Analisi di dipendenza tra genere del rispondente e valutazione

sulla cortesia e gentilezza del personale pag. 73 5.2.4. Analisi di dipendenza tra genere del rispondente e valutazione

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5.2.5. Analisi di dipendenza tra frequenza di visita e soddisfazione

relativamente al prezzo speso pag. 78 5.3. La segmentazione degli intervistati: la clusterizzazione della popolazione

e l‟analisi dei gruppi ottenuti pag. 80

5.3.1. Cluster Analysis – metodo agglomerativo del legame singolo pag. 82 5.3.2. Cluster Analysis – metodo agglomerativo del legame completo pag. 83 5.3.3. Cluster Analysis – metodo di Ward pag. 85 5.3.4. Cluster Analysis – metodo agglomerativo delle k-medie per 4 cluster pag. 89 5.3.5. Cluster Analysis – metodo delle k-medie per 3 cluster pag. 90 5.3.6. Cluster Analysis – metodo delle k-medie per 2 cluster pag. 92 5.3.7. Cluster Analysis – l‟analisi dei gruppi pag. 94 5.3.8. Cluster Analysis – la denominazione dei cluster e la profilazione

della clientela pag. 94

6. CONCLUSIONI pag. 98

APPENDICE pag. 100

BIBLIOGRAFIA pag. 107

SITOGRAFIA pag. 108

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INTRODUZIONE

Questa analisi è stata elaborata in seguito allo svolgimento di uno stage stage presso Diemme SPA, più nota ai consumatori con il marchio Caffè Diemme, e che racchiude all‟interno della sua sede di Albignasego (Padova) una serie di altre interessanti realtà, com‟è ad esempio Berica Chef SRL. Durante tutta la durata dello stage, sostenuto per 14 settimane, ho avuto la possibilità di confrontarmi con attività svolte in diversi ambiti aziendali, due delle quali – le più importanti - il customer care, e tutte quelle relative all'ufficio marketing e comunicazione.

Tra queste, la più importante ed interessante è stata, verso la fine della mia esperienza come stagista all‟interno dell‟azienda, la realizzazione di un nuovo questionario – in sostituzione a quello on-line preesistente - rivolto ai clienti di diversi punti vendita dislocati sul territorio della regione, il controllo del suo svolgimento durante tutto il periodo, e l‟organizzazione dei dati raccolti con l‟obiettivo di analizzare opinioni riguardo il servizio di ristorazione offerto.

Nella prima parte di questo elaborato, verrà esposto mediante una breve analisi il contesto all‟interno del quale il questionario è stato sviluppato, e verrà svolta un‟analisi dell‟attività di customer relationship management e di tutte quelle attività che permettono l‟analisi e la segmentazione della clientela, mediante abitudini o comportamenti simili.

Una seconda parte analizzerà il questionario on-line esistente, descriverà rapidamente lo stato dell‟arte al momento dell‟ideazione del nuovo questionario, e presenterà la costruzione della nuova intervista.

Nell‟ultima parte, infine, l‟analisi dei dati e le procedure che hanno portato alla segmentazione dei rispondenti. Per ciascuna variabile, i dati raccolti sono stati sintetizzati mediante analisi univariata in tabelle di frequenza, istogrammi e grafici a torta. Nella prima parte di questa relazione si andrà ad esporre il questionario e verrà svolta un‟analisi descrittiva dei dati: per ogni variabile, i dati raccolti verranno sintetizzati in tabelle di frequenza e grafici a torta e a barre. Nella seconda parte, dopo una breve introduzione teorica, verrà sviluppata un‟analisi bivariata al fine di valutare possibili relazioni significative a livello statistico tra le coppie di variabili, in particolare mediante tabelle di contingenza e test chi-quadrato χ2.

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Nella parte finale, lo sviluppo della segmentazione della popolazione mediante diversi metodi agglomerativi permetterà di analizzare le caratteristiche dei rispondenti, delineandone un profilo dettagliato, e verranno dunque riassunte le conclusioni.

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CAPITOLO 1

BREVE ANALISI DELLE AZIENDE

Berica Chef Srl è un‟azienda che fa parte del gruppo Dubbini Srl, il cui brand più importante per dimensioni e notorietà tra i consumatori è sicuramente “Caffè Diemme”, che contraddistingue l‟unica – ormai – torrefazione presente nella provincia di Padova. Vale la pena, prima di procedere, esaminare in un rapido excursus queste due importanti realtà locali.

1.1. CAFFE DIEMME: UNA VISIONE STORICA DELL’AZIENDA

Caffè Diemme nasce a Padova nel 1927, anno in cui il fondatore Romeo Dubbini decise di dedicarsi totalmente alla sua grande passione per il caffè, facendone il fulcro della sua attività imprenditoriale. Ad oggi la terza generazione - composta dai tre fratelli Giannandrea (attuale presidente della società), Sebastiano e Federico, da sempre saldamente uniti e cresciuti nella realtà del nonno Romeo - è riuscita a mantenere l‟azienda legata alla tradizione e ad importanti valori tramandati dalla famiglia, quali l'impegno, la serietà e, non per ultimi, la qualità ed uno spiccato gusto per la raffinatezza, ma al tempo stesso con un ampio sguardo rivolto al futuro. Oggi l‟azienda interpreta al meglio la sfida del fondatore, credendo ancora nel binomio tradizione-modernità: alta qualità costante nel tempo, un servizio attento e puntuale, attività di marketing mirate a sostegno dei clienti, con costanti consulenze da parte sia degli agenti di zona, sempre pronti a nuove proposte e nuove soluzioni per chi appartiene al mondo dell‟Ho.Re.Ca, sia direttamente dalla sede centrale, con idee e sfide che talvolta partono anche dal presidente stesso, ancora attentissimo a tutto ciò che ruota attorno ad un‟azienda ormai internazionale.

Un‟analisi veloce per punti permette di comprenderne meglio il posizionamento nel mercato:

- Vision aziendale: accanto ad una costante vocazione per l‟alta qualità dei prodotti proposti, Caffè Diemme offre un elevato standard nei servizi ed un‟immagine moderna e accattivante per distinguersi ed essere competitivi nel mercato, e non apparire come meri fornitori di materie prime;

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- Mission: racchiudere in una tazzina tutta l‟eccellenza in cui l‟azienda crede, trasferendo la vera cultura dell‟espresso in Italia e nel mondo;

- Cultura aziendale: Caffè Diemme coniuga la lunga tradizione di quasi novant‟anni di storia ed esperienza ad una visione orientata ai nuovi mercati. Tradizione ed innovazione rappresentano le due anime dell‟azienda, che coesistono perfettamente assieme: passione, valori e tradizioni familiari che ne hanno costituito le origini si fondono con i tratti più moderni dell‟azienda, mantenimento di elevati standard qualitativi, formazione, ricerca di prodotto e attività di marketing mirate a sostegno dei clienti;

- Descrizione del mercato nel quale opera: l‟azienda opera nel mercato business to business, specificatamente nel settore Ho.Re.Ca. (bar, ristoranti e caffè), essendo da sempre vocata ad elevati standard qualitativi. Il settore ho.re.ca. rappresenta la sintesi tra alta qualità e costante innovazione, ed è un settore che richiede sempre elevata professionalità;

- Tipo di prodotto che l’azienda offre nel mercato e canale di vendita: l‟azienda si occupa principalmente della produzione e distribuzione di caffè torrefatto in grani, e di tutti i prodotti complementari che ne accompagnano la vendita completandone l‟offerta finale (es. cioccolata, tè, infusi, orzo, caffè al ginseng). La fascia di prezzo di vendita del prodotto è medio alta. Il canale di riferimento è l‟ho.re.ca: si rivolge ai gestori di bar, caffetterie, pasticcerie, ristoranti, e tutti i prodotti arrivano al cliente finale solo ed esclusivamente attraverso tali canali;

