CAPITOLO IV
COMPLICAZIONI
4.1 Nascita del calendario.
Nei secoli successivi alla creazione del calendario giuliano (da Giulio Cesare), calcolato sulla base di 365,25 giorni, gli astronomi pensavano che partendo da un solstizio fino a quello successivo, corrispondesse l’anno tropico. Era invece più lungo di undici minuti, pari a poco più di tre giorni in quattrocento anni, ma nessuno sentì la necessità di modificarlo. Il cristianesimo ne riprese gli elementi principali (nome e durata dei mesi, quello di febbraio comprensivo di un ventinovesimo giorno ogni quattro anni, nell'anno bisestile) che restarono invariati per tutto il Medio Evo. Per la festività pasquale, di primaria importanza per l'anno ecclesiastico, fu deciso che questa sarebbe caduta la domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Inoltre, l'inizio di primavera era già stato fissato, dal Concilio di Nicea, al 21 Marzo.
Secondo calcoli matematici, la prima luna di primavera doveva sorgere non oltre il 18 aprile. Gli astronomi della fine del Medio Evo si accorsero però che quel momento arrivava sempre prima. Verso la fine del XVI secolo, la differenza era ormai di dieci giorni, poiché l'anno del calendario giuliano era più lungo di 11 minuti e 14 secondi, pari a 0.0078 giorni.
Il 24 febbraio 1582, in seguito a lunghe deliberazioni, si trovò un accordo sulla riforma di papa Gregorio XIII, firmatario della bolla "Inter gravissimes", che sanciva l'entrata in vigore del calendario "gregoriano" e l'eliminazione in quell’anno, per motivi imprescindibili di carattere astronomico, di dieci interi giorni. Il giorno successivo al 4 di quel mese fu in realtà il 15.
Affinché quell'errore non si riproducesse più, occorreva ripescare da qualche parte 0.0078 giorni l’anno. La soluzione adottata fu la seguente: tra gli anni che segnavano il passaggio di secolo (1600, 1700, 1800 etc.), solo quelli la cui espressione numerica era divisibile per 400 dovevano in futuro essere bisestili. In tal modo, nonostante il ciclo quadriennale, il 29 febbraio fu soppresso (e per sempre) nel 1700, 1800, 1900, 2100, 2200, 2300, ecc.
4.2 Il calendario: la data, il giorno, il mese.
I termini orologio con calendari o orologio con data sono usati oggi, indistintamente, per indicare quegli orologi che mostrano la data, il giorno e il mese, oltre l’ora, minuti e secondi.
Gli orologi astronomici (non da polso né da tasca) esistono già dal sedicesimo secolo. Gli orologiai, probabilmente, tentarono di costruire lo stesso meccanismo negli orologi da polso.
Si pensa che gli orologi da polso siano stati prodotti verso la metà del diciassettesimo secolo, il che significa che è più giusto parlare di evoluzione del calendario piuttosto che di invenzione.
Verso la fine del diciottesimo secolo, si iniziò a ideare orologi che riportavano anche la data, il giorno e il mese, ma solo all’inizio del ventesimo secolo che furono costruiti.
Inserire un calendario in un orologio non è un’operazione molto complessa è per esempio, risolvibile con la soluzione riportata in Figura IV-1.
Quando il perno A della ruota della minuteria B ingaggia il dente 1 della ruota a stella D, il perno M (del dente 5) fa avanzare di un dente la ruota del calendario G e, quindi, il calendario cambierà la data di un giorno.
Dopo 12 ore, il perno A farà avanzare il dente 8 della ruota a stella, e, essendo il dente 4 sprovvisto del perno, essa si sposterà senza generare alcun movimento della ruota G.
Sarà poi la volta (dopo 24 ore) del perno A ad azionare il dente 7, e il perno N del dente 3 genererà l'avanzamento di un dente, ovvero di un nuovo giorno, della ruota del calendario G. 4.2.1 L’indicatore della data
Esistono due tipi di display per indicare la data su un calendario per orologi da polso: 1. Lancette
2. Disco
Nel caso di display a lancette, il giorno e il mese sono mostrati da lancette su piccoli quadranti, la data può anche essere visualizzata su un cerchio di numeri, interno o esterno, al quadrante principale. In questo caso, la lancetta della data impernia al centro del movimento.
Nel caso di display a disco, le lancette sono collocate su dischi sui quali appaiono la data, il giorno della settimana e il mese.
Questi dischi ruotano sotto il quadrante e la data, il giorno e il mese sono visibili attraverso aperture nel quadrante stesso. Di regola, un orologio che mostra solo la data ha un disco largo e dentato, su cui ci sono numeri da 1 a 31 e che ruota sotto il quadrante; la data è visibile attraverso aperture.
Ci sono, inoltre, orologi con un sistema misto, nei quali la data è indicata con una lancetta e il quadrante ha aperture per mostrare il giorno e il mese.
La ruota delle ore attiva l’indicatore della data, attraverso un meccanismo chiamato treno
della data e fa un giro completo ogni dodici ore, mente l’indicatore necessita di essere attivato solo ogni ventiquattro ore, il che significa che il treno della data è ridotto.
Può essere costruito in due modi.
1) senza una ruota di data intermedia, né pignone; 2) con una ruota di data intermedia e pignone. SENZA UNA RUOTA DI DATA INTERMEDIA NE’PIGNONE.
La ruota (Figura IV-2) delle ore (z1) ingrana con quella della data (z2). Quest’ultima attiva
la ruota della data con 31 denti (4), attraverso un perno (3) fissato sulla z2; il movimento della
stella della data è controllato da una molla a flessione (5). In questo caso, la ruota che conduce la stella della data deve avere il doppio dei denti della ruota delle ore per ridurre la velocità con cui ruota quest’ultima.
Figura IV-2 – Treno della data senza ruota intermedia e pignone.
Detti z1 il numero di denti della ruota delle ore, z2 il numero di denti della ruota che
conduce la stella della data, n1 il numero di giri della ruota delle ore, n2 il numero di giri della
ruota che conduce la stella della data, si può scrivere la seguente relazione:
2 1 2 1 1 2 = = z z n n
CON UNA RUOTA DI DATA INTERMEDIA E PIGNONE
La ruota (Figura IV-3) delle ore guida una ruota costituita da due ruote dentate pressate o fissate insieme (z2 e z3) e che ingranano con la ruota conduttrice attraverso l’indicatore della
ruota della data (z4). La ruota attiva l’indicatore della data attraverso un perno (5).
Figura IV-3– Treno della data con ruota intermedia e pignone.
Detti z1 il numero di denti della ruota delle ore, z2 il numero di denti della ruota
intermedia della data, z3 il numero di denti del pignone intermedio, z4 il numero di denti della
ruota che conduce l’indicatore della data, n1 il numero di giri della ruota delle ore e n4 il
numero di giri della ruota che conduce l’indicatore della data, si ha:
2 1 4 2 3 1 1 4 = ⋅ ⋅ = z z z z n n
Se la data si vede su un disco, l’indicatore è fatto con denti interni. Altrimenti, può essere modellato con alcuni tipi di materiali plastici.
I 31 giorni sono indicati sul lato superiore del disco, l’ordine dipende dal verso di rotazione del disco, che varia secondo il modello. All’interno, il disco ha 31 denti, che possono avere diverse forme e sono guidate da un perno e controllate da una molla a flessione. (Figura IV-4)
Figura IV-4 – Sistema di controllo del disco della data.
Se, invece, la data si vede con una lancetta, questa è fissata sulla ruota della data, i cui denti sono attivati anche da un perno e dalla posizione della molla a flessione. (Figura IV-5)
Figura IV-5 – Sistema di controllo della lancetta della data.
4.2.2 L’indicatore del giorno
Come l’indicatore della data, quello del giorno è attivato ogni 24 ore intorno a mezza notte, attraverso un treno di meccanismi.
Quest’ultimo è identico a quello della data, solo che ha un indicatore del giorno, e non della data, e la stella del giorno ha 7 denti.
La ruota delle ore ingrana con quella che conduce la ruota del giorno. Questa ruota mette in moto la stella del giorno, attraverso un perno fissato su essa; la posizione della ruota del giorno (Figura IV-6) è controllata da una molla a flessione.
Figura IV-6 – Sistema di controllo dell’indicatore del giorno.
I giorni possono essere visti su un disco tagliato in ottone o alluminio o in alternativa con diversi materiali plastici. La faccia superiore mostra i nomi dei giorni (in genere ci sono solo
4.2.3 L’indicatore del mese.
L’indicatore del mese è definito stella del mese; il mese cambia a mezza notte dell’ultimo giorno del mese. La stella del mese ha 12 denti e la sua posizione è controllata da una molla a flessione (Figura IV-7).