- Principali concorrenti e SWOT ANALYSIS: nel mercato, tutte le aziende, grandi o piccole che siano, rappresentano ovviamente dei concorrenti: tra i grandi competitor ci sono i marchi Illy, Segafredo, Vergnano, Lavazza, tra i competitor più diretti, per citarne alcuni, i marchi Goppion, Dersut, Vescovi, Caffè Vero, Pedron;

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

- ricerca della massima qualità del prodotto

- cura per il dettaglio all‟interno del p.v. - professionalità nel servizio

- la selezione di canali distributivi

diversi da quelli della GDO può portare ad una conoscenza relativa del brand, non inclusa nella “top of mind”

OPPORTUNITÀ MINACCE

- nuovi modi di consumo del caffè: capsule, caffè come life style, caffè come opportunità di aggregazione

- “guerra dei prezzi” dovuta ad un continuo innalzamento del costo del caffè crudo quotato in borsa

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- Informazioni sul target di riferimento: tipo di cliente che si vuole attirare: nel pensiero di Caffè Diemme, il Bar è un luogo in cui il consumatore deve trovare l‟eccellenza; egli deve riuscire a degustare in una tazzina di caffè tutto un mondo di emozioni, assaporarla in un ambiente gradevole e, non per ultimo, deve essergli servita con il sorriso. Diemme predilige dunque i clienti che, nello stesso spirito aziendale che la contraddistinguono, pongono la massima attenzione possibile per la qualità delle materie prime e del servizio che offrono ai propri consumatori.

1.2. L’ALTRA PRINCIPALE AZIENDA DEL GRUPPO: BERICA CHEF SRL

Berica Chef Srl è un‟azienda veneta con sede ad Albignasego (Padova), che dal 2001 si dedica alla ristorazione con professionalità e dedizione grazie all‟esperienza maturata in questo campo.

Nel giro di pochi anni è riuscita, grazie a punti di forza come la qualità del servizio, la cortesia, la professionalità e l‟immagine, a farsi conoscere dentro e fuori provincia con i suoi 3 marchi:

- “L‟Albero l‟Italia a Tavola” è il marchio che contraddistingue i self service, luoghi dove ogni giorno il consumatore può gustare pietanze preparate con cura e con ingredienti sempre freschi;

- “Tarantella…che pizza!” è il marchio che contraddistingue le pizzerie da asporto, dalle quali si sfornano ogni minuto pizze sempre differenti: bianche, rosse, soffici, croccanti, alte, sottili. Accanto alle pizze, prodotti tipici come i pizzotti, i crescioni, le schiacciate e le spianatelle; - “D-Burger” nato nel 2009 da una costola del self-service, è l‟unico marchio che ad oggi

contraddistingue la linea fast food e club house. Ciò che distingue tali prodotti da quelli dei brand americani è sicuramente il pane sempre fresco e gli ingredienti migliori della tradizione italiana e locale; i panini sono preparati al momento e accompagnati da fritti, insalata fresca o frutta.

Nel 2011 l‟azienda festeggia i suoi 10 anni e passa sotto l‟ombrello del Gruppo Dubbini, iniziando una collaborazione di know how e di immagine con il marchio Caffe Diemme. Grazie all‟affiancamento ad un‟azienda di più grande spessore sia economico che di conoscenze, Berica Chef ha avuto la possibilità di crescere e di affrontare nuove sfide, quali la gestione di un primo bar al di fuori del circuito dei Centri Commerciali, e l‟inserimento in ambienti di alto livello come il recentissimo punto vendita all‟interno de “La Nave de Vero” di Marghera.

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L‟azienda rappresenta la seconda realtà più importante, dopo la stessa torrefazione, in termini di fatturato rispetto al bilancio consolidato, e vanta la presenza in tre dei più importanti centri commerciali della provincia di Padova (“Ipercity” di Albignasego, “Le Brentelle” di Rubano, “Airone” di Monselice), oltre che al recente “Il Grifone Shopping Center” di Bassano del Grappa, Vicenza.

Una veloce SWOT analysis può aiutarci, anche in questo caso, a capire la situazione attuale dei punti vendita all‟interno dei quali verranno somministrati i questionari durante il periodo dell‟intervista; è in particolare interessante, a questo proposito, attuare una prima ed elementare divisione in base al centro commerciale all‟interno del quale sono situati i punti vendita:

- “IPERCITY” DI ALBIGNASEGO, PADOVA L‟Albero l‟Italia a tavola: il self service

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

- numerosi posti a sedere

- unico self con cibo italiano (o comunque non fast-food) all‟interno del centro commerciale

- prezzi leggermente superiori rispetto al resto ai concorrenti, ma offerta diversa e più completa

OPPORTUNITÀ MINACCE

- sviluppo di un‟attività serale - sviluppo di menù a prezzo fisso - secondi piatti vegetariani/vegani/bio

- rischio di cannibalizzazione con bar Caffè Diemme al piano terra che offre una pausa pranzo veloce

Tarantella che pizza!: la pizzeria

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

- numerosi posti a sedere - unica pizzeria del cc

- lievitazione e lavorazione in loco - prezzi competitivi

- scarsi cambi di offerta e poche novità stagionali

OPPORTUNITÀ MINACCE

- sviluppo di farine kamut e integrali per differenziare l‟offerta

- sviluppo di prodotti senza glutine per chi ha problemi di intolleranza

- fast food vicini che, con marchio McDonalds su tutti, offrono prodotti di fascia simile a prezzi più bassi

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- LE BRENTELLE – SARMEOLA DI RUBANO

L‟Albero l‟Italia a tavola e Tarantella che pizza!: il self service e la pizzeria; uniamo queste due realtà in quanto la posizione all‟interno del centro commerciale ne fanno pressochè un'unica realtà

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

- unico self service con cibo “slow” all‟interno del centro commerciale - design moderno e funzionale - semplicità di fruizione

- posizione dislocata rispetto al cuore del centro commerciale

OPPORTUNITÀ MINACCE

- possibilità di sviluppo di una linea vegetariana e vegana, adatta alle intolleranze o alle semplici scelte dei clienti

- nessuna nel breve periodo

- IL GRIFONE SHOPPING CENTER DI BASSANO DEL GRAPPA

L‟Albero l‟Italia a tavola e Tarantella che pizza!: il self service e la pizzeria

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

- unica offerta di ristorazione all‟interno del centro commerciale

- ampia scelta e molto varia

- scarsa capacità di comunicare l‟offerta in tutte le sue caratteristiche, soprattutto riguardo alla preparazione espressa dei pasti

OPPORTUNITÀ MINACCE

- possibilità di sviluppo di una linea vegetariana e vegana, adatta alle intolleranze o alle semplici scelte dei clienti

- minaccia indiretta, legata allo scarso traino del centro commerciale -

D-Burger: club house

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

- cibo più salutare rispetto agli altri fast food, a prezzi relativamente competitivi - ampia scelta anche per chi non volesse

panini/differenziazione dell‟offerta

- scarsa comunicazione dell‟offerta e del differenziale rispetto agli altri fast food

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OPPORTUNITÀ MINACCE

- sviluppo di un brand monoprodotto - calo dei consumi nei fast food di fronte ad una maggiore sensibilizzazione verso il “mangiare sano”

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CAPITOLO 2

IL C.R.M.

Dopo l‟analisi dell‟ambiente all‟interno del quale l‟analisi in oggetto è stata svolta, si passa quindi ad una disamina del concetto di Gestione del Rapporto con i Clienti, applicato al contesto d‟interesse per l‟azienda per la quale è stato sviluppata l‟intervista.

Per CRM, o Customer Relationship Management, s‟intende in dettaglio quella strategia di business che ha come scopo ultimo quello di creare una relazione personalizzata di lungo periodo con il cliente. Da un punto di vista tecnologico, esso coinvolge dunque:

- individuazione e raccolta dei dati sui vari clienti nell‟intera azienda;

- il loro consolidamento in un database unico (detto anche Customer Database); - la loro analisi per l‟individuazione di informazioni;

- la distribuzione dei risultati all‟intera organizzazione per creare un rapporto migliore con il cliente, a prescindere dal canale di comunicazione scelto.

Si tratta quindi di un approccio integrato, di una modalità di management che integra concetti e strumenti di marketing (ad esempio il one-to-one), sistemi informativi (hardware e software) e, non da ultimo, organizzazione dei processi che sottostanno alla gestione del cliente: la disponibilità di informazioni non rappresenta di per se la conoscenza, se non sottoposte ad un‟analisi mirata. Le funzionalità di base del CRM sono, in breve, l‟automatizzazione e l‟ottimizzazione delle attività di marketing, vendita e customer service sui canali online e offline del mercato: il fine ultimo è quello di un‟integrazione di molteplici dati relativi ai clienti e di analisi del comportamento per creare nuova conoscenza sul consumatore, e supportare le decisioni che maggiormente impattano su valore degli acquirenti attuali e futuri. Per fare ciò, un CRM mirato dovrà rispondere a poco semplici domande:

- Chi è il mio cliente? Quando e dove acquista? - Quali sono i prodotti più venduti?

- Quali sono le eventuali opportunità di cross selling di prodotti al cliente? - Qual è il livello di soddisfazione della mia clientela?

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2.1 IL CRM ANALITICO E OPERATIVO – UN’ANALISI GLOBALE

Un Customer Relationship Management ben strutturato, dovrà essere diviso in operativo - che gestisce cioè l‟esecuzione delle attività e dei processi d‟interazione con il mercato - e analitico - che analizza e applica le logiche e gli indicatori di marketing sui dati dei clienti per generare nuovi contatti con la clientela -.

Nel dettaglio:

- il CRM operativo è costituito dall‟insieme di software e processi volti al supporto della attività di interazione quotidiana con il mercato effettivo o potenziale: vengono quindi indentificati, in questa fase, i canali di contatto più opportuni per raggiungere il target a cui intendiamo riferirci, a scelta tra: la presenza fisica (vendita diretta, presenza di un operatore all‟interno dei punti vendita, agenti di commercio), la posta (lettere, cartoline prestampate), la voce (telefono o VOIP), la posta elettronica, il web (contatti tramite chat, portali ecc), l‟allestimento di una postazione dedicata all‟interno del punto vendita, non necessariamente accompagnato da una presenza fisica; alla base delle varie attività, se ne viene messa in atto più di una simultaneamente, dovrà esserci una pianificazione che le renda omogenee tra loro;

- il CRM analitico è invece la parte del sistema che consente di estrarre e rendere fruibili le varie informazioni, grazie all‟elaborazione dei dati provenienti dall‟antecedente parte operativa, mediante quindi analisi univariate, bivariate, analisi in componenti principali, e processi di clusterizzazione e profilazione.

Il fine ultimo cui tutto questo è rivolto è la riduzione del churn in uscita: secondo semplici indicatori, cioè, è possibile prevedere dinamicamente la probabilità che un cliente stia scegliendo di andarsene, smettendo cioè di usufruire del servizio erogato e tramutandosi, in cifre, in una perdita in termini di fatturato; la gestione di tale indice consiste quindi nella minimizzazione dei flussi in uscita dei clienti, tipici di un ambiente molto competitivo. Con tale analisi si possono costruire indicatori e report giornalieri o mensili per il controllo di tale fenomeno e il suo contenimento, tramite la pianificazione di attività come, ad esempio, la creazione di offerte mirate, di fidelizzazione dei clienti, o realizzazione di azioni push o pull.

Il CRM permette quindi di passare da un modello di marketing centrato sul prodotto, o “product centric” a quello costruito attorno al cliente consumatore o “customer centric”. Il caso più vivido, se prendiamo come riferimento il canale distributivo della GDO o degli stessi bar che appartengono al canale ho.re.ca, è sicuramente la distribuzione delle carte fedeltà: si passa in questo modo da

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campagne di fidelizzazione senza un‟analisi storica, allo stimolo del comportamento di acquisto al fine di ottenere un ritorno positivo ed aumentare la conoscenza che il venditore ha del consumatore, fino ad arrivare alla creazione ed alla gestione di una relazione personalizzata attraverso un database specifico, per incrementare il fatturato. Non è da sottovalutale poi la possibilità di individuare lo stile di vita di un cliente, in modo tale da poter proporre azioni promozionali maggiormente adatte ai suoi interessi: la scoperta del “dna” del consumatore, ci porta a dialogare in modo diretto, individuando meglio i suoi bisogni, o addirittura creandone di nuovi.

È proprio dalla volontà di scoprire il comportamento e le caratteristiche dei propri clienti, che porta Berica Chef alla volontà di creare un questionario (in questo caso di analisi on line prima – mediante un processo meno diretto e più macchinoso - e con una più semplice presenza all‟interno dei contri commerciali poi), dedicato alla raccolta di dati relativi alla shopping experience dei consumatori presso i punti vendita di proprietà, sotto le varie egide del gruppo.

2.2 IL QUESTIONARIO

Il questionario è lo strumento base utilizzato nella maggior parte delle interviste e, di conseguenza, nell‟analisi delle relazioni con i clienti: è, in sostanza, una sequenza di domande atta a raccogliere dall‟intervistato le informazioni oggetto della stessa indagine. Esso fornisce cioè la possibilità di ottenere una classificazione omogenea dei dati raccolti, in quanto – se formulato correttamente – garantisce l‟uniformità dell‟intervista e consente agli intervistati di somministrare sempre le stesse domande, nello stesso ordine: la sua corretta preparazione assicura infatti che le domande risultino ordinate sistematicamente secondo uno schema opportuno, in modo da facilitarne la consultazione anche a chi non ne risulta direttamente coinvolto, e l‟analisi da parte di chi invece lo ha strutturato per il fine preposto.

L‟importanza della preparazione di un questionario è un aspetto troppo spesso trascurato, e risulta un argomento affrontato nella maggior parte delle volte in modo superficiale e poco attento: sfumature all‟apparenza irrilevanti possono però provocare variazioni nei risultati decisamente non trascurabili e comportare problemi operativi sia durante la somministrazione, sia nella fase di elaborazione dei dati. Una fase preliminare esplorativa ben sviluppata, ed una stesura curata, consentono di eliminare una elevata quota dei potenziali errori che possono emergere nella costruzione del questionario, fornendo un migliore apporto di informazioni e di idee al “mandante” dell‟intervista, e ponendolo in una situazione maggiormente obiettiva, riuscendo a superare tutta una serie di vincoli che inevitabilmente derivano dalla sua personalità, dalla professione, dalla cultura, ecc.

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Eventualmente, potrebbe essere utile anche prevedere una fase di collaudo (o fase pilota), da svolgere nella fase antecedente la somministrazione, al fine di permettere modifiche eventuali prima della stesura definitiva e garantire così che il questionario possa restare inalterato nel corso di eventuali ripetizioni dell‟indagine, poiché buona parte dei problemi risulterebbero già eliminati. Se, al contrario, s‟interviene sul questionario già avviato, modificandolo in una fase successiva a quella iniziale, si rischia di perdere la confrontabilità dei risultati ottenuti; è oltretutto importante che tali collaudi vengano fatti in condizioni analoghe a quelle che andranno a caratterizzare le interviste, al fine di simulare in maniera più veritiera possibile eventuali problemi legati alla costruzione del questionario.

A tal proposito, è interessante capire come riuscire a disporre di uno strumento di rilevazione adeguato, e coerente con gli obiettivi di indagine che ci si è posti.

2.2.1. IL QUESTIONARIO: LA STRUTTURA DELLE DOMANDE

Mentre i principali errori commessi nella stesura del precedente questionario verranno analizzati nel capitolo successivo, si prende subito in considerazione l‟analisi della formazione dei quesiti che fanno parte dell‟intervista.