La ruota del mese (4) si muove attraverso la ruota della data (1), questa ingrana con una seconda ruota della data (2), sulla quale è fissato un perno (3). Queste due ruote dentate fanno un giro completo una volta il mese. Al termine del mese, il perno sulla seconda ruota attiva la ruota del mese, che fa un dodicesimo di giro. Una molla a flessione (5) controlla la posizione della ruota del mese.
Figura IV-7 – Sistema per l'indicazione del mese.
Esiste un altro tipo di meccanismo, nel quale la seconda ruota della data non ha un perno, ma 30 dei suoi 31 denti sono troncati (Figura IV-8). Alla fine del mese, l’unico dente non troncato attiverà la ruota del mese.
I mesi possono essere visti attraverso un disco, sul quale ci sono i nomi dei mesi, o, come di regola, le prime tre lettere del mese; questo disco è fissato sulla ruota del mese, che ha 12 denti a punta, mossi da un perno, la cui posizione è regolata da una molla a flessione.
In alternativa, il mese può essere individuato con una lancetta fissata sulla ruota del mese.
4.3 Gli orologi calendario.
Gli orologi-calendario hanno lo scopo di visualizzare automaticamente la data e l’ora simultaneamente. Generalmente, indicano i giorni, i mesi e il calendario mensile, cioè, l’insieme di quegli intervalli di tempo astronomici che regolano la nostra vita sociale e civile, denominato “calendario”. Inoltre, la quasi totalità dei “calendari” reca un dispositivo che indica le fasi lunari. Per aggiornare un calendario semplice, anche automatico, alla fine dei mesi che non siano di 31 giorni, occorre far avanzare manualmente la lancetta o il disco della data. In un calendario perpetuo, tutti i cambiamenti, allo scadere dei mesi, avvengono automaticamente, indipendentemente dal fatto che il mese in questione abbia una durata pari o inferiore ai trentuno giorni. Se le lancette o i dischi del calendario perpetuo indicano, ad esempio oggi : ”martedì 30 aprile”, domani, senza intervento alcuno, leggeremo: “mercoledì 1 maggio”. I cambiamenti automatici si effettuano allo stesso modo tra l’ultimo giorno del mese di febbraio e il primo marzo, sia che si tratti di un anno normale (“comune”) che di un anno bisestile. In un anno comune, il calendario indica ”28 febbraio”, poi, il giorno dopo “1 marzo”, mentre se l’anno è bisestile, indica: “28 febbraio”, e il giorno dopo: “29 febbraio”, e soltanto il giorno successivo “1 marzo”. Il passaggio automatico da una divisione all’altra della lancetta di un calendario o l’azionamento di un disco, durante il cambiamento di giorno, di solito non è mai rapido. Inizia generalmente intorno alle 22 .30 o alle 23 e termina spesso da 1 ora e 1/2 a 2 ore dopo. Tuttavia, in alcuni calendari, grazie a un dispositivo speciale, i vari cambiamenti (data, giorno) avvengono bruscamente, con un “salto”. Tali calendari sono denominati calendari istantanei o a salto istantaneo (saltarelli).
sono raffigurate queste indicazioni, di cui una è visibile attraverso una “finestrella” alloggiata nel quadrante.
Un calendario semplice è costituito dalle seguenti parti (Figura IV-9): 1. Ruota di azionamento del calendario (A)
2. Ruota mediana dei giorni (B) 3. Ruota mediana del calendario (C) 4. Stella dei giorni (7)
5. Stella del calendario (31)
6. Stella mediana di calendario (M) 7. Stella dei mesi (12)
8. Stella della Luna (59) 9. Correttori (H, J, K, L)
10. Molle a flessione (F, G, D, E) 11. Dita (b, c, c’, m)
Figura IV-9 – Parti di un calendario semplice.
4.3.3
Il calendario perpetuo.
Il calendario perpetuo fornisce gli stessi dati del calendario completo, ma riconosce, grazie a un dispositivo meccanico, la diversa durata dei mesi e gli anni bisestili (Figura IV-10). Ovvero un calendario ha il limite di non consentire la possibilità di riconoscere il
numero dei giorni per ciascun mese e, quindi, saremo noi a dover intervenire alla fine dei mesi che contano 28 e 30 giorni ed avanzare a mano il calendario per "rimetterlo alla data".
Figura IV-10 – Foto di un meccanismo con calendario perpetuo.
Il calendario perpetuo, può avere sia un meccanismo con una camma di 48 mesi, che compie un giro in quattro anni, sia uno con una camma di 12 mesi, che ha una lancetta che effettua un giro completo ogni 12 mesi.
In nostro soccorso è venuto Achille Brocot, un grande dell'orologeria, che ha inventato un tipo di calendario che non solo riconosce la lunghezza dei vari mesi, ma anche gli anni
bisestili, che ci fornisce il nome del giorno, quello del mese, lo stato delle fasi lunari e il valore dell'equazione del tempo per ciascun giorno dell’anno e cioè un calendario perpetuo.
La durata del tempo trascorso tra un passaggio e quello successivo di un meridiano di fronte al sole rappresenta la durata di un giorno solare apparente. Questa durata varia tutti i giorni, in quanto la terra si muove non lungo una circonferenza, bensì lungo un’ellisse.
Per nostra comodità abbiamo scelto di far durare il giorno 24 ore esatte, che rappresentano un tempo medio delle durate dei giorni solari apparenti.
L'equazione del tempo non è altro che la differenza tra tempo solare apparente e tempo solare medio e varia da un massimo di circa 16 minuti ad un minimo di circa 14 minuti.
Veder in azione un calendario del tipo Brocot dà un’idea immediata del suo funzionamento.
Il calendario descritto precedentemente non tiene conto del diverso numero dei giorni che compongono i vari mesi. Necessita, quindi, ogni tanto di un nostro intervento, affinché
2. il giorno della settimana; 3. il mese;
4. il valore dell’equazione del tempo per ciascun giorno dell’anno; 5. la fase lunare durante tutto il corso dell’anno.
I vari rotismi di questo calendario perpetuo sono sistemati su entrambe le facce di un’unica platina. Nella parte posteriore della platina sono alloggiati quelli riguardanti il giorno del mese, il giorno della settimana ed il mese, mentre nella parte anteriore quelli inerenti le rimanenti due informazioni. Tutte le indicazioni sono leggibili su un quadrante fissato davanti alla platina.
Figura IV-11 – Schema semplice del meccanismo del calendario completo.
Nella parte posteriore della platina, c’è un braccio B con il fulcro in una sua estremità in O. Detto braccio è mosso verso sinistra (nella figura) da un piolino U, sistemato su una ruota
H esterna al sistema, che compie un giro in un giorno. Sotto la tensione della molla di
richiamo MR, il braccio B tende a riposizionarsi verso destra (Figura IV-12).
Ci sono, inoltre, altre 3 ruote, GM con 31 denti, GS con 7 denti e RM con 12 denti, sui cui assi sono montate le lancette che indicano:
1. il giorno del mese; 2. il giorno della settimana; 3. il mese.
Figura IV-12 – Meccanismo per l’anno bisestile.
Quando il braccio B viene spostato verso sinistra dal piolino U della ruota H, gli arpioni
AM e AS, liberi di ruotare sui loro fulcri, faranno avanzare di un dente le ruote GM e GS e le rispettive lancette registreranno il cambiamento della data, supponiamo, da 22 a 23 e da martedì a mercoledì.
Quando il piolino U della ruota H libera il braccio B, sotto l'effetto della molla di richiamo MR, esso tende a spostarsi verso destra, finché il piolino Q si appoggia sulla circonferenza della ruota P, e lì staziona fino alla mezzanotte del giorno successivo, quando rientrerà in azione tutto il meccanismo.
La ruota P (Figura IV-13) fa un giro ogni 4 anni e sulla sua circonferenza sono ricavate delle tacche di varie profondità. La circonferenza è divisa in 48 parti, ognuna corrispondente ad un mese.
Tenendo conto della progressione dei mesi nell'anno, per i mesi con 31 giorni non viene
tagliata nessuna tacca, per i mesi con 30 giorni viene tagliata una tacca di profondità
"x", per l'unico mese in 4 anni di 29 giorni (anno bisestile) viene tagliata una tacca di
profondità "2x" ed, infine, per quelli di 28 giorni, la tacca sarà profonda "3x".
Per gli arpioni AM e AS, è ininfluente che il piolino Q si appoggi lungo la circonferenza di P, oppure in una sua tacca in quanto, a prescindere dallo spostamento angolare del braccio
B, entrambi faranno sempre avanzare di un solo dente le rispettive ruote GM e GS, poiché è solo l’ultima parte della corsa da considerarsi utile.