La base di partenza per la costruzione di un buon questionario è, senza dubbio, lo studio della struttura delle domande: se mal formulate, i dati generati risulteranno inutilizzabili a fronte di qualsiasi metodo analitico si utilizzi nella elaborazione successiva. È quindi il caso di delineare alcune regole fondamentali per una buona realizzazione dei quesiti, e che hanno costituito la base fondante su cui partire per a costruzione della nuova indagine; in particolare:

- adeguare il linguaggio dell‟intervista alle abitudini linguistiche dei soggetti interrogati: non è pensabile, infatti, di usare termini accademici se si pensa di dover somministrare il questionario all‟interno, ad esempio, di un centro per anziani; le parole da utilizzare, la struttura delle domande e delle risposte, e la lunghezza complessiva delle frasi dovranno essere adeguate al target di riferimento;

- porre quesiti a cui gli interpellati siano capaci di rispondere: si dovrà calibrare la domanda al livello di istruzione che ci si aspetta dagli intervistati. Un livello di domande troppo alto potrebbe comportare il rischio di una mancata risposta, di risposte false date per non sembrare inadeguati o di risposte date a caso e quindi non conformi al vero pensiero del soggetto a cui li questionario è stato sottoposto;

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- formulare le domande nel modo più specifico e chiaro possibile, al fine di facilitare il lavoro di interpretazione nel momento dell‟elaborazione dei risultati: può risultare talvolta opportuno spiegare all‟intervistato gli aspetti più significativi di un quesito particolarmente importante o complicato, se prevista una presenza fisica durante l‟intervista;

- porre una sola domanda per volta, in modo tale che gli interpellati non debbano, in caso di risposte discordanti alle due domande, dare un riscontro valido solo in parte o che fornisca risposte eterogenee tra loro e quindi non confrontabili; sono perciò da evitare domande del tipo: “in che misura valuta il servizio del punto vendita e in che modo si potrebbe a suo parere

migliorare?”;

- evitare le insinuazioni personali o i tentativi di suggestione: nel momento in cui l‟intervistatore fornisce ipotesi proprie, o la domanda è posta in modo poco obiettivo, subentra il rischio di una risposta non neutra e quindi influenzata. Da evitare, ad esempio, una domanda del tipo: “se

fosse stato meglio informato, avrebbe frequentato prima il punto vendita?”; è evidente come in

questo caso l‟intervistatore dia per scontato che il soggetto in questione fosse poco informato ed egli, a sua volta, rischia di autoconvincersi di esserlo stato;

- evitare la doppia negazione: considerato il grado di complessità risultante vi sarebbe in questo caso il rischio di risposte falsate o comunque non corrispondenti alla vera opinione dell‟intervistato; non è infatti chiaro, nella mente del soggetto, se per esprimere il proprio accordo sia necessario rispondere in modo affermativo o negativo;

- affidare le domande ad un chiaro riferimento temporale, al contrario per gli intervistati risulterà complicato fornire una risposta affidabile perché costretti in autonomia a delineare un punto di riferimento, completamente soggettivo. I dati in questione risulterebbero evidentemente poco indicativi, in quanto riferiti ad archi temporali che potrebbero essere totalmente differenti tra i rispondenti, e inficiare nella confrontabilità delle risposte;

- evitare possibilità di risposta che siano pluridimensionali, adeguando le osservazioni attraverso la standardizzazione dei dati raccolti.

2.2.2. IL QUESTIONARIO: I VARI TIPI DI DOMANDE POSSIBILI

Relativamente ai tipi di domanda utilizzabili nel questionario, esse possono essere distinte in base al loro contenuto, o alla loro forma. A livello di contenuto, si possono riferire ad atteggiamenti, opinioni, credenze, conoscenze ed interventi che appartengono agli intervistati: in quest‟ottica, le domande sono classificabili in:

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- domande di base: riguardano le caratteristiche anagrafiche, di genere, di professione, di reddito, ecc. dell‟intervistato;

- domande filtro e di controllo, se necessarie per una scrematura iniziale degli interrogati;

- domande strutturali: quesiti relativi agli attributi di base del soggetto intervistato in relazione alla ricerca attuata;

- domande di comportamento: relative a fatti ed esperienze concrete vissuti dall‟intervistato.

Relativamente alla forma, invece, le domande si suddividono in base alla possibilità di risposta in: - domande aperte, semichiuse e chiuse;

- domande dirette e indirette; - domande primarie e secondarie.

2.2.2.1. DOMANDE FILTRO E DI CONTROLLO

È possibile che all‟inizio di un questionario siano presenti delle domande cosiddette “filtro”, atte cioè a valutare l‟effettiva corrispondenza tra le caratteristiche del soggetto intervistato e gli obiettivi che sono stati prefissati nella preparazione dell‟indagine; da queste dipenderà l‟effettuazione o meno dell‟intervista stessa o, quantomeno, il peso da assegnare alle risposte di soggetti che risultino più o meno distanti in termini di caratteristiche dall‟ideale di intervistato. Per esempio, se si volessero intervistare solamente le persone che hanno fatto uso di un determinato servizio, basterà predisporre una domanda del tipo “le è capitato di usare il servizio x?”. In caso di risposta negativa, e di questionario non autocompilato, l‟intervistatore non effettuerà l‟indagine.

Per quanto riguarda le domande di controllo, invece, sono quei quesiti il cui fine è di controllare la significatività e l'affidabilità di una risposta: poste a opportuna distanza dalle domande da verificare, servono ad attestare che la scelta dell‟intervistato sia effettivamente in linea con il suo pensiero; capita di frequente, ad esempio, che domande poste al condizionale e riferite a intenzioni future o disponibilità meritino di essere approfondite ed analizzate attraverso l‟uso di domande più concrete, riprese in un punto successivo del questionario.

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2.2.2.2. LE DOMANDE APERTE

S‟identificano con questa categoria i quesiti le cui modalità di risposta non vengono anticipatamente previste dal ricercatore: non esiste, quindi, nessun vincolo alle possibili risposte; l‟intervistato risponde con parole proprie e questo permette spesso di rilevare concetti e possibilità non contemplate nella fase di stesura del questionario. La risposta è strettamente dipendente dalle capacità che ha l‟intervistato nella verbalizzazione: un chiaro esempio di domanda aperta riferita all‟ambito di analisi in questione relativa a Berica Chef potrebbe essere: “a quali elementi dà più

importanza quando sceglie un ristorante o un punto dove effettuare la pausa pranzo?”.

A discapito della possibilità di argomentare liberamente, spaziando anche al di fuori dei temi previsti, i difetti principali delle domande aperte sono:

- il rischio di influenzare con proprie interpretazioni le risposte date dall‟intervistato, sia nella fase di raccolta dei dati, sia nella successiva elaborazione e classificazione degli stessi;

- la possibile dispersione dei concetti espressi dagli intervistati, se espressi in maniera poco concisa o non chiara;

- la difficoltà nel riuscire a sintetizzare le risposte, nel tentativo di creare un‟omogeneità tale da renderle tra loro confrontabili: relativamente a questo aspetto, è inutile sottolineare come questo tipo di risposte necessitino di un lavoro aggiuntivo nel momento della loro elaborazione; lo studio del contenuto delle stesse inizia con l‟analisi di un primo numero di interviste, e la trascrizione delle risposte ottenute: queste risposte sono poi raggruppate in aree concettuali omogenee per ottenere una prima classificazione mediante l‟applicazione di un determinato codice da usare poi per le risposte dei successivi questionari. D‟altro canto, però, se questa fase richiede da un lato un impegno cospicuo di tempo, è altresì vero che tali quesiti aperti si rivelano particolarmente utili giacchè permettono un‟analisi più approfondita degli argomenti, permettendo una raccolta ricca di dettagli e di spunti per l‟intervistatore.

2.2.2.3. LE DOMANDE SEMICHIUSE

Spesso, per far fronte alle criticità sopracitate, nel tentativo però di mantenere parte dei vantaggi legati alla libera interpretazione della risposta aperta da parte del soggetto intervistato e a quelli di una classificazione più semplice riscontrabile nell‟uso delle risposte chiuse, si fa ricorso alle domande cosiddette “semichiuse”: quesiti, cioè, che oltre alla categorie prestabilite, offrono ulteriori possibilità di risposta aperta, contraddistinte da termini come “diverso” o “altro”.