Sulla ruota GM, che come abbiamo visto compie un giro completo in un mese, viene fissato un piolino S che, a tempo debito, ogni giro, muove il braccio BM che, mediante l'arpione MM, aziona l'avanzamento di un dente della ruota con 12 denti RM, sul cui asse è fissata la lancetta dei mesi: si avrà, pertanto, uno spostamento della medesima da, supponiamo, Ottobre a Novembre.
Coassiale e solidale alla ruota RM vi è una ruota dentata che, ingranando con un'altra solidale con la ruota delle tacche P, ne genera la sua rotazione quadriennale. É facile comprendere quindi come anche questo calendario non sia in grado di riconoscere i mesi con un diverso numero di giorni.
Con un nuovo braccetto Z (Figura IV-14) ed un piolino T, si risolve il problema e si ottiene il calendario perpetuo.
Si fissa, nella adeguata posizione, un perno T sulla ruota GM e lungo il braccio principale
B un braccio Z, libero di ruotare sul suo fulcro. Si fissi, inoltre, un arresto sulla platina che limiti la caduta del braccio Z.
Vediamo cosa succede nelle diverse circostanze. Quando, la notte fra il 30 (Figura IV-15) ed il 31 ottobre (Figura IV-16), il braccio B con il suo movimento angolare alfa, tramite l'arpione AM, fa avanzare di un dente la ruota GM, il perno T scivola lungo la faccia inferiore del braccio Z, fino a che la sua protuberanza sottile si appoggia sul perno stesso.
Appena il perno U della ruota H disingaggia il braccio B, quest'ultimo, per effetto della molla di ritorno MR, riprende la sua posizione con il pioliono Q, appoggiato alla ruota P.
Figura IV-15 – Calendario perpetuo nella condizione: 23:45 del 30 ottobre.
Quando la notte fra il 31 ottobre ed il 1° novembre (Figura IV-17) il braccio B si sposta verso sinistra, sia l'arpione AM sia il braccio Z avanzano, ma solo AM sposta di un dente la
ruota GM, in quanto il piccolo "gap" tra il piolino T ed il braccio Z fa sì che esso non concorra a fare avanzare la ruota GM.
Figura IV-16 – Calendario perpetuo nella condizione: 23:45 del 31 ottobre.
Contemporaneamente, il perno S muove il braccio BM che, tramite il suo arpione MM, fa avanzare di un dente la ruota dei mesi RM, così che:
• la lancetta cambia l’indicazione del mese;
• la ruota P avanza di 1/48 e, quindi, il perno Q andrà a cadere dentro la scanalatura praticata sulla ruota P.
Per tutto il mese di novembre, il braccio B si sposterà di un angolo 2 alfa ed essendosi ormai T a mano a mano allontanato dall'influenza del suo braccio Z, solo l'arpione AM azionerà l'avanzamento di un dente della ruota GM. É da sottolineare che metà della corsa di
AM è "a vuoto" e la seconda metà è utile).
Quando si arriva alla notte del 30 novembre (Figura IV-18) i leverismi si troveranno come rappresentati nella figura precedente ed alla mezzanotte accadrà che il piolino U della ruota H ingaggia il braccio B.
Figura IV-18 – Calendario perpetuo nella condizione: 23:45 del 30 Novembre.
Mentre il braccio AM percorre la sua metà di corsa a vuoto, il braccio Z, tramite il piolino
T, muove avanti di un giorno la ruota GM (dal 30 al, chiamiamolo, 31 novembre). Successivamente, entra in azione il braccio AM con la sua porzione di corsa "utile" e spinge avanti di un giorno la ruota GM (dal 31 novembre al primo dicembre).
Il piolino S spinge il braccio BM e l'arpione MM fa avanzare di un dente la ruota RM, così che l'indicazione del mese cambierà da Novembre a Dicembre. Contemporaneamente, la ruota dentata solidale alla ruota RM muove la ruota dentata solidale alla ruota P che avanza
di 1/48, così che, quando il braccio B ritorna nella posizione di riposo, il piolino Q non cadrà più nella scanalatura, ma si appoggerà sulla circonferenza di P. In tal modo, ci si troverà nella condizione rappresentata nella figura seguente (Figura IV-19).
Figura IV-19 – Calendario perpetuo nella condizione: 23:45 del 1 Dicembre.
Appare chiaro, come il 29 febbraio il braccio Z, tramite T, farà avanzare di due giorni la ruota GM, prima che AM ne completi l’avanzamento fino al 1 Marzo e, concettualmente, lo stesso accade per gli anni con i mesi di Febbraio con 28 giorni.
4.4 Le fasi lunari
La durata di una rivoluzione sinodica lunare, cioè l’intervallo di tempo tra due successive congiunzioni di un pianeta con il Sole, è di 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 2,8 secondi.
Le fasi della Luna sono mostrate da un disco in movimento, sul quale appaiono due immagini della luna; parte del disco è visibile attraverso un’apertura con un’apposita forma sul quadrante dell’orologio, che rivela una luna crescente, una luna piena, una luna calante o un’altra luna piena.
Le fasi lunari possono essere indicate anche con una lancetta.
Come gli indicatori della data e del giorno quello delle fasi lunari è attivato da un treno di meccanismi una volta ogni 24 ore, ma intorno alla diciannovesima ora, per evitare un insieme di funzioni intorno alla mezza notte, che potrebbe causare troppo spesso la perdita dell’equilibrio.
Il treno dei meccanismi della fase lunare è identico a quello del giorno e della data, tranne per il fatto che la ruota della luna ha 59 denti corrispondenti a due cicli lunari: questo è il motivo per il quale si hanno due immagini della luna sulla ruota.
Figura IV-20 – Meccanismo semplice delle fasi lunari.
La ruota (Figura IV-20) delle ore (1) ingrana con una ruota che guida l’indicatore della luna (2), questa ruota attiva lo stesso indicatore (4) attraverso un perno fissato su essa(3). La posizione dell’indicatore della luna è controllato da una molla a flessione (5).
Quando si usa una ruota della luna con 59 denti, la lunghezza del ciclo lunare sarà la metà, e quindi di 29,5 giorni. In realtà, la lunghezza reale del ciclo è di 29,53 giorni. Questo comporta un errore di 44 minuti e 2,8 secondi il mese, il che significa quasi 9 ore l’anno. Dopo 3 anni, le fasi lunari saranno sbagliate di 1 giorno. L’orologio necessiterà di essere corretto manualmente.
È possibile correggere questo errore attraverso una semplice ruota (Figura IV-21).
Questo meccanismo è costituito dalla ruota delle ore (1) che ingrana con una ruota(2) che guida la stella del giorno (4), quest’ultima attiva la ruota del giorno (4) con un perno (3).
Un pignone con 16 denti (5) è fissato sulla ruota del giorno con un secondo pignone sempre di 16 denti (6), che ingrana con l’indicatore della luna che ha 135 denti (7).
L’unico scopo della seconda ruota intermedia è di assicurare che l’indicatore della luna giri nel verso giusto.
Figura IV-21 – Sistema corretto delle fasi lunari.
Questo meccanismo assicura una precisione di 29 giorni e 12 ore e 45 minuti per ciclo lunare, il che comporta un errore di soli 57,2 secondi per ogni ciclo, e cioè 11 minuti e 26,4 secondi all’anno. Questo significa che dovrà passare più di un secolo prima che la fase della Luna sia sbagliata di un giorno.
Le fasi della Luna appaiono sul quadrante dell’orologio o su un disco o attraverso una lancetta.
L’età della Luna può essere vista più precisamente attraverso speciali graduazioni intorno all’apertura nel quadrante. Si può contare in quarti o in giorni dall’ultima Luna nuova.
4.4 Il cronografo: cenni storici
Nella seconda metà del diciottesimo secolo, con l'introduzione della lancetta dei secondi negli orologi da tasca, si volle ricercare un dispositivo che ne consentisse l’arresto. All’inizio, la soluzione fu di arrestare il movimento mediante una piccola leva. Intorno al 1800-1840, si aggiunse un movimento completo per i secondi, corredato del proprio bariletto, la cui funzione era unicamente di garantire la rotazione della lancetta dei secondi che effettuava un salto ad ogni secondo (secondi morti).
Un primo cronografo fu inventato da Rieussec nel 1821-22. Era dotato di un quadrante rotante e di un meccanismo d’indicazione ad inchiostro, che tracciava punti o linee sul quadrante, allorquando era premuto un pulsante.
Il cronografo a quadrante fisso venne successivamente e si cercò di cambiargli anche il nome in uno più adeguato: Cronoscopio (guardare il tempo), ma il mercato non ha mai recepito questa correzione.
Il primo tentativo di misurare il tempo a quadrante fisso è da attribuirsi a Thaddeus Winnerl che realizzò il primo rattrappante (Figura IV-22), ovvero un dispositivo che consentiva di misurare la differenza di tempo nell’arco di un minuto. Il sistema nella sua semplicità è geniale: montò, forzata, una particolare camma a forma di cuore sull’asse dei secondi, un disco privo di dentatura coassiale a quello dei secondi e su di esso una seconda lancetta dei secondi di colore diverso. Sul disco era montata su di esso una levetta con un’estremità a “dente”, che vincolava i due moti entrando nell’incavo del cuore, una molla garantiva questo contatto.
Figura IV-22 – Meccanismo rattrappante su orologio meccanico semplice.
Questo disco poteva essere fermato tramite la pressione di un pulsante che, agendo su un ceppo, lo frenava; lasciato il pulsante, la pressione esercitata dal dente della levetta sul cuore costringeva il disco a ruotare, fino tanto che il dente della levetta non rientrava nella sua sede.
Ovviamente, la misurazione era molto complessa, poiché doveva essere contemporanea al momento in cui si smetteva di esercitare la pressione sul disco, poi non sarebbe stata più leggibile. In altre parole mancava il sistema di arresto, e, quindi, non ebbe grandi applicazioni, ma pose le basi per l’attuale cronografo.
Si deve attendere il 1862 per avere un cronografo da tasca con le funzioni di partenza,
arresto e azzeramento e si deve a Adolphe Nicole, mentre si può attribuire ad Auguste Baud
costituiti in Glucydar, portò l’orologio a degli errori accettabili 0,15’’ ogni 45’, ed era accettabile essendo il fondo scala 0,2’’.
Il cronografo nasce con l’indicatore dei secondi trascorsi – lancetta centrale lunga – l’accuratezza della misurazione indubbiamente dipende dal sistema di regolazione adottato, se si utilizza un 18.000 A/h, ogni secondo sarà spaziato in 5
60 60 18000 =
⋅ salti, pertanto si potrebbe misurare il 1/5 di secondo. Con i più recenti 28.800A/h e 36.000A/h si giunge al 1/10 di secondo che su di un quadrante è scarsamente individuabile per difficoltà di esecuzione delle linee in spazi ristretti e per gli immaginabili problemi di parallasse – inclinazione rispetto alla quale si esegue la lettura.
Gli studi sul cronografo furono sollecitati dalla necessità di misurare il tempo a partire da un esatto istante; ciò portò, infatti, all'elaborazione dei primi cronografi pulsometrici (su base 60 pulsazioni) per misurare il battito cardiaco, anemometrici (dal greco anemos respiro) per contare il numero di respirazioni sulla base dei 5 atti respiratori, telemetrici (o militari per misurare la distanza percorsa dai proiettili sparati dall’artiglieria sulla base della differenza tra momento dello sparo, visivo, e dell’esplosione, sulla base della velocità del suono approssimata a 333 metri il secondo) e, più in generale, per misurare la produzione oraria di qualsiasi attività manifatturiera, partendo dai dati unitari (tot pezzi al secondo = tot pezzi al minuto e all’ora).
I cronografi furono impiegati anche per la misurazione della velocità, tachimetrici: sulla base del chilometro, il tempo impiegato forniva la velocità; dati i notevoli passi avanti fatti dalle industrie automobilistiche e aereonautiche, le velocità massime possono essere prese come sistema di datazione dell’orologio: anni 20 dai 300 Km/h ai 360 Km/h, 30÷40 i 500 Km/h, primi anni 50 dai 750 Km/h agli 800 Km/h, fino ai moderni che indicano i 1000 Km/h .
Il cronografo è la prima, immediata, “complicazione” dei normali segnatempo, nata inizialmente per fini pratici e poi assunta invece a "status symbol" per eccellenza nell'orologeria. I primi cronografi nacquero con l’aggiunta di due quadrantini supplementari (solitamente ad ore tre e ad ore nove) per l’affissione dei secondi continui e dei minuti della misurazione cronografica, la cui lancetta compie un giro ogni 30 minuti, probabilmente introdotti per l’utilità che si aveva nell’utilizzo del telefono, infatti nei primi erano evidenziati i multipli dei 3’, a causa dell’unità base dello scatto telefonico ogni 3 minuti. (Quelli nautici mostravano demarcazioni nette cromatiche tra i primi 5 minuti ed i successivi – tempo di allineamento al via delle regate veliche).
Ulteriore complicazione fu l’aggiunta di un terzo quadrantino ad ore sei, per la visualizzazione delle ore (con avanzamento ogni ½ ora) cronografiche. Infine, per completare l’opera, l'elaborazione di un quarto quadrantino supplementare ad ore dodici, con la visualizzazione delle fasi lunari (modello Tri-Compax). Tappe fondamentali della storia del cronografo sono l'introduzione nel 1969 del primo cronografo automatico per opera della Zenith (che adotta un movimento a 36.000 alternanze contro le usuali 28.800 della stragrande maggioranza degli orologi) e negli anni recenti lo “spostamento” da parte della Eberhard dei contatori supplementari su un’unica linea orizzontale, cosa che ha richiesto anni di progettazione.
4.4.1 Il cronografo: funzionamento
Il cronografo, con le funzioni di partenza, arresto ed azzeramento, è suddivisibile in tre famiglie, in base alla sua evoluzione storica, pertanto, per meglio comprendere i cinematismi che ne sono alla base è fondamentale partire in questo ordine.
• Mono-pulsante • Due pulsanti
o Colonne o Leve 4.4.2
Il Mono-pulsante
La complicazione (Figura IV-23), essendo un qualcosa che necessita di movimento, deve avere necessariamente una fonte di energia: questa è fornita dalla ruota dei secondi – quarta ruota intermedia del treno –essa infatti, avrà un perno alto, su cui è forzata una ruota dentata detta conduttrice.
Figura IV-24 –La ruota centrale del cronografo.
Le due ruote (Figura IV-24) non sono accoppiate tra loro altrimenti si avrebbe un moto ripetuto dei secondi al centro dell’orologio, ma è provvisto di un sistema, partenza ed arresto, che può fornire o no il moto alla seconda ruota, compito adempiuto dal complesso della
bascula di rinvio. La leva a forma di “S” che porta la ruota di rinvio, potendo ruotare rispetto al suo perno periferico, compierà una rotazione che porta la ruota di rinvio ad ingranare con la ruota centrale del cronografo. (Partenza ed arresto).
Figura IV-25 – Parti del cronografo mono-pulsante.
Sistema freno.
Quando la ruota di rinvio non ingrana con quella centrale, questa, non essendo vincolata, potrebbe muoversi liberamente, se non fosse presente un ulteriore sistema che ne impedisce il movimento: freno, composto da una leva che ruota intorno ad un punto centrale ed ha un’estremità convessa a forma di “ceppo”, per poter esercitare una pressione sulla ruota
centrale e mantenerla nella sua posizione. Esercitando una pressione sulla ruota, ne può causare la sua ovalizzazzione o, addirittura, una variazione delle altezze dei denti, soprattutto se usato per misurare intervalli simili; pertanto, oggi vengono fatte in teflon.
Azzeramento.
L’azzeramento è dovuto ad un’ulteriore leva (Figura IV-26): martello del cuore, che ruotando entra in contatto con una sua estremità sul profilo della camma (cuore) e, spingendo con la sua zona inclinata sul fianco della camma la costringe alla rotazione fino ad arrestarla, quando è in contatto con i fianchi. È facile quindi immaginare che l’azzeramento possa avvenire in entrambe le direzioni: per evitare che il punto singolare (punta del cuore) porti all’impuntamento del sistema, la faccia di contatto della leva è inclinata di 45° con la linea immaginaria, unente i centri di rotazione della leva e della camma.
Figura IV-26 – Martello del cuore nelle varie posizioni.
Sistema di comando
Il sistema di comando di questo meccanismo è da attribuirsi alla ruota a colonne composta da due zone (Figura IV-27):
• Ruota con denti di sega (1) • Colonne (da cui il nome) (2)
in funzione. Il contatto con la zona colonnare, anche in questo caso, è dovuto ad una molla:
molla del freno.
L’ultima leva, quella dell’azzeramento, avrà le stesse proprietà delle precedenti, una molla per garantire il contatto ed un’estremità a contatto con la ruota a colonne.
La ruota a colonne è mossa dal cricco della grande leva, collegata al pulsante del cronografo, che agganciando i denti della ruota la fa ruotare; a garantire rotazioni discrete della ruota, vi è la molla saltarello che, con la sua estremità, entra tra i denti di sega.
Le estremità delle tre leve d’azione sono conformate in maniera tale che entreranno in contatto con i fianchi colonnari una volta ogni tre scatti della ruota, quindi per due rotazioni della ruota saranno sulla superficie circonferenziale della colonna (zona iniziale, zona di uscita) e nella terza con i fianchi delle colonne; inoltre, le leve sono studiate per essere sfalsate di uno scatto rispetto all’altro, ovvero una sola per volta appoggerà sui fianchi.