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Ne sono un esempio i quesiti Q9 e QV del nuovo questionario, inserito nella Tavola 2 dell‟appendice.

2.2.2.4. LE DOMANDE CHIUSE

Quando si parla di domande chiuse, si intende quei quesiti le cui possibilità di risposta sono già prestabilite: il soggetto cui è sottoposto il questionario dovrà quindi scegliere solo nell‟ambito di quanto già predisposto nella fase di progettazione dell‟intervista. Se da un certo punto di vista questo aspetto facilità senza dubbio la valutazione quantitativa, dall‟altro possono emergere diversi problemi legati alla ristrettezza delle alternative previste; in particolare, le maggiori criticità riscontrabili con questo metodo sono sostanzialmente tre:

- la possibilità che nessuna delle risposte previste identifichi perfettamente il pensiero della persona intervistata; in questo caso, il risultato dipende da un lato da quante e quali possibilità di risposta vengono fornite nella previsione iniziale, dall‟altro dalla capacità di adattare il proprio pensiero ad una risposta possibile tra quelle fornite;

- l‟intervento da parte di chi si occupa dell‟analisi successiva del questionario per far rientrare la risposta ottenuta in una delle classi che sono state previste: il soggetto preposto all‟analisi deve cioè riuscire ad interpretare correttamente il pensiero dell‟intervistato. Questo è relativo solamente al caso in cui non sia prevista l‟auto compilazione da parte dell‟intervistato, ma sia presente in loco un intervistatore;

- il numero e l‟ordine delle modalità previste possono influenzare i risultati, poiché solitamente vengono ricordate maggiormente le prime e le ultime risposte, a discapito di quelle centrali.

Le domande chiuse, possono a loro volta essere suddivise in domande a risposta singola, alle quali si può fornire cioè un‟unica risposta, e domande a risposta multipla, alle quali possono essere date più di una soluzione: un esempio delle prime è “quante volte ha mangiato in questo punto vendita

nell’ultima settimana?”, mentre per quanto riguarda le seconde, si può pensare ad un caso del tipo “quali ristoranti all’interno dei questo centro commerciale ha frequentato nell’ultima settimana?”.

È evidente che una domanda a scelta multipla possa fornire una ricchezza maggiore di spunti di analisi, anche se, d‟altro canto, comporta una maggiore dispendiosità in termini di elaborazione dei risultati, soprattutto nel caso in cui all‟intervistato non venga chiarito il numero minimo o massimo di possibili risposte da dare: in questo caso, si potrebbero creare comportamenti discordanti da parte degli interrogati, andando ad aumentare la difficoltà dell‟analisi successiva da parte degli

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intervistatori. Esempi di domanda chiusa, riferiti al nuovo questionario della Tabella 2 in appendice sono le QIII e QIV, che si riferiscono rispettivamente al numero di componenti del nucleo familiare dell‟intervistato, e quanti dei quali concorrono alla formazione del reddito.

2.2.2.5. LE DOMANDE DIRETTE E INDIRETTE

Sono domande dirette quelle in cui il soggetto intervistato è coinvolto direttamente dall‟intervistato o dal questionario, raggiungendolo con quesiti quali: “quante volte frequenta mediamente questo

punto vendita nell’arco di una settimana?”. Sono invece indirette quelle domande con le quali si

tenta di raggiungere l‟intervistato in modo meno personale e più generico; costituite prevalentemente dalle tecniche proiettive, si possono distinguere con esempi quali: “secondo lei,

quanta gente frequenta mediamente questo punto vendita nell’arco della settimana?”.

Un esempio di domanda diretta, in riferimento al questionario oggetto di questa tesi, è la Q9, che corrisponde al quesito “Cosa le piacerebbe trovare nei nostri locali?” e implica che il rispondente possa esprimere una sua preferenza su un aspetto da migliorare all‟interno del punto vendita nel quale si trova.

2.2.2.6. LE DOMANDE PRIMARIE E SECONDARIE

Un‟ulteriore importante distinzione è quella tra domande primarie, dalla cui risposta dipende cioè l'esecuzione o meno di una o più domande secondarie – la cui effettuazione dipende quindi dalla risposta data in precedenza -; un esempio potrebbe essere: “se ci fosse il servizio al tavolo, lei lo

gradirebbe?” – domanda primaria – (se no) per quali motivi? – domanda secondaria. Nel caso

questo tipo di domande fossero numerose, potrebbe risultare utile, al fine di evitare errori e salti tra le varie domande, predisporre un diagramma di flusso che permetta all‟intervistatore – o al relatore del questionario – di seguire un dato percorso nella somministrazione – o nella preparazione – dell'indagine.

2.2.2.7. LE DOMANDE DI SCALA E LA STRUTTURA DELLE RISPOSTE

Un discorso a parte meritano invece quelle domande che, dal punto di vista ancora una volta formale, prendono la classificazione di “domande di scala”; con il termine “scala”, nello specifico,

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si identifica una particolare tecnica per la misurazione dell‟atteggiamento dell‟intervistato in un questionario. Si tratta in breve di un caso particolare di domanda chiusa, attraverso la quale si chiede all'intervistato di collocarsi lungo una serie di possibili risposte, tra loro ordinate secondo un criterio preciso. È quindi possibile, attraverso tali strumenti, evidenziare le modalità con le quali una variabile rilevata da una domanda può mostrarsi:

- scala nominale: la variabile si manifesta con due o più modalità qualitative non ordinabili; - scala ordinale: la variabile si manifesta secondo due o più modalità qualitative ordinabili; - scala basata su concetti (es: per niente soddisfatto, poco soddisfatto, soddisfatto, abbastanza

soddisfatto,. molto soddisfatto): ha il vantaggio di una veloce comprensibilità da parte degli intervistati, ma di contro il pericolo di un response set, come vedremo;

- scala numerica: la variabile si manifesta secondo modalità quantitative; è quindi utilizzabile in qualsiasi intervista e permette di elaborare facilmente i risultati. In questo ambito, è possibile utilizzare scale con possibilità di risposta dispari: 3,5,7,9 ecc, al fine di ottenere un maggior equilibrio tra risposte positive e negative. A livello pratico, maggiore è il numero di livelli disponibili nella risposta, maggiore sarà il dettaglio dei risultati, rendendoli quindi teoricamente più validi. In realtà, è emerso come storicamente tale scala comporti problemi di interpretazione negli intervistati: ciascuno si focalizza su determinate parti della sequenza fornita, divenendo quindi incapace di avere una visione globale. Al contrario, un numero contenuto di livelli (ad esempio solo tre) ha il vantaggio di un‟ottima chiarezza interpretativa da parte dell‟intervistato, ma non permette un adeguato dettaglio del risultato.

Il punto di partenza è quello di ampliare le alternative base si/no in quanto, nella maggior parte dei casi, gli intervistati potrebbero trovarsi nella difficoltà di voler scegliere una risposta intermedia alla domanda sottoposta, ma non riescono a trovarla. Vi è in generale la tendenza a trovare una mediazione tra scale molto numerose, e quindi più precise, e scale più corte, più facilmente gestibili (ma anche più approssimative).

Esempio di scala applicata alla misurazione della customer satisfaction 1. Quanto è importante per lei …. ?

L‟illuminazione del locale 1 2 3 4 5

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2. Quanto è soddisfatto di … ?

L‟illuminazione del locale 1 2 3 4 5

La silenziosità del locale 1 2 3 4 5

Teorie differenti conducono verso un numero dispari o pari di modalità; in quest‟ultimo caso, la scala è caratterizzata dal difetto dell‟assenza di un baricentro, un punto centrale di equilibrio. Tale soluzione può tuttavia risultare interessante quando si intende sollecitare l‟intervistato a prendere una decisione netta, sia essa positiva o negativa, che non sia quindi una condizione neutrale.

È possibile, inoltre, ricorrere alla tradizionale scala di valutazione numerica scolastica, con possibili risposte che vanno da 1 a 10: tale soluzione, essendo la più conosciuta tra le persone, risulta più facilmente comprensibile. Tuttavia, proprio l‟associazione con l‟esperienza scolastica, comporta una sostanziale riduzione del range di valutazione, riferendolo alla sola parte effettivamente utilizzata a scuola, dove il punteggio 4 rappresenta un voto già decisamente negativo.