Le tre fasi viste in 4 steps sono (Figura IV-28 e Figura IV-29): • Cronografo inattivo
• Cronografo in funzione • Cronografo arrestato
• Cronografo azzerato(inattivo)
Figura IV-29 – Le fasi C e D del funzionamento del cronografo mono-pulsante.
I profili per i denti delle ruote del sottosistema cronografo sono a triangolari, contrariamente a quanto accade per tutte le altre ruote dentate usate in orologeria, perché l’accoppiamento di due ruote a profilo epicicloidale si fa con gioco circonferenziale, allo scopo di ridurre gli attriti.
Ma questo gioco sarebbe amplificato dal duplice ingranamento conduttore - rinvio - ruota centrale, e porterebbe la lancetta cronografica ad avere un movimento irregolare, difetto annullato con il profilo triangolare. Questo profilo (Figura IV-30), però, causa un notevole aumento dell’attrito e, quindi, del moto di oscillazione, cosa ininfluente se fosse costante: si potrebbe intervenire, infatti, come visto nel capitolo 2.6, sul sistema di regolazione a racchetta, ma nel cronografo questo è discontinuo, pertanto le ruote sono previste attraverso la bascula di un sistema di registrazione.
quasi a sfiorarsi così da ridurre al minimo l’attrito e non influenzare il movimento, durante l’utilizzo della funzione cronografo.
Un’altra particolarità della ruota centrale del cronografo è l’avere un numero doppio di denti (Figura IV-31) rispetto a quella di rinvio al fine che, durante la fase di ingranamento, se i denti non sono perfettamente allineati (vengono a toccarsi punta contro punta), la ruota compia un salto in avanti o indietro della minima entità.
Figura IV-31 – Minor errore angolare con ruote a doppio numero di denti.
Vediamo ora come partendo da questo sistema, possono venir aggiunti gli altri contatori, tra cui il più importante quello dei 30 minuti.
Il contatore dei minuti, o totalizzatore, può essere costruito con tre approcci: • Continuo, dove il moto della lancetta è continuo.
• Istantaneo, dove il moto della sua lancetta avanza di un’unità, quando la lancetta cronografica passa sopra il 12 (60 secondi).
• Semi-istantaneo, il moto della lancetta inizia al 58simo sec. per concludersi al 60. Il continuo (Figura IV-32) è anche il più semplice, in quanto viene alimentato dalla ruota dei minuti dell’orologio che, attraverso un sistema a pignone oscillante, trasferisce il momento dal piano del treno del tempo (treno del moto) al piano cronografico.
Figura IV-32 – Totalizzatore dei minuti continuo.
Questo è costituito da un lungo asse, su cui sono calettati due pignoni, uno a denti epicicloidali, per limitare l’attrito, dato che resta perennemente ingranato con la ruota dei minuti, e superiormente da un pignone a denti triangolari, per ottenere maggior accuratezza del moto che ingrana con la ruota contaminuti. Mentre un asse del perno delle due ruote è fissato alla platina anteriore del movimento, l’altro è solidale alla bascula del pignone
oscillante, che potrà ruotare intorno ad un perno ed entrerà in contatto con il contaminuti. L’altra estremità della suddetta bascula, viene mantenuta in contatto da una molla con la ruota a colonne che ne regola la rotazione, essendo, per due scatti sulla circonferenza delle colonne per uno nello spazio tra loro.
Figura IV-33 – Azzeramento del totalizzatore dei minuti.
L’azzeramento (Figura IV-33) si ottiene biforcando il martello del cuore, che andrà a colpire contemporaneamente anche il cuore della ruota contaminuti. In alcuni modelli, si ha una seconda leva azzeratrice, che è mantenuta in contatto con la prima tramite una molla: quando la prima entra in azione, anche la seconda agirà di conseguenza. (nella fase di impatto sulle due camme vi deve essere un gap tra le due, per non influenzare l’azzeramento del contaminuti.)
Il maggior difetto di questo sistema è il gioco tra i denti, di grandi dimensioni, della ruota dei minuti ed il pignone, gioco che comporta un ritardo di 10’’ prima che venga recuperato. Questo sistema non viene più adottato, sia anche per il minor fascino che ha, se pur è l’unico
• Bascula forchetta e sua molla • Camma eccentrica.
Questo contaminuti è forse il più complesso, la ruota del contaminuti avrà come tutte le altre il suo cuore di azzeramento, ma la dentatura è a dente di sega, perché la movimentazione è affidata ad un arpione che, agganciando un dente, lo trascina facendo ruotare la ruota di un’unità, agendo di scatto proprio per la particolare conformazione del profilo.
Figura IV-34 – Totalizzatore dei minuti istantaneo.
L’arpione è movimentato dalla bascula istantanea, che ne guida il moto facendo scorrere il suo uncino sul profilo eccentrico. Sotto l’uncino vi è un perno che intercetta la bascula a forchetta, che mantiene, durante la fase di azzeramento, l’uncino sollevato dal contaminuti. Infatti, fintanto che la leva di azzeramento è sollevata per consentire il funzionamento del sistema, il perno sulla forchetta viene mosso e l’arpione è avvicinato alla ruota.
In questo sistema, tutto è in funzione della simultaneità di tutti i movimenti ed dalla tempestività dell’azione delle molle, della bascula istantanea, dell’arpione del saltarello, della forchetta, che con il tempo potrebbero avere un tempo di reazione più alto con possibili problematiche.
Inoltre, lo strisciamento continuo sulla camma eccentrica causerà una perdita di energia sul sistema oscillante ed ancor peggio non sarà costante proprio per la particolarità del profilo, fatto che ha indotto i costruttori ad abbandonare totalmente questo sistema.
Il Semi-istantaneo (Figura IV-35)
La ruota contaminuti è movimentata da una ruota composta dai seguenti elementi: • Bascula del rinvio
• Ruota dito
• Ruota contaminuti • Saltarello
La ruota dito (Figura IV-36) è forzata sulla ruota centrale del cronografo, e quindi si muoverà con essa; come il nome fa sottintendere, avrà un solo dente che ingranerà con la ruota di rinvio, necessaria sia per fermare il contaminuti, sia per invertire il senso di rotazione che un collegamento diretto causerebbe nel contaminuti.
Figura IV-35 – Totalizzatore dei minuti semi-istantaneo.
Figura IV-36 – Ruota dito del contaminuti.
La ruota di rinvio è montata su di una bascula che, come tutte le alte, verrà tenuta in contatto con la ruota a colonne e avrà un sistema di regolazione per registrare la sua posizione durante l’ingranamento. Infatti, dovrà essere registrata in maniera che un solo suo dente intercetti il dito, altrimenti potrebbe avanzare di due unità e falsare la misurazione (per due scatti sulla superficie circonferenziale della ruota a colonne, arresto e azzeramento).
Anche qua viene utilizzata una molla saltarello (Figura IV-37) per garantire il corretto avanzamento, ma in questo caso ha anche la funzione di concorrere al moto, infatti, solo per metà angolo di rotazione il moto è dovuto al dito, l’altra metà è dovuta alla pressione che la molla stessa esercita sul dente. Così facendo, il dente alimenterà solo per un minimo tempo il contaminuti e quindi solo per questo brevissimo lasso di tempo verrà sottratta la forza al
Figura IV-37 – Seconda funzione della molla saltarello.
La ruota contaminuti è una ruota a denti epicicloidali montata con gioco con quella di rinvio, per consentire la regolazione della bascula, diminuire l’attrito ed evitare gli urti.
L’azzeramento è del tutto analogo ai precedenti. 4.4.3
Il cronografo a 2 pulsanti
Figura IV-38 – Cronografo 2 Pulsanti.
1. Il pulsante sul 2 è utilizzato per azionare e fermare il cronografo: START, STOP. 2. Il pulsante sul 4 è utilizzato per azzerare il cronografo: RIMESSA A ZERO. Questo è sicuramente più funzionale, se non altro per la possibilità di ripartire dopo l’arresto senza passare obbligatoriamente per l’azzeramento e, pertanto, consentire l’eliminazione dei tempi morti.
Ma oggi, essendo solo uno “status symbol” e non essendoci sul mercato calibri mono-pulsanti, quest’ultimo è ritornato in voga, essendo più esclusivo.
In pratica, non si fa altro che effettuare delle modifiche al cronografo monopulsante. Alla
grande leva è affidato il compito di far partire e fermare il cronografo, pertanto, dovendo essa movimentare la ruota a colonne, quest’ultima è modificata per assolvere i suoi compiti in 2 stadi, non più 3. Al primo scatto la bascula di rinvio entra tra le colonne, portando ad ingranare la ruota centrale del cronografo, allo scatto successivo la allontana e così per ogni scatto. La leva bascula del contaminuti era appoggiata alla superficie circonferenziale per due stadi, quello di arresto e quello di azzeramento, ma ora, essendo in 2 fasi, questa leva mantiene in contatto il dito con la ruota di rinvio, sia a cronografo avviato, che a cronografo fermo; questo consente, inoltre, una maggior precisione, in quanto la mutua posizione non varia in caso di riavvio successivo. Tale leva è, quindi, scollegata dalla ruota a colonna, ma sarà il martello del cuore che, per la sua forma, muoverà, durante la sua discesa, la bascula del contaminuti.
• Partenza, rinvio ingrana – Becco tra le colonne.
• Arresto e Azzeramento, rinvio libera – Becco su circonferenza colonnare.
La leva freno continua ad essere comandata dalla ruota colonne in 2 stadi, ma verrà anche mossa durante l’azzeramento, tramite una spinetta che intercetta il martello, inoltre, dopo l’azzeramento, il martello ritorna alla sua posizione di partenza e, pertanto, il freno ritornerà ad esercitare la pressione sulla ruota cronografica, mantenendo il tutto fermo.
• Partenza, freno sollevato – Becco su circonferenza colonnare
• Arresto o cronografo azzerato, freno abbassato – Becco tra le colonne • Azzeramento – Leva sollevata dal martello
La fase di azzeramento è dovuta ad un altro pulsante, che agirà in 2 maniere differenti: o Pulsante spinge la bascula di rimessa a zero che va a sbattere sui cuori, durante il
suo moto solleva il freno e sposta la bascula di rinvio dei minuti. Lasciato il pulsante, una molla mantiene sollevata la leva azzeratrice. Per il corretto
Figura IV-39 – Cronografo a 2 pulsanti con
azzeramento a pressione totale Figura IV-40 – Cronografo 2 Pulsanti con azzeramento a tiretto.
La leva di azzeramento, in entrambi i casi, potrà compiere la sua rotazione, solo se il suo becco non ha di fronte una colonna.
In molti calibri la leva freno è stata eliminata, poiché rovinava i denti della ruota centrale cronografica. Il mantenimento della posizione è dovuto alla molla di frizione sotto il disco del dito che è comunque presente in tutti i calibri per garantire la corretta altezza della ruota del cronografo, in questo caso aumentandone la superficie di contatto.
4.4.5
Il cronografo a leve (“navetta”)
La spinta evolutiva, dovuta ai problemi di fabbricazione del passato, ha portato intorno al 1940 (Landeron-Charles Hahn & co), allo sviluppo di un sistema di controllo differente da quello a colonne: sistema a leve, perché le leve si ottenevano nel metodo produttivo più semplice ed economico, lo Stampaggio, mentre il sistema a colonna richiedeva una produzione per fresatura e senza gli attuali sistemi a controllo numerico, i pezzi non erano tutti perfettamente uguali. Ciò ha consentito di ottenere dei cronografi a prezzi più ragionevoli e quindi la loro diffusione sul mercato. Infatti, anche le molle utilizzate (Figura IV-41) non sono che semplici fili di acciaio armonico, invece delle precedenti molle con base e lama degradante.
Figura IV-41 – Molle a confronto.
Il sistema a leve è, in ogni caso, funzionalmente e prestazionalmente equivalente a quello a colonne.
Figura IV-42 – Estratto della documentazione del cronografo Eta 7760
Per l’importanza ed attualità del movimento (la maggior parte dei cronografi meccanici commerciali utilizza questo sistema), si è analizzato (Figura IV-42) il calibro ETA 7760 della famiglia Valjoux; inoltre, la casa produttrice lo ha ideato allo scopo di abbattere ulteriormente
FUNZIONAMENTO
La ruota corona gira intorno ad un disco fisso e sopra di esso è fissato un tubo filettato internamente, intorno al quale ruoterà la navetta (Figura IV-44), fermata da una vite a colletto cilindrico. La navetta è costituita da 3 elementi tranciati di forma molto particolare per adempiere alle varie funzioni saldate tra loro:
• I: Inferiore • M: Mediana • S: Superiore
Figura IV-44 – La navetta del Valjoux .
Le posizioni assunte, durante le rotazioni, vengono controllate dal posizionamento, nei 3 intagli della I, di un saltarello MS che è fissato a due corni del ponte del bariletto. (Figura IV-45)
Figura IV-45 – Definizione del cronografo Valjoux.
La leva di partenza ed arresto LC è anch’essa fissata su di un perno, intorno a cui potrà ruotare; il suo movimento sarà, comunque, limitato da una vite che ne impedisce anche il
• F Freno e sua molla.
• PO pignone oscillante, come per il contaminuti del sistema a colonne, con una parte a denti epicicloidali e l’altra con i denti triangolari che ingrana con la ruota cronografica. La sua inclinazione, dovuta alla BPO, è di 3°÷4°. Questa oscillazione è possibile grazie al gioco perni fori, che non è maggiorato per assolvere tale compito.
• BPO Bascula pignone oscillante, che ospita il perno superiore del PO, e ruota su di un perno del ponte supplementare A.
• RC ruota centrale del cronografo.
• S ruota dei secondi, con cui ingrana PO con parte epicicloidale. • CM ruota contaminuti.
• MSC Molla saltarello del contaminuti. Come si è detto, è un filo armonico che termina con una piega a formare 2 piani inclinati. Ha la funzione, anche in questo caso, di aiutare la rotazione della ruota del contaminuti. In questo movimento, il saltarello è progettato per non entrare tra i denti, ma per appoggiarsi al fianco dell’ogiva di un dente.
• PE Perno eccentrico per la regolazione. Particolare del Valjoux, che non presenta un incavo per la registrazione, spesso si deforma nella sede, ma una protuberanza di diametro inferiore.
• M Molletta che sostituisce il dito, ma ne mantiene la funzione, è regolabile agendo sulla placchetta t; questa, durante l’azzeramento, continua ad essere in contatto con la RR, ma durante questa fase si flette sui denti. (Figura IV-46) • A ponte supplementare, su cui si fissa anche la leva azzeratrice.
• AZ leva azzeratrice con braccio basculante per risolvere il problema di raccordare i bracci della leva.
Figura IV-46 – La ruota cronografica e interazione con il contaminuti.
Analizzando il cronografo arrestato (Figura IV-47) si osserva che la leva AZ è appoggiata contro la protuberanza 2 della navetta superiore e i bracci della leva premono contro le spalle dei due cuori. La navetta mediana spinge sulla bascula del pignone oscillante BPO, in maniera tale che la ruota a denti triangolari non ingrani. Il freno è appoggiato contro una protuberanza della navetta inferiore e, quindi, non tocca la ruota cronografica.
Figura IV-47 – Sequenza di funzionamento I START
Premendo il pulsante (Figura IV-47 B) la leva LC si abbassa e la sua parte articolata spinge nell’incavo della navetta I (anche IN è partito), costringendo quest’ultima a ruotare in senso orario, ciò comporta l’innalzamento della leva di azzeramento, tramite la parte superiore, la mediana lascia spazio alla bascula BPO e quindi ingrana con la ruota centrale. Il freno resta sollevato, se pur in una posizione differente. Il cronografo è partito e ci troviamo ora nella configurazione di figura b.
Figura IV-48 – Sequenza di funzionamento II. STOP
Dopo il rilascio siamo in configurazione di Figura IV-48A. Una successiva pressione del pulsante (Figura IV-48B) porta il braccio articolare ad intercettare la navetta I su di un altro lato che causa la rotazione in senso antiorario, ma di un angolo minore. La leva AZ resta sempre appoggiata sulla protuberanza 2, pertanto resta sollevata. Il
Il dente del freno F slitta nell’incavo della navetta I e, sotto l’azione della sua molla, entra in contatto con ruota dentata bloccandola. Anche l’interruttore In si è mosso.
AZZERAMENTO
Premendo sul pulsante di azzeramento (Figura IV-49) la leva si abbassa, pressando la navetta inferiore che causa un’ulteriore rotazione in senso antiorario ritornando nella configurazione di partenza. Il becco 1 della lecca azzeratrice entra nell’incavo del 3 della navetta superiore, facendo abbassare la leva azzeratrice ed in tal posizione rimarrà. Il dente del freno F incontra un dente della navetta che lo solleva, liberando la RC che deve tornare a zero. Il cronografo è azzerato.
Figura IV-49 – Azionamento della leva di azzeramento del 7760.
Il contatore delle ore (Figura IV-50) è posizionato sull’altro lato del movimento; sul perno eccentrico già incontrato si inserisce la leva azzeratrice (2) del contaore. Il complesso è formato poi da una leva (3), dal pulsante di comando di azzeramento (4), che sporge sopra la platina, dal freno (5), e da un complesso di ruote:
• Ruota contaore (6) (non dentata, zigrinata per aumentare l’attrito. • Cuore di azzeramento (7)
• Ruota (8) libera di ruotare intorno al proprio asse • Molla (9) solidale all’asse che spinge la molla • Il pignone (10) solidale al bariletto.