2.2.3. LE SCALE

Come anticipato poco fa, differenti sono le teorie presenti in letteratura relativamente alle possibilità di formulazione delle risposte di un questionario. Tra le più comuni possiamo trovare:

1. scala Likert; 2. scala di Bogardus; 3. scala di Thurstone; 4. scala di Guttman;

5. metodo del differenziale semantico; 6. termometro dei sentimenti.

2.2.3.1. LA SCALA LIKERT

Merita una disamina più approfondita delle altre questo tipo di scala, in quanto è stata la base di partenza per lo sviluppo del nuovo questionario somministrato nel periodo di redazione di questa analisi. Nel dettaglio, come si può vedere nella Tabella 2 in Appendice, fanno riferimento a questa

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scala, sviluppata su sette modalità (completamente insoddisfatto, non soddisfatto, poco soddisfatto,

indifferente, soddisfatto, più che soddisfatto, molto soddisfatto) i quesiti Q2 e da Q4 a Q8.

Nel dettaglio dei questionari e delle interviste, la scala Likert si differenzia dalle altre scale esaminate nei paragrafi successivi - una su tutte quella di Thurstone - per la rapidità e la semplicità (tanto da essere adottato tuttora in numerosi settori della ricerca applicata) e, maggiormente, per la possibilità di applicazione di metodi di analisi del item che siano basati sulle proprietà statistiche delle scale di misura a intervalli o rapporti. È il metodo di misurazione più diffuso, soprattutto per la sua semplicità e per i bassi costi di costruzione.

Questa tecnica fu creata infatti dallo psicologo statunitense Rensis Likert, da cui prende il nome, al fine di elaborare uno strumento nuovo e più semplice per misurare gli atteggiamenti e le opinioni degli intervistati. La scala prevede che una lista di items (o affermazioni), collegati ad atteggiamenti su cui si vuole condurre l‟analisi, sia sottoposta ad un gruppo di individui con la possibilità di scegliere originariamente tra cinque risposte alternative: ad es. “completamente

d’accordo, d’accordo, incerto, in disaccordo, in completo disaccordo (che nella versione originale utilizzata da Likert vengono così definite: strongly agree, agree, uncertain, disagree, strongly disagree).” 1

In fase di costruzione, si assegnano ad ognuna di queste cinque risposte determinati pesi (ad esempio 5,4,3,2,1) che hanno la precisa funzione di mettere in ordine le alternative di risposta. Come delineato nel 1994 nelle Guidelines and Principles fos SIA, sussistono degli assunti che sottostanno a tale metodo e permettono di registrare e codificare le risposte in modo rapido:

- unidimensionalità degli atteggiamenti oggetto d‟indagine; - concettualizzazione di questa dimensione come continua; - equidistanza tra le categorie di risposta.

La procedura di costruzione della scala Likert consta di quattro passi operativi principali:

1. formulazione delle singole affermazioni: in questo primo passo, si formulano un numero predefinito di items, riferiti alla dimensione oggetto della misurazione e solitamente formulati in modo monotòno rispetto all‟oggetto da misurare, cosicché quanto più favorevole sia l‟atteggiamento dell‟intervistato nei confronti dell‟oggetto, tanto maggiore sarà la sua valutazione per l‟item;

2. eventuale sottoposizione di tali item ad un campione di soggetti ai quali sarà applicata poi la scala definitiva, per essere poi valutati su un range di categorie che va generalmente da 4 a 7, ad esempio:

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- completamente d‟accordo; - parzialmente d‟accordo; - d‟accordo; - neutrale; - in disaccordo; - parzialmente in disaccordo; - in completo disaccordo.

Le alternative possibili devono essere bilanciate in maniera ponderata, cioè dev‟esserci equità tra le indicazioni di accordo e di disaccordo. Nel caso in cui si predisponesse un numero dispari di alternative, l‟opzione intermedia dovrà per forza di cose rappresentare l‟indicazione neutra, quella cioè che non risulta ne in accordo ne in disaccordo; nel caso invece di alternative pari, si impone al rispondente di prendere una posizione netta relativamente alla questione (si parla in questo caso di “scelta strategica”);

3. calcolo dell‟item-score: in questa penultima fare fase, ad ogni singola modalità di risposta viene assegnato un preciso punteggio da 1 a 7 – in questo specifico caso -; questo importante passaggio, in cui le singole etichette vengono trasformate in una scala ordinale, permette di calcolare successivamente media, mediana, moda, varianza, deviazione standard, ponderando quindi le affermazioni a seconda del loro scostamento proprio dal valore medio degli items. Tali pesi così creati consentiranno di fornite un criterio in grado di dare maggior valore ad una risposta su un item estremo, piuttosto che ad uno stesso riscontro su uno più moderato, e ordinare quindi i soggetti dai più sfavorevoli a quelli più favorevoli.

Nel caso di formulazione di items monotòni negativi, i valori associati alle categorie dovranno necessariamente essere invertiti: è infatti fondamentale in questo passaggio considerare il verso delle scale degli item per riuscire a sommare i valori;

4. selezione delle affermazioni per la scala finale, da inserire nel questionario definitivo: al fine di verificare che le affermazioni che sono state inserite all‟interno della scale discriminino effettivamente gli individui che hanno atteggiamenti tra loro differenti, e lascino invece all‟interno dello stesso insieme individui con comportamenti simili, viene talvolta effettuata un‟analisi degli item attraverso diversi indici, i cui principali sono:

4.1. analisi della correlazione tra gli elementi del questionario e la scala: questo passaggio è utile al fine di individuare gli item che non risultino coerenti con gli altri e che è necessario, quindi, escludere. Solamente le affermazioni che riescono a superare questa fase di analisi verranno poi considerate per la composizione finale della scala, oppure per successive analisi, come indicatori dell'aspetto che si intende osservare e misurare;

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4.2. coefficiente alfa di coerenza interna: indice che serve a stimare il grado di coerenza interna della scala scelta; tale coefficiente si costruisce a partire dalla matrice di correlazione tra gli elementi appartenenti alla scala e il loro numero; maggiore è il valore che assume , tanto più grande è la coerenza interna;

4.3. capacità discriminante degli item: mediante questo indice vengono esclusi gli item per i quali tale capacità risulta troppo bassa; è calcolato come differenza tra la media semplice relativa ai punteggi dei soggetti con gli scores più elevati e la media semplice relativa ai punteggi dei soggetti con gli scores meno elevati.

I vantaggi della scala Likert sono riassumibili in due punti fondamentali: - semplicità di costruzione della scala stessa;

- uso dei dati empirici come base per la realizzazione.

Gli svantaggi, invece, meritano un‟analisi più complessa:

- se si ha a che fare con una scala ordinale è possibile conoscere solamente l‟ordine con cui i vari individui risultano favorevoli o non favorevoli ad un'asserzione, ma non di quanto essi siano più o meno favorevoli rispetto ad altri soggetti;

- un medesimo punteggio totale riportato da due individui differenti può nascere da combinazioni differenti di riscontri date alle varie asserzioni;

- può emergere il cosiddetto “fenomeno della curvilinearità”, che si verifica nel momento in cui un item centrale nell‟insieme delle risposte possibili è disapprovato, per motivi totalmente differenti tra loro, sia da chi manifesta atteggiamenti positivi/favorevoli, sia da individui che invece hanno comportamenti opposti: quando ciò accade, entrambi questi due tipi differenti di soggetti otterranno il medesimo punteggio 2 , pur non riflettendo un'uguaglianza di pensiero. È verosimile perciò che si verifichi che questi soggetti, fornendo la stessa risposta (che deriva però da opinioni totalmente divergenti), finiscano per ottenere un pari risultato: tutto questo porta alla trasformazione del continuum di risposte possibili in una “U”; si parla pertanto di “curvilinearità”. Una delle possibilità per scongiurare questo problema è selezionare asserzioni talmente radicali da riuscire a differenziare in modo netto gli individui favorevoli da quelli contrari. Secondo quanto scritto da Coombs3, “per cercare

di eliminare il rischio di curvilinearità da ciascun item [...] sarà opportuno scegliere un’affermazione così estrema da rendere improbabile che ci siano individui tanto estremi

2 Giudicini 1995, 98 3 Coombs 1953, 530

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da respingerla perché non è sufficientemente estrema”.