Alla partenza del cronografo, il freno si allontana dalla 6 che parte; quando il cronografo viene arrestato, il freno blocca la 6, mentre la 8 continua a ruotare ingranando con il bariletto e slittando sulla molla 9, il movimento del freno è comandato dall’incavo sul 2, che in partenza ed in stop si muove sotto l’azione dell’IN.
Nell’azzeramento, il 4 spinge il 3, che sposta il 2, azzerando nella solita maniera: l’unica particolarità è che il freno viene sollevato durante questo moto e che, a cronografo arrestato, la ruota 8 slitta sempre sulla molla 9. L’esperienza ha dimostrato che non si usura.
Figura IV-50 – Totalizzatore delle ore nel calibro 7760.
4.5 GMT: Greenwich mean time. (I fusi orari).
Per misurare intervalli di tempo brevi, si utilizza il giorno, suddiviso in ore, minuti e secondi. Per stabilire la durata del giorno, si assume come riferimento il meridiano di una località e si determina l’intervallo di tempo intercorrente fra due passaggi successivi del Sole sul meridiano: questo intervallo rappresenta il giorno solare vero. Quando si osservano, invece, i due passaggi successivi di una stella, si misura il giorno siderale, che è circa 4 minuti più corto di quello solare, per lo spostamento apparente del Sole lungo l’eclittica. Quando il Sole passa su un meridiano, gli orologi dovrebbero segnare mezzogiorno; ma, in questo
fuso orario in cui giace l’Italia. Le dizioni corrette sono rispettivamente “ora legale estiva” e “ora legale invernale”. Nel sistema dei fusi orari (Figura IV-51), si assume come fondamentale il meridiano di Greenwich; quando è mezzogiorno in tale località, sul suo antimeridiano è mezzanotte. Ma mentre un dato giorno sta per concludersi nelle località che si trovano a Est di Greenwich, essa è appena iniziato per le località a Ovest. Una linea che si trova sul mare, ma è tracciata per quanto possibile in corrispondenza dell'antimeridiano di Greenwich, è chiamata “linea del cambiamento di data; quando la si oltrepassa andando verso il Sole (cioè verso Est), è necessario riportare indietro di un giorno la data. Passandola in direzione opposta, si deve portarla avanti di un giorno.
Figura IV-51 – Suddivisione della terra in fusi.
I fusi orari sono stati introdotti per questioni di praticità: per il buon funzionamento della vita civile, è necessario fare in modo che tutti gli orologi di uno stesso Paese segnino la stessa ora. È stato introdotto perciò il Tempo Medio del Fuso TMF (chiamato anche tempo legale, tempo civile o tempo del meridiano del fuso). Tutte le località che si trovano entro un dato fuso orario adottano lo stesso tempo di quelle poste sul meridiano centrale del fuso.
Il primo meridiano è quello che passa per l’Osservatorio Astronomico di Greenwich e viene detto anche meridiano zero o meridiano fondamentale. Il tempo medio locale del meridiano di Greenwich è stato posto come tempo universale (TU), e fa da “punto di riferimento” per il tempo civile dei fusi orari di tutto il mondo. I meridiani centrali dei vari fusi orari distano fra loro 15° di longitudine che corrispondono ad un’ora di differenza. L’Italia si trova nel fuso orario contiguo, ad Est di quello di Greenwich. Il meridiano centrale del nostro fuso orario, che dista 15° di longitudine dal primo meridiano, determina il Tempo Medio dell'Europa Centrale (TMEC). Il TMEC è avanti di un’ora rispetto al TU di Greenwich. Nei mesi in cui viene adottata l’ora legale, il nostro orologio deve essere avanti di due ore rispetto al TU.
La convenzione dei fusi orari fa sì che in ogni località che non si trovasse esattamente sul meridiano centrale del fuso, il tempo segnato dall'orologio (Tempo Medio del Fuso) sia diverso dal Tempo Medio Locale e, che questa differenza sia tanto più grande quanto più ci allontaniamo da tale meridiano. Per essere più precisi, se ci troviamo ad Est del meridiano, il nostro orologio sarà in ritardo rispetto al tempo locale, e viceversa. Perciò, quando il nostro orologio segna mezzogiorno, il Sole non si troverà alla culminazione per due motivi:
1) Perché il tempo locale è diverso dal Tempo Medio del Fuso (indicato dall'orologio). Il Sole culminerà in anticipo sulle località poste a Est del meridiano centrale e in ritardo su quelle poste a Ovest.
2) Perché anche il tempo locale è a sua volta una convenzione che non tiene conto dell’equazione del tempo.
4.5.1 L’equazione del tempo
Per mezzo di una meridiana, è possibile stabilire il momento del transito del Sole al meridiano del luogo dove ci troviamo, cioè, stabilire il momento del mezzogiorno solare vero locale. Un orologio solare, appena più complesso di una semplice meridiana che segna il mezzogiorno, ci fornirà anche delle indicazioni orarie: ogni intervallo di un’ora solare segnata sul suo quadrante corrisponde ad un aumento di angolo orario del Sole di 15°. Il tempo segnato da un orologio solare può andar bene finché lo sviluppo della tecnologia e la conseguente esigenza di affinare i sistemi di misura del tempo non diventi necessaria. Infatti, se misuriamo gli intervalli di tempo tra due successivi transiti del Sole allo stesso meridiano (i
giorni solari veri), scopriamo che non sono intervalli uguali, bensì variano gradualmente durante l'anno fino a differire anche di 28 secondi (in più o in meno) rispetto ad un valore medio. Il moto apparente diurno del Sole, infatti, non è uniforme, ma varia nell'anno tra una velocità massima ed una minima, provocando, di conseguenza, la variazione (seppur minima) della lunghezza dei giorni solari veri. Questa variazione di velocità apparente del Sole dipende da due fattori:
2) Il piano dell’eclittica è inclinato di circa 23°.5 rispetto al piano dell'equatore (obliquità dell’eclittica). Se lungo i meridiani celesti proiettiamo sull’equatore archi di eclittica uguali tra loro, le proiezioni non sono archi uguali tra loro. Gli archi vicini ai solstizi sono significativamente più lunghi rispetto a quelli vicini agli equinozi. Di conseguenza, anche per questo motivo, l’ascensione retta del Sole cresce nel corso dell'anno in modo non uniforme. Se il giorno solare vero non è affidabile come unità di misura del tempo, si è dovuto trovare la soluzione del giorno solare medio, che ha durata costante e pari alla media di un gran numero di giorni solari veri. La definizione di giorno solare medio si basa su un artifizio matematico: il Sole medio. Questo astro (Figura IV-52), inesistente ma definibile matematicamente, invece di percorrere l'eclittica a velocità variabile come fa il Sole vero, percorre l’Equatore a velocità uniforme.
Figura IV-52 – La posizione del sole.
Abbiamo, di conseguenza, un intervallo di tempo costante (giorno solare medio) adatto a misurare il tempo in accordo con gli strumenti meccanici, e in parziale accordo con il giorno solare vero. Il tempo medio, infatti, presenta una piccola discrepanza rispetto al tempo solare vero segnato dalle meridiane, dato che l’angolo orario del Sole medio non coincide quasi mai con quello del Sole vero. Il Sole medio anticipa o ritarda rispetto al Sole vero nel corso dell’anno di alcuni minuti (al massimo 16 minuti circa). La differenza tra il tempo solare vero (tv) e il tempo solare medio (tm) è un intervallo di tempo calcolabile e prevedibile, chiamato
equazione del tempo (Et). Essa rappresenta l’accumulo di anticipi e ritardi, dovuti a questa lieve differenza nel corso dell’anno tra il giorno solare vero e quello medio:
m v
t t t
Perciò, l’Equazione del tempo è anche la correzione da apportare al tempo medio, per ottenere il simultaneo tempo vero o viceversa.
La percezione diretta della differenza tra il tempo solare vero e quello medio si può ottenere, ad esempio, osservando il Sole ogni giorno sempre alla stessa ora (degli orologi meccanici). Si vedrà che la sua posizione varia di giorno in giorno, sia in altezza (a causa del variare annuo della declinazione) sia “lateralmente” (corrispondentemente al valore dell’equazione del tempo), formando una figura ad otto (fig.4.53) detta analemma.
Figura IV-53 – Analemma: posizione del sole.
Questa immagine è stata ottenuta fotografando il Sole in vari momenti dell'anno alla stessa ora, con una macchina fotografica posizionata sempre nello stesso modo. Sovrapponendo le immagini ottenute, oppure utilizzando sempre uno stesso fotogramma per tutte le “pose”, si può avere l'idea del “percorso” del Sole.