Seguendo Marradi4, invece, anche tale opzione provocherebbe delle distorsioni, in quanto

“tende a comprimere le posizioni che si trovano nella metà opposta del continuum, confondendo quelle moderate con quelle estreme”;

- un secondo fenomeno nel quale può capitare di imbattersi è quello della “reazione all‟oggetto”: si verifica nel momento in cui il soggetto intervistato non reagisce alle

affermazioni, ma ai personaggi, alle azioni, alle situazioni menzionate dalle affermazioni stesse5; pertanto tale fenomeno accade principalmente quando l‟individuo soggetto del questionario non riesce a separare l‟affermazione (che potrà essere favorevole o contraria) dall‟oggetto (che potrà essere accettato o rifiutato). Es. “I politici si interessano solo al voto,

non ai bisogni degli elettori”: “Completamente in disaccordo… dovrebbero interessarsi anche ai bisogni, non solo al voto. Sono in disaccordo con loro”6.

Spiegando in via teorica l‟esempio appena citato, un intervistato che come in questo caso si concentra solamente sull‟oggetto, se risulterà in accordo con esso approverà ugualmente l‟item, anche se quest‟ultimo è espressione di un‟opinione negativa (al contrario, il soggetto dovrebbe esprimere disaccordo). Tale fenomeno emerge solo nel caso in cui l‟intervistato premetta o faccia seguire i commenti al parere appena dato; ecco perché lo stesso non emerge durante i sondaggi di massa, che non permettono i commenti a seguito degli items Likert7.

Il metodo migliore per identificare tale articolato fenomeno, che come visto può portare a forti distorsioni nella compilazione del questionario, è di considerare accuratamente la possibilità di inserire la possibilità di commento da parte degli intervistati all‟interno delle diverse affermazioni. Difatti “ove i commenti liberi di un intervistato ad un’affermazione e

la relativa risposta data con una tecnica di rilevazione siano incompatibili, si può ritenere che il commento sia quello che rispecchia il suo pensiero sull’oggetto, mentre la risposta codificata sia affetta da qualche forma di distorsione8”;

- da ultimo, i problemi che possono emergere nel sottoporre al rispondente una serie di batterie di domande che abbiano le medesime modalità di risposta (questo, tra l‟altro, è un problema generale di tutte le scale), in particolare:

4 Marradi 1980, 63 5 Cacciola – Marradi 1988, 86 6 Marradi 2007, 145-162 7 Sapignoli 1992, 101 8 Marradi 1992, 108

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- riscontri dati a caso, dati senza cioè leggere in modo approfondito e attento le domande presenti all‟interno del questionario, ma solo ed esclusivamente per la fretta o per la volontà di terminare il questionario, in modo quindi superficiale;

- risposte fornite in modo meccanico (response set), con la scelta della stessa modalità per tutti i quesiti, spesso omettendo addirittura la lettura degli stessi;

Una soluzione utile a ridurre questi rischi nelle risposte alle batterie di domande è di immettere affermazioni sia “favorevoli” che “sfavorevoli” all‟oggetto della questione, o di alternare le risposte preparate con la scala scelta a domande con risposte aperte o con differente numero di modalità di scelta.

Un rapido accenno va in ultima analisi fatto ai concetti di validità e affidabilità della misurazione effettuata:

- validità degli indicatori: un indicatore si può considerare valido quando effettivamente rappresenta il concetto che nelle intenzioni dell‟intervistatore deve rappresentare.; se così non fosse, tale scala non è più da considerarsi valida poiché verrà rilevata una cosa differente da quella che effettivamente ci si era preposti di rilevare. La validità, tuttavia, risulta impossibile da rilevare in modo diretto: non esiste metodo né per misurarla, né per stimarla esplicitamente; esistono però alcuni criteri che permettono di attribuire validità ad una determinata scala:

- a vista o “face to face”: è il ricercatore stesso che individua, in base all‟esperienza, alla sua padronanza dell‟argomento e alla sua sensibilità in merito, un indicatore come effettivamente valido o meno; è, in breve, un parere che il ricercatore esprime relativamente a quell‟indicatore;

- validazione tramite criterio: il concetto da “approvare” va messo in relazione con un indicatore già in precedenza validato – ovviamente mediante l‟unico criterio possibile, quello della validazione a vista -; è palese come si crei quindi una contraddizione in termini, nel senso che poiché il primo indicatore è stato validato a vista, accettando dunque tale metodo, non c‟è motivo per il quale anche per il secondo non si debba fare altrimenti, senza relazionarlo con il primo;

- validazione per costruzione: si tratta di un metodo molto sofisticato, che si contraddistingue dalle altre perché risulta necessario in questo caso riferirsi in modo esplicito alla sociologi; in questo caso sono presenti un metodo esterno, una logicità fra indicatore ed indice, e una teoria fondata relativamente all‟oggetto rilevato dall‟indice o dall‟indicatore.

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- Per quanto riguarda il concetto di attendibilità, invece, si ha a che fare con una materia meno complessa della validità, e si riferisce in particolar modo alla variabile, più che all‟indicatore. È verosimile pensare all‟attendibilità come prodotto di alcune azioni, come – appunto - la tecnica del test-ritest, ovvero reiterare due volte una stessa rilevazione: è facilmente intuibile come, al fine di valutare l'affidabilità delle variabili in esame ripresentando agli stessi intervistati gli stessi interrogativi, occorra lasciar passare un periodo di almeno un mese perché queste persone possano dimenticarsi le risposte date nel questionario precedente; è però così complicato riuscire ad entrare nuovamente in contatto con le medesime persone e a ricreare le stesse condizioni ambientali, che il test-ritest non si effettua di fatto frequentemente.

2.2.3.2. LA SCALA DI THURSTONE

Tale scala è organizzata in undici frasi, scelte da un insieme costituito da un totale di 150 valutate da persone scelte in base alle loro competenze (docenti universitari, persone che fanno parte di associazioni, ecc..) e che sono quindi ritenute in grado di analizzarle correttamente: ogni soggetto ha il compito di analizzare tali frasi una per una, ordinandole dal livello più basso a quello più alto di significatività; si procede quindi alla scelta delle 11 definitive. Se i giudici sono stati selezionati in maniera mirata, si dovrebbero ottenere undici frasi, ordinate secondo intervalli che misurano la stessa ampiezza, e quindi equidistanti tra loro.

Senza dubbio la scala di Thurstone dipende molto dai soggetti che intervengono nella ricerca, ed è inoltre evidente come la preparazione di una scala come quella di Thurstone richieda grande dispendio di denaro e tempo.

2.2.3.3. LA SCALA (O SCALOGRAMMA) DI GUTTMAN

La scala di Guttman nasce dalla volontà di trovare una soluzione alla questione dell‟unidimensionalità presente nella scala Likert: tale scalogramma consta di un insieme di items capaci di rappresentare, mediante i loro contenuti, il crescere o il diminuire di uno specifico atteggiamento; per fare ciò è quindi indispensabile rispettare la prerogativa della gerarchia perfetta degli items.

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Diversamente da quanto accade nella scala Likert, nella scala Guttman i quesiti dovranno ricoprire l‟intera estensione del continuum di risposte: mentre quindi, usando la scala di Likert è verosimile poter ottenere un medesimo punteggio in modi differenti, con quella Guttman ad un preciso punteggio corrisponderà in via teorica una ed una sola serie di risposte.