4.5.2 Funzionamento del GMT
Con il mondo sempre più piccolo, la possibilità di aggiungere l’orario di un ulteriore fuso ha riscontrato l’interesse del mercato.
L’indicazione del fuso può avvenire con una ulteriore lancetta che può compiere una rotazione completa in 12 h o 24h, o con un disco riportante le principali città, una per fuso.
Figura IV-54 – Esempi di movimenti con fuso
In entrambi i casi il moto dell’indicatore è strettamente correlato a quello della ruota ore: cerchiamo di capirne la ragione. Quando l’orologio segna le 10,30, ciò significa che la lancetta delle ore si trova in una posizione intermedia tra le 10 e le 11; di conseguenza, un qualunque altro fuso orario si troverà nella stessa condizione, ovvero, se ci trovassimo a Londra, sarebbero le 9:30, pertanto l’indicatore del fuso deve trovarsi tra le 8 e le 9, o, nel caso di disco con le città, allora la porzione portante Londra deve trovarsi a metà tra i due indici.(Figura IV-54)
È, dunque, facile immaginare come possa essere realizzato, (Figura IV-55) con una ruota di rinvio 10, che ingrana con la ruota delle ore 5, che avrà montata sul suo asse e solidale ad essa un’altra ruota dentata 9, che ingranerà con il cannon del fuso (Figura IV-56). Il cinematismo, se pur semplice, si complica per la necessità di regolazione del fuso.
Figura IV-55 – 2893-2 senza protezione Figura IV-56 – Cannon fuso
Figura IV-57 – Particolare 2893-2
Si è preso in esame l’Eta 2893-2, che è un GMT 24 ore: in questo calibro, il fuso viene regolato agendo sulla corona; ricordiamo che, in posizione di riposo, la corona agisce sul treno di carica, se da tale configurazione si esercita una trazione, il sistema scatta alla prima
posizione, il pignone scorrevole 2, ingrana con una ruota 3, portando quest’ultima in contatto con il treno di regolazione data e del fuso 6; un’ ulteriore trazione porta la ruota 3 ad ingranare con il treno di regolazione dell’ora 4 e da questa al cannon dell’ora 5.
Nella posizione II (primo scatto in trazione), la ruota 6 ingrana con una ruota dentata 7, scorrevole in una sede (vedi freccia in Figura IV-57); quando la corona è girata in senso antiorario, la ruota si porta in contatto con il disco della data causandone la rotazione; quando la corona è ruotata in senso orario, la 7 scorre ed ingrana con la 8, che trasferisce il moto alla
9, e da questa al cannon del fuso. La ruota 9, analizzata in precedenza, è in asse con la 10, con la quale è mantenuta solidale attraverso un saltarello 11, che durante la fase di regolazione ne consente il moto relativo,essendo la 10 in continuo contatto con la ruota delle ore.
4.6 La Sveglia.
Indaffarati come erano nell’attendere ai loro compiti secolari, poteva capitare che i monaci del ‘300 potessero scordarsi dei loro esercizi spirituali ai quali erano chiamati a ore fisse durante il giorno. Ed era peccato grave! Con l'invenzione dell’orologio meccanico, qualcuna delle loro anime riuscì egualmente a conquistarsi la beatitudine eterna grazie alla “complicazione” che fu introdotta, quasi contemporaneamente alla sua nascita, nell’“horologium” che sempre più andava diffondendosi nei monasteri.
Se il “temperatore” dell'orologio (colui al quale era affidato l’incarico di provvedere alla conduzione dell’orologio, alla sua carica, alla sua “messa l’ora” ed alla sua manutenzione) aveva ben svolto la sua mansione , il nuovo prodigio della tecnica suonava un bel rintocco di campana nel momento in cui i monaci dovevano riunirsi per recitare le orazioni.
Nei primi svegliarini monastici non vi erano le lancette come nei nostri orologi, bensì era il quadrante stesso che compiva un giro in un giorno; su di esso erano riportate le 24 ore e la lettura veniva fatta facendo riferimento ad un indice fisso.
Sul quadrante (Figura IV-58) venivano fissati dei piolini, che azionavano il batacchio della campana: il sistema è chiamato “suoneria al passaggio” (nel senso che, quando in un determinato momento “passa” il piolino, la campana suona).
Il principio fu utilizzato anche quando, con l'introduzione delle lancette, venne fissato un piolino sulla ruota della minuteria su cui è fissata la lancetta dei minuti: allo scoccare di ogni ora (ovvero per ogni giro della ruota della lancetta dei minuti), il piolino aziona il batacchio e per ciascuna ora si sentirà un unico suono di campana. In questo modo le persone che vivevano vicino al campanile non potevano sapere l’ora di quel rintocco, poiché era sempre un unico suono. Si introdusse, in seguito, il sistema della ruota partitoria. Su questa ruota sono tagliate delle tacche di eguale misura, ma separate le une dalle altre da una distanza che aumenta progressivamente e proporzionalmente al numero dei rintocchi che dovranno essere suonati.
Il numero dei rintocchi scandito è regolato dalla durata del tempo in cui un “arresto” striscia sulla circonferenza della ruota partitoria (Figura IV-59). La caduta dell'arresto in una scanalatura provoca il fermo del treno della suoneria e, quindi, la cessazione dei rintocchi. Peraltro la mancanza di un immutabile collegamento fra la posizione della ruota partitoria e quella delle lancette è la causa del grande limite di questa suoneria, in quanto mille sono le ragioni che possono provocarne una sfasatura, rendendo inservibile la potenzialità della suoneria, che genererà un numero di rintocchi diverso dal numero delle ore segnato dalle lancette.
Figura IV-59 – L'arresto, quando stanno suonando le “12”.
Va, inoltre, ricordato che con questo sistema, chiamato a chaperon, è anche impossibile far effettuare la “ripetizione”, in quanto si genererebbe subito lo sfasamento appena citato.
Con il sistema a rateau (Figura IV-60) e l’introduzione di una “chiocciola” al posto della ruota partitoria, sono risolti tutti gli inconvenienti, in quanto, essendo la posizione di detta chiocciola strettamente correlata alla posizione delle lancetta delle ore, e quindi muovendosi assieme ad essa, non potrà mai capitare che la suoneria vada fuori fase, neanche quando si
introduce la complicazione della ripetizione. Il rintocco della campana alle mezze ore rappresenta un complemento della suoneria delle ore facile da ottenersi..
Figura IV-60 – Sistema a chiocciola.
Peraltro, affinché siano suonati i quarti di ora, è necessario l’introduzione di un treno completamente separato di ingranaggi, anche se non mancano esempi di realizzazione di entrambe le suonerie (ore, mezze e quarti) su un unico treno.
4.6.1 Parti della suoneria nell’orologio da polso.
La sveglia, da non confondersi con la suoneria, è una funzionalità che non trova riscontro nel mercato, forse perché è tra le complicazioni che meno interagiscono con il movimento propriamento detto.
Gli orologi da polso con suoneria sono in genere riconoscibili da una seconda corona che si trova generalmente in corrispondenza delle ore 2, ed è da questa che parte il meccanismo della suoneria.
Figura IV-61 – e l’albero di carica(1), che, attraverso un analogo treno di ingranaggi, giunge al Bariletto(5):
Pignone di carica (2) Ruota di trasmissione (3) Rocchetto della suoneria (4)
Figura IV-62 – Parti del meccanismo di allarme.
Osservando la Figura IV-62, si nota che il bariletto ingrana direttamente con il pignone della ruota di rintocco(6). Questa ruota ha una particolare dentatura con profilo triangolare stondato, il suo particolare profilo è dovuto alla sua funzione di “scappamento” che è controllato dall’ancora (7), alla quale è solidale un “Martello”(8), che con essa si muoverà: durante il suo oscillare, batterà su di un riscontro presente sul movimento o sulla cassa, emettendo un suono.
La frequenza del rintocco dipende, oltre che dal numero di denti del gruppo cremagliera, anche dalla carica della molla del bariletto e dalla massa del martello. Gli elementi fin qui trattati sono sufficienti solo ad emettere un suono una volta caricata la molla.
La ruota di sgancio(10), coassiale alla ruota delle ore (9) del movimento, è tenuta a contatto dalla pressione esercitata attraverso la leva di sgancio(11), dalla sua molla(12).
4.6.2 Regolazione dell’orario di allarme e sua esclusione.
L’albero di carica della sveglia, in tutto e per tutto analogo a quello del movimento base, è anch’esso costituito da un pignone scorrevole e da un pignone di carica. Nel paragrafo precedente, il pignone scorrevole ingranava con quello di carica, durante l’operazione di regolazione è necessario trasmettere il moto alla ruota si sgancio e ciò avviene attraverso le tre ruote intermedie (Figura IV-63). Inoltre, in questa configurazione, l’allarme è escluso, in