Per dare un esempio pratico, si considerino un soggetto A e un soggetto B, e si immagini che A abbia un punteggio totale maggiore di B: la serie di items in questione verrà definita come “scala unidimensionale” solamente nel caso un cui il soggetto A consegua in ognuna delle risposte del questionario un punteggio che sia identico o superiore a B; in questo caso, è possibile identificare le risposte che ogni individuo ha dato ai singoli items della scala partendo dal punteggio complessivo. In pratica, però, è sostanzialmente impossibile riuscire a realizzare una scala perfetta in quanto è verosimile che i soggetti forniscano risposte differenti da quanto previsto in fase di redazione del questionario: spesso, quindi, l‟uso di questa scala è limitato alla fase di organizzazione dei dati ottenuti, al fine di verificare l'effettiva unidimensionalità di una determinata batteria di item.

Il problema principale nella realizzazione e nell‟analisi della scala di Guttman è senza dubbio quello relativo alla sua natura: tale modello risulta strettamente deterministico e teorico, quando al contrario la realtà sociale può venire compresa in modo corretto solo mediante l‟uso di modelli probabilistici che ammettano la possibilità di errori, in modo tale da rispecchiare più fedelmente il divenire presente nella vita di tutti i giorni.

2.2.3.4. LA SCALA DI BOGARDUS

La scala di Bogardus rappresenta sostanzialmente una semplificazione dello scalogramma di Guttman; ideata da Emory Bogardus nel 1928, è la più antica tra quelle che la letteratura annovera come principali. Nasce come scala per misurare la “distanza sociale” dei nativi americani rispetto agli stranieri, in un contesto caratterizzato da profondi scontri etnici come quello degli Stati Uniti in questo particolare momento storico. Questo metodo di misurazione prevede sette frasi – o item - ognuno delle quali indica uno stesso concetto, ma con una particolare sfumatura differente in relazione all‟atteggiamento che si vuole cogliere.

S‟inizia, in sostanza, con la frase che esprime la più ampia distanza sociale, come ad esempio potrebbe essere, nel caso specifico del giudizio sulla presenza di persone straniere: “sarebbe disposto ad escluderli dal suo Paese?”; qualora l‟intervistato rispondesse in maniera positiva, l‟intervista potrebbe considerarsi conclusa e la risposta data etichettata come “razzista”. Se l‟intervistato rispondesse invece in maniera negativa, si potrebbe passare alla frase superiore, che

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risulterà caratterizzata da una minore distanza rispetto a quella precedente, e così fino a che viene data risposta positiva, o si arriva all‟inizio della scala, un punto caratterizzato dal massimo della tolleranza: una domanda esemplificatrice di questo livello potrebbe essere, in questo caso, “Lo accetterebbe mai come padre dei suoi nipoti?”.

Il punto debole di questo metodo di rilevazione, è che tutti gli item vengono assunti come indicatori del medesimo concetto di “razzismo”: questa relazione univoca tra concetto espresso ed indicatore in realtà non esiste in quanto uno stesso indicatore potrebbe rappresentare concetti tra loro differenti come anche, al contrario, un concetto potrebbe venire rappresentato da più di un solo indicatore; inoltre, ad esempio, è verosimile che io accetti la possibilità di avere uno straniero come vicino di casa, ma non sia altresì favorevole a concedergli la cittadinanza. È sempre importante avere ben presente che le persone non necessariamente rispondono in maniera fedele a quanto teorizzato nei manuali, e che non sempre nelle risposte che vengono date è presente la coerenza. A parte queste ultime considerazioni (relativamente) marginali, nel caso tutte e sette le frasi vengano somministrate alla persona intervistata si andrà a calcolare la media dei valori degli item accettati.

2.2.3.5. IL METODO DEL DIFFERENZIALE SEMANTICO

Tale scala, scarsamente utilizzata fino a pochi anni fa in ambito statistico, fu sviluppata da uno psicologo americano negli anni „50, ed ha recentemente assunto maggiore importanza nell‟ambito dello studio del soggetto. La serie, in questo caso, è inserita all‟interno di una coppia di concetti (o di aggettivi), uno dei quali con significato esattamente opposto all'altro come, per fare degli esempi: nuovo/vecchio, maschile/femminile, debole/forte, ecc. Ad esempio, ancora, si può chiedere quanto un determinato aspetto della qualità (come la cortesia del personale, la qualità del cibo, ecc.) sia più vicino all‟idea di “importante” oppure a quella di “trascurabile”.

Il metodo del differenziale semantico misura, in sostanza, il significato "affettivo" (inteso come il livello di disposizione a favore o meno nei confronti di un concetto) di stimoli o pareri, misurato tramite una scala saldata a due aggettivi di senso opposto. Mediante tale scelta da parte dell‟intervistato, è possibile valutare le differenze che ogni individuo pone nell‟analisi dei concetti: è per questo che il differenziale semantico è spesso considerato uno strumento atto a cogliere l'idea di oggetti o concetti che il soggetto ha, più che gli atteggiamenti che egli dimostra nei loro confronti.

Per la costruzione di tale modello si procede nella scelta di una coppia di aggettivi bipolari che andrà a costituire il continuum: per determinare la direzione e il grado del giudizio che il soggetto

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ha espresso mediante segno in corrispondenza della posizione che ritiene più rappresentativo del proprio giudizio in merito all‟oggetto dell‟analisi. Si veda l‟esempio:

La cortesia del personale ha deluso le sue aspettative o ha superato le sue aspettative?

Ha deluso le aspettative Ha superato le aspettative

5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5

Al fine di ottenere un‟analisi più veritiera e valida, è necessario che vengano rispettati determinati criteri nel momento della scelta degli aggettivi agli estremi del continuum, in modo tale che essi siano rispondenti del basilare requisito di bipolarità; il limite maggiore di questo metodo è rappresentato dalla difficoltà di riuscire ad identificare aggettivi a due a due completamente bipolari in termini semantici: è infatti verosimile pensare che due aggettivi apparentemente opposti varino il loro significato in base al contesto, andando ad intaccare la validità della misurazione mediante differenziale semantico. È in secondo luogo complicato riuscire a trovare aggettivi che risultino ugualmente carichi di significato sia per l‟intervistato che per il ricercatore.

Può essere utile, a tal fine, adottare piccoli accorgimenti quali:

- avvalersi di coppie di aggettivi che siano formalmente estranee al tema oggetto di analisi, al fine di non assumere significati differenti in base al pensiero del soggetto che sta procedendo alla compilazione del questionario, risultando quindi sensibili all‟ “ambiente” all‟interno del quale il modello viene redatto;

- preferire una compilazione “d‟istinto”, al fine di ottenere una risposta che risulti più una “reazione emozionale” del soggetto piuttosto che un pensiero razionale influenzato, ancora una volta, dall‟ambiente di compilazione o da esperienze personali;

- disporre in maniera casuale la polarità delle risposte ai vari quesiti, intervallando aggettivi con direzione diversa al fine di stimolare l‟attenzione del soggetto ed evitare il fenomeno del

response set;

- utilizzare un numero non superiore a 4/5 coppie di attributi polari per ogni dimensione al fine di ottenere uno strumento che risulti abbastanza valido ed attendibile.

L‟analisi iniziale condotta da Osgood nell‟impiego del metodo del differenziale semantico nel campo psicologico, trasferita poi anche nella sua applicazione più generale nell‟esame della

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customer satisfaction, presumeva l‟esistenza di tre dimensioni semantiche all‟interno delle quali dovranno essere ricondotti gli aggettivi scelti per la scala; in particolare:

1. valutazione: esprime un giudizio di valore con funzione di differenziare ciò che viene giudicato in maniera positiva da ciò che non lo è, o con altre parole, quanto suscita una concezione positiva rispetto a quanto invece viene rifiutato (es: bello/brutto, buono/cattivo); 2. potenza: si riferisce alla “forza” dei giudizi in esame, misurata dalla resistenza che essi

riescono a porre contro l‟azione del soggetto (es: largo/stretto, forte/debole);

3. attività: esprime il grado di attivazione che i concetti suscitato nell‟organismo (veloce/lento, prevedibile/imprevedibile, veloce/lento).

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